Il panteismo porta al pessimismo cosmico?

Aperto da Socrate78, 07 Luglio 2021, 13:50:56 PM

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Socrate78

La prospettiva panteistica identifica Dio con la natura, con il creato in pratica. Spinoza era un filosofo panteista, infatti riteneva valido il principio del "Deus Sive Natura" (Dio ossia la natura) e per lui tutta la realtà era espressione di una mente divina impersonale. Ma se la divinità o la coscienza superiore si identica con la natura, e nella natura è presente il male nelle sue diverse forme (sopraffazione, sofferenza, competizione, morte, ecc.) allora il male stesso diventa espressione della divinità, quindi una prospettiva panteistica finisce per portare ad una forma di pessimismo cosmico, poiché vorrebbe dire che la coscienza superiore che informa il creato avrebbe in sé qualcosa di sbagliato, e tutto il mondo diventerebbe espressione di un principio cattivo, simile alla Volontà di Schopenhauer, che era una forza che opponeva gli esseri gli uni agli altri in una lotta continua e senza senso, e l'amore stesso in Schopenhauer era visto come un espediente della volontà per generare altri esseri destinati alla sofferenza.
Il panteismo quindi non può che portare al pessimismo, se si è davvero logicamente coerenti. E' corretta quindi la mia idea secondo cui il panteista coerente non può che essere pessimista?

Ipazia

Natura sive (e sine) Deus ha un metron morale diverso dal Deus praeter Natura del teismo. In particolare su ciò che è bene e male, e sui derivati ottimismo e pessimismo. Fin dalle riflessioni di Epicuro tale differenza radicale  emerge.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

#2
Citazione di: Socrate78 il 07 Luglio 2021, 13:50:56 PM
La prospettiva panteistica identifica Dio con la natura, con il creato in pratica. Spinoza era un filosofo panteista, infatti riteneva valido il principio del "Deus Sive Natura" (Dio ossia la natura) e per lui tutta la realtà era espressione di una mente divina impersonale. Ma se la divinità o la coscienza superiore si identica con la natura, e nella natura è presente il male nelle sue diverse forme (sopraffazione, sofferenza, competizione, morte, ecc.) allora il male stesso diventa espressione della divinità, quindi una prospettiva panteistica finisce per portare ad una forma di pessimismo cosmico, poiché vorrebbe dire che la coscienza superiore che informa il creato avrebbe in sé qualcosa di sbagliato, e tutto il mondo diventerebbe espressione di un principio cattivo...
La natura spinoziana in quanto natura naturans (e non natura naturata), se intendi ció con " principio " ( vedi grassetto ), non è nè buona nè cattiva, nè giusta o sbagliata. Antropoformizzare la natura naturans è ció che non è possibile fare nell'Etica spinoziana, che è una opera che appunto decostruisce questo tentativo, millenario. Bene e male sono problemi naturati, non naturanti.Poi certo un regime immanentistico di questa potenza, pone domande, ma a mio parere, non di un "principio" buono o cattivo., per stare nella prospettiva che hai aperto.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

bobmax

L'Etica di Spinoza descrive lo sviluppo del pensiero logico che, sospinto dalla propria fede nella Verità, giunge al limite del pensabile.

Tutto il ragionamento di Spinoza si fonda su un solo postulato: Causa sui.
Ossia Dio è.

Ne consegue che tutto è Dio.

Non vi è perciò alcuna reale distinzione, tutto è Uno.
Natura naturans e natura naturata sono il medesimo, la stessa sostanza.

Che forse la consapevolezza del bene e del male non è natura?
Tutto è natura!

Il male c'è, senza ombra di dubbio.
Ma allora Dio non è Bene?

Sì Dio è Bene.
Il Bene è!
Mentre il male c'è, ma non è.

Lo possiamo intuire anche con Spinoza, approfondendone le idee inadeguate. Una contraddizione che lui stesso non riesce a superare.
Come possono esistere idee inadeguate?

Non possono esistere.
Solo idee adeguate vi possono essere.

Ma se le mie idee sono solo adeguate... chi sono io?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Io sono natura. Sono evoluzione naturale. Il "Deus sive Natura" è l'idea adeguata, che costó a Spinoza la scomunica da tutte le religioni del suo tempo, per quel Natura sive, e alfine sine, Deus, cui approda il pensiero moderno uscendo dalla preistoria metafisica.

Onestamente bisogna ammettere che tale uscita non fu un vero superamento e che la madre degli idola è sempre incinta. Ultima nata l'imperversante Scienza, laddove la mimesi tra vero e falso è più  dilaniante e intrecciata.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve socrate78. Citandoti : "Ma se la divinità o la coscienza superiore si identica con la natura, e nella natura è presente il male nelle sue diverse forme (sopraffazione, sofferenza, competizione, morte, ecc.) allora il male stesso diventa espressione della divinità".


Ma che dici ?? Nella natura sono presenti i contenuti naturali i quali sono semplicemente strumentali alla sopravvivenza (permanenza della diversificazione) della natura stessa.
Che poi arrivi quel povero infantile imbecille di un uomo e si metta a frignare che "........no! questo non va bene, non mi piace, non mi fa comodo, è tanto tanto male!"...........oppure : "che bellò! farei sempre questo e nient'altro......tanto io sono immortale.........chiamiamolo "bene"!!".

E' proprio per questo che l'uomo ha inventato le religioni : per disporre di un pretesto e di una speranza che gli permetta di sognare l'eternità continuando a sguazzare in quello che l'uomo stesso trova benefico. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

PhyroSphera

#6
Citazione di: Socrate78 il 07 Luglio 2021, 13:50:56 PM
La prospettiva panteistica identifica Dio con la natura, con il creato in pratica. Spinoza era un filosofo panteista, infatti riteneva valido il principio del "Deus Sive Natura" (Dio ossia la natura) e per lui tutta la realtà era espressione di una mente divina impersonale. Ma se la divinità o la coscienza superiore si identica con la natura, e nella natura è presente il male nelle sue diverse forme (sopraffazione, sofferenza, competizione, morte, ecc.) allora il male stesso diventa espressione della divinità, quindi una prospettiva panteistica finisce per portare ad una forma di pessimismo cosmico, poiché vorrebbe dire che la coscienza superiore che informa il creato avrebbe in sé qualcosa di sbagliato, e tutto il mondo diventerebbe espressione di un principio cattivo, simile alla Volontà di Schopenhauer, che era una forza che opponeva gli esseri gli uni agli altri in una lotta continua e senza senso, e l'amore stesso in Schopenhauer era visto come un espediente della volontà per generare altri esseri destinati alla sofferenza.
Il panteismo quindi non può che portare al pessimismo, se si è davvero logicamente coerenti. E' corretta quindi la mia idea secondo cui il panteista coerente non può che essere pessimista?


Nonostante siano le più incautamente diffuse, le interpretazioni che utilizzi coi sistemi di Spinoza e di Schopenhauer ne forzano il senso oltre i significati originari. Esiste anche la natura divina ed il sistema di Spinoza è riconducibile anche al monoteismo anzi entro quest'ultimo si mostra tutto fuori dal causalismo rigidamente determinista. Semmai mancò a Spinoza questa netta specificazione. La Volontà cui diceva Schopenhauer è principio mondano che non esclude l'esistenza di una Volontà di Dio oltre il mondo. Mancò a Schopenhauer chiara conoscenza della esistenza cristiana e non gli mancò quella della esistenza buddhista. In caso di difficoltà, ricorrendo all'aiuto della saggezza (non dico la religione) buddhista dunque si evita di sbagliare sul suo sistema. Il panteismo filosoficamente non indica identità, solo presenza del divino e quindi esito ne è il monoteismo. A generare le assurdità che tu dici è il panteismo antifilosofico che in tempi di insidie contro la filosofia è stato insinuato (purtroppo!) dentro di essa. A differenza del cavallo di Troia, non ci sono per mezzo a queste insinuazioni grandi e nobili guerrieri, solo volgari ingiusti distruttori.


MAURO PASTORE

Lou

#7
Citazione di: bobmax il 07 Luglio 2021, 23:29:13 PM
L'Etica di Spinoza descrive lo sviluppo del pensiero logico che, sospinto dalla propria fede nella Verità, giunge al limite del pensabile.

Tutto il ragionamento di Spinoza si fonda su un solo postulato: Causa sui.
Ossia Dio è.

Ne consegue che tutto è Dio.

Non vi è perciò alcuna reale distinzione, tutto è Uno.
Natura naturans e natura naturata sono il medesimo, la stessa sostanza.

Lo scarto tra natura naturans e natura naturata sebbene non sostanziale, c'è in quanto la natura naturata trova fondamento nella natura naturans solo questa è fondamento di  sè stessa, infatti i modi ( sia finiti che infiniti ) sono in Dio e non sono causa di sè: necessitano della natura naturans che li causi. Una piena identificazione tra sostanza e manifestazioni della sostanza stessa comporterebbe come conseguenza che l'uomo, in quanto modo, dovrebbe godere delle stesse caratteristiche specifiche della natura naturans, ovvero dovrebbe essere infinito e non finito, naturans e non naturato, causa di sè quando è Spinoza stesso chiarisce che l'uomo un modo finito della natura ed è su questa finitezza e limitatezza che si sviluppa appunto l'etica.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

iano

#8
Citazione di: Socrate78 il 07 Luglio 2021, 13:50:56 PM
La prospettiva panteistica identifica Dio con la natura, con il creato in pratica. Spinoza era un filosofo panteista, infatti riteneva valido il principio del "Deus Sive Natura" (Dio ossia la natura) e per lui tutta la realtà era espressione di una mente divina impersonale. Ma se la divinità o la coscienza superiore si identica con la natura, e nella natura è presente il male nelle sue diverse forme (sopraffazione, sofferenza, competizione, morte, ecc.) allora il male stesso diventa espressione della divinità, quindi una prospettiva panteistica finisce per portare ad una forma di pessimismo cosmico, poiché vorrebbe dire che la coscienza superiore che informa il creato avrebbe in sé qualcosa di sbagliato, e tutto il mondo diventerebbe espressione di un principio cattivo, simile alla Volontà di Schopenhauer, che era una forza che opponeva gli esseri gli uni agli altri in una lotta continua e senza senso, e l'amore stesso in Schopenhauer era visto come un espediente della volontà per generare altri esseri destinati alla sofferenza.
Il panteismo quindi non può che portare al pessimismo, se si è davvero logicamente coerenti. E' corretta quindi la mia idea secondo cui il panteista coerente non può che essere pessimista?
A proposito di ciò che ha senso e di ciò che non ha senso...
La "lotta continua" e' ciò che da senso agli individui.
Quindi, se la lotta continua e' male allora il male e' l'individualita'.
Preferirei parlare però di interazione fra individui indipendenti, cosa che , espressa in tali termini, non sembra tanto male.
Se si parla di lotta continua si tradisce già un malevolo pregiudizio.
Credo invece non abbia senso parlare di coscienza della natura quanto non abbia senso parlare di coscienza divina.
Infatti a malapena sappiamo dire cosa sia la coscienza riferendoci a noi animali.
Come facciamo allora ad attribuirla ad altro da noi?
Mi sembra voler fare il passo più lungo della zampa.
Semmai , le meraviglie prodotte da una natura incosciente , mi sembrano le prove che attribuiamo eccessiva importanza alla coscienza , se quelle si possono produrre senza uso di coscienza e così facendo indirettamente attribuiamo di fatto troppa importanza a noi, nella misura in cui , per l'uso intenso che facciamo della coscienza ,  ciò ci caratterizza nel regno animale.
Da non credente mi pare blasfemo attribuire a Dio caratteristiche che, fino a prova contraria, sono solo animali, e in specie umane, come il possedere una coscienza.
Se tutto è cosciente è la coscienza a perdere di senso.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: Lou il 09 Luglio 2021, 09:51:17 AM
Lo scarto tra natura naturans e natura naturata sebbene non sostanziale, c'è in quanto la natura naturata trova fondamento nella natura naturans solo questa è fondamento di  sè stessa, infatti i modi ( sia finiti che infiniti ) sono in Dio e non sono causa di sè: necessitano della natura naturans che li causi. Una piena identificazione tra sostanza e manifestazioni della sostanza stessa comporterebbe come conseguenza che l'uomo, in quanto modo, dovrebbe godere delle stesse caratteristiche specifiche della natura naturans, ovvero dovrebbe essere infinito e non finito, naturans e non naturato, causa di sè quando è Spinoza stesso chiarisce che l'uomo un modo finito della natura ed è su questa finitezza e limitatezza che si sviluppa appunto l'etica.

L'etica si sviluppa certamente dalla limitatezza.
Se non vi fossero limiti non vi sarebbe alcuna etica.

Tuttavia occorre comprendere se questa limitatezza è sostanziale oppure no.
Ossia se il limite che caratterizza la natura naturata è reale o solo apparente.

Le caratteristiche della natura naturata sono reali o apparenti?
Cioè appaiono solamente o sono intrinseche della realtà?
La natura naturata è diversa sostanzialmente dalla natura naturans o lo è solo apparentemente?

Non vi è forse nell'osservazione: "Lo scarto tra natura naturans e natura naturata sebbene non sostanziale, c'è in quanto la natura naturata trova fondamento nella natura naturans solo questa è fondamento di  sè stessa" una contraddizione?

Se non c'è differenza sostanziale, di che differenza parliamo se non di una differenza apparente?

Spinoza costruisce un magnifico affresco, dove la realtà si chiarisce. Tuttavia, non osa compiere l'ultimo passo.

E cioè da un verso la constatazione che persino l'infinità diventa un eccessiva caratteristica della Sostanza.
La Sostanza non ha alcuna caratteristica!
E' Nulla.
Essere = Nulla.

Dall'altro che l'uomo è sì modo, distinto dal resto, ma solo apparentemente. Essendo Sostanza. egli stesso è necessariamente Nulla.

Se Spinoza avesse approfondito le contraddizioni insite nelle sue idee adeguate e inadeguate, sarebbe dovuto giungere alla conclusione che non vi può essere alcuna idea inadeguata!
E non essendoci alcuna idea inadeguata, l'uomo come individuo è puro nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Lou

#10
@Bobmax
No, certo che la natura naturata non è differente sostanzialmente, è inconcepibile nel  sistema monistico spinoziano una prospettiva tale, questo lo avevo sottolineato nel mio precedente intervento. Tuttavia le questioni e le obiezioni che poni sono per me interessantissime e mi danno una grande e ulteriore opportunità di riflessione.
Ogni triangolo che vedo e magari su cui inciampo ( dimmi tu ^^) - naturato - coincide dal pdv dell'estensione con l'ordine geometrico naturante, chiamarlo triangolo o somma degli angoli interni 180 gradi, è lo stesso. In questo senso non c'è differenza. Eppure tra i triangoli naturati, in quanto modi, una differenza tra l'uno e l'altro la riscontriamo e pure verso l'origine, banalmente non sono causa sui. E sì è apparente certo, e tutto ció che appare è, è il grado di realtà a cambiare. Ed è proprio lì che vedi la manifestazione e l'immanenza del principio naturans, nei naturata che pur differenti esprimono l'ordine naturans di cui partecipano, nella loro differenza di causati e non causanti e univocità, in forza dell'origine che fonda e differenzia. Una natura eterogenea che trova la sua radice in una sola natura.
Per me questo è il mondo di Spinoza, necessariamente libero di differenziarsi ed in ció trovare la sua univocità. Non liberi dalla necessità, ma liberi nella necessità.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

niko

#11
Per rispondere a Socrate senza entrare troppo nel merito dell'interpretazione di Spinoza, in generale se si identifica la divinità con il bene, il panteismo porta al pan-agatismo: se Dio è bene e tutto è Dio, allora tutto è bene, e Spinoza, anche se non attribuisce a Dio il bene in senso antropomorfico o morale, arriva a dire che realtà e perfezione coincidono, quindi ha una concezione assolutamente positiva del Dio-cosmo-natura.

Il male è un problema solo dell'uomo e degli altri viventi in grado di soffrire, non è certo un attributo cosmico, e deriva sostanzialmente dal grado di correlazione corpo-mente con cui tali viventi si identificano: mentre tale correlazione corpo-mente è perfetta in Dio, nei viventi ha un grado variabile di perfezione, che in definitiva determinerà, attimo per attimo, se tali viventi saranno sofferenti, oppure felici: In Dio tutto è legame necessario e non si può essere in Dio senza essere legame necessario, e naturalmente non si potrebbe essere, al di fuori di Dio.
Spinoza è un po' un anti-leopardi, i viventi sono desiderio di vivere, ma la partecipazione dei viventi alla totalità cosmica e al flusso del tempo appaga, anziché frustrare, tale desiderio di vivere, da cui il suo sostanziale ottimismo: il male va accettato perché non si può esistere se non nella totalità, quindi chi ama e comprende la vita, accetterà anche il male. Il nesso tra corpo e mente non può naufragare nell'infinito, perché non è e non è mai stato un nesso di causazione, ma di consustanzialità. Non c'è dunque motivo di temere la natura, perché essa non ci toglierà ciò che più amiamo.

Infinità e auto-determinazione sono le caratteristiche fondamentali di Dio, ma anche le caratteristiche che, conseguite con prudenza e nei limiti del possibile, possono rendere felici i viventi.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

bobmax

@Lou

Anch'io trovo molto interessante e stimolante il tuo argomentare.

Sì, liberi nella necessità...

Questa tua conclusione mi incita a riflettere a mia volta.
Difatti non sorge in me mai alcun nuovo pensiero se non nel confronto con l'altro...

Questa idea della libertà nella necessità mi getta per l'ennesima volta di fronte al caso e alla necessità. Tra i quali occorre passare.

Perché la libertà non può che essere manifestazione del caso.
Quindi avremmo il caso che agisce nell'ambito della necessità...

Ma in che senso agisce?
In che senso sono libero, nonostante la necessità?
E di che libertà di tratta, se dipende dal caso?
Ma può esistere una libertà che non sia espressione del caso?
E se sono libero in quanto casualità... io chi sono?

Perché non penso che il triangolo naturato abbia questa sua libertà rispetto al triangolo naturans che lo fonderebbe.
Questa visione ha il sapore dell'iperuranio platonico.
Che sa tanto di un ripiego, per l'incapacità di affrontare il pensiero abissale dell'Uno.
Difatti il mondo delle idee non consiste proprio nel "parricidio" di Parmenide?

Con una libertà nella necessità così intesa ci troveremmo non con la sostanza assoluta, ma che imposta solo le regole generali e poi ognuno al loro interno fa come gli pare.
Ogni triangolo appare come meglio crede, ciò che conta è che sia un triangolo, così come stabilito dalla necessità.

Questa ipotesi cerca di mettere un po' d'ordine. Ma vi sono però due attori indipendenti. E soprattutto che ne è del Bene?

Viceversa non potrebbe invece essere che pure la necessità è solo apparente?
Ossia che la sostanza coincida con il caso.
Il caso, che è l'unica autentica libertà!
Quindi l'Uno è il Caos.
Origine e sostanza di ogni cosa.
Anche della necessità!

Necessità che altro non è che un dono di Dio.
Un dono che può essere negato in ogni istante.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

@Lou

Se la necessità è solo apparente, allora non vi è neppure alcuna concatenazione causa-effetto.

Vi sono solo effetti.

Appaiono solo effetti.

Mentre la causa, che è una sola,  non appare. Non è un effetto.

Non apparendo, coincide con il Nulla.
Dio = Sostanza = Nulla

Questo Nulla, che è tale solo dal punto di vista di questo mondo di effetti, è l'autentica Realtà.

Di modo che questa vita, questo esserci, altro non sarebbe che il sogno di Dio.
E la necessità il tessuto di questo sogno.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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