Karma e reincarnazione

Aperto da Loris Bagnara, 15 Marzo 2018, 11:21:45 AM

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Loris Bagnara

Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 13:27:49 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 13:18:30 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PMSi può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.
Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile.
A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?
Che poi si guarda bene dal dire così, perchè la cosiddetta fluttuazione quantistica del vuoto è molto diversa dal nulla. Il vuoto quantistico in realtà è assai pieno  :) Nessuno scienziato può dire che l'universo sia emerso dal nulla, se lo dice fa un'affermazione filosofica non scientifica.
Infatti, concordo.
Ma, aggiungo, sia chiaro che la scienza non se la cava dicendo che esiste il vuoto quantistico e che questo può fluttuare generando entità di energia, spazio e tempo...
Perché esiste il vuoto quantistico?
Perché ha quelle precise leggi e non altre?
Perché l'esistente sottostà a delle leggi e non è semplicemente caos?

Loris Bagnara

Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 13:14:47 PM
Intanto vi ringrazio per le risposte  :)  Nonostante mi affascinino, è molto difficile per me seguire questi discorsi, per la mia formazione strettamente scientifica (sono un asino filosofico  :D)... mi mancano gli strumenti di base.
Di mio tendo a pensare che qualunque informazione perchè non vada dispersa necessiti di un supporto fisico. Mi piace immaginare il nostro cervello (o forse meglio l'intero corpo), come un decoder (con un mac andress unico) che riceva da un Hub e decodifichi  la sua stretta ed unica porzione di segnale, da uno generale irradiato. Non quindi creatore, ma ricevitore di coscienza. Cosa sia poi questo Hub, vallo a sapere. Ora, se così fosse, quando il decoder si arrende al secondo principio della termodinamica, anche l'informazione si disperde. A meno che... oltre a ricevere possa (finchè funzioni) anche trasmettere verso la fonte.
Tutto altamente antiscientifico, so bene  :)
Condivido la tua metafora, e aggiungo: l'HUB di dui parli è il nostro Sé superiore, la scintilla divina (monade), in contatto con la sorgente, il campo della coscienza universale a cui attingono tutte le monadi...
L'errore comune, invece, è quello di identificarsi con il decoder...

Apeiron

#17
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 16:39:31 PM
Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 13:27:49 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 13:18:30 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PMSi può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.
Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile. A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?
Che poi si guarda bene dal dire così, perchè la cosiddetta fluttuazione quantistica del vuoto è molto diversa dal nulla. Il vuoto quantistico in realtà è assai pieno :) Nessuno scienziato può dire che l'universo sia emerso dal nulla, se lo dice fa un'affermazione filosofica non scientifica.
Infatti, concordo. Ma, aggiungo, sia chiaro che la scienza non se la cava dicendo che esiste il vuoto quantistico e che questo può fluttuare generando entità di energia, spazio e tempo... Perché esiste il vuoto quantistico? Perché ha quelle precise leggi e non altre? Perché l'esistente sottostà a delle leggi e non è semplicemente caos?

Ok, provo a spiegarmi meglio  ;)

Non ho mai detto che secondo la cosmologia moderna l'universo viene dal "nulla" (anche se effettivamente il fisico Krauss lo ha detto). Semplicemente quello che volevo dire è che anche dire che "esistiamo per caso" è una possibile spiegazione. Semplicemente il nostro universo è "nato" e noi esistiamo come effetto dell'evoluzione naturale senza "tirare in ballo" un Creatore o il karma o quant'altro. Uno può non essere d'accordo con la visione "materialista", tuttavia bisogna riconoscere che dal punto di vista scientifico è ineccepibile. Come ho detto altrove non sono d'accordo con essa nemmeno io, però posso ben capire perchè pensatori di tutto rispetto abbracciano una visione di questo tipo.

cit Loris Bagnara
Allora non mi leggi attentamente, Apeiron   ! Non ho affatto parlato di spiegazioni religiose o teleologiche. Ho parlato di intelligibilità: ossia, ogni cosa deve avere una ragione necessaria e sufficiente che ne spieghi l'esistenza.

Secondo me invece il caso è una possibile spiegazione, validissima dal punto di vista scientifico. Se però cominciamo ad analizzare la dimensione dell'etica, per esempio, comincia secondo me a vacillare. ;)


Riguardo al buddhismo...

cit Loris Bagnara
Ora, non posso credere che Buddha abbia impiegato anni di durissime pratiche e profondissime meditazioni per giungere a un risultato tanto banale.
E' evidente per me che ha inteso dire altro, e che l'insussistenza dell'io è vera solo se si intende la personalità, quella che nel post precedente ho chiamato anima; ma non lo spirito, il Sé superiore.

Secondo le scritture buddhiste Buddha non ha trovato un "Sé superiore".  Secondo il buddhismo le dottrine che parlano di un "Sé" contengono una traccia di quel desiderio di "persistenza" che mantiene in essere il samsara.
Una spiegazione della posizione della scuola Theravada la puoi trovare in questi due eccellenti post di @Sariputra: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbio-ltlt-mentale-gtgt/msg18256/#msg18256, https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbio-ltlt-mentale-gtgt/msg18257/#msg18257  

Ad ogni modo Buddha nega anche l'esistenza di un "principio originatore di tutte le cose", ovvero di una "causa ontologica" di tutte le cose. In sostanza mentre l'advaita ritiene che Brahman sia "il Sole dell'esistenza" (ovvero la causa di tutto, così come il Sole rende luminose le nostre giornate e ci trasferisce il calore necessario alla vita) e che il nostro "vero Sé" sia Brahman, il buddhismo vede la posizione dell'advaita come dovuta ad un desiderio di "persistenza" molto "sottile". Nel buddhismo infatti la liberazione non è data dalla conoscenza del "vero Sé", bensì dalla completa estinzione del processo di identificazione. Inoltre come dicevo prima non c'è "causa prima" (di nessun tipo, nemmeno di quelle più "filosofiche").
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 12:04:34 PMNon vi è possibilità alcuna di fare il benché minimo ragionamento si non si parte da qualche postulato. Non esiste il pensiero assolutamente libero da premesse (indimostrabili) di qualche genere. Se qualcuno avesse dubbi i proposito, è bene che se lo tolga dalla testa.
Nel caso specifico, il postulato che pongo è semplicemente quello della intelligibilità dei fenomeni, e del cosmo nel suo complesso. Direi che è il minimo indispensabile: meno di così, si può anche fare a meno di ragionare.
Se non si postula che le cose abbiano un senso (che, come ho specificato, è la causa necessaria e sufficiente del loro esistere), allora il pensiero è già finito prima ancora di cominciare, poiché tutto può apparire così com'è semplicemente per caso, senza una ragione necessaria e sufficiente. A che pro pensarci su, allora?
Sono d'accordo sulla necessità di ipotizzzare dei postulati, ma a questo punto mi nasce un dubbio: che differenza c'è tra ipotizzare karma e reincarnazione, dando il via a tutti i ragionamenti e approfondimenti che ne conseguono, e ipotizzare che gli elefanti volano, dando il via a tutti i ragionamenti e approfondimenti che ne conseguono?

iano

#19
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 16:39:31 PM
Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 13:27:49 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 13:18:30 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PMSi può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.
Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile.
A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?
Che poi si guarda bene dal dire così, perchè la cosiddetta fluttuazione quantistica del vuoto è molto diversa dal nulla. Il vuoto quantistico in realtà è assai pieno  :) Nessuno scienziato può dire che l'universo sia emerso dal nulla, se lo dice fa un'affermazione filosofica non scientifica.
Infatti, concordo.
Ma, aggiungo, sia chiaro che la scienza non se la cava dicendo che esiste il vuoto quantistico e che questo può fluttuare generando entità di energia, spazio e tempo...
Perché esiste il vuoto quantistico?
Perché ha quelle precise leggi e non altre?
Perché l'esistente sottostà a delle leggi e non è semplicemente caos?
Esiste una netta distinzione fra ciò che non ha senso è ciò che ha senso , in quanto per passare dall'uno all'altro è necessario un percorso che non si chiuda su se stesso.
Sembrerebbe quindi che ciò che ha senso lo derivi da ciò che non ne ha , a meno che non si riguardi a quel percorso come a qualcosa di più di un semplice espediente logico.
Ma in che senso ciò che non ha senso non ce l'ha.😅
La fisica quantistica sembra volerci suggerire , anche dal punto di vista filosofico , che il cosiddetto spazio un senso ce l'ha. Non sarebbe corretto quindi identificare lo spazio con ciò che non è , aggiungendo magari a questo il termine vuoto.
Il fatto che la fisica quantistica ammetta l'esistenza del puro caos (non quindi qualcosa che semplicemente ci appare come caos ) è certamente una rivoluzione sorprendente.
L'unico modo che intravedo per dare senso al caos è quello di dare un diverso senso , fino a togliere senso , alle cosiddette leggi a cui l'esistente sottostà .Voglio intendere con ciò che caos e leggi hanno lo stesso padre e lo stesso diritto di esistere.Un parto gemellare in sostanza.
Se esistono le leggi allora esiste il caos.
Se l'esistenza del caos ci è sempre apparsa come problematica , altrettanto dovrebbe apparirci l'esistenza delle leggi.
Il dolore un senso ce l'ha ed è legato all'istinto di conservazione.
Esso ci allarma sul l'esistenza di un probabile problema che chiede una soluzione.
Se fuggire dal dolore significa risolvere il problema , bene.
Fuggire dal dolore in se' senza risolvere il problema invece , male.
Le filosofie orientali credo ci insegnino che a volte là soluzione è molto semplice , in quanto siamo stati noi stessi a mettere in moto la causa che ha portato al dolore , e quando abbiamo acquisito consapevolezza di ciò , non c'è niente di più facile del disfare ciò che noi stessi abbiamo fatto.
Una vita priva di dolori e quindi priva di problemi è un paradiso in terra , ed è ciò che dovremmo perseguire , anche se non sembra impresa tanto facile.
Non trovo altro da aggiungere a ciò se non quello che il fascino e l'autorevolezza di certi maestri sembri aggiungere , ciò che ha il senso di una empatia , che in se' non ha nulla di male , ovviamente.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Loris Bagnara

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Marzo 2018, 00:32:02 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 12:04:34 PMNon vi è possibilità alcuna di fare il benché minimo ragionamento si non si parte da qualche postulato. Non esiste il pensiero assolutamente libero da premesse (indimostrabili) di qualche genere. Se qualcuno avesse dubbi i proposito, è bene che se lo tolga dalla testa.
Nel caso specifico, il postulato che pongo è semplicemente quello della intelligibilità dei fenomeni, e del cosmo nel suo complesso. Direi che è il minimo indispensabile: meno di così, si può anche fare a meno di ragionare.
Se non si postula che le cose abbiano un senso (che, come ho specificato, è la causa necessaria e sufficiente del loro esistere), allora il pensiero è già finito prima ancora di cominciare, poiché tutto può apparire così com'è semplicemente per caso, senza una ragione necessaria e sufficiente. A che pro pensarci su, allora?
Sono d'accordo sulla necessità di ipotizzzare dei postulati, ma a questo punto mi nasce un dubbio: che differenza c'è tra ipotizzare karma e reincarnazione, dando il via a tutti i ragionamenti e approfondimenti che ne conseguono, e ipotizzare che gli elefanti volano, dando il via a tutti i ragionamenti e approfondimenti che ne conseguono?
Mi vedo costretto a ripetere per la quarta volta, mi pare, questo concetto: quel che io postulo NON è karma+reincarnazione, ma è l'intelligibilità del cosmo. In poche parole: l'esistenza di ogni fenomeno deve avere una ragione necessaria e sufficiente.
E' l'affermazione della validità assoluta del principio di causalità, senza eccezioni.
Da questa premessa, ne deriva un criterio razionale che ci consente di scegliere le dottrine filosofiche che sono più efficaci nel fornire ragioni necessarie e sufficienti ai fenomeni che sperimentiamo e al cosmo nel suo complesso. Spero sia chiaro, ora.

Loris Bagnara

#21
Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 19:46:26 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 16:39:31 PM
Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 13:27:49 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 13:18:30 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PMSi può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.
Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile. A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?
Che poi si guarda bene dal dire così, perchè la cosiddetta fluttuazione quantistica del vuoto è molto diversa dal nulla. Il vuoto quantistico in realtà è assai pieno :) Nessuno scienziato può dire che l'universo sia emerso dal nulla, se lo dice fa un'affermazione filosofica non scientifica.
Infatti, concordo. Ma, aggiungo, sia chiaro che la scienza non se la cava dicendo che esiste il vuoto quantistico e che questo può fluttuare generando entità di energia, spazio e tempo... Perché esiste il vuoto quantistico? Perché ha quelle precise leggi e non altre? Perché l'esistente sottostà a delle leggi e non è semplicemente caos?

Ok, provo a spiegarmi meglio  ;)

Non ho mai detto che secondo la cosmologia moderna l'universo viene dal "nulla" (anche se effettivamente il fisico Krauss lo ha detto). Semplicemente quello che volevo dire è che anche dire che "esistiamo per caso" è una possibile spiegazione. Semplicemente il nostro universo è "nato" e noi esistiamo come effetto dell'evoluzione naturale senza "tirare in ballo" un Creatore o il karma o quant'altro. Uno può non essere d'accordo con la visione "materialista", tuttavia bisogna riconoscere che dal punto di vista scientifico è ineccepibile. Come ho detto altrove non sono d'accordo con essa nemmeno io, però posso ben capire perchè pensatori di tutto rispetto abbracciano una visione di questo tipo.

cit Loris Bagnara
Allora non mi leggi attentamente, Apeiron   ! Non ho affatto parlato di spiegazioni religiose o teleologiche. Ho parlato di intelligibilità: ossia, ogni cosa deve avere una ragione necessaria e sufficiente che ne spieghi l'esistenza.

Secondo me invece il caso è una possibile spiegazione, validissima dal punto di vista scientifico. Se però cominciamo ad analizzare la dimensione dell'etica, per esempio, comincia secondo me a vacillare. ;)


Riguardo al buddhismo...

cit Loris Bagnara
Ora, non posso credere che Buddha abbia impiegato anni di durissime pratiche e profondissime meditazioni per giungere a un risultato tanto banale.
E' evidente per me che ha inteso dire altro, e che l'insussistenza dell'io è vera solo se si intende la personalità, quella che nel post precedente ho chiamato anima; ma non lo spirito, il Sé superiore.

Secondo le scritture buddhiste Buddha non ha trovato un "Sé superiore".  Secondo il buddhismo le dottrine che parlano di un "Sé" contengono una traccia di quel desiderio di "persistenza" che mantiene in essere il samsara.
Una spiegazione della posizione della scuola Theravada la puoi trovare in questi due eccellenti post di @Sariputra: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbio-ltlt-mentale-gtgt/msg18256/#msg18256, https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbio-ltlt-mentale-gtgt/msg18257/#msg18257  

Ad ogni modo Buddha nega anche l'esistenza di un "principio originatore di tutte le cose", ovvero di una "causa ontologica" di tutte le cose. In sostanza mentre l'advaita ritiene che Brahman sia "il Sole dell'esistenza" (ovvero la causa di tutto, così come il Sole rende luminose le nostre giornate e ci trasferisce il calore necessario alla vita) e che il nostro "vero Sé" sia Brahman, il buddhismo vede la posizione dell'advaita come dovuta ad un desiderio di "persistenza" molto "sottile". Nel buddhismo infatti la liberazione non è data dalla conoscenza del "vero Sé", bensì dalla completa estinzione del processo di identificazione. Inoltre come dicevo prima non c'è "causa prima" (di nessun tipo, nemmeno di quelle più "filosofiche").
Non sono affatto d'accordo: affermare che l'universo possa esistere "per caso" è eccepibilissimo proprio dal punto di vista scientifico, proprio in relazione alle premesse da cui parte la scienza. E' una soluzione di comodo per non sentirsi tenuti a fornire spiegazioni.

Innanzitutto il "caso", a ben vedere, non è altro che un'etichetta data ai fenomeni non conosciamo esaurientemente, e che quindi noi approcciamo con alcuni strumenti matematici che ci consentono una conoscenza approssimativa dei fenomeni in questione. Dunque, applicare all'universo l'etichetta del "caso" significa semplicemente riconoscere che non conosciamo esaurientemente l'universo. Bella spiegazione, no?
E poi il caso, operativamente, è legato all'approccio matematico-probabilistico, ma la vedo veramente dura applicare questo approccio all'esistenza dell'universo. Quante sono le probabilità che l'universo esista? Qual è la popolazione statistica che esaminiamo per valutare le probabilità che l'universo esista, rispetto alla sua non esistenza? E' evidente che sono domande prive di senso, perché appunto è priva di senso l'etichetta di casualità applicata all'universo.

Aggiungo questo. La scienza afferma il principio di causalità, e lo applica implacabilmente a tutti i fenomeni. Poi, giunta al fenomeno dei fenomeni, l'universo... be', qui no, qui se ne può anche fare a meno, qui basta invocare il caso, e magari anche un po' di fortuna... Dov'è la coerenza? Se SI afferMA il principio di causalità, lo si deve fare senza eccezionI, e poi trarne tutte le necessarie conseguenze logiche.

Postilla. Nemmeno la meccanica quantistica può essere chiamata in causa per legittimare scientificamente il caso. una delle più brillanti interpretazioni della meccanica quantistica, quella di David Bohm, afferma che sotto l'apparente causalità c'è l'ordine implicito che non siamo in grado di percepire...

Postilla 2. In risposta all'ultimo messaggio di Iano. Sulla meccanica quantistica, vedi sopra. Sul rapporto fra caos e leggi, a mio avviso l'esistenza di leggi è più problematica del caos. Troverei più "naturale" l'esistenza del puro caos, che non un cosmo (etimologicamente: "ordine").

Angelo Cannata

Citazione di: Loris Bagnara il 17 Marzo 2018, 09:28:50 AMMi vedo costretto a ripetere per la quarta volta, mi pare, questo concetto: quel che io postulo NON è karma+reincarnazione, ma è l'intelligibilità del cosmo. In poche parole: l'esistenza di ogni fenomeno deve avere una ragione necessaria e sufficiente.
E' l'affermazione della validità assoluta del principio di causalità, senza eccezioni.
Da questa premessa, ne deriva un criterio razionale che ci consente di scegliere le dottrine filosofiche che sono più efficaci nel fornire ragioni necessarie e sufficienti ai fenomeni che sperimentiamo e al cosmo nel suo complesso. Spero sia chiaro, ora.

Non si tratta di intelligibilità neutrale: è un'intelligibilità intesa in un senso ben preciso: intelligibilità a certi schemi della mente umana.

Questo mi fa sorgere un'altra domanda. Un contadino, in base ai propri schemi, potrebbe sostenere che madre natura ha formato le mucche con lo scopo di essere munte da mani umane. Che differenza ci sarebbe tra l'intelligibilità postulata dal filosofo e questo tipo di intelligibilità postulata dal contadino? La risposta mi sembra non troppo difficile: il filosofo sottopone il proprio postulato a critica. Ma facendo questo non tarderà ad accorgersi che questa stessa critica non può fare a meno di essere dettata, guidata, proprio dalla stessa razionalità, dalla stessa intelligibilità che essa intende criticare.

Anche in questo caso il filosofo può fare la differenza: egli prende atto di questa situazione, prende atto del fatto che qualsiasi intelligibilità viene a risultare una gabbia, come ho già detto sopra, e allora porterà avanti tutti i ragionamenti con consapevolezza di questa inevitabile, dovuta, necessaria, modestia, umiltà.
Ciò è diverso da quello che invece hai scritto sopra.

Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 12:04:34 PMNon vi è possibilità alcuna di fare il benché minimo ragionamento si non si parte da qualche postulato. Non esiste il pensiero assolutamente libero da premesse (indimostrabili) di qualche genere. Se qualcuno avesse dubbi i proposito, è bene che se lo tolga dalla testa.
Nel caso specifico, il postulato che pongo è semplicemente quello della intelligibilità dei fenomeni, e del cosmo nel suo complesso. Direi che è il minimo indispensabile: meno di così, si può anche fare a meno di ragionare.
Se non si postula che le cose abbiano un senso (che, come ho specificato, è la causa necessaria e sufficiente del loro esistere), allora il pensiero è già finito prima ancora di cominciare, poiché tutto può apparire così com'è semplicemente per caso, senza una ragione necessaria e sufficiente. A che pro pensarci su, allora?

In base a ciò che hai scritto, consegue che, visto che senza pretese non è possibile fare ragionamenti, allora facciamoli pure con le inevitabili pretese, altrimenti ci condanniamo a non pensare.

Questo mi fa tornare la barzelletta, che ho già citato in altre occasioni, sui carabinieri che cercarono le chiavi non sul posto in cui le avevano perse, ma in un altro in cui c'era più luce per poterle cercare.

Cioè, se un pensare mi mette di fronte dei problemi, che senso ha accantonare i problemi e tirare dritto, ritenendo che altrimenti diventa impossibile pensare? Non è ovvio che si tratterà di un pensare vigliacco, cieco, che pur di esistere ha preferito svignarsela dal confronto con le difficoltà? Diventa curioso immaginare cosa sarebbe successo se gli scienziati e pensatori di ogni tempo avessero adottato questo modo di procedere. La radice quadrata di un numero negativo è impossibile? E che problema c'è? Basta tirare dritto come se il problema non esistesse, altrimenti diventa impossibile fare matematica, far di conto. Le osservazioni fanno sospettare che sia la terra a girare intorno al sole? E che problema c'è? Basta ignorare la questione, altrimenti diventa impossibile pensare che l'uomo conti qualcosa in questo mondo.

Ma l'uomo, il filosofo, lo scienziato, non ha fatto così nella storia, ha preferito il coraggio, affrontare di petto le questioni perché è lì la chiave per progredire, non nel tirare dritto decidendo di ignorarle.

Chi ha detto che non partendo da postulati diventi impossibile il benché minimo ragionamento? La risposta è facile: può diventare impossibile un certo tipo di ragionamento, perché magari non si riesce ad immaginarne altri. Ecco che allora la difficoltà, piuttosto che venire vigliaccamente accantonata pur di salvaguardare la tradizione di un metodo di ragionamento fossilizzato, incapace di misurarsi con le difficoltà, viene assunta come preziosissimo strumento di arricchimento, crescita, avanzamento, superamento. È questo che da sempre la scienza si sforza di fare di fronte ai problemi che mettono in crisi i suoi fondamenti.

Quanto vale un ragionare che, di fronte alle difficoltà delle proprie premesse, sceglie la strada di ignorarle? Potrà ancora essere considerato un ragionare degno di questo nome? Che risultati ci si può aspettare da un ragionare che ha scelto di non misurarsi con sé stesso, con le difficoltà derivanti dalla propria stessa applicazione?

Ignorando le difficoltà critiche del tuo pensare, stai automaticamente cercando di salvare non il ragionare, ma il tuo ragionare, non il pensare, ma il tuo modo di pensare. Ma questo è il metodo scelto da sempre da coloro che non hanno saputo misurarsi con la necessità di aggiornarsi, progredire, evolversi: il metodo della forza, della prepotenza e dell'ignoranza.

Angelo Cannata

A scanso di equivoci, vorrei precisare che non intendo accusarti di alcunché, visto che ho parlato di forza, prepotenza, ignoranza: intendo dire che certe vie di pensiero conducono a certi risultati senza che ci se ne accorga, senza che se ne abbia la minima intenzione. In questo senso magari tu gestirai con attenzione e prudenza questo modo ragionare, ma esso, di per sé, condurrà comunque altri, se non te, al criterio di usare forza, prepotenza e ignoranza, perchè è comunque esso ad indurre questo tipo di posizioni anche in chi non è predisposto a farlo.
Sia chiaro quindi che non intendo affatto tacciarti di prepotenza: ciò di cui sto parlando non sei tu, ma un metodo di pensiero. Non sto discutendo di persone, ma di modi di pensare.

Loris Bagnara

#24
Angelo, io non parlo di "scopi", parlo di "cause" (vedi il tuo esempio delle mucche e del contadino).
Non dico che le cose devono avere uno scopo: dico che devono avere una causa.
Detto questo, però, non dico quale causa debba avere. Ognuno troverà la sua soluzione.
Io mi limito a dire che non ci si può sottrarre dal trovare le cause (spiegazioni) dei fenomeni.
Mi limito a dire che non esiste il caso, ma solo cause.

Quanto al discorso sui postulati etc la cosa più semplice è sfidarti simpaticamente a un duello   8)  :
tu mi porti una dottrina filosofica, o una visione del mondo, o una semplice concezione etc, quel che ti pare,
che NON parta da una qualche premessa non dimostrabile, e hai vinto.
D'accordo?  ;)

Angelo Cannata

È il concetto di causa a venir messo in discussione da sé stesso, perché, se voglio davvero adoperarlo in maniera completa, non posso evitare di chiedermi da cosa sia stato causato il mio ricorso al concetto di causa. Cioè, qualunque concetto io adoperi per comprendere il mondo, non posso fare a meno di ritrovarmi sempre, alla fine, io stesso parte di quel concetto e quindi quel concetto è inevitabilmente dipendente da me e inquinato dalla presenza, dentro di esso, di me che lo sto comprendendo. Viene fuori che, quando parlo del concetto di causa, in realtà non sto parlando del mondo, ma sto parlando di una mia invenzione, una mia fantasia per tentare di dominarlo e convincermi che esso esiste e non è una mia fantasia.

Possiamo entrare più in dettaglio nella questione del concetto di causa: esso non indica altro che una sequenza temporale di eventi. Se cerco "causa" nel vocabolario, esso mi rinvia al verbo "determinare", ma se poi cerco "determinare", il vocabolario mi dice "essere causa"; questo mi mostra che il concetto di causa non ha niente di chiaro, quindi assumerlo come postulato non significa solo assumere un principio che manca di basi dimostrative; significa assumere un principio che in realtà è privo di qualsiasi significato. Possiamo solo dire che nella nostra vita concreta osserviamo il ripetersi di certe sequenze e per ricordarci che certe sequenze vanno sempre a coppia ci siamo inventati un concetto che non è più chiaro del parlare di elefanti volanti. Per esempio, ogni volta che do un calcio ad un pallone, esso, non si sa per quale motivo, scappa via dai miei piedi. Il perché, il senso di questo susseguirsi di fenomeni, non l'ha mai saputo spiegare nessuno. Se chiedo lumi alla fisica, essa non farà altro che rinviarmi a modi più schematici di far riferimento ancora al concetto di causa, ma è pur sempre un riferimento che non viene mai radicalmente chiarito.

Così come più sopra hai criticato il concetto di "caso", quello di causa non è da meno, è pura fantasia umana, non meno fantasiosa di qualsiasi favola per bambini.

Lo stesso vale per il concetto di dimostrazione e per qualsiasi concetto.

La critica di tutto ciò, nonostante tutto, non abolisce affatto il pensare; essa mette soltanto in questione un certo modo ben preciso di pensare.

È come per le geometrie non euclidee: se ci si fosse bloccati a ritenere che senza il postulato di Euclide non sarebbe stata possibile alcuna geometria, non si sarebbe mai scoperto che possono esistere benissimo anche geometrie non euclidee.

Questo consente di comprendere anche il duello che mi proponi: cioè, mi stai dicendo "Se riuscirai a smontare i miei schemi a patto di mantenerti al loro interno, avrai vinto". Ma il problema è proprio questo: uno schema non può mai essere superato se ci s'impone come condizione di mantenersi all'interno di esso. Le geometrie non euclidee non si sarebbero mai potute scoprire se ci si fosse imposto che per smontarle lo si sarebbe dovuto fare mantenendosi comunque all'interno di quella euclidea. È come se tu mi dicessi "Se riuscirai a farmi uscire dalla mia gabbia, a patto di entrarci tu, allora avrai vinto". Ma in filosofia i passi avanti sono stati fatti proprio perché si è avuto il coraggio di non porre come condizione il mantenersi all'interno di un pensiero tradizionale, ma piuttosto esplorare vie alternative, a costo di sentirsi inizialmente spaesati, disorientati.

La ricetta che tu proponi è invece l'ideale per bloccarsi in un unico modo di pensare e autoimpedirsi di scoprirne altri.

Loris Bagnara

#26
Angelo, cerco di essere più chiaro possibile, perché tutto quello che hai scritto mi fa capire che non ci siamo ancora intesi.

I miei schemi, la mia gabbia etc non c'entrano assolutamente nulla. Quel che io penso non ha alcuna importanza.

Il problema che pongo invece è questo: se tu ritieni che si possa pensare facendo a meno di una premessa INDIMOSTRABILE,
ti invito a propormi un esempio, uno qualsiasi, di tua scelta,
Trovami un esempio di ragionamento che stia in piedi senza premesse indimostrabili, e hai vinto tu.

Io non ti sto invitando a entrare nella mia gabbia, ti sto invitando a vedere la TUA gabbia...

PS. Tutte le geometrie, sia quella euclidea che quelle non, partono da un postulato, quello delle rette parallele, di cui ciascuna geometria propone una diversa formulazione, tutte indimostrabili. Elimina il postulato, ed elimini pure tutta la geometria alla radice.

Angelo Cannata

Io non ho dubbi di essere a mia volta nella mia gabbia ed è per questo che porto avanti ogni mia idea cercando di non dimenticare che si tratta solo di mie fantasie. Il problema mi nasce quando vedo che altri propongono le loro idee provando a ipotizzare che non si tratti di fantasie. In questi casi provo a far vedere, come ho fatto adesso, che anch'esse sono pura fantasia.

Apeiron

#28
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Marzo 2018, 10:04:37 AM

Non sono affatto d'accordo: affermare che l'universo possa esistere "per caso" è eccepibilissimo proprio dal punto di vista scientifico, proprio in relazione alle premesse da cui parte la scienza. E' una soluzione di comodo per non sentirsi tenuti a fornire spiegazioni.

Innanzitutto il "caso", a ben vedere, non è altro che un'etichetta data ai fenomeni non conosciamo esaurientemente, e che quindi noi approcciamo con alcuni strumenti matematici che ci consentono una conoscenza approssimativa dei fenomeni in questione. Dunque, applicare all'universo l'etichetta del "caso" significa semplicemente riconoscere che non conosciamo esaurientemente l'universo. Bella spiegazione, no?
E poi il caso, operativamente, è legato all'approccio matematico-probabilistico, ma la vedo veramente dura applicare questo approccio all'esistenza dell'universo. Quante sono le probabilità che l'universo esista? Qual è la popolazione statistica che esaminiamo per valutare le probabilità che l'universo esista, rispetto alla sua non esistenza? E' evidente che sono domande prive di senso, perché appunto è priva di senso l'etichetta di casualità applicata all'universo.

Aggiungo questo. La scienza afferma il principio di causalità, e lo applica implacabilmente a tutti i fenomeni. Poi, giunta al fenomeno dei fenomeni, l'universo... be', qui no, qui se ne può anche fare a meno, qui basta invocare il caso, e magari anche un po' di fortuna... Dov'è la coerenza? Se SI afferMA il principio di causalità, lo si deve fare senza eccezionI, e poi trarne tutte le necessarie conseguenze logiche.

Postilla. Nemmeno la meccanica quantistica può essere chiamata in causa per legittimare scientificamente il caso. una delle più brillanti interpretazioni della meccanica quantistica, quella di David Bohm, afferma che sotto l'apparente causalità c'è l'ordine implicito che non siamo in grado di percepire...

Postilla 2. In risposta all'ultimo messaggio di Iano. Sulla meccanica quantistica, vedi sopra. Sul rapporto fra caos e leggi, a mio avviso l'esistenza di leggi è più problematica del caos. Troverei più "naturale" l'esistenza del puro caos, che non un cosmo (etimologicamente: "ordine").

In realtà l'interpretazione "standard" della meccanica quantistica dice che gli eventi quantistici sono appunto casuali, nel senso che sono "probabilistici". Ma il probabilismo non è contrario alla causalità: infatti, possiamo dire che il mio atto di misura causa il fatto che trovo un risultato probabilistico. Non vedo niente di "logicamente" errato in tutto ciò. Analogamente, possiamo pensare che il nostro universo è in realtà nato probabilisticamente come una fluttuazione quantistica. Riguardo alla  question della probabilità, possiamo pensare al multiverso e in tal caso il nostro "universo" è solo uno dei tanti esistenti e quindi l'argomento antropico diventa una tautologia.

Quando parlavo di "caso" in effetti mi riferivo ad un preciso "ordine", quello probabilistico. Perdona l'imprecisione linguistica  :)

Non sto dicendo che le tue obiezioni non sono giuste (infatti io stesso sono contrario al "multiverso", per esempio) tuttavia se vogliamo fare una discussione filosofica dobbiamo o dimostrare che certi ipotesi sono errate dal punto di vista logico. Se non riusciamo a farlo possiamo discutere la ragionevolezza di esse. Sinceramente preferisco discutere la "ragionevolezza", visto che nemmeno il solipsismo secondo me si può dimostrare errato. I tuoi argomenti infatti sembrano rivolti a far vedere i problemi della posizione per cui siamo frutti del puro caso (e con ciò sono d'accordo) ma non possono dimostrare che sia errata o incoerente.

P.S. Ho fatto una piccola modifica
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Loris Bagnara

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Marzo 2018, 12:54:28 PM
Io non ho dubbi di essere a mia volta nella mia gabbia ed è per questo che porto avanti ogni mia idea cercando di non dimenticare che si tratta solo di mie fantasie. Il problema mi nasce quando vedo che altri propongono le loro idee provando a ipotizzare che non si tratti di fantasie. In questi casi provo a far vedere, come ho fatto adesso, che anch'esse sono pura fantasia.
Lo scetticismo radicale è un bel giochino, ma dopo un po' stufa, perché ti rendi conto che con quello non si costruisce nulla.
E poi anche lo scettico radicale nella realtà quotidiana si comporta come fan tutti, e cioè con quel sano buon senso che
ti fa seguire il principio di causalità. Perché lo scettico ha un bel dire a negarlo, ma se lo nega, e ad esempio tira dritto contro un muro, si fa male anche se non ci crede...

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