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ESTASI

Aperto da Mariano, 05 Gennaio 2017, 21:58:31 PM

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doxa

Sari, complimenti per il contributo.
Dici che l'estasi non ha nulla a che vedere con l'erotismo, non ha nulla a che vedere con le visioni, non è appannaggio di un particolare credo religioso, ma è uno stato naturale della mente di tipo meditativo con il distacco dalla realtà. Ed io concordo. Ma sai bene che il nostro sapere è anche condizionato dalla cultura cristiana, sia morale sia religiosa. E questa penso, ha suscitato le mie risposte e quella di Sebastian, collegandoci con la Bibbia o, nel mio specifico caso, alle estasi delle monache carmelitane Teresa d'Avila ed Anna La Longa, conosciuta come "suor Teresa di San Geronimo". Citando queste, bisogna per forza parlare dell'estasi dal punto di vista cristiano, non conoscendo io quelle collegate con le culture orientali.

Penso al filosofo  neoplatonico Plotino, secondo il quale l'estasi è autocoscienza che desidera congiungersi con Dio. Tramite l'ascesi e la catarsi, la ragione si compenetra con l'Uno. Per Plotino l'estasi non è un dono della divinità ma una possibilità naturale dell'anima, è un percorso verso la trascendenza. E' uno stato psichico non descrivibile a parole.

La teologia di Plotino fu usata da quella cristiana e l'estasi venne da questa considerata non solo contemplazione fine a se stessa ma funzionale all'azione sia verso Dio sia verso il mondo.


Penso che l'estasi funzionale all'azione e non alla sola contemplazione abbia suscitato in Mariano la domanda nel suo post iniziale. E col senno del poi, il non detto da Mariano m'induce ad ipotizzare che egli sia un fervente cristiano che sa la risposta ma ha voluto conoscere le nostre.

Sariputra

#16
Citazione di: altamarea il 09 Gennaio 2017, 08:42:08 AMSari, complimenti per il contributo. Dici che l'estasi non ha nulla a che vedere con l'erotismo, non ha nulla a che vedere con le visioni, non è appannaggio di un particolare credo religioso, ma è uno stato naturale della mente di tipo meditativo con il distacco dalla realtà. Ed io concordo. Ma sai bene che il nostro sapere è anche condizionato dalla cultura cristiana, sia morale sia religiosa. E questa penso, ha suscitato le mie risposte e quella di Sebastian, collegandoci con la Bibbia o, nel mio specifico caso, alle estasi delle monache carmelitane Teresa d'Avila ed Anna La Longa, conosciuta come "suor Teresa di San Geronimo". Citando queste, bisogna per forza parlare dell'estasi dal punto di vista cristiano, non conoscendo io quelle collegate con le culture orientali. Penso al filosofo neoplatonico Plotino, secondo il quale l'estasi è autocoscienza che desidera congiungersi con Dio. Tramite l'ascesi e la catarsi, la ragione si compenetra con l'Uno. Per Plotino l'estasi non è un dono della divinità ma una possibilità naturale dell'anima, è un percorso verso la trascendenza. E' uno stato psichico non descrivibile a parole. La teologia di Plotino fu usata da quella cristiana e l'estasi venne da questa considerata non solo contemplazione fine a se stessa ma funzionale all'azione sia verso Dio sia verso il mondo. Penso che l'estasi funzionale all'azione e non alla sola contemplazione abbia suscitato in Mariano la domanda nel suo post iniziale. E col senno del poi, il non detto da Mariano m'induce ad ipotizzare che egli sia un fervente cristiano che sa la risposta ma ha voluto conoscere le nostre.

La concezione cristiana dell'estasi,  altamarea, è una distorsione "a posteriore" dell'esperienza stessa. E' il concettualizzare secondo la ragione ciò che per sua natura non è ragionevole. Dopo l'"emersione" dallo stato estatico il soggetto tende a dare una spiegazione dell'avvenuto e lo fa secondo i criteri di fede in cui il suo Io illusorio si identifica. Intanto bisogna sottolineare che le famose "visioni" di paradisi, inferni, esseri soprannaturali, voci di Dio, ecc. non sono estasi,  ma la realizzazione sognante dell'intenso desiderio di visione del soggetto. Sono della stessa natura dei sogni e sfumano vaporizzandosi se il soggetto ha controllo meditativo consapevole del momento. Sono caratteristici di personalità estremamente sensibili ed emotive; soggetti per i quali l'amore deve assumere un nome e una forma. Concordo con te che, convenzionalmente, vengono definite estasi in ambito cristiano e vengono viste come un dono di Dio all'anima adorante. Questo , come in tutta la concezione cristiana della spiritualità, toglie merito e libertà al soggetto che s'inerpica sul monte dell'esperienza diretta. Questi stati sono però perfettamente alla portata di tecniche meditative adeguate e in soggetti con particolare predisposizione e forza di concentrazione. Erano abbastanza comuni nell'antichità e molto rari oggigiorno, in quanto la mente umana sta perdendo la capacità di introiettarsi all'interno, continuamente attratta e aggrappata a ciò che la condiziona incessantemente.
Fai una prova: mangia pochissimo per giorni e giorni, prega il tuo Dio  ( magari con la testa d'elefante...) instancabilmente tutto il giorno, tenta di sopprimere come riprovevole ogni palpito di desiderio che sorge durante la preghiera, visualizza incessantemente l'immagine del Dio o dell'essere spirituale che stai pregando. La mente in breve collasserà e per rilasciare l'enorme tensione e desiderio interiore accumulato, produrrà uno stato simile all'estasi autentica, ma che si differenzia da questa per l'irruzione di visioni sognanti ( e molto probabilmente vedrai proprio una divinità con la testa d'elefante che ti parlerà, opportunamente rielaborata anche dall'inconscio...). Non c'è molta differenza  da quello che tutti noi sperimentiamo quotidianamente nel sogno, dove affiorano dall'inconscio tutti i desideri e le paure coltivate o rimosse dalla coscienza durante lo stato di veglia.
In questi casi di false estasi troviamo certamente un'azione susseguente il fatto visionario interpretato come una "visita" nell'anima della divinità adorata. Il soggetto tende a raccontarlo, a scriverci sopra un trattato mistico, ecc. Si arriva  a casi in cui ci si identifica talmente con queste visioni da costringere il corpo stesso ad adeguarsi e prendere una forma consona allo stato spirituale ritenuto raggiunto.
Deve però far riflettere il fatto che queste "visioni estatiche" , presenti in tutte le religioni, prendono sempre la forma del particolare credo che si segue. La vera estasi è "priva di segni" ( e come potrebbe averli?...)
Ancora Ramakrishna ( uno che se ne intendeva... ;D):
-Quando fu chiesto al Maestro se durante il samadhi egli fosse cosciente di questo mondo, rispose: " In fondo all'oceano vi sono colline e montagne, gole e vallate, ma dalla superficie dell'acqua non si possono vedere. Similmente, nello stato di samadhi non si scorge che la grande distesa  di 'Satchitananda', e la coscienza individuale resta latente in noi".
Anche in questo passo notiamo come , nonostante l'esperienza in stato di coscienza latente, al riemergere il Maestro non resiste alla tentazione di definirla secondo la sua visione e convinzione spirituale, e perciò la chiama "satchitananda", ma forse avrebbe potuto chiamarla anche "tantobenetantomale", sono solo nomi per qualcosa che non ha un nome...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

bluemax

Citazione di: Mariano il 05 Gennaio 2017, 21:58:31 PM
E' un argomento che non riesco a comprendere: c'è qualcuno che può suggerire una risposta?
Viene definito come  uno stato di isolamento e di evasione totale dalla realtà circostante che viene ricercato per raggiungere una beatitudine interiore; è da considerare come un estraniarsi egoisticamente dalle problematiche della società o può contribuire a risolverle ?

Per quanto riguarda la visione buddista dell'estasi (SAMADHI) posso dirti che rientra tra quegli stati mentali da ottenere. 

Letteralmente SAMADHI significa 'fissare'. Rappresenta, se non ricordo male, il raggiungimento di uno stato benefico di coscienza superiore a quello di veglia, di sogno e di sonno profondo, caratterizzato dal completo annullamento di qualsiasi pensiero grossolano lasciando spazio alla mente interiore. 

Nello stato di SAMADHI si produce una fusione totale tra colui che medita e l'oggetto della meditazione. 
Esistono diverse forme di stadi di estasi, e si ottengono diminuendo progressivamente l'attività della mente per lasciar spazio alla non mente. 
SAMADHI è lo stato supremo di coscienza completamente non duale dato dall'unione del "soggetto" e "dell'oggetto" dell'esperienza. 

In questo stato di beatitudine, di coscienza, lo "sperimentatore" non è più sottoposto all'influenza del tempo, non è più limitato dalle e nelle sue azioni (KARMA) e non può essere più sconfitto o asservito a nessuno mentalmente; Non riconosce neppure se stesso o gli altri (in altre parole, egli SI DISTACCA COMPLETAMENTE E DEFINITIVAMENTE SIA DA SE STESSO (trascende il suo ego) SIA DAGLI ALTRI); allo stesso modo non è più soggiogato (legato) alle differenti sensazioni offerte dai cinque sensi; olfatto, gusto, vista (RUPA), tocco, udito.
Nello stato di estasi non si risente più le sensazioni di freddo o caldo, la sofferenza o la gioia e non viene più condizionato dall'onore o dal disprezzo degli altri. Diventa completamente invulnerabile rispetto a qualsiasi arma psichica o a qualsiasi metodo mentale malefico che potrebbe utilizzare qualcuno contro di lui.

Naturalmente per raggiungere tali stati di "estasi" è necessaria la pratica.

ciao :)

Apeiron

In generale l'estasi a mio giudizio è una sorta di "resa" dell'io. L'io per sua natura è dinamico e inserito nella temporalità. Tuttavia per questa sua natura tende a voler rimanere in essa illudendosi che tale natura sia la "vita". L'estasi avviene quando per così dire si "esce dal tempo" e lo si "congela". Ma tale congelamento di certo non è davvero una fine del tempo fisico bensì è la fine del nostro attaccamento ad esso. Motivo per cui l'estasi è la resa sul mondo, la completa sottomissione a tutto ciò che avviene e tale sottomissione si manifesta nel "blocco dell'io". E questa resa in realtà si manifesta con un senso di pace in quanto ci rendiamo indipendenti da ciò che accade. Chiaramente serve la pratica perchè dobbiamo imporre a noi stessi un comportamento "contro le nostre tendenze" e senza la pratica non potremo mai raggiungerlo.


In sostanza per apprezzare la nostra esistenza dobbiamo per così dire "combattere per arrenderci".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Mariano

Provo a dare seguito ai vari input ricevuti citando chi ha più stimolato le mie curiosità:
x Sariputra:                                                 
Apprezzo molto le tue dotte considerazioni che mi hanno permesso di comprendere meglio il significato dell'estasi. anche se non mi hai ancora convinto che è la cosa più inutile per il mondo: resta ancora il mio interrogativo.
E mi sorge una domanda: ma tu hai mai sperimentato un istante di estasi autentica?
x giona:
Le tue affermazioni denotano un integralismo che non condivido; l'unica cosa che ritengo di poter concordare è che :"la cosa migliore è lasciar perdere e riprendere il discorso al momento opportuno, se arriverà il tempo in cui saremo rapiti in estasi".
in ultimo x altamarea che mi da occasione per chiarire meglio il mio interrogativo:
"Per quanto riguarda la beatitudine,  cosa s'intende ? Io, tu, gli altri la consideriamo allo stesso modo ? "
Per beatitudine credo che si possa intendere mancanza di sofferenza, sofferenza che io ritengo sia il motore della vita in quanto essa ci spinge ad attivarci per contrastarla; il momento in cui non c'è sofferenza non esiste più la voglia di nulla, si entra in uno stato di vita/non vita. E la sofferenza, a parte quella fisica, è soggettiva, per cui anche la beatitudine è soggettiva; mi rendo conto però che nel dare questa definizione do un significato egoistico alla beatitudine che inizialmente ho definito obiettivo dell'estasi.
"Il desiderio di collegamento con il divino può nascere da chi crede nell'esistenza di un Dio. Io, per esempio, non sono motivato a collegarmi con una divinità cui non credo possa esistere. "
"Per quanto riguarda la "Divinità" non riesco a concepire come se ne possa negare l'esistenza, non solo in considerazione che la maggior parte degli uomini vissuti e viventi in varie forme ci abbiano creduto e ci credono, ma anche constatando che più cose la scienza scopre  più aumentano le cose da scoprire e penso che l'essere umano, se non si autodistruggerà, potrà comprendere tutto ma non l'essenza della vita che è concepibile solo nel nostro intimo.
"Il non detto da Mariano mi induce ad ipotizzare che egli sia un fervente cristiano che sa la risposta ma ha voluto conoscere le nostre."
Ho ricevuto un'educazione cattolica , ma se sono un fervente cristiano ti assicuro che non so di esserlo e il mio interrogativo deriva dalla voglia di comprendere se l'estasi "mistica" è intesa (dai mistici) un qualcosa che possa essere utile all'umanità ed eventualmente come.
In ogni caso ti ringrazio per aver citato Plotino che non conoscevo e del quale cercherò di approfondirne il pensiero che mi sembra molto interessante.

Eutidemo

Citazione di: Sariputra il 08 Gennaio 2017, 14:15:26 PM
In questi giorni non sto molto bene e quindi mi risulta faticoso sviluppare questo tema affascinante e importantissimo per quella che viene definita come "spiritualità". L'estasi ha significati molto diversi nelle varie tradizioni religiose. In ambito cattolico , ma anche cristiano in genere, è spesso caratterizzata dal fenomeno delle "visioni" ( principalmente mariane o di santi...).
Riporto un mio vecchio scritto sul tema, datato qualche anno fa, che tenta di riflettere sul fenomeno estasi da un'altra angolatura:


E' vero, le parole beatitudine, estasi, illuminazione, non andrebbero usate con leggerezza perché facilmente interpretabili e piegabili ai fini che la mente si prefigge.
Tuttavia non è neppure giusto ignorare qualcosa che avviene, esiste nell'esperienza del vivere.
Si deve solo usare estrema prudenza, come ho scritto sopra, e non saltare subito alle conclusioni non appena qualcosa di inaspettato si rivela al nostro essere.
Infatti viene insegnato ad osservare questi stati come osserviamo gli altri processi mentali, che nascono, si rendono palesi alla coscienza e poi svaniscono.
Lasciando da parte l'Illuminazione, che Non è uno stato estatico, dovremmo solo valutarli alla luce dei tre sigilli che ogni cosa porta con sé.
E cioè: 1. Sono impermanenti e transitori? Sì, lo sono.
2. Sono dolorosi? Non lo sono, anche se portano il sottile desiderio di poterli rivivere e ripetere (nostalgia).
3. Sono privi di un sé? Si, lo sono.
Quindi direi due sigilli sicuri e un terzo incerto ( non sono affatto sicuro che si riesca a non desiderare di ripeterli finendo per attaccarsi a queste sensazioni).
Uso volutamente un tono asettico per evitare che l'enfasi eccessiva per questi termini faccia sorgere quel tipo di misticismo esangue e malato, causa del proliferare in ogni dove di déi, apparizioni, messaggi, avatar e chi più ne ha più ne metta...
Alla luce di cui sopra appaiono, per me, come fenomeni mentali limite. Fuoriescono dal raggio d'azione dell'Io e del pensiero. Oltrepassano il confine della dualità. Rivelano la natura altra del reale.
Ma non c'è ancora liberazione e non c'è Nibbana. Sono un passo verso la cima del monte che stiamo scalando.
Nell'Insegnamento vengono analizzati, direi quasi vivisezionati, con fredda precisione.
Erano ben conosciuti. Più volte il Buddha esorta i monaci a non attaccarsi pericolosamente a questi stati. Ad osservarli semplicemente nel loro nascere e morire. A gustare con semplicità il frutto della pace che portano, senza desiderare il ripeterli.
Proprio perché la purezza che c'è in loro, seppur soggetti come ogni cosa al sorgere e svanire, non venga contaminata dal desiderio del nostro costruttore di sofferenza.
Sperando di esserti stato un pò d'aiuto...
Un caro saluto.
Sari

Complimenti! :)
Anche sei non condivido molto la concezione dell'impermanenza e dell'"anatta", è un pezzo bellissimo ;)