La Conoscenza è una complementarità di opposti. E i numeri sono archetipi

Aperto da Carlo Pierini, 23 Agosto 2017, 22:24:04 PM

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Carlo Pierini

Scrivevo qualche giorno fa ad Acquario69:
<<Cos'è la conoscenza? E' una costruzione soggettiva (conoscenza = soggetto), oppure essa coincide con "l'oggetto in sé" (conoscenza = oggetto)? Un dilemma, questo, che già un millennio fa opponeva i filosofi sostenitori della conoscenza (verità) intesa come "adaequatio intellectus ad rem" e quelli che la intendevano come "adaequatio rei ad intellectus".
Ebbene, anche in questo caso, per risolvere il dilemma si deve introdurre una terza opzione, cioè, l'idea di complementarità *ontologica* tra "intellectus" (il soggetto) e "res" (l'oggetto); un'idea che Tommaso sintetizzava come "adaequatio rei ET intellectus" e che Spinoza perfezionava nella formula "ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum".

[Questa terza opzione non è un puro artificio speculativo, ma deriva dalla constatazione che nella conoscenza reale non avviene una fusione in cui il soggetto viene assorbito passivamente dall'oggetto (adaequatio intellectus ad rem) o nella quale è l'oggetto che scompare passivamente tra le pieghe interpretative del soggetto (adaequatio rei ad intellectus), ma è la realizzazione di una complementarità tra due enti opposti di pari dignità (soggetto e oggetto) nella quale entrambi partecipano attivamente e simmetricamente all'unità del "tertium" (la conoscenza): l'oggetto fornisce l'"ordo et connexio rerum", cioè le relazioni tra le grandezze fisiche che lo costituiscono (il fenomeno), mentre il soggetto fornisce l'"ordo et connexio idearum", cioè, l'ordine tra gli elementi metafisici (numeri, concetti, logica) che lo descrive (il paradigma interpretativo). Quindi la conoscenza non è un'unità nella quale si perde la dualità ontologica di soggetto e oggetto, ma un'unità complementare in cui, al contrario, l'ontologia dell'uno e dell'altro è massimamente esaltata e realizzata.]

E non è affatto casuale che la conoscenza umana (sia pure soltanto quella del mondo materiale) abbia compiuto (con la nascita della Scienza) un balzo evolutivo senza precedenti dal momento in cui ha scoperto che "l'ordo et connexio idearum", cioè l'ordine e la connessione dei numeri (la matematica) è DAVVERO complementare con l'"ordo et connexio rerum", cioè con le relazioni esistenti tra le entità fisiche; ...che esiste DAVVERO una sorta di "harmonia praestabilita" (Leibniz) o di complementarità originaria tra intelletto e realtà fisica, tra soggetto osservatore e oggetto osservato, tra Metafisica e Fisica.
Per intenderci ancora più chiaramente: già esisteva l'operazione matematica "3x8=24" molto prima che Newton scoprisse che "m x a = F", cioè, che è necessaria una forza di 24 Nw affinché una massa di 3 kg subisca una accelerazione di 8 m/s^2, cioè ancora, che l'operazione metafisica di moltiplicazione governa la relazione che regna tra le grandezze fisiche "massa", "accelerazione" e "forza". Ciò dimostra che la matematica non è un artificio costruito ad hoc, a-posteriori, sui fatti osservati, ma che essa precede l'osservazione.

In questa prospettiva, allora, definiremo "conoscenza" NON l'oggetto in sé, NE' una costruzione soggettiva pura, MA quel "tertium" superiore (una legge fisica) verso il quale convergono complementariamente DUE ontologie distinte ed ontologicamente sovrane>>.

In definitiva, anche la Conoscenza è una complementarità di opposti, o meglio, rappresenta la realizzazione del primo esemplare storico reale di ciò che gli alchimisti chiamavano "Opus", o "Lapis philosophorum": è la prima autentica "Pietra filosofale" realizzata dall'intelletto umano ("aurum nostrum non est aurum vulgi")
Come scrive Jung:

<<Nella speculazione alchemica, [...] gli opposti si esprimono anzitutto nella duplicità di Mercurio che è comunque armonizzata nell'unità del Lapis ("unus est lapis!" ). Il Lapis viene realizzato dall'adepto (Deo concedente) e riconosciuto come l'equivalente dell'Unus Mundus" >>.  [JUNG: Mysterium coniunctionis - pgg.78/79]

<< Il simbolismo della complexio oppositorum, indica proprio il contrario di un annientamento degli opposti, poiché attribuisce al prodotto dell'unione o durata eterna - cioè incorruttibilità e immutabilità imperturbabile - o massima e inesauribile efficacia".  [JUNG: Psicologia e religione - pg. 182]

Questa sovranità ontologica dei due principi opposti (soggetto e oggetto, metafisica e fisica) è sottolineata nel simbolo della Complementarità...

https://4.bp.blogspot.com/-eM4yoCLtG40/WZ2MqmP57vI/AAAAAAAAAKY/2nDfbzh0w9QD-CbZZFxTnhceXSUyvHFDACLcBGAs/s1600/CADUCEO%2B%2Bridotto.JPG

...dalle due corone regali che cingono le teste dei due serpenti-enti.
Ma il nostro simbolo ci suggerisce anche che il "Tertium" è suddiviso in due sezioni: una inferiore, il bastone, e una superiore, la colomba. Chi ha un po' di dimestichezza con i simboli, sa che la colomba, come creatura aerea, rappresenta lo spirito (in greco "pneuma" significa sia "aria" che "spirito"), mentre le immagini di uccelli che si posano sugli alberi rappresentano la discesa dello Spirito in Terra, oppure l'unità di Spirito e Materia, come si può vedere dai due seguenti esempi (tra le centinaia di esempi possibili):

https://2.bp.blogspot.com/-KzhODMlkJqo/WZ2Ub7H8LEI/AAAAAAAAAKo/nz7g6PF6SmcdqJZp_8Bla3YmsF0_dMzRACLcBGAs/s1600/Caduceo-albero%2B4.jpg

https://4.bp.blogspot.com/-nPYoezFpNjE/WZ2VJYUdFiI/AAAAAAAAAKw/8c40Dtp-ve4wrRBKnhZAlKVODwVDOqS9QCLcBGAs/s1600/ALBERO-DUALIT%25C3%2580%2B15.jpg

Tutto ciò esprime l'idea di una Conoscenza dalla doppia natura: terrestre-materiale (in spagnolo "legno" si dice "madera") e celeste-spirituale. Cosa può significare? La risposta la troviamo nella constatazione secondo cui la sfera della Conoscenza è virtualmente una Complementarità di opposti anche da un'altra prospettiva, più generale, rispetto alla quale essa è costituita da DUE emisferi:
1 - l'emisfero delle scienze della Natura, rivolto alla polarità fisica del reale (chimica, fisica, astronomia, biologia e derivate), la cui garanzia di validità è fornita essenzialmente dal metodo osservativo-matematico-sperimentale;
2 - l'emisfero delle scienze dello spirito, rivolto alla polarità metafisica (teologia, filosofia, psicologia, simbologia, antropologia, logica, matematica, ecc.) la cui garanzia di validità è fornita essenzialmente dal SOLO metodo osservativo-induttivo/deduttivo, poiché il metodo matematico-sperimentale è totalmente inadeguato ad essa.
Tuttavia, quest'ordine generale di complementarità, non è stata ancora realizzato, tranne, come abbiamo visto, nella sezione matematica/fisica. Come dicevo ad Acquarius, infatti:
<<Per il momento, le Scienze delle Spirito non sono ancora pervenute ad un criterio di riferimento tanto solido e affidabile quanto lo è il criterio logico-matematico nell'ambito delle Scienze della Natura; ma non disperiamo: gli archetipi hanno tutte le carte in regola per diventare "i numeri" del sapere spirituale! >>

...Ma è proprio così? Gli archetipi possono svolgere nel campo delle scienze dello spirito una funzione analoga a quella dei numeri nelle scienze fisiche e trasformare le prime in scienze vere e proprie, in forme di sapere di dignità epistemica non inferiore alle seconde? La risposta è sì; ma vediamo perché.
Innanzitutto si è scoperto, come già chiarito sopra, che i numeri non sono dei semplici ed arbitrari artifici soggettivi costruiti ad hoc per descrivere il mondo fenomenico, ma si tratta di veri e propri archetipi, sebbene appartengano ad una categoria diversa da quella degli archetipi visti fin qui: potremmo chiamarli gli archetipi dell'ordine quantitativo, contrapposti a tutti gli altri che chiameremo archetipi dell'ordine qualitativo.
Persino la loro storia - la storia dei numeri - è simile a quella dei simboli-archetipi mitico-religiosi, se teniamo conto del fatto che la numerologia antica era appannaggio dei soli sacerdoti ed era parte integrante delle religioni più evolute; e dio solo sa quanto le primitive speculazioni numerologiche possano aver contribuito a spianare la strada prima alla matematica arabo/greca e poi alla scienza galileiana. Pitagora stesso, e poi Galilei, vedevano nei numeri NON un'invenzione umana, ma nientemeno che le lettere dell'alfabeto del Verbo Divino, cioè i modelli che il Dio-Demiurgo aveva usato per creare il mondo; proprio come Platone definiva gli archetipi (le "Idee iperuraniche") come "i pensieri dell'Intelletto divino", "i modelli delle cose create". E se guardiamo ancora (lo ribadisco) allo strabiliante salto evolutivo compiuto dalla Conoscenza dal momento in cui l'uomo ha cominciato ad interpretare il mondo fisico attraverso il paradigma matematico (nascita della "Scientia Nova"), possiamo tranquillamente concludere che Pitagora, Galilei e Platone erano molto più prossimi alla verità di quanto non lo siano molti sedicenti "epistemologi" relativisti moderni ossessionati dalla ...sega mentale secondo cui "la mappa non è il territorio"! Certo, lo sanno anche i bambini che la mappa non è il territorio, ma i bambini sanno anche che cento mappe matematiche rigorosamente corrispondenti a cento diversi aspetti del medesimo territorio, danno una definizione di quel territorio cento volte più nitida e affidabile di quella sola mappa non-matematica sgualcita e sdrucita che era la filosofia pre-scientifica basata sulle sole elucubrazioni "dialettiche" e sui dogmi dell'"ipse dixit".

Ma, tornando a noi, oltre a Pitagora-Platone-Galilei, c'è anche un matematico più moderno, G. Frege, che, pur non menzionando espressamente il concetto di archetipo, parla dei numeri e della matematica negli stessi loro termini:

<<La Logica matematica è una scienza delle leggi più generali dell'esser vero. (...) E' come un'isola deserta fra i ghiacciai: è là molto tempo prima di essere scoperta; così anche le leggi matematiche valgono già da prima della loro scoperta. Cosicché i pensieri veri, non solo sono indipendenti dal nostro riconoscerli tali, ma sono indipendenti anche dal nostro pensarli. Essi non appartengono a coloro che li pensano, bensì si presentano nello stesso modo e come gli stessi pensieri a tutti coloro che li concepiscono. (...)
Un terzo regno va dunque riconosciuto. Ciò che vi appartiene concorda da un lato con le rappresentazioni, perché non può venir percepito con i sensi, e d'altro lato con le cose, perché non ha bisogno di alcun portatore ai contenuti della cui coscienza appartenere. Così il pensiero che articoliamo nel teorema di Pitagora è vero atemporalmente, indipendentemente dal fatto che qualcuno lo ritenga vero. Non ha bisogno di alcun portatore. E' vero, cioè, non soltanto a partire dal momento in cui è stato scoperto, proprio come un pianeta è in un rapporto di azione reciproca con altri pianeti già prima che lo si scopra>>. [G. FREGE, tratto da: "La filosofia di Gottlob Frege", di C. BIANCHI - pg. 150]

Ecco, se sostituiamo i termini <<leggi matematiche>> e <<pensieri veri>> con il termine di <<archetipi>> questa riflessione corrisponde perfettamente con l'idea platonico-junghiano-eliadeano-pieriniana  :) di "archetipo".

P.S.
Siccome sono piuttosto pippa come scrittore, se qualche passo vi rimanesse oscuro, fatemi pure delle domande di chiarimento, così aiutate anche me a tenermi in allenamento.

paul11

Sono le premesse, i presupposti ,i fondativi, i primitivi, il problema della tua argomentazione ,di cui ,in via di massima, mi trovo d'accordo.

Prima di tutto Frege, visto che lo citi, è un logico matematico che ripresa la logica proposizionale antica vorrebbe costruire un linguaggio formale come la matematica, vale adire privo di soggettività psicologica.Non so se il suo principio collima o collide con ciò che pensi.

Il terzium essendo sintesi fra soggetto e oggetto, implica un agente conoscitivo che si pone dialetticamente fra il Sè e l'oggetto del sapere.Sono d'accordo che fisica e metafisica sono complementari (forse  ho capito cosa intendi per complementare) e non degli opposti in antitesi come una  certa cultura ha voluto porre. ma la sintesi del processo epistemolgico è la coscienza( e forse è anche quello che pensi).
Gli archetipi non mi è ancora chiaro come li intendi:come oggetti ontologici preesitenti al procedimento conoscitivo, che natura ontologica avrebbero?.....mi sfugge ancora come li intendi.

Carlo Pierini

Citazione di: paul11 il 23 Agosto 2017, 23:19:26 PM
Sono le premesse, i presupposti ,i fondativi, i primitivi, il problema della tua argomentazione ,di cui ,in via di massima, mi trovo d'accordo.

Non ho capito cosa vuoi dire.

PAUL11
Prima di tutto Frege, visto che lo citi, è un logico matematico che ripresa la logica proposizionale antica vorrebbe costruire un linguaggio formale come la matematica, vale a dire privo di soggettività psicologica. Non so se il suo principio collima o collide con ciò che pensi.

CARLO
No, non vuole abolire la soggettività, ma molto più semplicemente afferma la relativa indipendenza degli archetipi numerici dall'arbitrio della soggettività, la loro natura ontologica non riconducibile all'ontologia della psiche. Non è niente di trascendentale: a livello terra-terra questa stessa idea si traduce in "la matematica non è un'opinione".
Da un altro punto di vista, è la logica di un aspetto della Trinità cristiana: materia/mente/Dio (figlio/spirito/Padre) equivalente a oggetto/soggetto/archetipo (una legge fisica è un archetipo dell'ordine quantitativo della realtà), o della grande triade cinese (wang): terra-uomo-Cielo, oppure della triade hegeliana tesi-antitesi-Sintesi. Esistono decine di sfumature interpretative della Triade-Trinità, a seconda del contesto di cui si tratta. Lo stesso Principio di complementarità è una triade, ma, sotto certi aspetti è anche un quaternario.
Comunque devi avere pazienza: io ci ho messo vent'anni per entrare nel merito di queste questioni; e mi considero un novellino di fronte all'immensità e alla complessità del Creato.

PAUL11
Il tertium essendo sintesi fra soggetto e oggetto, implica un agente conoscitivo che si pone dialetticamente fra il Sè e l'oggetto del sapere.Sono d'accordo che fisica e metafisica sono complementari (forse  ho capito cosa intendi per complementare) e non degli opposti in antitesi come una  certa cultura ha voluto porre. ma la sintesi del processo epistemolgico è la coscienza( e forse è anche quello che pensi).

CARLO
Se affronti il problema della conoscenza dall'angolatura soggetto/oggetto, il tertium è la conoscenza stessa, per quanto, poi, essa entri a far parte del soggetto, di un soggetto più "simile a Dio", più prossimo al Sé.

PAUL11
Gli archetipi non mi è ancora chiaro come li intendi:come oggetti ontologici preesitenti al procedimento conoscitivo, che natura ontologica avrebbero?.....mi sfugge ancora come li intendi.

CARLO
Anche per il concetto di archetipo devi avere pazienza. Ha centinaia di valenze di significato. L'archetipo della Complementarità, per esempio, è l'archetipo massimo, è un Principio universale, quindi preesiste a tutto: è principio logico nella Logica (dialettica) principio simbolico nella Simbolica (il Caduceo, il Tao-yin-yang), principio psicologico in psicologia (il Sé, che è una unione di opposti), ...e così via. Per tutti gli altri archetipi minori, vale un discorso analogo. L'operazione di moltiplicazione, come abbiamo visto, è un archetipo matematico poiché può esprimere una molteplicità di relazioni tra grandezze ponderabili: una legge della dinamica (F=m x a), una legge dell'elettrologia (V=R x I), ...e così via con le infinite applicazioni della moltiplicazione. "Archetipo", cioè, è una struttura semantica che esprime una molteplicità di strati di significati indipendenti relativi ad altrettante realtà oggettive indipendenti. Non esiste una definizione di "archetipo", ma centinaia, a seconda del punto di vista. E' un concetto complesso come "Uomo", oppure come "Dio": una convergenza di moltissimi significati.
Insomma, se vuoi capire a fondo gli archetipi devi leggerti tutto Jung. ...Che ci vuole! Sono solo ...venti pesantissimi volumi, ...che io ho dovuto leggere per ben due volte e tutt'ora ci trovo cose "nuove".

Carlo Pierini

Citazione di: Carlo Pierini il 23 Agosto 2017, 22:24:04 PM
....
Persino la loro storia - la storia dei numeri - è simile a quella dei simboli-archetipi mitico-religiosi, se teniamo conto del fatto che la numerologia antica era appannaggio dei soli sacerdoti ed era parte integrante delle religioni più evolute; e dio solo sa quanto le primitive speculazioni numerologiche possano aver contribuito a spianare la strada prima alla matematica arabo/greca e poi alla scienza galileiana. Pitagora stesso, e poi Galilei, vedevano nei numeri NON un'invenzione umana, ma nientemeno che le lettere dell'alfabeto del Verbo Divino, cioè i modelli che il Dio-Demiurgo aveva usato per creare il mondo; proprio come Platone definiva gli archetipi (le "Idee iperuraniche") come "i pensieri dell'Intelletto divino", "i modelli delle cose create". E se guardiamo ancora (lo ribadisco) allo strabiliante salto evolutivo compiuto dalla Conoscenza dal momento in cui l'uomo ha cominciato ad interpretare il mondo fisico attraverso il paradigma matematico (nascita della "Scientia Nova"), possiamo tranquillamente concludere che Pitagora, Galilei e Platone erano molto più prossimi alla verità di quanto non lo siano molti sedicenti "epistemologi" relativisti moderni ossessionati dalla ...sega mentale secondo cui "la mappa non è il territorio"! Certo, lo sanno anche i bambini che la mappa non è il territorio, ma i bambini sanno anche che cento mappe matematiche rigorosamente corrispondenti a cento diversi aspetti del medesimo territorio, danno una definizione di quel territorio cento volte più nitida e affidabile di quella sola mappa non-matematica sgualcita e sdrucita che era la filosofia pre-scientifica basata sulle sole elucubrazioni "dialettiche" e sui dogmi dell'"ipse dixit".
Ho dimenticato di chiudere questa riflessione, aggiungendo:

<<Tutto ciò significa, dunque, che quel "grande balzo" (...alla Mao-Tse-Tung :) ) compiuto dalla Scienza, in definitiva, è solo il risultato di una "semplice" operazione: il ricorso metodico ai simboli/archetipi numerico-quantitativi per l'interpretazione-descrizione-rappresentazione del mondo fisico. E, se  ciò che ne è seguito è stata una rivoluzione imponente come quella scientifica, è più che ragionevole pensare che, applicando l'altra polarità dei simboli/archetipi (quella dell'ordine qualitativo) all'altra polarità della Conoscenza (l'emisfero delle scienze dello spirito), ne possa conseguire una rivoluzione altrettanto imponente come quella del sapere scientifico. Una rivoluzione che risolleverebbe le scienze dello spirito (dalla Psicologia alla Teologia) dal rango, di "ancillae scientiarum", di cenerentole del sapere; proprio come nella favola omonima, nella quale è l'incontro con un Princip...e che le trasformerà da serve di sorellastre saccenti e vanitose in vere e proprie regine (si veda anche Biancaneve servetta dei sette nani).
Per le scienze dello spirito si tratta, cioè, di seguire l'esempio della Scienza, e NON, come invece hanno sempre fatto certi "esoterici" (vedi soprattutto Guénon, Evola, e molti simbolisti orientalisti innamorati della poesia taoista o della "paradossalità" inconcludente e fuorviante del buddhismo Zen), di combattere, osteggiare e sminuire i grandi meriti della Scienza stessa.
Si noti, per esempio, con quanto disprezzo Guénon parli delle scienze matematiche:

<<...Questa è una ulteriore dimostrazione di come le scienze profane, di cui il mondo moderno è così orgoglioso, altro non siano se non « residui » degenerati di antiche scienze tradizionali, così come la stessa quantità, a cui esse si sforzano di tutto ricondurre, non è, nella loro visione delle cose, se non il « residuo » di un'esistenza svuotata di tutto ciò che costituiva la sua essenza; è così che queste scienze, o pretese tali, lasciandosi sfuggire, oppure eliminando di proposito tutto ciò che veramente è essenziale, si rivelano in definitiva incapaci di fornire la spiegazione reale di qualsiasi cosa.
Allo stesso modo che Ia scienza tradizionale dei numeri è tutt'altra cosa dall'aritmetica profana dei moderni, sia pure con tutte le estensioni algebriche o d'altro genere di cui è suscettibile, così esiste anche una- « geometria sacra » non meno profondamente diversa da quella scienza « scolastica », che oggi si designa con lo stesso nome di geometria>>.   [R. GUENON: Il Regno della quantità e i segni dei tempi - pg. 14]

<< In questo studio, cercheremo di far vedere in modo ancor più completo, e da un punto di vista più generale, quale sia la vera natura delle scienze tradizionali, e per conseguenza quale abisso le separi dalle scienze profane che ne sono come una caricatura ed una parodia; ciò permetterà di valutare la decadenza subita
dalla mentalità umana nel passare dalle prime alle seconde, nonché di vedere, in rapporto alla situazione rispettiva dell'oggetto dei loro studi, come questa decadenza segua appunto strettamente la marcia discendente del ciclo percorso dalla nostra umanità>>. [R. GUENON: Il Regno della Quantità e i segni dei tempi - pg. 15]

Apeiron

Come sempre prima di fare affermazioni sulla realtà esterna credo che sia saggio fare affermazioni sulla nostra mente  ;)
Dunque il Principio della Complementarità degli opposti a mio giudizio vale sicuramente quando si parla dei concetti che la nostra mente produce, ad inziare dai più semplici:
io/non-io, questo/quello, bello/brutto, buono/cattivo, vero/falso, soggetto/oggetto ecc
Ora siccome la nostra mente usa i concetti anche per tentare di "vivere" nella realtà è ben chiaro che ritroviamo anche questo tipo di modo di pensare nelle osservazioni dei fenomeni naturali:
giorno/notte, inverno/estate...
E poi arriviamo al calcolo numerico binario, il più semplice di tutti che si basa su due "oggetti" 0/1. Siccome questo "meccanismo" di "creare" unità "dialettiche" è così connaturato nella nostra mente è chiaro che esso spunta fuori praticamente in ogni attività umana dalla scienza alla sociologia ecc. Ad esempio possiamo notare che non appena viene formulata una legge e viene dichiarato cos'è "permesso" viene allo stesso tempo dichiarato cosa "non è permesso". Nella scienza questo principio è meno universale ma in realtà compare anche lì, seppur in modo più "sottile": per esempio quando si pensa alla simmetria si pensa implicitamente anche allo stato in cui tale simmetria è rotta. In genere è alla base della capacità di distinguere, di creare confini, di discriminare e di giudicare, di astrarre. Così possiamo "astrarre" la sedia dal "resto delle cose" in modo tale che evito di sedermi per terra  ;D  ma perchè dico che in primo luogo vale concettualmente se non mi siedo sul pavimento e d'estate sudo mentre d'inverno ho i brividi di freddo? Semplice: perchè "sedia" e "non sedia", "estate" e "inverno" ecc in realtà non sono in fin dei conti concetti. Non c'è nessuna "cosa" là fuori che possa essere definita estate nel senso "ultimo" ossia nella realtà ultima, nessuna "cosa" là fuori che possa essere definita "sedia". Perchè? per il semplice fatto che il mio stesso ragionare in termini di "cose" di fatto è un'applicazione dei concetti alla realtà: così distinguo l'indistinto, nomino ciò che non ha nome, identifico ciò che non ha identità. Eppure se mi siedo sulla sedia essa mi sostiene! No! Il problema è il seguente: non appena ragiono in termini di "cose" produco nette separazioni. Per esempio quando "astraggo" "questo" da "quello" (inteso come "ciò che non è questo") allora scindo completamente "questo" da tutto il resto. Ma tale divisione in realtà non esiste. Non a caso infatti la complementarità degli opposti mi fa notare che senza di "quello" non c'è "questo" - ossia che non è possibile separare completamente le "cose"! Anzi è ancora, volendo, più potente: non solo non possiamo "separare" le "cose esterne" ma non possiamo nemmeno separare i concetti dai loro opposti. Quando distinguo l'io non posso che distinguere anche il non-io - non può esserci solo l'io, quindi per comprendere appieno il concetto di "io" devo comprendere il concetto di "non io". Idem per "mio" e "non mio". Ora siccome ogni concetto sembra includere il suo opposto ciò ci suggerisce una cosa radicale: la pretesa di separare è malposta. Infatti non appena ci provo quello che faccio è "creare" una realtà distinta. Quindi per così dire ha senso quello che i pensatori "silenziosi" che specialmente si trovano in oriente suggeriscono: rinunciare completamente alla concettualizzazione/identificazione:
La comprensione degli uomini nei tempi antichi andava davvero lontano! Quanto? Al punto che alcuni di essi credevano che le cose non erano mai esistite - così lontano, verso quel termine, dove niente può essere aggiunto. Quelli al livello subito inferiore pensavano che le cose esistevano ma non avevano confini tra di loro. Quelli ad un livello subito inferiore a questi ultimi ritenevano che i confini c'erano ma non c'erano "giusto" e "sbagliato". Chuang-tzu, capitolo 2

Qui viene denotata l'assoluta incapacità dell'uomo di comprendere "in toto" la realtà, di comprendere l'assoluto. Perchè non solo iniziamo a distinguere ma pretendiamo di separare l'inseparabile...

Quindi Carlo il principio della complementarità è vero ma la "Realtà così come è" trascende anche tale principio...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Carlo Pierini

Citazione di: Apeiron il 28 Agosto 2017, 23:04:49 PM
Come sempre prima di fare affermazioni sulla realtà esterna credo che sia saggio fare affermazioni sulla nostra mente  ;)
Dunque il Principio della Complementarità degli opposti a mio giudizio vale sicuramente quando si parla dei concetti che la nostra mente produce, ad inziare dai più semplici:
io/non-io, questo/quello, bello/brutto, buono/cattivo, vero/falso, soggetto/oggetto ecc

Sei incorso nell'errore classico commesso sia - da qualche millennio - dalle filosofie taoista ed eraclitea, sia dalla dialettica hegeliana: quello di fare di tutta l'erba un fascio tra opposizioni contraddittorie - che non possono essere sintetizzate-unificate in quanto soggette al principio di non contraddizione - e opposizioni dialettiche, le sole che possono armonizzarsi attraverso un processo di confronto e di complementarizzazione. Infatti, solo una delle le coppie di opposti da te citate - "soggetto/oggetto" - costituisce un'opposizione dialettica, mentre le altre sono delle semplici contraddizioni (tranne "io/non io", che può essere una dialettica oppure una contraddizione a seconda del contesto). Ti consiglio di leggere il mio thread "Cristo-Lucifero: due opposti-complementari. Cristo-Satana: due opposti assoluti", dove tocco questo tema un po' più nel dettaglio.

APEIRON
E poi arriviamo al calcolo numerico binario, il più semplice di tutti che si basa su due "oggetti" 0/1. Siccome questo "meccanismo" di "creare" unità "dialettiche" è così connaturato nella nostra mente è chiaro che esso spunta fuori praticamente in ogni attività umana dalla scienza alla sociologia ecc.

CARLO
Nemmeno la coppia 0/1 costituisce una dialettica, poiché lo "0" rappresenta la negazione di "1". Per cominciare a capire (se l'argomento ti interessa) cosa si deve intendere per "dialettica", oltre a questo thread, dovresti leggere gli altri thread nel cui titolo compare il termine "complementarità".

APEIRON
Ad esempio possiamo notare che non appena viene formulata una legge e viene dichiarato cos'è "permesso" viene allo stesso tempo dichiarato cosa "non è permesso". Nella scienza questo principio è meno universale ma in realtà compare anche lì, seppur in modo più "sottile": per esempio quando si pensa alla simmetria si pensa implicitamente anche allo stato in cui tale simmetria è rotta. In genere è alla base della capacità di distinguere, di creare confini, di discriminare e di giudicare, di astrarre. Così possiamo "astrarre" la sedia dal "resto delle cose" in modo tale che evito di sedermi per terra  ;D  ma perchè dico che in primo luogo vale concettualmente se non mi siedo sul pavimento e d'estate sudo mentre d'inverno ho i brividi di freddo? Semplice: perchè "sedia" e "non sedia", "estate" e "inverno" ecc in realtà non sono in fin dei conti concetti. Non c'è nessuna "cosa" là fuori che possa essere definita estate nel senso "ultimo" ossia nella realtà ultima, nessuna "cosa" là fuori che possa essere definita "sedia". Perchè? per il semplice fatto che il mio stesso ragionare in termini di "cose" di fatto è un'applicazione dei concetti alla realtà: così distinguo l'indistinto, nomino ciò che non ha nome, identifico ciò che non ha identità. Eppure se mi siedo sulla sedia essa mi sostiene! No! Il problema è il seguente: non appena ragiono in termini di "cose" produco nette separazioni. Per esempio quando "astraggo" "questo" da "quello" (inteso come "ciò che non è questo") allora scindo completamente "questo" da tutto il resto. Ma tale divisione in realtà non esiste. Non a caso infatti la complementarità degli opposti mi fa notare che senza di "quello" non c'è "questo" - ossia che non è possibile separare completamente le "cose"! Anzi è ancora, volendo, più potente: non solo non possiamo "separare" le "cose esterne" ma non possiamo nemmeno separare i concetti dai loro opposti. Quando distinguo l'io non posso che distinguere anche il non-io - non può esserci solo l'io, quindi per comprendere appieno il concetto di "io" devo comprendere il concetto di "non io". Idem per "mio" e "non mio".

CARLO
Infatti queste tue considerazioni non hanno niente a che vedere con la complementarità degli opposti. "Fuori/dentro", "sedia/non-sedia", "io/non-io" (così come li intendi qui) o "mio-non-mio" sono termini mutuamente esclusivi, non opposti complementari.

APEIRON
Ora siccome ogni concetto sembra includere il suo opposto ciò ci suggerisce una cosa radicale: la pretesa di separare è malposta. Infatti non appena ci provo quello che faccio è "creare" una realtà distinta. Quindi per così dire ha senso quello che i pensatori "silenziosi" che specialmente si trovano in oriente suggeriscono: rinunciare completamente alla concettualizzazione/identificazione:
La comprensione degli uomini nei tempi antichi andava davvero lontano! Quanto? Al punto che alcuni di essi credevano che le cose non erano mai esistite - così lontano, verso quel termine, dove niente può essere aggiunto. Quelli al livello subito inferiore pensavano che le cose esistevano ma non avevano confini tra di loro. Quelli ad un livello subito inferiore a questi ultimi ritenevano che i confini c'erano ma non c'erano "giusto" e "sbagliato". Chuang-tzu, capitolo 2
Qui viene denotata l'assoluta incapacità dell'uomo di comprendere "in toto" la realtà, di comprendere l'assoluto. Perchè non solo iniziamo a distinguere ma pretendiamo di separare l'inseparabile...
Quindi Carlo il principio della complementarità è vero ma la "Realtà così come è" trascende anche tale principio...

CARLO
No, non ci siamo, caro Apeiron. Io non ho ancora raggiunto la meta finale della mia ricerca - che è proprio quella di applicare la complementarità al mondo fisico -, ma è certo che i tuoi esempi non hanno niente a che vedere col nostro argomento. Ci sono molti indizi, invece, che sarà possibile applicarlo agli enti fondamenti del mondo fisico, cioè, alle due coppie onnicomprensive "Spazio/Tempo", e "Materia/Mente". Ma se avessi già capito esattamente in che modo, ...avresti letto la notizia su tutti i giornali.  :)  La mia convinzione che sia possibile una tale applicazione deriva dalle decine e decine di applicazioni che ho già elaborato nel dominio delle scienze umane (filosofia, etica, psicologia, storia, logica, simbologia, mitologia, ecc.), cioè in discipline talmente lontane e indipendenti tra loro, da rendere più che ragionevole l'ipotesi che si tratti di un vero e proprio Principio universale al quale manca soltanto la ciliegina finale: l'applicazione nel campo della Fisica.

Apeiron

Carlo nemmeno io ho raggiunto la fine della ricerca, non credevo che tu capissi questo dalle mie parole  ;) ho solo detto che a mio giudizio la comprensione PIENA della Realtà tramite i concetti (o anche tramite questo metodo di opposizione dialettica) è impossibile. E qui sta la grossa differenza tra noi due che mi pare incolmabile: tu ritieni che la concettualizzazione sia un "ritratto" della realtà, io invece ritengo che sia un modello. Le due cose non coincidono a meno che uno non creda ad esempio all'idealismo di Berkeley (o simili) secondo cui le cose sono "i pensieri di Dio". A questo punto essendo la realtà fatta solo di pensieri allora puoi dire benissimo che "realtà=modello che noi facciamo di essa". Ma senza l'introduzione di un Dio che modella il mondo tramite la dialettica non puoi concludere che la complementarità degli opposti è un "ritratto" della realtà stessa. In ogni caso introducendo Dio sposti il problema: a questo punto l'Ineffabile non è più "la realtà" bensì Dio stesso che non è altro che Realtà Assoluta (non a caso Tertualliano (!), Agostino, Tommaso, Cusano, Weil ecc sono tutti filosofi credenti che hanno asserito che Dio è oltre ogni comprensione - ad esempio se diciamo che Dio è "buono" non dobbiamo intenderlo come un uomo "buono" - e questo in un certo senso rifiuta la teodicea.). Quello che un filosofo può dire senza tirare in ballo Dio o una Mente Infallibile che ha creato tutto è che la complementarità degli opposti dice qualcosa su come funziona la nostra mente (ossia riguarda l'epistemologia e non l'ontologia).

In ogni caso la mia ricerca non è conclusa: non ho avuto nessun "Risveglio" ma riconosco che tale "Risveglio" (come già affermato da Buddha, Laozi ecc - o come credo che loro stessi hanno affermato) è oltre ogni comprensione concettuale (così come lo è dopotutto il Dio personale secondo i credenti). Ritengo altresì che siccome il "risveglio" è quasi impossibile (se non totalmente impossibile e quasi protendo per questa ipotesi) sia comunque nostro dovere ricercare di "approssimare" la "verità" cercando di costruire modelli via via più affidabili.



Per quanto riguarda la complementarità degli opposti... prendiamo "fuori/dentro". Poniamo di avere una particella e una "scatola" in una stanza. Ora tu mi chiedi: dove è la particella? Io ti dico: "è nella scatola" (stato "0") oppure è "fuori dalla scatola" (stato "1"). Mi pare ovvio che se io comprendo cosa significa che è "nella scatola" comprendo anche cosa significa che è "fuori dalla scatola". In sostanza ogni distinzione crea non un concetto bensì due. Così ad esempio non posso comprendere lo stato "dentro la scatola" se non comprendo anche cosa significa "fuori dalla scatola". In ogni caso la contraddizione sarebbe nel dire "la particella è fuori dalla e dentro alla scatola" ma non c'è contraddizione tra i concetti "fuori" e "dentro": il punto è che quando comprendo il concetto di "fuori" comprendo anche quello di "dentro". Per esempio il DaoDeJing afferma che "lungo e corto si misurano tra loro" (cap 2) ossia che è impossibile avere la comprensione di "lungo" senza avere quella di "corto" ma quando ne comprendi uno in realtà l'altro "viene da sé", quasi come se fosse un bonus.
Sinceramente la complementarità l'ho capita in questi termini, ossia che la nostra mente produce concetti a coppie che non possono essere scisse. Leggerò il tuo argomento che hai indicato ma potresti anche qui fare un esempio di due concetti opposti ma complementari  :) ? Perchè ritengo che sia quasi d'obbligo avere esempi simili anche qua e anzi visto che l'argomento di cui si parla è la Conoscenza, ritengo sia più sensato anche per chi eventualmente vorrà aggiungersi al dibattito che venga discussa tutta la questione della "complementarità" qui. Forse abbiamo una idea di "complementarità" differente. Forse tu ad esempio sei ispirato al principio di complementarità della Meccanica Quantistica ma secondo me esso deriva dal fatto che i concetti classici non sono più sufficienti per spiegare il mondo quantistico e non che le particelle siano davvero "particelle-onde". Alcuni eminenti fisici non sarebbero d'accordo con me ma d'altronde il mondo è bello perchè è vario  :D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 00:17:39 AM
errore classico commesso sia - da qualche millennio - dalle filosofie taoista ed eraclitea, sia dalla dialettica hegeliana: quello di fare di tutta l'erba un fascio tra opposizioni contraddittorie - che non possono essere sintetizzate-unificate in quanto soggette al principio di non contraddizione - e opposizioni dialettiche, le sole che possono armonizzarsi attraverso un processo di confronto e di complementarizzazione.
Sorvolando sul povero Hegel (ma poi non dire che qualcuno non ti aveva già avvisato che tesi ed antitesi non sono affatto elementi contraddittori, ma momenti complementari di un processo storico-dialettico... detto altrimenti, per Hegel, non è che banalmente "caldo" è tesi di cui "freddo" è antitesi e "tiepido" la sintesi! ;D ), vorrei chiederti di spiegare meglio cosa "rimproveri" al taoismo, ovvero in che senso, secondo te, mischia "opposizioni contraddittorie" e "opposizioni dialettiche".

P.s.
In ambito di "logica spirituale"(?) ti segnalo, qualora tu non lo conosca già, l'"esplosione" del principio di non-contraddizione nel "catuskoti"...  ;)

Carlo Pierini

Citazione di: Apeiron il 29 Agosto 2017, 14:39:41 PM
Carlo nemmeno io ho raggiunto la fine della ricerca, non credevo che tu capissi questo dalle mie parole  ;) ho solo detto che a mio giudizio la comprensione PIENA della Realtà tramite i concetti (o anche tramite questo metodo di opposizione dialettica) è impossibile.

Una comprensione PIENA della realtà è il risultato di una somma (grande quanto vuoi) di comprensioni NON-PIENE, ma reciprocamente convergenti, della realtà stessa. E non sta scritto da nessuna parte che questa somma debba essere virtualmente infinita, cioè tale da attribuire alla tua "dichiarazione di impossibilità" un valore di verità assoluta. Pertanto, l'imporre a-priori delle Colonne d'Ercole senza altre motivazioni che una vaga idea di non-identità tra mappa e territorio, significa semplicemente "mettere il carro davanti ai buoi".
L'esperienza reale della conoscenza umana ci ha mostrato che esistono concetti (o paradigmi) più adeguati e concetti meno adeguati per comprendere il mondo; e ci anche mostrato che, quando adottiamo i primi, il nostro sapere compie dei salti evolutivi prima inimmaginabili. Tant'è, che in soli duecento anni (un batter d'occhio rispetto ai tempi geologici dell'evoluzione della vita) i paradigmi scientifici ci hanno permesso tante e tali realizzazioni tecnologiche che nemmeno le fantasie più ardite della magia erano in grado di concepire prima.
Sono questi i fatti di cui il tuo "pregiudizio di impossibilità" non tiene conto e che dunque non ti permette di distinguere tra la "mappa" rappresentata dal sapere pre-scientifico e la "mappa" rappresentata dal sapere scientifico. Se una mappa valesse l'altra, non ci sarebbe stata alcuna rivoluzione della conoscenza.
E non è casuale che in questo lungo post tu abbia totalmente ignorato i contenuti centrali del mio scritto d'apertura.

APEIRON
E qui sta la grossa differenza tra noi due che mi pare incolmabile: tu ritieni che la concettualizzazione sia un "ritratto" della realtà, io invece ritengo che sia un modello. Le due cose non coincidono a meno che uno non creda ad esempio all'idealismo di Berkeley (o simili) secondo cui le cose sono "i pensieri di Dio".

CARLO
Bravo. Dopo venticinque anni di ricerche, ho buone ragioni per pensare che il mondo sia una "analogia Entis", che esista cioè una analogia-complementarità strutturale, ontologica, tra quei concetti universali che chiamiamo archetipi (i pensieri di Dio) e il mondo sensibile; e che i numeri rappresentino la gerarchia più bassa di quesi "pensieri", mentre il Principio di Complementarità ne occupi il vertice. E siccome non esistono considerazioni logico-epistemico-filosofiche che possano confutare a-priori quest'ipotesi, mentre esistono, invece, osservazioni che la confermano (le osservazioni che ho esposto in questo 3d e in molti altri), ho l'impressione che dovrai rassegnarti a considerare relativa, e non assoluta, la tua "dichiarazione di impossibilità" e riflette sulla differenza che c'è tra "mappe" adeguate e mappe non-adeguate.  :)

APEIRON
A questo punto essendo la realtà fatta solo di pensieri allora puoi dire benissimo che "realtà=modello che noi facciamo di essa". Ma senza l'introduzione di un Dio che modella il mondo tramite la dialettica non puoi concludere che la complementarità degli opposti è un "ritratto" della realtà stessa.

CARLO
Ho già scritto molte volte che la conoscenza non è l'identità tra idea e realtà, ma la corrispondenza complementare tra "ordo et connexio idearum" e "ordo et connexio rerum". Pertanto la Dialettica è un ritratto (o lo diventerà) della realtà, o meglio, la somma di tanti ritratti reciprocamente complementari della realtà. Non sto dicendo niente di nuovo o di rivoluzionario; già 1.200 anni fa scriveva Scoto Eriugena:

"La dialettica non è stata creata da accorgimenti umani, ma è fondata dalla natura stessa, è stata creata dall'Autore di tutte le arti che sono veramente arti, scoperta dai sapienti ed usata per il vantaggio di ogni solerte indagine sulle cose".  (G. SCOTO ERIUGENA: De divisione Naturae, IV, 4)

APEIRON
In ogni caso introducendo Dio sposti il problema: a questo punto l'Ineffabile non è più "la realtà" bensì Dio stesso che non è altro che Realtà Assoluta (non a caso Tertualliano (!), Agostino, Tommaso, Cusano, Weil ecc sono tutti filosofi credenti che hanno asserito che Dio è oltre ogni comprensione -

CARLO
Lo hanno asserito perché, come te, hanno messo il carro davanti ai buoi e non hanno pensato alla possibilità che Dio possa essere visto come un Principio universale di validità dimostrabile in OGNI disciplina del sapere.

APEIRON
In ogni caso la mia ricerca non è conclusa: non ho avuto nessun "Risveglio" ma riconosco che tale "Risveglio" (come già affermato da Buddha, Laozi ecc - o come credo che loro stessi hanno affermato) è oltre ogni comprensione concettuale (così come lo è dopotutto il Dio personale secondo i credenti). Ritengo altresì che siccome il "risveglio" è quasi impossibile (se non totalmente impossibile e quasi protendo per questa ipotesi) sia comunque nostro dovere ricercare di "approssimare" la "verità" cercando di costruire modelli via via più affidabili.

CARLO
Non credo che Buddha o Lao-tse, nel loro rifiuto della conoscenza, possano dirci qualcosa di utile sui problemi della conoscenza. Non ci sarà mai alcun "Risveglio" o "salvezza" autentici dell'umanità che non includano anche la polarità materiale dell'Essere. Per questo gli alchimisti parlavano della loro meta (l'Opus) come "Salvator Spiritus et Naturae".

APEIRON
Per quanto riguarda la complementarità degli opposti... prendiamo "fuori/dentro". Poniamo di avere una particella e una "scatola" in una stanza. Ora tu mi chiedi: dove è la particella? Io ti dico: "è nella scatola" (stato "0") oppure è "fuori dalla scatola" (stato "1"). Mi pare ovvio che se io comprendo cosa significa che è "nella scatola" comprendo anche cosa significa che è "fuori dalla scatola". In sostanza ogni distinzione crea non un concetto bensì due.

CARLO
Certo, ma l'uno esclude l'altro e non è pensabile una loro complementarizzazione, come invece avviene per le coppie uomo-donna (nel tertium superiore che chiamiamo "Amore"), oppure  libertà-legge (nel "tertium" superiore che chiamiamo Giustizia), oppure matematica-fisica (nel "tertium" che chiamiamo "Conoscenza"), ecc.. Ecco, idealmente, quel "tertium" è sempre lo stesso: Dio.

APEIRON
Per esempio il DaoDeJing afferma che "lungo e corto si misurano tra loro" (cap 2) ossia che è impossibile avere la comprensione di "lungo" senza avere quella di "corto" ma quando ne comprendi uno in realtà l'altro "viene da sé", quasi come se fosse un bonus.
Sinceramente la complementarità l'ho capita in questi termini, ossia che la nostra mente produce concetti a coppie che non possono essere scisse.

CARLO
Questo è un aspetto marginale della complementarità.  Ci sono opposti che si presentano come unità indistinte, e allora devono essere scissi prima di poterli coniugare in una sintesi superiore; mentre ci sono opposti che si presentano come dualismi assolutamente separati e contraddittori, e allora devono essere sottoposti a un processo di confronto per risalire alla loro natura originaria comune.

Carlo Pierini

Citazione di: Phil il 29 Agosto 2017, 16:36:08 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 00:17:39 AM
errore classico commesso sia - da qualche millennio - dalle filosofie taoista ed eraclitea, sia dalla dialettica hegeliana: quello di fare di tutta l'erba un fascio tra opposizioni contraddittorie - che non possono essere sintetizzate-unificate in quanto soggette al principio di non contraddizione - e opposizioni dialettiche, le sole che possono armonizzarsi attraverso un processo di confronto e di complementarizzazione.
Sorvolando sul povero Hegel (ma poi non dire che qualcuno non ti aveva già avvisato che tesi ed antitesi non sono affatto elementi contraddittori, ma momenti complementari di un processo storico-dialettico... detto altrimenti, per Hegel, non è che banalmente "caldo" è tesi di cui "freddo" è antitesi e "tiepido" la sintesi! ;D ), vorrei chiederti di spiegare meglio cosa "rimproveri" al taoismo, ovvero in che senso, secondo te, mischia "opposizioni contraddittorie" e "opposizioni dialettiche".

Prima di rispondere, vorrei farti una domanda io: leggendo le opere di Hegel e il Tao te Ching, che indicazioni ne hai ricavato per applicare alla vita reale la Dialettica o il Principio di complementarità degli opposti? Ti hanno aiutato almeno una volta a risolvere qualche tuo problema conoscitivo o esistenziale?

PHIL
In ambito di "logica spirituale"(?) ti segnalo, qualora tu non lo conosca già, l'"esplosione" del principio di non-contraddizione nel "catuskoti"...  ;)

CARLO
...Quello secondo cui la verità appartiene alla via di mezzo tra l'"è" e il "non-è" e, pertanto, è inattingibile? Non l'ho approfondito, ma se avessero ragione i buddhisti, io e te staremmo qui a comunicare con i segnali di fumo, invece che con un computer.
Con questo non voglio dire che non ci sia qualcosa di vero; ma se viene interpretato come negazione del p.d.n.c., vuol dire che si tratta di un riflessione sicuramente errata. E la ragione è sempre la solita: si seguono processi di pensiero assolutamente separati dall'esperienza, quindi ci si perde a causa dell'elasticità di significato dei termini. Senza riscontri nell'esperienza non si va da nessuna parte.

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 19:48:02 PM
leggendo le opere di Hegel e il Tao te Ching, che indicazioni ne hai ricavato per applicare alla vita reale la Dialettica o il Principio di complementarità degli opposti? Ti hanno aiutato almeno una volta a risolvere qualche tuo problema conoscitivo o esistenziale?
Di Hegel, come ti accennavo, non sono esperto, ma per onestà intellettuale credo che ciò che ha scritto può essere interpretato solo fino a un certo punto, superato il quale si deve parlare di "fraintendere"... se poi ciò che dice risolva problemi o meno, possiamo valutarlo individualmente, ma senza essere per questo autorizzati a storpiarne il pensiero, giusto?
Hegel, come altri, fornisce chiavi di lettura (della storia, del pensiero, del sapere, etc.) e, per quello che ne ho letto (in tempi lontani), l'ho trovato molto stimolante, una buona "palestra per la mente" (e ciò che si fa in palestra, serve soprattutto quando si esce dalla palestra  ;) ).
Se ha risolto miei problemi conoscitivi-esistenziali? Dubito che un autore dell'800 possa mai risolvere problemi conoscitivi attuali (se parliamo di quelli gnoseologici); se applichiamo questo criterio valutativo, molti pensatori del passato (Cartesio e simili) forse non andrebbero più nemmeno letti poiché ormai "inutili" e "inattuali"? Non concordo.
Secondo me, in filosofia conta più l'"allenarsi" al ragionamento, il costruirsi una "cassetta degli attrezzi" affidabile, piuttosto che un utilitarismo volto alla "spendibilità immediata" (ad esempio, secondo me, molti filosofi medievali sono una lettura molto formativa anche per chi non crede...).
Sul piano esistenziale, al netto della mia ignoranza su di lui, credo che difficilmente Hegel possa dare risposte illuminanti: è come chiedere ad un idraulico di aggiustare un'automobile... il problema è dell'idraulico oppure sta nel mio porgli un problema inadeguato al suo mestiere?

Sul Taoismo, devo dire onestamente che ha influenzato molto il mio modo di vedere il mondo, in molti ambiti, rimodellando alcune domande e suggerendo preziosi spunti (le risposte definitive le lascio ai problemi di matematica ;) ); non è di facile approccio, ma con la mediazione di altri (soprattutto di F. Jullien) credo/spero di averne capito qualcosa...
Ovviamente questa è solo la mia visione personale (quella che mi hai chiesto), non dico affatto che il taoismo sia omniesplicativo, che possa o debba essere per tutti fonte di ispirazione oppure, tantomeno, che sia oggettivamente "migliore" o "più vero" di altri approcci... semplicemente, pur non essendo taoista, devo constatare che mi ha influenzato più di altre correnti o prospettive (anche se non è certo grazie al Tao che abbiamo i computer, no? Così come non è grazie agli idraulici che manteniamo le nostre auto funzionanti... ;) ).


Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 19:48:02 PM
Quello secondo cui la verità appartiene alla via di mezzo tra l'"è" e il "non-è" e, pertanto, è inattingibile? Non l'ho approfondito
Anche qui, meglio non semplificare troppo svilendone la portata teoretica; suggerimento: http://it.lmgtfy.com/?q=catuskoti

Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 19:48:02 PM
se viene interpretato come negazione del p.d.n.c., vuol dire che si tratta di un riflessione sicuramente errata.
Interpretarlo in quel modo sarebbe improprio, direi; mi sembra invece che apra la logica alla dimensione della temporalità e a questioni non meramente formali, rivolgendosi alla prassi e all'esperienza concreta, precorrendo quanto proposto da alcune logiche paraconsistenti del '900.
Qualcuno ha anche tentato di formalizzarlo con la logica simbolica (se sei così masochista da affrontarlo  ;D )

Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 19:48:02 PM
Prima di rispondere, vorrei farti una domanda io:
Spero di aver risposto... tocca a te  :)

Apeiron

Carlo, sinceramente non ho citato il tuo post di apertura perchè di alchimia (o simili) non so nulla. Quindi affronto il problema dalla mia angolazione. Se dopo 25 anni di ricerche dici queste cose OK però in fin dei conti devi "ammettere" che anche il "tuo" Dio, come quello di Eriugena è un atto di "fede"  :P io volevo come sempre "partire da zero" ossia affrontare il problema della complementarietà degli opposti da "zero" ossia come relazione tra i concetti (in un secondo momento farei affermazioni sulla realtà).

CARLO (riguardo al lungo e al corto)
Questo è un aspetto marginale della complementarità.  Ci sono opposti che si presentano come unità indistinte, e allora devono essere scissi prima di poterli coniugare in una sintesi superiore; mentre ci sono opposti che si presentano come dualismi assolutamente separati e contraddittori, e allora devono essere sottoposti a un processo di confronto per risalire alla loro natura originaria comune.

APEIRON
E se vale per lungo e corto non vale anche per bene/male, soggetto/oggetto, questo/quello, dentro/fuori ecc? Prendi l'esempio della scatola: entrambi gli "scenari" sono possibili (a livello "logico"). Quindi la possibilità che la particella sia fuori dalla scatola implica che sia logicamente pensabile che possa essere dentro. Quindi quando capisco la configurazione "è fuori" capisco anche quella in cui "è dentro" (o sbaglio  :) )? Cadrei nella contraddizione quando vado a dire "la particella si trova fuori e dentro" ma questo non c'entra nulla con la complementarietà (che io intendo come "interrelazione") dei concetti opposti. Ad esempio il concetto di "maschio" ha senso quando si può parlare di "femmina" ma uno non può essere maschio e femmina (ok dirai gli ermafroditi o gli androgini... almeno anche in quel caso diciamo che i caratteri "maschili" e "femminili" li puoi ancora distinguere (distinguere ossia opporre)). Sul discorso mappe e mappe migliori meglio lasciar perdere perchè d'altronde per dire che una mappa è "vera" serve un salto di fede che non può derivare dalla sola filosofia. Ma sinceramente non voglio bloccare la discussione su questa questione qua.  :)



Curiosità cosa ne pensi veramente dei catuskoti? (che il povero Buddha usava in continuazione  ;D )

Sono fortemente in disaccordo sul fatto che Buddha (e forse anche Laozi) fossero contrari alla conoscenza. Il Buddha del Canone Pali per esempio ti dice che lui sa tantissime cose: ci sono 31 piani di esistenza, sa perfettamente come funziona il karma e il ciclo delle rinascite ecc. Quello che semplicemente dice è che la conoscenza che un uomo potrà avere per quanto grande potrà essere non sarà mai paragonabile al "Risveglio". Un Eriugena magari ti direbbe: "la dialettica che scopri è interessantissima ecc ma a confronto della "visione beatifica" di Dio e della contemplazione della sua Ineffabile Essenza non è niente". Un daoista ti direbbe "essere d'accordo col Dao supera ogni conoscenza" ecc Nel mio caso concordo con questa posizione ma a differenza loro ritengo che sia necessario per un uomo aumentare la propria conoscenza pur riconoscendo i propri limiti (anzi nel daoismo addirittura molte correnti ricercano l'immortalità fisica oltre che spirituale perchè probabilmente ritengono corpo e spirito inseparabili).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Carlo Pierini

Citazione di: Apeiron il 29 Agosto 2017, 23:27:51 PM
Carlo, sinceramente non ho citato il tuo post di apertura perchè di alchimia (o simili) non so nulla.

Evidentemente non l'hai neppure letto, altrimenti ti saresti reso conto che su 2 o 3 pagine di scritti l'alchimia compare in una riga o due, en passant, mentre l'argomento centrale è la complementarità degli opposti applicata alla conoscenza in generale, a quella scientifica in particolare e ai numeri intesi come archetipi.

APEIRON
Se dopo 25 anni di ricerche dici queste cose OK però in fin dei conti devi "ammettere" che anche il "tuo" Dio, come quello di Eriugena è un atto di "fede"  :P

CARLO
Atto di fede? Quei famosi 25 anni di cui sopra non li ho passati a ...pregare, ma ad approfondire centinaia di casi reali (riguardanti le scienze dello spirito: psicologia, filosofia, epistemologia, simbolica, storia, ecc.) dalla cui dinamica emerge sempre la stessa logica universale (la Complementarità degli opposti) e sempre secondo le stesse regole. Questo è l'esatto contrario della fede; se la scienza è diventata ciò che è oggi, è perché ha seguito questo stesso criterio: osservazione metodica del mondo e individuazioni di quelle costanti logiche che si chiamano "leggi" e "principi". Altro che fede!
Insomma, invece di leggere ciò che scrivo e commentare quello (o chiedere chiarimenti su quello), tu parti dai tuoi pre-concetti e pre-sumi di poterli attribuire alla cieca a quella grande X che è per te la mia teoria, costringendomi a ripetuti: "non ho detto questo, non c'entra niente, non è quello che ho scritto". Così mi fai perdere solo tempo inutilmente, cosa questa, che non mi posso permettere, perché, come dicevo scherzando (ma non troppo) ad Angelo, ...io c'iò dda fa', ...c'iò dda fa 'na rivoluzzione!!!  :)

APEIRON
Sono fortemente in disaccordo sul fatto che Buddha (e forse anche Laozi) fossero contrari alla conoscenza. Il Buddha del Canone Pali per esempio ti dice che lui sa tantissime cose: ci sono 31 piani di esistenza, sa perfettamente come funziona il karma e il ciclo delle rinascite ecc. Quello che semplicemente dice è che la conoscenza che un uomo potrà avere per quanto grande potrà essere non sarà mai paragonabile al "Risveglio". Un Eriugena magari ti direbbe: "la dialettica che scopri è interessantissima ecc ma a confronto della "visione beatifica" di Dio e della contemplazione della sua Ineffabile Essenza non è niente". Un daoista ti direbbe "essere d'accordo col Dao supera ogni conoscenza" ecc Nel mio caso concordo con questa posizione ma a differenza loro ritengo che sia necessario per un uomo aumentare la propria conoscenza pur riconoscendo i propri limiti (anzi nel daoismo addirittura molte correnti ricercano l'immortalità fisica oltre che spirituale perchè probabilmente ritengono corpo e spirito inseparabili).

CARLO
Io intendevo una conoscenza vera, cioè una conoscenza che comprenda il mondo fisico, l'anima umana, e le manifestazioni dello Spirito in essa. Mentre con la logica "lao-tsiana" del "Chi sa non parla, chi parla non sa" o con le affermazioni autoreferenziali del Buddha sui 31 piani di esistenza, sui cicli delle rinascite, o sulla natura maya del mondo materiale, la conoscenza che intendo io ha ben poco a che vedere. La visione beatifica di Dio l'ho avuta anch'io, nel mio piccolo, ma adesso è più urgente trasformare quella visione personale in una visione scientifica utile al resto del mondo e condivisibile con esso. Insomma, se Dio esiste ed è così beatifico, dovranno vederlo tutti, anche gli atei, sotto forma di scienza!!!

Apeiron

Ok se questa discussione per te è una perdita di tempo allora amen, me ne vado e lascio parlare chi ne sa di alchimia, di archetipi, di Jung, di Evola ecc. Tanto come dici tu parlo a vanvera perchè sono immerso nei miei pre-concetti. Ritengo invece che i miei messaggi erano un tentativo di discutere dello stesso tuo principio "universale" sotto il mio punto di vista col quale a quanto pare non sei d'accordo e quindi neanche lontanamente ti interessa discutere (pensavi che entrando in un Forum come questo TUTTI sarebbero stati d'accordo con te?  :) ). Il fatto che le citazioni che tiri fuori e i tuoi commmenti ad esse risultino "ovvie" per chi ti legge è un'assunzione abbastanza comune e falsa, in inglese chiamata "curse of knowledge" https://en.wikipedia.org/wiki/Curse_of_knowledge . Mi chiederai perchè non voglio discutere del problema mappa-territorio in questo argomento. Semplice: andrebbe completamente off-topic. Quindi se trovi una perdita di tempo parlare con me puoi anche non rispondere a questo messaggio.

In realtà ti dico che perfino chiaro/oscuro puoi vederli in entrambi i modi che dici tu ossia come opposti mutuamente esclusivi (perchè l'oscurità è assenza di luce) ma anche come opposti completmentari (perchè dopotutto è lo stesso discorso dello "0" e l'"1"). Ad esempio un calcolatore elettronico che si basa su un circuito elettrico: il fatto che il circuito sia aperto (e quindi non gira corrente) non significa che esclude il circuito chiuso. Anzi il calcolatore elettronico (intendo il calcolo binario) necessita di interpretare le due situazioni come due cose opposte ma per funzionare servono entrambe e quindi formano un'unità. Più universale di questo principio sinceramente non so cosa tirar fuori. Quello che tu non capisci è che si possono considerare gli stessi concetti in modo differente e quindi queste coppie possono essere sia "opposti complementari" e "opposti mutuamente esclusivi". Ma siccome a quanto pare è vietato considerare le cose da più punti di vista probabilmente sto dicendo solo cose senza senso.

Sulla questione del Buddha sinceramente trovo un'incoerenza di fondo. Chiedi in sostanza a me di credere all'alchimia e senza approfondire (e praticare) assumi che il buddismo sia falso. Ti dico questo perchè per il Buddha del Canone Pali il mondo materiale non è "maya" (ti confondi ahimé con la filosofia Vedanta ma anche qui non è "illusione" come lo intendiamo noi). Quello che Buddha intende è che il nostro modo di comprendere la realtà si basa su un'incomprensione di fondo (e questo è anche il senso di "maya" della filosofia Vedanta... anche per loro il mondo è reale). Sulla questione dei 31 piani di esistenza non ci credo nemmeno io ma per motivi diversi dai tuoi: a mio giudizio si riferiscono a "stati mentali" e a quei tempi era molto più facile fraintendere certi stati mentali con reami di esistenza. Altrimenti non si spiega il fatto che non ci siano yogin che calvalcano il vento, che appaiono qua e là, dei che parlano ecc. In ogni caso Buddha non condanna la conoscenza concettuale ma l'attaccamento ad essa. Dice semplicemente che il Risveglio è "oltre la conoscenza ordinaria" (ma questo stranamente era una cosa su cui erano d'accordo Laozi, Plotino ecc) e che non è necessaria per la Liberazione. Ovviamente visto che il tuo è un principio universale non ti poni nemmeno il dubbio che anche la tua è una verità parziale...

Parliamo ora dei numeri. I numeri come archetipi. Da quello che ho capito Frege era un platonista, ossia riteneva che le verità matematiche fossero ontologicamente reali. Ossia deduco che "archetipo" e "idea platonica" siano quasi sinonimi. Ti invito io a leggerti https://plato.stanford.edu/entries/platonism-mathematics/ (vorrei che commentassi le obiezioni). In ogni caso come fai a conoscere queste idee universali? Reminescienza? Esperienze visionarie? Rivelazioni divine? Idee innate? Ma se sono idee innate allora sono contenuti della mente e anche se sono idee nella Mente di Dio o nell'Inconscio Collettivo. Quindi non è vero che è un terzo "mondo" bensì sono concetti, eterni perchè la mente che li contiene è eterna. E se uno non ha avuto la rivelazione divina, l'anamnesi o l'esperienza visionaria come fa a "dimostrare" quello che dici tu? E tutti quei filosofi e matematici che non sono d'accordo con Frege cosa sono folli? O magari un briciolo della verità la dicono anche loro?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 19:48:02 PM
Citazione di: Phil il 29 Agosto 2017, 16:36:08 PM
vorrei chiederti di spiegare meglio cosa "rimproveri" al taoismo, ovvero in che senso, secondo te, mischia "opposizioni contraddittorie" e "opposizioni dialettiche".

Prima di rispondere, vorrei farti una domanda io: ...

Citazione di: Phil il 29 Agosto 2017, 21:56:55 PM
[...]
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Agosto 2017, 19:48:02 PM
Prima di rispondere, vorrei farti una domanda io:
Spero di aver risposto... tocca a te  :)
Sono ancora interessato alla tua spiegazione, non lasciarmi troppo sulle spine...

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