Karma e buddismo Tibetano

Aperto da bluemax, 02 Novembre 2016, 15:07:45 PM

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Sariputra

Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:14:00 PM@Sariputra, A volte non mi faccio proprio capire. So benissimo che il buddismo è agnostico (se non "apateo" ?) e quindi il concetto di Dio non entra in questa religione. MA la descrizione del Nirvana come "cessazione della sofferenza", come "assenza di distinzioni", "superamento dell'io" ecc mi sembra estremamente simile allo "stato" descritto da ad esempio la liberazione dei Vedanta, l'unione con Dio in occidente ecc. Sembra cioè che tutti si riferiscano allo stesso stato di "beatitudine" ma l'interpretazione è diversa. Volevo poi dire che questa "liberazione"/salvezza nel buddismo è raggiungibile tramite uno sforzo del solo individuo, nel cristianesimo serve anche la grazia divina. In sostanza è come se per liberarsi dal karma ci vorrebbe l'"aiuto" divino.

Sono d'accordo sul fatto che, giunti ad una meta che non ammette distinzioni di sorta, rimangono solo semplici definizioni. Per capirci, un Buddha non si identificherebbe mai con "l'essere un buddhista". 
Lo stesso un essere immerso in sat-chit-ananda, non direbbe più "sono un vedantino". Però lo vedo diverso nelle religioni monoteistiche. In queste non si può superare la barriera creatura-creatore, pena l'eresia e, anche quando il credente afferma "sono in Dio" rimane un'unione mistica con la manifestazione della divinità (l'agape, l'amore,ecc.)ma non con la sua "essenza" infinita . Rimane sempre una separazione "ontologica". Nel buddhismo, nel vedanta, nel taoismo,ecc. sentiero e meta sono un tutt'uno. Ogni essere umano può essere un Buddha. Nei monoteismi abramitici un essere umano non può essere Dio in tutto e per tutto. Rimane un velo, una barriera. Capisco comunque che cosa vuoi dire e...ti fai capire benissimo :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

green demetr

Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 14:43:49 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:14:00 PM@Sariputra, A volte non mi faccio proprio capire. So benissimo che il buddismo è agnostico (se non "apateo" ?) e quindi il concetto di Dio non entra in questa religione. MA la descrizione del Nirvana come "cessazione della sofferenza", come "assenza di distinzioni", "superamento dell'io" ecc mi sembra estremamente simile allo "stato" descritto da ad esempio la liberazione dei Vedanta, l'unione con Dio in occidente ecc. Sembra cioè che tutti si riferiscano allo stesso stato di "beatitudine" ma l'interpretazione è diversa. Volevo poi dire che questa "liberazione"/salvezza nel buddismo è raggiungibile tramite uno sforzo del solo individuo, nel cristianesimo serve anche la grazia divina. In sostanza è come se per liberarsi dal karma ci vorrebbe l'"aiuto" divino.

Sono d'accordo sul fatto che, giunti ad una meta che non ammette distinzioni di sorta, rimangono solo semplici definizioni. Per capirci, un Buddha non si identificherebbe mai con "l'essere un buddhista".
Lo stesso un essere immerso in sat-chit-ananda, non direbbe più "sono un vedantino". Però lo vedo diverso nelle religioni monoteistiche. In queste non si può superare la barriera creatura-creatore, pena l'eresia e, anche quando il credente afferma "sono in Dio" rimane un'unione mistica con la manifestazione della divinità (l'agape, l'amore,ecc.)ma non con la sua "essenza" infinita . Rimane sempre una separazione "ontologica". Nel buddhismo, nel vedanta, nel taoismo,ecc. sentiero e meta sono un tutt'uno. Ogni essere umano può essere un Buddha. Nei monoteismi abramitici un essere umano non può essere Dio in tutto e per tutto. Rimane un velo, una barriera. Capisco comunque che cosa vuoi dire e...ti fai capire benissimo :)

Sì è vero è chiara la distinzione occidente-oriente, complimenti non ci avevo ancora pensato.

Interessante Sari, no non sapevo che il buddismo fosse contro le caste. (non so veramente nulla, solo immaginavo che vi fosse qualcosda di comune col vedanta).

Una curiosità e una domanda

1) Se lo hai letto quanto il siddharta di Hesse può essere inteso come Buddhista?

2) interessante la distinzione del dharma, puoi aggiungere qualcosina, in cosa consista, grazie.



Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#32
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2016, 15:46:34 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 14:43:49 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:14:00 PM@Sariputra, A volte non mi faccio proprio capire. So benissimo che il buddismo è agnostico (se non "apateo" ?) e quindi il concetto di Dio non entra in questa religione. MA la descrizione del Nirvana come "cessazione della sofferenza", come "assenza di distinzioni", "superamento dell'io" ecc mi sembra estremamente simile allo "stato" descritto da ad esempio la liberazione dei Vedanta, l'unione con Dio in occidente ecc. Sembra cioè che tutti si riferiscano allo stesso stato di "beatitudine" ma l'interpretazione è diversa. Volevo poi dire che questa "liberazione"/salvezza nel buddismo è raggiungibile tramite uno sforzo del solo individuo, nel cristianesimo serve anche la grazia divina. In sostanza è come se per liberarsi dal karma ci vorrebbe l'"aiuto" divino.
Sono d'accordo sul fatto che, giunti ad una meta che non ammette distinzioni di sorta, rimangono solo semplici definizioni. Per capirci, un Buddha non si identificherebbe mai con "l'essere un buddhista". Lo stesso un essere immerso in sat-chit-ananda, non direbbe più "sono un vedantino". Però lo vedo diverso nelle religioni monoteistiche. In queste non si può superare la barriera creatura-creatore, pena l'eresia e, anche quando il credente afferma "sono in Dio" rimane un'unione mistica con la manifestazione della divinità (l'agape, l'amore,ecc.)ma non con la sua "essenza" infinita . Rimane sempre una separazione "ontologica". Nel buddhismo, nel vedanta, nel taoismo,ecc. sentiero e meta sono un tutt'uno. Ogni essere umano può essere un Buddha. Nei monoteismi abramitici un essere umano non può essere Dio in tutto e per tutto. Rimane un velo, una barriera. Capisco comunque che cosa vuoi dire e...ti fai capire benissimo :)
Sì è vero è chiara la distinzione occidente-oriente, complimenti non ci avevo ancora pensato. Interessante Sari, no non sapevo che il buddismo fosse contro le caste. (non so veramente nulla, solo immaginavo che vi fosse qualcosda di comune col vedanta). Una curiosità e una domanda 1) Se lo hai letto quanto il siddharta di Hesse può essere inteso come Buddhista? 2) interessante la distinzione del dharma, puoi aggiungere qualcosina, in cosa consista, grazie.

@Sariputra,
Concordo con tutto quello che hai detto :) diciamo che magari l'unione con Dio nei monoteismi "rende l'anima perfetta" (senza cambiamento né sofferenza) e il riultato è la "cessazione" dell'ego perchè appunto non ci preoccupa più. In un certo senso diciamo che preferisco l'"unione con Dio" perchè mi sembra più logica nel senso che credo che non sia possibile "estinguere" completamente l'io. In ogni caso il cristianesimo propone un'etica che è quasi identica alle religioni indiane (diritti per gli animali a parte...). Inoltre è molto simile al neoplatonismo (nel senso di Niccolò Cusano ad esempio), filosofia che forse è la più vicina alla mia.

Mi è poi piaciuto quando dici che un Buddha non direbbe mai "sono un buddhista" perchè d'altronde se ha trasceso le distinzioni non può dire una cosa del genere (idem per il taoismo e l'advaita).

@green demetr,
1) il siddharta di Hesse rifiuta la dottrina del Gotama (Buddha). In realtà è molto vicino alla filosofia dell'Advaita Vedanta di Sankara in quanto l'illuminazione del protagonista alla fine è il riconoscimento che Atman (Io)=Brahman (Natura fondamentale dell'universo) e alla filosofia (occidentale) di Spinoza.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

@ green demetr

 Ho letto il Siddharta di Hesse in adolescenza, quindi tanti anni fa, conoscevo poco o niente di buddhismo ( in pratica avevo letto "Vita di Sariputra" del Salè e "India e buddhismo antico" del De Lorenzo...). Quel poco che conoscevo non mi permetteva certo di valutare con criterio il romanzo. Direi che , più che un libro sul buddhismo , è un libro sulla "saggezza" che trascende tutti gli -ismi. Infatti non sono d'accordo con Apeiron che il Siddharta di Hesse "rifiuta" il buddhismo: il rifiuto è verso le dottrine, in genere, che dovrebbero condurre alla saggezza. Hesse sostiene che la saggezza non può essere insegnata in un sistema filosofico o religioso e che alla fine, volente o nolente, la gente finisce sempre per attaccarsi alla lettera della dottrina , indentificandosi con essa, e quindi non raggiunge alcuna vera saggezza ( in pratica è l'"innamorarsi del dito che indica la Luna", o "L'adorare la zattera, portandosela sulle spalle, anche dopo aver traghettato il fiume", di cui abbiamo già parlato). Per Hesse nessun sentiero porterà mai alla Liberazione, nessuna dottrina porterà alla saggezza, perché questa è incomunicabile. Il Siddharta vuole essere un canto nella libera possibilità di ognuno di raggiungere la saggezza. Questo può essere vero, ma solo per individui eccezionali e capaci di "rientrare in sé" piuttosto che protendersi sempre all'esterno. La condizione dell'uomo moderno , ovviamente, è  per me la seconda.
Il finale della ricerca di questo Siddharta sembra un approdo tipicamente vedanta e non mi stupisce dato che, Hermann Hesse stesso ha confidato che, tra i libri che teneva sul comodino accanto al letto c'era sempre la Bhagavad Gita...
Sulla definizione del termine "Dharma" (dhamma in pali) si potrebbero scrivere trattati, vista la moltitudine di significati che assume nel buddhismo. La parola deriva da una radice linguistica che significa "sostenere" e indica qualcosa di stabile. Generalmente viene usata per definire la dottrina , l'insegnamento del Buddha, ma intende anche la verità della realtà enunciata dallo stesso , ossia la verità delle quattro Nobili Verità sul dolore. Quindi il Dharma non è una creazione del Buddha, ma esiste indipendentemente da ogni Buddha. Il Risveglio dell'Illuminazione viene perciò inteso come un risvegliarsi al Dharma. Comprendere il Dharma significa comprendere la natura della "buddhità" stessa e spesso i due termini vanno assieme per indicare questa unione, allora si parla di Buddhadhamma. 
Nel sutra "Hwa Yen" si trova questa spiegazione:
Tutti i Tathagata stanno nel Regno-del-Dharma, ma non nel passato, nel presente o nel futuro,poichè nell'essenza del Dharma non c'è traccia alcuna di passato, presente o futuro. Proprio per ciò sono in grado di spiegare gli insegnamenti di tutti i Buddha del passato, presente e futuro, che rendono capace l'ascoltatore di percepire la sfera degli Illuminati...Così, in silenzio e da soli, i Buddha portano a compimento le inconcepibili attivita-del-Dharma..."
Un'altro significato, in senso lato, indica la verità ultima di tutte le cose (anicca-dukkha-anatta) e l'insegnamento del Buddha in quanto rivelazione di tale verità.
A mio modesto parere, per noi occidentali, è più semplice intenderlo in questo modo. Io lo uso sempre semplicemente come "Insegnamento"...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Il Siddharta di Hesse critica il Dharma perchè ritiene che l'esperienza del Nirvana non sia incondizionata ma condizionata. Tuttavia la cosa interessante è che il Gotama è sempre ritenuto "risvegliato", tant'è che come afferma Sariputra il Siddharta afferma che la conoscenza di una particolare dottrina è irrilevante per il cammino (tant'è che Vasudeva è anche lui "risvegliato"). Tuttavia alla fine Siddharta si risveglia anche lui quando si accorge che il tempo è illusorio, nella molteplicità c'è unità ecc. Quindi secondo me sia io che Sariputra abbiamo ragione stavolta  8)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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