L'inconciliabilità tra scritture e fede

Aperto da InVerno, 12 Settembre 2018, 11:58:57 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

InVerno

Mentre la maggior parte dei ricercatori spirituali si concentra tra le differenze tra il pensiero razionale e il pensiero fideistico, poco vengono discusse le discrepanze tra le scritture e la dottrina. Per chi si è interessato di studi filologici inerenti le sacre scritture, ancor prima che storici, è entrato facilmente a contatto con queste contraddizioni. Spesso queste contraddizioni vengono giustificate attraverso il concetto di "mistero", il problema è che dal punto di vista filologico queste contraddizioni hanno spesso una lunga storia e sono frutto di antichi dibattiti di cui possediamo i carteggi, e che non hanno nulla a che fare con la rivelazione e con i testi più antichi ma spesso sono interpretazioni successive, spesso di molto successive e che non hanno nulla a che fare con una supposta contradditorietà inerente la rivelazione e perciò con un mistero divino. Può un mistero nascere nell'800DC (esempio) mentre prima non se ne aveva alcuna nozione? Parrebbe di si. Esistono casi molto noti di falsi all'interno delle sacre scritture, ma eviterò di prenderli in esempio perchè non sto parlando di essi. Prenderò in esempio le scritture cattoliche, ma lo stesso concetto si applica anche ad altre scritture di tutte le fedi.


Un esempio lampante di ciò è la trinità cristiana. Concetto di cui non si ha una nessuna nozione esplicita all'interno del nuovo testamento, ma che verrà in seguito discusso secondo differenti scuole di pensiero, dal separatismo, al modalismo, al docetismo.. nei primi secoli del cristianesimo c'è un fiorire di scuole di pensiero che tenta una soluzione logica alla natura del Cristo. Sarà solo con Tertulliano che nascerà il concetto di "trinità" anche se in senso diverso da quello che intendiamo modernamente. Tertulliano infatti credeva che non potessero esistere 3 manifestazioni onnipotenti (una avrebbe annullato l'altra) e per forza di cose solamente una di esse (Dio) fosse realmente onnipotente mentre le altre due agissero su un piano diverso (inferiore se si vuole). Oggi la dottrina predica una trinità completamente differente sia da quelle delle scuole di pensiero che hanno perso la battaglia teologica, sia di quella che ha vinto con l'interpretazione di Tertulliano, ma di tutte queste versioni non esiste traccia nel nuovo testamento se non in un passaggio di Giovanni che peraltro è palesemente un addizione postuma. Di questo passaggio infatti non esiste alcuna traccia in nessuna delle migliaia di versioni greche a noi disponibili, e compare solamente nelle versioni in latino, cosa a cui verrà "posto rimedio" da Erasmo da Rotterdam che tradurrà dal latino al greco il passaggio e lo inserirà nella primaversione del testamente in "greco" stampata.
Questi passaggi filologici non sono misteri, ne dispute aperte, è semplice fattuale che questo passaggio non esiste nelle versioni greche del NT e che negli altri vangeli non si faccia menzione esplicita del concetto trinitario così come la dottrina lo descrive, ne in altra sua forma. E' la trinità quindi un mistero della fede, o un mistero della logica tertulliana?

Due grandi scuole di pensiero si accostano oggi all'interpretazione delle scritture. Quella che considera la rivelazione come un evento accaduto (e testimoniato appunto nel "testamento") e quella che considera la rivelazione come una "rivelazione continua". La seconda non ha nessun tipo di problema ad ammettere "rifiniture" come quella trinitaria, perchè la considera un accumulazione, un evoluzione della rivelazione continua.. la prima ha parecchi problemi, ed è quella che va per la maggiore tra i "conservatori" cattolici e va per la maggiore anche tra i credenti. Qual'è quindi il giusto valore delle rivelazioni testamentarie e quale il giusto approccio alle scritture di fronte a problemi filologici di questo tipo?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

bobmax

Le scritture non contengono alcuna rivelazione. Ed è soprattutto in questo il loro inestimabile valore!

Proprio perché in esse non vi è nulla di "rivelato".
Sono infatti frutto dell'uomo che cerca la Verità.

Un percorso perciò ricco di slanci e di cadute.
Dove ciò che conta è la fede nella Verità, non certo l'illusione di averla agguantata.

Di modo che la scritture non forniscono alcuna verità, propongono invece delle "cifre". Ossia continui rimandi a ciò che sta oltre.

Cifre che solo noi, in perfetta solitudine, possiamo colmare di significato.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Socrate78

@Inverno: La trinità è un grave ERRORE, punto. Non può essere altrimenti. Infatti la trinità è persino un concetto blasfemo, significa porre divisioni all'interno di un'ipotetico Dio che la stessa religione predica come unico, se Dio è l'Uno che comprende Tutto non può essere diviso in tre persone. Anche se le tre "persone" fossero componenti di Dio, sarebbero comunque un tutt'uno, e quindi non avrebbe senso alcuna distinzione, non essendoci un rapporto di superiorità e inferiorità tra questi tre elementi. In questo hanno ragione gli islamici e gli ebrei a rigettare fortemente il dogma trinitario, poiché significherebbe di fatto scadere in una forma di politeismo che limita, divide Dio stesso.

InVerno

@BobMax La tua è evidentemente una posizione di "rivelazione continua e individuale" perciò ti poni fuori dal problema (ma probabilmente anche dal cattolicesimo)
Emotivamente posso essere d'accordo con te ma pragmaticamente non fa altro che declinare la questione dal dottrinale all'individuale,
il che non cambia la sostanza del problema, al massimo dimmi tu come ti approcceresti ad un problema come quello esposto.


@Socrate. Non so se sono d'accordo con te ma ho portato un esempio "pars pro toto" anche se di toto non parliamo. Non mi interessa davvero validare o meno il concetto di trinità quanto capire secondo quale criterio esso debba essere approcciato.
Aggiungo che l'esempio qui citato ha fonte nell'opera di Bart D. Ehrman per chi volesse leggersi tutti i dettagli.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

viator

451 - Salve. Io sono un profano dell'argomento e delle sue varie implicazioni. Voglio però permettermi una divagazione teologico-filosofica circa il dogma della Trinità.
Io penso che esso sia stato inserito nella dottrina per considerazioni strategico-ideologiche.
Lo scopo sarebbe stato quello di ribadire, enfatizzare, canonizzare il legame Dio-uomo attraverso un accostamento spiritualistico che rendesse ragione - agli occhi del fedele - dell'esistenza di una "trinita" umana neurofisiologica.
Tale "trinità" umana è quella rappresentata dall'insieme (uno e trino, appunto) di una mente, di un'anima (psiche per il non credente) e di un corpo.

Ore, l'esistenza di una tale triade è ciò che ha sempre posto ai filosofi (ma anche ai profani) un sacco di interrogativi circa le relazioni ed i confini di tali tre componenti.
Tale tematica, se lasciata priva di "spiegazione" teologica, risultava pericolosa per la dottrina e la fede in quanto faceva emergere dubbi, speculazioni, contraddizioni, che avrebbero trovato sfogo solo attraverso argomentazioni naturalistiche, materialistiche, scientistiche.

Ecco allora la Trinità teologica, la quale risulta secondo me strutturabile ed interpretabile nel modo seguente :


  • DIO è la MENTE - La mente è la funzione delegata alla conoscenza, alla comunicazione ed alla volontà. Quindi Dio, quale mente divina, è colui che parla all'uomo (più precisamente lo fa attraverso la casta dei suoi interpreti, cioè i sacerdoti) mconfermandogli di esistere e dicendogli cosa egli debba fare. La mente divina sa (tutto) e quindi vuole e dispone in perfetta saggezza........a seguire poi tutti gli altri attributi di taglio mentale attribuiti a Dio dalla dottrina cattolica.
  • Lo SPIRITO SANTO è l'ANIMA-PSICHE - Lo SpiritomSanto non sarebbe altro che il veicolo delle volontà indirette, imperscrutabili di Dio. Esso è ciò che infonde l'anima (appunto !), la fede, la santità, ciò che deve illuminare le volontà e le decisioni del credente. I contenuti di un'anima così come quelli di una psiche sono di carattere essenzialmente inconsapevole-spiritualistico. Basti pernsare che la psiche contiene l'istinto di sopravvivenza, la coscienza, la funzione onirica......mentre è lo Spirito Santo che ci indirizza verso l'immortalità dell'anima, la consapevolezza dell'esisza di Dio, l'ispirazione e le visioni spiritualistiche.
  • GESU'  CRISTO è il CORPO - Gli attributi umani, materiali di Gesù Cristo sono ben noti. Egli è il Figlio, sceso tra noi e nato da umana per testimoniare l'esistenza del Padre (non umano - ecco il collegamento concreto tra l'umano ed il divino) ma anche per mostrare quali sono i doveri ed i destini del corpo umano : vivere lontano dal peccato, soffrire ed infine morire (dottreina dellam mortificazione corporale che deve enfatizzare la supremazia dello spiritualismo).

Voilà....anche questa è fatta, sospirarono i teologi. Ed ora via, avanti ancora per qualche migliaio di anni !
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

L'esegesi condotta con rigore porta alla confutazione delle cosiddette verità rivelate (così come storicamente è accaduto).
Dunque prima di decidersi per un'opzione o l'altra (centralità della rivelazione attraverso i testi sacri o attraverso la tradizione), bisogna decidersi se fare, diciamo così, un lavoro di consapevolezza dell'autoinganno che sta alla base dell'elezione di quella specifica spiritualità: autoinganno che a mio giudizio è assolutamente accettabile se è ciò che serve per il proprio sviluppo.
Se occorre auto-ingannarsi parzialmente su Gesù di Nazareth affinché si possa dedicare le proprie energie a qualcosa che si sente come nobile e quindi confrontarsi con l'avventura della santità, ben venga l'auto-inganno.
Dopodiché, una o l'altra opzione è irrilevante, perché se è vero che la seconda ha qualche contraddizione in meno da affrontare, deve comunque ammettere di credere nell'idea secondo cui ci sarebbe una Verità a cui ci si avvicina lentamente nei secoli attraverso i commenti etc., cosa straordinariamente ingenua e che in realtà anziché dare slancio alla prassi religiosa ne rappresenta un ostacolo.
Ma i credenti dovrebbero prima diventare filosofi, poi tornare al proprio dio e sapere che questo dio è una propria invenzione funzionale all'esercizio della dedizione e della nobiltà – in sostanza per fare di una vita destinata alla più totale irrilevanza nel caos del mondo qualcosa di coraggioso, di sovversivo (cosa c'è di più sovversivo di una santità che nasce da qualcosa che si sa essere un inganno?).

InVerno

@Kobayashi delle tante contraddizioni neotestamentarie, una cosa secondo me è certa, nelle prescrizioni sia dei vangeli che dei padri fondatori. La fede va vissuta in pienezza, è una dedizione come dici tu, e non penso che sia un elemento prescidibile attraverso un autoinganno che è esattamente il contrario della pienezza della fede, o sbaglio? E questo non vale solo per i cattolici, ma per tutte le fedi del mondo io penso, non ve n'è una che suggerisca in qualche modo questa via. Ciò significa che quello che stai sostenendo più una che una soluzione è una condanna per il credente che si approccia all'esegesi, che consciamente o meno deve autoingannarsi se vuole credere nell'autenticità di quello che legge.  Come hai capito non ho aperto un topic per dimostrare che la "trinità è falsa" o simili, uno strumento di comprensione del mondo non va giudicato ma al massimo capito come usare. Davanti a queste contraddizioni, diciamo che il manuale di istruzioni parrebbe difficilissimo da recuperare, compresa che la sua ricostruzione esegetica è un esercizio per la maggior parte completamente disorientante.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

bobmax

 @InVerno
Secondo me, nella ricerca della Verità, occorre muoversi lungo uno stretto crinale. Evitando cioè di scivolare nel sentimento irragionevole, così come di cadere nell'adorazione della dea ragione.

Nella lettura delle scritture si può in questo modo cogliere una loro continuità con il pensiero filosofico di ogni tempo.

Se teniamo fermo il presupposto che al di là di ogni invenzione e mistificazione vive nell'uomo la Verità, anche nelle scritture essa può manifestarsi.
E non può che manifestarsi coerentemente con ogni altra occasione.

Ciò che il cristianesimo dice, in sostanza, è che l'uomo, così come ogni altra cosa, è emanazione di Dio.

Dio che è l'Uno.

Questo è il medesimo pensiero che alimenta la filosofia di tutti i tempi.

La trinità non è perciò che il tentativo di descrivere in qualche modo il fatto che l'uomo è uno con Dio.
Una descrizione che vuole evidenziare l'aspetto dinamico di questa identità.

Infatti il Padre è l'assoluto, irraggiungibile nell'esserci.
Il Figlio è la sua manifestazione sulla terra.
E lo Spirito la forza  che fa in modo di giungere al Padre e viceversa di tornare nell'esserci come Figlio.

Si torna all'esserci attraverso l'ateismo mistico, mentre si sale all'assoluto tramite la Grazia.
Il tutto è governato dallo Spirito.

Non penso che la trinità debba essere considerata "verità", ma senz'altro è una cifra, cifra della Trascendenza.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

paul11

#8
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 11:58:57 AM
Mentre la maggior parte dei ricercatori spirituali si concentra tra le differenze tra il pensiero razionale e il pensiero fideistico, poco vengono discusse le discrepanze tra le scritture e la dottrina. Per chi si è interessato di studi filologici inerenti le sacre scritture, ancor prima che storici, è entrato facilmente a contatto con queste contraddizioni. Spesso queste contraddizioni vengono giustificate attraverso il concetto di "mistero", il problema è che dal punto di vista filologico queste contraddizioni hanno spesso una lunga storia e sono frutto di antichi dibattiti di cui possediamo i carteggi, e che non hanno nulla a che fare con la rivelazione e con i testi più antichi ma spesso sono interpretazioni successive, spesso di molto successive e che non hanno nulla a che fare con una supposta contradditorietà inerente la rivelazione e perciò con un mistero divino. Può un mistero nascere nell'800DC (esempio) mentre prima non se ne aveva alcuna nozione? Parrebbe di si. Esistono casi molto noti di falsi all'interno delle sacre scritture, ma eviterò di prenderli in esempio perchè non sto parlando di essi. Prenderò in esempio le scritture cattoliche, ma lo stesso concetto si applica anche ad altre scritture di tutte le fedi.


Un esempio lampante di ciò è la trinità cristiana. Concetto di cui non si ha una nessuna nozione esplicita all'interno del nuovo testamento, ma che verrà in seguito discusso secondo differenti scuole di pensiero, dal separatismo, al modalismo, al docetismo.. nei primi secoli del cristianesimo c'è un fiorire di scuole di pensiero che tenta una soluzione logica alla natura del Cristo. Sarà solo con Tertulliano che nascerà il concetto di "trinità" anche se in senso diverso da quello che intendiamo modernamente. Tertulliano infatti credeva che non potessero esistere 3 manifestazioni onnipotenti (una avrebbe annullato l'altra) e per forza di cose solamente una di esse (Dio) fosse realmente onnipotente mentre le altre due agissero su un piano diverso (inferiore se si vuole). Oggi la dottrina predica una trinità completamente differente sia da quelle delle scuole di pensiero che hanno perso la battaglia teologica, sia di quella che ha vinto con l'interpretazione di Tertulliano, ma di tutte queste versioni non esiste traccia nel nuovo testamento se non in un passaggio di Giovanni che peraltro è palesemente un addizione postuma. Di questo passaggio infatti non esiste alcuna traccia in nessuna delle migliaia di versioni greche a noi disponibili, e compare solamente nelle versioni in latino, cosa a cui verrà "posto rimedio" da Erasmo da Rotterdam che tradurrà dal latino al greco il passaggio e lo inserirà nella primaversione del testamente in "greco" stampata.
Questi passaggi filologici non sono misteri, ne dispute aperte, è semplice fattuale che questo passaggio non esiste nelle versioni greche del NT e che negli altri vangeli non si faccia menzione esplicita del concetto trinitario così come la dottrina lo descrive, ne in altra sua forma. E' la trinità quindi un mistero della fede, o un mistero della logica tertulliana?

Due grandi scuole di pensiero si accostano oggi all'interpretazione delle scritture. Quella che considera la rivelazione come un evento accaduto (e testimoniato appunto nel "testamento") e quella che considera la rivelazione come una "rivelazione continua". La seconda non ha nessun tipo di problema ad ammettere "rifiniture" come quella trinitaria, perchè la considera un accumulazione, un evoluzione della rivelazione continua.. la prima ha parecchi problemi, ed è quella che va per la maggiore tra i "conservatori" cattolici e va per la maggiore anche tra i credenti. Qual'è quindi il giusto valore delle rivelazioni testamentarie e quale il giusto approccio alle scritture di fronte a problemi filologici di questo tipo?
Ciao Inverno,
non esiste un pensiero semplicemente fideistico che regga senza un ragionamento.
Chi avesse fede solo per emotività personale, credendo in Dio come sua ancora psicologia ai suoi problemi esistenziali, prima o poi la perde come l'ha acquistata; accade nella spiritualità come in politica.
E' il ragionamento che tempra la fede e passa per le esperienze della vita che la mettono alla prova.
Quindi un base di razionalità, e la dottrina è il tentativo di razionalizzare "tracce" scritturali,deve esserci necessariamente, affinchè, come dici giustamente, non sia solo personalizzazione spirituale.

Tutte le sacre scritture sono narrazioni, con diverse parti e per scopi diversi.Vi sono vicende storiche come romanzi, vi sono parti prescrittive rituali, vi sono parti sapienziai,ecc.

Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Altro esempio, il peccato originale.E' vero che non è concettualizzato all'interno della sacra scrittura, ma se si ritene che l"ammutinamento" di Adamo nell'Eden sia un peccato e la conseguenza sia un uomo che dovrà vivere schiavo della terra fino alla prima venuta di Gesù che monda i peccati del mondo con il suo sangue, il filo, le"tracce" si legano in un pensiero razionale,così come già Gesù dice di una sua seconda e finale venuta, appare altrettanto chiaro che dall'anno zero di Cristo ad una sua eventuale venuta, si aprono interpretazioni scritturali sul pensiero e scritti dei profeti, evangelisti e patristi come S. Paolo.
E' a Gesù nei Vangeli che vengono attribuite parole come"si compiano le scritture, le profezie...."

Ora di argomenti come la trinità ".......generato e non creato della stessa sostanza del padre...." o sul peccato originale, ve n'è da discutere.
Diffido ancor di più chi attualizza storicamente le dottrine, secolarizzandole:questo è ancor più pericoloso.
Il più grande rischio, insomma, è quello di prendere una scrittura sacra e reintepretarla in chiave attuale seguendo le attuali "mode" culturali.

Kobayashi

Citazione di: bobmax il 12 Settembre 2018, 22:01:17 PM[...] il cristianesimo dice, in sostanza, che l'uomo, così come ogni altra cosa, è emanazione di Dio. Dio che è l'Uno.
Se l'uomo è un'emanazione di Dio, e se Dio è l'Uno, guardando le cose dal punto di vista dei pezzetti di vita illusoriamente singoli, nella loro quotidiana mediocrità, non mi pare che questo Uno ne esca fuori tanto bene... Non mi pare che la sua sostanza sia tanto nobile... Ma certo si tratta dell'illusione della differenza – un'illusione che tuttavia dura tutta la vita mentre l'idea dell'Uno, ad essere sinceri, al di là delle asserzioni paradossali di un Angelus Silesius, il cui conforto dura invece il tempo di un sogno (circa un'ora), deve essere continuamente alimentata se no sparisce, proprio come un progetto platealmente impossibile...

Kobayashi

Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 20:41:10 PMLa fede va vissuta in pienezza, è una dedizione come dici tu, e non penso che sia un elemento prescidibile attraverso un autoinganno che è esattamente il contrario della pienezza della fede, o sbaglio? E questo non vale solo per i cattolici, ma per tutte le fedi del mondo io penso, non ve n'è una che suggerisca in qualche modo questa via. Ciò significa che quello che stai sostenendo più che una soluzione è una condanna per il credente che si approccia all'esegesi

Tu stai parlando del vecchio tipo di credente, che guarda caso, è una creatura in via d'estinzione.
Il tipo nuovo di credente non può più accettare la violenza dell'idea di Verità (così come ogni filosofo decente dovrebbe farlo), ma è chiamato ad aprirsi ad altre posizioni più sensate, per esempio interpretare la propria affinità con il Vangelo come il segno di un'elezione singola, valida solo per se', per il mistero della propria origine e come via per diventare qualcosa che inizialmente si intuisce solo vagamente.
Il che significa: niente morale, niente dimostrazioni teologiche, niente aberranti discorsi universali, ma solo ricerca del divino come se ci fosse solo lui e il suo dio.

Sariputra

Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 08:35:28 AM
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 20:41:10 PMLa fede va vissuta in pienezza, è una dedizione come dici tu, e non penso che sia un elemento prescidibile attraverso un autoinganno che è esattamente il contrario della pienezza della fede, o sbaglio? E questo non vale solo per i cattolici, ma per tutte le fedi del mondo io penso, non ve n'è una che suggerisca in qualche modo questa via. Ciò significa che quello che stai sostenendo più che una soluzione è una condanna per il credente che si approccia all'esegesi
Tu stai parlando del vecchio tipo di credente, che guarda caso, è una creatura in via d'estinzione. Il tipo nuovo di credente non può più accettare la violenza dell'idea di Verità (così come ogni filosofo decente dovrebbe farlo), ma è chiamato ad aprirsi ad altre posizioni più sensate, per esempio interpretare la propria affinità con il Vangelo come il segno di un'elezione singola, valida solo per se', per il mistero della propria origine e come via per diventare qualcosa che inizialmente si intuisce solo vagamente. Il che significa: niente morale, niente dimostrazioni teologiche, niente aberranti discorsi universali, ma solo ricerca del divino come se ci fosse solo lui e il suo dio.

Questo è però il pericolo di una spiritualità fatta a "propria immagine e somiglianza". Quello che ne esce non è la ricerca dell'Altro da sé, ma un girare intorno al proprio ombelico...in questo modo si trova nient'altro che quello che si vuol trovare. Cercheremo così solo ciò che ci dà piacere e rigetteremo tutto quello che ci "disturba" e che soprattutto possa metterci in crisi... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

InVerno

#12
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 00:15:58 AM
Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Ma questo tuttavia non implica nulla riguardo la trinità.Anzi apre ulteriori ipotesi di esegesi perchè "essere figli di Dio" nella tradizione ebraica e come compare nell'antico testamento non è una descrizione, è un titolo. Quando e dove questo titolo ha acquistato valore descrittivo? E  la faccenda si complica ulteriormente perchè i vangeli differiscono nel considerare qualora Gesù fosse cosciente della sua divinità o meno o quando e come l'avesse acquisita (per nascita, per esaltazione sulla croce o per incarnazione). Anche prendendo in considerazione Giovanni dove Gesù sembra completamente cosciente del suo essere divino, ed essere tale addirittura dall'inizio dei tempi, questo non dice assolutamente nulla della trinità dottrinale, e questo è un problema evidente visto il profluvio di scuole di pensiero che si sono susseguite nel tempo che stanno a testimoniare appunto quanto il NT sia insufficiente a concordare una posizizione cosmologica. Persino Newton (unitariano) aveva una propria versione della trinità!
Qual'è allora il giusto criterio per valutare una posizione dottrinale sulla trinità delle infinite formulate in questi due mila anni?  Sono d'accordo che anche la fede segua un ragionamento, per forza di cose perciò non tutti possono essere corretti, e ad oggi l'unico criterio è stato quello "evoluzionista", cioè ha vinto il criterio dottrinale che è risultato più resiliente degli altri (per forza di cose, era protetto da uno stato). Ma è davvero questo il metro di valutazione più affidabile per ricondurci al significato di quelle tracce di cui parli? O quale altro? Nessuno lo sa, credo quia absurdum, che è l'autoinganno di cui parla Kobayashi.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Kobayashi

Per Sariputra.
Quando ho scritto niente morale intendevo niente morale agli altri, cioè niente discorsi edificanti indirizzati ad altri etc., nessuna dimostrazione invasiva della propria verità, nessuna aggressione ideologica.
Ma poi è chiaro che se ci si sente affini a una determinata spiritualità ci si confronta con essa, si cerca di vivere quella tradizione etc.

Sariputra, tu segui una determinata tradizione, giusto?
E credi che quella sia la verità? Che quindi tu hai ragione e per esempio un cattolico ha torto (nel momento in cui le sue idee si allontanano dalle tue)?
Sarebbe sopravvalutarsi un po'... Non credi?
Allora non resta che accettare il fatto che di verità ce ne sono un po', sparse nel mondo, e che ciascuno ne sostiene una per via di particolari affinità, si auto-inganna, almeno in parte, nel parlare della sua verità come di quella più robusta, e in parte sa invece benissimo che quella opposta è altrettanto solida e ben argomentata.
L'importante è che la propria verità serva alla propria vita, alla sua evoluzione.
Tant'è che nel momento in cui ci si sente soffocare da una determinata dottrina la si abbandona, e proprio allora ecco la propria razionalità sfornare tutta una serie di argomentazioni contro quella verità come se prima, nella fase ascendente di essa, fossero insostenibili.

InVerno

@Kobayashi, il problema delle versioni "individualiste" della questione è secondo me su un piano diverso. Posto che in tutte le religioni c'è una tensione tra la visione "individualista" e quella "centralista", che in europa si chiama "riforma" e che sta accadendo peraltro in questi anni nel mondo islamico (le bombe lo testimoniano).. Se questo tiro alla fune viene vinto dagli individualisti, storicamente, quello accade è l'atomizzazione del messaggio originale e in ultima istanza la sua perdita. Che cosa è rimasto dei protestanti? Poco o niente, addirittura in america si sono divisi in decine di "semireligioni" e continueranno a scindersi all'infinito fino a scomparire.. Gli antichi capivano bene che la conservazione del messaggio passava attraverso la negazione della visione individuale, e che il vantaggio dei singoli avrebbe compromesso il messaggio di per se. Se la tua visione fosse corretta, in teoria significherebbe che la frammentarietà delle fonti conduce all'atomizzazione del pensiero teologico e questo in ultima istanza alla sua perdita, e che questa condanna non possa essere in nessun modo elusa. Gli islamici sono assolutamente convinti che il Quran non abbia (mai) subito modifiche, questo è storicamente non vero, ma è vero che dall'anno mille in poi l'uniformità del testo è molto forte e comprovata. Oggi però si ritrovano un Quran tradotto in migliaia di lingue (contro la prescrizione di Allah) e per forza di cose l'unitarietà del testo è persa. Cominciano le bombe, comincia la riforma, comincia il (ineluttabile?) declino del messaggio verso l'atomizzazione, la stessa subita dal cristianesimo dopo la stampa.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Discussioni simili (5)