L'illusione dell'io

Aperto da daniele75, 23 Aprile 2020, 06:49:30 AM

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giopap

#15
Citazione di: Ipazia il 24 Aprile 2020, 10:31:44 AM
Se la psicologia brancola nel buio, figurarsi il resto. Si va dall'animismo alla robotica. Almeno la triade freudiana Es-Io-SuperIo, ha una sua riscontrabilità fenomenologica nella costituzione della personalità umana, cosa che tutte le ciance meta- o meglio pata- fisiche non hanno.


Questa pretesa riscontrabilità fenomenologica non ce la vedo proprio.
Esattamente come quella di tutte le ciance di tutti gli altri ciarlatani irrazionalisti e antiscientifici.

Anche se devo confessare (senza problemi; non me ne vergogno affatto) che *di* Freud e degli altri psicoanalisti non ho letto nulla.
Mi é bastato e avanzato quello che *ne* ho letto (anche da parte di seguaci e apologeti).

Quindi non sono oggettivamente nella condizione di discutere (né mi interessa farlo) su queste teorie (le quali peraltro secondo me non guariscono mai nessuno dei tanti cui spillano tanti soldi, se non forse, in casi fortunatissimi e rarissimi, per effetto placebo).
E inoltre, come sostenuto fra gli altri da Popper, non sono falsificabili o corroborabili empiricamente secondo i criteri della scienza.

daniele75

Credere che l'io sia reale è normale per una mente logica. Ma per quella intuitiva no. Anche un psicotico nella sua pazzia vive in un mondo reale anche se fantastico. Basti vedere la "fede", improvvisa su realtà fantastiche. La mente è soggetta a credere alla fantasia, vuole risposte e odia l'insoluto. La realtà è un interpretazione che ci offrono i cinque sensi e i meccanismi mentali soggiogati da una cultura troppo razionale. Fantasia e realtà possono condividere lo stesso spazio mentale. Quindi non si può trovare una risposta logico filosofica ma solo intuitiva.

cvc

#17
Citazione di: giopap il 24 Aprile 2020, 12:54:55 PM
cvc:
Come detto non sono un[size=78%] esperto di Hume, però la sua concezione di percezione mi pare un tantino superata. Nella sua interpretazione mi sembra che consideri la percezione come una monade di significato, mentre al giorno d'oggi la si considera come un processo, cosa che già presuppone una precedente organizzazione psichica di un organismo composto da più parti ma con uno scopo unitario, La conservazione di sè

giopap:
Trovo oscuro il tuo linguaggio.
Per Hume percezione é qualsiasi dato o evento presente alla coscienza, accadente nell' ambito del "complessivo flusso della coscienza"; considerare in proposito singoli elementi "atomici" oppure "polimorfi", variegati insiemi - successioni di eventi (sensazioni coscienti) mi sembra frutto di una scelta arbitraria de- (quei peculiari eventi sensibili -"interiori"- di coscienza che costituiscono) il pensiero che vi fa attenzione e "ci ragiona su".
E che nulla può dimostrare necessiti di alcuna precedente organizzazione psichica di un organismo composto da più parti ma con uno scopo unitario, La conservazione di sè.




cvc:
A me sta bene che si consideri l'Io come un'illusione. Ma non è un'illusione più o meno futile come possono essere gli elefanti rosa o gli unicorni volanti. L'Io è funzione del nostro comportamento, in ragione dell'Io compiamo azioni concrete. Quindi illusione si ed anche no.

giopap:
Io non considero l' io come un' illusione ma coma qualcosa di ben reale.
Solo mi rendo conto che questa é una convinzione arbitraria, indimostrabile, "fideistica".
E per me stessa molto importante.
Potrebbe benissimo essere illusoria, ma credo ugualmente che sia reale.
La percezione è una funzione dell'organismo, non è semplicemente un contenuto della coscienza, è il processo attraverso cui i dati sensoriali vengono acquisiti dal cervello. Se non siamo daccordo su questo, allora è inutile qualsiasi ulteriore sviluppo di questo discorso. Sicuramente saremo daccordo o potremo confrontarci su tante altre cose.



Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

daniele75

Accetto solo che ci sia una piccola predisposizione ad interagire con la mente. Ma comunque illusoria, e ripete alla nausea teorie altrui.

giopap

Citazione di: cvc il 24 Aprile 2020, 13:24:48 PM
La percezione è una funzione dell'organismo, non è semplicemente un contenuto della coscienza, è il processo attraverso cui i dati sensoriali vengono acquisiti dal cervello. Se non siamo daccordo su questo, allora è inutile qualsiasi ulteriore sviluppo di questo discorso. Sicuramente saremo daccordo o potremo confrontarci su tante altre cose.

Come spesso accade, per comprendersi, al limite del possibile, nei rispettivi punti di consenso e di dissenso bisogna preliminarmente intendersi (accordarsi) sul significato che attribuiamo ai termini indicanti (simbolizzanti) i concetti che usiamo.

Ci sono almeno due cose che si possono intendere per "percezione".
Una é il dato di coscienza fenomenico (immediato); un' altra é il processo fisiologico (neurologico) dell' acquisizione dei dati sensoriali dal cervello.
Il secondo é comunque una nozione (o una teoria) costituita da dati di coscienza fenomenici immediati e/o inferenze svolte a partire da dati di coscienza fenomenici immediati (induzioni, deduzioni, abduzioni in generale verificati empiricamente, se scientificamente validati, mediante confronto empirico con dati di coscienza fenomenici immediati).
Si può anche postulare che a determinati eventi neurologici cerebrali (costituiti da dati di coscienza fenomenici immediati e/o inferenze svolte a partire da dati di coscienza fenomenici immediati ed empiricamente verificati nell' ambito dell' esperienza cosciente di un osservatore-conoscitore) conseguenti alla percezione intesa come il processo neurofisiologico dell' acquisizione dei dati sensoriali dal cervello, coesistano in rapporto di biunivoca corrispondenza determinate percezioni intese come dati fenomenici immediati nell' ambito di un' altra, diversa esperienza cosciente, quella di un osservato-conosciuto.


giopap

Citazione di: daniele75 il 24 Aprile 2020, 13:28:04 PM
Accetto solo che ci sia una piccola predisposizione ad interagire con la mente. Ma comunque illusoria, e ripete alla nausea teorie altrui.


Segnalo il mio dissenso (di più non credo si possa fare, dal momento che sia da parte mia che da parte tua si tratta di tendenze comportamentali immediatamente avvertite e vissute, non dimostrabili razionalmente essere vero o false né essere preferibili o meno da parte di altri).


Per parte mia ho un' elevata considerazione della ragione e una scarsa dell' intuizione irrazionale come mezzi per raggiungere una conoscenza vera della realtà.
Le risposte che personalmente cerco sono razionali (logiche, filosofiche e scientifiche; forse anche di altra natura), sottoponibili a da sottoporre per quanto possibile al dubbio e alla dimostrazione, logica e/o empirica secondo i casi, di verità o falsità (o al limite alla constatazione dell' indimostratezza, e magari dell' indimostrabilità); e non intuitive, immediatamente avvertite e credute come vere, senza sottoporle a critica razionale.

daniele75

Citazione di: giopap il 24 Aprile 2020, 19:03:02 PM
Citazione di: daniele75 il 24 Aprile 2020, 13:28:04 PM
Accetto solo che ci sia una piccola predisposizione ad interagire con la mente. Ma comunque illusoria, e ripete alla nausea teorie altrui.


Segnalo il mio dissenso (di più non credo si possa fare, dal momento che sia da parte mia che da parte tua si tratta di tendenze comportamentali immediatamente avvertite e vissute, non dimostrabili razionalmente essere vero o false né essere preferibili o meno da parte di altri).


Per parte mia ho un' elevata considerazione della ragione e una scarsa dell' intuizione irrazionale come mezzi per raggiungere una conoscenza vera della realtà.
Le risposte che personalmente cerco sono razionali (logiche, filosofiche e scientifiche; forse anche di altra natura), sottoponibili a da sottoporre per quanto possibile al dubbio e alla dimostrazione, logica e/o empirica secondo i casi, di verità o falsità (o al limite alla constatazione dell' indimostratezza, e magari dell' indimostrabilità); e non intuitive, immediatamente avvertite e credute come vere, senza sottoporle a critica razionale.


Mi dispiace il raziocinio non è in grado di capire certe cose, perché esso stesso è un sogno. Basti pensare ai geni, che venivano compresi dopo anni anni dalla loro scoperta. Quindi se vuoi che l io venga riconosciuto come un illusione aspetta 20 anni

giopap

Citazione di: daniele75 il 24 Aprile 2020, 19:06:53 PM


Mi dispiace il raziocinio non è in grado di capire certe cose, perché esso stesso è un sogno. Basti pensare ai geni, che venivano compresi dopo anni anni dalla loro scoperta. Quindi se vuoi che l io venga riconosciuto come un illusione aspetta 20 anni


Invece per i ciarlatani irrazionalisti basta molto meno per essere sbugiardati.


E comunque per me che l' io sia un' illusione (o meno) deve essere comunque tassativamente dimostrato razionalmente, adesso, fra vent' anni (quando sarò quasi sicuramente già morta da tempo) o anche (se per assurdo ci fossi ancora) di qui all' eternità.


Ripeto: si tratta di due indimostrabili tendenze comportamentali diverse fra me e te, per cui é perfettamente inutile tentare di convincerci a vicenda (per lo meno con ragionamenti; forse con esperienze di vita...).
Perciò se tu vuoi perdere tempo, fai pure; io d' ora in poi me ne asterrò comunque.

viator

Salve giopap. Citandoti : "Ci sono almeno due cose che si possono intendere per "percezione". Una é il dato di coscienza fenomenico (immediato); un' altra é il processo fisiologico (neurologico) dell' acquisizione dei dati sensoriali dal cervello".

Io, davanti a due cose, cercherei di distinguerle tra loro cominciando dal nome.
Per questo definirei il processo biologico della trasmissione del segnale (attraverso i cinque sensi) come "percezione" mentre il dato di coscienza lo chiamerei "consapevolezza".


Prendila come la proposta di un'ignorante. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

giopap

Citazione di: viator il 24 Aprile 2020, 19:51:20 PM
Salve giopap. Citandoti : "Ci sono almeno due cose che si possono intendere per "percezione". Una é il dato di coscienza fenomenico (immediato); un' altra é il processo fisiologico (neurologico) dell' acquisizione dei dati sensoriali dal cervello".

Io, davanti a due cose, cercherei di distinguerle tra loro cominciando dal nome.
Per questo definirei il processo biologico della trasmissione del segnale (attraverso i cinque sensi) come "percezione" mentre il dato di coscienza lo chiamerei "consapevolezza".


Prendila come la proposta di un'ignorante. Saluti.


Personalmente preferirei usare "percezione" nel senso nel quale da secoli é stato (intelligentissimamente) usato dai filosofi empiristi e dai loro seguaci in varia misura e a vario titolo (i neurofisiologi sono arrivati dopo e se fossero "cavalieri" si dovrebbero adattare alle scelte di chi li ha preceduti).

Comunque contano i concetti e non le parole. Basta mettersi d' accordo in un modo o nell' altro.

Phil

Affermare che l'io (per come mi pare inteso nel topic) è un modello interpretativo, una categoria di un certo paradigma di senso, non richiede particolare "intuizione" (jolly retorico di molte metafisiche pigre) ed è una conclusione piuttosto razionale (v. psicologia, antropologia, etc.), oltre che, per ora, non falsificata (lo sarebbe se avessimo trovato un io che è qualcosa di più concreto e tangibile di un concetto socialmente condiviso; se l'io esiste su altri piani d'esistenza, l'onere della prova non spetterebbe comunque ai "disillusi che ci vedono un'illusione").

I modelli interpretativi sono illusioni? In un certo senso sì, come sono illusione il valore del denaro, la scansione dell'anno in stagioni, etc. ad un livello convenzionale socio-antropologico, esistono l'io, il valore del denaro, le stagioni, con i corrispondenti referenti materiali, ovvero il soggetto senziente (e parlante), banconote e monete, determinate tendenze metereologiche. Tuttavia all'esistenza di tali referenti empirici non corrisponde inversamente la necessità del "senso" che gli viene attribuito dai suddetti modelli interpretativi. Modelli che dettano le regole del "gioco di società" di riferimento e quindi ne fondano dissimulatamente l'illusione (da in-ludere, affine a "stare al gioco").
Per dirla in soldoni: il mio essere Phil, è un'illusione? Sotto molti aspetti lo è, tuttavia nel forum e per accedere al forum è necessario che io "sia" Phil, dando "vita" a tale "identità" che, guardata da fuori del forum, è palesemente un'illusione e per nulla necessaria.

Per dirla invece parodiando i Veda (che non sono Topolino, semmai sono un topolino che fa scappare l'elefante della parabola dei sei ciechi): c'è più pericolo nello scambiare la corda per il serpente oppure il serpente per la corda?
Nel mondo empirico esterno al soggetto non esiste il "contenuto" dell'illusione; eppure, per esser tale, l'illusione deve esser "contenuta" (quindi esistere concettualmente) nell'occhio/mente del soggetto che guarda il mondo.
Finché restiamo nella dualità serpente/corda, soggetto/mondo, etc. stiamo al gioco della realtà convenzionale; quando non vediamo più la dualità serpente/corda, allora non abbiamo più nemmeno un linguaggio per parlarne. Se proviamo ad aprir bocca, ridiamo immediatamente un'identità al serpente, alla corda, all'io parlante, etc. anche se il nostro parlare consiste proprio nel dire che "in realtà" non esistono, (se non) in quanto illusioni.
Per non stare al gioco delle culture convenzionali, bisognerebbe ritirarsi nella foresta e vivere come eremiti; è altresi possibile continuare a vivere in tali culture, ma con una silenziosa consapevolezza, fra delusione e disillusione (consapevolezza che, per me, non ha nulla di "spirituale", essendo appunto basata su constatazioni e osservazioni linguistico-socio-antropologiche).

daniele75

Esatto. Condivido la parte dei veda

daniele75

La corda che sembra un serpente, una volta che il serpente scompare prendi consapevolezza della corda, della sua stessa natura illusoria, suddivisi la corda in tante fibre e troverai altro, sino alla riconnessione con il vuoto. È come intuire il sé, dopo l'intuizione non esiste parola, o il sé scomparirà. Per comprendere quello che scrivo bisogna usare l'intuito, vi appariranno immagini, poi il tutto, l uno, l in permanente, l oceano senza onde duali.

daniele75


* E' questo il classico esempio del Vedanta che spiega l'inganno della percezione, ovvero scambiare una fune arrotolata che giace al suolo per un serpente.
Il Vedanta definisce tre livelli della realtà: il reale, l'irreale e il non-reale.
Il reale è costituito da ciò che esiste nelle tre dimensioni del tempo: il passato, il presente ed il futuro. E' chiamato sat o, semplicemente, l'esistente e non può essere negato. Un esempio di qualcosa di reale è il se, il nostro stato naturale.
In contrasto con il reale c'è l'irreale, ciò che non può essere osservato in alcuno dei periodi temporali. E' chiamato asat o non-esistente. Un tipico esempio di qualcosa di non-esistente è un cerchio quadrato.

C'è poi un terzo stato intermedio fra il reale e l'irreale, chiamato il non-reale, ovvero qualcosa che è possibile osservare talvolta ma non sempre. Non è assolutamente reale come il se, né assolutamente irreale come un cerchio quadrato. E' in questo spazio intermedio che prende forma la percezione nel buio della corda come serpente, con tutte le sue conseguenze sul soggetto. Alla luce, tuttavia, la corda è riconosciuta e la paura del serpente scompare. dunque, il serpente proiettato sulla corda è esistito nel buio e ha cessato di esistere nella luce. Tali due esperienze sono state rese possibili dalla avarna-sakti (la capacità di nascondere ciò che è reale a causa del buio) e la vikshepa sakti (la capacità della mente di proiettare il serpente sulla corda).
La proiezione del serpente, tuttavia, non sarebbe possibile senza la presenza della corda come suo substrato o base. Per questo motivo il serpente non è né reale né irreale. Nell'Advaita è detto mithya. Attenzione a definirlo come un'illusione, poiché per la persona che lo ha intravisto nel buio esso è altamente reale, mentre non lo è per un'altra persona che ha visto la fune nella luce.
Il serpente è dunque aropita, sovraimposto alla fune, che è adishthana, il substrato.
Allo stesso modo, secondo il Vedanta, il mondo percepibile che ci appare così reale è sovraimposto al Brahman, la realtà ultima, e persiste fino a quando sorge la luce della consapevolezza della verità.

Phil

Citazione di: daniele75 il 25 Aprile 2020, 06:32:58 AM
secondo il Vedanta, il mondo percepibile che ci appare così reale è sovraimposto al Brahman, la realtà ultima, e persiste fino a quando sorge la luce della consapevolezza della verità.
Parlando di «Brahman», «realtà ultima», «verità», etc. si continua ad identificare; dove c'è identità c'è al contempo dualità: x e non-x. L'espediente di sostenere che "x è il tutto", l'unica realtà, omnicomprensiva, omnipervasiva, etc. rende inintelligibile tale x, e da qui deriva il ricorso al jolly dell'intuizione extra-razionale (con conseguente problematica del come indurre tale "illuminata" intuizione negli altri: se non si può usare il discorso, non ha senso discutere ed invitare ad "usare l'intuito"; ecco perché ci sono yoga, tantra, zazen, etc.).

Risolvere la dualità e la molteplicità in un Uno assoluto, significa assecondare l'horror vacui e mettere un tappo, a cui appoggiarsi, per riempire tale vuoto; vuoto che tu stesso, corroborato da tutta la scienza contemporanea, hai rilevato:
Citazione di: daniele75 il 25 Aprile 2020, 06:27:51 AM
La corda che sembra un serpente, una volta che il serpente scompare prendi consapevolezza della corda, della sua stessa natura illusoria, suddivisi la corda in tante fibre e troverai altro, sino alla riconnessione con il vuoto.
Nella sua "dimensione" (pre)logico-concettuale, direi che tale vuoto non è "fatto" né di verità ultima, né di realtà, né di altre categorie discorsivo-narrativo-mitologiche, proprio perché ne è vuoto.
Secondo me non si tratta tanto (o solo) di un vuoto quantistico o ontologico, ma perlopiù di un vuoto logico-narrativo, a suo modo "infantile" (forse eco della pura "ragione" prelogica dei neonati), in cui sospendendo l'identificazione, non c'è nulla di logicizzabile, ragionabile, etc. (come suggerirà lo zen molti secoli dopo i Veda).
Ci troviamo dunque dentro il comico paradosso di star qui a "parlare del vuoto di parole".