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Inferi, inferno

Aperto da doxa, 13 Novembre 2024, 09:17:39 AM

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doxa

Inferi o inferno ? sono due luoghi distinti e separati.

Il sostantivo plurale Inferi deriva dall'aggettivo latino  infĕrus  (=  infero, che sta sotto). 

In ambito cristiano i biblici inferi simboleggiano il luogo del soggiorno dei morti. Vi discese anche Gesù dopo la sua morte sulla croce. La sua catàbasi (= discesa) prima della risurrezione.

Pietro, nel giorno di Pentecoste, durante  un suo  discorso agli "uomini di Israele"  cita il Salmo 16 per proclamare la risurrezione di Cristo: "Tu non abbandonerai la mia vita negli inferi, né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione" (Atti 2,27; Salmo 16,10).

Gli inferi non vanno confusi con l'inferno, che è sede della dannazione eterna. Coloro che ci si trovano sono privi della visione di Dio.

Sinonimi di Inferi sono l'ebraico She'ol, il greco Ade e l'Aralla mesopotamico:  luoghi  dei morti e delle ombre, soggiorno indifferenziato di tutta l'umanità, di giusti e peccatori.

La mitologia greca narra che il dio Hádēs (= Plutone)  ricevette la sovranità dell'Ade quando l'universo fu diviso con i suoi due fratelli Zeus e Poseidone, che ottennero rispettivamente il regno del cielo e del mare.


Ade e Cerbero,  il cane con tre teste

L'inferno, invece, è un luogo di sofferenza e di punizione per le anime dei peccatori. Ci sono gli individui reprobi dopo il giudizio finale  di Dio. Questo luogo è una allegoria per descrivere lo stato di isolamento e desolazione che viene dalla separazione del peccatore da Dio.

Lo scrittore francese Georges Bernanos (1888 – 1948) nel suo romanzo "Monsieur Ouine", pubblicato nel 1943, scrisse: "Si parla sempre del fuoco dell'inferno, ma nessuno l'ha visto. L'inferno è freddo".

Ancora Bernanos, nel suo capolavoro "Diario di un curato di campagna" spiega il  perché  di quel freddo infernale tramite la voce del protagonista: "L'inferno è non amare più".

Lucrezio, scrittore di epoca romana (98 a. C. circa – 50 a. C. circa), nel suo "De rerum natura"  scetticamente osservava: "I supplizi che dicono ci siano nel profondo Acheronte sono già tutti nella vita" (III, 978-9).

Altri autori e testi sono citati  nel libro titolato "Fuoco e fiamme", scritto da Matteo Al Kalak, docente di "Storia del cristianesimo e delle Chiese nell'università di Modena e Reggio Emilia.

L'autore descrive le scene infernali con tutte le spezie stilistiche del racconto, ricostruisce  "storia e geografia dell'Inferno", iniziando con la biblica Genesi e la frase "In principio ...".

Il realismo descrittivo si miscela con la metafora spirituale.

Come simbolo teologico dell'Inferno Gesù cita la Geenna, una valle scavata dal torrente Hinnom sul lato meridionale del monte Sion, usata nell'antichità a Gerusalemme come inceneritore dei rifiuti.

Un capitolo del citato libro di Al Kalak è dedicato alle "porte degli inferi", che la tradizione fa varcare al Cristo risorto. Tale "immagine" è collegata al passo evangelico riguardante il "primato di Pietro": "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi (in greco "dell'Ade) non prevarranno su di essa" (Matteo 16, 18).

Varcare quelle soglie alla maniera dantesca come monito ai viventi.

Nel  citato libro il capitolo finale è titolato "Quel che resta dell'inferno"... nel nostro tempo.

Nel Catechismo della Chiesa cattolica, emanato nel 1992, c'è l'appello alla conversione, essendo "la pena principale dell'inferno la separazione eterna da Dio" (n. 1035).

Ovviamente nell'apparato immaginifico ci sono presenze e istanze molteplici: la figura di Satana, la misericordia divina, l'apparente eccesso della pena infernale in eterno.

Fin dall'antichità  cristiana si scontrano due tesi opposte:

quella "infernalista", sostenuta da Agostino vescovo di Ippona, dal teologo Tommaso d'Aquino, secoli dopo dal teologo francese Jehan Cauvin (in Italia conosciuto come Giovanni Calvino), che fu con Lutero il riformatore religioso del cristianesimo protestante nella prima metà del '500. Dal suo nome deriva il termine "calvinismo". Essi affermavano la certezza di un inferno popolato da dannati.

L'altra tesi, detta dell'apocatastasi, parola polisemica derivata dal  sostantivo greco apokatástasis. In ambito religioso e filosofico vuol significare "ritorno allo stato originario", in senso salvifico: "riconciliazione finale universale", nel linguaggio teologico "il  ristabilimento di ogni cosa nell'ordine voluto da Dio, alla fine dei tempi,  per cui l'inferno potrebbe essere vuoto, senza peccatori.

Nel cristianesimo il concetto è presente in un versetto degli "Atti degli apostoli" (3, 21): "Egli dev'esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione (apokatastàseos) di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall'antichità, per bocca dei suoi santi profeti".

Giustizia e misericordia divina sono, quindi, in contrappunto col tentativo di proporre almeno "il dovere di sperare per tutti".

Concludo citando lo scrittore cristiano inglese Clive Staples Lewis e il suo libro titolato: "Lettere di Berlicche", pubblicato nel 1942. L'autore ammoniva "che la via più sicura per l'inferno è quella graduale: la discesa dolce, morbida sotto i piedi, senza svolte improvvise, senza cartelli indicatori", in pratica senza l'incubo del fuoco e delle fiamme. :pentitevi:

Duc in altum!

Bello, interessante e molto utile... lo userò!
Grazie...

P.S. = per le 2 tesi opposte, un cristianesimo senza "l'inferno" (la dannazione eterna della coscienza post-mortem) non è cristianesimo... Vangelo docet! O:-)
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

doxa

Buongiorno Duc oggi per colazione ti offro questo post.

La mitologia greca narra  che  l'entrata negli inferi è in una caverna  a capo Matapan (detto anche capo Tenaro il punto più a sud della  penisola della Maina, in Laconia (Grecia).

 

 
La spelonca è la dimora del dio Hádēs (= Ade, significa invisibile, ed anche oscuro), nome che identifica sia la divinità sia il  sotterraneo regno dei morti e delle ombre, denominato Plutone dai Romani.
 
Sul promontorio  di Capo Matapan gli Spartani costruirono alcuni templi, uno dei quali dedicato a Poseidone. Lo costruirono sopra la caverna d'entrata nell'Ade, di cui oggi restano alcune antiche rovine, inglobate in una successiva chiesa cristiana dai Bizantini, ed è ancora in uso.
 
Anche Hádēs aveva una moglie, Persefone, detta anche Kore (figlia di Demetra, patrona della fertilità, dell'agricoltura e delle stagioni), da lui rapita e portata negli inferi per sposarla contro la volontà della ragazza, poi costretta a diventare  la regina dell'oltretomba.
 
Demetra, disperata,  reagì al rapimento della figlia provocando un lungo inverno e la carestia.
 
Intervenne Zeus e si giunse ad un accordo: Persefone poteva trascorrere sei mesi con il marito nelle stagioni autunno e inverno  e sei mesi sulla Terra con la madre, in primavera e in estate, facendo rifiorire la natura. Poi Persefone, entrò a far parte anche della mitologia romana col nome di Proserpina.
 
Per la mitologia romana, invece,  l'entrata nell'Ade  era vicino  il lago di Averno, presso Cuma, nei Campi Flegrei.  Virgilio nel VI libro dell'Eneide narra il viaggio dell'eroe Enea insieme alla Sibilla Cumana:  "C'era una grotta grande e profonda, protetta da un nero lago e dalle tenebre dei boschi, sulla quale nessun volatile impunemente poteva dirigere il proprio volo con le ali, tali erano le esalazioni che, effondendosi dalla nera apertura, si levavano alla volta del cielo".
 
Approdato a Cuma, l'eroe troiano consulta la sibilla nell'antro vicino il tempio di Apollo e la prega di guidarlo negli Inferi. La sibilla accetta, ma l'eroe deve prima procurarsi il ramo d'oro da offrire in dono a Proserpina.
 
Enea, con l'aiuto di Venere, trova in un bosco il ramo d'oro e lo dà alla sibilla. Giunta la notte, e compiuto il sacrificio propiziatorio alle divinità infernali,  l'eroe e la sibilla entrano nell'Averno  ed iniziano il viaggio verso gli Inferi.  Incontrano mostri e simulacri di mali e malattie,  arrivano  sulla sponda del fiume Acheronte e attendono Caronte, il traghettatore infernale.
 
Duc, ma gli inferi del cristianesimo dove sono ubicati ?
 
La discesa di Gesù agli Inferi è affermato nel Credo degli apostoli: "Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte".
 
"Come  Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il  Figlio dell'Uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra" (Mt 12, 40).
 
Secondo il  "Catechismo della Chiesa Cattolica" (n. 632), "Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come salvatore, proclamando la buona novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri". Questo è un altro esempio di mitologia cristiana.
 
Come già detto, gli inferi sono distinti e diversi dall'Inferno: questo esiste da quando Satana si ribellò con gli altri angeli ribelli a Dio. Sono loro che hanno 'costruito' l'inferno, separandosi da Dio.
 
Come concetto l'inferno si espanse  col  cristianesimo,  ma la concezione di 'dannazione' era  già conosciuta dagli Ebrei, in modo diverso.

Duc in altum!

Buonasera @doxa.

Citazione di: doxa il 15 Novembre 2024, 08:42:23 AMDuc, ma gli inferi del cristianesimo dove sono ubicati ?
Prima della morte di Gesù, gli "inferi" - non solo mitologicamente - erano la dimensione ove dimoravano i defunti (empi o giusti) dalla chiusura dell'Eden (mito inserito nel libro della Genesi).

Con la risurrezione del Messia c'è la riapertura di questo Eden/Paradiso, ove il Cristo conduce solo i giusti (ulteriore riflessione scomoda: il primo a entrarvi, anziché un patriarca, un re o un profeta, è un delinquente: San Disma) che permanevano negli inferi, in attesa che si compisse la "promessa" a cui avevano creduto per fede.

Contemporaneamente, le ombre dei morti degli empi, lasciavano anch'esse gli "inferi", per accomodarsi eternamente in ciò che avevano altrettanto creduto per fede: l'inferno.

Non c'è condanna, ma solo scelte personali che il Giudice convalida...

Pace & Bene

"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

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