L'inconciliabilità tra scritture e fede

Aperto da InVerno, 12 Settembre 2018, 11:58:57 AM

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donquixote

Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 11:58:57 AMDue grandi scuole di pensiero si accostano oggi all'interpretazione delle scritture. Quella che considera la rivelazione come un evento accaduto (e testimoniato appunto nel "testamento") e quella che considera la rivelazione come una "rivelazione continua". La seconda non ha nessun tipo di problema ad ammettere "rifiniture" come quella trinitaria, perchè la considera un accumulazione, un evoluzione della rivelazione continua.. la prima ha parecchi problemi, ed è quella che va per la maggiore tra i "conservatori" cattolici e va per la maggiore anche tra i credenti. Qual'è quindi il giusto valore delle rivelazioni testamentarie e quale il giusto approccio alle scritture di fronte a problemi filologici di questo tipo?

Se Dio è "Puro Spirito" e dunque non è in alcun modo percepibile con i sensi è evidente che ogni riferimento ad esso che si vuole comunicare deve assumere forme mutuate da cose reali, fenomeni, eventi, racconti, miti che saranno tanto più evocativi quanto più saranno ispirati da quel che si suole chiamare "Spirito Santo". Se le Sacre Scritture del Cristianesimo sono fondate sul racconto di episodi quelle dell'Induismo, ad esempio, hanno un fondamento puramente metafisico che può essere compreso solo da chi ha le qualità intellettuali per farlo. Ogni scrittura è un modo per rendere comprensibili i concetti metafisici universali utilizzando metodi che di volta in volta e a seconda dei periodi e delle persone a cui le scritture sono destinate variano, ma i concetti fondamentali restano necessariamente i medesimi e quel che cambia è solamente il modo di esprimerli, poichè cambiano i tempi, i linguaggi e le qualità delle persone. Ogni racconto delle Sacre Scritture cristiane (come ad esempio quello del peccato originale che è un profondo saggio di filosofia della conoscenza) deve essere quindi riconducibile a concetti universali, e la dottrina ovvero il complesso delle interpretazioni scritturistiche deve mantenersi sempre coerente con le medesime, quindi la sua modifica o il suo aggiornamento (peraltro sempre "formale") deve essere di competenza di coloro che hanno profondamente compreso i concetti metafisici ed universali cui le scritture rimandano. Se dunque vi sono differenze inconciliabili fra le scritture e la dottrina significa che quest'ultima è stata elaborata (o rielaborata) da persone che non hanno correttamente compreso le prime, e l'adozione del metodo filologico per approcciarsi alle scritture è stato il modo migliore per condannarsi a non capirne nulla. Non vi è nessuna contraddizione fra l'aspetto "fideistico" e quello "razionale" delle scritture e della dottrina, ma sono solo due livelli diversi e complementari; ognuno può aver fede nella dottrina e nell'autorità che la emana e tanto gli basta, ma chi vuole trovare anche una spiegazione razionale alla medesima può farlo a patto che abbia la costanza e la capacità di seguire un percorso filosofico (non filologico) che, come diceva Sari, potrebbe metterlo in crisi e farlo desistere. Diceva Gandhi: "Prima credevo che Dio fosse la Verità, adesso so che la Verità è Dio" ovvero bisogna partire da un dato di fede (credevo) per raggiungere alla fine del percorso un dato di sapienza (so).


Citazione di: bobmax il 12 Settembre 2018, 22:01:17 PMLa trinità non è perciò che il tentativo di descrivere in qualche modo il fatto che l'uomo è uno con Dio. Una descrizione che vuole evidenziare l'aspetto dinamico di questa identità. Infatti il Padre è l'assoluto, irraggiungibile nell'esserci. Il Figlio è la sua manifestazione sulla terra. E lo Spirito la forza che fa in modo di giungere al Padre e viceversa di tornare nell'esserci come Figlio. Si torna all'esserci attraverso l'ateismo mistico, mentre si sale all'assoluto tramite la Grazia. Il tutto è governato dallo Spirito. Non penso che la trinità debba essere considerata "verità", ma senz'altro è una cifra, cifra della Trascendenza.

https://www.riflessioni.it/forum/spiritualita/14475-il-dio-uno-e-trino-e-il-fondamento-della-creazione.html
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

#16
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 09:40:12 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 00:15:58 AM
Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Ma questo tuttavia non implica nulla riguardo la trinità.Anzi apre ulteriori ipotesi di esegesi perchè "essere figli di Dio" nella tradizione ebraica e come compare nell'antico testamento non è una descrizione, è un titolo. Quando e dove questo titolo ha acquistato valore descrittivo? E  la faccenda si complica ulteriormente perchè i vangeli differiscono nel considerare qualora Gesù fosse cosciente della sua divinità o meno o quando e come l'avesse acquisita (per nascita, per esaltazione sulla croce o per incarnazione). Anche prendendo in considerazione Giovanni dove Gesù sembra completamente cosciente del suo essere divino, ed essere tale addirittura dall'inizio dei tempi, questo non dice assolutamente nulla della trinità dottrinale, e questo è un problema evidente visto il profluvio di scuole di pensiero che si sono susseguite nel tempo che stanno a testimoniare appunto quanto il NT sia insufficiente a concordare una posizizione cosmologica. Persino Newton (unitariano) aveva una propria versione della trinità!
Qual'è allora il giusto criterio per valutare una posizione dottrinale sulla trinità delle infinite formulate in questi due mila anni?  Sono d'accordo che anche la fede segua un ragionamento, per forza di cose perciò non tutti possono essere corretti, e ad oggi l'unico criterio è stato quello "evoluzionista", cioè ha vinto il criterio dottrinale che è risultato più resiliente degli altri (per forza di cose, era protetto da uno stato). Ma è davvero questo il metro di valutazione più affidabile per ricondurci al significato di quelle tracce di cui parli? O quale altro? Nessuno lo sa, credo quia absurdum, che è l'autoinganno di cui parla Kobayashi.
Leggi le profezie e leggi nel Vangelo l'adempimento delle profezie: più chiaro di così.
Il titolo di Messia è conseguente alle profezie, per cui ,ad esempio, sarebbe dovuto appartenere alla tribù di Davide.

Gesù dichiara, nei Vangeli, davanti ai sacerdoti nel Tempio, di incarnare la profezia di Isaia:più chiaro di così

Lo scopo della discussione è discutere sull'inconciliabilità fra scrittura e fede, dove la scrittura è quella biblica,  o del dogma della trinità, di cui mi pare si siano aperte discussioni sia nel vecchio che nel nuovo forum?

L'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla.

...............
Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc.
Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi.
Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione.
Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta.
Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti.
Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero).
ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.

Sariputra

#17
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 09:53:24 AMPer Sariputra. Quando ho scritto niente morale intendevo niente morale agli altri, cioè niente discorsi edificanti indirizzati ad altri etc., nessuna dimostrazione invasiva della propria verità, nessuna aggressione ideologica. Ma poi è chiaro che se ci si sente affini a una determinata spiritualità ci si confronta con essa, si cerca di vivere quella tradizione etc. Sariputra, tu segui una determinata tradizione, giusto? E credi che quella sia la verità? Che quindi tu hai ragione e per esempio un cattolico ha torto (nel momento in cui le sue idee si allontanano dalle tue)? Sarebbe sopravvalutarsi un po'... Non credi? Allora non resta che accettare il fatto che di verità ce ne sono un po', sparse nel mondo, e che ciascuno ne sostiene una per via di particolari affinità, si auto-inganna, almeno in parte, nel parlare della sua verità come di quella più robusta, e in parte sa invece benissimo che quella opposta è altrettanto solida e ben argomentata. L'importante è che la propria verità serva alla propria vita, alla sua evoluzione. Tant'è che nel momento in cui ci si sente soffocare da una determinata dottrina la si abbandona, e proprio allora ecco la propria razionalità sfornare tutta una serie di argomentazioni contro quella verità come se prima, nella fase ascendente di essa, fossero insostenibili.

Non necessariamente uno che apprezza un dato cibo ne disprezza un altro. Ritenere che il proprio sia più 'salutare' implica la necessità di averne assaggiati molti, ed è questo il lavoro che si fa in una seria ricerca spirituale. Una volta però ritenuto che il proprio cibo sia più salutare bisogna tenersi alla larga da idee del genere: "questo è l'Unico, il Sommo, ecc."  perché la strada che segui puoi anche ritenerla la migliore da percorrere ma se poi non parti nemmeno e ti fermi a rimirare il paesaggio,  convinto che tanto basti, vedrai presto come altri, che hanno preso sentieri che tu ritieni più scoscesi, ti sopravanzeranno in fretta...Quindi è molto più salutare non 'sopravvalutarsi' affatto, che è un pò il pericolo che si corre nella spiritualità "fai da te", quella sì che, secondo me, porta a profondi auto-inganni.
Anche il discorso sulla morale, che si propone e non s'impone, non lo intendo affatto come una 'violenza'. Violenza è quando la s'impone, ma non quando , attraverso la tua testimonianza concreta, diventi esempio di questa, in cui credi e che necessariamente ti costa tantissima fatica seguire (e la fatica fa bene! Tutto va bene se si prova fatica nel seguire una strada...).
C'è, in due vangeli credo, la parabola del 'ricco giovane': un giovane ebreo si avvicina a Yeoshwa e gli chiede cosa deve fare per avere la vita eterna. Y. lo guarda e "lo ama" e poi gli dice:"Ci sono la Legge e i comandamenti" e quello afferma di averli seguiti tutti. Y. allora cala la scure: "Và, vendi tutto, dallo ai poveri e seguimi". Al che il giovane , rattristato, se ne va...Moltissimi di noi seguono le varie forme religiose, ma quando ti si chiede l'ultimo passo, quello cioè di metterti veramente in gioco e cambiare, distaccandoti da tutto ciò che ami e a cui sei tenacemente aggrappato...allora, quasi sempre, ce ne andiamo... :(

P.S. Sono andato off topic, vero?...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Kobayashi

Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AML'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla. ............... Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc. Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi. Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione. Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta. Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti. Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero). ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.

Non hai colto l'aspetto filosofico della questione.
È ovvio che una persona su un determinato tema si documenta.
Ma vedi, al di là di casi specifici, capita che ci si trovi con una pluralità di interpretazioni, tutte ben fondate.
Allora vuol dire, forse, che la scelta di fare propria una certa prospettiva ermeneutica non è basata solo sulla razionalità delle argomentazioni ma anche su qualcos'altro, qualcosa di non così puro e disinteressato, qualcosa che rimanda alle proprie esigenze vitali magari inconsce etc..
La consapevolezza di questo "resto" riporta la filosofia e le dottrine spirituali e religiose sulla terra.
E se anche vivo la mia fede come un assoluto, quel "resto" mi dice che quell'assoluto è un inganno.
Ma non stavi studiando Nietzsche?

InVerno

#19
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AMLeggi le profezie e leggi nel Vangelo l'adempimento delle profezie: più chiaro di così.
Il titolo di Messia è conseguente alle profezie, per cui ,ad esempio, sarebbe dovuto appartenere alla tribù di Davide.

Gesù dichiara, nei Vangeli, davanti ai sacerdoti nel Tempio, di incarnare la profezia di Isaia:più chiaro di così

Lo scopo della discussione è discutere sull'inconciliabilità fra scrittura e fede, dove la scrittura è quella biblica,  o del dogma della trinità, di cui mi pare si siano aperte discussioni sia nel vecchio che nel nuovo forum?
Lo scopo della discussione (o almeno il mio) è prendere ad esempio la trinità per lavorare sul "concreto" mentre si fa un ragionamento più ampio, con il primo scopo ovviamente subalterno al secondo. Non è quello di "sbugiardare" il concetto di trinità, ma di contestualizzarlo da un punto di vista filologico. E siamo ancora lungi dal contestualizzarlo dal punto di vista ebraico, è meglio lasciare Isaia in un cassetto, perchè quello implicherebbe rimuovere l'ellenizzazione del testo e considerarlo affiancato al contesto ebraico, per cui ad esempio avremmo che un Messia morto non è un Messia etc etc
Ma quella sarebbe una diatriba ancora successiva, sto prendendo ancora a riferimento il cattolicesimo paolino e della chiesa romana, e già questo è un "salto della fede" dal punto di vista filologico perchè Cristo evidentemente non poteva essere cristiano, e una buona parte(non è solo "un libro") degli studiosi lo considera un apocalittico, cioè un profeta con una visione duale del mondo (non trinitaria). Questo è il problema fondamentale, non si rinviene in NT nulla che possa suggerire che Cristo avesse una visione tripartita della cosmologia che proponeva, ne in quale misura e forma, mentre il contesto filologico parrebbe suggerire altre cosmologie come quella apocalittica. Gli elementi di questa visione compaiono separati e sparsi nel testo ma solo la dottrina li cuce insieme, in questo passaggio c'è una discrezionalità dottrinale che a mio avviso ha ben poco di chiaro.

@Don. La tua è una prospettiva basata sull'autorità, nel senso che cerca di individuare gli interpreti che sono passati dal credere al sapere, coloro i quali rispettano i concetti universali e si affida a loro. Il fatto è che questo non sposta di parecchio il problema, rimane comunque da decidere il criterio con il quale il ricercatore spirituale possa orientarsi tra le diverse fonti..I diversi livelli possono convergere ed essere complementari, ma non sempre questo accade, non voglio indugiare in elenchi ma se vuoi possiamo continuare a trovare divergenze oltre alla trinità. E' evidente che quando lo stesso problema si presenta constantemente il singolo atto di fede debba essere sostituito da un metodo, che per definizione ha un criterio. Se il principio "di cernita" del credente sovrascrive i principi universali a cui il testo è ispirato, sarai d'accordo come me che siamo in grossi problemi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Kobayashi

Per Sariputra.
Sono senz'altro d'accordo sul fatto che ci sia il rischio di mollare troppo presto con la scusa che "non fa per me".
Ma il mio discorso (abbastanza off topic...) voleva rispondere proprio alla domanda: come si può andare fino in fondo in una dottrina spirituale se non ci sono più le condizioni culturali che fanno di quella "chiamata" qualcosa che si possa ancorare alla Verità?
Volendo evitare un approccio metafisico, non resta che iniziare ad addentrarsi nelle vicissitudini del soggetto.
Per esempio non porsi più la domanda: Dio esiste? Ma piuttosto: di quale Dio ho bisogno per diventare ciò che penso di essere destinato a diventare (santo, asceta, predicatore, guerriero, etc.)?

paul11

Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 11:57:04 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AML'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla. ............... Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc. Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi. Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione. Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta. Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti. Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero). ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.

Non hai colto l'aspetto filosofico della questione.
È ovvio che una persona su un determinato tema si documenta.
Ma vedi, al di là di casi specifici, capita che ci si trovi con una pluralità di interpretazioni, tutte ben fondate.
Allora vuol dire, forse, che la scelta di fare propria una certa prospettiva ermeneutica non è basata solo sulla razionalità delle argomentazioni ma anche su qualcos'altro, qualcosa di non così puro e disinteressato, qualcosa che rimanda alle proprie esigenze vitali magari inconsce etc..
La consapevolezza di questo "resto" riporta la filosofia e le dottrine spirituali e religiose sulla terra.
E se anche vivo la mia fede come un assoluto, quel "resto" mi dice che quell'assoluto è un inganno.
Ma non stavi studiando Nietzsche?
....non è proprio così.
Lo scienziato osserva un fenomeno--------- un teologo legge un testo sacro scritto
Lo scienziato interpreta il fenomeno così come il teologo

Dirimiamo la questione: 1) ciò che è il più possible oggettivo  è dato dal fenomeno fattuale nella scienza e in teologia dallo scritto "originario"  2) e non interpretazioni di interpretazioni.......

Quindi dividere il più possibile ciò che  ha valenza oggettiva dalla soggettività interpretativa.
L'origine deve essere sempre il fenomeno fattuale per lo scienziato e lo scritto sacro per il religioso/teologo.
Diversamente parliamo di ippogrifi e Topo Gigio.

Il processo, perchè questo è un processo conoscitivo, prescinde che lo scienziato si un riduzionista o un ebreo ortodosso,
vale a dire  non "cosa", ,ma "come" interpretano e con quale chiave di  lettura, in altri termini, quanto ci mettono del "loro" dall'osservazione del fenomeno e dallo studio su un testo sacro.

Questo è metodo, e questa discussione la stò ponendo sul metodo, non sul mio giudizio valutativo di cosa penso di un testo sacro, della trinità e del peccato originale.

Il tuo è già un giudizio di sintesi finale, di cui non capisco le premesse argomentative.

Certo che stò finendo  Così parlò Zarathustra

paul11

Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 12:45:47 PM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AMLeggi le profezie e leggi nel Vangelo l'adempimento delle profezie: più chiaro di così.
Il titolo di Messia è conseguente alle profezie, per cui ,ad esempio, sarebbe dovuto appartenere alla tribù di Davide.

Gesù dichiara, nei Vangeli, davanti ai sacerdoti nel Tempio, di incarnare la profezia di Isaia:più chiaro di così

Lo scopo della discussione è discutere sull'inconciliabilità fra scrittura e fede, dove la scrittura è quella biblica,  o del dogma della trinità, di cui mi pare si siano aperte discussioni sia nel vecchio che nel nuovo forum?
Lo scopo della discussione (o almeno il mio) è prendere ad esempio la trinità per lavorare sul "concreto" mentre si fa un ragionamento più ampio, con il primo scopo ovviamente subalterno al secondo. Non è quello di "sbugiardare" il concetto di trinità, ma di contestualizzarlo da un punto di vista filologico. E siamo ancora lungi dal contestualizzarlo dal punto di vista ebraico, è meglio lasciare Isaia in un cassetto, perchè quello implicherebbe rimuovere l'ellenizzazione del testo e considerarlo affiancato al contesto ebraico, per cui ad esempio avremmo che un Messia morto non è un Messia etc etc
Ma quella sarebbe una diatriba ancora successiva, sto prendendo ancora a riferimento il cattolicesimo paolino e della chiesa romana, e già questo è un "salto della fede" dal punto di vista filologico perchè Cristo evidentemente non poteva essere cristiano, e una buona parte(non è solo "un libro") degli studiosi lo considera un apocalittico, cioè un profeta con una visione duale del mondo (non trinitaria). Questo è il problema fondamentale, non si rinviene in NT nulla che possa suggerire che Cristo avesse una visione tripartita della cosmologia che proponeva, ne in quale misura e forma, mentre il contesto filologico parrebbe suggerire altre cosmologie come quella apocalittica. Gli elementi di questa visione compaiono separati e sparsi nel testo ma solo la dottrina li cuce insieme, in questo passaggio c'è una discrezionalità dottrinale che a mio avviso ha ben poco di chiaro.

@Don. La tua è una prospettiva basata sull'autorità, nel senso che cerca di individuare gli interpreti che sono passati dal credere al sapere, coloro i quali rispettano i concetti universali e si affida a loro. Il fatto è che questo non sposta di parecchio il problema, rimane comunque da decidere il criterio con il quale il ricercatore spirituale possa orientarsi tra le diverse fonti..I diversi livelli possono convergere ed essere complementari, ma non sempre questo accade, non voglio indugiare in elenchi ma se vuoi possiamo continuare a trovare divergenze oltre alla trinità. E' evidente che quando lo stesso problema si presenta constantemente il singolo atto di fede debba essere sostituito da un metodo, che per definizione ha un criterio. Se il principio "di cernita" del credente sovrascrive i principi universali a cui il testo è ispirato, sarai d'accordo come me che siamo in grossi problemi.
...allora il problema non è più l'inconciliabilità fra scrittura e fede, ma è l'interpretazione che i patristi prima e la Chiesa dopo con i vari concili danno a quelle"tracce" che sono all'interno dei testi sacri.
Ribadisco: il metodo è verificare di persona(che significa studiarsi  i testi sacri originari) che colui che interpreta non alteri il senso   del testo sacro originario.Sono due concetti diversi la visione duale e la costruzione concettuale della trinità, che possono benissimo convivere come infatti vi convivono.Posso benissimo credere che nel Mondo vi sia il bene e il male e nello stesso tempo credere, visto che è nel testo sacro che vi sia un Padre, un Figlio e uno Spirito Santo.
Sulla diattriba della trinità si sono scritti fiumi di inchiostro a sproposito perchè la trinità per i pensatori patristi era un concetto finale che rispecchiava una loro filosofia, una loro modalità di pensiero.Infatti qualcuno fu scomunicato in quanto apologo di un pensiero, che come premessa non poteva sostenere la tesi finale di una trinità consustanziale (...della stessa sostanza del Padre....).
Il Figlio era  solo "carne" per qualcuno, per altri solo "spirito" ,per altri una via di mezzo
Il problema non è se in Dio convivono mille personalità, ma cosa comporta il fatto di crederci, come premesse e come conseguenze.
Ma quì entriamo già in mille argomentazioni

InVerno

Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 13:41:57 PM...allora il problema non è più l'inconciliabilità fra scrittura e fede, ma è l'interpretazione che i patristi prima e la Chiesa dopo con i vari concili danno a quelle"tracce" che sono all'interno dei testi sacri.
Ribadisco: il metodo è verificare di persona(che significa studiarsi  i testi sacri originari) che colui che interpreta non alteri il senso   del testo sacro originario.
No no, il problema che ho esposto io non è quello, quello lo ho volontariamente lasciato fuori per evitare di buttare tutto nel caos e ho isolato un problema opposto tutto interno alla teologia cristiana, io non sarei mai arrivato a parlare di patristica ebraica credimi.
La soluzione che proponi successivamente sembra semplice ma non lo è. Innanzitutto bisorrebbe presupporre di conoscere il Greco antico e l'aramaico (molti paradossi come "figlio dell'uomo" a quanto pare sono risolti solamente in aramaico) e seppur questo sia possibile...la questione diacronica comincia a diventare preponderante, direi imponente. E peraltro non risolutiva! Perchè anche ammesso e non concesso che tu conosca greco e aramaico al punto di capire le prime forme neotestamentarie, rimane un vuoto di quasi quarantanni di tradizione orale colmati solo da Paolo.. che tuttavia era in aperta disputa con il fratello di Gesù e capo della prima chiesa (non certo uno sprovveduto sulla questione ma analfabeta, di cui non conosciamo il pensiero per forma scritta). La questione si ripropone: esiste una vaga possibilità di tornare al significato originale, o l'unico significato possibile è quello risultante dall'accumulazione dottrinale\traspositiva? E chi valida il secondo?

Visto che mi sono andato a riprendere il topic di Donquixote, vorrei far notare allo stesso che la metafora del sole che lui utilizza è una metafora che appartiene alla tradizione modalista della visione trinataria, che non è quella cattolica attuale ma è già perita nei primi secoli. I modalisti dicevano "cosi come io sono figlio di mio padre, e padre di un figlio, e fratello di mio fratello, posso essere figlio padre e fratello allo stesso tempo". Il problema logico di questa posizione è che ovviamente tu puoi essere padre di un figlio ma non figlio dello stesso padre. Se una metafora si può fare della visione trinitaria, essa è sicuramente paradossale e non può in nessun modo rimandare a qualcosa di anche vagamente naturale, o perlomeno è altamente fuorviante utilizzare questi termini.Se nonostante questo Don è convinto di questa posizione, dovrebbe chiedersi anche lui, chi e perchè l'ha validata.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Sariputra

Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 12:46:49 PMPer Sariputra. Sono senz'altro d'accordo sul fatto che ci sia il rischio di mollare troppo presto con la scusa che "non fa per me". Ma il mio discorso (abbastanza off topic...) voleva rispondere proprio alla domanda: come si può andare fino in fondo in una dottrina spirituale se non ci sono più le condizioni culturali che fanno di quella "chiamata" qualcosa che si possa ancorare alla Verità? Volendo evitare un approccio metafisico, non resta che iniziare ad addentrarsi nelle vicissitudini del soggetto. Per esempio non porsi più la domanda: Dio esiste? Ma piuttosto: di quale Dio ho bisogno per diventare ciò che penso di essere destinato a diventare (santo, asceta, predicatore, guerriero, etc.)?

E' proprio quel "di quale Dio ho bisogno " che mi sembra un trabocchetto assai pericoloso...C'è una bella differenza tra la domanda "C'è Dio?" e quella "C'è un dio che fa per me, culturalmente adatto ai tempi in cui vivo e che possa soddisfare la mia volontà di diventare così o cosà (  rischiando che l'ego personale vada alla grande, secondo me...)?"

Riguardo alla Trinità cristiana bisogna dire che, anche se ha avuto la sua formulazione teologica 'ufficiale' dal II sec (S.Ireneo soprattutto, mi par di ricordare...) in avanti, già le primissime comunità battezzavano nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e che il battesimo era necessario per accedere all'Eucarestia, a testimonianza di una pratica antichissima e probabilmente risalente ai discepoli del Maestro stesso.

C'è un famoso dialogo antico tra un musulmano e un cristiano..
Il musulmano dice: "Dio è Uno , come può avere un figlio?"
Il cristiano dice: "Dio è Amore, come può essere solo?"
E infatti il mistero della Trinità si può leggere solo come un mistero di relazione d'amore  :)  
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Kobayashi

Per paul11.
La lettura di un testo antico non è paragonabile ad un esperimento scientifico.
Non è come sezionare una rana per vedere cosa c'è dentro.
Si rispettano, certo, specifiche tecniche, ma alla fine c'è il lavoro interpretativo.
L'oggettivo di cui parli tu può essere per esempio un mito o un simbolo, isolato e "ripulito".
Ma è evidente che l'uomo non si avvicina a un testo sacro solo per essere messo al corrente di storielle bizzarre: vuole capirne il senso.
Basta pensare alla grande teologia simbolica della Patristica.
Letture allegoriche, anagogiche e via dicendo.
In questo ambito meglio tenere come riferimento l'ermeneutica piuttosto che l'onnipresente (in questo forum) metodo scientifico.

Per quanto riguarda il mio richiamo a Nietzsche volevo dire questo: fondamentale nella sua opera è il ripensamento di ciò che intendiamo per "verità". Quindi, visto che lo stai studiando, presumevo che i miei ragionamenti non ti apparissero così strani.

paul11

Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 14:58:55 PM
Per paul11.
La lettura di un testo antico non è paragonabile ad un esperimento scientifico.
Non è come sezionare una rana per vedere cosa c'è dentro.
Si rispettano, certo, specifiche tecniche, ma alla fine c'è il lavoro interpretativo.
L'oggettivo di cui parli tu può essere per esempio un mito o un simbolo, isolato e "ripulito".
Ma è evidente che l'uomo non si avvicina a un testo sacro solo per essere messo al corrente di storielle bizzarre: vuole capirne il senso.
Basta pensare alla grande teologia simbolica della Patristica.
Letture allegoriche, anagogiche e via dicendo.
In questo ambito meglio tenere come riferimento l'ermeneutica piuttosto che l'onnipresente (in questo forum) metodo scientifico.

Per quanto riguarda il mio richiamo a Nietzsche volevo dire questo: fondamentale nella sua opera è il ripensamento di ciò che intendiamo per "verità". Quindi, visto che lo stai studiando, presumevo che i miei ragionamenti non ti apparissero così strani.


Io  "leggo" un fenomeno fisico come uno scritto sacro: perchè tutto è universo e tutto deve essere racchiuso in una unica logica di senso. Quindi il metodo razionale è identico. la legge spirituale sta alla legge fisica in quanto unico è il governo universale e tutto è riconducibile ad un unica unità di senso.

Un uomo si avvicina ad un testo sacro perchè "sente dentro di sè" che il dominio fisico non è il solo e unico, e non gli basta.........
Se invece ritiene che è perdere tempo allora nemmeno si avvicina.

Nietzsche fa interessanti considerazioni in Così parlò Zarathustra, ma saremmo off topic quì.

donquixote

Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 12:45:47 PM@Don. La tua è una prospettiva basata sull'autorità, nel senso che cerca di individuare gli interpreti che sono passati dal credere al sapere, coloro i quali rispettano i concetti universali e si affida a loro. Il fatto è che questo non sposta di parecchio il problema, rimane comunque da decidere il criterio con il quale il ricercatore spirituale possa orientarsi tra le diverse fonti..I diversi livelli possono convergere ed essere complementari, ma non sempre questo accade, non voglio indugiare in elenchi ma se vuoi possiamo continuare a trovare divergenze oltre alla trinità. E' evidente che quando lo stesso problema si presenta constantemente il singolo atto di fede debba essere sostituito da un metodo, che per definizione ha un criterio. Se il principio "di cernita" del credente sovrascrive i principi universali a cui il testo è ispirato, sarai d'accordo come me che siamo in grossi problemi.

Il criterio di interpretazione delle Sacre Scritture è stato utilizzato da sempre, codificato diversi secoli orsono e rimane il medesimo, e chiunque si approcci a tale interpretazione dovrebbe tenerlo presente. Si compone di quattro livelli (dall'inferiore al superiore: letterale, allegorico, morale e anagogico) e se l'ideale è che l'interpretazione di un passo delle scritture mantenga coerenza e validità ad ogni livello (e se ad esempio alcune parole dei Vangeli sono state modificate nel corso del tempo e alcuni vangeli sono stati "scartati" è stato proprio per adattare meglio tali parole ai vari livelli di interpretazione) la gerarchia fra i livelli determina l'importanza e la validità delle interpretazioni. Se dunque le Scritture devono sempre essere coerenti con il livello di interpretazione anagogico possono non esserlo ad un livello inferiore, e più si scende di livello meno importante diventa l'interpretazione e la coerenza, per cui se si utilizza esclusivamente come oggi l'interpretazione letterale dei testi non si potrà che evidenziare una serie di incoerenze e contraddizioni.
Il ricercatore spirituale attuale non può più orientarsi fra le varie fonti di interpretazione, perchè non esiste appunto un'autorità che passi al vaglio tali fonti e, pur magari con tutti i suoi limiti, decida quali sono quelle più valide e quelle meno, e dunque non può fare altro che prendere spunto dalle scritture e ripensarle daccapo partendo perlomeno dal concetto di "Dio", sempre trascurato poichè tutti sembrano sapere di cosa si sta parlando mentre invece non è affatto così, compreso il quale tutto diventa più semplice.

P.S. La mia metafora sulla Trinità non è affatto assimilabile a quella dei modalisti (che avevo già incontrato) ma è semmai "essenzialista", e i termini "padre" e "figlio" come si intendono umanamente devono essere considerati come mere analogie e non come realtà fattuali (come anche il sole e la sua luce riflessa), mentre il termine "fratello" non c'entra niente con lo Spirito Santo che è la terza persona della Trinità che quindi nella metafora che hai riportato manca. Ma anche volendo considerare il padre e il figlio in senso umano si potrebbe ad esempio dire che, utilizzando le conoscenze recenti, il dna potrebbe essere una discreta (pur se non ottima) analogia dello Spirito Santo, poichè è ciò che "lega" il padre con il figlio, ed appunto il dna è l' "essenza" che hanno in comune e che consente di riconoscere il padre e il figlio. Il padre dunque, in quanto trasmette il suo dna, genera il figlio per mezzo del medesimo. Ma quella impersonale del sole rimane la metafora migliore, e anche quella del fiume può andare. Forse confonde le idee il fatto che la Trinità non è un concetto utilizzabile solamente nel mondo umano come solitamente si ritiene, ma è valido per qualunque creatura dell'universo.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

paul11

Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 14:40:39 PM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 13:41:57 PM...allora il problema non è più l'inconciliabilità fra scrittura e fede, ma è l'interpretazione che i patristi prima e la Chiesa dopo con i vari concili danno a quelle"tracce" che sono all'interno dei testi sacri.
Ribadisco: il metodo è verificare di persona(che significa studiarsi  i testi sacri originari) che colui che interpreta non alteri il senso   del testo sacro originario.
No no, il problema che ho esposto io non è quello, quello lo ho volontariamente lasciato fuori per evitare di buttare tutto nel caos e ho isolato un problema opposto tutto interno alla teologia cristiana, io non sarei mai arrivato a parlare di patristica ebraica credimi.
La soluzione che proponi successivamente sembra semplice ma non lo è. Innanzitutto bisorrebbe presupporre di conoscere il Greco antico e l'aramaico (molti paradossi come "figlio dell'uomo" a quanto pare sono risolti solamente in aramaico) e seppur questo sia possibile...la questione diacronica comincia a diventare preponderante, direi imponente. E peraltro non risolutiva! Perchè anche ammesso e non concesso che tu conosca greco e aramaico al punto di capire le prime forme neotestamentarie, rimane un vuoto di quasi quarantanni di tradizione orale colmati solo da Paolo.. che tuttavia era in aperta disputa con il fratello di Gesù e capo della prima chiesa (non certo uno sprovveduto sulla questione ma analfabeta, di cui non conosciamo il pensiero per forma scritta). La questione si ripropone: esiste una vaga possibilità di tornare al significato originale, o l'unico significato possibile è quello risultante dall'accumulazione dottrinale\traspositiva? E chi valida il secondo?

Visto che mi sono andato a riprendere il topic di Donquixote, vorrei far notare allo stesso che la metafora del sole che lui utilizza è una metafora che appartiene alla tradizione modalista della visione trinataria, che non è quella cattolica attuale ma è già perita nei primi secoli. I modalisti dicevano "cosi come io sono figlio di mio padre, e padre di un figlio, e fratello di mio fratello, posso essere figlio padre e fratello allo stesso tempo". Il problema logico di questa posizione è che ovviamente tu puoi essere padre di un figlio ma non figlio dello stesso padre. Se una metafora si può fare della visione trinitaria, essa è sicuramente paradossale e non può in nessun modo rimandare a qualcosa di anche vagamente naturale, o perlomeno è altamente fuorviante utilizzare questi termini.Se nonostante questo Don è convinto di questa posizione, dovrebbe chiedersi anche lui, chi e perchè l'ha validata.
Per mia esperienza è indispensabile avere dizionari di lingue antiche e vedere gli originali, per verificare alterazioni di senso.
Si tenga presente che l'ebraico antico è privo di vocali e quindi il testo era di fatto altamente interpretativo, tant'è che le vocalizzazioni sono posteriori.La Ruach ebraica corrisponde al pneumos greco? la psuchè è la psiche?

La fase dei primi secoli dopo Cristo ,che corrispondono allo scontro /incontro a volte sincretico, ad esempio delle forme gnostiche (quasi tutti  i testi "profani" chiamati "apocrifi" e le comunità cristiane che ovviamente avevano influssi diversi, chi in Grecia, chi in Egitto,ecc.

E' fondamentale la chiave di lettura del come e perchè si sia scelta una"canonizzazione" fra i molti testi ,sia da parte ebraica che cristiana. Sono fuori testi come quello di Enoch, sono fuori i testi dell'infanzia di Maria,.......ma però i loro influssi sul pensiero si sono fatti sentire.
Ad esempio c'è chi ritene che il  vangelo di Tommaso valga quanto i quattro vangeli canonici, altri  il vangelo di Giacomo, e così via.

Il canone è quindi quella "linea interpretativa di una religione/spiritualità" che decide cosa sia coerente o incoerente rispetto ad un parametro stabilito

InVerno

#29
Citazione di: donquixote il 13 Settembre 2018, 15:39:11 PM
Il criterio di interpretazione delle Sacre Scritture è stato utilizzato da sempre, codificato diversi secoli orsono e rimane il medesimo, e chiunque si approcci a tale interpretazione dovrebbe tenerlo presente. Si compone di quattro livelli (dall'inferiore al superiore: letterale, allegorico, morale e anagogico) e se l'ideale è che l'interpretazione di un passo delle scritture mantenga coerenza e validità ad ogni livello (e se ad esempio alcune parole dei Vangeli sono state modificate nel corso del tempo e alcuni vangeli sono stati "scartati" è stato proprio per adattare meglio tali parole ai vari livelli di interpretazione) la gerarchia fra i livelli determina l'importanza e la validità delle interpretazioni. Se dunque le Scritture devono sempre essere coerenti con il livello di interpretazione anagogico possono non esserlo ad un livello inferiore, e più si scende di livello meno importante diventa l'interpretazione e la coerenza, per cui se si utilizza esclusivamente come oggi l'interpretazione letterale dei testi non si potrà che evidenziare una serie di incoerenze e contraddizioni.
Questo criterio va benissimo .. a patto che il letterale esista. Se io ho quattro resurrezioni, letteralmente diverse, molto diverse, le prendo le passo sotto il filtro dei quattro livelli, le verifico in ordine di importanza e se le ritengo coerenti le adotto. Bene.  Nel caso trinitario esistono solamente una serie di preposizioni senza una soluzione di continuità (tolta la continuità "autoriale") dove una volta Cristo dice di essere Dio, il figlio di Dio, il figlio dell'uomo, e altre preposizioni ancora. Ma queste non fanno parte di una cosmologia esplicita. Possono essere coerenti nel testo stesso, Marco è coerente con Marco, Giovanni con Giovanni, ma il Gesù di Marco e Giovanni non sono coerenti, uno dice di essere una manifestazione diversa dell'altro (rispetto ad un ipotetica trinità). Ora la soluzione in realtà è abbastanza semplice, la trinità cosi come è formulata "accontenta" in parte praticamente la maggior parte delle scuole di pensiero dei primi cristiani, è in effetti una forma suprema di "concilio" tra posizioni: il paradosso. Ma nessun cristiano ammetterebbe mai che si tratta di una mediazione dottrinale e non della Verità, giusto?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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