Furono le mosche a farcelo capire

Aperto da Vittorio Sechi, 16 Giugno 2017, 22:30:39 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

sgiombo

Citazione di: myfriend il 20 Giugno 2017, 15:01:16 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 20 Giugno 2017, 01:41:43 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Giugno 2017, 01:20:06 AM
C'era qualcuno che veramente credeva che, sbarazzandosi dell'idea di un Dio creatore, l'uomo sarebbe improvvisamente diventato qualcosa di diverso? Qualcosa di "buono"?
Non mi sembra che la morte di Dio, a cominciare da Nietzsche, sia stata ricercata con lo scopo di ottenere un uomo diverso, un modo di esistere diverso. Mi sembra che essa venga detta come un dato di fatto, addirittura indesiderato: come dire: non abbiamo mai avuto alcuna intenzione di uccidere Dio, di sbarazzarci di lui, ma purtroppo il nostro cammino culturale ci ha condotto ad un mettere le cose in questione così radicale da farci risultare Dio incapace di resistere alle obiezioni umane. Noi non abbiamo fatto altro che ricercare, interrogarci, desiderare qualche comprensione. Che ci possiamo fare se in questa ricerca sono spuntate domande anche nei confronti di Dio e l'unica cosa che egli ha saputo fare è stata non rispondere? È come quando in classe si fa l'appello per vedere chi è presente: vieni chiamato non perché il professore ce l'ha con te, ma semplicemente perché si sta cercando di capire chi è presente e chi è assente. Che ci possiamo fare se, al momento di chiamare Dio, egli non ha dato alcun segno di presenza? "Dio, sto morendo!". Riposta: nessuna. Vuoi vedere che ora i cattivi siamo noi, rei di averlo invocato, rei di fare domande?
Le risposte ci sono. Ce le hai sotto gli occhi.
Il punto non è l'assenza di risposte.
Il punto è l'incapacità di vederle.

Per vedere le risposte occorre uscire dai canoni classici della filosofia e occorre cominciare a pensare in modo olistico.
Ad esempio: il lupo che mangia la pecora.
Agli occhi di un "moralista" questa è una scena crudele. E uno si chiede: dov'è dio?
Ma...ad uno sguardo più attento scopri che i carnivori servono a mantenere in piedi l'ecosistema. Senza i carnivori, gli erbivori si moltiplicherebbero riducendo a un deserto l'abitat. Con questo si estinguerebbero e la vita stessa sarebbe in pericolo.
Ciò che tu giudichi come "violento" e "sanguinario" (il lupo o qualunque altro predatore), in realtà è fondamentale per mantenere "l'ordine invisibile delle cose".
I carnivori mantengono "l'ordine" e, con questo ordine, preservano la vita e fanno in modo che la vita possa proseguire.
Proprio quell' "ordine" che tu non riesci a vedere.
CitazioneBella consolazione per quelle tantissime creature che fanno una fine più o meno simile a quella del capriolo del filmato linkato da AngeloCannata ! ! !

E una risposta già l'abbiamo scoperta: "l'ordine". E ad essa si accompagna "l'intelligenza". Poichè per esistere un "ordine" deve esistere una "intelligenza" che lo ha concepito.
Scavando scavando tutte le risposte arrivano.
CitazioneNon trovo affatto cogente la conclusione.: perché mai la natura non potrebbe divenire ordinatamente (cioé puramente e semplicemente secondo modalità o "leggi" universali e costanti; implicanti fra l' altro anche quantità mostruose di immeritato dolore) senza alcuna "intelligenza" (se non di chi lo scoprisse o credesse di scoprirlo, non certo della natura stessa)?

Certo! Occorre uscire dai canoni del "dio biblico". Il "dio biblico" è semplicemente una lettura che l'homo ne ha dato. Oggi... nel 2017, abbiamo conoscenze diverse e esperienze diverse rispetto agli uomini di 2mila, 10mila o 20mila anni fa. E possiamo vedere le risposte che cerchi sia attorno a noi che dentro di noi.

Ma mio caro Angelo....se non ti guardi in giro e se non cerchi di comprendere ciò che è sotto i tuoi occhi, difficilmente riuscirai a vedere le risposte che cerchi e che sono tutte intorno a te e sotto il tuo naso. Anche in questo momento.
Citazione(Ammesso e non concesso da parte mia) Ripeto: Bella consolazione per quelle tantissime creature che fanno una fine più o meno simile a quella del capriolo del filmato linkato da AngeloCannata ! ! !

Vittorio Sechi

Mi limito a riportare le parole scritte sul Libro. Il Male non è un qualcosa che fa la sua comparsa a seguito della caduta, bensì era presente nella creazione ben prima. Diversamente le parole che la tradizione attribuisce a Dio non avrebbero alcun significato, poiché Egli impartisce un ordine perentorio di divieto: "dei frutti dell'albero della conoscenza del bene e del MALE non devi mangiare". Mi sembra sensato dedurre che chi scrisse Genesi, varie tradizioni sovrapposte, immaginasse che il male non fosse opera dell'uomo.  
Fra le altre cose, anche la lettura del libro di Giobbe non fa che confermare questa impostazione.

sgiombo

Citazione di: Vittorio Sechi il 20 Giugno 2017, 21:33:46 PM
Mi limito a riportare le parole scritte sul Libro. Il Male non è un qualcosa che fa la sua comparsa a seguito della caduta, bensì era presente nella creazione ben prima. Diversamente le parole che la tradizione attribuisce a Dio non avrebbero alcun significato, poiché Egli impartisce un ordine perentorio di divieto: "dei frutti dell'albero della conoscenza del bene e del MALE non devi mangiare". Mi sembra sensato dedurre che chi scrisse Genesi, varie tradizioni sovrapposte, immaginasse che il male non fosse opera dell'uomo.  
Fra le altre cose, anche la lettura del libro di Giobbe non fa che confermare questa impostazione.
CitazioneL' avevo già capito (e lo ritengo decisamente interessante).

Ma quel che mi chiedevo (per un mio interesse culturale) era se questa lettura sia compatibile con qualche ortodossia religiosa ed eventualmente ecllesiastica (o ti ritieni -per intenderci- un "libero pensatore religioso eretico" per così dire?)

paul11

#48
Citazione di: Vittorio Sechi il 20 Giugno 2017, 12:16:34 PM
Decretare la morte di Dio significa semplicemente statuire che Dio non è mai esistito. Perlomeno il Dio descritto nei testi sacri al cristianesimo e all'ebraismo. Significa prendere coscienza della sua inesistenza ab aeterno, cioè da sempre. È, a parer mio, proprio il Male a determinare questa presa di coscienza.
Evidente che non leggo il testo immaginando che descriva fatti ed eventi verificatisi in maniera fattuale. La Bibbia utilizza un registro narrativo mitologico ed un linguaggio simbolico. Le lezioni di Mircea e di Girard ci hanno istruito circa l'evidenza che un mito non è mai una narrazione fantastica, fine a se stessa, quindi del tutto aliena alla realtà e ai fatti che racconta. Il mito è la modalità – surreale, forse - attraverso cui l'uomo esprime attraverso un metalinguaggio la percezione del mondo circostante. Ovverosia è il sentimento che si trasduce in narrazione. Non rileva alcunché, ai fini della validità del contenuto delle narrazioni, che gli eventi narrati siano fattuali – quindi veri e reali – oppure percepiti come tali. Ciò che rileva è la traccia lasciata sull'anima dall'avvenuta percezione. Il linguaggio simbolico (da symballein – mettere insieme) è, in questi casi, lo strumento metalinguistico necessario per tenere coesi eventi percepiti, sedimentatisi in sentimento e collocatisi nel profondo dell'anima, e la necessità di descrizione degli stessi, di fornire loro un perché. Non immagino certo di vedere, o gli Elohim forgiare l'uomo dal fango, ma è altrettanto evidente che la creazione sia percepita come un atto voluto da un Creatore.
Per quanto riguarda l'esserci del Male, credo sia utile un'attenta analisi del primo libro della bibbia, il Genesi, quello che qualcuno mi suggerisce di leggere.
Cosa troviamo in esso?

il Libro della Genesi c'informa che Dio, rivolgendosi all'uomo, l'ammonì: «ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti». Egli impartì alla propria Creatura un ordine perentorio: "non devi mangiar(ne)", riferendosi all'albero della conoscenza del Bene e del Male, perché l'uomo, cibandosi dei suoi frutti, ne sarebbe morto. Il conoscere assume qui le fosche connotazioni di una forza disgregante, che separa. Il mondano attrae e separa dal divino. Dio in origine passeggiava nel giardino dell'Eden, il che lascia ben intuire la prossimità e l'intelligenza fra Creatura e Creatore. La famosa e fantastica età aurea di cui tante culture sono impregnate.

Ad ogni buon conto, non credo possa essere confutato il fatto che tanto l'esistenza del Bene, rilevabile nel precedente emistichio, quanto quella del Male permeassero la Creazione fin dalle origini. Cibarsi dei frutti attinti dall'albero della conoscenza significa elevare la creatura al livello di Dio, cioè sostituire le determinazioni umane all'unica vera fonte di Verità. La disobbedienza di Adamo ed Eva si traduce così in un atto che afferma l'autonomia morale dell'uomo – creatura – rispetto al Creatore, per cui è l'uomo e non più Dio a stabilire in base alle proprie determinazioni, volta per volta, ciò che è bene e ciò che è male. Da ciò deriva che non fosse più necessario soggiacere al 'consiglio divino'.

Il peccato di superbia narrato in Genesi è la cifra della lacerazione che è venuta a prodursi fra terra cielo e uomo. Genesi narra non solo il mito della Creazione, ma anche quello della profonda frattura che da allora impregna il creato. L'atto di superbia si concreta nella presunzione di poter fare a meno di Dio ogni qualvolta si pone il dilemma di scegliere, di decidere per un verso o per un altro. Accedere alla superiore conoscenza del Bene e del Male, determinando così autonomamente il grado gerarchico da attribuire a ciascun 'valore' morale, significa violare il sacro (separato) ed entrare in contatto con un qualcosa che già esisteva, che già impregnava ed intrideva la Creazione, seppur forse non ancora operante. Diversamente Dio avrebbe impartito un ordine assurdo. La Creazione è opera divina, è evidente che entrambe le forze che la impregnano siano anch'esse opera divina. La Creazione, evidentemente, era "cosa molto buona" ma non certamente "perfetta", trattenendo in sé anche "cose non buone" o "cose meno buone".
ciao Vittorio Sechi,
finalmente!
Non sei così distante dalla mia interpretazione e da ciò che conosco.
A dimostrazione che comunque avere dei punti di riferimento, in questo caso almeno una traccia di un testo sacro, possiamo almeno tentare di confrontare interpretazioni,e questo a mio parere è fondamentale per eventuali approfondimenti.

Giusto, il male è preesistente, gli Elohim conoscevano l'ordine naturale che non può conoscere il bene e il male e quindi non può avere un'etica, una morale, ma l'uomo ha un linguaggio "a immagine e somiglianza " degli Elohim, quindi ha un cervello abbastanza potente e strutturato per utilizzare i linguaggi e darà ad Adamo la possiblità di dare un nome a ciascuno essere naturale, il che significa padroneggiare la natura.
Gli Elohim sono troppo potenti rispetto al genere umano da loro creato manipolandolo geneticamente, perchè nel DNA umano c'è la parte dell'intelligenza dell'Elohim, da temerlo.Ma temono che quell'essere molto natura terrestre e poco della natura "divina" non sia capace a padroneggiare la natura stessa, temono, detto in parole povere, che abbia abbastanza potere da poterla alterare.
Per questo ordineranno a tutti gli Elohim di non trasmettere loro conoscenze. ma gli "angeli caduti" e il "serpente tentatore", così come l'invaghirsi delle femmine umane, farà decader e il dna umano nello spirito e quindi nei costumi, tanto che sarà il diluvio universale, presente in troppe tradizioni per non essere stato fattuale,
Il problema è che l'uomo è potente, ma non sa utilizzare "bene" il suo potere.E' ora un essere dotato di un linguaggio, può comunicare, può conoscere, ha una sfera della volontà e quindi è dotato di libero arbitrio, quindi può scegliere.
Ora se hai capito il male è dentro l'essere umano, ma può scegliere.La natura non ha il potere della volontà, risponde alla semplice necessità di voler vivere, di sopravvivere, quindi non ha una morale o etica.

Indirettamente Sgiombo utilizza il termine consolazione. che è un'importante chiave di lettura.

Giobbe 29:25
Quando andavo da loro, mi sedevo come capo;
ero come un re tra le sue schiere,
come un consolatore in mezzo agli afflitti.


Giovanni 16:7
Eppure, io vi dico la verità: è utile per voi che io me ne vada; perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò.

Ad un certo punto della storia dell'umanità compare questa figura, Gesù che è continuità (essendo ebreo della tribù di Giuda) della tradizione, ma nello stesso tempo è discontinuità poiche muta il linguaggio del messaggio, si presenta come il Consolatore finale dell'umanità e utilizza la Misericordia. Ed è questo che mi fa esser cristiano. Perchè gli Elohim, e lo Yahweh è uno di loro, non avrebbero mai dovuto creare un essere autoconsapevole per renderlo schiavo alle proprie esigenze,Avere una coscienza significa porsi il perchè del dolore e della sofferenza e del bene e del male. Gesù indica con la  parola la strada e  si rende nella pratica agnello sacrificale. Mostra all'umanità il sacrifico, ma anche la consolazione.

Ma si sappia che la trimurti e quindi la figura del male come distruttore è dentro la tradizione vedico indiana, che il demiurgo dello gnosticismo è l'artefice demoniaco. 
Chissà se ora ho creato più confusione che costruzione? E' importante rifletterci.Non ho verità assolute, non ho questa presunzione, ma alcune cose, confrontando le scelte antiche di più tradizioni, dentro i test i sacri religiosi che trasmettono saperi, storia ,statuti di popoli come per gli ebrei,emergono contraddizioni e verità

Non penso che Gesù fosse un Elohim, era qualcosa di ancora  più potente.................e sia davvero venuto a soccorrere e dare un senso al dolore dell'umanità le cui grida arrivarono  Lassù.
 Noi non veniamo dal niente per finire nel niente, per questo indico che c'è un ordine nella natura che va al di là della legge termodinamica del nulla si crea e nulla si distrugge e tutto si trasforma.Se c'è un ordine intellegibile all'uomo, c'è un signficato, c'è un smbolo, ci sono percorsi diisenso

Vittorio Sechi

È un po' lungo, me ne rendo conto.

Il Male, nell'ambito della fede cristiana ed ebraica, è percepito come parte essenziale del disegno divino. La 'crudeltà' della Natura è priva di colpa. La Natura e la Creazione sono innocenti. Il Male nel suo accadere assume le connotazioni negative che noi gli attribuiamo solo quando interseca la nostra esistenza, la nostra vita, ammorbandola e piegandola fra spasmi e gemiti. Il Male è dunque colpevole solo quando entra in relazione con l'uomo. La caduta di un fulmine in un territorio disabitato non è scaturigine di dolore, di sofferenza; diversamente se dovesse colpire e uccidere un bambino, noi ravviseremmo in questo accadere, in questa manifestazione della Natura, gli estremi per dolerci, per individuare una colpa, ancorché astratta. E se il Male è relatio, è anche corretto porsi il perché del suo manifestarsi in forme così crudeli e dolorose.

La concezione dell'esistenza che non si rivolge ad un Theos, quindi atea, imputerebbe questo accadere alla consequenzialità del verificarsi d'eventi casuali, senza rinvenire colpe da parte di alcuno. Viceversa, quando il Male si abbatte con forza e durezza con inondazioni, terremoti, fulmini, un credente, cioè una persona che poggi la propria fede sull'azione di un Dio Creatore, non può che rivolgere a Lui e solo a Lui le proprie domande e suppliche; può così piegarsi di fronte alla percezione di un ineffabile disegno superiore (Giobbe docet), oppure rifiutare di far parte di un disegno che prevede lo scatenarsi della furia di Dio a suo danno o a danno dell'umanità cui appartiene, e restituire al Creatore il biglietto d'ingresso, come racconta Dostoevskij. Io, per quel che mi riguarda, credo che non sia possibile accettare che il disegno di Dio, per quanto misterioso, possa implicare il patire e il dolore dell'innocente. Quando il Male si accanisce nei confronti dell'innocenza, assume le coloriture fosche di una forza inutile, gratuita, totalmente ed insensatamente crudele, che non è possibile accettare in forza di un misterioso progetto divino, che, pertanto, è da rifiutare.

Con il Male si rifiuta Dio stesso, si diventa atei.  

La sapienza dei Greci sapeva cogliere la tragicità della vita. Eraclito l'oscuro, qualche secolo prima di Cristo, scriveva (Frammento 8 nella versione di G. Colli):
«Dell'arco, invero, il nome è vita, ma l'opera è morte»

Assolutamente incomprensibile; eppure in esso v'è tanta saggezza e racconta con quale sagacia la sapienza antica intuisse e percepisse la crudeltà della vita. Arco e vita in greco antico avevano il medesimo suono, sono termini omofonici. L'arco è l'attributo principale del dio Apollo. Il frammento ci dice che la Vita è violenza, e il risultato di questa violenza è l'annientamento, il disfacimento, la Morte. Ci racconta anche che la violenza della vita scaturisce dall'azione di scoccare la freccia da parte del dio Apollo. La violenza della vita che genera la morte è dunque determinazione della divinità.

La vita e la morte sono consanguinee, collaterali, si compenetrano vicendevolmente. Per perpetuare se stessa, la vita ha necessità di generare la morte, la quale a sua volta è fattrice di vita. Il mezzo attraverso il quale entrambe si nutrono a vicenda è appunto la violenza, che è innocente fintanto che non interseca l'esistenza dell'uomo, fatalmente (da Fato) colpevole allorquando s'insinua nella vita degli uomini. Nell'Iliade, Agamennone per giustificare davanti ad Achille il sopruso perpetrato a suo danno d'avergli sottratto Briselide, l'amata preda di guerra, attribuisce la colpa alla divinità che gli ottuse la mente... l'uomo non ha colpa alcuna: Agamennone non fu cagione diretta dell'ira di Achille.

Eraclito, frammento [53 Diels-Kranz ]
«Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.»

Polemos, è dunque Padre e re. Da questa percezione nasce la visione tragica della vita, la dialettica inesausta che si quieta nella morte.

La vita non è stasi, non è quiete, la Natura smentisce quest'insipida visione. Ove rilevi lo splendore della natura, puoi cogliere anche il germe della dissoluzione, è come se nel medesimo istante in cui percepisci la meraviglia della Creazione, la dissoluzione, il disfacimento, la putredine bussino alla porta della coscienza per irrompere e scompaginare il tenue acquerello che ti sei creato. Quando un occhio coglie la meraviglia e la bellezza della vita, l'altro indugia sull'orrore e lo sfacelo della morte incipiente. Anche un semplice fiore al culmine dell'infiorescenza suggerisce che in quella meraviglia è instillata la morte. La vita di ciascuno di noi dovrebbe avvertire in ordine all'incontestabile fatto che vivere è approssimarsi alla morte, tanto da far dire a qualcuno che vivere è rotolare fra le braccia della morte. Allora l'esistenza è disputa, dissidio, dia-logo, Polemos.

La morte non è più un accadere ineluttabile, ma è un'entità ontologica che s'intreccia alla vita, che con essa procede e da essa è evocata.

Perché la Bibbia? Perché in essa, più che in ogni altro libro, è reso manifesto questo conflitto. L'uomo, come Dio – in ciò è possibile recuperare il significato d'immagine e somiglianza, che si riflettono nell'uomo -, è dissidio interiore, lacerazione, frattura, scissione. È Polemos. Per averne conferma basta solo guardarsi intorno, guardarsi dentro, osservare e leggere la letteratura d'ogni tempo e d'ogni latitudine. Dukkha, la Trimurti induista, ove Shiva assume il ruolo del distruttore, Zoroastro, l'Islam, il giudaismo, la poesia maledetta, la letteratura dell'Ottocento, quella contemporanea, la stessa Gita è una lunga descrizione allegorica di un evento cruento...Polemos. Insomma è possibile svariare fra e su mille diverse coloriture. Di questo stato di cose, non v'è colpa d'attribuire all'uomo, né alla Creazione; perlomeno non v'è colpa tale da meritare una sofferenza che originariamente non pertiene loro, essendo voluta e pretesa dal Creatore (chiunque Egli sia), nella Creazione instillata e lasciata prosperare.

Perché la Bibbia? Dicevo poco sopra che la Bibbia è disseminata delle tracce della germinazione del Male, soprattutto se letta alla luce della passione di Cristo. Qui si tratta d'aver cognizione di racconti ritenuti storici, non di mitologia. Il Padre che sulla croce abbandona il Figlio, patendo di quest'abbandono e soffrendo in sé, nell'anima, le trafitture inflitte alla carne del Figlio, è lo stesso Padre che ad Auschwitz abbandona gli altri suoi figli, patendo e soffrendo di questo storico abbandono, intuendo (dall'etimo sentire o guardare dentro, nell'intimo, nel profondo) le trafitture che avviliscono carne ed anima degli innocenti – gli agnelli della storia –, epigoni dell'unigenito in croce, immolati ad onorare funestamente una Creazione monca, difettata, viziata dal Male originario che in Dio non può essere che costitutivo. Solo così si può spiegare lo scandalo del Dio in croce: sofferente, morente. Il Padre abbandona il Figlio sofferente sulla croce, ma ad essere abbandonato è il Padre stesso; il Figlio è abbandonato, al tempo stesso è colui che abbandona. Sulla croce si consuma la dilaniante tragedia di Dio, il Polemos divino: Egli vive nel presente storico della crocifissione il proprio eterno inferno a-temporale, sempre presente, sempre vivo; allo stesso modo, noi, nella nostra finitudine, nel corso della nostra limitata e finita esistenza, viviamo l'eco di quel dilaniante eterno inferno: viviamo il nostro limitato e finito inferno.
Dio entra nella storia dell'uomo.

La teologia della croce insegna che il Dio sofferente sulla croce è lo stesso che patisce il dolore dei tanti altri suoi figli abbandonati nei lager, nelle camere di tortura, per le strade di San Paolo, nelle più oscure pieghe di una Creazione che geme e soffre. Sulla croce si consuma il tragico paradosso dell'ateismo di Dio: Egli si allontana e separa da se stesso, abbracciando il male mondano.

Lo scandalo del Dio crocifisso è anche lo scandalo dell'aporia di un Dio ateo: quanto di più inconcepibile ed incomprensibile per il giudaismo e per l'islamismo, e quanto di più alieno dalla filosofia orientale del 'Tutto' che lambisce il panteismo. In questo scandalo, come giustamente lo definì Paolo di Tarso, espresso nel doloroso urlo di scoramento del Figlio, si raggruma il Male del mondo; il Male ontologico e metafisico di Dio si fa ontico, divenendo un tutt'uno con quello reale, concreto, visibile, palpabile, innegabile della creazione, della natura, del mondo, dell'uomo sofferenti. Il Dio crocifisso si contrappone all'atarassico Dio di Tommaso e Agostino. Egli soffrì e soffre sulla croce eretta quotidianamente dalla storia. Da qui il nascondimento, se non addirittura la "morte di Dio". Evento, quest'ultimo, resosi manifesto nel crogiuolo di urla, dolore e gemiti eruttati dall'Olocausto – la Shoah – che espone nuda e cruda la banalità del male nella sua essenzialità più diafana e pura: senza infingimenti, senza incrostazioni.

La morte di Dio non affaccia la Creazione sulle plaghe ove imperano la disperazione e il nichilismo più cupo... non necessariamente, ciò è solo una possibilità, ma non l'unica. S'apre e si offre ad una nuova e più responsabile modalità d'interrogare l'esistenza, il vivere, il quotidiano, il contingente. Dopo ed oltre la 'morte di Diò c'è il finito dell'umana dimensione. Una modalità inusitata per l'umanità, almeno nel suo rappresentarsi in una forma ancora tutta da esplorare e non ancora compiutamente immaginata: nuova nel suo proporsi, nuova nel suo imporsi. Siamo ormai orfani di certezze che la classicità greca voleva depositate fra le braccia del Superno Fato e da cui attingeva, nelle eccelse inviolate vette dell'Olimpo, nella bizzarria degli dei; orfani di certezze tributate e attinte dall'imperante monocorde revelatio ecclesiastica; orfani ed erranti nella storia; orfani di Dio incediamo, irrompiamo, siamo scaraventati entro un'area resa sgombra di false verità universali, noumeniche, immarcescibili, immutabili; in essa incediamo esitanti e perplessi, timorosi e incerti con passo ateo; area ove germogliano paradossalmente spiritualità e religiosità che non si sporgono a lambire o violare suadenti ipostasi collocate in un oltre escatologico, in un aldilà impregnato di speranza. Religiosità e spiritualità che interrogano non più oscure divinità, ma la finitudine e la limitatezza dell'uomo non più inscritte e de-finite in e da una deità distante, distratta e lontana dalla croce dell'uomo e dalla sua sofferenza, sebbene anch'essa sofferente.

Spirito, religiosità e trascendenza che interrogano la responsabilità dell'uomo, suscitandola, appellandola, pretendendola, coltivandola senza che vi siano più vane preghiere rivolte a colui che è morto suicida (<<Dio non è morto, si è suicidato>> E. Cioran).

Una responsabilità nuova che non svela il mistero del dolore e non lo dissipa, ma che almeno è libera di piegare le proprie ginocchia non per osannare i cieli in un'ipostasi d'illusione di certezza, di speranza e di redenzione, ma solo s'inchina sotto il peso dell'immane fatica di vivere. Un vivere impregnato di paure che affondano le loro radici nell'ombra oscura dell'ignoto da esplorare, e da qui emergendo per violare, per spostare un sospiro oltre quel tratto di matita che è limine e luogo privilegiato di reciproca osservazione e ammiccamento fra oscurità dell'ignoto e parvula luce del già svelato; limine che è anche varco d'ingresso di una fioca luce d'intuizione che rischiara quell'ulteriorità che sta' oltre la soglia: una trascendenza che sposta i suoi confini senza che la propria incommensurabile ampiezza patisca arretramenti, riduzioni o compressioni di sorta. Ci sarà sempre tanto, troppo da conoscere e mai potremo percorrere fino in fondo i cammini dell'anima, tanto è profondo il suo Logos; questo ci suggerisce l'antica sapienza dell'oscuro Eraclito... teniamolo sempre bene a mente.

paul11

ciao Vittorio Sechi,
a mio parere hai fatto un passo indietro rispetto al tuo post precedente.
Proprio perchè il male è neutrale nell'ordine della natura, il male viene da sempre imputato dalla stessa umanità come implicita nella propria "doppiezza":siamo noi angeli e demoni e fa parte della nostra natura che è in parte nell'ordine naturale e in parte nel sacro.

L'errore dell'ateo è l'incoerenza, ma già nella teoria prima ancora delle pratiche.
Non si può fondare nessuna etica e morale togliendo il "sacro", se finisce il sacro delle religioni, se finisce l afilosfia e teologia, rimane la scienza e l'uom rientra allora nel SOLO ordine naturale.

Ed è per questo che nel primo post di questa discussione avevo scritto che forse sarebbe stato meglio porlo nel forum di filosofia, perchè quì si entra nella filosofia di Nietzsche ,di Heidegger, come concezione dell'esistenza fuori dall'ordine del sacro, spariscono i riferimenti eterni e si accetta il divenire come spazio temporale in cui l'uomo esiste.
Ma Nietzsche è l'unico coerente perchè accetta la crudeltà e la ferocia, accetta il divenire, ma sa che non esiste un rimedio al dolore ae alla sofferenza: non risolve il problema accettando il solo ordine naturale.

Il padre che abbandona il Figlio sulla croce è una fesseria moderna.
Gesù sa benissimo quale sarà il suo destino, ma da umano ,in quanto ha scelto le spoglie mortali per immedesimarsi nella carne dell'umanità che subisce dolore e sofferenza, vive fra la paura che richiede il coraggio di accettare il proprio destino mortale della carne


la modernità imputa a dio come nuovo capro espiatorio, la propria doppiezza di creatore del male: questo è il delirio culturale del presente.
se la mettiamo sul religioso/filosofico  i passaggi sono chiari.
Prima c'è un dio che da obblighi, perchè conosce la natura umana che può generare il male
Dopo arriva il messaggio di Gesù, che riconosce oltre alla doppiezza umana, la condizione della sofferenza del vivere umano

Infine arriva il delirio di onnipotenza umana: toglie la propria colpa dicendo che il male è dio, quindi l'umanità dichiara la sua innocenza uccidendo dio, il nuovo capro espiatorio.ora l'umanità ritene di essersi tolta il fardello del la scelta fra il bene e il male e ogni volta stermina e poi piange imputando  alle sue mani sporche di sangue ad un dio che continuamente muore e fa rivivere  nascondendosi come Caino dalla colpa di uccidere il proprio fratello .
 Questo umanità dentro questa cultura  è destinata a estinguersi

myfriend

Citazione di: Vittorio Sechi il 20 Giugno 2017, 21:33:46 PM
Mi limito a riportare le parole scritte sul Libro. Il Male non è un qualcosa che fa la sua comparsa a seguito della caduta, bensì era presente nella creazione ben prima. Diversamente le parole che la tradizione attribuisce a Dio non avrebbero alcun significato, poiché Egli impartisce un ordine perentorio di divieto: "dei frutti dell'albero della conoscenza del bene e del MALE non devi mangiare". Mi sembra sensato dedurre che chi scrisse Genesi, varie tradizioni sovrapposte, immaginasse che il male non fosse opera dell'uomo.  
Fra le altre cose, anche la lettura del libro di Giobbe non fa che confermare questa impostazione.
Questa è una interpretazione errata.
Il fatto che esistesse "l'albero della conoscenza del bene e del male" non implica affatto che il male fosse già presente nella Realtà. Questa è una tua deduzione che non trova riscontro nel testo.
Il male c'era, ma solo in uno stato "potenziale", cioè "non espresso" o "non manifesto".
Fu proprio il gesto di mangiare il frutto dell'albero e l'aspirazione a "essere come dio" - con la conseguente "caduta" - che rese l'homo consapevole della propria individualità e, con questo, rese manifesto il MALE che prima era solo in uno stato potenziale e non espresso.

Non è che ci possiamo inventare la bibbia che ci piace eh.
La bibbia va letta per quella che è.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Angelo Cannata

Citazione di: myfriend il 21 Giugno 2017, 10:57:47 AM

Questa è una interpretazione errata.
Il fatto che esistesse "l'albero della conoscenza del bene e del male" non implica affatto che il male fosse già presente nella Realtà. Questa è una tua deduzione che non trova riscontro nel testo.
Il male c'era, ma solo in uno stato "potenziale", cioè "non espresso" o "non manifesto".
Fu proprio il gesto di mangiare il frutto dell'albero e l'aspirazione a "essere come dio" - con la conseguente "caduta" - che rese l'homo consapevole della propria individualità e, con questo, rese manifesto il MALE che prima era solo in uno stato potenziale e non espresso.

Non è che ci possiamo inventare la bibbia che ci piace eh.
La bibbia va letta per quella che è.
Anche questa mi viene a risultare una lettura della Bibbia errata: nessuna attenzione al contesto letterario, nessuna attenzione al contesto storico, nessuna analisi del linguaggio usato, della terminologia: la Bibbia trattata come se fosse una lista princìpi filosofici.

myfriend

#53
@sgiombo e @cannata

"L'ordine" o "equilibrio" non è affatto consolatorio e nemmeno vuole esserlo.
L'ho detto e lo ripeto: se non ci fossero i carnivori la vita si estinguerebbe. I carnivori servono a mantenere "l'equilibrio" nell' "ordine invisibile delle cose". E questo equilibrio ha fatto in modo che la vita si sia tramandata per più di 3miliardi di anni.

Il "pietismo" per la fine della gazzella fissa l'attenzione su un punto - la gazzella e la sua fine - e perde di vista la maestosità del contesto.

Ogni istante cellule del nostro corpo muoiono e altre ne nascono.
Ogni istante il tuo corpo uccide migliaia di batteri che lo insidiano.
Il ciclo di "nascita" e "morte" è il motore della vita. E "nascita" e "morte" sono solo apparenti perchè nell'universo "nulla si crea e nulla si distgrugge ma tutto si trasforma". E' il primo principio della termodinamica.

Se non metti insieme tutte queste cose e ti focalizzi solo su un punto - la gazzella che muore - ti sfugge il quadro complessivo e rischi di prendere fischi per fiaschi.

La natura potrebbe giungere all'equilibrio in modo casuale?
Il caso è il rifugio di coloro che non si fanno domande. O, in altre parole, è il rifugio dell'ignoranza.

E' impossibile che dal caso nascano "equilibrio" e "ordine".
Dal caso nasce il caos.
E invece noi osserviamo che "ordine" ed "equilibrio" impregnano la materia a tutti i livelli: dal microcosmo al macrocosmo, dal regno inanimato al regno animato, dal mondo visibile al mondo invisibile. Ad ogni livello della materia c'è "ordine" ed "equilibrio".
E solo un "pensiero debole e semplice" può affermare che tutto questo ordine ed equilibrio si siano generati casualmente.
C'è una intelligenza dietro le quinte. E questa intelligenza, intrinseca nella materia, è il motore di tutte le cose: quelle visibili e quelle invisibili.

Fai una prova: prendi un po' di colori e gettali contro una tela. E poi vediamo quante probabilità hai che con un lancio di colori venga fuori La Gioconda.  :D
Il "caso" che genera ordine ed equilibrio è una sciocchezza. Che nessuno scienziato serio ha mai preso in condiserazione.
Dal caso, infatti, nasce il caos. Non l'ordine e l'equilibrio.  ;)
Ordine ed equilibrio sono manifestazioni di UNA intelligenza che è insita in tutte le cose.

E ti dirò di più: il "caso" nella Realtà non esiste.
Fammi un solo esempio di una cosa in natura che accada "per caso". Non esiste.
Dietro a ogni evento e dietro a ogni Realtà c'è un processo logico e intelligente (o più processi logici e intelligenti che interagiscono tra loro). Ogni cosa è frutto di processi logici e intelligenti.
Spesso noi non li vediamo o non li percepiamo. Spesso non siamo in grado di ricostruire le sequenze dei processi logici che hanno portato ad un evento. Perchè queste sequenza sono spesso lunghe e si basano su eventi che non conosciamo e non abbiamo visto. Ed è per questo che diciamo che una cosa è accaduta "per caso".
E' per questo che il "caso" è la giustificazione di chi ignora.  :D
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Angelo Cannata

Sulla questione dell'ordine in natura ho già risposto in un messaggio precedente di questa discussione.

myfriend

#55
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Giugno 2017, 11:26:42 AM
Sulla questione dell'ordine in natura ho già risposto in un messaggio precedente di questa discussione.
Ok. Nessuno vuole portare avanti dibattiti inutili e sterili.
Voglio però ribadire una cosa: concentrarsi su un solo punto - la fine della gazzella - senza tenere in consideraione tutto il contesto, non ti aiuta granchè a comprendere la Realtà e "l'ordine invisibile delle cose". Ammesso e non concesso che tu sia interessato a comprenderlo davvero.
Ogni particolare - compresa la morte della gazzella - trova la sua spiegazione nel "contesto".
Se ignori il contesto, ogni particolare ti apparirà "crudele" e "privo di senso" o, come sostiene qualcuno, "casuale".
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

baylham

Citazione di: paul11 il 21 Giugno 2017, 00:16:32 AM
Giusto, il male è preesistente, gli Elohim conoscevano l'ordine naturale che non può conoscere il bene e il male e quindi non può avere un'etica, una morale, ma l'uomo ha un linguaggio "a immagine e somiglianza " degli Elohim, quindi ha un cervello abbastanza potente e strutturato per utilizzare i linguaggi e darà ad Adamo la possiblità di dare un nome a ciascuno essere naturale, il che significa padroneggiare la natura.
Gli Elohim sono troppo potenti rispetto al genere umano da loro creato manipolandolo geneticamente, perchè nel DNA umano c'è la parte dell'intelligenza dell'Elohim, da temerlo.Ma temono che quell'essere molto natura terrestre e poco della natura "divina" non sia capace a padroneggiare la natura stessa, temono, detto in parole povere, che abbia abbastanza potere da poterla alterare.
Per questo ordineranno a tutti gli Elohim di non trasmettere loro conoscenze. ma gli "angeli caduti" e il "serpente tentatore", così come l'invaghirsi delle femmine umane, farà decader e il dna umano nello spirito e quindi nei costumi, tanto che sarà il diluvio universale, presente in troppe tradizioni per non essere stato fattuale,

Se ritieni queste cose come vere non capisco come fai ad attribuire la responsabilità della nascita del male all'uomo.
Se gli Elohim sono dei creatori pasticcioni, evidentemente non conoscevano l'ordine naturale di cui facevano parte. 

La morale non si fonda sul sacro perché non ha alcun fondamento esterno, l'ateismo o  il teismo è del tutto irrilevante in questo senso. Che un ateo possa attribuire la responsabilità del male a Dio è logicamente assurdo.

paul11

#57
Citazione di: baylham il 21 Giugno 2017, 12:01:50 PM
Citazione di: paul11 il 21 Giugno 2017, 00:16:32 AM
Giusto, il male è preesistente, gli Elohim conoscevano l'ordine naturale che non può conoscere il bene e il male e quindi non può avere un'etica, una morale, ma l'uomo ha un linguaggio "a immagine e somiglianza " degli Elohim, quindi ha un cervello abbastanza potente e strutturato per utilizzare i linguaggi e darà ad Adamo la possiblità di dare un nome a ciascuno essere naturale, il che significa padroneggiare la natura.
Gli Elohim sono troppo potenti rispetto al genere umano da loro creato manipolandolo geneticamente, perchè nel DNA umano c'è la parte dell'intelligenza dell'Elohim, da temerlo.Ma temono che quell'essere molto natura terrestre e poco della natura "divina" non sia capace a padroneggiare la natura stessa, temono, detto in parole povere, che abbia abbastanza potere da poterla alterare.
Per questo ordineranno a tutti gli Elohim di non trasmettere loro conoscenze. ma gli "angeli caduti" e il "serpente tentatore", così come l'invaghirsi delle femmine umane, farà decader e il dna umano nello spirito e quindi nei costumi, tanto che sarà il diluvio universale, presente in troppe tradizioni per non essere stato fattuale,

Se ritieni queste cose come vere non capisco come fai ad attribuire la responsabilità della nascita del male all'uomo.
Se gli Elohim sono dei creatori pasticcioni, evidentemente non conoscevano l'ordine naturale di cui facevano parte.

La morale non si fonda sul sacro perché non ha alcun fondamento esterno, l'ateismo o  il teismo è del tutto irrilevante in questo senso. Che un ateo possa attribuire la responsabilità del male a Dio è logicamente assurdo.
Gli Elohim non sono Dio.

Oggi noi siamo in grado di manipolare il DNA e lo facciamo tranquillamente con vegetali e animali .
Significa che non ci vuole chissà quale tecnologia interplanetaria per arrivare ai segreti della biologia

Ti sfugge il significato della venuta di Gesù, che non è un Elohim, che anzi sarà inquisito dalla sua stessa genia ebraica per aver scelto un messaggio diverso.

Non esiste un Creatore dell'universo che parteggia per un popolo a danno di altri:ma ragioniamoci.........non è che vi voglia molta logica a capire soprattutto leggendo il testo sumerico-accadico
Tutto il Vecchio Testamento è la costituzione statuaria di un popolo in cui un "dio" protegge un popolo  fa un patto e gli promette un terra promessa.Questo è un Dio universale?

Gesù parteggia per un popolo? Il messaggio è universale e doveva farsi carne per soffrire da uomo, per temere il destino da uomo, per essere lui capro espiatorio come agnello sacrificale, per far vedere all'umanità intera il potente messaggio che è oltre gli umani e il pianeta Terra.
Non bisogna disperare insegna, non può cambiare gli ordini costituiti, ma insegna la via agli umani di cui il fondamento è l'amore.

myfriend

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Giugno 2017, 11:14:58 AM
Citazione di: myfriend il 21 Giugno 2017, 10:57:47 AM

Questa è una interpretazione errata.
Il fatto che esistesse "l'albero della conoscenza del bene e del male" non implica affatto che il male fosse già presente nella Realtà. Questa è una tua deduzione che non trova riscontro nel testo.
Il male c'era, ma solo in uno stato "potenziale", cioè "non espresso" o "non manifesto".
Fu proprio il gesto di mangiare il frutto dell'albero e l'aspirazione a "essere come dio" - con la conseguente "caduta" - che rese l'homo consapevole della propria individualità e, con questo, rese manifesto il MALE che prima era solo in uno stato potenziale e non espresso.

Non è che ci possiamo inventare la bibbia che ci piace eh.
La bibbia va letta per quella che è.
Anche questa mi viene a risultare una lettura della Bibbia errata: nessuna attenzione al contesto letterario, nessuna attenzione al contesto storico, nessuna analisi del linguaggio usato, della terminologia: la Bibbia trattata come se fosse una lista princìpi filosofici.
E quale sarebbe, dunque, la giusta interpretazione?
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Angelo Cannata

Nel contesto di quella narrazione "bene e male" è da considerare un'espressione "polare", cioè si indicano gli estremi, i poli di una cosa per indicare tutta quella cosa; un'altra espressione polare che si trova proprio in quella narrazione è "cielo e terra". Ne consegue che conoscenza del bene e del male non ha niente a che vedere con una conoscenza di tipo morale, ma significa più semplicemente "conoscenza di tutto": quello era l'albero della conoscenza di tutto.

Allo stesso modo, quando viene detto che Dio creò il cielo e la terra, non è da intendere che Dio, tanto per cominciare, creò il cielo, che sta sopra, e la terra, che sta sotto, ma che Dio creò tutto.

In quei racconti non esiste alcuna informazione riguardo a un presunto male potenziale, né viene detto che con quel frutto l'uomo sia divenuto consapevole della propria individualità.

Discussioni simili (1)

4878

Risposte: 13
Visite: 309