L'invenzione dell'anima e la violenza

Aperto da Jacopus, 30 Ottobre 2017, 09:29:09 AM

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Jacopus

Nei secoli nei quali le religioni hanno avuto il predominio si e' di solito assistito a forme di violenza e a veri e propri genocidi (i crociati distrussero molte comunita  ebraiche in medio oriente, i catari furono tutti sterminati). Per far confessare un eretico si usavano mezzi di tortura rispettl ai quali i carcerieri di Guantanamo sono dei boy-scout.
La tesi che formulo e' la seguente: la convinzione che vi sia un'anima rende possibile un livello di violenza che oggi e' solo sopita per la concorrenza di altri modelli e filosofie di vita.
Oggi essendo piu' importante la vita fisiologica essa viene tutelata e non passa piu' in secondo piano rispetto all'anima.
Un altro esempio per chiarire cio' di cui parlo: nel medioevo una donna accusata di stregoneria poteva venire lanciata su un lago dentro ad un sacco. Se galleggiava era la prova di stregoneria e veniva arsa. Se affondava era innocente ma moriva ugualmente ma almeno la sua anima era salva.
Pensare alla salvezza delle anime comporta percio' sempre un surplus di violenza?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Sariputra

Citazione di: Jacopus il 30 Ottobre 2017, 09:29:09 AMNei secoli nei quali le religioni hanno avuto il predominio si e' di solito assistito a forme di violenza e a veri e propri genocidi (i crociati distrussero molte comunita ebraiche in medio oriente, i catari furono tutti sterminati). Per far confessare un eretico si usavano mezzi di tortura rispettl ai quali i carcerieri di Guantanamo sono dei boy-scout. La tesi che formulo e' la seguente: la convinzione che vi sia un'anima rende possibile un livello di violenza che oggi e' solo sopita per la concorrenza di altri modelli e filosofie di vita. Oggi essendo piu' importante la vita fisiologica essa viene tutelata e non passa piu' in secondo piano rispetto all'anima. Un altro esempio per chiarire cio' di cui parlo: nel medioevo una donna accusata di stregoneria poteva venire lanciata su un lago dentro ad un sacco. Se galleggiava era la prova di stregoneria e veniva arsa. Se affondava era innocente ma moriva ugualmente ma almeno la sua anima era salva. Pensare alla salvezza delle anime comporta percio' sempre un surplus di violenza?

Ma sei sicuro che lo facessero veramente per "salvare l'anima" un tempo? O non era semplicemente il pretesto per eliminare tutto ciò che dava 'fastidio' (al potere costituito, religioso e non...pensiamo solo alle stragi che compivano le incursioni vichinghe nei monasteri cristiani...era un'epoca buia e violenta...)? Oggigiorno ovviamente si usano metodi più sofisticati per raggiungere lo stesso scopo ...più 'civili'...anche l'esercizio dell'autorità e del potere si è evoluto... ;)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Jacopus il 30 Ottobre 2017, 09:29:09 AM
La tesi che formulo e' la seguente: la convinzione che vi sia un'anima rende possibile un livello di violenza che oggi e' solo sopita per la concorrenza di altri modelli e filosofie di vita.
Oggi essendo piu' importante la vita fisiologica essa viene tutelata e non passa piu' in secondo piano rispetto all'anima.
[...]
Pensare alla salvezza delle anime comporta percio' sempre un surplus di violenza?
Non conosco le statistiche in merito, ma suppongo, en passant, che gran parte della violenza terrena non ha finora avuto a che fare con anime e religioni (intese autenticamente e non come copertura per questioni politico-economiche come doverosamente precisato da Sariputra), sebbene indubbiamente il valore dato alla vita terrena dipende anche dalla visione religiosa della morte: i martiri, i kamikaze, etc. sacrificano la vita sulla terra poiché credono che la vera vita sia dopo la morte (magari migliore di quella che hanno conosciuto da mortali); è come se sapessero di avere un'eccedenza di vita eterna immateriale che rende quindi sacrificabile quella impermanente materiale (v. la "scommessa" di Pascal).
Ciò non comporta necessariamente una guerra fra le differenti visioni religiose e quindi schiere di morti dovute alla fiducia in un'anima "giustamente sacrificata". Secondo me, oggi la violenza interreligiosa e "intrareligiosa" è sopita non tanto per "la concorrenza di altri modelli e filosofie di vita"(cit.) ma per come tale concorrenza è stata incanalata (almeno in occidente) in una via meno guerriera che in passato: in uno stato moderno possono infatti convivere fedeli di differenti culti, ognuno dei quali pensa solo a salvare la propria anima, senza cercare di "inviare in cielo" quelle degli "infedeli" e senza che i ministri del suo culto minaccino di ucciderlo appena non adempie al codice religioso.
Non c'è da lamentarsi, possiamo persino essere dichiaratamente atei senza rischiare di perdere l'unica vita che crediamo di avere! ;D

InVerno

Penso sia un topic prolifico, la questione può essere facilmente presa da diverse angolature ed è possibile trarne diverse considerazioni facilmente di segno opposto. Io stesso penso che possa essere un fattore ambivalente, da una parte l'anima può essere quel "minimo comun denominatore" che unisce gli esseri viventi e inibisce la violenza, dall'altra può essere quello che dici tu. Il fatto è che volenti o nolenti siamo costretti a ragionare in termini "io\tu" "noi\loro" e bisogna considerare come il concetto di anima interagisca in quel processo che in inglese viene chiamato "otherization" (come tradurre in italiano? altruizzazione?) cioè l'individuazione dell'altro, la costrizione dello stesso in una categoria subumana, e il blocco del processo empatico che poi permette la violenza sconsiderata. Ad esempio si potrebbe analizzare come nella costruzione di un archetipo subumano venga considerata o meno l'anima (Es. gli ebrei avevano anima per i nazisti) ? Pensandoci mentre scrivo mi viene in mente che seppur il concetto di anima possa essere distorto in diverse maniere per emancipare l'istinto violento, esso rimane sempre e comunque un baluardo (tra due individui che vi credono) che salvaguardia un certo limite alla violenza. Per esempio già nella violenza di stampo antico era in uso il "diritto" del soccombente ad una "onorevole sepoltura" anche dopo che il suo corpo era stato oltraggiato in maniera animalesca. Grama e poca considerazione si dirà, tuttavia la mia sensazione (non vi ho riflettuto a sufficienza per chiamarla in altro modo) è che il concetto di anima costituisca un pavimento ideologico che limita la bassezza che si può raggiungere con le proprie azioni, un limite difficilmente alterabile, al contrario di quanto la retorica possa alterare facilmente il suo abuso in senso opposto, cioè di empancipatore della violenza che dipende molto invece dagli scopi e dalle convinzioni di chi lo maneggia. Come terzo incomodo nella discussione vedo il concetto di anima mundi, ovvero un anima che superi quella separazione io\tu che è l'origine della violenza stessa.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

green demetr

Citazione di: Jacopus il 30 Ottobre 2017, 09:29:09 AM
Nei secoli nei quali le religioni hanno avuto il predominio si e' di solito assistito a forme di violenza e a veri e propri genocidi (i crociati distrussero molte comunita  ebraiche in medio oriente, i catari furono tutti sterminati). Per far confessare un eretico si usavano mezzi di tortura rispettl ai quali i carcerieri di Guantanamo sono dei boy-scout.
La tesi che formulo e' la seguente: la convinzione che vi sia un'anima rende possibile un livello di violenza che oggi e' solo sopita per la concorrenza di altri modelli e filosofie di vita.
Oggi essendo piu' importante la vita fisiologica essa viene tutelata e non passa piu' in secondo piano rispetto all'anima.
Un altro esempio per chiarire cio' di cui parlo: nel medioevo una donna accusata di stregoneria poteva venire lanciata su un lago dentro ad un sacco. Se galleggiava era la prova di stregoneria e veniva arsa. Se affondava era innocente ma moriva ugualmente ma almeno la sua anima era salva.
Pensare alla salvezza delle anime comporta percio' sempre un surplus di violenza?

Ottima intuizione.

Ci sto lavorando da parecchio tempo. Direi almeno un ventennio.

La risposta è sì.

Semplicemente perchè nel concetto di salvezza vi è quello di redenzione.

Ma poichè io sono il peccatore, MA NON POSSO ESSERLO, ecco che allora il peccatore DEVE ESSERE l'altro.


Dunque non vi è salvezza senza redenzione dell'altro.

Ossia io non posso impunemente peccare senza che qualcuno, che non sia io. ne paghi le conseguenze. (per inciso il peccato è sempre carnale. ma su questo non voglio certo insistere).

Ah caro vecchio buon cristianesimo, quante ne sai!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Sariputra

@Green Demetr scrive:
Ma poichè io sono il peccatore, MA NON POSSO ESSERLO, ecco che allora il peccatore DEVE ESSERE l'altro. (??)

Non è chiara questa frase. Perché "non posso esserlo"? Anzi , è proprio la consapevolezza del proprio stato di peccatore , quindi bisognoso di Grazia , che mi spinge a cercare il Cristo. Il famoso versetto :
"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" (Luca 6,41)
chiarisce in modo inequivocabile che l'atteggiamento corretto per il praticante cristiano è quello di guarire se stesso prima di pretendere la conversione dell'altro.
Questo è uno dei brani storicamente più disattesi dai cristiani e, cosa ancor più grave, soprattutto dai suoi ministri del culto che dovrebbero dare il buon esempio.
Direi quindi che è l'atteggiamento di chi non è cristiano nel cuore, anche se professa di esserlo o se ne fa vanto, che vede sempre la colpa altrui. Anche sacerdoti, vescovi e papi possono non essere veramente cristiani autentici, soprattutto quando invece che il servizio si cerca e si è cercato il potere temporale.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

baylham

Citazione di: Sariputra il 31 Ottobre 2017, 09:17:28 AM
Il famoso versetto :
"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" (Luca 6,41)
chiarisce in modo inequivocabile che l'atteggiamento corretto per il praticante cristiano è quello di guarire se stesso prima di pretendere la conversione dell'altro.

Però questo versetto è rivolto all'altro, non a sé stesso, è la modalità tipica della relazione del superiore verso l'inferiore, maestro verso discepolo, genitore verso figlio.

Sariputra

Citazione di: baylham il 31 Ottobre 2017, 09:41:28 AM
Citazione di: Sariputra il 31 Ottobre 2017, 09:17:28 AMIl famoso versetto : "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" (Luca 6,41) chiarisce in modo inequivocabile che l'atteggiamento corretto per il praticante cristiano è quello di guarire se stesso prima di pretendere la conversione dell'altro.
Però questo versetto è rivolto all'altro, non a sé stesso, è la modalità tipica della relazione del superiore verso l'inferiore, maestro verso discepolo, genitore verso figlio.

Evidentemente il maestro aveva già rimosso da lungo tempo la sua... ;D 
Sempre con 'sto problema dell'autorità. Che sofferenza che sentiamo dentro quando qualcuno ci dice cosa fare. Investigare il perché ci opponiamo sempre è interessante...
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Apeiron

#8
Concordo con Sariputra e InVerno.

@baylham ogni testo antico "mette in bocca" precetti simili nella figura del "maestro". Trovi discorsi simili in ogni tradizione. Talvolta trovi durezza da parte del maestro ma è sempre (negli occhi del maestro, ovviamente) a fin di bene. L'unica eventualità che non prevederebbe un tale tipo di precetti sarebbe quella in cui non c'è bisogno di maestri o genitori, cosa ovviamente impossibile. E qui sta a noi, credo, la scelta. Possiamo vedere questi rimproveri rivolti a noi e agire "su noi stessi" per migliorare la nostra "interiorità" (cercare di "purificarci" dal peccato). Oppure possiamo vederli come qualcosa da imporre all'altro prima che a noi stessi (come probabilmente fa comodo per l'"ordine politico"...). A mio giudizio versetti come quello citato da Sariputra suggeriscono proprio la prima interpretazione.

Anzi secondo me per fortuna che ci sono dei maestri che ci "consigliano" cosa fare altrimenti  ::)

P.S. Sul discorso della trave e dell'autorità si potrebbe fare una lunghissima discussione. Posso per esempio io dire ad un altro di guardare i propri problemi, prima di aver "purificato" me stesso dai miei senza risultare ipocrita? A mio giudizio sì perchè l'autorità trascende la mia persona. Ma allo stesso tempo sarebbe totalmente ipocrita imporre sull'altro con violenza la mia autorità perchè per coerenza dovrei imporla a me stesso con pari (o più) violenza (visto che probabilmente conosco meglio le mie "travi"). Ergo secondo me anche un normalissimo essere umano peccatore può consigliare ad un altro normalissimo essere umano peccatore di guardare alla propria trave senza che ciò venga visto come una "superiorità".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Un insegnamento...qualunque tipo di insegnamento, pure quello del genitore che insegna al piccolo a lavarsi le mani prima di mangiare...può essere visto sia come forma di imposizione oppure come forma di aiuto dato all'altro. Sta nell'intelligenza di colui che riceve un insegnamento capirlo e la base per questa comprensione sta, a mio parere, nella relazione che si instaura tra colui che insegna e colui che riceve l'insegnamento. Abbiamo una relazione di dominio oppure una relazione d'amore/affetto/benevolenza?...Spesso  comprendiamo pure istintivamente, visceralmente quasi, dove poggia questa relazione.
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Apeiron

Citazione di: Sariputra il 31 Ottobre 2017, 10:16:56 AMUn insegnamento...qualunque tipo di insegnamento, pure quello del genitore che insegna al piccolo a lavarsi le mani prima di mangiare...può essere visto sia come forma di imposizione oppure come forma di aiuto dato all'altro. Sta nell'intelligenza di colui che riceve un insegnamento capirlo e la base per questa comprensione sta, a mio parere, nella relazione che si instaura tra colui che insegna e colui che riceve l'insegnamento. Abbiamo una relazione di dominio oppure una relazione d'amore/affetto/benevolenza?...Spesso comprendiamo pure istintivamente, visceralmente quasi, dove poggia questa relazione.

Appunto. Posso imporre con volontà di dominio anche il migliore degli insegnamenti. Dipende da come l'allievo si mette in relazione col maestro e come il maestro si mette in relazione con l'allievo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

baylham

Citazione di: Apeiron il 31 Ottobre 2017, 09:58:36 AM
Concordo con Sariputra e InVerno.

@baylham ogni testo antico "mette in bocca" precetti simili nella figura del "maestro". Trovi discorsi simili in ogni tradizione. Talvolta trovi durezza da parte del maestro ma è sempre (negli occhi del maestro, ovviamente) a fin di bene. L'unica eventualità che non prevederebbe un tale tipo di precetti sarebbe quella in cui non c'è bisogno di maestri o genitori, cosa ovviamente impossibile. E qui sta a noi, credo, la scelta. 

Volevo sottolineare la contraddittorietà e l'indefinibilità di determinati criteri, regole morali, a cominciare dal significato di amore verso sé stessi e gli altri.

Chi bruciava le streghe si sentiva sicuramente nel giusto, riteneva di amare, di fare  il bene proprio, della comunità e della strega.  Una strega pentita, redenta avrebbe chiesto lei stessa di essere bruciata come giusta pena, una tipica situazione di double bind, dove pentirsi o non pentirsi non cambia il risultato.
Inoltre la figura della strega è perfettamente parte della tradizione cristiana: il primo a credere nei demoni e negli spiriti malvagi è proprio Gesù, che anche per questo non ritengo un mio maestro. Inoltre è inevitabile che sia l'eventuale discepolo a decidere chi sia l'eventuale maestro.

Nello specifico del tema non vedo il nesso tra anima e violenza, non credo che la violenza dipenda dalla religiosità o meno. Tuttavia c'è un problema di coerenza per chi predica la nonviolenza.

InVerno

#12
Citazione di: Sariputra il 31 Ottobre 2017, 09:17:28 AM"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" (Luca 6,41)
Questo e "chi è senza peccato scagli la prima pietra"  prevedono se applicati alla lettera, l'insostenibilità  di una qualsiasi concetto di giustizia (perlomeno terrena) giustizia che fino ad oggi è stato un discreto deterrente alla violenza. Al di la delle mire politiche di un Gesù fin troppo impegnato nella demolizione della comunità del tempo, si può tranquillamente affermare che questi siano insegnamenti criminogeni molto più esplicitamente del concetto di anima. Potranno pure funzionare in paradiso o poco prima dell'apocalisse, ma fino ad allora conviene lasciarli decisamente perdere.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Sariputra

#13
Citazione di: InVerno il 31 Ottobre 2017, 12:33:11 PM
Citazione di: Sariputra il 31 Ottobre 2017, 09:17:28 AM"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" (Luca 6,41)
Questo e "chi è senza peccato scagli la prima pietra" prevedono se applicati alla lettera, l'insostenibilità di una qualsiasi concetto di giustizia (perlomeno terrena) giustizia che fino ad oggi è stato un discreto deterrente alla violenza. Al di la delle mire politiche di un Gesù fin troppo impegnato nella demolizione della comunità del tempo, si può tranquillamente affermare che questi siano insegnamenti criminogeni molto più esplicitamente del concetto di anima. Potranno pure funzionare in paradiso o poco prima dell'apocalisse, ma fino ad allora conviene lasciarli decisamente perdere.

Francamente non vedo il nesso. Addirittura "criminogeni"...
Sulla strada del bosco
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Apeiron

#14
BAYLHAM
Nello specifico del tema non vedo il nesso tra anima e violenza, non credo che la violenza dipenda dalla religiosità o meno. Tuttavia c'è un problema di coerenza per chi predica la nonviolenza.

APEIRON
non riesco a capire a cosa ti riferisci con la seconda parte della frase (forse a quello che dice InVerno, sul quale in realtà sono d'accordo). Sulla prima parte appunto concordo con te non c'è alcun nesso tra credenza nell'esistenza dell'anima e violenza. Purtroppo però è vero quello che dici tu sulle streghe: erano convinti di fare del bene. Ammetto di essere influenzato dalle "religioni orientali" e di vedere la spiritualità come un lavoro prima di ogni altra cosa su sé stessi. Altrimenti si cade nell'errore di credere che il fine giustifica sempre i mezzi. Sulla non-violenza si potrebbe aprire un altro argomento. Il vero problema è pratico: siccome non la praticheranno mai tutti allora come ci si difende dalla violenza altrui. Ci sono casi in cui la violenza sembra un male necessario, altrimenti chiaramente il crimine dilaga. (Non a caso gli unici non-violenti completamente coerenti sono coloro che stanno fuori dalla società...). Ad ogni modo il problema delle religioni organizzate negli ultimi tempi è secondo me legato proprio a questo e a problemi simili.

@InVerno. Quei precetti non sono "criminogeni". Se davvero sono interiorizzati secondo me aiutano ad essere "prudenti" nelle proprie azioni. Ti fanno capire anche l'altro in misura maggiore e così via. Il problema è conciliare questi precetti con la necessità socio-politica di mantenere in vita la società. Al livello giuridico devo ammettere che la non-violenza non è applicabile (motivo per cui è chiaro che servano le forze dell'ordine) ma deve essere vista come un "male necessario", qualcosa che bisogna sforzarsi di evitare.

Chiaramente tutti questi precetti sono impossibili da mantenere a livello "sociale". Qui se vogliamo entra il conflitto tra "temporalità" e "spiritualità" sul quale sinceramente credo che sia estremamente difficile trovare una soluzione  :( Ad ogni modo personalmente dopo aver visto quanta responsabilità è necessario avere nella politica sinceramente ho preferito evitare di impegnarmi troppo attivamente in essa (semmai lo farò in futuro, oggi veramente non me la sento...). La spiritualità mi pare infatti indipendente di per sé dalla politica ma ahimé riconosco che la politica è necessaria e quindi in realtà ad un certo punto le due cominciano a doversi confrontare  :( Su come le due debbano confrontarsi non so rispondere, quindi da questo punto di vista non posso dire niente.    

@Sariputra. Nemmeno io vedo il nesso e la ragione per cui definirli "criminogeni". Precetti come questo tenderebbero a eliminare il crimine se fossero veramente rispettati. Purtroppo però il crimine è una realtà non trascurabile e quindi non è possibile "rinunciare ad ogni azione violenta" (finchè ovviamente si fa questo discorso in una società) motivo per cui esistono le forze dell'ordine... Ad ogni modo concordo con te che questo tipo di precetti a mio giudizio in fin dei conti sono proprio quelli che freanano la "bestia" che è in noi (non parlo ovviamente di demoni o spiriti maligni ma proprio dei nostri istinti peggiori)...

P.S. I miei interventi volevano solo mettere in luce come violenza e credenza nell'esistenza dell'anima di per sé non sono correlate.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)