Karma e buddismo Tibetano

Aperto da bluemax, 02 Novembre 2016, 15:07:45 PM

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bluemax

Spero sia la sezione giusta, ma sopratutto spero in qualche risposta...

Studiando buddismo tibetano, abbiamo finalmente affrontato il concetto di Karma. Ossia ogni cosa nell'universo, sia esso pensiero, parola, azione generano delle conseguenze (a seconda delle condizioni) ed è PERSONALE.
Da notare che quando parliamo di condizioni, ci riferiamo spesso ad altre SITUAZIONI AMBIENTALI (se vogliamo karma) spesso create da altre persone. Abbiamo poi affrontato il concetto di Karma positivo e karma negativo e quindi il concetto di "raccolto" in base alla "semina" (passatemi questa metafora). Quindi abbiamo discusso le tematiche secondo le quali si potrebbe "purificare" il karma.

Arrivo alle domande.

1) Il karma o meglio legge di causalità, secondo me, a differenza di quello detto, è solo in minima parte "PERSONALE" (in questo caso vi è, secondo me, contraddizione. Da decidere... o il karma è personale e quindi esiste un IO INDIPENDENTE, oppure esiste un IO come manifestazione di interdipendenza con il resto dell'universo ma questo è altro discorso). Quasi la totalità delle volte ogni "situazione" che si viene a creare non è solo frutto di volontà ma il risultato di numerose volontà modificate dall'ambiente in cui gli effetti della causalità avvengono. Per fare un esempio (stupido, ammetto) come se tutti fossimo in un enorme acquario ed ogni movimento della pinna di un pesce avesse riverbero con onde su tutti i pesci nell'acquario che a loro volta, essendone influenzati hanno una reazione (quindi nuove azioni) ad esso e cosi' via). Da notare che non esiste mai un ISTANTE in cui si sperimenta il risultato di una azione ma vi è una costante continuità di "risultati" karmici nel tempo. In altre parole non è possibile individuare un "frutto" della semina perchè tale frutto diventa immediatamente concausa di altre situazioni.
In altre parole, data la freccia temporale, determinata da un susseguirsi di cause ed effetti che parte da A per arrivare a Z:

A---b---c---d....   ----Z ----> ecc... ecc...

A è causa di B ma lo è anche di C, D, e ecc... ecc... quindi in ogni "risultato" è presente la PRIMA CAUSA e cosi' via all'infinito.
Quindi... se D è effetto di C e C di A e cosi' via, si puo' dire che Z è comunque effetto di A. Il karma quindi non matura mai ma si autoalimenta. In altre parole, Z non è altro che A modificato e non distinto da esso. Quindi Maturare in realtà significa evolvere dato che non vi è mai uno stato finale (positivo o negativo) ?


2) Trovo il concetto di causalità molto naturale e chiaro. Cio' che non è assolutamente chiaro invece è il concetto di POSITIVO e NEGATIVO. A mio avviso la legge di causalità non è ne positiva ne negativa, è semplicemente ciò che avviene e nulla di piu'. Il concetto di POSITIVO o NEGATIVO è qualcosa che la nostra mente (quella famosa illusione di coscienza intrinseca in 'quasi' ogni essere umano) vi associa nel momento in cui sperimenta una certa situazione. In altre parole un risultato risulta essere piacevole o spiacevole a seconda dello stato della mente in quell'istante. Ecco quindi che possiamo sforzarci quanto vogliamo nel "credere" di fare qualcosa di positivo o negativo, ma tale "qualità" è del tutto soggettiva. Non ha alcun senso attribuire tale "qualità" ad un effetto dato che tale qualità cambia a seconda dello stato mentale di colui che giudica il risultato di un effetto. Tale qualità attribuita assume un senso unicamente per autogratificazione del proprio ego illusorio. (sono migliore perchè ho fatto una cosa che reputo a mio insindacabile giudizio, positiva quindi, mi sento migliore, quindi, bene).
Che senso ha quindi parlare di Karma Positivo o Negativo se in realtà queste qualità sono del tutto soggettive per chi lo sperimenta e non obbiettive ?

3) Trovo la "purificazione" del karma un qualcosa simile al voler attenuare i propri sensi di colpa (che nel buddismo ho capito non esistere) pensando che tali "rituali" (passatemi il termine, non vuole essere offensivo) possano in qualche modo modificare gli effetti di una azione. Sinceramente penso che l'unico modo per modificare un qualsiasi effetto casusale (karmico) sia tramite una "azione" piu' veloce di quella che ha messo in atto un determinato effetto. Faccio un esempio. Se lancio una pietra a "Mario Rossi" e subito dopo mi rendo conto che i suoi effetti siano negativi anche per me (pentimento dell'azione dell'io illusorio) sul possibile risultato, ho un unico metodo per evitare il risultato causale, ossia quello di agire con una azione piu' veloce... per esempio, urlando "Mario, ATTENDO, SPOSTATI !! ".
Se non ho capito male il rituale di purificazione serve unicamente per scongiurare una rinascita infelice (l' ego ?) ma non per "mitigare" gli effetti di una azione (che non è possibile mitigare, sempre se mitigare abbia un senso al di fuori del giudizio personale o lo si voglia usare come IDEA per regolare una certa ETICA che ha un senso solo nella testa di una persona e non al di fuori di essa). Ma questa "purificazione" non ha carattere meritorio ? E soprattuto, riguardo al concetto di rinascita in uno dei 6 reami. Ho letto che il concetto di tali stati di rinascita erano già presenti nell'induismo prima dell' avvento del buddismo (ovviamente influenzato dalla cultura presente in quel tempo). Sono stati "ereditati" da esso ? Posso capire che i reami al di fuori di quello animale ed umano debbano essere accettati per fede, ma, il reame "umano" come viene spiegato dal fatto che (oggi) sappiamo che l'uomo è su questo pianeta da pochissimo tempo mentre il suo precedente stato "animale" era presente già da centinaia di migliaia di anni ?

4) Trovo la legge di causalità di una purezza e semplicità estrema, tutto quel che accade nell'universo è una concausa di tutto cio' che immediatamente dopo accade (la legge dell'entropia ne è responsabile, dando l'illusione che vi sia un TEMPO pieno di istanti susseguenti invece il tempo lo possiamo "assaggiare" grazie allo sperimentare continuamente l'entropia. Come disse Einstein, il tempo non esiste. La conclusione è che il principio di causa-effetto esiste ed opera, ma non è universale. Ma questo è altro discorso). In ogni oggetto, pensiero, persona, possiamo ritrovarci dentro l'intero universo e questo sinceramente è stupendo e riempie di serenità. Non capisco però il motivo per cui una persona debba illudersi nel cuore e nello spirito pensando (sperando) di poter amministrare con le proprie azioni certi risultati. Questo potrebbe avvenire solo nel caso in cui fossimo dotati del famoso libero arbitrio. Pare che questa "qualità" ci sia stata negata da madre natura (il luogo in cui la causalità si manifesta). Se per libero arbitrio intendiamo la possibilità di prendere una DIVERSA decisione nel medesimo spazio temporale (ossia nelle stesse identiche condizioni ambientali) la risposta pare essere NO. Quindi per quale motivo voler illuderci di poter gestire i nostri pensieri, le nostre azioni, il nostro IO dato che ogni "personale" giudizio su noi stessi (sono migliore, sono peggiore, sono buono, sono cattivo ecc... ecc... ) è solo frutto di quella sensazione illusoria che esista un IO intrinseco dotato di COSCIENZA ?


5) Non ultimo per importanza, la meccanica quantistica ha confermato (ad oggi) il fatto che comunque non esiste un effetto che deriva direttamente da una causa. L'effetto "a volte" puo' essere differente dalle condizioni iniziali per sua stessa natura. In altre parole non è piu' corretto parlare di causalità ma di probabilità. La legge del karma come affronta tale situazione ?

Sariputra

@ bluemax
Lascio da parte il discorso relativo alla meccanica quantistica. In quanto il Dharma non è una scienza empirica. Il Dharma è spiritualità, sono domini diversi. Che poi in Occidente si continui a parlare dalla supposta "scientificità" del buddhismo, io lo imputo a quella deriva , più volte ormai da me sottolineata, che fa capo al Western Buddhism, per cui si vorrebbe dimostrare empiricamente la verità dell'Insegnamento. Idiozie...
La scientificità sta al Dharma come sta all'insegnamento di Yeoshwa o di Muhamad. I "frutti" della medicina si assaporano nella vita e non si possono dimostrare. Si devono vivere.
Perché un punto possa essere definito un "fondamento" del Buddhismo deve rispondere a due requisiti: 
1-Tendere all'estinzione di dukkha ( dolore, sofferenza, stato insoddisfacente).
2-possedere una coerenza interna sperimentabile direttamente, senza dover ricorrere alla fede in un'altra persona.
Sono requisiti imprescindibili. Siddharta si rifiutò di occuparsi di tutto ciò che non conduce all'estinzione di dukkha, senza prenderlo neppure in considerazione. Nel caso del karma, o della rinascita dopo la morte, che cosa rinasce? In che modo? Qual'è la sua "eredità karmica" ? Sono problematiche che non conducono all'estinzione di dukkha e , in quanto tali, non appartengono  e non hanno il minimo rapporto con l'Insegnamento. Non fanno parte della pratica buddhista. Inoltre, quelli che pongono tali domande dovranno credere indiscriminatamente in qualsiasi risposta anche se ad essa non si accompagna nessuna prova. L'interrogante non ha modo di verificare personalmente, ed è quindi costretto a credere ciecamente alle parole altrui. A poco a poco l'argomento si allontana dal Dhamma e si trasforma in qualcosa di completamente diverso, estraneo al problema dell'estinzione di dukkha ( un bel mandala per esempio... ;D).
Invece di porci domande del genere dovremmo chiederci:" E' reale dukkha?", "C'è modo di estinguerlo?". A queste domande il Buddha ha risposto. Chi ascolta è in grado di riconoscere la veridicità di ogni sua parola senza dover ricorrere alla fede, approfondendole con sempre maggior chiarezza, fino a comprenderle da sé.
La comprensione che estingue dukkha è la comprensione da cercare.
In questa comprensione si vede la natura impermanente dell'Io, senza dubbi di sorta. Non c'è alcun Io e niente che gli appartenga. C'è semplicemente il senso dell'Io-mio, prodotto dalla natura dell'esperienza sensoriale. Non essendo nato "nessuno", nessuno morirà o rinascerà. Ecco come tutta la problematica della rinascita si rivela priva di senso, estranea al Buddhismo.
L'Insegnamento ci comunica che non esiste alcuna persona, alcun sé. Il sé è semplicemente un'errata interpretazione della mente ignorante ( che ignora). Esistono soltanto processi naturali, fisici e mentali.
La rimozione dell'ignoranza produce la consapevolezza e la saggezza (satipanna), la chiara visione dell'assenza di ogni Io-mio.
Ne consegue che non può appartenere al Buddhismo ciò che postula la rinascita dell'Io.
L'Io-mio è il punto fondamentale del Dharma, l'unico suo aspetto che deve essere purificato da ogni dottrina estranea ( e la tradizione tibetana lamaista è pesantemente carica di tradizioni non-buddhiste...). Su questo si colloca la comprensione e la pratica di tutti gli insegnamenti del Shakyamuni. Bisogna perciò fare la massima attenzione a ciò che si studia ... ;)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

green demetr

Citazione di: bluemax il 02 Novembre 2016, 15:07:45 PM
Spero sia la sezione giusta, ma sopratutto spero in qualche risposta...

Studiando buddismo tibetano, abbiamo finalmente affrontato il concetto di Karma. Ossia ogni cosa nell'universo, sia esso pensiero, parola, azione generano delle conseguenze (a seconda delle condizioni) ed è PERSONALE.
Da notare che quando parliamo di condizioni, ci riferiamo spesso ad altre SITUAZIONI AMBIENTALI (se vogliamo karma) spesso create da altre persone. Abbiamo poi affrontato il concetto di Karma positivo e karma negativo e quindi il concetto di "raccolto" in base alla "semina" (passatemi questa metafora). Quindi abbiamo discusso le tematiche secondo le quali si potrebbe "purificare" il karma."
Provo a risponderti anche io, la legge karmica, è di origine indiana, non tibetana. Tu dimentichi una piccola cosa, che questa legge, non è una legge della natura, ma è una legge di DIO.

(Un DIO in termini occidentali non MONOTEISTA, bensì cosmogonico, pluralista.)

Ossia più ti allontani dalla legge dei VEDA, più la colpa ricade su di te.

Faccio un esempio, non rispetti il madre e la madre? diventi un animale dopo.

Idem per il buddhismo, che benchè sia una eresia per l'induismo, rimane il punto che nasce in quella congerie culturale, ed implicitamente od esplicitamente si rifà a quei costumi.

Sulle considerazioni dello western buddism (che stai leggendo? sulla strada di kerouac, o l'arte di aggiustare una motocicletta zen?) rimando al Sari.






Vai avanti tu che mi vien da ridere

Sariputra

Citazione di: green demetr il 02 Novembre 2016, 22:37:01 PM
Citazione di: bluemax il 02 Novembre 2016, 15:07:45 PMSpero sia la sezione giusta, ma sopratutto spero in qualche risposta... Studiando buddismo tibetano, abbiamo finalmente affrontato il concetto di Karma. Ossia ogni cosa nell'universo, sia esso pensiero, parola, azione generano delle conseguenze (a seconda delle condizioni) ed è PERSONALE. Da notare che quando parliamo di condizioni, ci riferiamo spesso ad altre SITUAZIONI AMBIENTALI (se vogliamo karma) spesso create da altre persone. Abbiamo poi affrontato il concetto di Karma positivo e karma negativo e quindi il concetto di "raccolto" in base alla "semina" (passatemi questa metafora). Quindi abbiamo discusso le tematiche secondo le quali si potrebbe "purificare" il karma."
Provo a risponderti anche io, la legge karmica, è di origine indiana, non tibetana. Tu dimentichi una piccola cosa, che questa legge, non è una legge della natura, ma è una legge di DIO. (Un DIO in termini occidentali non MONOTEISTA, bensì cosmogonico, pluralista.) Ossia più ti allontani dalla legge dei VEDA, più la colpa ricade su di te. Faccio un esempio, non rispetti il madre e la madre? diventi un animale dopo. Idem per il buddhismo, che benchè sia una eresia per l'induismo, rimane il punto che nasce in quella congerie culturale, ed implicitamente od esplicitamente si rifà a quei costumi. Sulle considerazioni dello western buddism (che stai leggendo? sulla strada di kerouac, o l'arte di aggiustare una motocicletta zen?) rimando al Sari.

"Congerie" è una definizione piuttosto dispregiativa:
 Mucchio, ammasso confuso di cose, anche non materiali: congerie di oggetti disparati; una congerie di nozioni mal digerite.
Mi sembra di intuire un disprezzo, forse del risentimento, un'infelice esperienza dietro all'uso di questo termine...ma ovviamente sono affari tuoi... :)
Sul western buddhism mi sa che dovrò fare un topic apposta, un giorno di questi. Hai presente monaci con gli spinotti attaccati in testa per visualizzare l'effetto degli stati meditativi? Ecco, quello è una roba da W.B.... :'(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

green demetr

Citazione di: Sariputra il 02 Novembre 2016, 23:52:04 PM
Citazione di: green demetr il 02 Novembre 2016, 22:37:01 PM
Citazione di: bluemax il 02 Novembre 2016, 15:07:45 PMSpero sia la sezione giusta, ma sopratutto spero in qualche risposta... Studiando buddismo tibetano, abbiamo finalmente affrontato il concetto di Karma. Ossia ogni cosa nell'universo, sia esso pensiero, parola, azione generano delle conseguenze (a seconda delle condizioni) ed è PERSONALE. Da notare che quando parliamo di condizioni, ci riferiamo spesso ad altre SITUAZIONI AMBIENTALI (se vogliamo karma) spesso create da altre persone. Abbiamo poi affrontato il concetto di Karma positivo e karma negativo e quindi il concetto di "raccolto" in base alla "semina" (passatemi questa metafora). Quindi abbiamo discusso le tematiche secondo le quali si potrebbe "purificare" il karma."
Provo a risponderti anche io, la legge karmica, è di origine indiana, non tibetana. Tu dimentichi una piccola cosa, che questa legge, non è una legge della natura, ma è una legge di DIO. (Un DIO in termini occidentali non MONOTEISTA, bensì cosmogonico, pluralista.) Ossia più ti allontani dalla legge dei VEDA, più la colpa ricade su di te. Faccio un esempio, non rispetti il madre e la madre? diventi un animale dopo. Idem per il buddhismo, che benchè sia una eresia per l'induismo, rimane il punto che nasce in quella congerie culturale, ed implicitamente od esplicitamente si rifà a quei costumi. Sulle considerazioni dello western buddism (che stai leggendo? sulla strada di kerouac, o l'arte di aggiustare una motocicletta zen?) rimando al Sari.

"Congerie" è una definizione piuttosto dispregiativa:
Mucchio, ammasso confuso di cose, anche non materiali: congerie di oggetti disparati; una congerie di nozioni mal digerite.
Mi sembra di intuire un disprezzo, forse del risentimento, un'infelice esperienza dietro all'uso di questo termine...ma ovviamente sono affari tuoi... :)
Sul western buddhism mi sa che dovrò fare un topic apposta, un giorno di questi. Hai presente monaci con gli spinotti attaccati in testa per visualizzare l'effetto degli stati meditativi? Ecco, quello è una roba da W.B.... :'(

;D  ;D  ;D  si mi sa che c'è bisogno, d'altronde la meditazione è una cosa strettamente personale, non capirò mai chi ne cerca gli effetti, senza prima provare in prima persona l'essenza stessa di quella pratica.

Ma in effetti, come hai capito c'è un nodo irrisolto dentro di me, faccio ancora fatica ad avvicinarmi serenamente alla saggezza degli scritti religiosi-filosofici orientali.

Per assurdo mi riesce di più con quelli occidentali, che meno mi appartengono.

Ahhhh bizzarrie!


Vai avanti tu che mi vien da ridere

bluemax

Citazione di: Sariputra il 02 Novembre 2016, 17:09:52 PM
@ bluemax
Lascio da parte il discorso relativo alla meccanica quantistica. In quanto il Dharma non è una scienza empirica. Il Dharma è spiritualità, sono domini diversi. Che poi in Occidente si continui a parlare dalla supposta "scientificità" del buddhismo, io lo imputo a quella deriva , più volte ormai da me sottolineata, che fa capo al Western Buddhism, per cui si vorrebbe dimostrare empiricamente la verità dell'Insegnamento. Idiozie...
La scientificità sta al Dharma come sta all'insegnamento di Yeoshwa o di Muhamad. I "frutti" della medicina si assaporano nella vita e non si possono dimostrare. Si devono vivere.
Perché un punto possa essere definito un "fondamento" del Buddhismo deve rispondere a due requisiti:
1-Tendere all'estinzione di dukkha ( dolore, sofferenza, stato insoddisfacente).
2-possedere una coerenza interna sperimentabile direttamente, senza dover ricorrere alla fede in un'altra persona.
Sono requisiti imprescindibili. Siddharta si rifiutò di occuparsi di tutto ciò che non conduce all'estinzione di dukkha, senza prenderlo neppure in considerazione. Nel caso del karma, o della rinascita dopo la morte, che cosa rinasce? In che modo? Qual'è la sua "eredità karmica" ? Sono problematiche che non conducono all'estinzione di dukkha e , in quanto tali, non appartengono  e non hanno il minimo rapporto con l'Insegnamento. Non fanno parte della pratica buddhista. Inoltre, quelli che pongono tali domande dovranno credere indiscriminatamente in qualsiasi risposta anche se ad essa non si accompagna nessuna prova. L'interrogante non ha modo di verificare personalmente, ed è quindi costretto a credere ciecamente alle parole altrui. A poco a poco l'argomento si allontana dal Dhamma e si trasforma in qualcosa di completamente diverso, estraneo al problema dell'estinzione di dukkha ( un bel mandala per esempio... ;D).
Invece di porci domande del genere dovremmo chiederci:" E' reale dukkha?", "C'è modo di estinguerlo?". A queste domande il Buddha ha risposto. Chi ascolta è in grado di riconoscere la veridicità di ogni sua parola senza dover ricorrere alla fede, approfondendole con sempre maggior chiarezza, fino a comprenderle da sé.
La comprensione che estingue dukkha è la comprensione da cercare.
In questa comprensione si vede la natura impermanente dell'Io, senza dubbi di sorta. Non c'è alcun Io e niente che gli appartenga. C'è semplicemente il senso dell'Io-mio, prodotto dalla natura dell'esperienza sensoriale. Non essendo nato "nessuno", nessuno morirà o rinascerà. Ecco come tutta la problematica della rinascita si rivela priva di senso, estranea al Buddhismo.
L'Insegnamento ci comunica che non esiste alcuna persona, alcun sé. Il sé è semplicemente un'errata interpretazione della mente ignorante ( che ignora). Esistono soltanto processi naturali, fisici e mentali.
La rimozione dell'ignoranza produce la consapevolezza e la saggezza (satipanna), la chiara visione dell'assenza di ogni Io-mio.
Ne consegue che non può appartenere al Buddhismo ciò che postula la rinascita dell'Io.
L'Io-mio è il punto fondamentale del Dharma, l'unico suo aspetto che deve essere purificato da ogni dottrina estranea ( e la tradizione tibetana lamaista è pesantemente carica di tradizioni non-buddhiste...). Su questo si colloca la comprensione e la pratica di tutti gli insegnamenti del Shakyamuni. Bisogna perciò fare la massima attenzione a ciò che si studia ... ;)

Capisco il tuo punto di vista, lo posso anche condividere per molti aspetti, ma se l'insegnamento buddista (almeno quello mahayana che sto studiando e praticando ormai da un decennio)  ha un approccio prettamente scientifico, coinvolge sia fisici (che ne condividono a pieno certe leggi) sia psicologi (che hanno trovato molti spunti grazie alla meditazione, al concetto di qui e ora, e sopratutto a quella SENSAZIONE di IO e COSCIENZA che non esistono (le neuroscienze spiegano ampiamente questo fenomeno bizzarro)) beh... come dicevo... se l'approccio è scientifico, mi sento in diritto e sopratutto in dovere di chiedere la risoluzione di certe problematiche dal punto di vista scientifico.

Ti ringrazio molto per l'intervento comunque :)

Sariputra

@bluemax

Hai tutti i diritti ovviamente. Volevo solo indicare il rischio che un approccio scientifico, che vuole dare dimostrazione empririca della verità, o supposta tale, di un insegnamento essenzialmente spirituale comporta. Ossia quello di allontanarsi di molto dallo scopo dell'Insegnamento stesso. Bisogna pure notare che , questi scienziati e psicologi che si interessano di buddhismo, non lo praticano. Cercano conferme a delle idee che estrapolano dai testi, non assumono l'insegnamento come pratica della loro esistenza. Ossia osservano dal di fuori la medicina prescritta dal medico...ma non la prendono! ;D
La reincarnazione, comunque, è più un concetto vedico e upanishadico. Nel buddhismo non è essenziale all'insegnamento. Ossia, ci si può anche non credere ed essere perfettamente "buddhisti". Essendo indimostrabile non può che dare il via ad ogni sorta di speculazioni e di dogmatismi. Non essendoci una "persona" che passa di esistenza in esistenza, non può esserci soggetto che lo può esperire.Quando iniziamo a fantasticare su cosa passa di esistenza in esistenza...si scatena la fantasia purtroppo... :)
Sulla strada del bosco
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Phil

@Sariputra
Per quanto riguarda il rapporto buddhismo/reincarnazione, segnalerei che nell'Abhidhamma (uno dei tre testi fondanti del canone buddhista, il tripitaka) si parla ampiamente e dettagliatamente della rinascita (soprattutto nel quinto capitolo, se non erro) che viene connessa alla seconda nobile verità; cito "La causa dei questa sofferenza è la brama o attaccamento (tanha) che conduce a continue rinascite".
Se non ho frainteso, la mancata consapevolezza dell'illusorietà dell'io e l'attaccamento che ne consegue sono la causa della rinascita, il cui ciclo può essere estinto percorrendo l'ottuplice sentiero...

@bluemax
Come hai saggiamente osservato, la causalità non è intrinsecamente positiva o negativa: la tonalità del giusto/sbagliato è un'interpretazione (ralativa) che viene sovrapposta al "meccanismo ontologico" causa/effetto... il che porta a chiederci quanto la reincarnazione buddhista sia un'eredità residuale dell'induismo che l'ha preceduta, e quanto sia invece necessaria per fondare il suo orizzonte etico, almeno come deterrente (con la mamma che dice al bimbo "comportati bene, sennò ti reincarnerai in un topo di fogna!", ignorando come il suddetto sorcio non si trovi necessariamente male nel suo habitat e, magari, possa vivere più felicemente di un monaco illuminato  :) ).

P.s. 
La minuziosità con cui vengono dettagliate le procedure e i possibili esisti della rinascita (leggendo il canone buddhista), sono sintomo di come ci sia dell'arbitrarietà di fondo: se non c'è un dio che ha rivelato quelle leggi karmiche (e nel buddhismo non c'è), e non trattandosi di leggi fisiche osservabili e sperimentabili (ricodiamo che qui c'è di mezzo la morte!), come è stato possibile comprendere tutti quei dettagli e sistematizzare l'intero processo della reincarnazione? 
Concordo con Sariputra: filologia a parte, è un processo indimostrabile...

Sariputra

#8
@ Phil

I testi buddhisti , come sai, non sono da intendere come testi ispirati ( tipo Bibbia, Corano, ecc.). Sono stati redatti centinaia di anni dopo la scomparsa del Buddha, quando la comunità monastica era già strutturata e viveva dell'elemosina dei devoti laici ( che in cambio ricevevano insegnamenti , alla loro portata, prettamente morali, in cui la virtù era fondamento per una rinascita migliore). Lo scopo dei sutra , tramandati mnemonicamente per secoli, era piuttosto "pratico": indurre stati di concentrazione e assorbimento meditativo.
Se è difficilissimo, per es., stabilire fino a dove arriva la predicazione effettiva di Yeoshwa e dove inizia  la compilazione posteriore degli autori evangelici, nel caso dei testi buddhisti è praticamente impossibile.  Per questo l'autorevolezza dei maestri , dei venerandi, diventa così importante per tentare di districarsi tra ciò che è Dhamma e ciò che è costruzione religiosa, popolare e storica, posteriore.
Comunque il buddhismo ha sempre negato la reincarnazione dell'Io. Ciò che non nasce, non muore. Ma concependo la vita come un processo ininterrotto di trasformazione , soggetto a condizioni appropriate, non ritiene la morte come un nulla in cui si piomba ( chi piomba?...)ma piuttosto, parlando di un processo in divenire, come "il contenuto della coscienza che muore determina l'insorgere della coscienza che nasce" ( muore e nasce s'intende come termini convenzionali, in quanto non vi è un nascere e un morire della coscienza, ma un trasformarsi...).
A proposito di "venerandi", sto cercando un testo che mi aiuti a spiegare meglio cosa il buddhismo intenda veramente con reincarnazione. E' difficile da scovare...la biblioteca di Villa Sariputra è immensa... ;D  ;D ;D

P.S. Lo so che "il contenuto che muore determina...ecc." non se pò sentì' ma è un maldestro tentativo di spiegare questa "corrente" che attraversa l'esistenza, impersonale,impermanente, fatta di  attaccamento, sete di vivere( tanha). Da qui in poi...si fantastica...
Comunque è vero che la fede nella reincarnazione pervade da sempre l'intera cultura del sub-continente indiano. Ogni sistema filosofico e religioso la elabora e la interpreta. E' un dato antropologico direi .Come per noi l'inossidabile certezza dell'Identità personale...
Credo che il loro dare per scontato il karma con conseguente processo di reincarnazione derivi da antichissime capacità e possibilità psichiche, di sperimentare stati altri di coscienza, in parte perdute con l'avvento di Kali-yuga...il ricordarsi altre esistenze era un fenomeno assai comune a quanto si racconta nei poemi indiani...cos'è realmente questo "ricordarsi" è indimostrabile...

 Il buddhismo è una dottrina di vita che ha cercato di farsi religione per potersi esprimere. (Whitehead)
Sulla strada del bosco
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Phil

Citazione di: Sariputra il 03 Novembre 2016, 16:18:59 PMil buddhismo ha sempre negato la reincarnazione dell'Io
Non sarò certo io a spiegare a te il buddhismo :)  eppure credo che quello canonico (del Canone "ufficiale") non solo affermi la reincarnazione, ma la spieghi esplicitamente nero su bianco (o su giallo pergamena), almeno stando ai testi... giustamente osservi che questi testi non sono stati scritti dalle mani del Buddha, tuttavia (come per Cristo, Lao Tzu, Socrate, etc.) o ci fidiamo di questa intermediazione storica, oppure andiamo a (legittima?) supposizione personale, poichè non ci sono altre fonti dirette... 
comunque, personalmente, concordo appieno con l'osservazione di Whitehead: il "confezionamento" da religione è stata una sagace operazione di "marketing sociale" ;D

P.s.
Un buddhismo che si emancipa dal mito della reincarnazione credo sia quello zen, grazie al "filtro" operato dalla cultura cinese (e la forma di passaggio "buddhismo chan").

bluemax

grazie per gli interventi (sopratutto l'esempio del sorcio mi è piaciuto molto).
Comunque, per quel che sto studiando, al concetto di reincarnazione ci si arriva tramite un ragionamento logico. Da notare innanzi tutto, che il buddismo (tibetano) che nega l'esistenza di un IO intrinseco (un IO che pensa erroneamente di essere distaccato da ogni fenomeno in quando spettatore dell'universo) non dice che Mario si reincarna in Giovanni... ma la mente sottilissima ha una sua reincarnazione.
In poche parole, la mente sottilissima ha delle impronte che la mente grossolana deposita su di essa (tramite sentimenti e sensazioni quali rabbia, gelosia, amore, gioia ecc... ecc.... ) da qui la reincarnazione avviene in un ambiente "congeniale" ad essa.

La reincarnazione è spiegata anch'essa tramite la legge della causalità ossia dato che esiste una causalità su un piano "materiale" (ed è sotto gli occhi di ogni fisico) esiste anche su un piano meramente mentale, ossia, dato che ogni pensiero nasce dal precedente ed ha un effetto su quello successivo, ecco che la mente o meglio "continum mentale" non puo' cessare con la morte della materia ma vi sarà un effetto successivo a quello della morte fisica e cosi' via... ma non voglio entrare in certi meccanismi (che mi sono costati almeno 10 mesi di letture a volte difficili).

rimangono comunque le domande inerenti al concetto di Karma meritorio, meccanica quantistica ecc... ecc...

Il concetto dell' IO inesistente e della COSCIENZA (che le neuroscienze chiamano sensazioni) sono concetti che ormai si trovano in tutti i libri di neurologia, spicologica e neuroscienze appunto... 


grazie  :)  anche se i dubbi rimangono :)

Apeiron

Mi intrometto anche io nella discussione.
La dottrina del non-Sé (anatman) serve per la disidentificazione: solo così e con (molta) pratica si dovrebbe raggiungere lo stato in cui non si pensa più in modo "individuale".
Tutte le cose sono senza Sé (Dhammapada): il che significa che l'Io non si "trova" in nessuna cosa e NON "l'Io non c'è". Come dice Sariputra (che ringrazio per le sue spiegazioni) l'obbiettivo dell'anatta non è teorico ma pragmatico: solamente dicendo "io non sono questo, questo non è mio" a TUTTE le cose non si soffre più.

Per quanto riguarda la reincarnazione. Nel buddismo si parla di "rinascita" e non di "reincarnazione" proprio perchè appunto gli esseri che rinascono in ultima analisi sono privi di un Sé (sono solo entità convenzionali).

NOTA: il Sé in questione è un sé eterno e separato dal resto. E dire che una cosa è "mia" significa che "ho il totale controllo". Il Buddha rinnega con la dottrina dell'anatman che le cose siano un Sé o appartenenti a un Sé e nient'altro.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#12
Ogni atto è condizionato e , a sua volta, rappresenta la condizione di qualcos'altro. E' la cosiddetta legge del Karma. Il mondo non è altro che un insieme di relazioni. Ogni essere "è" nella misura in cui è in relazione con altri esseri. La dottrina del Karma ( kamma)  viene associata a quella sulla rinascita ( non reincarnazione come giustamente fa notare Apeiron). Tralasciando il discorso sul retaggio del brahmanesimo, che precedette la comparsa del Buddhismo, si potrebbe definire, in termini quasi psicanalitici, come "le colpe dei padri ricadono sui figli". Come sofferenza e frustrazioni dei genitori creano condizioni di sofferenza nei figli, cosi' la sofferenza di un'esistenza genera nuova sofferenza. In realtà è quel flusso di sofferenza che "nasce", condizionato dall'ammasso di sofferenza che "muore". Quindi non c'è reincarnazione ( un Io che passa, trasmigra, di vita in vita) ma continuità nel fluire di dukkha.
Troviamo poi, come giustamente fa notare Phil, posizioni buddhiste  che lasciano assolutamente sullo sfondo, o non contemplano affatto. la rinascita, come il Chan cinese e gli sviluppi nipponici nello Zen ( diciamo tutto l' Insegnamento da Bodhidharma in poi). Attualmente l'enfasi sulla rinascita è molto sentita nel Vajrayana ( o buddhismo tibetano) ma non è più centrale nella filosofia e nell'Insegnamento Theravada ( basta leggere Buddhadasa o Achaan Chah per intuirlo). Personalmente penso che una certa dose di contradditorietà sia inevitabile lungo un percorso che segna 2.500 anni di storia ( e di influssi costanti con le varie culture e folklori locali...), tenendo chiaro a mente che il Dharma non è una costruzione dogmatica, anzi che rifiuta in linea di principio ogni dogmatismo.
Questo rappresenta anche una possibile fecondità di costruzione per la "zattera" che dovrebbe portarci "all'altra sponda". Perché obiettivo della pratica è far cessare la rinascita di dukkha qui e ora, e non in un'ipotetica altra vita. Il Buddha viene spesso definito come un "abile medico" ( anzi il medico supremo...). Come ogni buon medico non somministra la stessa medicina a tutti i pazienti. Nagarjuna arriva ad affermare che l'Insegnamento di Siddharta si adattava alla condizione dell'interlocutore, così che la teoria della rinascita era adatta ad un certo livello di capacità di cogliere questo Insegnamento. Impossibile, per la maggior parte delle persone, arrivare alla concezione , per es. di Shunyata...La medicina veniva somministrata in base al paziente, con abili mezzi (upaya) e sempre per trasmissione orale, viso a viso.
La trovo pure una descrizione poetica. E questo perché, sostiene il Nagarjuna ma anche altri autori, Siddharta "vedeva la radice del dolore di ognuno"...

Nel corso della sua prima visita in Inghilterra, Achaan Chah tenne discorsi a molti gruppi buddhisti. Una sera, dopo il suo discorso, una distinta signora inglese, che aveva passata molti anni a studiare la complesse cibernetica della mente secondo le ottantanove classi della coscienza nei testi di psicologia dell'Abidharma buddhista, gli chiese di spiegarle alcuni degli aspetti più difficili di questo sistema di psicologia, così da consentirle di proseguire il suo studio.
Il Dharma ci insegna a lasciar andare. Di primo acchito, però, ci viene naturale tenerci stretti ai principi del Dharma. La persona saggia prende questi principi e se ne serve come strumenti per scoprire l'essenza della nostra vita.
Rendendosi conto di come, piuttosto che beneficiare della pratica nel suo cuore, la signora fosse chiusa in concetti intellettuali, Achaan Chah le rispose in modo molto diretto: "Lei, signora, è come una persona che alleva galline in cortile", le disse, "e va in giro a raccogliere gli escrementi anziché le uova".
(A still forest pool-The insight meditation of Achaan Chah)

Ho sempre avuto l'impressione che questo spirito anarchico e dissacratorio verso il teorizzare sia un costituente autentico dell'Insegnamento. Questa necessità continua del richiamare il "fare vuoto" ( shunya) nella nostra vita. L'importanza fondamentale che l'Insegnamento venga passato da chi ne ha esperienza si evidenzia sempre. La medicina è la pratica, non il libro... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Karma=azione. Da come la interpreto io è una sorta di "legge naturale" che produce buoni (cattivi) effetti a chi fa buone (cattive) azioni. Bisogna quindi vederlo come una sorta di premiazione del "merito" acquisito. Chiaramente tutto funziona finché qualcuno si prende i premi e le punizioni. Altrimenti che senso ha il merito se non c'è nessuno che ne beneficia?

Tuttavia il Buddha notò che per quanto possiamo aspirare non saremo mai soddisfatti finchè cerchiamo un premio. Quindi per il Buddha bisogna per così dire "andare oltre" il concetto di merito. Per farlo, visto che è una "legge naturale", non possiamo far altro che bloccare il meccanismo dalla partenza, cioè dall'assunzione fondamentale, che ci sia "il portatore del merito e delle azioni" (potremo anche dire il portatore dell'etica...), o meglio che si possa trovare nel mondo tale portatore. Riconoscendo che il portatore "non si trova" nemmeno il merito si applica più e il meccanismo si blocca.

Il Karma sparisce in pratica non appena non si ragiona più in termini di "mio e io" (possesso e identità). Così almeno è la mia interpretazione...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#14
Citazione di: Apeiron il 04 Novembre 2016, 10:13:53 AMKarma=azione. Da come la interpreto io è una sorta di "legge naturale" che produce buoni (cattivi) effetti a chi fa buone (cattive) azioni. Bisogna quindi vederlo come una sorta di premiazione del "merito" acquisito. Chiaramente tutto funziona finché qualcuno si prende i premi e le punizioni. Altrimenti che senso ha il merito se non c'è nessuno che ne beneficia? Tuttavia il Buddha notò che per quanto possiamo aspirare non saremo mai soddisfatti finchè cerchiamo un premio. Quindi per il Buddha bisogna per così dire "andare oltre" il concetto di merito. Per farlo, visto che è una "legge naturale", non possiamo far altro che bloccare il meccanismo dalla partenza, cioè dall'assunzione fondamentale, che ci sia "il portatore del merito e delle azioni" (potremo anche dire il portatore dell'etica...), o meglio che si possa trovare nel mondo tale portatore. Riconoscendo che il portatore "non si trova" nemmeno il merito si applica più e il meccanismo si blocca. Il Karma sparisce in pratica non appena non si ragiona più in termini di "mio e io" (possesso e identità). Così almeno è la mia interpretazione...

E secondo me interpreti bene!... ;D
Al cessare dell'attaccamento all'Io-mio, cessa l'accumulo di kamma. Perché è proprio l'attaccamento all' Io-mio che genera dukkha , che genera nuovo dukkha ( nuova nascita di dukkha).

P.S. Bisogna anche dire, con onestà, che la legge del Kamma/rinascita è veramente ardua da penetrare per noi occidentali. E' sicuramente una cosa che richiede un cambio di approccio. Forse la difficoltà nasce dal fatto che per noi il tempo è lineare, mentre in Oriente è circolare? Noi vediamo sempre un inizio e una fine, mentre loro  lo vedono come un cerchio , una ruota ( il famoso "cerchio del Samsara" ??? )...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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