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IO

Aperto da bluemax, 29 Gennaio 2018, 12:52:16 PM

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bluemax

"io" chi sono?
Ultimamente, dopo anni di studio della dottrina buddista, Sto praticando nuovamente (dopo averla messa erroneamente da parte, ammetto) 20 minuti al giorno di meditazione Vipassana, semplicemente concentrandomi sul respiro per addestrare nuovamente la mente (visto che ormai era nuovamente preda di futili emozioni disturbanti o veleni mentali); 
quando la mente divaga ritorno sul respiro (l'addestramento consiste in questo, ma penso che voi sappiate già come funzioni).

Quello che mi succede da un po' di tempo è questo: durante il quotidiano, mentre non medito, mi accorgo che la testa se ne va per conto suo, talvolta in pensieri privi di senso... il fatto è che questo, unitamente allo studio dell' illusione del sè e la proiezione di questo sè sul mondo esterno o su divinità che necessitano al proprio ego per non "morire", mi ha sconvolto non poco.

Prima di approdare al Buddhismo, anni or sono, ho letto qualcosa di neuroscienze (che confermano molto il concetto che il buddismo ha sull'illusione dell' IO), in particolare sul tema della Presenza.

Purtroppo, per Neuroscienze la questione è vista molto drammaticamente: noi saremmo degli "zombie" in preda ad un "sonno verticale" completamente in balia dei nostri pensieri, dei nostri Io psicologici, completamente assenti a ciò che ci succede intorno, dove le nostre scelte, i nostri gusti, desideri, etc non sono propriamente nostri, poichè frutto della nostra mente che non sappiamo controllare; in pratica noi non abbiamo una nostra Volontà, non siamo padroni della nostra Vita ma semplicemente PROIETTIAMO i nostri stati d'animo sul mondo esterno nel quale poi riusciamo a vedere cose che non esistono quali BENE e MALE.

Per il buddismo invece la "Presenza", essere presenti ad ogni cosa che si fa e "vedere" le cose per come sono REALMENTE prive delle proiezioni dei nostri stati mentali, è la chiave del Risveglio e della realtà ULTIMA. Quindi la liberazione.

Ed ora torniamo a noi. Questa concezione la riscontro sia durante la pratica in meditazione, sia ogni tanto al di fuori della meditazione.
E' davvero sconvolgente come non riusciamo a mantenere l'attenzione per più di cinque secondi (naturalmente parlo per me visto che molti Lama riescono senza problemi) senza pensare ai più svariati argomenti, futili o non futili, sensati o privi di senso offuscati dalle emozioni disturbanti.

Quello che vien da chiedersi allora è: chi sono "IO" ? (anche se per il buddismo l' IO, il sè, quindi la sensazione di ESSERE (EGO) sono mere illusioni mentali dettate dall'ignoranza.

Sul fatto che un IO centrale non esista posso logicamente e intellettualmente concepirlo (anzi a dire il vero non riesco a concepire il contrario): da quel che ho potuto capire noi siamo una serie di desideri e spinte contrastanti tra di loro, ogni tanto prevale uno, ogni tanto prevale l'altro... basta vedere quanto sia labile la nostra volontà quando ci mettiamo in testa di far qualcosa nel tempo etc etc... lo stesso desiderio che l' EGO ha di esistere crea divinità (SUPER EGO PROIETTATO)...

ma eliminato l' EGO... cosa rimane dell' IO ? In altre parole... Chi è IO per il buddismo ?

Sariputra

Ciao Bluemax, ben ritovato! :)


"Tu" chi sei?  ;D...bella domanda!
Intanto  vorrei commentare le difficoltà che incontri praticando la "presenza mentale" che, come sai, si può considerare "il cuore della Dottrina della Mente del Buddha". Nella sua forma di "retta presenza mentale" costituisce il settimo fattore dell'Ottuplice Sentiero, che porta all'Estinzione del Dolore. E' un termine e una presentazione della pratica che compare in numerosi testi buddhisti . Samma-sati è il primo dei sette fattori dell'Illuminazione (bojjhanga), ed è il primo perché è il fondamentale fattore per lo sviluppo degli altri sei ( in particolare per passare poi all'investigazione dei fenomeni...fisici e mentali).
Oltre a questo la 'presenza mentale' è considerata nel buddhismo una delle cinque Facoltà (indriya) necessarie per il progresso nel sentiero: le altre sono la Fiducia, l'Energia ( quella che ci manca sovente e ci fa abbandonare la pratica della meditazione... :( come hai scritto), la concentrazione e la Saggezza. La pratica di Satipatthana , ossia della'attenzione costante, della presenza mentale, è considerata fondamentale perché ha il compito di vigilare sullo sviluppo e ( soprattutto) sull'equilibrio delle altre quattro, affinchè non nascano 'distorsioni' e squilibri "pericolosi".
La prima cosa che si nota, come ben hai raccontato, durante la pratica di Satipatthana è il fatto , di cui ordinariamente siamo inconsapevoli, è che proprio non si riesce a mantenere l'attenzione sull'attività reattiva della mente ( quindi sul contatto, sulla sensazione,sulla volizione, ecc.) per più di pochi minuti. La mente è totalmente 'selvaggia', non addestrata, non esercita mai la 'pura attenzione' senza discrimine. Questa attenzione però serve per prendere consapevolezza di quello che avviene a noi ed in noi, nei momenti successivi alla percezione. Viene detta 'pura' perché riguarda i puri fattori percettivi che investono i cinque sensi e la mente, che per il Buddhismo è il sesto senso. Quindi pura attenzione = pura registrazione dei fatti osservati, senza reagire ad essi con l'azione, la parola o con le critiche mentali ( simile-dissimile, piacevole-spiacevole, amabile-odioso, ecc.).
Visto il grado di complessa e totale abitudine della mente a reagire senza alcuna 'presenza mentale', va da sè che il compito di 'imbrigliarla' per poi tentare di domarla è assai arduo ( e richiede tanta energia e una forte fiducia nell'Insegnamento...). Una pratica saltuaria, debole, ritagliata negli angusti e ridotti spazi giornalieri...non funziona! Alla fine si abbandona tutto, sfiduciati...
Purtroppo nella nostra società attuale non c'è mai il tempo...a meno che non si opti per scelte drastiche ( come ho fatto io... :-[ ), sacrificando anche una buona dose di "benessere economico"...
Una mia cara amica ( non sogghignate come al solito...) , che sta frequentando un corso d'introduzione alla preghiera cristiana, mi confidava di non poter trovare la mezz'ora necessaria per questa attività.
Naturalmente le ho consigliato di licenziarsi, vivere frugalmente ...e dedicarsi a questo se lo riteneva fondamentale...
Ovviamente non mi ha ascoltato, lentamente è 'arretrata' e...ha abbandonato , dopo un pò, il corso che seguiva...
Ecco, caro Bluemax...tu chiedi "Chi è IO per il buddismo ?"...
E' "quella cosa" dentro la nostra mente che...ci fa lentamente arretrare!  :(

Come sai nei testi è detto che, dopo che una persona ha ricevuto le informazioni necessarie sul Sentiero e sul Fine, ci sono solo due regole perché la pratica spirituale ( e in particolare la pratica buddhista...) abbia successo.: 'Inizia!' e 'Continua!'.
Quel 'Continua!' è veramente fondamentale, davvero! Mi vien quasi da aggiungere che, tutti i dubbi e le sfiducie, nascano proprio dal non perseverare... 

Adesso una bella citazione da Shantideva (Bodhicaryavatara):

Colui il quale desidera seguire la Pratica, dovrebbe vigilare con cura la sua mente; egli non può seguire la Pratica se la mente incostante è indifesa,  (V,1)
Gli elefanti selvaggi in amore non causano tanto danno quanto quello causato da una mente sfrenata...  (V,2)
Il Cercatore della verità ( il Buddha) ha proclamato che tutti i pericoli e tutte le paure, e gli immensi dolori (dell'esistenza) sorgono soltanto dalla mente.  (V,6)
Come un ferito proteggerà attentamente la sua ferita nel mezzo di una folla animata, così, in mezzo a gente malvagia, si dovrebbe proteggere la mente che è come una ferita ( delicata).  (V,19)
Coloro che vengono derubati della loro 'presenza mentale' dal ladro dell''Irriflessione' vanno verso un destino infelice, anche se hanno accumulato azioni meritorie.  (V,27)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

bluemax

sinceramente non so come ringraziarti della tua spiegazione... se non con un grazie sincero :)
la perseveranza ammetto che è un qualcosa su cui ancora devo lavorare molto...

ma è quell' IO che per quanto mi riguarda è fondamentale nella dottrina buddista.
Tutto gira intorno a quell' IO che inganna, genera pigrizia (appunto) e... non esiste.

Mi chiedevo quindi chi fosse quell' IO da scoprire prima, per poi eliminare dopo.

In altre parole, chi è colui che percepisce la SOFFERENZA o la GIOIA se colui non è altro che un inganno della mente visto che diamo lui tutte caratteristiche che non puo' avere... come MONOLITICO, DISTACCATO DALL' UNIVERSO, INDIPENDENTE DA ESSO e che proietta se stesso in ogni cosa con cui viene a contatto creando BENE e MALE (attaccamento e repulsione) e che ha paura di morire e quindi si crea un Dio per sopravvivere...

in altre parole questo EGO o se vogliamo SENSAZIONE... (che ricordiamoci mentre dormiamo svanisce) se non sono IO (come ormai ho compreso (diverso da capito)) chi è colui che sperimenta i fenomeni della realtà ultima (non inquinata dall' IO illusorio ?)

grazie ancora per la tua risposta... è stata molto utile credimi (e qui sto' massaggiando il tuo di EGO ammetto :D :D :D )

Sariputra

#3
cit.Bluemax:
... qui sto' massaggiando il tuo di EGO ammetto )
Un buon massaggio non fa mai male, dopo tutto!  ;D
A parte gli scherzi, chiedi : "se non sono IO ...chi è colui che sperimenta i fenomeni della realtà ultima (non inquinata dall' IO illusorio ?)"
Direi come risposta che è quella cosa che comunemente chiamiamo "mente".  L'Io è una costruzione della mente, ma non è la mente . La mente è una faccenda parecchio più complessa del solo "Io" (infatti funziona anche quando il "ragazzo" non c'è  ;) ). Credo che ci sia parecchia confusione, tra i praticanti buddhisti, su cosa succede alla fine a questo "ragazzo". L'Io non può semplicemente venire 'annientato' e ...puff!! Sparisce come un brutto sogno. Tra l'altro ci è pure indispensabile per vivere in questo bel (sigh!) mondo. Lo scopo della pratica buddhista è quello di "recidere le radici" dell'attaccamento della mente a questa sua costruzione. Perché è importante farlo, per i buddhisti? Perché questa identificazione con il "ragazzo" è la causa dell'azione karmica e quindi, di conseguenza, la matrice della ri-nascita di vinnana nel cerchio del samsara.  Se intendiamo la pratica in questo senso penso sia più facile capire l'obiettivo e il Fine verso cui ci si muove praticando la meditazione. L'io è una struttura mentale necessaria; non è necessario però prenderla per indipendente, durevole, ecc. Tra l'altro l'io non può 'sparire' perché è la manifestazione del precedente karma. La cosa che si fa è quella di 'tagliarne le radici' che s'attaccano tenacemente in avidya e in tanha (ignoranza e , letteralmente, "sete"...). Immaginiamo un grande albero , le cui radici sono conficcate profondamente nel terreno. Queste radici hanno una "sete" d'esistere pressochè infinita, sono letteralmente ipnotizzate da questa sete; hanno una necessità continua di 'appropriarsi' e possedere.  Quando questo albero, che per il Buddhismo è sostanzialmente un tronco di Dolore, smetterà di crescere e quindi di costruire ancora dolore? Non possiamo semplicemente girarci intorno e pregare: bisogna tagliarne le radici!...
Adesso mettiamo l'"io" al posto dell'albero e proviamo a visualizzare il lavoro da fare...
Una volta recise le radici dell'attaccamento, l'albero/io scompare? No, ovviamente, ma non può più generare azione karmica nociva, in quanto non più alimentato da avidya e tanha. Fa il suo corso e , alla fine della vicenda umana, come un albero ormai secco e marcito...cade! Non può più generare ri-nascita. L'attaccamento all'io è quello che Buddha ha definito come "il costruttore della casa della sofferenza".
Cosa succede quando non c'è più ri-essere, quando il costruttore è consumato? Quando le radici sono definitivamente recise? Vi è il Parinibbana...la Cessazione :)


Un'altra pillola. Dall' Arya-Ratnakuda-Sutra :

Egli esamina la mente così: E' una mente che desidera o odia o è illusa? E' una mente del passato, del futuro o del presente? Ciò che è passato, è cessato; il futuro non è ancora venuto e, nella mente presente, non c'è stabilità alcuna. La mente, Kasyapa, non può essere trovata all'interno né all'esterno, né nel mezzo. La mente, o Kasyapa, è senza forma, invisibile, intangibile, inconcepibile, senza sostegno, senza dimora...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

#4
@bluemax,

secondo me non devi confondere il buddhismo con le neuroscienze anche se ci sono somiglianze (ci sono anche somiglianze con le opinioni di Wittgenstein e Hume sull'io ma la filosofia è molto diversa). All'inizio della pratica non ci si deve concentrare sul fatto che "l'io è una illusione". No, anzi si deve inizialmente sviluppare un "saldo io", un "io" calmo, sicuro, concentrato, coraggioso, compassionevole ecc. All'inizio bisogna quindi concentrarsi sul miglioramento "morale", ovvero ammaestrare la propria mente: in questa fase dare troppa importanza alla dottrina della "vacuità" secondo me è controproducente, perchè suggerisce il nichilismo. Invece all'inizio bisogna essere consapevoli del proprio io, infatti troviamo il Buddha, famoso "rinnegatore" dell'io, dire cose tipo:
"Sono padrone del mio kamma, erede del mio kamma, nato dal mio kamma, legato al mio kamma, sostenuto dal mio kamma. Qualunque azione, qualunque kamma io compia, buono o cattivo, di esso diverrò l'erede."
" "Quindi, ciò che è impermanente è doloroso, soggetto al cambiamento, allora si può dire: "Ciò è mio, io sono così, questo è il mio Sé?""
Questi insegnamenti non mirano a portare fuori strada, semplicemente mirano a "preparare la mente". Di certo non è molto utile pensare che la mente (o l'io) sia illusorio: d'altronde chi è l'erede, chi è nato, chi è sostenuto, chi è responsabile delle proprie azioni, chi sceglie il bene o il male? Solo dopo aver sviluppato un saldo "io-empirico" si può "cercare di mettere in pratica" l'insegnamento "profondo". E quale sarebbe?

" Allora, Bahiya, dovrai esercitarti così: In ciò che è visto ci sia solo ciò che è visto. In ciò che è sentito ci sia solo ciò che è sentito. In ciò che è percepito ci sia solo ciò che è percepito. In ciò che è conosciuto ci sia solo ciò che è conosciuto. Così devi esercitarti. Quando per te ci sarà solo ciò che è visto in ciò che è visto, solo ciò che è sentito in ciò che è sentito, solo ciò che è percepito in ciò che è percepito, solo ciò che è conosciuto in ciò che è conosciuto, allora, Bahiya, non sarai più in relazione con quello. Quando non sarai più in relazione con quello, non sarai più in quello. Quando non sarai in quello, tu non sarai né qui né al di là, né in entrambi o fra loro due. Proprio così è la fine della sofferenza."https://www.canonepali.net/2015/06/udana-1-10-bahiya-sutta-bahiya/
Ecco cosa è l'io! L'io è l'attività con cui cerchiamo di controllare le cose, le nostre aspettative, le nostre preferenze e così via. Ok, vedila così: l'ossessione dell'io, del definire l'io da ciò che "non è io", è l'ossessione del controllo. Vogliamo controllare - ma la realtà è incontrollabile e quindi soffriamo, ci disperiamo e così via. In sostanza cerchiamo di "trattenere" qualcosa, ma il "trattenuto" è evanescente, incontrollabile e l'attività di trattenere diventa dolorosa. Dunque se abbiamo però capito che questa ossessione di controllo non risolve nulla, cosa facciamo? dobbiamo dire che rimane il Nulla? Beh https://www.canonepali.net/2015/05/sn-12-64-atthi-raga-sutta-dove-ce-avidita/:
""Così se ci fosse una casa con un tetto o una sala con un tetto che abbia finestre a nord, a sud o ad est. Quando il sole sorge, ed un raggio entra dalla finestra, dove si stabilisce? "
"Sul muro di ponente, signore."
"E se non c'è muro di ponente, dove si stabilisce? "
"Sul pavimento, signore."
"E se non c'è pavimento, dove si stabilisce? "
"Sull'acqua, signore."
"E se non c'è acqua, dove si stabilisce? "
"Non si stabilisce, signore."
"Allo stesso modo, dove non c'è desiderio per il nutrimento di cibo fisico, dove non c'è piacere, nessuna brama, allora la coscienza non si stabilisce e non cresce. Dove la coscienza non si stabilisce, il nome e la forma non si sviluppano. Dove il nome e la forma non si sviluppano, non c'è nessuna crescita delle predisposizioni karmiche. Dove non c'è crescita delle predisposizioni karmiche, non si genera il divenire per una nuova rinascita. Dove non si genera il divenire per una nuova rinascita, non c'è nascita , vecchiaia e morte. Quindi, vi dico, nessun dolore, afflizione o disperazione.""
L'analogia è chiara. L'attività di trattenere è qui paragonata a quando la luce si "stabilisce" su una superficie. In sostanza continuiamo a cercare di stabilirci su "qualcosa", ma questo qualcosa è instabile, non è fisso. Se però non ci sono superfici in cui la luce si può stabilire... beh ecco il raggio non si stabilisce più, è libero, senza confini, senza distinzioni ecc. Non è più "imprigionato" da una identità che cercava di definirlo. In sostanza la mente ora è libera, non è più stabilita da nessuna parte, ha "trasceso" ogni identità e quindi "è priva di sé" (vorrei far notare che Buddha non dice "non esiste l'io" - se lo dicesse in fin dei conti come si spiegano le espressioni sul kamma? - ma dice "questo non è l'io, quello non è l'io"). Il Tathagatha diventa quindi "profonda, incommensurabile, oltre i limiti della ragione, come il mare". Quindi il Buddha non voleva "annientare" l'io, voleva bloccare il meccanismo di "identificazione/possesso" che ci limita e ci definisce - l'obbiettivo era trascendere le definizioni e i limiti, svincolarsi. Essere liberi come il raggio di luce che vaga per lo spazio senza "stabilirsi".
Sinceramente questa continua enfasi dell'inesistenza dell'io secondo me è controproducente, dà l'immagine di un insegnamento ben diverso da quello che è.

La difficoltà però non è tanto capire intellettualmente ma mettere in pratica, ad iniziare proprio dall'esercizio per migliorare il "kamma", dove tra l'altro l'io è importantissimo. E farlo con le deadlines e la frenesia di questi tempi ahimé è già difficile, se poi ci convinciamo di non esistere, beh allora è impossibile.

Dici anche:  "[l'io] che proietta se stesso in ogni cosa con cui viene a contatto creando BENE e MALE (attaccamento e repulsione) e che ha paura di morire e quindi si crea un Dio per sopravvivere..."
Ecco appunto, questo è ciò che bisogna evitare. In primo luogo la motivazione di praticare e di "purificare" la mente giunge proprio dalla pratica del migliormanento dell'"io-empirico" e del kamma: bene e male non sono semplici concetti, sono realtà (ovviamente si dovrebbe scegliere il Bene). In secondo luogo una volta che la virtù è salda, allora si è più pronti a praticare con più energia e motivazione - di certo se si parte con l'idea di non esistere o con una sorta di "autocondanna" in cui condanniamo tout court noi stessi per le nostre illusioni, beh secondo me non si va avanti. In terzo luogo non credo che la mente si crea un Dio solo per sopravvivere - credo che ce ne siano altre molto meno "ego-centriche" come: cercare di distinguere il bene dal male, contemplare l'infinito, l'assoluto (che nel buddhismo si traduce nel Nirvana) ma soprattutto dare un significato alla vita.

Quindi il consiglio che ti darei è quello di smettere per un po' di cercare di capire cosa è l'io per il buddhismo ;) (ovviamente sono il primo a non seguire il mio consiglio ;D ) concentrati principalmente invece sul fatto che devi "sviluppare" un "buon io empirico". Te lo dico perchè pensare troppo all'inesistenza a livello ultimo dell'io mi ha fatto perdere la voglia di meditare, di praticare la virtù. Adesso sto provando a riprendermi, però so benissimo che non è facile. E se quando manca l'energia ci convinciamo di non esistere, purtroppo il "ragazzo" di cui parla il Sari diventa ancora più indisciplinato! ;)

P.S.  Volevo solo sottolineare come il buddhismo stesso oltre ad essere una dottrina che ha come obbiettivo quello della cessazione del meccanismo di identificazione/possesso è anche una dottrina che dà in realtà molta importanza all'io - non a caso nel caso dei praticanti laici, come ha sottolineato Sariputra nel topic sul buddhismo nell'altra sezione, la pratica è incentrata sul "kamma" e non sulla "vacuità". Noi in occidente partiamo con uno studio filosofico e vediamo prima la "vacuità". Però è giusto ricordarsi che in Oriente l'approccio è il contrario del nostro e ci sarà un motivo ;) Il Buddha in fin dei conti ha sottolineato entrambi gli aspetti, in fin dei conti. E lo ha fatto in modo da evitare gli estremi. Come ho detto altrove lo considero davvero un genio, anche dal punto di vista pedagogico. In fin dei conti non ha mai dichiarato che "non esiste l'io" ;)

Spero che la mia risposta ti sia stata utile ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#5
cit.Apeiron
Volevo solo sottolineare come il buddhismo stesso oltre ad essere una dottrina che ha come obbiettivo quello della cessazione del meccanismo di identificazione/possesso è anche una dottrina che dà in realtà molta importanza all'io - non a caso nel caso dei praticanti laici, come ha sottolineato Sariputra nel topic sul buddhismo nell'altra sezione, la pratica è incentrata sul "kamma" e non sulla "vacuità". Noi in occidente partiamo con uno studio filosofico e vediamo prima la "vacuità". Però è giusto ricordarsi che in Oriente l'approccio è il contrario del nostro e ci sarà un motivo Il Buddha in fin dei conti ha sottolineato entrambi gli aspetti, in fin dei conti. E lo ha fatto in modo da evitare gli estremi. Come ho detto altrove lo considero davvero un genio, anche dal punto di vista pedagogico. In fin dei conti non ha mai dichiarato che "non esiste l'io"

Infatti 'esiste', solo che la sua è un'esistenza vuota di essenza intrinseca ( come ogni aggregato...).
Tornando sul discorso dell'importanza dell'azione (karma) mi viene spesso in mente la famosa allocuzione attribuita tradizionalmente al Buddha (recito a memoria...): "Ecco la virtù, ecco la meditazione, ecco la saggezza. La saggezza sviluppata sulla meditazione è di grande profitto, di grande beneficio. La meditazione sviluppata sulla virtù è di grande profitto, di grande beneficio. Ecc..."
Alla base dell'edificio della pratica buddhista ci sta quindi Sila , che viene tradotto con virtù/moralità. La mancanza di questa inficia l'intero progresso sul Sentiero tracciato da Siddhartha ed è uno dei problemi principali , insieme alla fretta di ottenere risultati 'spettacolari', del Buddhismo attuale, soprattutto in Occidente.  Una delle cose che si notano, per es. nei monasteri zen americani è proprio la pochissima enfasi data all'importanza basilare di sila. Sembra quasi che l'unica cosa importante sia la meditazione. Ma una meditazione non può mai sostenersi  basandosi su un'attività karmica nociva. Così i praticanti, dopo una bella seduta di zazen, se ne vanno a letto tranquillamente tra loro, "Il bene e il male sono vuoti di esistenza intrinseca" recitano, "andiamo ad accoppiarci..." ;D
Un cibo, per quanto buono, se è mal masticato...non viene digerito e provoca dolore allo stomaco!
(E qui @Apeiron ha perfettamente ragione nel ripeterci e sostenere con forza che la "vacuità", se mal compresa e digerita, ti porta dritto spedito al nichilismo pratico...non si parte MAI dalla vacuità. In questo la lezione del Theravada moderno è basilare. hanno riportato un pò di saggezza in una pratica che rischiava d'intellettualizzarsi, costruita su una casa senza fondamenta...e Sila è fondamento solido, affidabile...non si può abbracciare il Dhamma buddhista perché si è stufi e ci sentiamo oppressi dall'insegnamento morale di una Chiesa o della società, come sento spesso dire tra i praticanti buddhisti occidentali... :(  ).
Sila non a caso è la "prima tipologia di perfezionamento" dell'Ottuplice Sentiero e cioè: Retta Parola, Retta azione e Retti mezzi di sussistenza."Purezza" va intesa alla buddhista, cioè come uno stato mentale basato sul non-nuocere, su metta e karuna...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

bluemax

non so come ringraziarvi...  :)
in poche righe siete riusciti entrambi a farmi capire (ora devo comprendere) concetti che prima avevo semplicemente assaggiato... :)


grazie infinite :)


voglio siate i miei maestri... ho molto da imparare ancora e voi siete avanti nel sentiero senza dubbio... grazie ancora :)

Apeiron

Citazione di: bluemax il 30 Gennaio 2018, 09:11:46 AMnon so come ringraziarvi... :) in poche righe siete riusciti entrambi a farmi capire (ora devo comprendere) concetti che prima avevo semplicemente assaggiato... :) grazie infinite :) voglio siate i miei maestri... ho molto da imparare ancora e voi siete avanti nel sentiero senza dubbio... grazie ancora :)

Beh Grazie mille  :)  però credo che mi sopravvaluti  ;D ti spiego il motivo...

Per quanto riguarda la pratica, in realtà più o meno sono ai tuoi livelli e devo dire che quanto dice il Sari è vero: purtroppo con tutta la "fretta" non si trova mai il tempo. Purtroppo il tempo "di relax" (ovvero il tempo in cui non si lavora) è poco e praticare seriamente richiede tempo: ergo per chi come noi vuole ritagliarsi un po' di tempo per la pratica meditativa... preferisco lasciar concludere al lettore  ;D

Per quanto riguarda i dubbi... beh ecco. Ti dico solamente che il buddhismo mi affascina molto (sia a livello teorico che a livello pratico/esistenziale/esperienziale) ma non posso definirmi buddhista, anche se effettivamente credo che sia la religione che conosco di più. Quello che posso dirti però è che è normalissimo avere dubbi anche se si sceglie di affidarsi al Buddha. Per esempio sul discorso di  come interpretare la "vacuità", il "Nirvana", il rapporto tra "verità convenzionale" e "verità ultima" ecc ci sono un sacco di opinioni diverse anche nella stessa scuola (anche se chiaramente su moltissimi punti non c'è alcun disaccordo...). Vista la quantità di opinioni secondo me il dubbio è anche giusto. Per quanto mi riguarda però ci sono dubbi molto "fondamentali", nel senso che anche sulle cose dove c'è accordo tra le varie scuole io personalmente ho dubbi. Ma ciò non toglie che il buddhismo mi affascina molto e che trovo in esso ispirazione. E non solo: posso trovare giovamento dalle tecniche meditative anche se non sono buddhista (e questo è uno dei motivi per cui il buddhismo si sta espandendo a differenza di altre religioni).

Detto ciò: sono contento che la mia interpretazione/spiegazione ti sia stata utile e certamente sono contento anche di "dirti la mia" su questioni che solleverai in futuro. Ti consiglio però di prenderle con le pinze, visto che sono un "dilettante" ;D (sul Sari il discorso è diverso, lui è un maestro anche per me - in fin dei conti moltissime cose le ho imparate da lui  ;) )

Citazione di: Sariputra il 30 Gennaio 2018, 00:51:40 AMcit.Apeiron Volevo solo sottolineare come il buddhismo stesso oltre ad essere una dottrina che ha come obbiettivo quello della cessazione del meccanismo di identificazione/possesso è anche una dottrina che dà in realtà molta importanza all'io - non a caso nel caso dei praticanti laici, come ha sottolineato Sariputra nel topic sul buddhismo nell'altra sezione, la pratica è incentrata sul "kamma" e non sulla "vacuità". Noi in occidente partiamo con uno studio filosofico e vediamo prima la "vacuità". Però è giusto ricordarsi che in Oriente l'approccio è il contrario del nostro e ci sarà un motivo Il Buddha in fin dei conti ha sottolineato entrambi gli aspetti, in fin dei conti. E lo ha fatto in modo da evitare gli estremi. Come ho detto altrove lo considero davvero un genio, anche dal punto di vista pedagogico. In fin dei conti non ha mai dichiarato che "non esiste l'io" Infatti 'esiste', solo che la sua è un'esistenza vuota di essenza intrinseca ( come ogni aggregato...). Tornando sul discorso dell'importanza dell'azione (karma) mi viene spesso in mente la famosa allocuzione attribuita tradizionalmente al Buddha (recito a memoria...): "Ecco la virtù, ecco la meditazione, ecco la saggezza. La saggezza sviluppata sulla meditazione è di grande profitto, di grande beneficio. La meditazione sviluppata sulla virtù è di grande profitto, di grande beneficio. Ecc..." Alla base dell'edificio della pratica buddhista ci sta quindi Sila , che viene tradotto con virtù/moralità. La mancanza di questa inficia l'intero progresso sul Sentiero tracciato da Siddhartha ed è uno dei problemi principali , insieme alla fretta di ottenere risultati 'spettacolari', del Buddhismo attuale, soprattutto in Occidente. Una delle cose che si notano, per es. nei monasteri zen americani è proprio la pochissima enfasi data all'importanza basilare di sila. Sembra quasi che l'unica cosa importante sia la meditazione. Ma una meditazione non può mai sostenersi basandosi su un'attività karmica nociva. Così i praticanti, dopo una bella seduta di zazen, se ne vanno a letto tranquillamente tra loro, "Il bene e il male sono vuoti di esistenza intrinseca" recitano, "andiamo ad accoppiarci..." ;D Un cibo, per quanto buono, se è mal masticato...non viene digerito e provoca dolore allo stomaco! (E qui @Apeiron ha perfettamente ragione nel ripeterci e sostenere con forza che la "vacuità", se mal compresa e digerita, ti porta dritto spedito al nichilismo pratico...non si parte MAI dalla vacuità. In questo la lezione del Theravada moderno è basilare. hanno riportato un pò di saggezza in una pratica che rischiava d'intellettualizzarsi, costruita su una casa senza fondamenta...e Sila è fondamento solido, affidabile...non si può abbracciare il Dhamma buddhista perché si è stufi e ci sentiamo oppressi dall'insegnamento morale di una Chiesa o della società, come sento spesso dire tra i praticanti buddhisti occidentali... :( ). Sila non a caso è la "prima tipologia di perfezionamento" dell'Ottuplice Sentiero e cioè: Retta Parola, Retta azione e Retti mezzi di sussistenza."Purezza" va intesa alla buddhista, cioè come uno stato mentale basato sul non-nuocere, su metta e karuna...

Già, Sari, ben detto! Questo è un problema di molte tradizioni dell'Oriente, specie quelle che parlano della "trascendenza" o della "non-dualità".  A differenza di Nietzsche, il buddhismo non dice che dobbiamo vivere "fin da ora" "aldilà del bene e del male". Il buddhismo parte proprio dal kamma - dalla "purificazione" della volontà. In sostanza prima si abbraccia il "bene" e poi si trascende. Molti occidentali (perfino rispettabili studiosi) sono convinte che invece si possa "trascendere da subito", specialmente quando leggono espressioni come "non c'è distinzione tra Samsara e Nirvana". Purtroppo oltre a praticare il nichilismo loro stessi finiscono per fare una "pubblicità" poco buona per il buddhismo stesso! Anzi spesso tra i buddhisti "seri" ho letto che proprio quel tipo di "motivazione" di cui parli (ovvero quella di "liberarsi della morale della Chiesa e della società") per loro è completamente assurda (e anzi spesso criticano il mondo occidentale proprio per il suo "a-moralismo" più di ogni altra cosa).

Detto questo concordo ovviamente con te che per il buddhismo l'"io-empirico" è insostanziale, però secondo me c'è la tendenza a enfatizzarlo troppo. In fin dei conti se uno si convince che "l'io non esiste" e poi legge "io sono l'erede del kamma" rimane confuso. Secondo me è bene far notare entrambi i punti di vista - cosa che non viene fatta nei testi filosofici sul buddhismo. E poi rimanere confusi è normalissimo, visto che il Dhamma è "profondo, trascende la razionalità" ecc. Ah e chiaramente molti di coloro che si interessano del Dhamma solo per "liberarsi dalla morale" mettono in secondo piano la dottrina delle rinascite e del kamma. In fin dei conti il Buddha oltre a dire "esiste la sofferenza e la sua cessazione" dice anche:

"visto che in realtà c'è un altro mondo, chiunque dice che non c'è un altro mondo ha una visione delle cose erronea". (Majjhima Nikaya)

Per esempio Batchelor (mi pare) dice che il Buddha nemmeno credeva nelle rinascite. Trovo queste "interpretazioni" completamente errate oltre che inutili. In fin dei conti se già non credo alle rinascite cosa mi interessa dimostrare che il Buddha non ci credeva?  ;D Dire semplicemente che si è sbagliato, no?

Personalmente sulla questione delle rinascite sono molto scettico. Ciononostante trovo l'insegnamento sul kamma e sulle rinascite molto interessante e molto utile.

Mi chiedo se molti buddhisti in occidente però sarebbero tali se si partisse dal kamma e da sila (l'etica). Ma in fin dei conti il "buddhismo" autentico è quello  ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

green demetr

Citazione di: bluemax il 29 Gennaio 2018, 12:52:16 PM


ma eliminato l' EGO... cosa rimane dell' IO ? In altre parole... Chi è IO per il buddismo ?


Credo che andando avanti nella meditazione lo scoprirai ben presto.

Io meditati parecchio in giovinezza, e riuscii ad arrivare ai 50 minuti di meditazione profonda.

Ovviamente la prima fase occupò un bel pò di tempo, e diciamo che ricordo benissimo che il limite di gradevolezza era proprio 20 minuti.

Per passare ai 30 minuti ricordo che ho sofferto parecchio, perchè come dici ad un certo punto la mente scappa.

Ci vuole un lavorio intenso proprio per addomesticare la mente ed aggiungere quei 10 minuti importantissimi.

Dai 30 minuti ai 50 minuti (il mio record fu un ora e mezza) il passo è invece brevissimo.


Si entra in quella che io chiamo meditazione profonda.

Io la percepii proprio come la mente che pensa se stessa.

E si rende conto di non essere mente ma Pensiero.

Credo che molti filosofi usino scorrettamente il pensiero autocoscienza per indicare questa condizione mentale.

Salvo il fatto che io non l'ho mai considerato un fatto mentale.

E' proprio un altro mondo.  (recentemente sto provando a fare uno sforzo per intendere i filosofi contemporanei e gli scienziati che invece parlano esclusivamente di mente. forse è possibile farlo, ma gli attributi sono molto differenti)


Il punto è che nel Pensiero l'Io vige ancora.

E' allorquando si raggiunge la soglia dei 50 minuti che si arriva ad uno stato di illuminazione vero.

E' in quel momento che odi Dio.

O meglio sentii un mondo superiore a cui devi immolare il tuo io (e che la tradizione chiama Dio, in realtà nell'indusimo si parla di mondo primo, e ce ne sono centinaia da lì in avanti, prima di arrivare al pianeta del latte, quello delle visioni cosmiche).

Io scelsi di NON immolarlo. (ed equivale mi par di capire seguendo il mio maestro Yogananda, che si tratti del quarto gradino di evoluzione, presente anche nel santo memdievale Patanjali, 4 di 10 o 12 non ricordo).


Per questo ti posso dire che l'io è certamente percezione, mente e pensiero, e che solo dopo vi sia lo spirito.

Nello spirito l'io scompare. Tu non sei più tu, sei d'improvviso un animale, un luogo, un elementale.

E' lo stato che raggiungono gli sciamani e gli yogin più esperti.

Molto pochi a dire il vero.

Tanto che il Buddha di Siddharta di Hesse, esprime la sua preoccupazione per chi rimane solo su questo livello più basso.


Poichè il livello più basso è quello delle percezioni nascono le morali induisti, così simili alle nostre, e a quelle di tutto il mondo.

Ossia l'amministazione dei mediocri.

Ma la spiritualità è un altra cosa.

E sono curioso di sapere, se riuscirai ad arrivare almeno al quarto livello.

Mi pare che sei ancora al secondo livello.

Combatti per il terzo, e arriva al quarto così poi possiamo scambiarci qualche impressione.

Anche se devo anticiparti che queste sono cose che si fanno da giovani, da vecchi è praticamente impossibile raggiungere certi livelli.

Ma dipende dalla perseveranza e dall'apertura mentale. Non diventiamo zombie nelle mani degli scienziati, combattiamo!

Vai avanti tu che mi vien da ridere