L'enigma del cristianesimo.

Aperto da Socrate78, 23 Gennaio 2018, 20:33:38 PM

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Angelo Cannata

Sono d'accordo, Apeiron: la spiegazione del male è un problema solo per chi si fissa con l'idea di doverlo a tutti i costi spiegare. Ma di fronte al male non è detto che la cosa migliore da fare sia cercarne spiegazioni. Come giustamente hai scritto, può essere molto meglio lasciar perdere le spiegazioni e occuparsi piuttosto di come affrontarlo, come attraversarlo.

Questa secondo me è la lezione più genuina che si trova sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, sebbene già a cominciare dai testi più tardi dell'Antico si affacci con prepotenza la via dello spiegare (si pensi ad esempio al libro di Giobbe, oppure al Qoelet).

In questa prospettiva la via cristiana include un lasciarsi andare e arrendersi, ma ciò viene comunque situato all'interno di una fiducia in Dio: l'idea è che, se Dio ha deciso di permettere al male di prendersi un certo spazio, il male potrà avanzare solo ed esclusivamente nella misura che Dio ha deciso di concedergli. Da questo punto di vista il cristiano, in qualunque male si trovi, si conforta pensando che quel male è comunque interno, dominato, padroneggiato, da una potenza più grande, cioè Dio. Nell'Antico Testamento l'ebreo confida che i suoi nemici potranno prevalere solo e soltanto nella misura in cui Dio ha deciso di farli prevalere, non un millimetro oltre.

Io, da parte mia, preferisco essere più severo con Dio: non mi accontento di questo modo di confidare in lui. Se egli esiste, non ha diritto di mettersi a giocare con chi lo segue.

Sariputra

La "salvezza"  portata dal Cristo, da quel che intendo del Cristianesimo, è quella dalla "separazione" dal Padre, che è morte. Una nuova alleanza tra Cielo e Terra viene stabilita nel Figlio che permette l'irruzione nel tempo e nella storia dello Spirito consolatore, ossia la Terza persona , lo Spirito Santo. Il tempo riacquista un significato, diventa tempo dell'attesa, tempo escatologico del riscatto in cui cieli nuovi e terra nuova, finalmente redenti dal 'peccato' ( separazione) , saranno Vita nuova per coloro che "Egli ama ". Nell'adesione a questa speranza e nell'opera d'agape da portare avanti, quel lavare i piedi al prossimo che Yeoshwa ha così praticato e insegnato, si compie il cammino spirituale del cristiano, camminatore d'amore nel mondo senza essere del mondo; giullare deriso e osteggiato per l'assurdità della sua pretesa di dare un senso al dolore e al divenire, che diventa così per il credente prova , privata però dell'ultima parola dal Sacrificio del Cristo che, morendo, ha vinto la Morte ( quella spirituale s'intende, la morte data dal vivere lontani dall'amore del Padre...). La difficoltà che vive la fede , a mio parere, sta anche nell'aver smarrito la dimensione propriamente escatologica; il credente, privato del senso maestoso dell'attesa, che era senso anche al suo vivere quotidianamente la sofferenza, si riduce alla pratica di una filantropia smarrita, timida  e sulla difensiva, quando invece sarebbe chiamato a "gridare il Vangelo sopra i tetti", ad essere 'sale della terra' e , naturalmente, a cadere sotto i colpi della maggioranza che odia questo messaggio, che preferisce illudersi di "essere"...

Un giorno Ramakrshna , parlando delle definizioni umane di Dio, disse che, se venisse chiamato come "Madre" invece che "Padre", forse sarebbe meno difficile per molti avvicinarsi alla fede, in quanto tutti noi abbiamo dei bei problemi irrisolti con la figura 'paterna', che si mettono come macigni  pregiudiziali tra noi e l'approccio  alla spiritualità teistica. Trovo che ci sia del vero in questa affermazione... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Le cose che hai scritto sono tutte vere, belle, giuste, ma dovrebbero fare i conti con gli interrogativi che Socrate78 ha posto come apertura di questa discussione. Hai presentato una prospettiva sul Cristianesimo che è fondamentalmente corretta e anche interessante, ma riesce essa a reggere di fronte agli "attacchi" di Socrate78 (che egli ovviamente ha presentato non per guerreggiare, ma per il piacere di approfondire)?

Mi sembra un problema simile a quello che per certi versi mi sembra accaduto in Grecia e in Italia: entrambe patrie di tradizioni culturali elevatissime, tradizioni però che non hanno saputo reggere agli attacchi che la storia ha sferrato contro entrambe, riducendole a paesi in cui adesso abbondano insicurezza, corruzione, disoccupazione, confusione.

Apeiron

#18
Chiarifico: secondo me il male esiste, è una realtà. Fortunatamente lo è anche il bene  :)

Faccio un esempio. Per Pitagora (da quanto ho capito, almeno) le nostre anime sono imprigionate nei corpi. Il male ovviamente c'è, è una realtà fattuale. Il pitagorico però non si chiede "perchè c'è il male?": semplicemente osserva, vede che c'è il male e cerca di "liberarsene". Il pitagorico vede il cercare una spiegazione come un altro ostacolo.

Un buddhista si "affida" alle quattro Nobili Verità. La prima è "esiste la sofferenza". Quello che gli interessa è "uscire". Non gli interessa una domanda del tipo: "perchè c'è la sofferenza?". Semplicemente passa oltre.

Spinoza dice che "ogni evento è necessario". Ovviamente c'è anche la sofferenza ma a suo dire in fin dei conti ogni evento segue necessariamente dalla Sostanza (così come il fatto che la somma degli angoli di un triangolo di uno spazio piatto è uguale ad un angolo piatto discende dalla definizione di triangolo...). Spinoza ovviamente è consapevole della sofferenza umana ma pensava che la "beatitudine" veniva dal riconoscere questo "ordine geometrico del Tutto". Il "Dio" spinoziano non è ovviamente "buono", non ama nessuno, è semplicemente neutro. Tuttavia il Summum Bonum dello spinozismo è l'"amore intellettuale di Dio" che non ha niente di sentimentale, semplicemente è la contemplazione dell'Ordine. La teodicea qui non si pone perchè appunto il "Dio" non è buono e non è cattivo. Dire che il "DIo" spinozista è buono o cattivo è insensato.

Simile a quella spinozista è la visione di alcune scuole induiste e daoiste dell'oriente. Protestare contro il Dao è inutile visto che "è aldilà del bene e del male". Tuttavia "unirsi" al Dao è il Summum Bonum per l'uomo: si va oltre la sofferenza. "Perchè c'è il male?". Per questi filosofi è una domanda senza senso, non c'è un motivo. Semplicemente è un fatto: la realtà è quella che è. Però c'è un modo per "estinguere la sofferenza" dell'uomo.  

Plotino affermava che la sofferenza era dovuta al fatto che la nostra anima era "annessa" al corpo e la materia era una realtà imperfetta e l'attaccamento ad essa causa sofferenza. Il male morale deriva dall'attaccamento alla materia (ovvero in questo contesto a scambiare la materia per "ciò che è più alto"), secondo Plotino (ovviamente spero di non aver travisato) ma nemmeno la materia è "maligna". Semplicemente è il punto più basso dell'esistenza. Anche Plotino dunque vede la causa della sofferenza nel nostro approccio alla vita. E lo stesso vale per il male morale. La soluzione? Rivolgere l'attenzione alle cose più "alte" (questa in fin dei conti è anche la soluzione di Platone). Questo mondo "sublunare" e materiale è necessariamente imperfetto e non a caso nel Teeteto Socrate dice che dobbiamo "scappare". Qui nessuno si chiede "perchè c'è il male?". La vera domanda è "come ci si libera dal male morale e dalla sofferenza?".

Dunque in queste tradizioni domandarsi il "motivo" non ha senso. Ciò che viene richiesto è cambiare il nostro modo di vedere la realtà. L'idea è che la sofferenza e il male morale possano cessare una volta che si è "trasceso il mondo". Ovviamente questa è una possibilità.

La teodicea invece nasce dalla visione del mondo come una Creazione Libera di un Dio Personale Buono. In questo caso vedendo il male ci si chiede: "perchè?". Non credo che nessuno abbia una risposta. Così secondo me rimangono due possibilità: o si ritiene che il mondo non è stato creato ( è importante notare che la creazione non è eterna...) oppure ci si affida. Se si sceglie la prima in fin dei conti si può pensare come fanno alcuni induisti: Dio esiste e il mondo è eterno, però la sofferenza è dovuta al ciclo delle rinascite, alle scelte delle vite passate ecc. Oppure si rigetta l'ipotesi dell'esistenza di un Dio Personale completamente. Oppure ci si affida a Dio. Però essere credenti e continuare a chiedersi il "perchè?", a cercare di giudicare Dio (alla Giobbe) potrebbe portare al misoteismo, a credere che Dio è malvagio (e quindi a creare una frattura nella relazione con Dio, che come dice Sariputra è la Fonte della Vita - Misoteismo significa per un credente "accusare" la vita stessa) ecc se si vuole evitare il misoteismo ad un certo punto bisogna anche avere la saggezza di "lasciar andare": in fin dei conti ci sono molte cose che non potremo mai conoscere e anzi un eccesso di volontà di conoscenza è pur sempre un eccesso e come tutti gli eccessi è pericoloso. Ergo anche il cristiano, credo, vede il male e soffre molto per tale realtà. Riconosce il male anche in sé stesso (il peccato) e per essere salvato si affida a Dio. Ad un certo punto anche il cristiano, credo, rinuncia a fare domande. Questo non significa che non soffra per la realtà del male. Vede che "qualcosa non va" ma si ferma. Vede che certamente c'è il male ed è inspiegabile. Ma si affida al fatto che Dio ha donato la vita. E quindi anche il cristiano ad un certo punto cambia prospettiva e smette di domandarsi il "perchè" in modo ossessivo. Vede il Male e risponde ad esso donando la sua vita. E spera che tale dono porti come frutto un un po' di bene (il sacrificio, la rinuncia, il prendere su di sé il male ecc chiaramente danno sofferenza ma è una sofferenza che ha significato - il significato è donarsi per amore). Sinceramente questa credo che sia la risposta cristiana al male, dondando sé stessi e aiutandosi in questo dono con l'affidarsi a Dio (il quale ha fatto lo stesso, svuotandosi e donando la propria vita...). Credo che questo "dono" sia la risposta all'enigma del male.  Non risolve intellettualmente il problema, lascia un enigma irrisolto, però agisce.  (questa ottica del dono mi è stata riferita da due cattolici che personalmente trovo molto saggi  :) - spero di non aver travisato LOL ).

Quindi @Socrate78, questa "resa" non è davanti ad un progetto divino che include l'esistenza del male (mi è stato anche detto che Dio vuole sempre il bene per le creature, ergo attribuire a Dio il piano che contempla il male mi sembra completamente errato dal punto di vista teologico). Semplicemente si vede il male, si vede che è un enigma. E ci si arrende al fatto che è un enigma. Ma alla resa segue l'affidarsi e all'affidarsi segue il donarsi ecc (questo tema del "lasciar andare" è presente anche in tradizoni, come il buddhismo, dove la teodicea non si pone. Ma se un buddhista continua a chiedersi "perchè c'è la sofferenza" fa del male a sé stesso (secondo il buddhismo) perchè è una distruzione, un "inganno" del "male" stesso.). Il cristiano dunque segue l'esempio di Gesù: apprende l'esistenza del male e attraverso moltissimi momenti di smarrimento e in cui ci si sente abbandonati (come Gesù stesso in fin dei conti) cerca di riuscire a donarsi (facendo un sacrificio... rendendo sacra la sua vita... ecc).

Ad ogni modo non credo che la teodicea come problema filosofico possa essere risolta.

Ovviamente si può essere o meno soddisfatti di questo tipo di "risposte".  Sono ben consapevole che ciascuna ha i suoi problemi. Ma ahimé credo che ad un certo punto si debba fermarsi con le domande... non che sia facile, eh ;)  

Buona serata

Edit (19:38): Perdonate la modifica ulteriore ma penso di aver "esagerato" con la speculazione nel testo che ho cancellato. Ad ogni modo personalmente concordo con il post di Sariputra e quello successivo di Angelo ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Preciserei qualcosa riguardo al cristiano: di fronte ad un problema così radicale come quello del male, il cristiano va all'essenza dell'origine della propria fede. L'essenza per lui è Gesù Cristo: non per nulla si dice "cristiano", "cristianesimo". Ciò significa che il cristiano, sì, si dona, ma si fa dettare ogni caratteristica, ogni senso di questo donarsi, da Gesù Cristo. Allo stesso modo, il cristiano si affida a Dio, ma il come affidarsi a Dio, cosa significhi affidarsi a Dio, se lo fa dettare da Gesù Cristo. Lo stesso suo far riferimento a Gesù Cristo, il modo e il senso in cui farlo, gli viene dettato da Gesù Cristo.
Da questo punto di vista, ciò che per il cristiano oltrepassa il riflettere, e quindi anche l'assenza di risposta al problema della teodicea, è il suo aver ricevuto Gesù Cristo da Gesù Cristo, per iniziativa di Gesù Cristo; cioè Gesù si è donato, di sua propria iniziativa, al cristiano. Tutto ciò ovviamente, ponendosi oltre ogni spiegazione fatta di parole, si pone oltre non solo lo spiegare il problema del male, ma anche oltre lo spiegare questo stesso sperimentare Gesù Cristo.
Si potrebbe pensare che in questo senso ci sia solo da dire "Prova e vedrai", ma "Prova e vedrai" presupporrebbe un'iniziativa da parte dell'uomo. Invece l'esperienza di Gesù Cristo si realizza esclusivamente quando Gesù Cristo lo decide e a favore di chi lo decide. Ciò ovviamente sarebbe già un male tutto da spiegare, cioè come mai Gesù Cristo si dà a certuni in forme e maniere privilegiate e ad altri no. Per il cristiano ciò non è un problema a cui rispondere, poiché anche su ciò vale l'oltrepassare il riflettere a cui ho fatto riferimento poco fa.
Ciò non significa che il Cristianesimo sia un sistema chiuso: Gesù Cristo stesso soffrì l'inspiegabilità della sua propria condizione umana, ma intuì che la via dell'insistere nell'esigenza di spiegazione era una via inappropriata, come dire che non si può esigere da Dio che egli entri nella nostra mente così piccola. Questo però rinvierebbe alla risposta non funzionante al problema della teodicea, la risposta che fa appello all'infinitezza e alla misteriosità di Dio, una scappatoia troppo comoda.
Di fronte a questo problema la risposta non fatta di parole data da Dio è l'esperienza storica. Ciò significa che il cristiano, nella sua esperienza storica, può venire a trovarsi investito da un'esperienza di Gesù Cristo così forte da trovare secondario qualsiasi problema che la metta in questione.

In conclusione viene a risultare ciò che già sapevamo: di Dio non può dimostrarsi né che esiste, né che non esiste. Le obiezioni poste da Socrate78 sono serie, ma non tanto da demolire il Cristianesimo. Il problema della teodicea non riceve risposte argomentative nel Cristianesimo, ma ciò non basta a demolire il Cristianesimo, perché il Cristianesimo non è un'argomentazione, ma un'esperienza.

Il singolo, come faccio io, può decidere di non credere nel Dio del Cristianesimo, ma né lui può dimostrare al Cristianesimo di non avere senso, né il Cristianesimo può dimostrare a lui che egli, nel rifiutare questa fede, sia in errore: si tratta, sia nel caso del singolo non credente che in quello del Cristianesimo, di due esperienze che, in fin dei conti, sono entrambe in grado di presentarsi come esperienza che va oltre l'argomentare fatto di idee e parole.

jsebastianB

#20
Citazione di: Socrate78 il 23 Gennaio 2018, 20:33:38 PMcredere che Dio, fattosi uomo in Cristo,  


Piu' che Messia/Cristo meglio definirlo con il suo vero nome, secondo l' usanza ebraica:
- Gesu' figlio di Giuseppe / Yeshua ben Joseph.  Messia/Cristo infatti è "solo" un titolo che gli verra' - poi - attribuito (come tutti gli altri...)  

                                                        -----------------------------------

Tu scrivi: si sia sacrificato per i peccati di tutti gli uomini prendendoli su di sé.

E' l' assunto del primo dottrinario, il primo che diede (secondo la sua interpretazione) quell' alto valore mistico del sacrificio mirato all' espiazione di tutta (?!?) l' umanita'..eccc..eccc...  

                                                                       ----------------------------

Tu scrivi: credere in questo "sacrificio" significa cadere in aporie irrisolvibili, o mi sfugge qualche aspetto ?


Molte sono le incertezze, i dubbi e/o forti le perplessita' su quel pilastro fondante della Nuova religione - ovvero che l' Iddiobiblico avrebbe inviato quaggiu' il (suo) divinfiglio (gia' Pre-esistente sin dall' inizio del tempo) per poter - poi - (nella misteriosa pienezza del tempo..) essere sacrificato per la Redenzione e RI-conciliazione..eccc..eccc...  

Questo mistero (della fede ?) rende, in effetti, Enigmatica questa religione. Dal dizionario etimologico ( Dizionario etimologico di B. Colonna - editor Newton) riporta come:  - 1) oscuro/ criptato - 2) "favola".

Ma la di la' della retorica, la vera questione che si pone è:

- Cosa vuol significare: l' Iddio-monoteista  (trascendente !)   ha "un" figlio ??

Come intendere quel sublime rapporto Padre/figlio:
- solo una metafora - oppure
- vuol far supporre una relazione "di successione" cronologica - o ancora
- trattasi di un' elevazione ( e/o Com-unione _ con l' IddioYahwè) del tutto "spirituale" ??

Secondo il primo redattore - quel divinfiglio / che comunque il plurisecolare giudaismo ignorava del tutto la sua esistenza (anzi.. la sua PRE-esistenza) / sarebbe stato inviato quaggiu' - dal divinPadre - proprio per assolvere quella mitica missione (la celeberrima dottrina della parola della croce). Purtuttavia il Tarso Non specifica quale sia la relazione, il (vero) rapporto di questo (misterioso) figlio.
Egli riporta solo che.. alla pienezza del tempo il dioYahwè mando' il "Suo" figlio (nato da una donna _ dal nome inconoscibile..) proprio per RIScattare quelli che erano sotto la (divina) Torah alfine di poter ricevere la straordinaria adozione / quella di figli adottivi.

Piu' "enigmatico" invece è quando il dottrinario fa intendere che il Messia/Cristo, pur essendo GIA' in Forma del dioYahwè (?!?!) - purtuttavia non si considero' tale.. ma anzi si sarebbe spogliato di quella natura divina per diventare simile ai mortali..ecc..eccc...
Quella PRE-esistenza.. sarebbe stata GIA' Pre-vista in quanto "Tutti" - in quanto discendenti del Primo Adam si  sarebbero - poi - trovati condannati / purtuttavia la Redenzione sarebbe stata apportata dall' Ultimo Adam, colui che gia'  PRE-stabilito per assolvere la sublime missione ( da qui quei mirabili passi: l' Iddio lo ha Pre-stabilito come il Sacrificio propiziatorio (!) mediante la fede nel suo sangue...eccc.
...eccc...) -
("quel Propiziatorio"..  è una chiara allusione allo strumento del sacerdote che "aspargeva", sugli astanti devoti, il sangue della vittima sacrificata (!) - come prescriveva l' autore (ispirato) del Pentauteuco..) - Dunque per il Tarso il Nuovo Propiziatorio non puo' che essere  il "Sacrificato, colui che versa il sangue -  per l' espiazione universale.    

Ma non si potrebbe supporre anche che la pre-esistenza (del Messia/Cristo) potesse essere come un Essere celeste.. alla maniera mitologica  dei politeisti ??  

E comunque anche qui il dottrinario non fa alcun riferimento a quella sublime "relazione" Padre-figlio, riferisce solo che "esisteva".  

L' enigma persiste, il dubbio rimane insoluto:
- come intendere il rapporto speciale tra Yahwè - e il figlio-Messia/Cristo Pneumatico ??


Tutto il resto è solo la conseguenza della (futura) mastodontica impalcatura dottrinaria (sacrificio, sangue versato, espiazione, redenzione, incarnazione, salvezza..eccc..eccc.. ) -

Angelo Cannata

Citazione di: jsebastianB il 26 Gennaio 2018, 22:36:38 PM- come intendere il rapporto speciale tra Yahwè - e il figlio-Messia/Cristo Pneumatico ?

Si potrebbero intraprendere un gran numero di vie differenti per rispondere a questa domanda.

Ad esempio, si potrebbe prendere la via della novità storica. In questo senso sarebbe inadeguato voler ricondurre la figliolanza di Cristo ad alcun fenomeno precedente, poiché la storia dell'umanità, considerata nella sua globalità, nella sua totalità, è una sola, non ci sono altre storie dell'intera umanità.

Si può intraprendere la via opposta del comparativismo delle religioni e non si avrà difficoltà a riscontrare in questa o quella religione, questo o quel mito, narrazioni di figliolanza del tutto analoghe a quella di Gesù Cristo.

Un'altra via può essere quella di rintracciare all'interno dell'ebraismo e delle culture vicine tradizioni culturali e religiose che fanno da terreno favorevole al formarsi della figliolanza divina.

Personalmente trovo interessante una via particolare all'interno della Bibbia stessa: a cominciare da quando Dio crea Adamo è già possibile riscontrare un primo evento di figliolanza, sebbene Adamo non sia ovviamente della stessa natura divina del suo creatore. Questa prima figliolanza però si rivela fallimentare, a causa del cosiddetto peccato originale. C'è poi la prima figliolanza vera e propria, cioè la nascita di Caino e Abele, sotto il segno della violenza omicida di Caino che uccide Abele. Nel diluvio Dio tenta di dare una ripulita, ma egli stesso conclude pessimisticamente che anche i sopravvissuti al diluvio non sono più affidabili dell'umanità precedente. L'unica speranza è ogni volta che i figli riescano ad essere in qualche modo migliori dei genitori. Questa mi sembra una speranza addirittura universale, che coinvolge l'intera natura, se pensiamo all'evoluzione degli esseri viventi: speranza di DNA sempre migliori. Ma l'andamento della storia ebraica fa cozzare in continuazione col fatto che i figli, da un punto di vista di fedeltà, affidabilità, capacità di amare il prossimo, non lasciano intravedere alcun miglioramento. Da qui le menti riflessive ebraiche si sono predisposte a pensare ad una figliolanza speciale, che crei finalmente la novità. Allo stesso modo, nella storia di Israele si avverte la speranza di nuovi re che siano migliori dei precedenti. Ma i fatti mostrano che i nuovi re hanno pur sempre la loro inaffidabilità. Il re più grande di tutti, re Davide, si dimostrò anche lui soggetto alle proprie bramosie. E così nasce l'idea di attendere un re che sia finalmente diverso, in questo senso "figlio di Davide", cioè un nuovo Davide (= nuovo re), un nuovo Adamo (= nuovo essere figlio), un nuovo sacerdote, un nuovo profeta, un nuovo Messia, un nuovo servo (si pensi ai "canti del servo di YHWH").
Così si formarono nel contesto religioso ebraico alcune tradizioni caratterizzate dall'attesa. Queste tradizioni singole, particolari, riuscirono a farsi strada nell'ebraismo. Essendoci l'attesa, non era difficile che nascessero i presunti messia, i presunti figli di Dio, presunti profeti definitivi. Tra questi, Gesù fu quello che ebbe più successo, fino a far relegare nella totale dimenticanza i concorrenti. Un concorrente illustre di Gesù fu Giovanni Battista, ma la tradizione riuscì ad integrare questa figura nel disegno globale cristiano, assegnandoli un posto, un ruolo abbastanza definito all'interno dell'impalcatura globale.

A mio parere la tradizione incentrata su Gesù riuscì a prevalere su tutte le altre per la sua potenza culturale; cioè perché riuscì a creare una sintesi profondissima, sebbene non immune da contraddizioni e aporie, tra cui quelle indicate da Socrate78 come inizio di questa discussione, una sintesi che mette insieme, raccoglie, ebraismo e grecità, Antico Testamento e spiritualità della filosofia greca.

In altre parole, ritengo che ad un certo punto della storia dell'occidente si sia verificato un incontro fruttuoso tra ebraismo e grecità, incontro che trovò come luogo di sintesi ottimale la figura di Gesù, ovviamente reinterpretata.

Non vorrei che tutto questo suonasse come riduzionismo, come uno sminuire la grandezza e la profondità di questa sintesi che si venne a creare, chiamata Cristianesimo. Al contrario, questo per me aiuta proprio a darsi qualche spiegazione della grandezza e della profondità che il Cristianesimo è riuscito ad avere.

Sariputra

L'esperienza della sofferenza, del dolore umano, non è un problema solo del credente , ma dell'uomo in generale. Di fronte al dolore, al male di vivere, ogni fede viene messa duramente alla prova, e alla prova viene trascinata pure ogni mancanza di fede. Come una persona può perdere la propria fede in un Dio benevolo e misericordioso, così la persona priva di fede nelle stesso può perdere ogni fiducia e speranza nel mondo, che magari non soddisfa le più profonde aspirazioni e desideri. Mi son trovato spesso a constatare come , di fronte alla problematica del dolore, molti s'allontanano dall'idea di Dio e come invece altri, proprio nelle vicende dolorose, vi si avvicinano. Non c'è una regola, ognuno vive personalmente questo nostro stare al mondo e, in un certo senso, "non esserci". Vediamo gente che credeva in Dio arrivare a togliersi la vita e altri che non credevano arrivarci lo stesso. Si può restare delusi da ogni cosa, da ogni esperienza, da ogni rapporto umano, da ogni forma di bellezza. Questo probabilmente perché non si comprende la natura del desiderio e di quanta parte ha nella nostra vita, nelle nostre aspirazioni. Più grande è il desiderio , più grande si manifesta la sofferenza. Abbiamo il desiderio di un Dio perfetto che soddisfi il più profondo anelito di giustizia, bellezza e gioia/felicità e invece...ci ritroviamo nell'ingiustizia, nelle brutture e nell'infelicità. C' è qualcosa che non torna nel nostro approccio...
Prima di investigare su questa cosa di Dio, dovremmo, a mio parere, approfondire la radice di questa insoddisfazione, di questo voler la vita ( e Dio) a nostra misura di felicità. Arrivare a chiederci se non ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nel modo in cui veniamo educati, nel modo in cui si insegna ai piccoli a stare al mondo. Possiamo vivere liberandoci dall'oppressione di questo continuo cercare una perfezione e una felicità impossibili? Se la nostra testa è continuamente piena di sogni da realizzare, di soddisfazioni da ottenere, possiamo avere un minuscolo spazio libero da tutto ciò? Uno spazio non toccato da questo incessante lavorìo mentale? Questo 'ammalarsi l'anima' ( fino a togliersi la vita...come vediamo anche in artisti con personalità molto sensibili) che, alla fine, non ci permette di gustare quel 'qualcosa' non toccato dal pensiero, dai desideri, dall'ossessione continua dell'uomo? E' il Silenzio che ci interroga e chiede spazio in noi, vuole farci uscire dalla nostra Ur dei Caldei e affrontare il deserto ( spazio arido privo di piaceri e soddisfazioni materiali...) per vedere se c'è veramente un roveto ardente di un fuoco che non consuma... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Proprio in questi giorni mi trovo a leggere, di Vito Mancuso, Il bisogno di pensare, 2017, nelle cui prime pagine prende in considerazione il desiderio come problema. Non mi vedo in accordo col suo modo di procedere, sebbene non ne abbia ancora completato la lettura e quindi non so dove andrà a parare.
Credo che, prima di prendere di mira il desiderio, a favore o contro di esso, dovremmo chiarire a noi stessi quali criteri intendiamo usare per scegliere cosa prendere di mira, su cosa vogliamo incentrare l'attenzione, l'orizzonte. Naturalmente questa potrebbe diventare una domanda infinita, che cioè richiederebbe a sua volta chiarimenti sui metodi usati per sceglierla. Proprio questo però può diventare un metodo voluto, cioè tentare di porre in discussione le radici più radicali che riusciamo ad individuare. In questo modo mi sembra che la domanda diventi infinita solo in teoria, perché in pratica, prima di passare al meta-livello superiore, dovremo comunque farci qualche idea sul lavoro che stiamo facendo, altrimenti non sapremo neanche in che direzione individuare il meta-livello superiore.
Questo lavorare sulle radici potrebbe essere individuato esattamente come il metodo che Gesù intendeva comunicare. Egli infatti non fece altro che tentare di andare alle radici più radicali della sua propria religiosità ebraica e avviare così un lavoro perpetuo di continua revisione. La sua pretesa di aver salvato il mondo potrebbe intendersi in questo modo: pretesa di aver mostrato il metodo di lavoro per un'esistenza che realizzi il meglio di sé.
Realizzare il meglio di noi stessi mi sembra più nobile che lavorare sui desideri. Se s'intraprende questa strada nasce immediatamente la domanda su cosa sia il meglio di noi stessi. A questo punto non ritengo importante trovare risposte immediate: mi basta l'orgoglio di aver individuato il lavoro da compiere.
Una volta che ho consapevolezza di starmi dedicando a realizzare in questo mondo il meglio di me stesso, può effettivamente avvenire che la morte, la sofferenza, il male, comincino a risultare problemi secondari. Il vero problema su cui vale la pena di lavorare mi viene a risultare questo: lavoriamo insieme per individuare in maniere sempre più efficaci, sempre più soddisfacenti, costruttive, che cos'è il meglio di noi stessi su cui sia bene lavorare, che sia bene favorire, coltivare.
Da questo punto di vista l'enigma del Cristianesimo descritto da Socrate78 mi viene a risultare più una conseguenza delle rielaborazioni che il Cristianesimo impiantò sulla figura di Gesù, che un problema riguardante Gesù stesso, sebbene io ritenga che anche lui non sia esente da contraddizioni e perfino ipocrisie; enigma, appunto, del Cristianesimo, più che di Gesù Cristo. Naturalmente non ho alcuna pretesa di saper pervenire all'interpretazione autentica di cosa Gesù volesse trasmettere; si tratta solo del mio modo di interpretarlo, che però mi sembra fruttuoso.

jsebastianB

Citazione di: altamarea il 24 Gennaio 2018, 15:16:27 PMAnche senza tale azione le cose del mondo non sono cambiate e non cambieranno mai.

Infatti.. come potrebbero cambiare ?
La natura dell' animo umano - perversa - era /  tale rimane ! 

Possono venire quaggiu' "ancora"  altri Unti, Consacrati, Inviati, Chiamati, Pre-scelti, Profeti..  ovvero gli annunciatori della sacra parola, seppur infarcita di terrificanti minacce con indicibili scenari.. da incubo,  purtuttavia l' uomo non cambiera' mai la sua indole.

Gia' per quel popolo (eletto ?!?) dalla dura cervice le ripetute, continue quanto petulanti minacce (il terrificante: Giorno di Yahwè !) non hanno spostato di un millimetro il comportamento del popolo PRE-scelto.. 
Eppure (sempre secondo i "loro" autori) a quel determinato popolo l' Iddio biblico avrebbe conferito la Sua volonta' per fungere come:   
- sublime modello, fulgido esempio, luce delle genti - nonchè faro delle nazioni. 
Ma non è bastato ! La tanto auspicata "santificazione" / perchè "santo" e' l' Iddiobiblico / Non si è Mai (!) concretizzata.   

Da qui - come estremo tentativo - l' invio quaggiu' del divin figlio per espletare "quel" mirabile sacrificio espiatorio per l' Intera Umanita' !! 
Proprio "quel" sacrificio (secondo gli edificatori della Nuova religione) avrebbe sostituito l' obsoleta dottrina considerata, dall' eccelso di Tarso, come inservibile "spazzatura" - essendo la Nuova entita' divinizzata il Nuovo Termine , la Nuova Pasqua. Solo chi porra' la propria fede IN essa, avra' la "speranza" ( quindi Non certezza) della vita eterna (?!?) 
   
E quale è il risultato ??  Tutto come prima !! / quindi ??

- Le cose del mondo non cambiano e NON cambieranno mai !

jsebastianB

Citazione di: Angelo Cannata il 27 Gennaio 2018, 09:41:07 AM

 
Si può intraprendere la via opposta del comparativismo delle religioni

Ma il rigido monoteismo (sia ebraico e che islamico) esclude qualsiasi  "mescolanza" e/o sincretismo con altre fedi.

In particolare dopo la RE-visione del Pentauteco e quei terribili passi del Deutero-Isaia, si rimarca con forza come l' assoluta Signoria di Yahwè non sara' spartita con nessuno.
La nota esplicativa della versione CEI rimarca come, dopo l' esilio babilonese, il monoteismo trionfante (di Isaia) non abbia piu' tollerato / non abbia dato piu' spazio ad altre fedi - Al bando dunque qualsiasi sincretismo con altre fedi.L' assunto è:
- Monoteismo è e rigido monoteismo deve rimanere !  (che poi si sia corrotto con l' ellenismo - cio' avverra' ai tempo dei Maccabei..eccc..eccc..)

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Tu scrivi: Un'altra via può essere quella di rintracciare all' interno dell'ebraismo


All' interno dell' ebraismo la valenza di "figlio" divino riguardava semmai alcuni casi / e comunque ben diverso da come lo intende e/o lo esalta lo (pseudo)monoteismo cristiano. 

Figlio dell' Iddio erano Tutti i discendenti del (Primo) Adam - ma una "particolare" attenzione lo era per:
- 1 ) gli appartenenti del (Suo) popolo - scelto appositamente per anunciare alle genti la Sua Unita'/Unicita' (sempre secondo i "loro" autori ! ). Basterebbe citare quel fatidico Esodo (4.22)

- 2 ) gli esseri celesti ( i famosi angeli..) presenti nel Libro di Giobbe e/o Tobia..

- 3 ) il Giusto, chi praticava la volonta' divina (la Torah) come riportato nei Libri Sapienziali -

- 4 ) l' Unto (il Consacrato) a seguito di quella formulazione desunta dai Salmi.

E comunque erano pur sempre metafore - espressioni linguistiche.. proprio perchè (cosi' vien sempre ribadito) l' Entita' divina è trascendente, dunque spirituale, inconoscibile, ineffabile..eccc.. impossibile dunque definirlo come "padre" come altresi' qualsiasi altro riferimento antropomorfo. 

Vien fatto rilevare che lo stesso islam / nei suoi fatidici bei nomi divini (n. 99) manca del tutto proprio la definizione di Padre poichè rifiuta, categoricamente, una qualsiasi paternita'. 
Quanto al fatto di quelle definizioni ( misericordioso, clemente, perdonatore..eccc..eccc..) - anche qui trattasi di metafore per designare, al credente, quanto "Egli" sia eccelso e comunque pur sempre Inconoscibile, indefinibile, inimmaginabile..eccc... e quelle definizioni altro non solo che un modo per poterlo "comprendere" - ma nulla di piu' !
Anzi.. lo stesso islam accusa gli ebrei - e piu' pesantemente il cristianesimo - proprio per aver corrotto la purezza del monoteismo -
Ai primi vien rinfacciato quella suopponente auto-definizione di figli Primogeniti / e dunque da farli apparire come i piu' privilegiati rispetto all' intera umanita'. 
Ma molto piu' duro è invece contro il cristianesimo, reo di aver divinizzato un mortale - a tal punto da aver oscurato la Signoria e Regalita' dell' Unico dioAbramitico.  

Le sure 4.171 - 6.100/101 -- ammoniscono il devoto cristiano di non insistere con quella sua "stravagante" quanto bizzarra dottrina (semi-paganeggiante) della trinita' !! 
Infatti per loro il Gesu' terreno altro non è che un eccelso "profeta" - al pari di altri sublimi annunciatori della sacra Parola - ma guai ad esaltarlo, onorarlo, magnificarlo, adorarlo "come" l' Unico/Solo Dio.
 
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Ritornando all' enigma del cristianesimo..Tu scrivi:
Ma l'andamento della storia ebraica fa cozzare in continuazione col fatto che i figli, da un punto di vista di fedeltà, affidabilità, capacità di amare il prossimo, non lasciano intravedere alcun miglioramento.


Ma questo lo si riscontra - da sempre.  L' uomo (in quanto tale) NON cambia la sua indole ! 
Del resto il passo piu' veritiero è quello dell' autore di Gn. 8.21 - che fa "dire" a El Shadday come l' indole umana sia perversa - sia  incline al male SIN dalla sua adolescenza !!
Quanti sapienti, quanti illuminati, quanti profeti, quanti "uomini di Dio" sono venuti quaggiu'.. e cosa è cambiato ?? 

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Tu scrivi: Da qui le menti riflessive ebraiche si sono predisposte a pensare ad una figliolanza speciale, che crei finalmente la novità..


Per questo basterebbe leggere il Libro di Geremia / Ezechiele - con quel ripetitivo annuncio del Nuovo cuore, Nuovo spirito immesso ai fatidici Rimanenti, ai Sopravvissuti, agli Scampati ( per via del terrificante castigo divino per il tradimento alla divina Torah).. e infine la solita formuletta (GIA' presente nel Pentauteco) ovvero:
- essi sapranno che IO sono il loro Dio ed essi il Mio popolo.. / Tutto inutile !

Si ripartiva con un Nuovo ciclo.. e poi un altro..eccc...eccc...  

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Tu scrivi: un nuovo Messia, un nuovo servo (si pensi ai "canti del servo di YHWH").

Non concordo. 
Questa di Isaia è una delle diverse interpretazioni di quell (utopistico) Unto/Messia.. - Ma di quei passi invece si sono serviti i Nuovi esegeti della Nuova religione..eccc...eccc... 
(questo almeno il pensiero degli autori israeliti / come per esempio rabbi Leo Baeck, uno dei partecipanti a quell' esaltante JesuForschung, mirante alla ricerca storica del Gesu' terreno..     
(autore dell' esplicativo _ Il vangelo: un documento ebraico / editor La Giuntina ) 
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Tu scrivi: A mio parere la tradizione incentrata su Gesù riuscì a prevalere su tutte le altre per la sua potenza culturale; cioè perché riuscì a creare una sintesi profondissima..


C'è una bella differenza tra il Gesu' presentato dagli autori sinottici e il Messia/Cristo Pneumatico del Tarso - 
Costui ha operato un totale stravolgimento del messaggio gesuano anzi, totale è la sua assenza, come ha ben sintetizzato il correligionario del Gesu' della storia _ lo studioso israelita Pincas Lapide:
( trascrivo alla lettera):
- questo "curioso" personaggio ha citato, nelle sue lettere, 81 volte la Torah - ma unicamente e solamente per distruggerla -
- nelle sue epistole ha inventato, di sana pianta, una malattia Non ebraica (il peccato originale) e per curarla una medicina anti-ebraica.
- ha inventato un sacrificio umano come una morte espiatoria.
- ha falsificato la fede DI Gesu' con una fede IN un Unto/Consacrato.
( da Pincas Lapide: Paulus _ Rabbi und Apostel. Ein juedisch-christlicher Dialog ) 

e non cito di proposito altri autori israeliti che scagliano fulmini contro "questo" bizzarro personaggio - autore (ispirato ?? )  della sua autentica (!) Tessalonicesi - ove è ben presente quel germe razzista, anti-ebraico, anti-giudaico, anti-israelita, anti-semita ( 1 Tess. 2.15/16 !!) - causa di secoli e secoli di persecuzioni sfociate - poi - nei Lager nazisti ! 
/ quest' ultima frase è del (dissidente e dunque "scomodo") teologo Hans Kueng che accusa, senza mezzi termini, la santa Ekklesia per aver inoculato, secoli dopo secolo nella mente dei credenti, quell' avversione - quel sentimento di odio profondo anti-ebraico.. come se il dioCristiano provenisse da Marte / mentre era un "circonciso"!  

E comunque la vittoria del pensiero del Tarso lo si deve piu' che altro alla massiccia adesione di urlanti bande di ex politeisti - del tutto ignari della religione praticata dal Gesu' storico. 

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Una visione del tutto opposta alla tua / ma va bene lo stesso...

Angelo Cannata

Non capisco in cosa non concordi, in cosa la tua visione sarebbe opposta alla mia: riguardo ai "canti del servo di YHWH", anch'io li considero interpretazioni, sia nel caso di Isaia stesso, che presenta la sua interpretazione dell'attesa, sia nel caso degli interpreti di Isaia. Riguardo a Paolo, oggi qualsiasi studioso serio riconosce il suo ruolo nell'aver determinato gran parte della dottrina cristiana e anch'io non vedo motivo per dissentire da ciò.

green demetr

Citazione di: Angelo Cannata il 28 Gennaio 2018, 07:41:17 AM
Non capisco in cosa non concordi, in cosa la tua visione sarebbe opposta alla mia: riguardo ai "canti del servo di YHWH", anch'io li considero interpretazioni, sia nel caso di Isaia stesso, che presenta la sua interpretazione dell'attesa, sia nel caso degli interpreti di Isaia. Riguardo a Paolo, oggi qualsiasi studioso serio riconosce il suo ruolo nell'aver determinato gran parte della dottrina cristiana e anch'io non vedo motivo per dissentire da ciò.

Ti sta dicendo che Paolo le spara grosse. Poi lui mi correggerà.

Se il cristianesimo è paolo, ma per me è giovanni, allora il cristianesimo dice grossi paroloni, sconfessando tutta la grande tradizione millenaria PRIMA di lui piccino.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

JsebastianB le invenzioni non sono certo finite con il Paolo.

Basterebbe leggere le encicliche. E il loro corrispettivo, sempre rigorosamente ribaltato presente nel reale. Ed è una mia opinione.

Devo ancora leggerlo per bene l'Angelus Novus di Benjamin, ma ricordo probabilmente da una recensione, di come il problema ermeneutico della teodicea, sia visto come l'angelo (della storia) che invece che guardare avanti, guarda all'indietro.

Di modo che la storia è l'urlo disperato di un tempo sempre più distaccato dalla rivelazione (del cristo) fino alla fine del mondo.

Ora come per Sari vedo anch'io nell'invenzione dello spirito santo, la grande irruzione di uno spirito, che martellatamente viene ripetuta come un mantra (per deficienti), una entità che guarda avanti.

Ossia l'esatto opposto di quello che dice Benjamin.

Ed è lì da sempre per me un problema nodale, che viene ben prima della teodicea.
Ossia che vi sia questo spirito di onniscenza che crede nel progresso. E che è diventato scienza.

La credenza diventa la realtà, questo è il vero problema a monte della teodicea.

La teodicea mi sembra un problema buffo, roba da seghe mentali. E' ovvio che la gente non cambia.

E non cambia non perchè Dio è cattivo. O meglio se proprio dobbiamo metterci dentro il Dio cattivo, allora cerchiamo di capire perchè è notabile che sia cattivo, ossia dobbiamo essere in grado di segnalare dove risiede la cattiveria.
(appunto per me semplicemente nella credenza superstiziosa di non  morire). Basta andare in un ospedale per vedere i rosari continuamente passati, come il cane che si aggrappa all'osso. (e niente: morirete).

La religione è l'oppio, il farmaco per chi soffre. Un modo per distrarsi, nè più nè meno che Barbara d'Urso.

Questo perchè mi sembra che la domanda del 3d fosse legata più agli uomini che a Dio.

Ma non sono certo in questa sezione per dire ciò che Nietzche ha già condannato in lungo e in largo.

Voglio prendere la domanda e farle fare un salto di qualità, e quindi forse vi perdo. Ma pazienza.

Il tema non è tanto lo spirito santo, l'unto, o il Dio (buono o cattivo) ma bensì il tema della salvezza.

Tutti i grandi filosofi sono a contatto con questa verità, anzi forse è l'unica verità che per loro conti.

Ciò che non è doxa. Perchè della doxa, del popolino, abbiamo già detto.

La gente si chiede per caso se verrà salvata o meno????

Ma per favore! al massimo si chiederà se starà bene, se tutto andrà bene.

Ma cosa è la salvezza ad un livello qualitativo del pensiero SUPERIORE:

l'avrò scritto mille volte nei 3d sulla filosofia, è la destinalità. Ossia è il contenuto della destinalità.

Il destino è già a contatto con Dio da sempre. Perchè si muore.

La saggezza antica che poi partorisce i grandi credi dell'area medio-iranica, giù giù fino all'Egitto, e con la notabile estensione alla civiltà indiana. E poco sappiamo dei grandi imperi cinesi e russi, cosa si chiede?
Si chiede del giro degli astri, del ciclo del grando, e del destino, il legame che unisce noi a loro.
Ovvero si interroga sui LORO morti.

Una riflessione millenaria, a cui fa ridere la storia d'occidente di questi ultimi 2 secoli e mezzo.

Che ne sa la scienza dei grandi temi EREDITATI dalla filosofia e TRADITI in questo scorcio di millennio in maniera sempre più disperante.

La vera teodicea, è a mio avviso non la morte di Dio, o lo scoprire che Dio è cattivo, ma bensì che l'idea stessa di salvezza stia andando per sempre perduta dalle anime. (Heidegger ne è il suo sommo vate e profeta, anzi ne è l'unico testimone).

Tempi bui da fine del Mondo? Ma che me ne frega! La fine del Mondo è semplicemente quando moriamo, non esiste la "Fine del Mondo".

Eppure nella "genesi seconda" un angelo ci attende con la spada di fuoco di fronte all'uscio.

Ci attende!

Nel libro dei libri, quello dove le civiltà si mescolano, si combattono, antichi misteri, antiche virtù, oscure profezie, si intersecano, per creare il Libro Destinale per eccellenza la BIBBIA.

Perchè destinale? Mi chiedo. E me lo chiedo da poco sia chiaro. Ma perchè appunto in esso vi sono profezie.
Ma queste profezie non cercano la libertà in questo mondo, ma da questo mondo.

Vi è una frattura tra mondo dei vivi e mondo dei morti. In questa spazio medio, si celano gli spiriti, le profezie.

La salvezza è dentro questo mondo medio. Non è di qua, e non è di là.

Gli angeli lo attraversano. I Profeti ne attingono ispirazione.

Ma queste cose cosa sono se non l'astrologia? era ovvio, era davanti a me, ma non l'ho mai preso in considerazione.

Vi è una chiave di volta. Una chiave ermetica.

Antiche tradizioni, come la gnosi e come la cabala, l'hanno capito e l'hanno usata per creare i loro sistemi.

Ora il cristianesimo che via ha preso???

Lo sanno tutti che ha preso la via gnostica. 

Come si evince dagli studi dello psicanalista Jung, il cristo è il pesce.

Scopo dell'umanità è dunque raggiungere il pesce. Come fare? Con l'alchimia.

Cosa è l'alchimia? l'alchimia è la psicologia.

Perchè usano complessissime forme di scherno degli insegnamenti?

Perchè la chiesa bruciava sul rogo.

La chiesa è stata, e sempre sarà il vero ed unico CATECHON.

Per dirla con la psicanalisi e Nietzche come si fa ad essere uomini o uomini superiori, se non si attraversa l'apocalisse, ossia la Paranoia?

A che serve esitare sulla soglia????

Come si fa ad accoglire la sfida della destinalità se manco si capiscono le metafore, le chiavi di volta.
I mondi separati etc????
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Angelo Cannata

Capisco che l'astrologia possa anche essere assunta come linguaggio mitologico valido; anch'io in questo senso ho grande stima delle superstizioni, se considerate come linguaggi che hanno molto da insegnarci riguardo alle sensibilità profonde che albergano nell'animo umano. Sia chiaro che non mi riferisco a sensibilità in grado di indovinare il futuro, ma alle paure, le emozioni, insomma, le superstizioni hanno molto da dirci se trattate nello stesso modo in cui la psicologia tratta i sogni.

Ciò che trovo criticabile è attribuire ad una sapienza qualsiasi, sia essa astrologica, psicologica, scientifica, critica, atea, credente o di qualsivoglia genere, la comprensione giusta o migliore dell'esistenza o del mondo.

Ben vengano le critiche da qualunque origine provengano, ma le critiche, anche se preziosissime nello smascherare falsità, incoerenze e problemi di qualsiasi genere, non garantiscono affatto che il criticante possieda la comprensione giusta delle cose. Non esistono critici che siano immuni a loro volta da critiche.

Quindi che senso ha parlare di salvezza? Salvezza significa ritenere che da qualche parte ci sia la comprensione giusta delle cose. Ma c'è qualcuno in questo mondo in grado di dire e dimostrare dove stia la comprensione giusta delle cose?

Ben venga Nietzsche, ma nulla ci assicura che Nietzsche sia il depositario della comprensione giusta. Ben vengano tutti e tutto, ma nessuno è in grado di risultare convincente quale depositario della comprensione giusta delle cose.

Altrimenti che facciamo, creiamo nuovi déi? Vogliamo mettere Nietzsche sugli altari?

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