Egoismo naturale o maledizione naturale?

Aperto da Freedom, 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM

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Freedom

Devo dire che rileggendo tutti gli interventi sembra proprio che la mia tesi, proposta o forse pia illusione è stata espressa male. Vorrei dire fraintesa ma sembrerei quello che va in contromano in autostrada domandandosi: "perché mai vanno tutti al contrario?" :D

Vorrei dunque puntualizzare, correggere, rettificare la valenza che ho attribuito all'egoismo: la sua negatività, il mio considerarlo sinonimo di male sino a spingermi a chiamarlo "maledizione naturale" è dovuto alla prevalenza dell'egoismo sull'altruismo insomma alla sua degenerazione. Ringrazio niko che ha significativamente contribuito a fare chiarezza.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Freedom

#31
Citazione di: viator il 07 Gennaio 2021, 22:21:42 PM
Citazione di: Freedom il 07 Gennaio 2021, 19:00:31 PM
E quindi, e vado alla conclusione, se il mio candore intellettuale comporta conseguenze negative non ne sono certo contento ma me ne devo assumere la responsabilità. (Ma il candore intellettuale consiste nell'applicare al raziocino (l'intelletto, la comunicazione) i moventi, gli impulsi, le concezioni derivate dal proprio personale modo di SENTIRE (NON di CAPIRE). Ora, nessuno è responsabile di ciò che sente, ma può esserlo solo di ciò che dice o che fa. Ciò che sente è frutto dalla psiche (per i non credenti) o dell'anima (per i credenti). Secondo te si può risultare responsabili di istinto ed inconscio (contenuti psichici) o di ciò che Dio avrebbe infuso in noi (l'anima) ?).
No no certo, sono d'accordo con te. Volevo solo significare che il candore intellettuale ti porta a scegliere consapevolmente posizioni svantaggiose, almeno da un punto di vista ordinario (come quando al buffet scelgo deliberatamente di beccarmi gli avanzi).
Citazione di: Freedom il 07 Gennaio 2021, 19:00:31 PM
Prima di terminare solo un breve chiarimento su cosa sia (eventualmente correggimi se non ci ho preso) il candore intellettuale. "Un atteggiamento di innocenza (interiore, cioè appunto del proprio modo di sentire, più che di agire) che non porti a travisare la realtà ma a pagare (direi meglio : a subire) le conseguenze di un comportamento innocente, coerente, irreprensibile, trasparente, in una parola buono. Che tuttavia non causi danni agli altri (almeno nelle intenzioni) ma, eventualmente, solo a sé stessi.(Purtroppo il candore può risultare - come tutti i comportamenti - anche educativo, assumendo valenza che è spesso positiva ma talvolta può invece fuorviare dalla realtà chi lo consideri un esempio. Vedi il caso di figli allevati in nuvole di buonismo, i quali si troveranno più tardi esposti a ben diverse realtà relazionali extrafamiliari)..............................................................(omissis)..............................................................
Sì, i miei genitori parlavano di generazioni intere allevate nella bambagia. Concordo con te, infatti con i miei figli sono tutt'altro che duro e severo ma non li privo (deliberatamente!) degli ostacoli che incontrano e nella loro autonomia nell'affrontarli. Li stimolo, ma non gli rendo la vita più facile. La mia educazione è volta a farli nuotare da soli, magari dandogli una mano nel momento in cui si buttano in acqua ma solo per un paio di bracciate, non di più. Assunzione di responsabilità è il mio convinto credo.
Citazione di: Freedom il 07 Gennaio 2021, 19:00:31 PM
E torno, e qua chiudo davvero, al tuo incipit che mi ha portato ad aprire il thread: <l'individuo - per natura - tende a privilegiare anzitutto la propria esistenza, poi - se avanzano tempo e risorse, l'esistenza degli altri. Questo si chiama appunto "egoismo naturale".>

Ecco io nego che sia questo l'atteggiamento giusto per un buon cristiano quale io cerco di essere.(Ma questo fa parte delle tue lecitissime scelte di coscienza. Parlando di fondamentale egoismo naturale io non ho certo affermato che esso risulti qualcosa di positivo, piacevole, moralmente elevato..........mi sono limitato ad effermare di essere convinto della sua esistenza e della sua preminenza). Nel Topic poi mi sono allargato e ho mostrato la convinzione che se tutti adottassimo questo comportamento (prima gli altri e poi noi) la civiltà migliorerebbe significativamente ma è solo una convinzione.(Vedi, l'oro è prezioso perchè è raro, non perchè sia utile. Se tutte le rocce del mondo diventassero oro, esso oro diventerebbe solo un imgombro da spalare a mare con dei bulldozer. Così funziona anche per le virtù, le quali rappresentano un valore solo se riferite a situazioni in cui viene lamentata la loro carenza. Una volta che ci fosse vitù dappertutto.....essa non si chiamerebbe più "bene" o "virtù", ma "normalità". Il "prima gli altri poi noi", se realizzato universalmente, avrebbe l'identico valore e gli identici effetti pratici del suo complementare "Prima il noi poi gli altri". GLI ALTRI - IN NOME DELL'ALTRUISMO - DIVENTEREBBERO SCHIAVI DEI NOSTRI BISOGNI MENTRE NOI - PER IL MEDESIMO MOVENTE - DIVENTEREMMO SCHIAVI DEI BISOGNI DEGLI ALTRI). Certamente non incontrovertibile e nemmeno decisiva ai fini del mio discorso.
E qui ho riflettuto a lungo sui due elementi che introduci. Nel primo, quando parli dell'oro, ho istintivamente rifiutato la tua tesi appellandomi alla sconvenienza di quanto mi facevi venire in mente: "la legge della domanda e dell'offerta". Ma questa suggestione può essere colpa mia e del lavoro, così attinente al mercato, che svolgo. Insomma una sorta di deformazione professionale.
Ho poi considerato che il piacere stesso risalta e viene apprezzato dal genere umano anche in virtù della sofferenza. E la bellezza? Avrebbe su di me lo stesso effetto soave la bellezza di una donna se tutte fossero bellissime? E via dicendo. Sino alla conclusione più difficile e controversa: il bene stesso perderebbe il suo (per me) irresistibile fascino se il male non esistesse? C'è da perderci la testa caro Viator e non so dunque se condividere o contrastare il tuo pensiero. Credo mi dichiarerò agnostico!  ;D

Sul secondo elemento che introduci e di cui sei così convinto che lo scrivi in maiuscolo........non per fare il furbo ma invoco la prova dei fatti. Vorrei cioè vederla una situazione così. Dal canto mio, sempre per rimanere al "famoso" buffet (spero di non risultare stucchevole o inappropriato) credo che se tutti aspettassimo che gli altri scatenassero i loro smodati appetiti......bè il finale è intuitivo: non ci sarebbero più in giro mangioni e beoni. Si prolungherebbe quell'attimo che precede tutti i buffet nel quale ognuno muore dalla voglia di abbuffarsi ma il pudore glielo impedisce. E, poiché nessuno partirebbe per primo in quanto intenzionato a cedere il passo, non si scatenerebbe la baraonda ma agirebbero solo persone che con calma ed eleganza userebbero il buffet per il suo vero scopo. Che è quello di favorire atmosfere conviviali e rilassate. E non la degenerazione egoistica che, in definitiva, abbruttisce un po' tutti.

Comunque non vorrei aver espresso qualcosa che lascia pensare che io apprezzi quell'altruismo (un po' peloso forse ;) ) che ti fa servire gli altri come se uno fosse un cameriere. Altruismo, servire gli altri, secondo la mia opinione, significa tante cose, ma di sicuro non significa accompagnare le persone alla soddisfazione progressiva e totale di ogni desiderio, impulso, fantasia. Mi viene in mente che abbiamo, forse ben sviscerato l'egoismo ma c'è caso che meriti qualche ragionamento anche il tema dell'altruismo..........

P.S.
forse risulterebbe più chiara la discussione se, invece che grassettare, tu quotassi tutti i singoli passaggi del tuo interlocutore che intendi discutere. Se è il browser che ti fa problemi prova a cambiarlo. Io, per esempio, con Chrome non riesco a quotare come voglio io ed uso l'obsoleto ma non del tutto! Explorer.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Ipazia

Citazione di: Freedom il 08 Gennaio 2021, 18:24:21 PM
Vorrei dunque puntualizzare, correggere, rettificare la valenza che ho attribuito all'egoismo: la sua negatività, il mio considerarlo sinonimo di male sino a spingermi a chiamarlo "maledizione naturale" è dovuto alla prevalenza dell'egoismo sull'altruismo insomma alla sua degenerazione. Ringrazio niko che ha significativamente contribuito a fare chiarezza.

La maledizione mi pare più antropologica che naturale e la "degenerazione" verso l'egoismo è coerente con la formazione sociale che ha imprintato di sè l'intera comunità umana: il capitalismo. Un sistema sociale fondato sulla competizione individualistica che non fa prigionieri, costringendo tutti omnium contra omnes. Questo modello pescecanino per nostra fortuna non si espande nel vuoto, ma ha contraddizioni che prima o poi lo porteranno al superamento. Per ora tampona le falle con i suoi filantropi arcimiliardari e con uno welfare state appena sopra il livello Charitas. Come da manuale di ogni società razionalmente classista: tenere in vita e buona salute lo schiavo.

L'egoismo di classe non l'ha inventato il capitalismo, ma il capitalismo l'ha generalizzato sul piano economico, minimizzando e sottomettendo ogni eventuale contropotere politico e giuridico. Gli ha dato una imponente ideologia di cui Max Stirner è un perfetto esempio. Ma gli Stirner contemporanei sono ancora più efficienti nell'espandere la cattiva novella (pubblicità) attraverso gli apparati mediatici di cui sono padroni monopolistici. E  molto più abili nel mascheramento filantropico. Non sarà facile cambiare questo stato di cose ma, almeno, lasciamo la natura fuori dalla mischia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

donquixote

Citazione di: niko il 07 Gennaio 2021, 14:02:48 PM

Io vedo il cristianesimo e il socialismo come mediazioni, come pensieri dell'equità e dell'equanimità tra individuo e specie,
Accomunare socialismo e cristianesimo, in qualunque modo lo si faccia, è un errore logico e filosofico perché sono idealmente contrapposti e quando la Chiesa, pur degenerata, lo era un po' meno di adesso definiva il socialismo (o comunismo, a piacere) un'ideologia satanica e scomunicava automaticamente i cristiani che vi aderivano. Solo una totale superficialità di giudizio può ritenere che queste dottrine siano sia pur parzialmente sovrapponibili o intercambiabili, e le eventuali somiglianze fra loro sono esclusivamente formali.

Innanzitutto la famosa frase di Marx "da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni" è tratta, sia pur non letteralmente ma sostanzialmente, da un brano degli Atti degli Apostoli (At 4, 32-35) e dunque non è invenzione di Marx o Engels. La questione principale da considerare è che quella frase assume valenze molto diverse nel cristianesimo e nel socialismo. Se nel Cristianesimo quel comportamento non è un "principio", un postulato dottrinale, un dogma, uno scopo, ma una semplice deduzione dalla dottrina, una logica applicazione nella prassi di un insegnamento (e poi di una morale) che realizza innanzitutto una solidissima unità spirituale in quella comunità, nel socialismo invece quello è il punto di partenza, lo scopo sociale, è in pratica sia l'inizio che la fine di tutta la dottrina. Lo dimostrano le parole di Marx ed Engels che, nel tanto celebrato "Manifesto del Partito Comunista" scrivono: "Tutto ciò che è istituito, tutto ciò che sta in piedi evapora, tutto ciò che è sacro viene sconsacrato, e gli uomini sono finalmente costretti a considerare con sobrietà il loro posto nella vita, i loro rapporti reciproci." Negando pertanto ogni valore non solo spirituale ma anche, se così si può dire, sentimentale e innalzando un inno al nichilismo più spinto per tracciare il programma di una società basata sul nulla, che per realizzarsi ha la necessità che gli uomini che la compongono siano solo esseri biologicamente considerati, privi di quelle caratteristiche che determinano la loro "umanità" ovvero privi di valori che superino la mera sopravvivenza fisica. Ma siccome gli uomini non sono così, e a quanto pare non serve tentare di farli diventare tali con la violenza, alcune caratteristiche tipicamente umane come, fra le altre, l'avidità e l'egoismo che il capitalismo ha esaltato ai propri fini, rimangono presenti.

Oltre ad avere in comune con il capitalismo liberale innumerevoli altre idee mutuate dalle "rivoluzioni borghesi" del '700, le idee di Marx  esaltano soprattutto il fondamento su cui le idee moderne in generale si basano: il materialismo. Se si considera la materia come l'unico elemento esistente (o comunque l'unico che abbia senso) allora la felicità umana deve di necessità essere basata su di essa, ovvero sul suo possesso e il suo sfruttamento. Il capitalismo, basando appunto il raggiungimento della "felicità" sulla ricchezza materiale (e quel che ne consegue in termini di fama, successo, potere) ed esaltando a tal fine la competitività, l'avidità, l'egoismo e il cosiddetto "american dream" ha fatto proprio questo, oltre a creare strumenti consolatori più o meno validi per quelli che "non ce la fanno". Il socialismo invece non mi risulta abbia fatto altrettanto, e nemmeno ha fornito valori alternativi a quelli del materialismo capitalista, se non la ridicola idolatria dei suoi fondatori e dei suoi capi dopo aver distrutto idealmente e filosoficamente tutte le, per usare il gergo di Marx, "sovrastrutture" fra cui lo stato, la patria, la religione eccetera. La frase citata ha un senso non di per sé, perché è ambigua e si tratta di decidere quali sono le "possibilità" e i "bisogni" di ciascuno, ma solo se inserita in un sistema di pensiero che asseconda le caratteristiche umane (dell'uomo "reale", ovviamente, non di quello "ideale" sognato e immaginato da tutte le utopie della storia) per agevolare quelle positive e tenere sotto controllo quelle negative.



Per questo può aver senso solo nel cristianesimo (o in altre dottrine analoghe) che innanzitutto insegna agli uomini che la felicità (o, meglio, beatitudine) risiede nella ricerca e nell'acquisizione dei beni spirituali: questi sono per definizione eterni, dunque fuori dal tempo, incorruttibili, dunque rimangono inalterati per sempre, e infiniti dunque non hanno limiti; questo significa che anche se uno li possedesse tutti nella massima misura questo non impedirebbe ad altri di possederli a loro volta tutti nella massima misura. Al contrario dei beni materiali che essendo limitati e corruttibili (invecchiano, passano di moda, si deteriorano etc.) non potranno mai essere posseduti da tutti in massima misura e se per ipotesi uno solo li possedesse tutti, a tutti gli altri non rimarrebbe nulla. L'avidità e l'egoismo applicati ai beni spirituali sono prima di tutto superflui ai fini della loro acquisizione (non basta desiderarli per ottenerli e nemmeno si possono ottenere per gentile concessione di qualcuno) e in secondo luogo anche se potessero essere utili allo scopo questo non recherebbe danno ad alcuno ma solo beneficio a se stessi, innescando un circolo virtuoso. Le stesse pulsioni applicate invece ai beni materiali saranno ovviamente esaltate dato che risultano essere indispensabili alla bisogna ("non è bene accontentarsi di quel che si ha" diceva l'economista liberale Ludwig Von Mises), ma anche causa di conflitti permanenti perché chiunque voglia legittimamente aumentare la propria "felicità" possedendo più beni materiali si scontrerà inevitabilmente con il diritto alla "ricerca della felicità" altrui che a sua volta cercherà di sottrarre tali beni a quante più persone possibile. E in un mondo sempre più affamato di "felicità" (e "libertà", considerata ormai anch'essa un bene acquisibile con il denaro come qualsiasi altro bene materiale) come è possibile, come auspicherebbe quella frase declinata dal socialismo, convincere la gente ad accontentarsi di meno di quel che ha ora se quel che ha ora non è mai abbastanza?
"Da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni" è quindi applicabile solo ad una comunità (com'erano quelle dei primi cristiani descritte negli Atti degli Apostoli) che privilegia i beni spirituali,  utilizzando quelli materiali solo al fine di soddisfare i bisogni necessari alla mera sopravvivenza fisica, per cui il loro ammontare necessario sarà sempre alquanto limitato ed equivalente per tutti.   

Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Freedom

#34
Citazione di: Ipazia il 08 Gennaio 2021, 19:29:05 PM
Citazione di: Freedom il 08 Gennaio 2021, 18:24:21 PM
Vorrei dunque puntualizzare, correggere, rettificare la valenza che ho attribuito all'egoismo: la sua negatività, il mio considerarlo sinonimo di male sino a spingermi a chiamarlo "maledizione naturale" è dovuto alla prevalenza dell'egoismo sull'altruismo insomma alla sua degenerazione. Ringrazio niko che ha significativamente contribuito a fare chiarezza.

La maledizione mi pare più antropologica che naturale e la "degenerazione" verso l'egoismo è coerente con la formazione sociale che ha imprintato di sè l'intera comunità umana: il capitalismo. Un sistema sociale fondato sulla competizione individualistica che non fa prigionieri, costringendo tutti omnium contra omnes. Questo modello pescecanino per nostra fortuna non si espande nel vuoto, ma ha contraddizioni che prima o poi lo porteranno al superamento. Per ora tampona le falle con i suoi filantropi arcimiliardari e con uno welfare state appena sopra il livello Charitas. Come da manuale di ogni società razionalmente classista: tenere in vita e buona salute lo schiavo.

L'egoismo di classe non l'ha inventato il capitalismo, ma il capitalismo l'ha generalizzato sul piano economico, minimizzando e sottomettendo ogni eventuale contropotere politico e giuridico. Gli ha dato una imponente ideologia di cui Max Stirner è un perfetto esempio. Ma gli Stirner contemporanei sono ancora più efficienti nell'espandere la cattiva novella (pubblicità) attraverso gli apparati mediatici di cui sono padroni monopolistici. E  molto più abili nel mascheramento filantropico. Non sarà facile cambiare questo stato di cose ma, almeno, lasciamo la natura fuori dalla mischia.
Condivido quasi in toto, specialmente il passaggio dove affermi che il capitalismo, ad un certo punto, ferma la sua azione tendente alla spremitura totale della cosa o persona (che per lui è sostanzialmente la stessa cosa) solo perché la pecora, per continuare a tosarla, va mantenuta in vita.

Il punto che non mi sento di sottoscrivere è quando individui l'origine della degenerazione egoistica nella nascita del capitalismo. Se è vero, come mi pare assolutamente vero, che il capitalismo ha impresso un'accelerazione formidabile a questo processo come dire.......difettoso; credo anche che l'origine vada situata più indietro nella storia dell'umanità. Molto più indietro. Dal mio punto di vista la tiritera è cominciata con Adamo. E qua che si comincia a scaricare le proprie responsabilità prima sulla nostra controparte umana, poi sugli altri in generale infine sul Creatore. Da un punto di vista ateo prima sugli altri esseri umani, poi sul mondo intero infine sul destino.

Ma non volendo arrivare sino lì penso che già la storia condivisa della nostra civiltà, sin dai suoi albori, ci dia indicazioni chiare su un egoismo spiccato e brutale. E' una storia, ahimè, di guerre, violenze e torture. E' anche una storia di redenzione, di eroismo e di altre e ben presenti qualità umane, per carità non voglio guardare le cose solo da un lato.

Non che la nostra pace di oggi (superficiale e untuosamente politically correct) sia qualitativamente superiore ma bisogna riconoscere che, praticamente nel corso di tutta la storia umana, ce le siamo date di santa ragione. Con l'aggravante, molto amara, che, sostanzialmente, quasi tutti i progressi umani, con special riguardo a quelli tecnici, sono stati diretta conseguenza della scienza applicata alla organizzazione militare. Per carità senza nulla togliere alla cultura, all'arte e alla scienza disinteressata. Ancorché minoritaria.

Mi viene in mente "2001 Odissea nello spazio" di Kubrick nella cui prima scena condensa quanto sto cercando di argomentare. Mi riferisco al gruppo di scimmie che contemplano il monolite, sulla cui natura si può congetturare, ma che il regista carica di una valenza di trasmettitore della scintilla dell'intelligenza. E la prima scimmia a coglierne il messaggio o a vibrare come un diapason insomma a rendersi sensibile cosa fa? Impugna un osso e comincia a sbatterlo violentemente a mò di arma. Ecco l'equazione della natura egoisticamente degenerata e dunque malefica: intelligenza decaduta= violenza = evoluzione. Così la pensava il famoso regista e così mi sembra stiano le cose.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Freedom

Perdonami se mi inserisco mentre ti stai rivolgendo a niko ma, in fondo pochi post fa ne parlavamo io e te. :)
Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PMAccomunare socialismo e cristianesimo, in qualunque modo lo si faccia, è un errore logico e filosofico perché sono idealmente contrapposti e quando la Chiesa, pur degenerata, lo era un po' meno di adesso definiva il socialismo (o comunismo, a piacere) un'ideologia satanica e scomunicava automaticamente i cristiani che vi aderivano.
Soprattutto con l'avvento del comunismo reale che, come è noto, era fortemente antireligioso. Ciò era dovuto al fatto che Marx considerava la religione consolatoria e, di fatto, strumento del potere e dunque al servizio di quest'ultimo per soggiogare le masse. Celebre al riguardo la sua frase: "la religione è il sospiro della creatura oppressa, il cuore di un mondo senza cuore e l'anima delle condizioni senz'anima. È l'oppio del popolo". I sovietici e compagnia bella, una volta estromessa la religione dalla gestione del potere la consideravano un temibile avversario con potenzialità destabilizzanti importanti. E, come la storia ha dimostrato, avevano ragione!  :D. L'opposizione cristiana era dunque, a mio avviso, più politica che spirituale.
Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PMInnanzitutto la famosa frase di Marx "da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni" è tratta, sia pur non letteralmente ma sostanzialmente, da un brano degli Atti degli Apostoli (At 4, 32-35) e dunque non è invenzione di Marx o Engels.
Bè negli Atti degli Apostoli la condivisione dei beni è qualcosa in più di una "semplice deduzione dottrinale". E' una cosa talmente importante che un adepto che mentì a Pietro (non voleva condividere tutto ma tenersene una parte per sé e forse per sua moglie non ricordo bene) fu fulminato seduta stante dallo Spirito Santo in persona. Mi pare (posso sbagliare perché vado a memoria) che in tutto il Nuovo Testamento non ci sia un'azione analoga da parte dello Spirito Santo. Ed il fatto che la primogenitura di questo concetto è evangelico e dunque, verosimilmente, adottato da Marx e da Engels, mi pare deponga a favore e non a sfavore. Nel senso che non temono di mutuare dal Vangelo una cosa che ritengono condivisibile.
Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PM
La questione principale da considerare è che quella frase assume valenze molto diverse nel cristianesimo e nel socialismo. Se nel Cristianesimo quel comportamento non è un "principio", un postulato dottrinale, un dogma, uno scopo, ma una semplice deduzione dalla dottrina, una logica applicazione nella prassi di un insegnamento (e poi di una morale) che realizza innanzitutto una solidissima unità spirituale in quella comunità, nel socialismo invece quello è il punto di partenza, lo scopo sociale, è in pratica sia l'inizio che la fine di tutta la dottrina. Lo dimostrano le parole di Marx ed Engels che, nel tanto celebrato "Manifesto del Partito Comunista" scrivono: "Tutto ciò che è istituito, tutto ciò che sta in piedi evapora, tutto ciò che è sacro viene sconsacrato, e gli uomini sono finalmente costretti a considerare con sobrietà il loro posto nella vita, i loro rapporti reciproci." Negando pertanto ogni valore non solo spirituale ma anche, se così si può dire, sentimentale e innalzando un inno al nichilismo più spinto per tracciare il programma di una società basata sul nulla, che per realizzarsi ha la necessità che gli uomini che la compongono siano solo esseri biologicamente considerati, privi di quelle caratteristiche che determinano la loro "umanità" ovvero privi di valori che superino la mera sopravvivenza fisica.
Non era una società basata sul nulla ma sulla liberazione dal lavoro salariato. Azione umana (il lavoro) che doveva solamente garantire il soddisfacimento dell'assioma che hai citato e cioè "saziare" i bisogni umani. Chiedendo a ciascuno secondo le sue possibilità. Fatto questo però si apriva un mondo. Di libertà, di fantasia, di gioco, di ozio anche nella sua accezione più elevata. Insomma un mondo nuovo, il sol dell'avvenire. Persino il comunismo reale, con tutti i suoi difetti e la sua sostanziale impraticabilità, aveva tuttavia mostrato un'attenzione alla scuola e alla sanità citata ad esempio in tutto il mondo.
Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PM
Il capitalismo, basando appunto il raggiungimento della "felicità" sulla ricchezza materiale (e quel che ne consegue in termini di fama, successo, potere) ed esaltando a tal fine la competitività, l'avidità, l'egoismo e il cosiddetto "american dream" ha fatto proprio questo, oltre a creare strumenti consolatori più o meno validi per quelli che "non ce la fanno". Il socialismo invece non mi risulta abbia fatto altrettanto,
No perché nel comunismo ce la fanno tutti. Nessuno deve rimanere indietro.
Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PM
e nemmeno ha fornito valori alternativi a quelli del materialismo capitalista, se non la ridicola idolatria dei suoi fondatori e dei suoi capi dopo aver distrutto idealmente e filosoficamente tutte le, per usare il gergo di Marx, "sovrastrutture" fra cui lo stato, la patria, la religione eccetera.
Quello che dicevo sopra: l'ideale è la liberazione dal lavoro salariato e dopo parte l'avventura della "vera" vita. Poi, non Marx ma i sovietici e compagnia bella hanno creato quella che tu chiami "ridicola idolatria" e che, purtroppo è una delle numerose aberrazioni a cui abbiamo dovuto assistere.
Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PM
La frase citata ha un senso non di per sé, perché è ambigua e si tratta di decidere quali sono le "possibilità" e i "bisogni" di ciascuno, ma solo se inserita in un sistema di pensiero che asseconda le caratteristiche umane (dell'uomo "reale", ovviamente, non di quello "ideale" sognato e immaginato da tutte le utopie della storia) per agevolare quelle positive e tenere sotto controllo quelle negative.
Come ho cercato di argomentare il senso avrebbe dovuto darlo l'uomo nel suo cammino di liberazione. E sempre l'uomo avrebbe dovuto riempire quel vuoto. Io non lo ritengo possibile perché sono convinto dell'impossibilità della natura umana di sfuggire alle sue schiavitù e così come il capitalismo riflette, drammaticamente, l'uomo ed i suoi limiti, il socialismo ne riflette il suo tentativo fallimentare e per certi versi grottesco di autoliberare quello che non si può liberare.



Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

niko

#36
Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PM
Citazione di: niko il 07 Gennaio 2021, 14:02:48 PM

Io vedo il cristianesimo e il socialismo come mediazioni, come pensieri dell'equità e dell'equanimità tra individuo e specie,
Accomunare socialismo e cristianesimo, in qualunque modo lo si faccia, è un errore logico e filosofico perché sono idealmente contrapposti e quando la Chiesa, pur degenerata, lo era un po' meno di adesso definiva il socialismo (o comunismo, a piacere) un'ideologia satanica e scomunicava automaticamente i cristiani che vi aderivano. Solo una totale superficialità di giudizio può ritenere che queste dottrine siano sia pur parzialmente sovrapponibili o intercambiabili, e le eventuali somiglianze fra loro sono esclusivamente formali.

Innanzitutto la famosa frase di Marx "da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni" è tratta, sia pur non letteralmente ma sostanzialmente, da un brano degli Atti degli Apostoli (At 4, 32-35) e dunque non è invenzione di Marx o Engels. La questione principale da considerare è che quella frase assume valenze molto diverse nel cristianesimo e nel socialismo. Se nel Cristianesimo quel comportamento non è un "principio", un postulato dottrinale, un dogma, uno scopo, ma una semplice deduzione dalla dottrina, una logica applicazione nella prassi di un insegnamento (e poi di una morale) che realizza innanzitutto una solidissima unità spirituale in quella comunità, nel socialismo invece quello è il punto di partenza, lo scopo sociale, è in pratica sia l'inizio che la fine di tutta la dottrina. Lo dimostrano le parole di Marx ed Engels che, nel tanto celebrato "Manifesto del Partito Comunista" scrivono: "Tutto ciò che è istituito, tutto ciò che sta in piedi evapora, tutto ciò che è sacro viene sconsacrato, e gli uomini sono finalmente costretti a considerare con sobrietà il loro posto nella vita, i loro rapporti reciproci." Negando pertanto ogni valore non solo spirituale ma anche, se così si può dire, sentimentale e innalzando un inno al nichilismo più spinto per tracciare il programma di una società basata sul nulla, che per realizzarsi ha la necessità che gli uomini che la compongono siano solo esseri biologicamente considerati, privi di quelle caratteristiche che determinano la loro "umanità" ovvero privi di valori che superino la mera sopravvivenza fisica. Ma siccome gli uomini non sono così, e a quanto pare non serve tentare di farli diventare tali con la violenza, alcune caratteristiche tipicamente umane come, fra le altre, l'avidità e l'egoismo che il capitalismo ha esaltato ai propri fini, rimangono presenti.

Oltre ad avere in comune con il capitalismo liberale innumerevoli altre idee mutuate dalle "rivoluzioni borghesi" del '700, le idee di Marx  esaltano soprattutto il fondamento su cui le idee moderne in generale si basano: il materialismo. Se si considera la materia come l'unico elemento esistente (o comunque l'unico che abbia senso) allora la felicità umana deve di necessità essere basata su di essa, ovvero sul suo possesso e il suo sfruttamento. Il capitalismo, basando appunto il raggiungimento della "felicità" sulla ricchezza materiale (e quel che ne consegue in termini di fama, successo, potere) ed esaltando a tal fine la competitività, l'avidità, l'egoismo e il cosiddetto "american dream" ha fatto proprio questo, oltre a creare strumenti consolatori più o meno validi per quelli che "non ce la fanno". Il socialismo invece non mi risulta abbia fatto altrettanto, e nemmeno ha fornito valori alternativi a quelli del materialismo capitalista, se non la ridicola idolatria dei suoi fondatori e dei suoi capi dopo aver distrutto idealmente e filosoficamente tutte le, per usare il gergo di Marx, "sovrastrutture" fra cui lo stato, la patria, la religione eccetera. La frase citata ha un senso non di per sé, perché è ambigua e si tratta di decidere quali sono le "possibilità" e i "bisogni" di ciascuno, ma solo se inserita in un sistema di pensiero che asseconda le caratteristiche umane (dell'uomo "reale", ovviamente, non di quello "ideale" sognato e immaginato da tutte le utopie della storia) per agevolare quelle positive e tenere sotto controllo quelle negative.



Per questo può aver senso solo nel cristianesimo (o in altre dottrine analoghe) che innanzitutto insegna agli uomini che la felicità (o, meglio, beatitudine) risiede nella ricerca e nell'acquisizione dei beni spirituali: questi sono per definizione eterni, dunque fuori dal tempo, incorruttibili, dunque rimangono inalterati per sempre, e infiniti dunque non hanno limiti; questo significa che anche se uno li possedesse tutti nella massima misura questo non impedirebbe ad altri di possederli a loro volta tutti nella massima misura. Al contrario dei beni materiali che essendo limitati e corruttibili (invecchiano, passano di moda, si deteriorano etc.) non potranno mai essere posseduti da tutti in massima misura e se per ipotesi uno solo li possedesse tutti, a tutti gli altri non rimarrebbe nulla. L'avidità e l'egoismo applicati ai beni spirituali sono prima di tutto superflui ai fini della loro acquisizione (non basta desiderarli per ottenerli e nemmeno si possono ottenere per gentile concessione di qualcuno) e in secondo luogo anche se potessero essere utili allo scopo questo non recherebbe danno ad alcuno ma solo beneficio a se stessi, innescando un circolo virtuoso. Le stesse pulsioni applicate invece ai beni materiali saranno ovviamente esaltate dato che risultano essere indispensabili alla bisogna ("non è bene accontentarsi di quel che si ha" diceva l'economista liberale Ludwig Von Mises), ma anche causa di conflitti permanenti perché chiunque voglia legittimamente aumentare la propria "felicità" possedendo più beni materiali si scontrerà inevitabilmente con il diritto alla "ricerca della felicità" altrui che a sua volta cercherà di sottrarre tali beni a quante più persone possibile. E in un mondo sempre più affamato di "felicità" (e "libertà", considerata ormai anch'essa un bene acquisibile con il denaro come qualsiasi altro bene materiale) come è possibile, come auspicherebbe quella frase declinata dal socialismo, convincere la gente ad accontentarsi di meno di quel che ha ora se quel che ha ora non è mai abbastanza?
"Da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni" è quindi applicabile solo ad una comunità (com'erano quelle dei primi cristiani descritte negli Atti degli Apostoli) che privilegia i beni spirituali,  utilizzando quelli materiali solo al fine di soddisfare i bisogni necessari alla mera sopravvivenza fisica, per cui il loro ammontare necessario sarà sempre alquanto limitato ed equivalente per tutti.   





Quello che hanno in comune il cristianesimo e il socialismo (quello reale, o comunismo storico novecentesco) è la costruzione di una metafisica della storia e quindi una visione escatologica del tempo, questo davvero non si può negare, in Marx c'è il comunismo primitivo e un comunismo futuro che è il punto di arrivo di tutto, la fine della storia, come quello primitivo ne è stato l'inizio, nell'apocalisse Dio dice "io sono l'alfa e l'omega" c'è il riapparire dell'albero della vita che stava nell'eden e dunque nella Genesi, la Gerusalemme celeste che sostituisce la Gerusalemme reale distrutta eccetera.


Il futuro è migliore del presente, ed è un futuro "strano" perché, se il tempo è una linea, più che realizzare le conseguenze di un punto intermedio qualsiasi, il futuro realizza le conseguenze dell'origine, rendendo l'intermedio sopportabile in quanto intermedio; noi non siamo condizionati tanto dallo ieri, quanto da avvenimenti critici avvenuti nei millenni precedenti e tendenzialmente nel luogo dell'origine, per questo abbiamo entro certi limiti il dovere di conoscere.


Comunque se vuoi un filosofo che spiega molto bene che cristianesimo e comunismo hanno in comune di essere una metafisica della storia e quindi di rigettare la visione greco-classica del mondo, puoi cercare qualche video di Umberto Galimberti.


Insomma il fiume che l'uomo è giunge al mare che è la morte, ma se qualcosa ci fa immaginare il mare stesso come diveniente, come agitato, il mare è come il fiume, la morte non è definitiva e ha avuto un senso; quindi un conto è l'immagine di tornare ad una "specie" umana aristotelica, sempre uguale, un conto è l'immagine di tornare ad una specie darwiniana, diveniente, perché ci domandiamo se il nostro divenire abbia avuto senso, e se torniamo all'identico, all'oceano infecondo dei greci, la risposta non può essere che negativa: solo se torniamo a un mare in tempesta siamo, paradossalmente, conservati, spiriti mutabili in un creato mutabile, abbiamo la stessa materia del mondo e il nostro rapporto col mondo è, o almeno è stato, reale, produttivo di conseguenze e altro movimento a tempo indefinito ben oltre la nostra morte, e realmente concatenato al movimento precedente che lo generò, osservati, per chi ci crede da un Dio che dovrebbe essere l'unico spirito immutabile, l'unico osservatore immobile.


L'aspetto antropologico di Marx è davvero in debito con Hegel e con il romanticismo, Marx ama l'uomo ma è un uomo diveniente, non ci sono bisogni universali, ma la necessità di realizzarsi tramite il lavoro, tramite l'interrogazione dell'altro: l'unico bisogno universale è semmai quello di ricreare il principio nella fine, l'uomo non nasce individuo, ma branco, formicaio, quello che tipicamente immaginano del socialismo quelli che non lo conoscono e non lo amano.


La socialità imposta per fame e per minaccia di morte è l'inizio, della storia umana, non lo sviluppo e la conquista. Il contrario esatto di tutti gli intellettuali illuministi secondo cui l'uomo nasce asociale o a-socializzato, e deve trovare il modo di diventare sociale.


La rivoluzione borghese inventa l'individuo, cioè, almeno per i più fortunati, la fine della socialità imposta per fame e per morte, il diritto per alcuni, di farsi radicalmente gli affari loro, liberi non solo dal lavoro manuale, come può essere una comunità dei proprietari di schiavi, come la polis o l'impero antico, o il feudo medioevale, ma dai condizionamenti mentali e sociali per cui bisogna apprendere la tecnica e il linguaggio dalla società al prezzo della libertà; il denaro è il nuovo oggetto di sacrificio, per cui si può avere tecnica e linguaggio restando se stessi, si possono comprare informazioni e concatenamenti di azioni, senza esserne invischiati, senza farne parte; fatto questo, questo è l'incompiuto, perché gli individui restano minoranza e restano individui, bisogna fare la comunità sociale degli individui, applicare l'origine, quello che fu il branco, il formicaio, oltre l'intermedio perché l'intermedio finisca; tutti devono essere individui, per questo tutti devono soddisfare i bisogni fondamentali nella forma dell'accesso dignitoso alle risorse e non nel crimine o nella carità, e deve esistere la comunità e il centro decisionale degli individui, quindi superamento dello stato, della famiglia, della società civile eccetera.


La fine è il principio, anche senza la sistematicità di un Hegel in cui la fine e il principio sono contenute entrambe alla pari nel sistema, in Marx, la fine è il principio attraverso la storia, la fine realizza tutte le potenzialità antropologiche ed etiche del principio, e questo è il contrario di un pensiero della decadenza, o eternalista, o fatalista, perché è un pensiero in cui il futuro è migliore del presente.
L'utopia novecentesca non è un'isola o un caso fortunato, non è una semplice possibilità dello spazio o del tempo che è "migliore" perché permette la possibilità di espressione e di realizzazione di un lato migliore dell'anima o della società umana che è in sé e per sé già esistente



(come può essere la Repubblica di Platone, per dire: la Repubblica è possibile perché c'è già il bene nell'anima, e il saggio, anche se non vede intorno a sé la Repubblica finalmente realizzata ma solo una comune polis degenerata e malgovernata, agisce come se fosse già egli stesso cittadino della Repubblica, di una Repubblica che vede solo lui, cioè in maniera migliore dei suoi concittadini degenerati, seguendo il bene presente nella sua anima; per contro, è solo un caso fortunato che si realizzi la Repubblica, la Repubblica è una possibilità del tempo come le altre non informa di sé tutto il tempo e non si espande, rimane un'isola nel letame, circondata da tutte le possibilità di combinazione spaziale e temporale peggiori di essa, e, conscia della sua ordinaria corruttibilità, deve darsi come scopo attivo e attivamente perseguito la sua eternità: gli ineducabili esiliati come primo atto del governo all'inizio della Repubblica, non faranno mai ritorno alla Repubblica, l'utopia Platonica e in generale ogni utopia di un pensiero della decadenza o dell'eternità, di un pensiero non ottimista verso il futuro e non istitutivo di una metafisica della storia, non solo non si espande, ma soprattutto non può educare chi non è predisposto ad essere educato, essa è una possibilità di realizzazione del bene che ha la necessità pratica e logica di essere circondata dal male, una perla nel letame che ha necessità pratica e logica del letame intorno, ad esempio, quanto meno, come termine di scarico dei suoi indesiderati)


La comune di Parigi, per fare un'esempio di utopia socialista, che è stata storia ma è stata anche sogno, è il contrario esatto della Repubblica di Platone, proprio perché non è una possibilità come le altre del tempo e dello spazio, ma pretende di educare e assimilare il tempo e lo spazio intorno, e non realizza il bene dell'anima già esistente, ma l'uomo nuovo, cioè un bene che non è neanche pensabile alle condizioni di esistenza passate, ad essa precedenti: in essa le possibilità di evoluzione dell'uomo si stanno realizzando, e si stanno realizzando in un verso, in una direzione che si intravede, quindi questo vuol dire che essa potrà combattere la sua possibile degenerazione, la sua corruzione e inerzia, di cui pure, come anche la Repubblica, è consapevole, divenendo intenzionalmente, inseguendo quella direzione di cambiamento che già nel presente ha, non intenzionalmente eternizzandosi, cercando il ricambio organico umano che restituisca lo stato di governo e delle cose sempre uguale; ma inseguire una direzione, vuol dire colonizzare il tempo e lo spazio; chiunque la Comune di Parigi abbia esiliato alla sua fondazione, alla realizzazione del comunismo mondiale sarà recuperato come cittadino, la Comune di Parigi non esilia nessuno per sempre, perché è una perla che non ha bisogno del letame intorno, dà un tale taglio al passato che non implica più la dipendenza strutturale con il passato...


quindi, se questo è un materialismo, è un materialismo manicheo, in cui il bene vale per sé e per le sue qualità intrinseche, e non in contrapposizione al male: per sostenerlo non c'è bisogno di sostenere lo spirito come mediatore tra l'individuo e la specie, di rimanere attaccati a Hegel sia pure in salsa di sinistra, ma la riduzione biologicista e nichilista dell'uomo al suo "solo" corpo apre possibilità infinite, perché quello è il punto zero in cui tutto può accadere, il silenzio grazie al quale scopriremo di esistere, non lo scopo e il termine di arrivo. La rivoluzione inizia, quando l'uomo è ridotto al suo corpo, non finisce, in quel punto; tornare indietro è interrogare la storia sulla sua necessità, fare la domanda su necessità o libertà a partire da una circostanza concreta, ed è implicito nell'andare avanti; ovvero la storia come la raccontano i vincitori, coloro che sono al potere attualmente, si arroga una necessità, un'astuzia della ragione, un non poter essere diversa da come è, che non può essere confermata o smentita se non tornando a un punto passato e rivedendo "sperimentalmente" se avvengono le stesse cose o no, se da quelle premesse seguono le stesse conclusioni o no: ora, è ovvio che questo non è un vero passato perché è un passato con la conoscenza di almeno uno dei futuri possibili, è l'immagine memorica di un passato a cui vogliamo tornare per cambiarlo, psicoanaliticamente è un rimorso, un irrisolto, ma il futuro, che non è inerzia, che non è quello che succede se nessuno sa, o fa, niente, è passato più conoscenza, passato in cui propriamente vi è disperazione, non speranza; la storia non cambierà mai a partire da oggi, o da domani, ma sempre da ieri, vi è una componente distruttiva nel fare la rivoluzione perché bisogna cambiare strada a partire da quello che si conosce, e quello che si conosce non è l'istante, ma una sequenza estesa di storia passata, gli spettri si aggirano sempre perché chiedono pace, ma portano guerra...


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Donalduck

Citazione di: Freedom il 04 Gennaio 2021, 12:03:03 PM
Ma al netto di quello che oggi non si può considerare un successo non rimane forse valida l'opzione che è solo, in una parola, l'altruismo che può salvare l'umanità?
Ah, ma la natura umana lo impedisce! Direbbe Viator e non solo lui.
Ma la natura umana, sotto questo punto di vista, è sbagliata e va superata.
Troppo difficile o addirittura troppo facile? Bè l'alternativa è rimanere, chi più chi meno, un bruto.
In queste frasi sono contenuti riferimenti a una serie di equivoci (universalmente diffusi nella nostra cultura) sulla natura dell'ego e dell'identità che mettono a mio avviso in una prospettiva sbagliata il problema.

Le cose da considerare sarebbero:

1) L'ego è soltanto un costrutto mentale pesantemente condizionato da influenze sociali e culturali, un'entità concettuale che sfugge a ogni definizione e si sfalda nel momento in cui si cerca di definirlo coerentemente. Non a caso una notissima forma di meditazione, diffusa principalmente in oriente, consiste nel cercare di rispondere alla domanda "chi sono io?".

2) La nostra personalità, con la quale spesso ci identifichiamo, non è un tutto coerente e unitario, ma una composizione di "sub-personalità" (il termine è della Psicosintesi, ma il concetto esiste anche in altre scuole di pensiero) non di rado in conflitto tra loro o mal assortite, che si alternano o concorrono al controllo del corpo-mente. Il fenomeno risulta particolarmente evidente in forme patologiche di personalità multiple, ma è presente in ogni persona "normale".

3) L'identità non è qualcosa di fisso e immutabile, ma è un atto della coscienza, che può identificarsi e disidentificarsi con/da entità differenti. Il tipo di identificazione più comune è quello col corpo-mente (e in quest'ambito con le diverse subpersonalità), ma sono abbastanza comuni anche identificazioni con la famiglia, con "l'azienda" (caposaldo degli esperti di gestione del personale), la città, la nazione (il famoso "patriottismo"), una religione, un ideale. Identificazioni che possono prevalere su quella con l'individualità psicofisica tanto da spingere alcuni a sacrificarsi e anche a morire per qualcuna di queste entità. Ma è anche possibile identificarsi con l'esistenza intera. In tutti i casi di identificazione "espansa" cambia il modo in cui l'ego individuale viene visto e vissuto. E cambia il "target" dell'egoismo, ossia l'ambito di cui ci si sente proprietari o coproprietari, o comunque partecipi, e quindi anche responsabili, e che si cerca di salvaguardare, difendere ed eventualmente rafforzare ed espandere.

4) La "natura umana". Chissà perché in genere tutto quello che ci accomuna (apparentemente) agli altri animali lo consideriamo "natura", mentre ciò che è peculiarmente umano no. Come se l'umanità fosse per sua essenza "innaturale" e non invece facente parte della natura come tutto il resto (tralasciando la forte problematicità dello stesso termine "natura"). Come se tutto quello che l'uomo pensa, concepisce, desidera, immagina fosse estraneo alla natura e provenisse da chissà dove. Un'idea che considero oltre che arbitraria, campata davvero per aria. L'altruismo è altrettanto "naturale" dell'egoismo, per il semplice fatto che esiste, e non soltanto nell'immaginazione, ma nei fatti. E nella "natura umana" c'è posto sia per l'egoismo che per l'altruismo.

5) Devo fare anche una precisazione sull'altruismo. L'altruismo, per me, non è una virtù, ma un tentativo di uscire dalla prigione dell'ego negandolo, ma il realtà implicitamente confermando l'identificazione in esso. L'egoismo si supera con un "salto quantico", ossia con un'espansione della coscienza, identificandosi con un'entità più vasta (fino, come dicevo, all'intera esistenza). Se l'altruismo porta a sacrificarsi per gli altri, magari danneggiandosi, per me non è affatto qualcosa di buono. Far male a sé stessi è comunque far male, dar più peso al benessere altrui che al proprio è comunque una mancanza di equità, un adottare ingiustamente due pesi e due misure facendo torto a quell'entità individuale che per prima si presenta alla coscienza chiedendo di essere salvaguardata. Abbiamo responsabilità verso noi stessi come verso gli altri e dovrebbe essere l'imparzialità, l'attitudine a giudicare prescindendo dal coinvolgimento personale, non l'egoismo o l'altruismo, a guidarci.

Freedom

#38
Condivido le tue premesse:
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 22:47:14 PM
1) L'ego è soltanto un costrutto mentale pesantemente condizionato da influenze sociali e culturali, un'entità concettuale che sfugge a ogni definizione e si sfalda nel momento in cui si cerca di definirlo coerentemente. Non a caso una notissima forma di meditazione, diffusa principalmente in oriente, consiste nel cercare di rispondere alla domanda "chi sono io?".
Ho letto, nel passato, con interesse una serie di considerazioni che partono dalla tua riflessione. Mi sembra che Ramana Maharshi indicò un intero cammino di liberazione che si fondava su questa domanda niente affatto scontata.
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 22:47:14 PM
2) La nostra personalità, con la quale spesso ci identifichiamo, non è un tutto coerente e unitario, ma una composizione di "sub-personalità" (il termine è della Psicosintesi, ma il concetto esiste anche in altre scuole di pensiero) non di rado in conflitto tra loro o mal assortite, che si alternano o concorrono al controllo del corpo-mente. Il fenomeno risulta particolarmente evidente in forme patologiche di personalità multiple, ma è presente in ogni persona "normale".?"
E' certamente Gurdjeff, almeno dal mio punto di vista, colui che magistralmente descrisse ed analizzò la molteplicità degli io presenti in una stessa persona. Anche Assagioli ne rilevò diverse angolature.
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 22:47:14 PM
3) L'identità non è qualcosa di fisso e immutabile, ma è un atto della coscienza, che può identificarsi e disidentificarsi con/da entità differenti. Il tipo di identificazione più comune è quello col corpo-mente (e in quest'ambito con le diverse subpersonalità), ma sono abbastanza comuni anche identificazioni con la famiglia, con "l'azienda" (caposaldo degli esperti di gestione del personale), la città, la nazione (il famoso "patriottismo"), una religione, un ideale. Identificazioni che possono prevalere su quella con l'individualità psicofisica tanto da spingere alcuni a sacrificarsi e anche a morire per qualcuna di queste entità. Ma è anche possibile identificarsi con l'esistenza intera. In tutti i casi di identificazione "espansa" cambia il modo in cui l'ego individuale viene visto e vissuto. E cambia il "target" dell'egoismo, ossia l'ambito di cui ci si sente proprietari o coproprietari, o comunque partecipi, e quindi anche responsabili, e che si cerca di salvaguardare, difendere ed eventualmente rafforzare ed espandere."
E' vero, tuttavia credo si possa oggettivizzare, tramite buon senso e ragionevolezza, una scala di valori condivisa e, sostanzialmente, farne un patrimonio comune. Almeno nell'ambito di una specifica etnia o nazione, di un determinato momento storico nonché area geografica. Oggi come oggi, con la globalizzazione ed i mass media, su scala mondiale.
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 22:47:14 PM
4) La "natura umana". Chissà perché in genere tutto quello che ci accomuna (apparentemente) agli altri animali lo consideriamo "natura", mentre ciò che è peculiarmente umano no. Come se l'umanità fosse per sua essenza "innaturale" e non invece facente parte della natura come tutto il resto (tralasciando la forte problematicità dello stesso termine "natura"). Come se tutto quello che l'uomo pensa, concepisce, desidera, immagina fosse estraneo alla natura e provenisse da chissà dove. Un'idea che considero oltre che arbitraria, campata davvero per aria.
Qui comincio ad avere idee leggermente diverse dalla tue. Grosso modo quello che tu chiami "peculiarmente umano" e/o "innaturale" io lo chiamo spirituale. Ciò che ci differenzia dalle bestie. Poi non è mia intenzione attaccarmi alla parola "innaturale"; mi va benissimo considerare lo spirito come naturale. Anzi mi va meglio. Io ritengo lo spirito la quintessenza della natura, fatto di sostanza materiale, vita naturale per eccellenza.
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 22:47:14 PML'altruismo è altrettanto "naturale" dell'egoismo, per il semplice fatto che esiste, e non soltanto nell'immaginazione, ma nei fatti. E nella "natura umana" c'è posto sia per l'egoismo che per l'altruismo.
Avendoti significato cosa intendo per "naturale" mi sembra che le nostre idee, in questa proposizione, tornano a convergere.
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 22:47:14 PM
5)L'egoismo si supera con un "salto quantico", ossia con un'espansione della coscienza, identificandosi con un'entità più vasta (fino, come dicevo, all'intera esistenza).
Perfetto. Per me il "salto quantico" è rappresentato dalla Grazia del Signore Gesù Cristo applicata insieme alla nostra completa e assoluta, nonostante la sua insufficienza, volontà.
Citazione di: Donalduck il 09 Gennaio 2021, 22:47:14 PM
Se l'altruismo porta a sacrificarsi per gli altri, magari danneggiandosi, per me non è affatto qualcosa di buono. Far male a sé stessi è comunque far male, dar più peso al benessere altrui che al proprio è comunque una mancanza di equità, un adottare ingiustamente due pesi e due misure facendo torto a quell'entità individuale che per prima si presenta alla coscienza chiedendo di essere salvaguardata. Abbiamo responsabilità verso noi stessi come verso gli altri e dovrebbe essere l'imparzialità, l'attitudine a giudicare prescindendo dal coinvolgimento personale, non l'egoismo o l'altruismo, a guidarci.
Allora, se altruismo ed egoismo coincidono, è meglio, molto meglio. Diciamo pure l'ideale.
Ma se questo non dovesse accadere....pazienza, ce ne faremo una ragione. Intendiamoci non voglio fare l'anima bella, eroica e magari con vocazione al martirio. Per carità, sono vocato alla gioia come credo, in definitiva, tutti noi. Almeno quelli normali! :D

Se tuttavia non se ne può fare a meno e le condizioni ce lo "impongono" non vedo altra possibilità che sacrificarsi anche autodanneggiandosi. Penso al classico esempio di genitori che salvano i figli prima di sé stessi ma anche, per esempio, ad innamorati che privilegiano l'amata o l'amato. Perdona il mio stucchevole e melenso esempio ma il mio pensiero va al film "Titanic" e all'attore impersonato da Leonardo di Caprio e al suo altruismo espresso, fra l'altro, con grande dignità ed eleganza. E a tutte quelle persone che preferiscono farsi ammazzare piuttosto che commettere una cattiva azione. E via così.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Ipazia

Citazione di: donquixote il 08 Gennaio 2021, 21:10:19 PM
Innanzitutto la famosa frase di Marx "da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni" è tratta, sia pur non letteralmente ma sostanzialmente, da un brano degli Atti degli Apostoli (At 4, 32-35) e dunque non è invenzione di Marx o Engels. La questione principale da considerare è che quella frase assume valenze molto diverse nel cristianesimo e nel socialismo. Se nel Cristianesimo quel comportamento non è un "principio", un postulato dottrinale, un dogma, uno scopo, ma una semplice deduzione dalla dottrina, una logica applicazione nella prassi di un insegnamento (e poi di una morale) che realizza innanzitutto una solidissima unità spirituale in quella comunità, nel socialismo invece quello è il punto di partenza, lo scopo sociale, è in pratica sia l'inizio che la fine di tutta la dottrina. Lo dimostrano le parole di Marx ed Engels che, nel tanto celebrato "Manifesto del Partito Comunista" scrivono: "Tutto ciò che è istituito, tutto ciò che sta in piedi evapora, tutto ciò che è sacro viene sconsacrato, e gli uomini sono finalmente costretti a considerare con sobrietà il loro posto nella vita, i loro rapporti reciproci." Negando pertanto ogni valore non solo spirituale ma anche, se così si può dire, sentimentale e innalzando un inno al nichilismo più spinto per tracciare il programma di una società basata sul nulla, che per realizzarsi ha la necessità che gli uomini che la compongono siano solo esseri biologicamente considerati, privi di quelle caratteristiche che determinano la loro "umanità" ovvero privi di valori che superino la mera sopravvivenza fisica. Ma siccome gli uomini non sono così, e a quanto pare non serve tentare di farli diventare tali con la violenza, alcune caratteristiche tipicamente umane come, fra le altre, l'avidità e l'egoismo che il capitalismo ha esaltato ai propri fini, rimangono presenti.

La sobrietè richiesta è il minimo sindacale di una società umana che alfine abbia rimosso i feticci che incrostavano i reciproci rapporti impedendo di porli su un piano di verità. Feticci che il capitalismo ha abbondantemente rimpiazzato adulterando anche la natura sobria dei bisogni che l'umanesimo marxista aveva ben presenti e che la numerosa letteratura marxista sulla teoria dei bisogni illustra a prova di falsificazioni ideologiche così palesi.

La spiritualità immanente l'ho spulciata in lungo e largo in altra discussione. Una spiritualità matura, che non ha bisogno di feticci d'appoggio per manifestarsi e agire. Anche il socialismo reale ha avuto i suoi feticci già rimossi dalla rodente critica dei topi storici. Restano i feticci tardoteologici sempre reincarnati e il feticcio sovrano Capitale da rimuovere. Auguri umanità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

 Salve freedom. Citandoti : "E a tutte quelle persone che preferiscono farsi ammazzare piuttosto che commettere una cattiva azione. E via così."






Perdona se ti scandalizzerò, ma le persone che citi restano comunque degli egoisti. Giungere ad accettare l'abnegazione (letteralmente : la negazione di sè) è certamente possibile ma rappresenta atto estremo di autotutela, indipendentemente dagli effetti ed intenzioni di chi accetta di venir ucciso oppure di uccidersi per evitare la PROPRIA responsabilità morale insita nel commettere una cattiva azione.




Se la cattiva azione che voglio evitare non comportasse - una volta commessa - insopportabili sensi di colpa, talmente intollerabili da rendere - a me che devo poi affrontarli - invivibile la mia vita futura...................allora giungerei a considerare la mia propria morte come la meno dolorosa delle prospettive, quindi cercherei od accetterei la mia stessa morte considerandola un rimedio alle peggiori sofferenze che prevedo mi daranno i rimorsi.








Perciò effettuerei una scelta che - sia dal punto di vista psichico che spirituale che morale - risulterebbe logica e conseguente al mio EGOISTICO rifiuto di dover affrontare una esistenza che sono convinto risulterebbe peggiore della mia stessa morte.








Quella che sopra descrivo è solo la realtà rappresentata dalla dimostrazione LOGICA della IMPOSSIBILITA' DELL'ESISTENZA di un VERO ALTRUISMO, il quale consisterebbe :








       
  • anzitutto nell'annichilimento di sè stessi a favore di una scelta appunto nullificante il sè, cosa non consentita poichè il sè può solo affermarsi, non negarsi (ciò sarà particolarmente vero nel caso si creda – come penso accada per te – che il proprio sè sia la propria anima).
  • dal particolare punto di vista fideistico invece, per realizzare il PERFETTO e VERO ALTRUISMO, occorrerà  riferirsi alla lettura del sottostante brano estratto da un mio passato intervento :


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Secondo me non esistono atti e moventi essenzialmente altruistici, e ciò non per un'intrinseca aridità umana, ma semplicemente perché ciascuno di noi non può mai veramente "uscire da sé stesso" per immedesimarsi completamente in altri.
Esistono invece (e questo per me è il miracolo) atti e moventi intrinsecamente sempre egoistici ma che possono generare effetti altruistici.
Lasciando ora perdere l'amore interpersonale nei suoi significati convenzionali (perché per esso è troppo facile dimostrarne la almeno parziale componente egoistica), prendiamo alcuni altri comportamenti : la beneficenza, la compassione, il martirio, l'abnegazione.
La beneficenza e la compassione sono comportamenti deliberati ai quali nessuno ci costringe. Quindi essi vengono messi in pratica per rispondere ad impulsi interiori la cui soddisfazione ci fa stare meglio. E questo, secondo te, sarebbe un comportamento altruistico ??.
Circa martirio ed abnegazione il ragionamento deve farsi un pochetto più sofisticato ma condurrebbe alle medesime conclusioni. Ovvio comunque che martirio ed abnegazione siano opzioni che vengono affrontate da chi sceglie di affrontare le morte piuttosto che rinunciare alla propria coerenza, cosa che gli renderebbe insopportabile il continuare vivere. Quindi da chi trova più egoisticamente soddisfacente la soluzione del martirio o dell'abnegazione rispetto a quella di una vita che troverebbe insopportabilmente indegna.





Ma è possibile immaginare un comportamento esclusivamente ed assolutamente altruistico?







Proviamoci. Un bel dì Dio ti si rivela e ti fa una proposta : ti chiede se saresti disposto a morire e ad affrontare l'eternità da dannato, scambiando in questo modo il tuo destino con quello di un altro che avrebbe meritato morte ed Inferno e che invece - grazie a te - morirà a tempo debito e salirà in Paradiso.







Naturalmente il Dio che te lo propone ti fornisce anche la certezza di essere "Colui che E'" e ti avverte anche che, se accetterai, egli si impegna a mai revocare i termini e le conseguenze della sua proposta. (Un notevole quesito a questo punto sarebbe: Ma Dio può rinunciare ad essere sé stesso autolimitando il proprio assoluto arbitro ?? Il che equivarrebbe a chiedersi : "Ma Dio può riuscire ad essere altro che sé stesso??").







Bene. A questo punto, se tu rispondessi "si" alla proposta divina........ecco che avresti compiuto la più trascendende ed assoluta scelta altruistica tra tutte quelle che possiamo concepire.







Ci sarebbe solamente un problemino : Dio, nel rinunciare al proprio supremo arbitrio circa propri futuri ripensamenti, non avrebbe fatto altro che trasferirlo a te (che con la tua scelta usi e mantieni interamente il tuo arbitrio), e quindi, semplicemente, tu saresti diventato Dio !! Quindi l'altruismo assoluto è praticabile solo facendosi Dio.





Vedi, secondo me i rapporti tra l'egoismo e l'altruismo vanno regolati in un certo modo, cioè secondo il Principio Naturale del Bene, concetto cui ho superficialmente accennato all'interno dell'omonima discussione (andata quasi deserta) presente nella sezione Filosofia. Salutoni.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

donquixote

Citazione di: niko il 09 Gennaio 2021, 14:09:15 PM



Quello che hanno in comune il cristianesimo e il socialismo (quello reale, o comunismo storico novecentesco) è la costruzione di una metafisica della storia e quindi una visione escatologica del tempo, questo davvero non si può negare, in Marx c'è il comunismo primitivo e un comunismo futuro che è il punto di arrivo di tutto, la fine della storia, come quello primitivo ne è stato l'inizio, nell'apocalisse Dio dice "io sono l'alfa e l'omega" c'è il riapparire dell'albero della vita che stava nell'eden e dunque nella Genesi, la Gerusalemme celeste che sostituisce la Gerusalemme reale distrutta eccetera.



Per quanto il tuo messaggio contenga spunti interessanti (sia pur non tutti "razionali" e dunque difficili da discutere sul piano filosofico) ti rispondo brevemente poichè non è questo l'argomento del 3d e io lo avevo affrontato per ricollegarlo all'egoismo, tema in discussione.
Se è vero che nel marxismo vi è una visione escatologica del tempo e della storia nel Cristianesimo (checchè ne dica Galimberti che condivide le idee, sbagliate, di Durkheim e dei positivisti ottocenteschi) non è così, perchè se l'obiettivo è la realizzazione del "regno di Dio" questo è al medesimo tempo al di fuori dal tempo e dalla storia («Il mio regno non è di questo mondo») e tuttavia riscontrabile nel presente («Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!») e quindi, un'altra volta, astorico. Non sono quindi due metafisiche della storia ma due modi completamente diversi di rapportarsi con il mondo, ove il cristianesimo è un modo intellettuale, filosofico (appartenente a quella serie di dottrine che rimandano a quella che Leibniz chiamava "philosophia perennis"), spirituale, mentre il marxismo un modo "pratico", materialista (per quanto guidato da una filosofia). Il Cristianesimo presuppone un'escatologia dell'individuo, di ogni individuo considerato singolarmente, il marxismo quella dell'umanità come specie; il Cristianesimo è una "dottrina dei tempi ultimi", una dottrina apocalittica che profetizza "la fine del mondo" sulla terra, il marxismo ne profetizza invece l'inizio. Non proseguo oltre per non alimentare l'off-topic.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Donalduck

Vedo che su diverse cose i nostri pensieri convergono. Tuttavia...

Citazione di: Freedom il 10 Gennaio 2021, 11:36:51 AM
E' vero, tuttavia credo si possa oggettivizzare, tramite buon senso e ragionevolezza, una scala di valori condivisa e, sostanzialmente, farne un patrimonio comune. Almeno nell'ambito di una specifica etnia o nazione, di un determinato momento storico nonché area geografica. Oggi come oggi, con la globalizzazione ed i mass media, su scala mondiale.
Certo, è almeno teoricamente possibile, e sarebbe anche auspicabile, entro determinate condizioni...
Ma cosa c'entra in questo contesto, in cui si parla di egoismo, altruismo e natura?

Citazione
Grosso modo quello che tu chiami "peculiarmente umano" e/o "innaturale" io lo chiamo spirituale. Ciò che ci differenzia dalle bestie.
Il significato di spirituale per me è completamente diverso: si riferisce a tutto quello che riguarda la sfera psichica, quel mondo interiore che ognuno di noi vive, nella sua interezza.
E riguardo alla differenza tra noi e gli altri animali, possiamo osservare e descrivere le differenze esteriori, fisiche e comportamentali. Ma nessuno conosce l'interiorità degli animali e quindi nessuno sa cosa abbiamo in comune e cosa no. In ogni caso ritengo che la spiritualità riguardi tutti gli esseri viventi e l'intera esistenza, non certo solo l'uomo, non c'è nulla che conosca che mi possa indurre a crederlo.

Citazione
mi va benissimo considerare lo spirito come naturale. Anzi mi va meglio. Io ritengo lo spirito la quintessenza della natura, fatto di sostanza materiale, vita naturale per eccellenza.
Appunto, quindi di sicuro riguarda anche "le bestie".
Comunque il punto era un altro: il fatto che per coloro che ritengono che l'uomo sia "egoista per natura" evidentemente le pulsioni più basse sono "naturali", mentre quelle più elevate, come quelle che inducono all'altruismo, chissà perché, invece no. Il bello è che nessuno si prende la briga di spiegarlo, che io sappia.

Citazione
Se tuttavia non se ne può fare a meno e le condizioni ce lo "impongono" non vedo altra possibilità che sacrificarsi anche autodanneggiandosi. Penso al classico esempio di genitori che salvano i figli prima di sé stessi ma anche, per esempio, ad innamorati che privilegiano l'amata o l'amato. Perdona il mio stucchevole e melenso esempio ma il mio pensiero va al film "Titanic" e all'attore impersonato da Leonardo di Caprio e al suo altruismo espresso, fra l'altro, con grande dignità ed eleganza. E a tutte quelle persone che preferiscono farsi ammazzare piuttosto che commettere una cattiva azione. E via così.
Queste situazioni mostrano appunto quel fenomeno che ho chiamato espansione della coscienza. Identificandosi con un contesto più ampio di quello individuale si vede sé stessi e gli altri sullo stesso piano. Quindi un vecchio che dovesse scegliere tra salvare sé stesso o un giovane, sceglierebbe come potrebbe farlo una terza persona, che seguendo una certa linea etica (chi ha meno da perdere è più sacrificabile) sceglierebbe di sacrificare il vecchio, ossia sé stesso. E se a decidere fosse il giovane varrebbe la stessa linea etica. Se il giovane scegliesse di sacrificare sé stesso e non il vecchio, sempre seguendo questa linea etica, sbaglierebbe. In ogni caso non ci dovrebbero essere differenze di scelta basate sulla propria individualità, perché si decide da un altro livello superindividuale, raggiunto appunto con un'espansione della coscienza. Nel caso dei genitori si aggiungerebbe la spinta (al livello individuale) dovuta alle pulsioni alla protezione della prole e all'amore genitoriale.

Il caso degli amanti è meno semplice. In quel caso non ci sono, in generale, criteri obiettivi per preferire uno dei due (una terza persona probabilmente lancerebbe una moneta in aria) e la cosa migliore (o forse l'unica) che si potrebbe fare sarebbe seguire i propri sentimenti.

Invece il caso in cui qualcuno preferisca morire piuttosto che fare qualcosa che ritiene eticamente sbagliato e riprovevole può essere fatto risalire a due cause molto diverse tra loro. Può essere dovuto a condizionamenti, ossia a pulsioni o inibizioni indotte dalla cosiddetta educazione e delle istanze sociali subliminali, quindi qualcosa di assai poco consapevole. Oppure può essere un risultato di una identificazione ampia, che, nel cotesto in cui la coscienza si colloca, valuta il danno dovuto alla cattiva azione complessivamente maggiore di quello dovuto alla perdita di una vita.

Freedom

#43
Citazione di: viator il 10 Gennaio 2021, 17:10:43 PM
Perdona se ti scandalizzerò, ma le persone che citi restano comunque degli egoisti. Giungere ad accettare l'abnegazione (letteralmente : la negazione di sè) è certamente possibile ma rappresenta atto estremo di autotutela, indipendentemente dagli effetti ed intenzioni di chi accetta di venir ucciso oppure di uccidersi per evitare la PROPRIA responsabilità morale insita nel commettere una cattiva azione.

Se la cattiva azione che voglio evitare non comportasse - una volta commessa - insopportabili sensi di colpa, talmente intollerabili da rendere - a me che devo poi affrontarli - invivibile la mia vita futura...................allora giungerei a considerare la mia propria morte come la meno dolorosa delle prospettive, quindi cercherei od accetterei la mia stessa morte considerandola un rimedio alle peggiori sofferenze che prevedo mi daranno i rimorsi.
Perciò effettuerei una scelta che - sia dal punto di vista psichico che spirituale che morale - risulterebbe logica e conseguente al mio EGOISTICO rifiuto di dover affrontare una esistenza che sono convinto risulterebbe peggiore della mia stessa morte.
No no non mi scandalizzi. Avevo già preso in esame questa angolatura. Ed ero arrivato alle tue stesse conclusioni: anche l'azione più grande di altruismo (donare la propria vita in favore di un altro) soddisfa un interiore impulso. Che dire Viator, siamo noi la misura del nostro mondo, non un' altra persona o un concetto ideale. Anche io, non te lo nascondo, ebbi un moto di delusione e amarezza quando realizzai questa cosa qua. Poi, non so se me ne sono fatto una ragione come un uomo che si accontenta, che si fa bastare quello che ha oppure ho accettato una realtà, in fondo, semplice, elementare quasi banale: l'altruismo come ideale valore assoluto o meglio ancora scevro da un proprio impulso interiore, non è alla portata di noi uomini.

Ne conclusi, all'epoca, che quando parliamo di altruismo siamo in realtà di fronte al miglior egoismo possibile. Ma non ho voluto approfondire questa cosa qua nel thread se no non ci avremmo più cavato i piedi. Almeno così ho pensato quando ho scritto l'incipit. Devo infine dire, in effetti, che il mio capo, il fondatore della religione a cui aderisco, ha detto: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Sottendendo, evidentemente, che il punto di partenza e dunque la misura era l'amore per sé stessi.

Quindi che dire Viator, spero di non scandalizzare io te, ma mi pare che tu sia un grandissimo idealista e tu abbia una fame di verità, di giustizia e, non lo tradisci e dunque non lo affermerò, ma io ci giurerei, di amore, immensi. E per quel poco che capisco di uomini la fame è grande come.........lo stomaco? ops, no scusa....come.....il cuore!
Citazione di: viator il 10 Gennaio 2021, 17:10:43 PM
Proviamoci. Un bel dì Dio ti si rivela e ti fa una proposta : ti chiede se saresti disposto a morire e ad affrontare l'eternità da dannato, scambiando in questo modo il tuo destino con quello di un altro che avrebbe meritato morte ed Inferno e che invece - grazie a te - morirà a tempo debito e salirà in Paradiso.
E qui mostri un'acutezza che mi conduce ad esaminare un aspetto che non avevo mai valutato in vita mia. Forse per spirito di autoconservazione dell'opinione che ho di me stesso. Perché se penso a quello che dici la risposta è facile, drammaticamente facile e un po' imbarazzante: vorrei dirti che non saprei veramente che pesci pigliare ma........la verità è che mi sa che sceglierei la vita eterna per me! Finché si parla della vita su 'sto pianeta qua mi è tutto sommato facile fare certi discorsi, ma.....se la posta in gioco diventa la gioia eterna......ah qui diventa difficile, veramente difficile spendere belle parole. E fare mostra di tutta la caratura caritatevole del mio cuore.

Eccola qua la miseria umana che avevo sbattuto fuori dalla porta ritornare, untuosa e diabolica dalla finestra.

Bè, mi fa anche piacere. Vuoi mai che qualcuno nel Forum pensasse che fossi un santo.   :D

Hai fatto bene a farmi riflettere su questo aspetto: mi ci voleva proprio. ;)
Citazione di: viator il 10 Gennaio 2021, 17:10:43 PM
Vedi, secondo me i rapporti tra l'egoismo e l'altruismo vanno regolati in un certo modo, cioè secondo il Principio Naturale del Bene, concetto cui ho superficialmente accennato all'interno dell'omonima discussione (andata quasi deserta) presente nella sezione Filosofia. Salutoni.
Andrò nella sezione Filosofia a darci un'occhiata. Anche se premetto che queste settimane sono state per me un periodo "felice" dal punto di vista forumistico perché ho lavorato poco e, grazie a voi, ho ritrovato stimoli da tempo sopiti. Da domani invece si torna a sgobbare a pieno ritmo. E pensa che con questa pandemia e tutto il resto devo anche ringraziare! 8)
Quindi la mia partecipazione al Forum sarà sicuramente minore. Ma non l'entusiasmo spero!
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Alexander


Se anche possiamo trovare nell'altruismo una qualche forma di beneficio (morale e non materiale) per l'altruista, questo non inficia il concetto di altruismo . In questo senso l'altruismo diventa un bene sia per la collettività che per il soggetto altruista, a differenza del comportamento puramente egoista che, per definizione, risulta essere un vantaggio esclusivamente per il soggetto egoista.