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Il 2 novembre

Aperto da anthonyi, 27 Ottobre 2016, 10:08:44 AM

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Duc in altum!

**  scritto da anthony: 
CitazioneSi tratta di una domanda importante soprattutto per l'Antropologia, il ritrovamento di sepolture è considerato in tale dottrina come la prova del fatto che gli uomini che le hanno realizzate avevano un approccio spirituale, credevano nel mondo ultraterreno, io sono convinto che non sia così.
E voi, che ne pensate?
No, dicci tu che idea hai sviluppato.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da altamarea:
CitazioneChe interesse ha il dio dei vivi a tornare per dare vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima.
Perché se per caso dovessi risuscitare non ti piacerebbe avere la perfezione di ciò che sei adesso, in corpo e anima?

Inoltre andare al cimitero, è un segno di profondo rispetto nei riguardi della Morte (esperienza oggettiva, purtroppo o grazie a Dio, del genere umano) e verso la dignità assoluta umana, dacché, come ben dice Totò: Perciò, stamme a ssenti...nun fa''o restivo, suppuorteme vicino, che te 'mporta? Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive: nuje simmo serie...appartenimmo à morte!" - con la Morte si conosce la serietà della Verità.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

jsebastianB

Citazione di: anthonyi il 28 Ottobre 2016, 16:02:39 PMpossiamo pensare che un atto di devozione ai defunti fatto nel luogo fisico dove sono i loro resti sia rappresentativo della fede nel fatto che lo spirito di quel defunto è altrove rispetto a quegli stessi resti? - -  voi, che ne pensate?

Piu' che altro  "  quale significato "   si potrebbe dare a  "quel" luogo.. ove sono "presenti" i resti di quello che fu -  ben sapendo che proprio - li' -  tali Resti sono in continuo dissolvimento.  
E POI  - dopo determinati anni ( a seconda delle diverse norme comunali di polizia mortuaria ) - si dovrebbe attuare l' estumulazione (!) di quanto "è  ancora"  rimasto" .
Dopo la verifica dello stato di quanto giace nella cassa ( la sedicente verifica della mineralizzazione del defunto - per un' eventuale "Inumazione" se dovesse mai sussistire la NON completa dissolvenza dello stesso - da qui la seconda Inumazione  ) si procede alla  "traslazione" - ovvero viene convogliato/immesso  nell' ossario Generale.. insieme a tutti gli  "altri"  resti ( gia' sbriciolati, frantumati ).. per diventare: Polvere !  
Questo in linea generale...   e che riguarda piu' che altro la materialita' corporea.
 
Quanto al  "suo" spirito ( secondo la dottrina ) dovrebbe essere stato GIA' comparso davanti al tribunale del Messia/Cristo Pneumatico  per ricevere quanto gli spetterebbe.. eccc.. eccc..    - Per il credente NON è finito, poichè al fatidico Giorno del giudizio avverra' l' impensabile.. eccc.. ecccc... ecccc...   
Ma trattasi di  " un'altra dimensione "  e quindi  non si dovrebbe piu' parlare di "luogo-spazio" ( umanamente parlando).

Ordunque quel "luogo"  fisico dunque rappresenterebbe ( almeno secondo me.. ) - soprattutto dopo parecchi anni dalla tragica perdita della persona amata - un posto che esorta ad una piu' accentuata e profonda  riflessione.. al ricordo, e interrogarsi sul senso/significato  stesso della "personale" esistenza - cosi' come quando QUEL momento - prima o poi - inevitabilmente Arrivera'... anche per noi /per RI-tornare "Natura"  -

jsebastianB

Citazione di: altamarea il 28 Ottobre 2016, 19:17:36 PMDel vangelo lucano  il paragrafo riguardante la risurrezione dei morti mi lasciano perplesso i versetti 37 e 38: [37]Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. [38]Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui».

Mi domando che bisogno aveva Gesù-Dio di evocare Mosè per confermare la risurrezione dei morti. Ipse dixit, o no ?
"Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi".  
.

Bene.. cosa vuol ( o vorrebbe ) significare quel detto -  che " avrebbe espresso il Gesu' della storia - riportato dai passi dell' autore Luca ( o chi per lui - 20.37/38  ) -  e perchè mai quel  suo  " ricorrere "  al dioYhawè di Abramo/Isacco/Giacobbe  ??

Il riferimento è sicuramente rivolto a quei mitici versetti di Esodo 3.6 / Es. 6.2.
In particolare 3.6  che evidenzia  lo stupore e il terrore di Mose' ( da qui quel coprire il volto - poichè la motivazione data è che nessun mortale potrebbe  vedere il dioYahwè e rimanere vivo ( a parte per i soliti raccomandati.. l' eccezione conferma la regola  ) ma qualcosa di piu' specifico.

Ora quel " Dio dei vivi "  vorrebbe  significare  come la Benevolenza del dioYahwè accordata al giusto, NON è labile e/o provvisoria ma perdurante, perenne. Anche DOPO  il fatal trapasso il devoto, il giusto  MAI sara' dimenticato dal dioYahwè / quindi non cadra' nell' oblio ( leggi: Nulla ).

Ora questa prospettiva ( ovviamente secondo la visione  specificatamente cristiana ! ) .. non sarebbe stata recepita dal popolo israelita ( che comunque rimane - pur sempre - di esclusiva proprieta' del dioYahwè - questo è quanto vogliono far intendere gli autori delle Scritture.. ).
Per la dottrina giudaica infatti, una volta trapassati, ( tutti ) finivano nelle Sheol, dal quale piu' nessuno da li'  uscirebbe !
Lo Sheol ( come gia' riportava Gb 7.9 ) è regno di caligine  e di disordine, dove la luce è come le tenebre - e chi scende PIU' non "risale".
Numerosi sono i passi che confermano questa dottrina
( Sir.38.21 - Sap. 2.5 - Sap. 14.14 - Salmo 78.39... eccc.. ecccc... eccc....  

Tutto cambia con la "contaminazione" con la cultura ellenista.
Infatti nel periodo di Antioco IV  e quel suo vano tentativo di introdurre il culto di Zeus..  si verifica la grande svolta: l' avvento dei Maccabei !
Proprio dal 2 Libro Maccabei ( cap. 7 ) - PER LA PRIMA VOLTA -  nel giudaismo  si prospetta la "Resurrezione"  dei giusti, degli incorruttibili devoti - che preferiscono di gran lunga sacrificare la loro vita-  piuttosto che abiurare - tradire il dioYahwè / per servire Altri dei !
Quasi contemporaneamente ai Maccabei,  ecco il Libro di Daniele .. a conferma di come il giudaismo  abbia del tutto recepito la Nuova visione nella sua dottrinaria.
Solo i Sadducei la rifiuteranno e quindi NON accettano la dottrina del "dopo" - e infatti saranno proprio i Sadducei a rivolgere "quella"  domanda al Gesu' terreno ( Lc. cap.20 ).

Pertanto quella sua risposta ( il Dio dei vivi ..  ) farebbe  intendere, come il dioYahwè, nel suo manifestarsi ( Es. 3.6 / 6.2 ) avrebbe significato che nel Suo disegno  era Gia'   " soggiacente "  una ( futura - ma non ancora "matura" ) Rivelazione Ultima - quella stessa tuttavia non recepita del tutto recepita dagli ( ottusi ? ) israeliti.. ( cosi' per  i "sapienti" dalla nuova costituenda religione - in primis quel genio proveniente da Tarso.. ) -    

Hai anche altresi' menzionato il "roveto ardente" -
Anche qui trattasi del simbolismo e riguarda la Teofania  del dioYahwè ( ovvero per significare la "sua" presenza, la sua manifestazione all' uomo..  ). - - - - -    Ma siamo fuori tema .. . . .

anthonyi

Citazione di: Duc in altum! il 28 Ottobre 2016, 21:39:07 PM
**  scritto da anthony:
CitazioneSi tratta di una domanda importante soprattutto per l'Antropologia, il ritrovamento di sepolture è considerato in tale dottrina come la prova del fatto che gli uomini che le hanno realizzate avevano un approccio spirituale, credevano nel mondo ultraterreno, io sono convinto che non sia così.
E voi, che ne pensate?
No, dicci tu che idea hai sviluppato.

Ti rispondo con un confronto tra due situazioni, il ritrovamento di un tempio antico e delle prove che in tale luogo si realizzavano atti sacrificali nei confronti di un Idolo. Il ritrovamento di una sepoltura nella quale erano state poste delle offerte alimentari per chi era sepolto.
Nel primo caso abbiamo una ragionevole certezza che coloro che compivano i sacrifici avevano in mente l'idea che la divinità alla quale li compivano esisteva in un'altra realtà e che sono coscienti che l'idolo è solo un simbolo della divinità stessa.
Nel secondo caso non è così, perché gli atti di  nutrimento possono essere spiegati come il bisogno di ripetizione degli stessi atti di nutrimento che venivano compiuti nei confronti del defunto quando era ancora in vita. Lo stesso può essere detto di altri atti rituali in relazione ai defunti, che sono cioè istintivi e legati al legame affettivo.
L'atto rituale nei confronti della divinità, paradossalmente, è espressivo di spiritualità quando ha un contenuto materiale, nel sacrificio propiziatorio o di ringraziamento, quando cioè si instaura una sorta di scambio con la divinità, ed allora si ha la certezza che noi pensiamo realmente che la divinità esista. Altrimenti questa certezza non c'è e si può dimostrare con esempi di ritualità umana, come quelli militari o istituzionali che sono riferiti a simboli (la bandiera, lo stato ...) che noi non identifichiamo come entità personali.
Di nuovo domando, cosa ne pensate? 

doxa

Grazie Seb...,  per il tuo interessante ed esaustivo chiarimento alle mie perplessità su quei versetti evangelici.

Tornando al tema, voglio dire che gran parte dell'umanità non si rassegna alla certezza della morte e cerca consolatorie speranze ultraterrene, la rimanente parte, minoritaria, si arrende all'evidenza del fine vita e l'accetta con rassegnazione, senza farne un dramma se al suo corpo l'attende la dissoluzione ed il Nulla. Mentre scrivo queste parole penso al filosofo e politico Seneca che nell'epistula 65 delle "Lettere a Lucilio" pone un interrogativo: "mors quid est ?" (la morte cos'è ?) e dà la risposta: "Aut finis, aut transitus": o fine (della vita e dissoluzione del corpo) o passaggio  verso qualcos'altro. Sono due concezioni contrapposte:  per quella materialistica  la morte è finis, per quella spiritualistica la morte è transitus.


La religione è di grande aiuto consolatorio in chi la crede.

La fede innesta il credente nell'albero della  vita (simbolo d'immortalità)  che è  nel giardino dell'Eden insieme all'albero della conoscenza del bene e del male (Genesi).

Nell'Apocalisse dell'evangelista Giovanni l'albero della vita evoca il Paradiso; nella tradizione cristiana rappresenta la croce di Cristo.

doxa

Anthonyi ha scritto:
Citazioneil ritrovamento di un tempio antico e delle prove che in tale luogo si realizzavano atti sacrificali nei confronti di un Idolo.

Citazioneabbiamo una ragionevole certezza che coloro che compivano i sacrifici avevano in mente l'idea che la divinità alla quale li compivano esisteva in un'altra realtà e che sono coscienti che l'idolo è solo un simbolo della divinità stessa.

Anthony questa tua affermazione mi sembra che superi la spiritualità per andare verso la mitologia, alla dimensione del rito e dei rituali, fondamentali nell'esigenza religiosa che soddisfa il bisogno di fornire una spiegazione a fenomeni naturali o a interrogativi sull'esistenza e sul cosmo. Infatti mito e rito sono all'origine delle religioni del cosiddetto "mondo classico". Ma in essi dove comincia la spiritualità ? Dall'esigenza umana d'immaginarsi una divinità onnipotente e protettrice ?

Secondo caso.
CitazioneIl ritrovamento di una sepoltura nella quale erano state poste delle offerte alimentari per chi era sepolto.

Citazionegli atti di  nutrimento possono essere spiegati come il bisogno di ripetizione degli stessi atti di nutrimento che venivano compiuti nei confronti del defunto quando era ancora in vita. Lo stesso può essere detto di altri atti rituali in relazione ai defunti, che sono cioè istintivi e legati al legame affettivo.


Anthonyi, tale usanza ebbe significati più complessi. Nell'antica Roma i "refrigeria" ("rinfreschi"), pasti o banchetti funebri presso la tomba del defunto, avevano valenza sociale, conviviale, simbolica, perché manifestavano la solidarietà familiare, l'esigenza di concordia parentale,  ma anche l'aspirazione verso una vita ultraterrena. Durante questi conviti, organizzati anche dai cristiani dei primi secoli della nostra era, si riteneva che fossero presenti i defunti stessi dei quali si festeggiava il dies natalis, ossia il giorno della morte, che rappresentava per i cristiani il momento della nascita alla nuova vita, quella eterna. Numerose pitture catacombali rappresentano la dinamica di questo rituale.


CitazioneL'atto rituale nei confronti della divinità, paradossalmente, è espressivo di spiritualità quando ha un contenuto materiale, nel sacrificio propiziatorio o di ringraziamento, quando cioè si instaura una sorta di scambio con la divinità, ed allora si ha la certezza che noi pensiamo realmente che la divinità esista. Altrimenti questa certezza non c'è e si può dimostrare con esempi di ritualità umana, come quelli militari o istituzionali che sono riferiti a simboli (la bandiera, lo stato ...) che noi non identifichiamo come entità personali.


Anche la bandiera dà certezza, simboleggia l'esistenza di uno Stato, di una nazione, di un popolo.In caso di guerra la bandiera non deve essere conquistata dal nemico, va difesa ad oltranza.

doxa

"L'importante è che la morte ci trovi vivi", scrisse lo scrittore Marcello Marchesi (1912 – 1978). Questa frase sembra un "nonsense" eppure cela un'importante verità, che fa il paio con quella del cardinale, teologo e filosofo inglese John Henry Newman (1801 – 1890): "Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che possa non cominciare mai davvero". Molti, infatti, vivono come "ombre che camminano". "Life's but a walking shadow", scrisse William Shakespeare nel "Macbeth". Sono ombre che passeggiano perché non hanno passioni, progetti, evitano rischi. Lasciano fluire il tempo come se fosse sabbia nella clessidra e non seme che germoglia e fruttifica. E l'approdo alla morte avviene senza aver vissuto.

anthonyi

Citazione di: altamarea il 29 Ottobre 2016, 22:11:31 PM
Anthonyi ha scritto:
Citazioneil ritrovamento di un tempio antico e delle prove che in tale luogo si realizzavano atti sacrificali nei confronti di un Idolo.

Citazioneabbiamo una ragionevole certezza che coloro che compivano i sacrifici avevano in mente l'idea che la divinità alla quale li compivano esisteva in un'altra realtà e che sono coscienti che l'idolo è solo un simbolo della divinità stessa.

Anthony questa tua affermazione mi sembra che superi la spiritualità per andare verso la mitologia, alla dimensione del rito e dei rituali, fondamentali nell'esigenza religiosa che soddisfa il bisogno di fornire una spiegazione a fenomeni naturali o a interrogativi sull'esistenza e sul cosmo. Infatti mito e rito sono all'origine delle religioni del cosiddetto "mondo classico". Ma in essi dove comincia la spiritualità ? Dall'esigenza umana d'immaginarsi una divinità onnipotente e protettrice ?

Secondo caso.
CitazioneIl ritrovamento di una sepoltura nella quale erano state poste delle offerte alimentari per chi era sepolto.

Citazionegli atti di  nutrimento possono essere spiegati come il bisogno di ripetizione degli stessi atti di nutrimento che venivano compiuti nei confronti del defunto quando era ancora in vita. Lo stesso può essere detto di altri atti rituali in relazione ai defunti, che sono cioè istintivi e legati al legame affettivo.


Anthonyi, tale usanza ebbe significati più complessi. Nell'antica Roma i "refrigeria" ("rinfreschi"), pasti o banchetti funebri presso la tomba del defunto, avevano valenza sociale, conviviale, simbolica, perché manifestavano la solidarietà familiare, l'esigenza di concordia parentale,  ma anche l'aspirazione verso una vita ultraterrena. Durante questi conviti, organizzati anche dai cristiani dei primi secoli della nostra era, si riteneva che fossero presenti i defunti stessi dei quali si festeggiava il dies natalis, ossia il giorno della morte, che rappresentava per i cristiani il momento della nascita alla nuova vita, quella eterna. Numerose pitture catacombali rappresentano la dinamica di questo rituale.


CitazioneL'atto rituale nei confronti della divinità, paradossalmente, è espressivo di spiritualità quando ha un contenuto materiale, nel sacrificio propiziatorio o di ringraziamento, quando cioè si instaura una sorta di scambio con la divinità, ed allora si ha la certezza che noi pensiamo realmente che la divinità esista. Altrimenti questa certezza non c'è e si può dimostrare con esempi di ritualità umana, come quelli militari o istituzionali che sono riferiti a simboli (la bandiera, lo stato ...) che noi non identifichiamo come entità personali.


Anche la bandiera dà certezza, simboleggia l'esistenza di uno Stato, di una nazione, di un popolo.In caso di guerra la bandiera non deve essere conquistata dal nemico, va difesa ad oltranza.


Altamarea, a me non sembra che il mio esempio abbia riferimento con la mitologia, che rappresenta sì una dimensione dell'essere alternativa alla realtà, appunto quella del mito, ma la vede come non interattiva. Nel sacrificio vi è invece una relazione con l'altra dimensione, un dare e ricevere che fa supporre una coscienza razionale (Non so quanto possa essere corretto il concetto, ma non trovo di meglio) dell'alter spirituale, di qualsiasi tipo.
Riguardo poi ai rituali romani, e soprattutto etruschi del cibo, io non metto in discussione che questi possano essere associati ad una concezione spirituale, semplicemente non ne sono la prova.
Sul riferimento alla bandiera forse mi sono spiegato male io, quello che volevo dire è che l'esistenza di una ritualità non da la prova di una concezione spirituale, perché la società umana produce forme di ritualità laica.

giona2068

#24
Citazione di: altamarea il 30 Ottobre 2016, 10:56:20 AM
"L'importante è che la morte ci trovi vivi", scrisse lo scrittore Marcello Marchesi (1912 – 1978). Questa frase sembra un "nonsense" eppure cela un'importante verità, che fa il paio con quella del cardinale, teologo e filosofo inglese John Henry Newman (1801 – 1890): "Non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che possa non cominciare mai davvero". Molti, infatti, vivono come "ombre che camminano". "Life's but a walking shadow", scrisse William Shakespeare nel "Macbeth". Sono ombre che passeggiano perché non hanno passioni, progetti, evitano rischi. Lasciano fluire il tempo come se fosse sabbia nella clessidra e non seme che germoglia e fruttifica. E l'approdo alla morte avviene senza aver vissuto.quote]




Risposta sconsigliata all'autore del post al quale rispondo.


Non fu mia intenzione rispondere, ma l'assurditatio dell'affermazione mi obbligò a farlo.

E' sapienza dire che chiunque vive da morto/vegeta sia senza passioni? No!

Anche se l'affermazione sgorga dalla bocca di famosi scrittori, non vuol dire che sia sensata, anzi nella mia esperienza di vita le affermazione che sono un parto della mente sono sempre senza fondamenta. Rendono famosi gli scrittori e persino li innalza agli onori della storia e della letteratura, ma solo agli occhi dei propri simili.
Dostoevschi (non ricordo come si scrive) diceva: Lo scrittore è colui che intinge la penna nel proprio sangue. Cioè metteva al bando i "mentali" a tutto vantaggio di chi scrive dopo aver esperito. La causa del vivere da morto è proprio il desiderare le cose che non sono il Signore Dio.
Chi vive senza desideri di questo mondo, vive da santo, pieno di amore e pace e li trasforma in  vita, dico vita e non viventi.
Quelli che vivono da cadaveri sono pieni di desideri non realizzati - alias frustrati - e non sono meglio quelli che desiderano il mondo e lo posseggono. Questi ultimi prima o poi scopriranno l'inganno e andranno a ingrossare le fila dei viventi che sono/sembrano fantasmi.
Chi non ha fatto questa esperienza confonde le persone indaffarate con le persone vive e i frustrati  con le persone senza desideri.  

green demetr

Citazione di: anthonyi il 29 Ottobre 2016, 17:54:56 PM
Citazione di: Duc in altum! il 28 Ottobre 2016, 21:39:07 PM
**  scritto da anthony:
CitazioneSi tratta di una domanda importante soprattutto per l'Antropologia, il ritrovamento di sepolture è considerato in tale dottrina come la prova del fatto che gli uomini che le hanno realizzate avevano un approccio spirituale, credevano nel mondo ultraterreno, io sono convinto che non sia così.
E voi, che ne pensate?
No, dicci tu che idea hai sviluppato.

Ti rispondo con un confronto tra due situazioni, il ritrovamento di un tempio antico e delle prove che in tale luogo si realizzavano atti sacrificali nei confronti di un Idolo. Il ritrovamento di una sepoltura nella quale erano state poste delle offerte alimentari per chi era sepolto.
Nel primo caso abbiamo una ragionevole certezza che coloro che compivano i sacrifici avevano in mente l'idea che la divinità alla quale li compivano esisteva in un'altra realtà e che sono coscienti che l'idolo è solo un simbolo della divinità stessa.
Nel secondo caso non è così, perché gli atti di  nutrimento possono essere spiegati come il bisogno di ripetizione degli stessi atti di nutrimento che venivano compiuti nei confronti del defunto quando era ancora in vita. Lo stesso può essere detto di altri atti rituali in relazione ai defunti, che sono cioè istintivi e legati al legame affettivo.
L'atto rituale nei confronti della divinità, paradossalmente, è espressivo di spiritualità quando ha un contenuto materiale, nel sacrificio propiziatorio o di ringraziamento, quando cioè si instaura una sorta di scambio con la divinità, ed allora si ha la certezza che noi pensiamo realmente che la divinità esista. Altrimenti questa certezza non c'è e si può dimostrare con esempi di ritualità umana, come quelli militari o istituzionali che sono riferiti a simboli (la bandiera, lo stato ...) che noi non identifichiamo come entità personali.
Di nuovo domando, cosa ne pensate?

Ciao, sono interessato a questo topic, per me che sto cercando di intendere il cristianesimo.
(mi sono fermato all'anno scorso, con certe considerazioni).

Ecco una delle cose che meno capivo/capisco è proprio questo ritorno dei morti, proprio non riesco a intendere a cosa possa servire.
Sopratutto perchè nel vangelo di Giovanni si continua a parlare di regno dei cieli, e di come la semplice fede ci possa salvare.
Perchè devo essere giudicato se ho avuto fede?

A livello filologico dovrebbe essere contenuta nella apocalisse giovannea, visto l'alto tasso di filologia dei presenti, non potreste commentare anche quello?

Per quanto riguarda la tua posizione sull'antropologia, ti risponde Sini, infatto nella ricostruzione genealogica, il rito funebre passa dalle forme di tumulazione a cerchio, a quelle a capanna, fino ad arrivare a quella classica del tempio. (che risale fino ad epoca moderna, pensiamo agli ossari delle chiese).

Il "contratto" collo spirito come lo intendi tu, nasce solo dopo che si è costituita la città, e subito dopo la scrittura.
Poichè la scrittura rimane, essa viene legalizzata, come contratto fra credente e comunità, sulle modalità del credo.

In questo caso, il diritto canonico, è proprio questo sviluppo storico che decide del contratto, fino a papa Francesco.


Questi però sono argomenti filosofici-antropologici, come conciliarli con la spiritualità?

In effetti la tua domanda, fa sorgere la mia domanda, cosa intende un cristinao per spirito??

E' il medium, il garante del contatto tra Dio e l'uomo, o è qualcosa di più fisico anch'esso????

grazie delle risposte a chi vorrà darmene. (sì lo so sono pretenzioso, magari non a tutte ma qualcosina, magari mi rimetto in marcia, grazie.)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

Il tipo di sepoltura dipende dal tipo spiritualità.
E' un vero e proprio "culto" ed è correlato sul come una spiritualità costruisce il sacro.
Il rapporto è individuo singolo- comunità e natura e divino.
Perchè è chiaro che il rito funebre lo fa la comunità al singolo morto appartenente a loro per cui c'è già insito un rapporto di identità oltre che di memoria. Il singolo è una parte della comunità che se ne va, ma questo continuo morire e andare dei singoli componenti mantiene eterno il concetto comunitario che sopravvive ai singoli.
Il rapporto natura- divino e l'escatologia interna ad una spiritualità sceglie il metodo di mantenimento o meno  del corpo fisico. Nell'induismo si crema, nell'antico Egitto addirittura si imbalsama e il Libro dei Morti è un vero e proprio percorso avventuroso in cui il morto deve combattere con inquietanti spiriti malvagi che bloccano il passaggio.
nel Zoroastrismo il corpo viene posto su impalcature di legno affinchè soprattutto gli uccelli possano nutrirsi della carne.E' ovvio che il come viene rappresentato il passaggio dal regno dei vivi a quello dei morti per una nuova vita è decisivo se il corpo fisico viene "risorto", se invece il solo  spirito è il nuovo "corpo"

ma adesso siamo ad Halloween.............

green demetr

Citazione di: paul11 il 31 Ottobre 2016, 00:30:09 AM

Il rapporto natura- divino e l'escatologia interna ad una spiritualità sceglie il metodo di mantenimento o meno  del corpo fisico.


Dunque Paul in fin dei conti il sacro è costituito dalla scelta della comunità.

Dunque aprendo una parentesi off topic, il giusnaturalismo, lo consideri più un fatto culturale che non un rapporto di coincidenza tra Natura e Dio.

Secondo voi, visto i culti antichi (anche quelli preistorici potrebbero essere) del corpo che continua a vivere, può essere che qualcosa di quegli antichi miti sia rimasto nella tradizione cristiana????
Vai avanti tu che mi vien da ridere

anthonyi

Citazione di: green demetr il 30 Ottobre 2016, 22:04:13 PM
Citazione di: anthonyi il 29 Ottobre 2016, 17:54:56 PM
Citazione di: Duc in altum! il 28 Ottobre 2016, 21:39:07 PM
**  scritto da anthony:
CitazioneSi tratta di una domanda importante soprattutto per l'Antropologia, il ritrovamento di sepolture è considerato in tale dottrina come la prova del fatto che gli uomini che le hanno realizzate avevano un approccio spirituale, credevano nel mondo ultraterreno, io sono convinto che non sia così.
E voi, che ne pensate?
No, dicci tu che idea hai sviluppato.

Ti rispondo con un confronto tra due situazioni, il ritrovamento di un tempio antico e delle prove che in tale luogo si realizzavano atti sacrificali nei confronti di un Idolo. Il ritrovamento di una sepoltura nella quale erano state poste delle offerte alimentari per chi era sepolto.
Nel primo caso abbiamo una ragionevole certezza che coloro che compivano i sacrifici avevano in mente l'idea che la divinità alla quale li compivano esisteva in un'altra realtà e che sono coscienti che l'idolo è solo un simbolo della divinità stessa.
Nel secondo caso non è così, perché gli atti di  nutrimento possono essere spiegati come il bisogno di ripetizione degli stessi atti di nutrimento che venivano compiuti nei confronti del defunto quando era ancora in vita. Lo stesso può essere detto di altri atti rituali in relazione ai defunti, che sono cioè istintivi e legati al legame affettivo.
L'atto rituale nei confronti della divinità, paradossalmente, è espressivo di spiritualità quando ha un contenuto materiale, nel sacrificio propiziatorio o di ringraziamento, quando cioè si instaura una sorta di scambio con la divinità, ed allora si ha la certezza che noi pensiamo realmente che la divinità esista. Altrimenti questa certezza non c'è e si può dimostrare con esempi di ritualità umana, come quelli militari o istituzionali che sono riferiti a simboli (la bandiera, lo stato ...) che noi non identifichiamo come entità personali.
Di nuovo domando, cosa ne pensate?

Ciao, sono interessato a questo topic, per me che sto cercando di intendere il cristianesimo.
(mi sono fermato all'anno scorso, con certe considerazioni).

Ecco una delle cose che meno capivo/capisco è proprio questo ritorno dei morti, proprio non riesco a intendere a cosa possa servire.
Sopratutto perchè nel vangelo di Giovanni si continua a parlare di regno dei cieli, e di come la semplice fede ci possa salvare.
Perchè devo essere giudicato se ho avuto fede?

A livello filologico dovrebbe essere contenuta nella apocalisse giovannea, visto l'alto tasso di filologia dei presenti, non potreste commentare anche quello?

Per quanto riguarda la tua posizione sull'antropologia, ti risponde Sini, infatto nella ricostruzione genealogica, il rito funebre passa dalle forme di tumulazione a cerchio, a quelle a capanna, fino ad arrivare a quella classica del tempio. (che risale fino ad epoca moderna, pensiamo agli ossari delle chiese).

Il "contratto" collo spirito come lo intendi tu, nasce solo dopo che si è costituita la città, e subito dopo la scrittura.
Poichè la scrittura rimane, essa viene legalizzata, come contratto fra credente e comunità, sulle modalità del credo.

In questo caso, il diritto canonico, è proprio questo sviluppo storico che decide del contratto, fino a papa Francesco.


Questi però sono argomenti filosofici-antropologici, come conciliarli con la spiritualità?

In effetti la tua domanda, fa sorgere la mia domanda, cosa intende un cristinao per spirito??

E' il medium, il garante del contatto tra Dio e l'uomo, o è qualcosa di più fisico anch'esso????

grazie delle risposte a chi vorrà darmene. (sì lo so sono pretenzioso, magari non a tutte ma qualcosina, magari mi rimetto in marcia, grazie.)


Ti ringrazio delle osservazioni anche se, come anche tu noti, ci facciamo domande diverse. Tu sei proiettato sul presente, io sono proiettato sul principio, su quello che, in un linguaggio filosofico viene definito arché. Non condivido la tua associazione tra il contratto con la divinità e la parola scritta perché reputo che il primo sia antecedente. Sono comunque d'accordo con l'idea che la simbologia del logos tenda a rafforzare la capacità astrattiva umana, favorendo la percezione di quel Dio personale che scrivendo la parola sacra ha sottoscritto il contratto. Non capisco poi la relazione con la città, il rito spesso abbisogna di un luogo fisico dedicato, ma non sempre, i riti sciamanici non ne abbisognano, certo se l'uomo si fa una casa di roccia, logicamente sente la necessità che anche la casa della divinità abbia le stesse caratteristiche ma attenzione, il bisogno di un tempio nasce comunque necessariamente dopo l'idealizzazione della divinità, per cui il tempio è spiegato dall'idealizzazione ma non la può spiegare.
Certo tu potresti dirmi che nella credenza del Cristiano d'oggi i supporti simbolico-fisici, chiese, rituali, croci, etc. sono essenziali alla fede, ma qui si vede la differenza tre la mia e la tua domanda, tra la tua osservazione del presente e la mia ricerca del principio, dell'arché.

Sariputra

#29
Sono appena tornato dal cimitero, dove ho portato due enormi vasi di meravigliosi crisantemi violacei alla tomba sepolcrale dei Sariputra. Mentre li sistemavo sopra il freddo marmo ho notato un passerotto che mi osservava, posato sopra la croce ormai arrugginita che sovrasta la lapide. Allungava ogni tanto le ali, come per stirarsi. Sembrava tranquillo, privo di qualunque timore. Una luce abbagliante, riflessa come su di uno specchio dal bianco marmoreo toglieva la vista. Un tappeto di fiori punteggiava il candore. Osservavo diverse donne curve a pulire le tombe. Mancavano ancora i ceri,  che verranno posati domani. Dentro un cimitero la mia mente, istintivamente, riposa. La serenità della morte appare confortante. Ma...quello stato ti porta a riflettere su cosa sta sotto la lapide , o i metri di terra. Ti invita a stare con cosa è realmente la morte: con lo sfacelo, la trasformazione del corpo...la bellezza superficiale nasconde la decomposizione, il fetore, i vermi...come un bel corpo nasconde liquidi organici, muco, gas , sangue, odore...la Bellezza come maschera di illusione confortante posta a nascondimento del reale?

Questa forma è decrepita, fragile, un nido
    di malanni.
Questo ammasso putrescente si dissolve giacché
   la vita finisce con la morte.  (Dhammapada 148)

Il corpo, soggetto alle ingiurie del tempo, con la morte si dissolve negli elementi di cui è composto. Non a caso, nel buddhismo antico, la contemplazione dei nove stadi di decomposizione di un cadavere costituiva  una precisa pratica di meditazione, che si effettuava nei cimiteri, dove i corpi di quelli che non potevano pagarsi la pira funeraria e un brahmino per officiare il rito venivano lasciati allo scoperto, in decomposizione o come pasto per gli avvoltoi.

Quale piacere può esistere per colui che abbia visto
  queste ossa grigie,
gettate via come le zucche in autunno? (dhammapada 149)

Il corpo, per quanto profumato ed elegantemente vestito, non cambia la sua natura. E' un aggregato di sostanze e tale complesso condivide con tutti gli altri aggregati il medesimo destino.

Guarda che bell'immagine adorna: il corpo è
  un cumulo di ferite (interiori, nota del Sari), composito,
malato, oggetto di molti pensieri, in cui non c'è
  permanenza né stabilità. (Dhammapada 147)

Non riesco a non osservare, dentro di me, quando sono in un cimitero baciato da un tiepido sole autunnale, queste immagini. Io lo intendo come uno "stare" veramente in compagnia della morte. Non fantasticare su di essa, non fuggire con la fantasia. Esser-ci...essere in amicizia con la nostra morte.  Sempre come osservatore.

Di ossa è fatta la cittadella, ricoperta di carne
 e sangue,
dove trovano ricettacolo vecchiaia e morte,
 arroganza e ipocrisia. (Dhammapada 150)

A che giova, mi chiedo, fantasticare su ipotetici aldilà, quando tutto si decompone aldiqua ? Ci sono forse due nature nelle cose?

Invecchiano persino gli splendidi carri dei re...
E allora...

L'uomo ignorante invecchia come un bove:
le sue carni aumentano, ma la sua saggezza
   non aumenta. (D. 152)

Il passerotto adesso cinquettava vispo e si faceva il becco passandolo sulla croce...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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