il perdono: quanto costa?

Aperto da Mario Barbella, 23 Aprile 2016, 22:38:29 PM

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Mario Barbella

[font='Times New Roman', serif]Nel cercare, con un motore di ricerca in internet, la frase "Settanta volte sette", che è in Mt. 18,21-35, mi sono imbattuto in un sito in cui appariva una serie di considerazioni di un sacerdote, certo Don Virgilio Covi, che non conosco, il quale, citando Luca 6.37, rifletteva sul significato del perdonare affermando, fra l'altro, che "Solo chi ha in sé lo Spirito di Dio Padre può perdonare" ed ancora: "Solo un Dio che sia Padre può perdonare". Queste frasi hanno attratto la mia attenzione perché talvolta è capitato anche a me di riflettere, come Don Virgilio, sui significati che possono essere dati alle parole "perdono" e "perdonare", non trascurando, in queste riflessioni, ciò che i Vangeli comunicano (o sottintendono) col loro linguaggio notoriamente asciutto e, per questo, un po' spiazzante.

Nel comune intendimento il verbo "perdonare" significa non dar luogo ad atti di vendetta o, comunque, di rivalsa nei confronti di chi ci abbia arrecato danno od offesa di qualche gravità. Questo stesso concetto potrebbe essere esteso, non ad un'offesa, ma, per esempio, ad un credito reale a cui il perdonante vi rinunci in assoluta gratuità per debitore. Per brevità lasciamo da parte quest'ultima importante accezione e fermiamoci alla prima, quella relativa del perdono di un'offesa. Cerchiamo di andare a qualche episodio di perdono che abbiamo effettivamente sperimentato. Immaginiamo il caso di una offesa, non molto grave, che riteniamo di aver ricevuto da un conoscente o un amico; se non intendessimo perdonarlo potremmo scegliere di redarguirlo, di mostrargli il nostro disappunto togliendogli la consueta amicizia, oppure possiamo fingere di niente ma decidendo, anche se non dichiaratamente, di chiudere ogni rapporto con lo stesso. L'offesa potrebbe essere anche molto più grave di quanto appena detto sicché, proporzionalmente, anche il nostro desiderio e le modalità di rivalsa vi s'adeguerebbero. Fatta questa puntualizzazione sulle possibili situazioni immaginiamo di voler, invece, perdonare chi ci ha offeso.
Nel caso di offesa non molto grave ma comunque significativa, il nostro perdono potrebbe risolversi nel non dar luogo a nessuna, seppure lieve, forma di contro-offesa, mantenendo, sì, immutati i rapporti apparenti, ma conservando in animo un certo rancore, per esempio, perdendo la primitiva simpatia o la stima nei confronti dell'offensore. Questo tipo di perdono imperfetto è, perché lascia in animo una traccia del rancore. Va ancora considerato il fatto che un perdono, pur senza rancori residui, come si auspicherebbe, perde pur sempre ogni valore morale o, se si preferisce, di sacralità evangelica che lo renderebbe prezioso, infatti, per un vero perdono è necessario tener presente queste possibilità:

* L'offesa è troppo piccola o è trascorso del tempo sicché il senso di gravità dell'offesa, anche se originariamente importante, si è estinto o grandemente attenuato al punto da non giustificare più i costi morali e/o materiali connessi al mantenimento o alla gestione di una qualsiasi situazione di tensione e, soprattutto, del persistere l'idea di un'azione di rivalsa. E' evidente che, in tali casi, nessun merito può essere riconosciuto a chi ha, diciamo così, perdonato senza alcun vero sacrificio grazie agli effetti del tempo ed alla esiguità dell'offesa, specie se si tiene conto che questo perdono avrebbe potuto essere dato quando ancora il bruciore dell'offesa era ancora vivo, ma ciò non fu fatto per ragioni che è facile comprendere.

* L'offesa è più importante di quella del caso precedente sicché la spinta verso un'azione di rivalsa potrebbe essere effettivamente forte; tuttavia l'eventuale azione di rivalsa si presenterebbe problematica sia per pavidità dell'offeso, sia per la mancanza di mezzi atti allo scopo e per tema di pericolose contro-reazioni e, infine, anche per il "costo" che richiederebbe il mantenimento di uno stato conflittuale. Per quest'insieme di cose l'offeso decide allora che conviene perdonare (diciamo così) l'offensore. E' appena il caso di ribadire che un tale perdono, forzato da queste circostanze, non vale molto anche in assenza di qualsiasi tangibile rivalsa ai danni della controparte, e non vale neppure se, nel tempo, sbiadendosi significativamente il rancore, si desse finalmente luogo ad una completa riconciliazione.
Vorrei ancora una volta sottolineare che il "raffreddamento" del peso dell'offesa, dovuto al trascorrere del tempo, raffredda pure l'essenza dell'eventuale perdono annullandone il valore; nessun merito allora rimane a chi avrebbe dovuto già da prima perdonare, ma mancò di farlo. Vorrei altresì sottolineare il fatto notevole che il valore sacrale del perdono cresce col diminuire dei rischi, fatiche ed altri "costi" per una qualsiasi forma di rivalsa nei confronti dell'offensore; infatti, il perdono varrebbe moltissimo se il perdonante, pur potendo, senza rischi e senza costi, vendicarsi con un semplice atto di volontà, ciò non ostante vi rinunci in totale gratuità. Da ciò si evince immediatamente che il perdono di Dio non può che avere una valenza infinita proprio perché l'infinità di quella potenza rende infinitamente piccolo –cioè nullo- il sacrificio divino e, conseguentemente infinitamente grande il valore del Suo perdono.

Dopo questa rassegna sul "bilancio" tra costi e benefici, è il momento di un cauto avvicinamento al senso cristiano e teologico del perdono. Il perdono divino è solo il modello limite verso cui tendere per cercare di dare qualche granello di merito al nostro atto di perdonare che, come abbiamo visto, spesso potrebbe esserne privo.
Ma il perdono umano, per la sua ideale riuscita, che lo renderebbe un po' simile a quello divino, dovrebbe, per quanto detto, lasciare pulita la memoria del perdonante come se l'offesa ricevuta non fosse stata neppure percepita, quindi, senza che veruna traccia vi resti nel ricordo del perdonante salva, però, la coscienza del perdono dato. Un bel dire!
E' così che dovremmo pensare al vero perdono? No, perché un tale perdono -abbiamo detto- non costerebbe sacrifici al perdonante, quindi, non avrebbe valore. Ma soprattutto peserebbe quella totale ed assoluta dimenticanza dell'offesa che annullerebbe il valore del perdono anche per il solo fatto che ogni perdita di informazione, in qualunque circostanza, anche lontana da questo argomento di riflessione, ci allontana dall'aspirazione di tendere ad imitare Dio, proprio perché Dio, in quanto Conoscenza assoluta, è privo della debolezza della dimenticanza, quindi, non può perdere alcuna informazione in questo ed in qualsiasi altro senso.
Ma se è così scoraggiante la nostra condizione come dovremmo o potremmo comportarci per seguire al meglio il comando evangelico del perdonare? Abbiamo visto come qualunque risposta alla domanda inciamperebbe in palesi contraddizioni o sarebbe così complessa da farci smarrire fra le innumerevoli ramificazioni delle possibili argomentazioni, dunque è difficile affrontarla di petto, ma forse è possibile aggirarla fidando nella buona fede. Questa buona fede, applicata all'atto del perdono, fa sì che l'atto stesso, al di là delle scoraggianti considerazioni fatte, che comunque non ne pregiudicano l'utilità sociale, anche se non si carica di valore sacrale, non di meno si scarica di parte delle insufficienze connesse a qualunque azione umana. In fondo la fiducia nella buona fede non è altro che un aspetto della Fede, cioè l'unico strumento che potrebbe condurci all'imboccatura di un provvidenziale tunnel che, quando inaspettatamente lo si trovasse, si aprirebbe una fantastica scorciatoia capace collocarci, se divinamente graziati, niente meno che nella giusta direzione verso la Conoscenza assoluta. Questo tunnel-scorciatoia sarebbe ciò che per taluni mistici è l'esperienza del rapimento estatico, per qualcun altro è la percezione di una grazia ricevuta, per un uomo di scienza o un matematico è la fortunosa ed improvvisa intuizione che, gratuitamente e di colpo, lo coglie aprendo loro inaspettatamente la via per la soluzione dei annosi problemi di ricerca, per un artista, infine, è la grande ispirazione artistica che lo renderà più che pienamente soddisfatto.
 ::)
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

Freedom

Tenterò di dire la mia su una questione che, probabilmente, è tra le più complesse se non la più complessa del cristianesimo. Non pretendo ovviamente di essere né esaustivo né risolutivo. Cercherò tuttavia di rispettare il mio "canone internet" che si rifà alla massima sintesi.

Mi aiuterò con San Antonio Abate (l'eremita) il quale così rispose a due monaci che lo interpellarono sulla perfezione. Chiesero: "cosa dobbiamo fare per essere perfetti?" Se uno vi percuote la guancia sinistra porgetegli la destra disse loro.
"Non gliela facciamo" replicarono i due monaci. Allora cercate almeno di non rispondere alla percossa ricevuta insistette lui. "Non riusciamo nemmeno a fare ciò" risposero i due monaci.

Allora Antonio chiese al suo aiutante di preparare un brodino per i due monaci riluttanti ad eseguire i suoi comandi.

La spiegazione è molto semplice: la perfezione cristiana è porgere l'altra guancia. E si arriva a tanto, aggiungo io, quando non sei praticamente più di questo mondo perché significa veramente trascendere la propria natura.
Se non ci riesci cerca almeno di non reagire suggerisce Antonio. E questo è alla portata di tutti.
Ma se non si riesce nemmeno a fare ciò allora si è profondamente malati e ci necessita un brodino.

Come vedi il cristianesimo è sempre essenziale, semplice e pratico.

Gli altri discorsi sono sfaccettature umane ma la sostanza è, a mio avviso, quella che ci dice Antonio Abate.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

giona2068

#2
Il perdono non costa niente (a nessuno). Il perdono è l'amore chi ama perdona senza fatica, e, dirò ancora di più, chi ama non ha bisogno di perdonare, cioè rinunciare alla vendetta, al rancore ecc.., perché nel cuore di chi ama non entrano queste porcherie. Chi non ha l'amore non può perdonare e quando dice di aver perdonato in verità lo dice perché chi gli ha chiesto il perdono ha nutrito la sua superbia dal momento che gli ha dimostrato  che lui ha ragione. Il torto ricevuto rompe l'unita fra due persone. Chi offende rompe il dialogo/unità e chi riceve l'offesa, se ha l'amore, non rompe l'unità ma non la vive più. Chi non ha l'amore rompe l'unità a vantaggio del rancore. A questo punto l'unico modo per tornare all'unità è il perdono, ma il suo fondamento è il pentimento sincero e qui le cose si complicano perché occorre la disponibilità all'umiliazione che è difficile da trovare. Il perdono senza umiliazione è un perdono che possiamo definire "tecnico" o di convenienza ma non porta nessun vantaggio, in particolare non ricostituisce l'unità.
Parlando di perdono quasi sempre il nostro pensiero va verso il perdono che dobbiamo dare ad altri, ma a nessuno piace di ammettere che dobbiamo essere noi a chiedere il perdono. Questo succede a causa della ns superbia ed il ns orgoglio che sono satana in persona.
In ogni caso se vogliamo essere perdonati dobbiamo chiedere il perdono ai ns fratelli, se abbiamo offeso loro, e dobbiamo chiedere il perdono al Signore Dio se abbiamo offeso Lui preferendo i ns idoli al Suo Santo Spirito. Chi dice di aver ricevuto il perdono dopo aver confessato la colpa a qualche sacerdote, magari sordo, inganna se stesso se non chiede il perdono alla persona offesa. Chi non perdona non è meno colpevole di chi lo ha offeso. Il perdona giova tanto a chi perdona perché libera il cuore dal rancore che è come un acido che ci corrode.

anthonyi

Sono infestato da una forza malefica, in passato, quando il mio problema era più grave mi capitava di essere assalito da repentini attacchi di rabbia spesso privi di qualsiasi fondamento. Un sacerdote Salesiano mi consigliò di inserire, nella serie di preghiere che recitavo per il mio problema, l'affermazione del perdono per tutti coloro che mi avessero mai fatto del male. Gli attacchi in effetti si ridussero sostanzialmente in forza e numero. Dal mio punto di vista, quindi, il perdono può avere un costo, ma ha anche un vantaggio, in spirito e salute.

Mariano

Citazione di: giona2068 il 24 Aprile 2016, 10:08:58 AM
Il perdono non costa niente (a nessuno). Il perdono è l'amore chi ama perdona senza fatica, e, dirò ancora di più, chi ama non ha bisogno di perdonare, cioè rinunciare alla vendetta, al rancore ecc.., perché nel cuore di chi ama non entrano queste porcherie. Chi non ha l'amore non può perdonare e quando dice di aver perdonato in verità lo dice perché chi gli ha chiesto il perdono ha nutrito la sua superbia dal momento che gli ha dimostrato  che lui ha ragione. Il torto ricevuto rompe l'unita fra due persone. Chi offende rompe il dialogo/unità e chi riceve l'offesa, se ha l'amore, non rompe l'unità ma non la vive più. Chi non ha l'amore rompe l'unità a vantaggio del rancore. A questo punto l'unico modo per tornare all'unità è il perdono, ma il suo fondamento è il pentimento sincero e qui le cose si complicano perché occorre la disponibilità all'umiliazione che è difficile da trovare. Il perdono senza umiliazione è un perdono che possiamo definire "tecnico" o di convenienza ma non porta nessun vantaggio, in particolare non ricostituisce l'unità.
Parlando di perdono quasi sempre il nostro pensiero va verso il perdono che dobbiamo dare ad altri, ma a nessuno piace di ammettere che dobbiamo essere noi a chiedere il perdono. Questo succede a causa della ns superbia ed il ns orgoglio che sono satana in persona.
In ogni caso se vogliamo essere perdonati dobbiamo chiedere il perdono ai ns fratelli, se abbiamo offeso loro, e dobbiamo chiedere il perdono al Signore Dio se abbiamo offeso Lui preferendo i ns idoli al Suo Santo Spirito. Chi dice di aver ricevuto il perdono dopo aver confessato la colpa a qualche sacerdote, magari sordo, inganna se stesso se non chiede il perdono alla persona offesa. Chi non perdona non è meno colpevole di chi lo ha offeso. Il perdona giova tanto a chi perdona perché libera il cuore dal rancore che è come un acido che ci corrode.
C'è qualcosa che mi sfugge nel tuo ragionamento che in buona parte condivido e cerco di esprimere il mio pensiero:

  • per ricevere il perdono per un torto che ho commesso è necessaria la mia disponibilità a riconoscere di aver sbagliato ( tu la chiami umiliazione, ma io ritengo che il riconoscere un errore debba chiamarsi onestà morale);
  • quindi per perdonare un torto ricevuto dovrei assicurarmi che chi ha sbagliato nei miei confronti lo riconosca, ma questo potrebbe essere un nutrimento alla mia superbia.
  • il perdonare ritenendo che chi mi fa un torto non è consapevole della propria azione e quindi senza il riconoscimento dell'errore è sempre da considerarsi superbia?: ritengo di no, ma ritengo anche che nel perdonare è necessario (senza rancore) cercare di spiegare perché riteniamo di aver ricevuto un torto.

Mario Barbella

Citazione di: Mariano il 27 Aprile 2016, 18:47:17 PM
Citazione di: giona2068 il 24 Aprile 2016, 10:08:58 AM
Il perdono non costa niente (a nessuno). Il perdono è l'amore chi ama perdona senza fatica, e, dirò ancora di più, chi ama non ha bisogno di perdonare, cioè rinunciare alla vendetta, al rancore ecc.., perché nel cuore di chi ama non entrano queste porcherie. Chi non ha l'amore non può perdonare e quando dice di aver perdonato in verità lo dice perché chi gli ha chiesto il perdono ha nutrito la sua superbia dal momento che gli ha dimostrato  che lui ha ragione. Il torto ricevuto rompe l'unita fra due persone. Chi offende rompe il dialogo/unità e chi riceve l'offesa, se ha l'amore, non rompe l'unità ma non la vive più. Chi non ha l'amore rompe l'unità a vantaggio del rancore. A questo punto l'unico modo per tornare all'unità è il perdono, ma il suo fondamento è il pentimento sincero e qui le cose si complicano perché occorre la disponibilità all'umiliazione che è difficile da trovare. Il perdono senza umiliazione è un perdono che possiamo definire "tecnico" o di convenienza ma non porta nessun vantaggio, in particolare non ricostituisce l'unità.
Parlando di perdono quasi sempre il nostro pensiero va verso il perdono che dobbiamo dare ad altri, ma a nessuno piace di ammettere che dobbiamo essere noi a chiedere il perdono. Questo succede a causa della ns superbia ed il ns orgoglio che sono satana in persona.
In ogni caso se vogliamo essere perdonati dobbiamo chiedere il perdono ai ns fratelli, se abbiamo offeso loro, e dobbiamo chiedere il perdono al Signore Dio se abbiamo offeso Lui preferendo i ns idoli al Suo Santo Spirito. Chi dice di aver ricevuto il perdono dopo aver confessato la colpa a qualche sacerdote, magari sordo, inganna se stesso se non chiede il perdono alla persona offesa. Chi non perdona non è meno colpevole di chi lo ha offeso. Il perdona giova tanto a chi perdona perché libera il cuore dal rancore che è come un acido che ci corrode.
C'è qualcosa che mi sfugge nel tuo ragionamento che in buona parte condivido e cerco di esprimere il mio pensiero:

  • per ricevere il perdono per un torto che ho commesso è necessaria la mia disponibilità a riconoscere di aver sbagliato ( tu la chiami umiliazione, ma io ritengo che il riconoscere un errore debba chiamarsi onestà morale);
  • quindi per perdonare un torto ricevuto dovrei assicurarmi che chi ha sbagliato nei miei confronti lo riconosca, ma questo potrebbe essere un nutrimento alla mia superbia.
  • il perdonare ritenendo che chi mi fa un torto non è consapevole della propria azione e quindi senza il riconoscimento dell'errore è sempre da considerarsi superbia?: ritengo di no, ma ritengo anche che nel perdonare è necessario (senza rancore) cercare di spiegare perché riteniamo di aver ricevuto un torto..
Aggiungo un mio chiarimento al significato di "costo del perdono (o del perdonare). ecco:
-per "costo" ho inteso significare il sacrificio (talvolta, ma non necessariamente, anche economico, normalmente trattasi di sacrificio psicologico o anche spirituale, ma anche di fastidio percepito da chi perdona).

- un "costo" poco significativo (o divenuto tale nel tempo) o per altra causa come, per esempio, la esiguità del danno materiale o morale dell'offesa arrecata, invalida il valore del perdono e parallelamente anche il merito di chi avrebbe perdonato.
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

giona2068

Dice Mariano:


C'è qualcosa che mi sfugge nel tuo ragionamento che in buona parte condivido e cerco di esprimere il mio pensiero:
per ricevere il perdono per un torto che ho commesso è necessaria la mia disponibilità a riconoscere di aver sbagliato ( tu la chiami umiliazione, ma io ritengo che il riconoscere un errore debba chiamarsi onestà morale);

L'onesta morale è un modo di essere teorico, mentre parlando di perdono siamo difronte ad male fatto che ha danneggiato qualcuno e si si è venuti meno ad uno dei comandamenti.
Non basta riconoscere l'errore occorre esserne pentiti, quindi umiliazione è il giusto termine.

•quindi per perdonare un torto ricevuto dovrei assicurarmi che chi ha sbagliato nei miei confronti lo riconosca, ma questo potrebbe essere un nutrimento alla mia superbia.

Il perdono è amore, dove c'è l'amore non c'è spazio per la superbia perché l'amore è il Signore Dio e la superbia è satana.


•il perdonare ritenendo che chi mi fa un torto non è consapevole della propria azione e quindi senza il riconoscimento dell'errore è sempre da considerarsi superbia?: ritengo di no, ma ritengo anche che nel perdonare è necessario (senza rancore) cercare di spiegare perché riteniamo di aver ricevuto un torto.

Se chi fa un torto non è consapevole non si può parlare di perdono, fondamento del perdono è il pentimento, se non c'è consapevolezza non ci sarà ovviamente pentimento. In questo caso occorre aiutare chi sbaglia inconsapevolmente. Se ho l'amore lo aiuto perché gli voglio bene, se non ho l'amore  faccio notare lo sbaglio per esaltare me stesso. Nel profondo di ogni persona c'è la consapevolezza del perché di quello che fa.
Secondo te, un genitore corregge un figlio per superbia o per amore?
Purtroppo quando parlo di queste cose trovo sempre persone disposte a parlare se perdonare o no, ma non trova mai persone disposte a parlare della necessità di chiedere perdono. Questa è la superbia vera, tutti sbagliano e devono chiedermi il perdono,  io no!!


Mariano

Citazione di: giona2068 il 27 Aprile 2016, 21:58:06 PM
"Se chi fa un torto non è consapevole non si può parlare di perdono, fondamento del perdono è il pentimento, se non c'è consapevolezza non ci sarà ovviamente pentimento"
«Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno»

Quale lettura bisogna dare a questa frase tramandataci da Luca? ( Luca 23,33-46)

giona2068

Citazione di: Mariano il 27 Aprile 2016, 22:33:16 PM
Citazione di: giona2068 il 27 Aprile 2016, 21:58:06 PM
"Se chi fa un torto non è consapevole non si può parlare di perdono, fondamento del perdono è il pentimento, se non c'è consapevolezza non ci sarà ovviamente pentimento"
«Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno»

Quale lettura bisogna dare a questa frase tramandataci da Luca? ( Luca 23,33-46)
Noi stiamo parlando  del perdono fra noi umani che non abbiamo il potere di assolvere o condannare, non di quello fra il Signore Gesù e noi umani. In ogni caso non ho detto che bisogna vendicarsi, ma di aiutare la persona a riconoscere lo sbaglio per un pentimento che sarà la base del perdono. Possiamo anche chiamare perdono il non vendicarsi, ma in verità non è perdono bensì pietà. Infatti la pietà è l'aiuto a chi non sa quello che fa o a chi non ha scampo.
Non è che per caso vuoi fare l'esaminatore?
Speriamo di no!

Daniele_Guidi

#9
Il Perdono non costa nulla quando lo si sente con umiltà e amore altruistico verso noi stessi e verso gli altri. Purtroppo quando vi è un eccesso di EGO dura sarà la possibilità di scorgere un velo di perdono.
Spesso  accade che le paure,risentimenti,rabbia interiore o comunque sentimenti di bassa frequenza possono anzi influiscono sul concedere il perdono, che sia verso noi stessi o verso gli altri.

giona2068

#10
Citazione di: Daniele_Guidi il 07 Giugno 2016, 09:57:42 AM
Il Perdono non costa nulla quando lo si sente con umiltà e amore altruistico verso noi stessi e verso gli altri. Purtroppo quando vi è un eccesso di EGO dura sarà la possibilità di scorgere un velo di perdono.
Spesso  accade che le paure,risentimenti,rabbia interiore o comunque sentimenti di bassa frequenza possono anzi influiscono sul concedere il perdono, che sia verso noi stessi o verso gli altri.


La storia si ripete, ogni volta che si parla di perdono subito entra l'idea che dobbiamo perdonare qualcuno e ognuno secondo le proprie capacità decide se farlo o no, ma nessuno dico nessuno, è disposto a esaminare il proprio comportamento per scoprire se ha qualcosa da farsi perdonare oppure no. Se nessuno ritiene di dover chiedere perdono, alla fine chi perdoneremo?

Daniele_Guidi

#11
Citazione di: giona2068 il 07 Giugno 2016, 16:42:03 PM
Citazione di: Daniele_Guidi il 07 Giugno 2016, 09:57:42 AM
Il Perdono non costa nulla quando lo si sente con umiltà e amore altruistico verso noi stessi e verso gli altri. Purtroppo quando vi è un eccesso di EGO dura sarà la possibilità di scorgere un velo di perdono.
Spesso  accade che le paure,risentimenti,rabbia interiore o comunque sentimenti di bassa frequenza possono anzi influiscono sul concedere il perdono, che sia verso noi stessi o verso gli altri.



CitazioneLa storia si ripete, ogni volta che si parla di perdono subito entra l'idea che dobbiamo perdonare qualcuno e ognuno secondo le proprie capacità decide se farlo o no, ma nessuno dico nessuno, è disposto a esaminare il proprio comportamento per scoprire se ha qualcosa da farsi perdonare oppure no. Se nessuno ritiene di dover chiedere perdono, alla fine chi perdoneremo?

Giona rileggi con attenzione il mio scritto e vedrai che diciamo la stessa cosa.

Mariano

#12
Citazione di: giona2068 il 07 Giugno 2016, 16:42:03 PM
Citazione di: Daniele_Guidi il 07 Giugno 2016, 09:57:42 AM
Il Perdono non costa nulla quando lo si sente con umiltà e amore altruistico verso noi stessi e verso gli altri. Purtroppo quando vi è un eccesso di EGO dura sarà la possibilità di scorgere un velo di perdono.
Spesso  accade che le paure,risentimenti,rabbia interiore o comunque sentimenti di bassa frequenza possono anzi influiscono sul concedere il perdono, che sia verso noi stessi o verso gli altri.
La storia si ripete, ogni volta che si parla di perdono subito entra l'idea che dobbiamo perdonare qualcuno e ognuno secondo le proprie capacità decide se farlo o no, ma nessuno dico nessuno, è disposto a esaminare il proprio comportamento per scoprire se ha qualcosa da farsi perdonare oppure no. Se nessuno ritiene di dover chiedere perdono, alla fine chi perdoneremo?
scusa giona, ma come fai ad essere convinto di conoscere i sentimenti delle persone??

Phil

Vorrei porre alcune domande sperando che servano a sviluppare il discorso:
il perdono non presuppone, da un lato, il giudizio, e dall'altro, la colpa? Con quale certezza mi pongo come giudice del comportamento di un mio simile? Sono sicuro di saper distinguere chi deve perdonare chi?
Ad esempio, da figlio, mi può sembrare che mio padre mi faccia un torto, ma decido comunque di perdonarlo per amore; tuttavia, tempo dopo, con l'adeguato distacco emotivo, mi accorgo che quel suo apparente torto era invece una sua reazione ad una mia colpa (che all'epoca non mi sembrava tale), e quindi era lui in verità a dover perdonare me... giocare a fare i giudici delle azioni altrui è attività spesso ingannevole e fuorviante (come voler scagliare la prima pietra...)

Se invece il danno subito è palese e tangibile, sta davvero a me giudicare (e poi semmai perdonare) e a quale scopo? Non dovrei usare le mie energie ed il mio tempo a cercare di rimediare al danno subito ed evitarne ripercussioni, senza indugiare iniquamente sul presunto colpevole (attività che spetta semmai alla legge terrena)? 
Il perdono non rischia di essere una "colpevolizzazione travestita ed assopita", una reazione "diplomatica" all'istintivo e fanciullesco desiderio di vendetta, che quindi non è stato ancora addomesticato? 
Perdonare qualcuno non è un'azione che "usa" il prossimo (ed una sua ipotetica mancanza) per voler elevare se stessi a "pio perdonatore"? 

Uscendo dal meccanismo vizioso giudizio>colpa>perdono, non ci si apre ad una vita più fraterna e serena?

P.s. Lo stesso "chiedere perdono" al prossimo, non è quasi superfluo, dal punto di vista etico, in caso di sincero pentimento? Quanto ha senso un perdono che segue una richiesta (e quindi non è spontaneo)? In fondo, se sono davvero pentito, ma l'altro non mi perdona, è una mancanza mia o sua? Il mio dovere morale termina quindi con il semplice "chiedere perdono" (che dunque è un chiedere non sincero perché è già concluso a prescindere dal suo esito)?

HollyFabius

Citazione di: Phil il 07 Giugno 2016, 19:33:06 PM
Vorrei porre alcune domande sperando che servano a sviluppare il discorso:
il perdono non presuppone, da un lato, il giudizio, e dall'altro, la colpa? Con quale certezza mi pongo come giudice del comportamento di un mio simile? Sono sicuro di saper distinguere chi deve perdonare chi?
Ad esempio, da figlio, mi può sembrare che mio padre mi faccia un torto, ma decido comunque di perdonarlo per amore; tuttavia, tempo dopo, con l'adeguato distacco emotivo, mi accorgo che quel suo apparente torto era invece una sua reazione ad una mia colpa (che all'epoca non mi sembrava tale), e quindi era lui in verità a dover perdonare me... giocare a fare i giudici delle azioni altrui è attività spesso ingannevole e fuorviante (come voler scagliare la prima pietra...)

Se invece il danno subito è palese e tangibile, sta davvero a me giudicare (e poi semmai perdonare) e a quale scopo? Non dovrei usare le mie energie ed il mio tempo a cercare di rimediare al danno subito ed evitarne ripercussioni, senza indugiare iniquamente sul presunto colpevole (attività che spetta semmai alla legge terrena)?
Il perdono non rischia di essere una "colpevolizzazione travestita ed assopita", una reazione "diplomatica" all'istintivo e fanciullesco desiderio di vendetta, che quindi non è stato ancora addomesticato?
Perdonare qualcuno non è un'azione che "usa" il prossimo (ed una sua ipotetica mancanza) per voler elevare se stessi a "pio perdonatore"?

Uscendo dal meccanismo vizioso giudizio>colpa>perdono, non ci si apre ad una vita più fraterna e serena?

P.s. Lo stesso "chiedere perdono" al prossimo, non è quasi superfluo, dal punto di vista etico, in caso di sincero pentimento? Quanto ha senso un perdono che segue una richiesta (e quindi non è spontaneo)? In fondo, se sono davvero pentito, ma l'altro non mi perdona, è una mancanza mia o sua? Il mio dovere morale termina quindi con il semplice "chiedere perdono" (che dunque è un chiedere non sincero perché è già concluso a prescindere dal suo esito)?

Condivido.
Peraltro il perdono mi pare collegato alla pratica cattolica introdotta nel medioevo della confessione della colpa, con condivisione delle proprie colpe con il sacerdote, con la successiva espiazione del dazio spirituale ed infine col dono del perdono. Incidentalmente tutto ciò aumenta la capacità di controllo da parte del potere temporale sulla attività delle anime pie.

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