Il valore del dubbio nella fede

Aperto da Dante il Pedante, 26 Ottobre 2020, 09:03:01 AM

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Ipazia

@niko

Citazione di: ProtagoraIntorno agli dèi non ho alcuna possibilità di sapere né che sono né che non sono. Molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia l'oscurità dell'argomento sia la brevità della vita umana.

Lo si era già capito 2500 anni fa. Ipazia sospende il giudizio tanto sul creato che sull'increato, sul causato che sull'incausato e pure sul bigbang, che comunque rimane la cosmogonia con più pezze giustificative d'appoggio. Soprattutto non accetto una causalità d'accatto che ci tratta come infanti a cui una risposta bisogna comunque darla anche farlocca.

L'umanità si è evoluta anche quando non sapeva nulla di quark e buchi neri. Man mano che scopriva i buchi neri della fisica, tappava i buchi neri della superstizione e così sarà anche in futuro. Col tempo ci siamo abituati a pretendere che ogni postulato venga dimostrato prima di diventare (cono)scienza.

Ti consiglio di meditare sul post di Phil che precede il tuo, perchè focalizza al meglio l'aporia di identificare la coerenza logica con la verità ontologica. Vale per i numi e pure per le teorie scientifiche, come osserva Phil.

Sapere di non sapere non fa dispetto ad alcun nume, semmai al suo fantasma antropologico, orfano di causalità. Sapere di non sapere è lo stimolo più potente al sapere, il cui unico rischio è incorrere nell'evirazione di verità preconfezionate ed eterne.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

x Inverno


Solo per dire che per costruire una banale casetta e passare alla complessità di una progettazione di un caseggiato, di una chiesa con archi e contrafforti , valgono le stesse e identiche leggi statiche e dinamiche delle forze, ovviamente adattate alle diverse problematiche. In una filosofia passata di moda si dicevano "essenze".


x Phil


Mi trovi d'accordo fino ad un certo punto ,  la logica per me è non riducibile a  un simbolo fine a se stesso , matematico ,geometrico o logico , quel segno chiama in causa un significante, quindi la logica ha senso come semantica e regole sintattiche. Il "mondo della vita" non è affatto solo empiria, è una mente per niente empirica e una coscienza per niente empirica che decidono falsità verità giudizio. Il giudizio empirico  è solo una delle possibilità .
Rimane il problema di cosa si intenda "fantastico", se ritieni che sia impossibile dedurre e rimanere nell'induttivismo empirico.
Per sola  via logica formale empirica funziona un automa non un umano.



Per quanto riguarda la seconda parte del tuo discorso sono anche qui in parte d'accordo .
Il ragionamento semantico depura la fede dalle superstizioni e psicologismi . Si tratta di capire cosa è autentico o inautentico dal punto di vista spirituale.
Più propriamente  una religione è strutturata in Sacre Scritture e una Rivelazione: il dubbio può sorgere quando la Parola Sacra si ritenga  incoerente nel mondo della vita. Ma è anche lo "stato
dell' anima" del fedele, del credente che è interpretante che decide .

Freedom

A me pare che il concetto introdotto nei passati post e cioè "da dove nasce l'intelligenza?" meriti ulteriori e più approfondite riflessioni. E' veramente una domanda importante. Le risposte che ho letto, sinceramente, non mi appaiono convincenti.

A questo concetto mi pare oggettivamente legata un'altra domanda decisiva: le costanti di natura (vabbè non chiamiamole leggi), in un mondo in cui l'unica costante è il cambiamento, mi sembrano.......almeno sorprendenti. Non sorge un dubbio sulla loro origine?

Il "miracolo" della vita e, in generale, tutti gli organismi complessi (ma anche elementari!) e tutto il "costrutto" dell'universo e la loro formazione è il terzo elemento di riflessione.


Non mi spingo a formulare una quarta domanda: "chi ha creato la materia che sottende la creazione dell'Universo?" perchè non ci porterebbe da nessuna parte. Infatti, se uno volesse rispondere Dio, la successiva e immediata questione sarebbe: chi ha creato Dio?

Oltre a questi quesiti, a mio avviso risolutivi se soddisfatti, vorrei infine introdurre una considerazione sul valore del dubbio nella fede. O, se permettete, nella convinzione o anche, perchè no, nella certezza.

Sono tuttavia tentato di aprire un thread ad hoc. Anzi lo faccio. Spero solo di non togliere energie a questa così interessante discussione. Quindi ci penso su un attimo ;D ;)
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

viator

Salve freedom. Citandoti. "....................le costanti di natura (vabbè non chiamiamole leggi), in un mondo in cui l'unica costante è il cambiamento, mi sembrano.......almeno sorprendenti. Non sorge un dubbio sulla loro origine?".


A me, sinceramente, non sorge alcun dubbio in quanto la coesistenza della costanza e della mutevolezza è proprio ciò che genera il divenire, cioè l'esistenza dinamica delle cose.


La costanza implica la permanenza di ciò che - venendo dal passato - deve proiettarsi nel futuro producendo il nuovo, cioè la mutevolezza. (la funzione della biogenetica dice qualcosa?).


Perciò la costanza incarna i principi, i quali devono venir conservati immutabilmente per poter funzionare, quindi provvedere alla conservazione del vecchio indispensabile.
La mutevolezza incarna le variabilissime modalità attraverso le quali i principi possono venir "interpretati" per produrre il nuovo, cioè la auspicabile dinamicità dell'essere.


La costanza sono i mattoni. La mutevolezza l'edificio. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 00:20:09 AM
Il "mondo della vita" non è affatto solo empiria, è una mente per niente empirica e una coscienza per niente empirica che decidono falsità verità giudizio. Il giudizio empirico  è solo una delle possibilità .
Rimane il problema di cosa si intenda "fantastico", se ritieni che sia impossibile dedurre e rimanere nell'induttivismo empirico.
Per sola  via logica formale empirica funziona un automa non un umano.
La mente e la coscienza (sorvolando sulla questione se siano solo empiriche o meno e sulla differenza uomo/automa) decidono solitamente della verità di un giudizio basandosi sull'empiria, così come decidono della validità di una conclusione basandosi sulla logica. Se consideriamo l'appello all'empiria in quanto «verifica oggettiva del contenuto dei predicati»(autocit.), quale altro criterio può essere utilizzato per assegnare valore di verità ad una proposizione? Essendo nella sezione «spiritualità», la risposta più ovvia è: la fede; altrove si risponderebbe con «l'opinione» (come quando affermo la "verità" della proposizione «la Gioconda non mi piace» o «è giusto votare "no" a quel referendum»). Tuttavia, come tutelare la fede da quelle che hai chiamato «fantasticherie», se non facendo appello ad un contenuto minimo di empiria? L'esempio che ho citato di Godel dimostra che la pura validità logica non mette al riparo da fantasticherie, così come P. Gosse, con la sua teoria dell'"omphalos", dimostra che se si è motivati a difendere una tesi, senza l'onere di attenersi sufficientemente all'empiria, si può sempre trovare un (fantasioso) slittamento semantico o interpretativo ad hoc, proponendo tesi infalsificabili (e "circolari").
Chiaramente, questo non significa che «sia impossibile dedurre»(?)(cit.), è semmai forse impossibile evitare di fare deduzioni; nondimeno per assegnare dei valori di verità non serve la deduzione, in quanto operazione formale, ma una evidenza/opinione/motivazione/etc. per "compilare" il valore di verità della proposizione. Ed è proprio questo lo spazio in cui accade il dubbio nella fede: come detto, per me essa nasce nel momento in cui si dubita dell'evidenza empirica e si inizia a credere che ci sia dell'altro, cominciando a postulare, quindi a dedurre, ad "affermare il conseguente", etc.

Concordo sul fatto che
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 00:20:09 AM
una religione è strutturata in Sacre Scritture e una Rivelazione: il dubbio può sorgere quando la Parola Sacra si ritenga  incoerente nel mondo della vita.
e tale incoerenza con il mondo della vita (pertinente alla suddetta "empiria" che circonda il soggetto) apre ad un'interpretazione dei testi sacri (a scelta fra i numerosi disponibili) che, retta dalla sua infalsificabilità (come dimostra l'esempio del citato P. Gosse), trova nella fede (non nella logica, tantomeno nell'empiria) l'unico placebo al dubbio, fra "c'è dell'Altro" ed "è tutto qui".

Sariputra

Il dubbio è un pilastro della fede.In assenza del dubbio la fede scompare e appare la supertizione o il fanatismo, che non sono fede,ma una sua degenerazione.Le fede è come lo zucchero,il cervello ne ha assolutamente bisogno,ma se ne prendi troppo ti viene il diabete mellito di tipo2.Il dubbio è quella cosa che permette alla fede di non trascendere e diventare malata.Il dubbio dell'uomo di fede è ben descritto nel Vangelo.Giovanni Battista , imprigionato da Erode,riesce a mandare due suoi discepoli da Yeoshwa con l'incarico di chiedergli se è veramente lui l'unto del Signore.Giovanni Battista è lo stesso uomo che,sulle rive del Giordano ha da poco tempo battezzato il nazareno,indicandolo alla gente come l'inviato.Giovanni sapeva che Yeoshwa aveva sempre obbedito ai comandamenti di Yahweh e non aveva bisogno di pentirsi, e che non aveva alcuna necessità di essere battezzato.Eppure, dopo poco tempo...eccolo dubitare.Giovanni è veramente un uomo di fede. Il dubbio alimenta la sua fede.E' così per ognuno,per ogni giorno in cui si alternano speranza e delusione,fiducia e dubbio.Questo permette alla fede di crescere,di maturare.Come alla pianta serve il sole, ma anche la pioggia per crescere,svilupparsi e dare frutto,così alla fede serve ,oltre alla fiducia,anche il dubbio per maturare,per diventare adulta. E mai il dubbio,come supporto e puntello alla fede stessa ,viene meno.Yeoshwa stesso lo sperimenta sulla croce...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

#96

x Phil



Dai alla fede un sinonimo d'ignoranza e continui a fingere che noi essendo umani non siamo la tavola di verità di Wittgenstein. Nessuna la usa per fare un'investimento o per fare una ricerca sul coranovarius. Va bene nei linguaggi informatici, negli automi appunto. Chi sceglie girando per il mondo con un libro di logica in tasca o le tavole della verità di Wittgenstein?
La stessa filosofia analitica, dopo Frege- Russell-Wittgenstein , ha  poi dovuto immettere formulazioni modali, inserire "possibilità" e  "necessità" per sviluppare un linguaggio che era  amorfo , privo di vita perchè lontano dalla vita. Noi non comunichiamo affatto seguendo regole formali , lo aveva già capito Husserl (di cui accenno in filosofia ad una risposta a Green)  nella sua fenomenologia, quando inserisce la coscienza intenzionale  e quando critica la logica formale  in
"Ricerche logiche" volendo passare dalla logica formale alla logica trascendentale.
Ed è qui che si separa la filosofia continentale da quella analitica storicamente.
Husserl aveva capito che noi conosciamo e comprendiamo relazionandoci con un fenomeno con tutte le nostre qualità: intuito, ragione, intenzione, coscienza, tanto che la separazione fra soggetto e oggetto sfuma, nel senso che non è così divisa.
La logica formale proposizionale funziona perché la dimostrazione è giustificata da un dato empirico . 


La fantasticheria, così come hai scritto nel post precedente, esiste perché ha un segno, un simbolo, un significato, un senso , solo che essendo fuori dalla matericità non è dimostrabile, ma nel domino empirico, non nel dominio umano. Questo è il punto essenziale. Come mai un problema psichico "che non esiste" condiziona il dominio empirico della vita . O ancora meglio, se c'è una "fissazione psichica", una compulsione, una paura, un'ansia, nei fatti non esiste, ma  intanto condiziona l'esistenza di chi l'ha. Non esiste quel confine netto fra matericità empirica e trascendenza,
Allora prima direi che non si può eludere il "mentale" rispetto ad un dato empirico e comincerei a dire che un procedimento dialettico, argomentativo ,ragionato, con logica anche formale, può aiutare a costruire il passaggio da un induttivismo empirico ad un deduttivismo metafisico.
Se dico che la legge della termodinamica è una delle più importanti leggi che governano il sistema materico ed energetico , tutti penso che assentano. Ma se chiedo da dove mai è uscita questa legge fisica e non esauritasi nel "come" del fenomeno , ma il "perché" l'uomo è riuscito con le sue qualità a costruire questa legge: ......tutti o  tacciono o "svicolano" con argomentazioni generaliste e superficiali, compresi gli scienziati che la studiano  e la applicano.
Il procedimento umano non si ferma al "come", all'osservazione, analisi, sintesi dei dati sperimentali , c'è qualcosa di propedeutico che spinge l'uomo a creare scienza, tecnica.
Lo stesso procedimento se non è dentro il dominio empirico, materico, diventa....fantasticheria.
Il problema della scienza in generale, lo ribadisco per l'ennesima volta, è limitare la sua conoscenza al dato effettuale dentro una dimostrazione giustificando la sua validità come fattualità, come calcolo e misura . E tutto il resto? Noi umani  siamo fisicamente composti da  miliardi e miliardi di molecole, eppure pensiamo , sono allora le molecole che pensano?
Ci arriverà la scienza? Ma io intanto vivo un lasso di tempo infinitesimo rispetto ai tempi universali e ala tempo della ricerca scientifica: ho necessità di risposte per dare senso alla mia esistenza.
Quindi va bene la scienza, van bene anche tutti gli strumenti conoscitivi, logica, matematica, geometria, ma manca qualcosa che è qualità e non è misurabile dal calcolo.


L'incoerenza che potrebbe per un fedele esserci fra  Sacra Scrittura e la sua vita, non riguarda la matericità empirica  riguarda i significati dell'esistenza. La relazione fra esistere e fede può aprire ai dubbi, ma i dubbi aprono anche a  "tentazioni" a cercare nell'empirico i significati dell'esistenza, a comportarsi diversamente rispetto alle virtù.
Il ruolo religioso è la relazione fra Rivelazione- significato dell'esistenza- morale ed etica comunitaria e individuale. Per questo le religioni sono anche tutt'ora premesse importanti regolative delle comunità, prima ancora delle codificazioni legislative. E' la conformazione regolata comportamentale rispetto ad una Rivelazione. E questa è la dimostrazione di come un pensiero ,che non è empirico e materico, possa cambiare il mondo materico ed empirico.

Ipazia

Il mentale non si può eludere, ma si può educare. Funziona così fin dai primi vagiti in tutte le lingue e culture. Cambia solo la direzione dell'educazione, fatte salve alcune costanti antropologiche molto empiriche, difficilmente tergiversabili o bypassabili.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

@paul11

Sorvolando su osservazioni che (ti) ho già sottoposto in precedenza (se non sbaglio) ovvero che Wittgenstein è anche quello dopo il Tractatus (v. Ricerche, "giochi linguistici", etc.), che dopo Husserl (forse l'ultimo dei metafisici davvero attenti alle scienze) l'intenzionalità si è dimostrata sempre meno trascendentale (v. neuroscienze, etc.), osservando inoltre come sia piuttosto audace affermare che «un problema psichico» o «una compulsione, una paura, un'ansia» (cit.) non esistano(?), poiché di fatto si manifestano empiricamente al punto da essere, pur con tutte le inaggirabili difficoltà del caso, talvolta persino studiabili e quantificabili (azione dei neurotrasmettitori, pulsazioni, osservazione clinica, etc.), resterei focalizzato sul tema del ruolo del dubbio nella fede.
I due passaggi portanti mi sembrano questi:
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 19:53:21 PMse chiedo da dove mai è uscita questa legge fisica e non esauritasi nel "come" del fenomeno , ma il "perché" l'uomo è riuscito con le sue qualità a costruire questa legge: ......tutti o  tacciono o "svicolano" con argomentazioni generaliste e superficiali, compresi gli scienziati che la studiano  e la applicano.
[...]
ho necessità di risposte per dare senso alla mia esistenza.
Cos'è che lega lo "svicolare" degli scienziati di fronte alla domanda sull'origine delle leggi fisiche e la tua «necessità di riposte» per il (tuo) domandare un senso per l'esistenza? Qual è il tabù che loro dissimulano e che spinge ad individuare le risposte di senso esistenziale nella fede? Il nesso essenziale, almeno dal mio punto di vista, l'hai ben individuato: l'ignoranza, il non sapere, la mancanza (in tutti i sensi); questo (alcuni di) loro si rifiutano di ammettere e questo dà un senso al salto nella fede.
Inevitabilmente, tanto il non-rispondere/"svicolare", quanto il rispondere teologico-dogmatico (assiomatico, se preferisci), non possono scongiurare la legittimità del dubbio, che resta dunque testimonianza della debolezza (empirica, intersoggettiva, epistemologica, etc.) delle risposte che dovrebbero addomesticarlo, ovvero il «non lo sappiamo ancora, ma lo scopriremo in terra» degli scienziati ed il «lo sappiamo già, ma lo troveremo "in cielo"» dei credenti.
E la logica? Avalla tale ignoranza e tale dubbio nel momento in cui la sua deduttiva formalità non è garante di verità (che il domandare invoca) e soprattutto nel momento in cui riconosce l'infalsificabilità delle risposte della fede (che non significa, a scanso di equivoci, mettere in concorrenza le tavole di verità della logica con le tavole della legge divina, perché sono tavole su cui "banchettano" domande ben differenti).

Sariputra

Gli ultimi post mi sembrano OT...



Lei ha raccontato una volta la storia di un Rabbi ebreo tramandataci da Martin Buber: secondo questo racconto, il Rabbi riceve un giorno la visita di un illuminista. Costui e un uomo dotto, che vuole dimostrare al Rabbi che non c'è una verità di fede, che la fede e in realtà qualcosa di retrivo, un relitto del passato. Quando il dotto varca la soglia della stanza del religioso, lo vede andare su e giù per la stanza, con un libro in mano e assorto in meditazione. Il Rabbi non fa caso all'illuminista. Solo dopo un po' si ferma, lo guarda fugacemente e dice soltanto: «Forse però è vero».
Tratto dagli scritti di J.Ratzinger con Peter Seewald


Un aspetto del dubbio, molto interessante, è anche la sua capacità costruttiva. Se possiamo dubitare di una verità trasmessaci da una certa fede, possiamo altresì dubitare della nostra convinzione dell'illusorietà di quella fede. "Forse è falso" diventa così "Forse però è vero".Se posso dubitare della  verità di una Rivelazione o di un insegnamento, posso così anche dubitare del mio scetticismo.Questo permette di avere uno spazio più ampio ,sia per la fede che per l'eventuale incredulità. Perché disporre di uno spazio ampio è preferibile all'essere arroccati in uno spazio ristretto, ossia da un lato dai limiti dati dalla ristrettezza di una fede cieca, e dall'altro da quella di un'incredulità scettica? Perché permette in primo luogo di porre la misura del proprio non sapere,così che la fede,attraversata dal dubbio, sia sempre un cantiere in costruzione e mai diventare invece l'illusione di una roccaforte da cui guardare il mondo dall'alto. L'idea che la fede sia qualcosa che si possiede, per cui , ad un certo momento, si possa dire: " io la possiedo, altri no" è del tutto insensata. Non è questa la sua natura. E' piuttosto qualcosa di vivo che chiama in causa l'intera persona, e quindi non solo l'intelletto col ragionamento o la logica, ma anche la volontà e i sentimenti. Ossia l'intera dimensione esistenziale. Nel suo cantiere interiore, nella sua quotidianità stessa la fede può radicarsi nell'uomo sempre più in profondità. Si arriva al punto in cui vita e fede si identificano sempre più strettamente,ma nonostante ciò non è semplicemente qualcosa che si possiede, proprio perché la persona ha sempre la possibilità di cedere a quest'altra tendenza che vive dentro di sé. La dimensione del dubbio allora diventa determinante. E può esserlo sia in senso positivo, come sprone, che negativo, come resa...
La fede dunque rimane un cammino di vita e, come in ogni cammino, soprattutto quelli ardui e provanti, il dubbio se proseguire, fermarsi o tornare indietro è sempre presente
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11


x Phil


Quando Frege bacchetta Husserl perché utilizza la psicologia nella logica è perché una problematica non risolta dalla logica formale sta  nel fatto che non può dirimere se delle proposizioni possano dimostrare empiricamente secondo l schematismo di vero/falso.
La fattualità scientifica rispetto a problemi psichici non lo risolve per vie logiche, ma per procedimenti empatici (transfert) fra medico e paziente. Un problema psichico di per sé non è un "fatto empirico" quantificabile e misurabile. Per questo la psicanalisi freudiana è di fatto morta scientificamente e storicamente. La neurologia studia la "fisica" del cervello con indagini strumentali  e lì al massimo vedi attività dei vari settori del cervello di carattere elettrico e/o circolatorio sanguigno . Non si sa nulla di più o poco.


Ma è un fatto il cogito ergo sum cartesiano? L'io penso kantiano è un fatto? Tutti noi pensiamo?
E' un fatto empirico  o metafisica o spiritualità
Le opinioni riguardano i costrutti umani dentro la cultura.
E' un fatto che il sole sorge sempre ad est? E' un fatto che vi siano due equinozi e due solstizi ogni anno terrestre?
Una Rivelazione è un fatto, una metafisica spirituale
Personalmente trovo strano se seguo la storia evolutiva umana che prima sia nata la metafisica e poi l'empiria materica. E' come dire che gli animali essendo al più basso livello o nessuno di intelligenza sono gli esseri più spirituali e metafisici.


Un dubbio implica un atto d'ignoranza e una scelta sospesa. La filosofia, come ho già scritto può applicare il dubbio come metodo (gli scettici, S. Agostino, Cartesio) non come concetto .
Perchè è uno stato sospeso che cerca affrancamento conoscitivo.
Personalmente  direi che sono ignorante , piuttosto che dubbioso. La consapevolezza di una ignoranza pone una ricerca, il dubbio non sempre ,si scelgono sentieri corti spesso: dipende dalle singole persone.
L'attuale metodo scientifico o cambia di nuovo metodo e sarebbe una rivoluzione culturale epocale, o rimarrà con i suoi limiti intrinseci. In circa più di un secolo ha già vissuto due crisi rispetto alle concezioni galileiane e newtoniane. Una è proprio nel periodo di Husserl , l'altra quando è apparsa la meccanica quantistica. Quindi la scienza o allarga i suoi orizzonti metodici , o rimarrà nei laboratori rintanati senza nulla poterci svelare quello che molti scientisti sperano.




Dal punto di vista del credente in una religione/spiritualità ,sono più che convinto che un normodotato non "beve", ma quando studia ,legge, interpreta e fa direttamente parallelismi con la sua esperienza di vita. Se la sua esperienza trova che una parabola, un aneddoto, una allegoria, una metafora, un racconto,  e gli dà qualcosa, intuisce, capisce che quelle parole sono sagge, sapienti ,lo ispirano. Se trova quindi che una spiritualità ,una religione, "gli rivelano" qualcosa di intimo ,lo accetta in via generale. E' nelle particolarità che potrebbero esserci difficoltà di comprendere o addirittura strafalcioni, errori di traduzione. C'è una ermeneutica ed una esegesi dei testi , e quando diventa mistica addirittura c' è un maestro che insegna come interpretare il testo e "viverlo" quel testo. Bisognerebbe fare esempi concreti di dubbi per veder dove sta un problema.
Bisogna anche saper collocare storicamente i messaggi spirituali.

Ipazia

Il dubbio è uno stadio mentale successivo all'ignoranza. L'ignorante non si pone dubbi; accetta la realtà come gli viene propinata dai suoi sensi e dalla sua educazione. Perchè si dubiti deve essere in atto un processo mentale di ricerca e il dubbio si instaura tra varie opzioni asseverative possibili in cui, ex ratio, dovrebbe essere la dimostrazione ed il suo equivalente epistemico, la falsificazione, a dirimere (provvisoriamente), il dubbio.

La fede, sempre ex ratio, dovrebbe instaurarsi laddove la ricerca abbia sciolto ragionevolmente il dubbio. La (cono)scienza, con il suo strumentario induttivo e deduttivo, è il migliore strumento teorico di cui disponiamo per questa operazione di fede. L'induzione mi conferma l'alternanza del giorno e della notte per il passato, la deduzione pone la mia fede sul fatto che anche domani sorgerà il sole, che si alterneranno le stagioni, che l'amato si comporterà nello stesso modo amorevole di oggi, e così via.

Una fede che non si regga su operazioni mentali di questo genere è cieca. Anche i numi necessitano di verifiche analoghe e l'apologetica miracolistica dovrebbe appunto supportare la fede. Peccato che gli unici miracoli che si vedono da qualche tempo siano quelli della tecnoscienza, che miracoli non sono.

Questo venir meno della miracolistica mina alla base la fede religiosa - non solo da oggi; si rileggano i dubbi dei filosofi classici sui numi - che cerca sostegno nella teologia con argomenti tipo l'inadeguatezza della ragione umana, l'hybris accecata dagli dei che ti vogliono perdere, ... Su cui si innesta fin da subito (II sec. d.C.) l'argomento più raffinato: "credo quia absurdum est" di Tertulliano che reggerà l'architrave fideistico religioso, sopravvivendo a tutte le bufere positiviste ed esistenzialiste dei secoli a venire, fino ai giorni nostri. In congiunzione con la sua versione catechistica dei "misteri della fede".

Con tale argomento si azzera il valore - e i rischi connessi - del dubbio nella fede. Ma si approfondisce il solco antropo-logico tra ragione razionale e ragione di fede.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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Freedom

Volendo dar credito alla Bibbia, ne conseguirebbe un invito, reiterato più e più volte, di non seguire la via intellettuale in maniera approfondita per cercare Dio. O, come nel caso di questo Thread, cercare il valore del dubbio nella fede.

E' vero che l'interpretazione del Vecchio e del Nuovo Testamento rappresenta un problema, per certi versi un enigma, di non immediata risoluzione. Pur tuttavia sul metodo di non cercare con la mente ma col cuore c'è una certa unanimità di opinioni. Anche se, talvolta, contraddette da certa Teologia. Forse dalla Teologia tout court. Che, per inciso, non mi ha mai appassionato.

Inoltre, a rafforzare questa indicazione, c'è il fatto che nessuno, nella storia dell'umanità, ha mai conseguito un risultato apprezzabile o quantomeno condivisibile! nell'applicazione dell'intelletto come leva verso la conoscenza di Dio. Quale poi sia la strada del cuore è un altro problema, anch'esso non proprio di elementare risoluzione. Almeno per quello che comprendo io.

Non a caso è la fede la strada suggerita come via maestra per giungere da qualche parte. Quindi un sentimento. Forse non classificabile tra quelli....come dire....ordinari. Forse un sentimento "speciale". Il dubbio dunque, nella prospettiva di analizzare la sua valenza nella fede, dovrebbe servire da orientamento. Da campanello di allarme che dovrebbe suonare quando ci si sta allontanando da questo percorso.

Questo da un punto di vista di "investigazione" di Dio. In senso generale, come giustamente afferma Ratzinger e ripreso da Sariputra, anche nelle fedi laiche - convinzioni se piace di più - il dubbio riveste un grande valore. L'essere cioè aperti a convinzioni differenti da quelle che si ritengono corrette.

Ma questo implica rara intelligenza ed umiltà. E anche forza. Perchè fa più comodo appoggiarsi a certezze date per incontrovertibili e immutabili. Si vive "meglio".
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Ipazia

Le fedi (nessun timore ad usare il termine) immanenti si reggono sulla dimostrazione e falsificazione e fanno del dubbio il loro metodo. Negli ambiti in cui non vi siano prove e controprove sufficienti, per carenza di dati o opinabilità della materia, si ricorre alla scommessa e si sta a vedere l'effetto che fa. A Colombo andò bene, a Lenin un po' meno. Ma il bello della diretta (immanente) è che si può sempre, rattoppata la nave, ripredere il mare.
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Citazione di: Ipazia il 22 Novembre 2020, 14:31:38 PM
Le fedi (nessun timore ad usare il termine) immanenti si reggono sulla dimostrazione e falsificazione e fanno del dubbio il loro metodo. Negli ambiti in cui non vi siano prove e controprove sufficienti, per carenza di dati o opinabilità della materia, si ricorre alla scommessa e si sta a vedere l'effetto che fa. A Colombo andò bene, a Lenin un po' meno. Ma il bello della diretta (immanente) è che si può sempre, rattoppata la nave, ripredere il mare.
Il problema si presenta, a mio avviso, quando ci si convince che una cosa è certa senza che tuttavia lo sia davvero. Per esempio ci si convince che là c'è il nord perché l'ago magnetico della bussola lo indica ma, per motivi che ignoriamo (bussola difettosa, presenza di campi magnetici di cui non conoscevamo la presenza, etc.) non è così. Penso a coloro che negavano l'esistenza dei raggi x e/o ultravioletti, etc. Oppure penso agli illusionisti, ai truffatori, ai manipolatori della realtà in generale.

Mi vengono in mente anche tutte le opere d'ingegno, degli inventori in generale: sul metodo siamo certamente d'accordo ma su quella scintilla che illumina la mente dell'inventore? Non c'è forse un dubbio alla sua origine? Il dubbio che forse.......

E non è forse la stessa cosa con la nascita della fede in Dio?

Mentre viceversa, ed è qui che io rilevo una contraddizione, la fede/convinzione nella non esistenza di Dio non viene considerata dagli atei una fede/convinzione bensì una evidenza. Una semplice rilevazione di ciò che è. Di ciò che è, in definitiva, sotto gli occhi di tutti. Incontrovertibile, innegabile, indiscutibile, non opinabile.

Mentre per il credente è solo assenza di percezione.

E' forse questo un muro, forse il Muro che divide i credenti dagli atei?
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

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