Karma e reincarnazione

Aperto da Loris Bagnara, 15 Marzo 2018, 11:21:45 AM

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Loris Bagnara

Vorrei riprendere e rilanciare questo tema che è stato toccato più volte in diversi luoghi di questo forum, per cercare di raccogliere le idee su alcuni punti che ritengo interessanti.

Comincio col citare un post che io stesso ho lasciato in questo topic (https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/tempo-del-sogno-e-del-rivivere/), ma che non ha avuto seguito.
CitazioneConcordo con Sariputra sul fatto che non è così consolatorio - almeno non per tutti - credere che la vita non finisca con la morte: ad esempio, proprio in questo forum un frequentatore ha affermato di sperare nell'inesistenza della reincarnazione, per il fatto che se in questa vita gli è andata abbastanza bene, non è detto che andrà così in quelle future...

Il punto chiave è quello che tocca Inverno quando accenna al "senso". Ci sono concezioni filosofiche che danno senso, che danno risposte alle domande fondamentali; e altre che non danno senso, che non ritengono importante il senso, che lo negano alla radice, e quindi non danno risposte alle domande fondamentali.
Per quanto mi riguarda, io respingo le concezioni che non danno senso, e abbraccio quelle che danno risposte alle domande fondamentali, proprio per la ragione che lo fanno.

Il postulato da cui parto è che tutto ciò che esiste deve avere un senso, non può non averlo. E per "senso" intendo non chissà che, ma semplicemente questo: ogni cosa deve avere una causa necessaria e sufficiente. Un requisito abbastanza ragionevole, considerato che corrisponde all'ambizione della scienza: spiegare le cause di tutti i fenomeni. Poi però la scienza - quella materialista e riduzionista, intendo - se ne "dimentica" quando si tratta di spiegare ad esempio la coscienza, o di spiegare il fenomeno dei fenomeni: l'esistenza dell'universo e delle leggi che lo governano.
La coscienza allora diventa un'illusione (perché se fosse reale, ci si troverebbe nell'imbarazzante problema di spiegare come faccia essa a sorgere dal nulla, in un universo dove nulla si crea e nulla si distrugge).
Quanto all'universo, invece, la richiesta di senso è solitamente bollata dal materialista come "priva di senso"...
Come? Un "richiesta di senso" sarebbe "priva di senso"?
E' più sensato dunque ritenere che l'universo, così com'è, "c'è perché c'è"? Magari anche sbucato dal nulla con l'esplosione del Big Bang?

Se allora la visione materialista è del tutto insensata (contraddicendo le proprie stesse premesse, che sono quelle di spiegare i fenomeni), la visione classica cristiana riguardò all'aldilà lo è altrettanto, anche se per motivi diversi e più articolati. Tale visione conduce a così tante illogicità (ne potremo anche discutere), che il credente può solo arrendersi e accettare di dover sospendere la propria capacità di giudizio di fronte all'imperscrutabilità del pensiero e della volontà divina...

Io credo invece che se abbiamo una mente è per usarla fino ai limiti estremi a cui essa può arrivare. E per fortuna esistono concezioni che si spingono oltre i limiti sopra citati, e che spiegano molto più estesamente noi stessi e l'universo. E per ciò che riguarda l'esistenza umana (per quanto io abbia esplorato) nessuna visione è tanto esauriente ed esplicativa quanto la dottrina del karma+reincarnazione, ed è per questo motivo che l'ho fatta mia: perché dà "senso".

Gli aspetti che mi piacerebbe approfondire con voi sono i seguenti:

1) Vi sono diverse formulazioni del concetto di "reincarnazione": io personalmente condivido la visione teosofica, che mi sembra al riguardo di una chiarezza esemplare e, unita alla dottrina del Karma,  dotata di una grande forza esplicativa. Ma so che vi sono visioni diverse, come quella di una parte almeno del buddismo che negherebbe la reincarnazione di un io individuale.

2) Il confronto fra la dottrina del Karma+reincarnazione, e altre visioni filosofiche e religiose che a mio modo sono di vedere meno efficaci (o per nulla) nel dare un "senso" alle cose.

3) L'autorevolezza della dottrina del "Karma+reincarnazione". Per quanto ne so, non mi risulta vi sia mai stato un grande maestro spirituale che abbia espressamente negato questa dottrina, se non alcuni padri della Chiesa che, per motivi puramente "politici" (vedi il Concilio di Costantinopoli II), la avversarono. Molti la hanno apertamente sostenuta, altri non ne hanno parlato o perché la davano per scontata oppure perché non era quello il punto centrale del loro insegnamento, più incentrato sul "qui e ora". Per quanto riguarda in particolare Gesù, le sue parole non sono esplicite né in positivo né in negativo, ma alcuni passi dei Vangeli si possono meglio interpretare alla luce della dottrina reincarnazione, piuttosto che alla luce della teologia cattolica (peraltro elaborata secoli dopo). Per chiarezza, parlo di "grandi maestri spirituali", individui riconosciuti come dotati di eccezionali qualità psichiche e "metapsichiche" , non di 'semplici' filosofi e pensatori...

Mi fermo qui, aspettando i vostri contributi.

Angelo Cannata

Citazione di: Loris Bagnara il 15 Marzo 2018, 11:21:45 AMIl postulato da cui parto è che tutto ciò che esiste deve avere un senso, non può non averlo. E per "senso" intendo non chissà che, ma semplicemente questo: ogni cosa deve avere una causa necessaria e sufficiente.
In questo modo non hai fatto altro che creare una gabbia entro cui muoverti. Stabilire un postulato non è altro che un modo per esimersi dal confronto con la critica. Con la scusa che si tratta di un postulato, si stabilisce che non c'è da criticarlo, visto che i postulati non godono di dimostrazione. Quindi hai deciso di stabilire le coordinate di un sogno entro cui abitare.

Anche il confrontarsi con la critica è un sogno, ma è un sogno che almeno cerca di confrontarsi con altri modi di sognare.

A questo punto mi chiedo: è umanamente preferibile chiudersi un sogno unico, una gabbia chiusa, o esplorare più sogni, metterli a contatto, a confronto, esplorando le infinite possibili vie di armonizzazioni tra di loro e vivere così un'esistenza più arricchita?

In realtà questo è ciò che già l'universo fa da sempre: combinare le diversità per creare nuove diversità, combinare maschio e femmina, diversi DNA, diverse geografie, diversità di diversità, e così si vedono nascere novità inaspettate, che mai nessuno avrebbe saputo immaginare.

green demetr

Sul fatto dell'autorevolezza non mi hai come alleato, in quanto è considerato un errore logico.

Sul punto 1 devo dire che volevo proprio rimandarti alla teosofia che ha la particolarità di essere accompagnato da un apparato scientifico (che secondo i complottisti ha provocato diverse morti per oltraggio alle accademie reali della scienza officiale).
Sto parlando delle varie Besant o di Steiner.

Purtroppo non mi sono ancora addentrato in quei territori, e sarò felice se mi vorrai dare qualche anticipazione.

Sul punto 2 devo dire che potremmo tirare in ballo l'intero pensiero filosofico occidentale, perchè se è vero che la scienza oggi e le sue idiozie riduzioniste prevalgono nei discorsi pubblici e privati, c'è stato un lunghissimo tempo in cui erano Dio e l'Uomo ad avere un significato centrale. Quindi ogni filosofo propone un senso.

Ora forse poichè non hai specificato, intendi riguardo il discorso sulla reincarnazione.

Abbiamo ragionato insieme in questo forum, sul tema della resurrezione dei corpi lato cristiano.

Abbiamo accertato come in effetti era un pensiero piuttosto diffuso nel mondo pre-filosofico.

E' normale che o è vero quello, e quindi che ogni corpo è immortale come l'anima. O solo l'anima è immortale.

Ma non vedo nel primo caso una mancanza di senso.

Anche se per parte mia, credo possa essere più interessante la seconda ipotesi, proprio perchè come dici, scioglie qualche nodo in più.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

bluemax

#3
A proposito della reincarnazione in ambito buddista, in passato mi chiedevo spesso: "Se non c'è un'anima, come fa a rinascere qualcosa? Che cos'è che continua da una vita all'altra, se non c'è l'anima?".
(A dire il vero, la teoria della reincarnazione non appartiene al buddhismo, ma all'induismo. Nel buddhismo verrebbe considerata superstizione, perché non può essere dimostrata ed infatti si parla di rinascita).

Poi ho compreso che la rinascita la si puo' osservare direttamente in ogni momento;
non si necessita di aver bisogno di credere in una teoria che la riguardi.
La rinascita avviene continuamente in ciò che si fa.
Poiché non c'è alcun sé, non vi è nulla che deve rinascere come "essenza personale o come anima" e che sopravviva da una vita all'altra. Questa è una illusione che si costruisce proprio il sé per non scomparire.

E' il desiderio che rinasce, alla costante ricerca di qualcosa in cui assorbirsi o in cui trasformarsi.

Se siamo infelici o depressi, si cerca qualcosa in cui assorbirci e da cui trarre sensazioni piacevoli, con cui, per lo meno, allontanarci dalla situazione sgradevole che stiamo vivendo. Quella è la rinascita.
Quando siamo spaventati o insicuri, cerchiamo di fare qualcosa che ci liberi da quella sensazione, che ci dia sicurezza e fiducia.

Facciamo caso ai nostri gesti abituali.
Per esempio, quando la sera torniamo a casa, andiamo a prenderci qualcosa da mangiare in frigorifero. Assorbendoci nei piaceri del cibo, rinasciamo.
Quando ne abbiamo avuto abbastanza di quella nascita, ci siamo concessi tre panini al prosciutto, quattro hamburger e due pizze, non possiamo sopportare l'idea di rinascere in un'altra pizza. Allora, cerchiamo una nuova nascita nell'apparecchio televisivo, perché quando ci annoiamo, vogliamo rinascere da qualche altra parte.

C'è un'infinità di giocattoli nella nostra società. Ma nonostante le gratificazioni istantanee, tendiamo ad annoiarci di nuovo molto rapidamente. Più istantanea diventa la vita, più aumenta la noia. Quanta TV, quanto cibo, droghe, sesso e così via ci si può procurare senza stufarsi o annoiarsi? Quanto si può prendere prima di non voler più esistere, prima di volersi annullare? Questa è la rinascita di cui siamo testimoni. La rinascita è cercare di diventare qualcosa in questo stesso momento. Non siamo contenti, non siamo in pace con le cose così come sono. Vogliamo, pretendiamo che siano diverse; vogliamo qualcos'altro.

Per molte persone, il sonno è annullamento. Quando siamo addormentati, non dobbiamo essere alcunché ed il sé svanisce almeno per un po'.
Non dobbiamo compiere alcuno sforzo. Passare il tempo a rinascere diventa una noia, perciò abbiamo voglia di non esistere più. C'è il desiderio di non essere, di venire annullati e distrutti. Ma la fregatura è che non possiamo dormire sempre. Addormentarsi ha come conseguenza il doversi risvegliare, il che significa tornare nuovamente a cercare di diventare qualcosa. Per forza d'abitudine, cercheremo qualcosa da fare.

Che cos'è che passa dal frigorifero all'apparecchio televisivo? E' una persona? E' ciò che è l'anima, la vostra vera essenza, destinata a essere portata avanti per l'eternità? Oppure il desiderio? Non è per caso un vagare senza scopo, la solita ricerca di qualcosa da fare, di qualcosa in cui assorbirsi?

Apeiron

#4
Come @bluemax dice la visione buddhista è che non c'è nessuna "sostanza" che passa da una vita all'altra. Può essere molto utile l'immagine del fiume o di una corrente: la continuità non implica che ci sia "qualcosa" che persiste. Per quanto ne so la versione buddhista è l'unica a non avere alcuna "sostanza". (più che "superstizione" parlerei di "visione erronea"...)

Riguardo al senso, il karma (buddhista e non) certamente "da senso" alle cose. Ad ogni modo "karma" è un termine che significa "azione", dunque strettamente parlando il "karma" non si riferisce alla retribuzione, al "frutto" (vipaka) dell'azione, alla sua conseguenza. Ma l'idea è che azioni che sono  "giuste" generano un frutto positivo. Idem azioni "ingiuste" generano un frutto spiacevole. Se con la morte finisse la nostra esistenza questo "meccanismo" si bloccherebbe improvvisamente. In realtà si accetta che questo meccanismo non si rompa e che quindi vada avanti indefinitamente. Tuttavia nella maggior parte delle religioni indiane ogni vita ha un tempo limitato a dispozione e ciò vale anche nei migliori "paradisi".  L'idea è che "non c'è scampo" dalle conseguenze delle nostre azioni e questo non è per niente visto come qualcosa di consolatorio nelle filosofie indiane. Ma è una "verità" (per chi la accetta come tale, ovviamente) che nemmeno la morte può liberarci dalle conseguenze delle nostre azioni. L'unico modo per "svincolarsi" dalla sofferenza è proprio quello di uscire dal ciclo, svincolarsi.

E nella maggior parte delle religioni indiane lo "svincolamento" è ottenuto tramite il risveglio (bodhi) che permette di capire "la realtà come è". Nell'induismo in genere l'obbiettivo è capire cosa è "il vero sé". Nel buddhismo il risveglio è descritto come la realizzazione che "tutte le cose sono senza sé". Chiaramente nel caso buddhista tutto il meccanismo di premi e punizioni che da un senso alla nostra esistenza in realtà si basa su una illusione: ovvero sull'illusione dell'"io/mio". Quindi dal punto di vista  delle tutte le tradizioni che hanno come obbiettivo lo "svincolamento" è vero che c'è un "senso", ma tale senso a livello ultimo non ci soddisfa (e questo va contro il nostro intuito per il quale se troviamo "il senso della vita" diventiamo felici). E nel caso buddhista tale "senso" è dovuto, per così dire, ad una distorsione cognitiva che ci fa vedere un "io sostanziale" dietro alle azioni e alle loro conseguenze.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Suttree

Se l'Io non sopravvive e si dissolve col corpo fisico dopo la morte, quale effettiva differenza c'è tra la reincarnazione ed il nulla?

Loris Bagnara

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Marzo 2018, 12:20:41 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 15 Marzo 2018, 11:21:45 AMIl postulato da cui parto è che tutto ciò che esiste deve avere un senso, non può non averlo. E per "senso" intendo non chissà che, ma semplicemente questo: ogni cosa deve avere una causa necessaria e sufficiente.
In questo modo non hai fatto altro che creare una gabbia entro cui muoverti. Stabilire un postulato non è altro che un modo per esimersi dal confronto con la critica. Con la scusa che si tratta di un postulato, si stabilisce che non c'è da criticarlo, visto che i postulati non godono di dimostrazione. Quindi hai deciso di stabilire le coordinate di un sogno entro cui abitare.

Anche il confrontarsi con la critica è un sogno, ma è un sogno che almeno cerca di confrontarsi con altri modi di sognare.

A questo punto mi chiedo: è umanamente preferibile chiudersi un sogno unico, una gabbia chiusa, o esplorare più sogni, metterli a contatto, a confronto, esplorando le infinite possibili vie di armonizzazioni tra di loro e vivere così un'esistenza più arricchita?

In realtà questo è ciò che già l'universo fa da sempre: combinare le diversità per creare nuove diversità, combinare maschio e femmina, diversi DNA, diverse geografie, diversità di diversità, e così si vedono nascere novità inaspettate, che mai nessuno avrebbe saputo immaginare.
Non vi è possibilità alcuna di fare il benché minimo ragionamento si non si parte da qualche postulato. Non esiste il pensiero assolutamente libero da premesse (indimostrabili) di qualche genere. Se qualcuno avesse dubbi i proposito, è bene che se lo tolga dalla testa.
Nel caso specifico, il postulato che pongo è semplicemente quello della intelligibilità dei fenomeni, e del cosmo nel suo complesso. Direi che è il minimo indispensabile: meno di così, si può anche fare a meno di ragionare.
Se non si postula che le cose abbiano un senso (che, come ho specificato, è la causa necessaria e sufficiente del loro esistere), allora il pensiero è già finito prima ancora di cominciare, poiché tutto può apparire così com'è semplicemente per caso, senza una ragione necessaria e sufficiente. A che pro pensarci su, allora?

Loris Bagnara

Citazione di: green demetr il 15 Marzo 2018, 14:16:20 PM
Sul fatto dell'autorevolezza non mi hai come alleato, in quanto è considerato un errore logico.

Sul punto 1 devo dire che volevo proprio rimandarti alla teosofia che ha la particolarità di essere accompagnato da un apparato scientifico (che secondo i complottisti ha provocato diverse morti per oltraggio alle accademie reali della scienza officiale).
Sto parlando delle varie Besant o di Steiner.

Purtroppo non mi sono ancora addentrato in quei territori, e sarò felice se mi vorrai dare qualche anticipazione.

Sul punto 2 devo dire che potremmo tirare in ballo l'intero pensiero filosofico occidentale, perchè se è vero che la scienza oggi e le sue idiozie riduzioniste prevalgono nei discorsi pubblici e privati, c'è stato un lunghissimo tempo in cui erano Dio e l'Uomo ad avere un significato centrale. Quindi ogni filosofo propone un senso.

Ora forse poichè non hai specificato, intendi riguardo il discorso sulla reincarnazione.

Abbiamo ragionato insieme in questo forum, sul tema della resurrezione dei corpi lato cristiano.

Abbiamo accertato come in effetti era un pensiero piuttosto diffuso nel mondo pre-filosofico.

E' normale che o è vero quello, e quindi che ogni corpo è immortale come l'anima. O solo l'anima è immortale.

Ma non vedo nel primo caso una mancanza di senso.

Anche se per parte mia, credo possa essere più interessante la seconda ipotesi, proprio perchè come dici, scioglie qualche nodo in più.
Punto 3. Hai ragione nel dire che l'autorevolezza è un errore: non si dovrebbe mai seguire una dottrina solo perché viene da fonte autorevole.
Quel che intendevo dire, è che un consenso "qualificato" molto ampio su una certa dottrina, mi pare un punto a favore di quella dottrina.
Per questo chiedevo se conoscete grandi  maestri spirituali che abbiano negato espressamente la dottrina del Karma+reincarnazione.

Punto 2. Intendevo proporre un confronto fra tre visioni: a) Karma+reincarnazione; b) visione cristiana; c) visione materialista.
Per la prima, l'anima è eterna e non creata (non ha principio né fine); per la seconda, l'anima è eterna e creata (ha un principio, ma non una fine); per la terza, l'anima non esiste.
La visione materialista e riduzionista non è in grado di spiegare il fenomeno della coscienza (ne abbiamo parlato in altri forum, ma potremo anche tornarci sopra).
Per la visione cristiana, la prima di un nutrita serie di obiezioni è la seguente: la creazione è incompatibile con l'esistenza di Dio, se si intende Dio come infinito e assoluto (altrimenti che Dio sarebbe?). "Creare" significa aggiungere qualcosa di nuovo a quel che già c'è, ma all'infinito non si può aggiungere nulla (altrimenti che infinito sarebbe?). L'unico concetto compatibile con Dio è quello di emanazione (vedi Cusano, Spinoza e altri); ma allora l'anima umana è della stessa sostanza di Dio e coeterna a Dio. Come vedete, ci siamo già avvicinati parecchio all'idea della reincarnazione. L'ultimo passo da compiere è il seguente: che ci sta a fare un'anima nell'eternità, se non per perfezionarsi? Precisamente questo è lo scopo del karma+reincarnazione.

Punto 1. L'idea di reincarnazione nella teosofia si basa su una concezione dell'essere umano articolato in diversi corpi, da quello materiale a quelli via via più sottili.
La paolina tripartizione in corpo/anima/spirito è una semplificazione efficace di questa idea, ma il catechismo cristiano l'ha poi abbandonata ritenendola troppo complessa per le masse, ed è rimasta la divisione anima/corpo.
Ora, lo spirito è la scintilla divina, il Sé; l'anima è la personalità incarnata in una specifica vita terrena; e il corpo è il veicolo.
L'anima fa esperienza attraverso il corpo e trasmette l'essenza di queste esperienze allo spirito, che è il principio che si reincarna di vita in vita (dal regno minerale al regno umano e super-umano). Corpo e anima sono perituri, lo spirito no.

bluemax

Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 11:43:18 AM
Se l'Io non sopravvive e si dissolve col corpo fisico dopo la morte, quale effettiva differenza c'è tra la reincarnazione ed il nulla?

L' IO o la sensazione di un sè, se vogliamo, non puo' sopravvivere semplicemente perchè non esiste. E' una errata percezione di una realtà inesistente.
Per quanto puoi andare a cercare questo "IO" non lo puoi mai trovare per il semplice fatto che non esiste.

Quindi non vi è nulla che DOVREBBE sopravvivere, come non vi è nulla che si dissolve se non l'errata percezione di noi stessi...

Il tuo IO non lo puoi trovare nel tuo corpo... non è nemmeno il tuo corpo. Ma non sono neppure i tuoi pensieri e neppure le tue sensazioni. Non sono i ricordi e quella sensazione granitica di un IO non è nemmeno l'insieme di tutto questo.

Non a caso dici la MIA anima... ma... MIA di chi ? :)
oppure puoi affermare i MIEI pensieri... (miei di chi ? )

il MIO oggetto (ma mio di chi ? )

e cosi' via...

quindi non c'è nulla che DOVREBBE sopravvivere perchè semplicemente non c'è :)


ciao :)

Apeiron

#9
Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 11:43:18 AM
Se l'Io non sopravvive e si dissolve col corpo fisico dopo la morte, quale effettiva differenza c'è tra la reincarnazione ed il nulla?



L'idea buddhista è che il processo non si arresta alla morte. Ma "dietro" al "processo" non c'è alcuna "essenza" che si trasmette da una vita all'altra. In sostanza la "corrente mentale" continua dopo la morte, tuttavia inquesta corrente non c'è una cosa che persiste. Ergo tra una vita e l'altra non è vero che c'è un "Io" - inteso come essenza - che sopravvive alla morte (come sostiene la dottrine dell'"eternalismo") e allo stesso modo non c'è nessun "Io" che viene dissolto alla morte (come sostiene l'"annichilazionismo").  Quindi il desiderio di annullamento e il desiderio di persistenza sono entrambi dovuti ad una "visione errata", ovvero che ci sia qualcosa che "persiste". In realtà secondo i buddhisti se ci fosse un'essenza allora questa non potrebbe mutare, cambiare e quindi il divenire sarebbe impossibile (la versione "greca" di questo è Parmenide: "l'essere è e non può non essere" - ovvero l'essere è immutabile). Dunque è proprio la "vacuità" - ovvero l'assenza di un "Io" - che permette il mutamento secondo il buddhismo. La forza "motrice" delle rinascite però è il desiderio/brama/sete (trishna) e siccome anche la migliore "esistenza" che si può avere nel circolo delle rinascite (samsara) ha una durata limitata, ogni "esistenza" di questo tipo conduce inevitabilmente alla sofferenza. In effetti secondo il buddhismo c'è un desiderio che invece è "corretto": il desiderio della cessazione della sofferenza. Ma siccome la sofferenza è intrinseca al samsara, la cessazione della sofferenza coincide con la cessazione del samsara  (nota bene che non è un desiderio di annullamento perchè questo richiede che ci sia una "essenza", un "Io").  
Ma perchè ogni rinascita ha una durata limitata? La risposta è: perchè è stata causata da determinate condizioni ed è mantenuta da determinate condizioni, come il fuoco viene innescato in determinate condizioni e continua finché le condizioni lo permettono. Una volta che le condizioni favorevoli mancano, il fuoco si spegne. Dunque per questo motivo tutto ciò che ha un inizio, finisce. Questa è la condizione di tutti i fenomeni condizionati (ovvero che dipendono da condizioni): una volta che le condizioni favorevoli alla loro continuazione finiscono, essi cessano. Quando si realizza (realizzazione che non è una comprensione intellettuale)la mancanza di essenza e l'impermanenza di ogni fenomeno condizionato la mente comincia a fermare il processo e gradualmente la "sete" si estingue. Una volta che si è completamente estinta la sete (e di conseguenza si è liberi dalle condizionamenti) alla "morte fisica" non segue più una rinascita e la liberazione è avvenuta.

Ad ogni modo la differenza "sostanziale" tra l'idea della rinascita buddhista e la reincarnazione (nelle sue varie forme) è che per il buddhismo appunto c'è la continuità di un processo e non la persistenza di un'"anima", un "Io" o quant'altro di "fisso".

(comunque anche io sono molto perplesso su come l'informazione può trasmettersi in assenza di qualcosa di "fisso" che la "contiene"...)

Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 12:04:34 PMNon vi è possibilità alcuna di fare il benché minimo ragionamento si non si parte da qualche postulato. Non esiste il pensiero assolutamente libero da premesse (indimostrabili) di qualche genere. Se qualcuno avesse dubbi i proposito, è bene che se lo tolga dalla testa. Nel caso specifico, il postulato che pongo è semplicemente quello della intelligibilità dei fenomeni, e del cosmo nel suo complesso. Direi che è il minimo indispensabile: meno di così, si può anche fare a meno di ragionare. Se non si postula che le cose abbiano un senso (che, come ho specificato, è la causa necessaria e sufficiente del loro esistere), allora il pensiero è già finito prima ancora di cominciare, poiché tutto può apparire così com'è semplicemente per caso, senza una ragione necessaria e sufficiente. A che pro pensarci su, allora?

Il problema è che ci sono moltissime altre spiegazioni possibili del "perchè esistiamo". Per esempio stando all'attuale teoria cosmologica il nostro universo ha avuto un inizio. E l'inizio potrebbe essere casuale come pensano molti scienziati. Potrebbe essere ciclico come pensa una minoranza di scienziati ma anche se è ciclico non perforza c'è la rinascita. Dunque non per forza ci deve essere un "motivo morale" o qualcosa di simile per cui non esistiamo. Infatti empiricamente nell'analisi scientifica nessuna "risposta" alla domanda "perchè esistiamo?" - se non quello della causalità fisica - è stato trovato.

Si può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Loris Bagnara

#10
Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 11:43:18 AM
Se l'Io non sopravvive e si dissolve col corpo fisico dopo la morte, quale effettiva differenza c'è tra la reincarnazione ed il nulla?
Hai centrato il punto Suttree, e su questo risponda anche a Bluemax e Apeiron.
Se eliminiamo l'idea di una sopravvivenza individuale, e parliamo dell'io come di un'illusione alimentata da aggregati psichici etc, giungiamo ad una visione che ha ben poche differenze con la visione materialista e riduzionista dei nostri giorni.
Inoltre, se non vi è una sopravvivenza individuale, che senso ha parlare di liberazione dalla catena delle rinascite (come ha fatto Buddha)? Che senso hanno le pratiche, le virtù etc etc? E' la morte la grande liberatrice: basta attenderla, e l'individuo è libero.
Ancora, se non vi è una sopravvivenza individuale, diventa del tutto casuale il genere di karma che mi ritrovo addosso, nel senso che non fui io a generarlo, ma fu un altro. Che giustizia c'è in questo?
Infine, se non vi è una sopravvivenza individuale, che me ne frega se di me resteranno degli aggregati che andranno ad attaccarsi a qualcun altro dopo di me? Tanto non sarò io. E come io mi sono beccato gli aggregati lasciati da altri, così altri si beccheranno quelli lasciati da me.

Ora, non posso credere che Buddha abbia impiegato anni di durissime pratiche e profondissime meditazioni per giungere a un risultato tanto banale.
E' evidente per me che ha inteso dire altro, e che l'insussistenza dell'io è vera solo se si intende la personalità, quella che nel post precedente ho chiamato anima; ma non lo spirito, il Sé superiore.

Suttree

Intanto vi ringrazio per le risposte  :)  Nonostante mi affascinino, è molto difficile per me seguire questi discorsi, per la mia formazione strettamente scientifica (sono un asino filosofico  :D)... mi mancano gli strumenti di base.
Di mio tendo a pensare che qualunque informazione perchè non vada dispersa necessiti di un supporto fisico. Mi piace immaginare il nostro cervello (o forse meglio l'intero corpo), come un decoder (con un mac andress unico) che riceva da un Hub e decodifichi  la sua stretta ed unica porzione di segnale, da uno generale irradiato. Non quindi creatore, ma ricevitore di coscienza. Cosa sia poi questo Hub, vallo a sapere. Ora, se così fosse, quando il decoder si arrende al secondo principio della termodinamica, anche l'informazione si disperde. A meno che... oltre a ricevere possa (finchè funzioni) anche trasmettere verso la fonte.
Tutto altamente antiscientifico, so bene  :)

Loris Bagnara

#12
Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PMSi può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.
Allora non mi leggi attentamente, Apeiron  ;) ! Non ho affatto parlato di spiegazioni religiose o teleologiche. Ho parlato di intelligibilità: ossia, ogni cosa deve avere una ragione necessaria e sufficiente che ne spieghi l'esistenza.
Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile.
A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?

Suttree

Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 13:18:30 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PM


Si può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.
Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile.
A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?

Che poi si guarda bene dal dire così, perchè la cosiddetta fluttuazione quantistica del vuoto è molto diversa dal nulla. Il vuoto quantistico in realtà è assai pieno  :) Nessuno scienziato può dire che l'universo sia emerso dal nulla, se lo dice fa un'affermazione filosofica non scientifica.

Loris Bagnara

Citazione di: bluemax il 16 Marzo 2018, 12:42:38 PM
Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 11:43:18 AM
Se l'Io non sopravvive e si dissolve col corpo fisico dopo la morte, quale effettiva differenza c'è tra la reincarnazione ed il nulla?

L' IO o la sensazione di un sè, se vogliamo, non puo' sopravvivere semplicemente perchè non esiste. E' una errata percezione di una realtà inesistente.
Per quanto puoi andare a cercare questo "IO" non lo puoi mai trovare per il semplice fatto che non esiste.

Quindi non vi è nulla che DOVREBBE sopravvivere, come non vi è nulla che si dissolve se non l'errata percezione di noi stessi...

Il tuo IO non lo puoi trovare nel tuo corpo... non è nemmeno il tuo corpo. Ma non sono neppure i tuoi pensieri e neppure le tue sensazioni. Non sono i ricordi e quella sensazione granitica di un IO non è nemmeno l'insieme di tutto questo.

Non a caso dici la MIA anima... ma... MIA di chi ? :)
oppure puoi affermare i MIEI pensieri... (miei di chi ? )

il MIO oggetto (ma mio di chi ? )

e cosi' via...

quindi non c'è nulla che DOVREBBE sopravvivere perchè semplicemente non c'è :)


ciao :)
Nulla da eccepire (si fa per dire  ;) ) purché non si voglia aggiungere che questa posizione sia supportata dalla scienza e dalla ragione, più delle altre.

Non è supportata dalla ragione, perché la sensazione non esiste di per sé: occorre un senziente.  La percezione non esiste di per sé: occorre un percipiente. L'illusione di sé non può esistere di per sé (scusate l'inevitabile pastiche): occorre un soggetto che si illude. Del resto è questo l'insegnamento del cogito ergo sum: posso ingannarmi su tutto, ma non sul fatto di essere un soggetto che su tutti il resto si inganna. Un soggetto deve esistere. Che poi questo soggetto sia eterno o no, è ancora da discutere; ma perlomeno finché esiste la vita fisica, il soggetto (io-sono) deve esistere.
E allora se esiste, da dove scaturisce? Dal nulla, al momento della nascita (o del concepimento)? Ma dal nulla non sorge nulla, lo dice la scienza (nulla si crea e nulla si distrugge)...
E poi perché dal nulla quel soggetto che sono io è tratto e proiettato proprio in quel corpo che è mio, e non in un altro (o in nessuno)? Dov'è il legame di necessità fra io-soggetto e io-corpo? Se questo legame non sussiste, siamo allora nel puro caos, nell'inintelligibile.

Non è supportata dalla scienza, perché il riduzionismo neurologico non ha dimostrato, e non lo potrà mai fare, che l'io-soggetto (io-sono) è generato dai processi cerebrali. E' correlato biunivocamente ai processi cerebrali, questo sì; ma generato, no.
Il riduzionismo si scontra con almeno una difficoltà colossale, che è la seguente: la mia identità (l'io-sono) è stabile nel tempo, ma non esiste nulla nel corpo e nel cervello che sia stabile nel tempo, a cui poter agganciare la stabilità dell'io-sono. Non c'è bisogno di soffermarsi sul fatto che il corpo materiale muta costantemente: si dice che il nostro corpo oggi non possegga più nemmeno una delle molecole che aveva sette anni fa... E allora, di che corpo parliamo? Ecco, quel che chiamiamo il nostro corpo, quello sì che è un'illusione, quello sì che non esiste...

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