Dubbi sempre più insistenti (Cristianesimo in particolar modo ma non solo)

Aperto da Apeiron, 11 Novembre 2016, 22:57:36 PM

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donquixote

Citazione di: InVerno il 07 Dicembre 2016, 15:06:35 PMDa profano posso provare a rispondere con magari l'ingenuità del profano 1) Ama il prossimo tuo come te stesso - Si che l'altro è diverso, ma questo ha davvero a che fare con l'amore? Tutte le persone sono diverse, ma questo non ci impedisce di amarle anche più di noi stessi. Non è scritto "l'altro deve avvertire il tuo amore con la stessa intensità e qualità che tu avverti amando te stesso" (risultato per il quale davvero avrebbero rilevanza come le necessità\bisogni\desideri di chi riceve l'amore). peraltro non capisco perchè intendi l'amore come un otre al quale si può dare fondo, dicendo che o si ama se stessi o si ama l'altro. Chi lo dice che non ce n'è abbastanza per tutti? 2) Amare il tuo nemico - la contraddizione logica è evidente come sottolinei, a patto che esso attraverso l'amore non cessi di essere "nemico" e la contraddizione si risolva nell'atto di amare. D'altro canto, il vedere nell'altro un "nemico", non è un giudizio particolare che si dissolve quando la prospettiva passa dal particolare al macroscopico (amore per Dio?) Chi sono i nemici? Esistono davvero? o sono il frutto dei nostri interessi particolari disattesi che si dissolvono nell'atto di amare in se? 3) Amare il signore Dio con tutto il tuo cuore. Da un punto vista deista non vedo contraddizione ne impossibilità, amare il tutto significa amare anche il tuo nemico, il tuo prossimo e il tuo distante, significa questo, amare il tutto senza distinzioni. Mi si obbietterà che qui siamo in ambito teista..e io obbietterò che la Bibbia tutta non è esente di questo tipo di contraddizioni apparenti e compenetrazioni tra deismo e teismo. Il Dio di Genesi per esempio non è il Dio di Isacco, non vedo io questa perfezione delle scritture tale da far scattare dogmatismo referenziale riguardo la natura di Dio (poi per chi se lo sente imposto dalla natura divina dei testi...problemi logici di chi è illogico a prescindere). Dove sbaglio?

1) La Chiesa moderna (non certo io) intende l'amore come dedizione concreta ad un altro, manifestato in maniera esemplare da personaggi come madre Teresa, dunque presuppone l'impegno del tempo e della volontà. Tale impegno e tale volontà, se deve essere rivolta totalmente a qualcun altro, si sottrae necessariamente all'amore di sé, poichè se l'amore in sé non è un otre che si svuota la manifestazione concreta di tale amore ha un limite poichè il tempo finisce e il giorno è per tutti di 24 ore. Dunque non io ma la Chiesa moderna parla di amore solo se questo si manifesta nelle opere, altrimenti parla di "indifferenza" che il Papa condanna senza appello. Se dunque qualcuno riuscisse a dedicare l'intero arco della giornata (24 ore) al bene dell'altro con tutte le sue forze non gli rimarrebbe più niente da dedicare a sé, e quindi non potrebbe amare se stesso come prescrive Gesù. Inoltre chi decide chi bisogna amare se il tempo è quello che è e le forze umane sono limitate? Lo decido io? o la Chiesa? o qualcun altro? E poi: una sola persona? oppure più persone per poco tempo ciascuna? da qualunque parte la si guardi questa è una cosa che alla luce del comandamento non sta in piedi. Inoltre non è mai buona cosa voler enfatizzare gli insegnamenti di Gesù, di fatto fraintendendoli: Gesù non ha mai detto ama il prossimo tuo "più" di te stesso ma "come" te stesso, e c'è una bella differenza. Se si è disposti ad amare qualcuno più di noi stessi l'equilibrio si perde e finisce che magari si è disposti anche a rimetterci la vita per la persona che si ama: ma quando questo succede poi quella persona non ha più qualcuno che la ami e quindi le si fa tutto sommato un danno invece che un favore... Gesù non ha mai auspicato che qualcuno diventasse schiavo di qualcun altro, nemmeno volontariamente e deliberatamente.

2) L'essere nemico non è una condizione assoluta ma contingente: qualcuno che non lo è può diventarlo temporaneamente per una serie di ragioni, e poi cessare di nuovo di esserlo; ma il comandamento prescrive di amarlo "mentre è nemico" e non di amarlo come persona in sé al di là dei ruoli che ricopre nelle diverse occasioni.  Se io devo amare un nemico lo devo fare intanto che è mio nemico, ma se per amore, come dicevo, intendiamo il sentimento benevolo predicato dalla Chiesa moderna è del tutto impossibile provarlo mentre il nostro interlocutore ci è nemico, ovvero suscita in noi il sentimento contrapposto. Non è possibile provare due sentimenti contraddittori nel medesimo momento. Il giudizio e la condizione particolare si potranno anche dissolvere se si passa dal microcosmo del nemico al macrocosmo di Dio, ma in questo caso non esisterebbe più il nemico e quindi mi sarebbe di fatto impossibile amarlo.

3) Non voglio fare questioni di teismo o di deismo, che trovo stucchevoli e frutto di ignoranza. Più semplicemente metto a confronto gli insegnamenti a mio avviso chiarissimi di Gesù con l'interpretazione che ne dà la chiesa moderna; stiamo parlando fra l'altro dei fondamenti, dei comandamenti essenziali che Gesù definisce l'alfa e l'omega della legge, che sono appunto ama Dio con tutto eccetera e ama il prossimo tuo come te stesso;  «Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» dice Gesù. Se dunque quello di amare Dio in quel modo è il primo dei comandamenti ed è imprescindibile appare ovvio che se uno dedica tutte le sue energie ad ottemperare tale comandamento non gli rimane più niente da dedicare all'amore di sé, o a quello del prossimo, o a quello del nemico se per avventura ne dovesse incrociare uno.

La Bibbia è stata concepita, scritta, riscritta, tradotta e modificata da persone di livello intellettuale elevatissimo, pur se in tempi diversi, e quindi cavarsela dicendo che è contraddittoria non ha senso perchè se così fosse tali contraddizioni sarebbero state risolte a suo tempo, in periodi in cui molta più gente di adesso la sapeva comprendere nell'essenza. Fortunatamente la Chiesa moderna non ha avuto il coraggio di modificarla (se non in pochissimi casi che hanno peraltro aumentato la confusione anzichè eliminarla, come ad esempio la traduzione di agape con carità anzichè con amore come era in precedenza). Il problema è che secoli fa vi erano persone in grado di spiegare bene anche le parti apparentemente oscure della Bibbia mentre adesso che sono venute a mancare la Chiesa se la cava facendo sempre più spesso ricorso alla categoria del "mistero" confessando dunque la propria ignoranza. Il Dio della Genesi è dunque il medesimo Dio di Isacco, poichè Dio è uno solo e non ve ne possono essere altri. Semplicemente una parte della Bibbia descrive Dio in un modo, sotto certi aspetti, e un'altra parte sotto altri. D'altronde se Dio è "tutto ciò che è" niente può essere escluso da questo vocabolo.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 07 Dicembre 2016, 16:17:58 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Dicembre 2016, 09:25:21 AMPraticamente , una data persona, riceve l'annuncio che è amato da Dio ( dei cristiani...) e lo si invita a riflettere su un testo "sacro" per comprendere chi lo ama, per avere consapevolezza storica del perché è amato. Questa persona però non si è mai sentita amata da Dio e rifiuta di credere che quell'annuncio sia veritiero. Cos'è allora che impedisce alle persone di sentirsi amate da Dio?
Stiamo procedendo ottimamente, siamo arrivati ad un punto cruciale della questione, che mi attendevo, e che penso sarà compreso tanto meglio proprio per tutto ciò che abbiamo discusso finora. Siamo cioè giunti al problema del male, detto anche problema della "teodicea". Ciò che hai scritto tu non è altro che una delle tante sfaccettature con cui questo problema si presenta. In termini generalissimi si pone nei seguenti termini: se Dio è infinitamente potente e infinitamente buono, perché non toglie subito tutto il male dal mondo? Se Dio ha tutta la volontà di togliere il male e tutta la capacità di farlo, perché non lo fa? Nessuno al mondo finora ha mai saputo rispondere a questa domanda. Per quanto riguarda il Cristianesimo, di fronte a chi dica di non credere in Dio perché non ha esperienza dell'essere amato da lui, non ha assolutamente nulla da rispondere a parole; la sola cosa che rimane da fare ai Cristiani in questa situazione è tentare di persona di far sperimentare all'altro quest'amore, quindi amare quella persona. Non c'è altro. Ovviamente un sacco di pensatori, teologi e filosofi si sono cimentati in questo problema. La risposta più classica che si usa dare è quella del rispetto della libertà umana: Dio non toglie il male per lasciare all'uomo la libertà di rifiutarlo, oppure per lasciare all'uomo la libertà di fare ciò che Dio non vorrebbe. Tutte le risposte tentate finora, compresa questa che ho citato, hanno in comune lo stesso difetto: possono soddisfare qualche mente teorica, ma si dimostrano comunque troppo staccate dall'esperienza pratica. Basti fare un semplice esempio: se io vedo due miei figli che si stanno strappando gli occhi a vicenda, io per prima cosa intervengo immediatamente e li separo, non mi farò scrupolo di infrangere la loro libertà di strapparsi gli occhi. Dopo ci metteremo a discutere sulla libertà e su tutto quello che vogliamo. Dio no. Dio lascia che i suoi figli si scannino a vicenda e sta a guardare inerte. Da questo punto di vista viene a risultare che io, pur con tutte le mie miserie, i miei limiti, tradimenti e ipocrisie, sono più buono di Dio. Questo è ciò che mi ha fatto decidere per l'ateismo. Tra tutte le risposte date al problema del male, ce ne sono altre due che meritano di essere ricordate. C'è la risposta che Dio stesso dà nell'Antico Testamento, nel libro di Giobbe: Dio risponde facendo leva sulla piccolezza dell'essere umano, che il quel caso è Giobbe; gli dice in pratica: "Tu non sai niente, non sai cos'è il bene e cos'è il male, la tua mente non è capace di capire la benché minima idea, e avresti la pretesa di chiedere conto a me di quello che faccio?". Questa risposta non regge alla critica: non ha senso rifugiarsi nell'irraggiungibilità, tanto più che Dio si è sempre vantato di essere vicinissimo all'uomo, raggiungibilissimo da lui. L'altra risposta è quella data da Gesù morendo in croce. Qui è questione di interpretazione. La mia interpretazione di questo fatto è che Gesù ci dice che di fronte al problema del male Dio viene sconfitto, muore, soccombe; l'unico rimedio che Gesù è in grado di proporre, e che per me è di estrema importanza e validità, è di provare a vivere l'inevitabilità del male cercando di metterci il meglio di ciò che sappiamo mettere in pratica. Si tratterebbe poi di discutere su cosa sia questo meglio; non approfondisco per non dilungarmi. Ovviamente i Cristiani interpretano invece la morte di Gesù dal punto di vista della fede nella sua risurrezione. Si tratterebbe a questo punto di approfondire cosa significa che Gesù è risorto; anche su questo preferisco non dilungarmi.

Il problema del male , il suo mistero, appare veramente irrisolvibile, se esaminiamo il mondo con gli occhi del cristiano. Verrebbe facile  dire che ci sono anche altri occhi per vedere...ma non è questo il punto in discussione. Credo che gia partendo dalla formula del Padre Nostro, con quel "..e non ci indurre in tentazione" si sollevino molte sopracciglia. Perché Dio, che è sommo bene, dovrebbe indurci ad essere tentati dal peccato? Che significato può avere, se Lui vuole che noi non pecchiamo? Alcuni sostengono che Dio, in piena libertà, rinuncia alla propria onnipotenza  per permettere il pieno e totale esercizio della nostra libertà. Si direbbe, in questo caso, che il valore della libertà abbia più importanza per la divinità che non il peso del male. Un auto-limitarsi per permettere alle sue creature di essere. In effetti un 'entità che può tutto, può anche decidere di non volere, ossia non voler intervenire. Nel topic " Ma Dio.. è buono o cattivo?" ho ampliato il raggio d'azione del "male", includendo l'intera sofferenza delle creature senzienti; quindi anche la sofferenza non legata all'eventuale libertà dell'uomo di compiere il male, ma l'intera sofferenza naturale.
In un famoso passo dei fratelli Karamazov di Dostoevskij il fratello maggiore dice al minore che  la sofferenza  di un bambino è motivo sufficiente per chiamare Dio in giudizio. E' anche vero però che, nei momenti di più grande, disperato dolore sorge spesso l'amore. Questa unione di dolore-amore viene simboleggiata e resa concretamente esistenziale nella Croce. La Bibbia  non ci aiuta a penetrare in profondità in questo abisso; troppo ermetica, di difficile interpretazione, soggetta a mille conclusioni, troppo piena di rimandi all'AT...però mi sembra di cogliere come la voce sommessa di una corrente sotterranea, come il famoso silenzio del vento...forse dobbiamo solo ascoltare...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

donquixote

Citazione di: Duc in altum! il 07 Dicembre 2016, 22:10:39 PM
**  scritto da donquixote:
CitazioneSe dunque il regno di Dio è già in mezzo a noi che senso ha seguire le indicazioni della Chiesa di offrire se stessi agli altri in maniera disinteressata?
Ma il Regno di Dio in mezzo a noi è Gesù, è lo Spirito Santo, c'è già chi lo vive adesso, in vita, non deve aspettare di morire per rallegrarsi ed esultare, e questo è grazie anche (se non soprattutto) alle indicazioni della Chiesa di scrivere ognuno con la propria esistenza il V° Vangelo: ossia imitare Gesù, nella potenza divina d'amore dello Spirito Santo, per corrispondere alla giusta misericordia del Creatore.

"...vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo..." (Mc 12) - Vivere saggiamente solo in teoria - senza abbracciare pienamente le indicazioni della Chiesa Cattolica Romana, ossia offrire se stessi agli altri in maniera disinteressata, con prudenza, sapienza e pazienza (aggiungo io) - non permette all'individuo di vivere appieno il Regno di Dio già adesso o post-mortem, anche se non sei lontano da Esso, come accadde allo scriba che ce l'aveva a 30/40 cm (Gesù che conversava con lui), ma non capì di abbracciarlo con gioia e amore.

Caro Duc, le parole di Gesù non vanno modificate secondo il proprio pensiero, ma casomai è il proprio pensiero che andrebbe modificato per adeguarlo alle parole di Gesù. Questo per uno che ha fede in quelle parole, mentre chi non ha bisogno di aver fede perchè sa che quelle parole sono vere non deve fare alcuno sforzo. Nel brano di Luca che ho citato si parla del "regno" di Dio, e adesso tu mi dici che questo regno è Gesù;  innanzitutto Gesù non è Dio ma "il Figlio di Dio", ma anche se volessimo considerarlo Dio non può essere contemporaneamente anche il suo regno, perchè il regno è un'altra cosa, non è una persona. Inoltre in quel brano si rivolgeva ai farisei, che notoriamente non riconoscevano Gesù come Dio, eppure ha comunque detto loro "Il regno di Dio è in mezzo a voi" e non "il regno di Dio sono io". E nel brano che hai citato tu la risposta di Gesù è chiaramente riferita alla risposta che aveva ricevuto dallo scriba, che conosceva i comandamenti, e non certo alla distanza in centimetri che divideva uno dall'altro. Non svilire così il Vangelo, per cortesia.
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Apeiron

@donquixote,
il mio intervento non voleva dire che la Bibbia è "da scartare" perchè contraddittoria. Se la interpreti letteralmente è contraddittoria. Però un'interpretazione letterale è abbastanza scema per molti motivi (banalmente i modi di dire usati al tempo erano diversi dai nostri).
Poi secondo me c'è anche da dire che la gente allora pensava in modo molto diverso da noi e questo non lo dobbiamo mai dimenticare. Penso che tantissimi equivoci nascano da lì.

Citazione di: Duc in altum! il 07 Dicembre 2016, 22:29:52 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneP.S. Come vedi Duc non è che "non voglio credere" ma voglio semmai capire per credere meglio!
Ma se fosse possibile credere meglio grazie al capire la ragione avrebbe la meglio sulla fede, mentre il primo passo è sempre per fede senza prove, senza logica, senza capire, per amore, per carità, per pietà. Credere, spiritualmente, religiosamente, metafisicamente non significa che qualcosa o qualcuno davvero esista, ma consegnare tutto se stesso a quel qualcosa/qualcuno, e questo è possibile solo per fede. Dunque credere meglio è amare meglio, ma nessuno ama meglio grazie alla ragione, se il mio sentimento fosse fondato sul capire meglio, sulla ragione, ieri invece di partecipare alla cena natalizia di mia moglie con i colleghi (La corazzata Kotiomkin di Fantozzi per capirci :'( ), sarei dovuto essere con amici, birra, pizza e taralli innanzi all'apoteosi partenopea di Sarri & Co. contro il Benfica. Come vedi non c'è niente da capire, il cristianesimo è principalmente una religione pragmatica, non statica, operosa, non oziosa, devi fare, anzi, devi osare per poi capire, mai il contrario potrà aiutarti a credere/amare meglio.

Non so se riesco a spiegarmi. Ci provo. Stando all'interpretazione letterale del discorso della montagna dovrei cavarmi l'occhio ogni volta che mi "tenta". Ovviamente il messaggio non era questo. Ma per distinguere una cosa dall'altra dobbiamo appunto usare la (tanto denigrata) razionalità. Pensa poi questo esperimento mentale: sei chiuso in una stanza dalla nascita col dipinto di Michelangelo della Creazione. Non puoi legggere mai il vangelo e hai solamente come unico contatto umano un uomo che ti dice da sempre che Michelangelo ha dipinto esattamente l'atto della creazione. Chiaramente finisci per credere a quello che ti dice il tuo "interlocutore". Con questo voglio dire che la sola credenza non aiuta.

Tu poi sembri abbastanza ostile alla ragione anzichè vederla come un aiuto. Il tentare di capire è un'attività e per quanto può sembrarti strano ti garantisco che c'è della passione e direi anche una sorta di "amore" che si manifesta nella ragione e nell'armonia. La bellezza della natura ad esempio la contempli grazie alla comprensione della regolarità. La scienza ti porta ad amare la natura (e alcuni sono diventati credenti grazie alla scienza...). Uno che abbandona in toto la fede perchè "il mondo non è stato creato in sette giorni" lo fa perchè, mia modesta impressione, manca di razionalità. Non capisce che potrebbe esserci un significato dietro al testo scritto. E questo ahimé lo capisci analizzando i tesi, facendo un atto razionale.

In ogni caso però né la credenza né la razionalità sono il primo passo. Ma l'intuizione. Devi intuire una regolarità nel mondo per fare scienza. Allo stesso modo devi intuire che "c'è qualcosa oltre" per poter abbracciare una qualsiasi fede.  Forse questa intuizione, che non è né puro sentimento né pura razionalità (ma in un certo senso entrambe perchè ha i caratteri di una e dell'altra), è già fede/fiducia. E questa viene come detto prima della razionalità. Ma da qui a dire che la razionalità "non c'entra nulla" mi pare esagerato. D'altronde se devi convincere un non-credente o un dubbioso non è che gli dici "ti manca la fede" (con la sua risposta ovvia "ma và!") ma fai una discussione e quindi fai un'attività razionale. Perfino uno che mi dice "devi amare!" mi parla anche alla razionalità perchè per lo meno devo avere una minima idea di cosa significa "amare", no? Se uno me lo dicesse in cinese non capirei nulla perchè non capireai dal suono nessun significato, in italiano il messaggio lo capisco perchè ho presente a cosa si riferisce il verbo "amare". Che ti piaccia o no non appena si parla, si comunica e quando si comunica si usa un linguaggio e usare un linguaggio è un'attività che coinvolge anche la ragione. Non a caso solo l'uomo che ragiona in "significati" può porsi domande come "qual è il senso della vita" ecc.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

L'uomo per una parte della sua natura è male e per questo conosce il bene.
La regola della natura non è nè bene e nè male, ma la conoscenza  umana porta alla consapevolezza di sapere che è proprio l'intellegibilità attraverso la volontà a conseguire la malvagità e per questo l'uomo costituisce l'etica e la morale per frenare e inibire quella parte di sè . Prima l'uomo conosce con il frutto della conoscenza e perde l'innocenza e poi l'uomo ucciderà il fratello.La libertà è la volontà che si dibatte fra ciò che è bene e ciò che è male fra le due nature umane..


L'albero della conoscenza è lì'albero del bene e del male.
E' solo in genesi spogliata dai simboli spirtuali e dalla traduzione greca, ma solo attraverso il segno prima del simbolo, quindi solo nello studio letterario del testo è possible poi capire lo svolgersi di tutta la tradizione veterotestamentaria. E'attraverso il testo letterale e non esegetico simbolico, dell'ebraico fino alla comparazione con il sumerico-accadico che è possible trovare una risposta all'origine umana e della sua condizione di esistenza in questo mondo.

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 08 Dicembre 2016, 00:14:54 AM
Il problema del male , il suo mistero, appare veramente irrisolvibile, se esaminiamo il mondo con gli occhi del cristiano. Verrebbe facile  dire che ci sono anche altri occhi per vedere...ma non è questo il punto in discussione. Credo che gia partendo dalla formula del Padre Nostro, con quel "..e non ci indurre in tentazione" si sollevino molte sopracciglia. Perché Dio, che è sommo bene, dovrebbe indurci ad essere tentati dal peccato? Che significato può avere, se Lui vuole che noi non pecchiamo? Alcuni sostengono che Dio, in piena libertà, rinuncia alla propria onnipotenza  per permettere il pieno e totale esercizio della nostra libertà. Si direbbe, in questo caso, che il valore della libertà abbia più importanza per la divinità che non il peso del male. Un auto-limitarsi per permettere alle sue creature di essere. In effetti un 'entità che può tutto, può anche decidere di non volere, ossia non voler intervenire. Nel topic " Ma Dio.. è buono o cattivo?" ho ampliato il raggio d'azione del "male", includendo l'intera sofferenza delle creature senzienti; quindi anche la sofferenza non legata all'eventuale libertà dell'uomo di compiere il male, ma l'intera sofferenza naturale.
In un famoso passo dei fratelli Karamazov di Dostoevskij il fratello maggiore dice al minore che  la sofferenza  di un bambino è motivo sufficiente per chiamare Dio in giudizio. E' anche vero però che, nei momenti di più grande, disperato dolore sorge spesso l'amore. Questa unione di dolore-amore viene simboleggiata e resa concretamente esistenziale nella Croce. La Bibbia  non ci aiuta a penetrare in profondità in questo abisso; troppo ermetica, di difficile interpretazione, soggetta a mille conclusioni, troppo piena di rimandi all'AT...però mi sembra di cogliere come la voce sommessa di una corrente sotterranea, come il famoso silenzio del vento...forse dobbiamo solo ascoltare...
Il problema del "... non c'indurre in tentazione..." ha talmente disturbato molte menti devote che la Chiesa Cattolica, nella nuova traduzione in italiano della Bibbia, nel 2008, ha deciso di cambiare il Padre Nostro, traducendo Matteo 6,13 con "non abbandonarci alla tentazione". Uno schifo. La cosa curiosa è che la Chiesa predica di amare la Bibbia, ma lei per prima le fa tutta la violenza che le pare e piace. Se il testo è quello, è inutile modificarlo per renderlo comprensibile alla nostra stupidità: è molto più semplice ammettere che non lo comprendiamo, ci risulta difficile e basta. Nella Bibbia questo indurre al male da parte di Dio non è una novità: nei racconti delle tentazioni di Gesù siamo costretti a concludere che lo Spirito Santo conduce Gesù verso il diavolo affinché Gesù venga tentato; nel racconto dell'uscita degli Ebrei dall'Egitto, il testo dice che Dio indurì il cuore del faraone così che il faraone oppose un rifiuto alla richiesta di Mosé di far uscire gli Ebrei dall'Egitto; la cosa si fa ancora più sorprendente quando il testo afferma che Dio successivamente punì il faraone per aver indurito il proprio cuore. Lo stesso racconto di Adamo ed Eva è un racconto di tentazione da parte di Dio, poiché, se di quell'albero non dovevano mangiare, non si capisce il motivo per cui Dio avrebbe piantato quell'albero nel giardino.
Queste stranezze della Bibbia non vanno interpretate con escamotage filosofici, come quelli che hai proposto ora tu: è più corretto tener presente che il Dio della Bibbia non è un Dio filosofico, ma trae le sue origini da una mentalità mitica, antropomorfica ed esperienziale.
Anche l'idea che dal dolore possa nascere amore non funziona come spiegazione del male: se Dio può tutto, allora poteva anche creare un mondo in cui non ci fosse bisogno del dolore per far nascere amore, supponendo che sia vera quest'idea  che hai proposto. Insomma, come ho detto, non esistono spiegazioni del male in grado di reggere alla critica.
L'ultima proposta che hai tentato di accennare, riferita al mistero della Bibbia, a qualcosa di sotterraneo che si dovrebbe ascoltare, fa riferimento ad esperienze eccessivamente vaghe, fumose, per niente chiare, che cozzano contro l'estrema chiarezza, concretezza, materialità del male. Alla fine, questa mancanza di chiarezza viene a corrispondere alla fallimentare risposta che Dio dà nel libro di Giobbe, cioè un rifugiarsi di Dio nella propria irraggiungibilità, che non è altro che un sottrarsi alla chetichella al confronto con il problema, un nascondersi dietro un dito. Troppo comodo risolvere i problemi in questo modo. Trovo più leale ammettere che non c'è soluzione.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 08 Dicembre 2016, 06:14:53 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Dicembre 2016, 00:14:54 AMIl problema del male , il suo mistero, appare veramente irrisolvibile, se esaminiamo il mondo con gli occhi del cristiano. Verrebbe facile dire che ci sono anche altri occhi per vedere...ma non è questo il punto in discussione. Credo che gia partendo dalla formula del Padre Nostro, con quel "..e non ci indurre in tentazione" si sollevino molte sopracciglia. Perché Dio, che è sommo bene, dovrebbe indurci ad essere tentati dal peccato? Che significato può avere, se Lui vuole che noi non pecchiamo? Alcuni sostengono che Dio, in piena libertà, rinuncia alla propria onnipotenza per permettere il pieno e totale esercizio della nostra libertà. Si direbbe, in questo caso, che il valore della libertà abbia più importanza per la divinità che non il peso del male. Un auto-limitarsi per permettere alle sue creature di essere. In effetti un 'entità che può tutto, può anche decidere di non volere, ossia non voler intervenire. Nel topic " Ma Dio.. è buono o cattivo?" ho ampliato il raggio d'azione del "male", includendo l'intera sofferenza delle creature senzienti; quindi anche la sofferenza non legata all'eventuale libertà dell'uomo di compiere il male, ma l'intera sofferenza naturale. In un famoso passo dei fratelli Karamazov di Dostoevskij il fratello maggiore dice al minore che la sofferenza di un bambino è motivo sufficiente per chiamare Dio in giudizio. E' anche vero però che, nei momenti di più grande, disperato dolore sorge spesso l'amore. Questa unione di dolore-amore viene simboleggiata e resa concretamente esistenziale nella Croce. La Bibbia non ci aiuta a penetrare in profondità in questo abisso; troppo ermetica, di difficile interpretazione, soggetta a mille conclusioni, troppo piena di rimandi all'AT...però mi sembra di cogliere come la voce sommessa di una corrente sotterranea, come il famoso silenzio del vento...forse dobbiamo solo ascoltare...
Il problema del "... non c'indurre in tentazione..." ha talmente disturbato molte menti devote che la Chiesa Cattolica, nella nuova traduzione in italiano della Bibbia, nel 2008, ha deciso di cambiare il Padre Nostro, traducendo Matteo 6,13 con "non abbandonarci alla tentazione". Uno schifo. La cosa curiosa è che la Chiesa predica di amare la Bibbia, ma lei per prima le fa tutta la violenza che le pare e piace. Se il testo è quello, è inutile modificarlo per renderlo comprensibile alla nostra stupidità: è molto più semplice ammettere che non lo comprendiamo, ci risulta difficile e basta. Nella Bibbia questo indurre al male da parte di Dio non è una novità: nei racconti delle tentazioni di Gesù siamo costretti a concludere che lo Spirito Santo conduce Gesù verso il diavolo affinché Gesù venga tentato; nel racconto dell'uscita degli Ebrei dall'Egitto, il testo dice che Dio indurì il cuore del faraone così che il faraone oppose un rifiuto alla richiesta di Mosé di far uscire gli Ebrei dall'Egitto; la cosa si fa ancora più sorprendente quando il testo afferma che Dio successivamente punì il faraone per aver indurito il proprio cuore. Lo stesso racconto di Adamo ed Eva è un racconto di tentazione da parte di Dio, poiché, se di quell'albero non dovevano mangiare, non si capisce il motivo per cui Dio avrebbe piantato quell'albero nel giardino. Queste stranezze della Bibbia non vanno interpretate con escamotage filosofici, come quelli che hai proposto ora tu: è più corretto tener presente che il Dio della Bibbia non è un Dio filosofico, ma trae le sue origini da una mentalità mitica, antropomorfica ed esperienziale. Anche l'idea che dal dolore possa nascere amore non funziona come spiegazione del male: se Dio può tutto, allora poteva anche creare un mondo in cui non ci fosse bisogno del dolore per far nascere amore, supponendo che sia vera quest'idea che hai proposto. Insomma, come ho detto, non esistono spiegazioni del male in grado di reggere alla critica. L'ultima proposta che hai tentato di accennare, riferita al mistero della Bibbia, a qualcosa di sotterraneo che si dovrebbe ascoltare, fa riferimento ad esperienze eccessivamente vaghe, fumose, per niente chiare, che cozzano contro l'estrema chiarezza, concretezza, materialità del male. Alla fine, questa mancanza di chiarezza viene a corrispondere alla fallimentare risposta che Dio dà nel libro di Giobbe, cioè un rifugiarsi di Dio nella propria irraggiungibilità, che non è altro che un sottrarsi alla chetichella al confronto con il problema, un nascondersi dietro un dito. Troppo comodo risolvere i problemi in questo modo. Trovo più leale ammettere che non c'è soluzione.


Non pensavo affatto di risolvere il problema, cha anche a me sembra irrisolvibile, della presenza del male e del dolore nella nostra realtà partendo e accettando la visione cristiana. Quando parlo di "corrente sotterranea" ecc. intendo proprio che questo libro ( la Bibbia) può essermi utile per investigare se c'è una strada per giungere all'essenziale e non certo la sua accettazione in toto e la sua venerazione dogmatica. Capisco ovviamente che questa "relativizzazione" non sia accettabile per la chiesa o per coloro che si dichiarano cristiani. Concordo con te che, dal punto di vista della teologia cristiana, tutte le risposte date per un'eventuale soluzione del mistero della presenza del male non sembrano convincenti. Tentare di passare ad una comprensione non teologica ma esperienziale della possibile connessione, che ho solo ipotizzato, tra dolore e amore probabilmente ci porterebbe lontano da quella che è la visione ufficiale del cristianesimo. Penso altresì che ognuno può seguire liberamente e con sincerità le eventuali risonanze che possono sorgere nel suo "cuore". Ma questa è un'altra cosa... :)
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Apeiron

Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 02:16:08 AML'uomo per una parte della sua natura è male e per questo conosce il bene. La regola della natura non è nè bene e nè male, ma la conoscenza umana porta alla consapevolezza di sapere che è proprio l'intellegibilità attraverso la volontà a conseguire la malvagità e per questo l'uomo costituisce l'etica e la morale per frenare e inibire quella parte di sè . Prima l'uomo conosce con il frutto della conoscenza e perde l'innocenza e poi l'uomo ucciderà il fratello.La libertà è la volontà che si dibatte fra ciò che è bene e ciò che è male fra le due nature umane.. L'albero della conoscenza è lì'albero del bene e del male. E' solo in genesi spogliata dai simboli spirtuali e dalla traduzione greca, ma solo attraverso il segno prima del simbolo, quindi solo nello studio letterario del testo è possible poi capire lo svolgersi di tutta la tradizione veterotestamentaria. E'attraverso il testo letterale e non esegetico simbolico, dell'ebraico fino alla comparazione con il sumerico-accadico che è possible trovare una risposta all'origine umana e della sua condizione di esistenza in questo mondo.

Non capisco se era un intervento che doveva contraddire il mio, se lo era cerco di esporre nuovamente il mio punto di vista. Comunque se usi un approccio letterale incappi in alcuni errori. Primo: la Bibbia è stata scritta millenni fa perciò modi di dire ed espressioni usate oggi non hanno senso. Perciò devi interpretarle nel contesto in cui erano usate. Secondo: noi conosciamo l'italiano, molti di noi sanno qualcosa di inglese ma pochissimi conoscono il greco e ancor meno l'ebraico. E come sempre accade da una traduzione all'altra nascono come sempre imprecisioni. Chiaramente quasi nessuno di noi ha tempo di impararsi il greco antico, perciò come "atto di fede" ci studiamo il testo in una lingua a noi accessibile. Basterebbe questo per dire che i fondamentalisti in realtà non ci capiscono più di un altro. Ma poi ci sono altri problemi. Ad esempio come ho già mostrato se uno asserisce che la Bibbia contiene la verità se letta in modo letterale allora come spiega la cosmologia biblica? Oppure uno come spiega ad esempio il significato che hanno i numeri (sette giorni, sette peccati capitali...)? Nella Bibbia si scorge anche la ragione, che mi pare troppo disprezzata da molti cristiani. E la ragione non è altro che uno strumento che nasce dalla volontà di approfondire, di conoscere meglio. Chiaramente la ragione non si ferma al puro linguaggio letterale ma scorge qualcosa che va oltre. Il significato letterale è il punto di partenza, non l'arrivo. Tant'è che col tuo post sei già andato oltre il significato letterale. A mio giudizio la Bibbia non deve essere presa come una cronaca ma come una scrittura che vuole dare insegnamenti.

Poi sul discorso "conoscenza/amore". Uno scienziato ti dice che lui ama la natura (sia se è credente o meno) perciò tenta di sonoscerla. L'attività di conoscere d'altronde nasce dall'interesse e l'interesse nasce dal fatto che la cosa che interessa piace. Non sarà magari il più "profondo" gesto d'amore ma a mio giudizio è una forma d'amore.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Duc in altum!

**  scritto da donquixote:
CitazioneNel brano di Luca che ho citato si parla del "regno" di Dio, e adesso tu mi dici che questo regno è Gesù;  innanzitutto Gesù non è Dio ma "il Figlio di Dio", ma anche se volessimo considerarlo Dio non può essere contemporaneamente anche il suo regno, perchè il regno è un'altra cosa, non è una persona.
Il Regno di Dio o dei Cieli, siccome Gesù è anche Dio, è intuire (giacché spiegare inficia la fede) la presenza di Gesù nel nostro cuore e desiderare di imitarlo. Non solo in Luca, ma ovunque nella Buona Notizia è palese che Dio è gia tra gli uomini con il suo Regno attraverso l'invio dello stesso nella persona del Cristo redentore.
il Regno dei Cieli, ripeto, è sperimentabile già adesso, dacché così come l'inferno, non è un luogo dove essere, ma essere autenticamente e totamente nella dimensione assoluta di Dio, ossia, Gesù, o essere autenticamente e totalmente nella dimensione assoluta dell'assenza di Dio.
Il "non sei lontano", suggerito allo scriba da Gesù, è solo uno dei tanti riferimenti evangelici che già dal Battista ("Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!" Mt 4,17) identificano l'arrivo e la sintonia del Regno di Dio nel Messia.
A te che piacciono gli esercizi semplici, prova a sostituire ogni qualvolta incontri nel Vangelo il Regno di Dio con Gesù, e vedrai la similitudine.

"A voi è stato dato il mistero del Regno!". rivolto agli Apostoli è l'ennesima dimostrazione che a loro soltanto è stata rivelata l'autentica e totale realtà di Gesù.

Che poi, da umani, ognuno s'immagini questo immergersi totalmente e autenticamente in Gesù, nel Paradiso o Regno dei Cieli che desidera, inteso anche come luogo, è per me ancora un Mistero, ma, durante una catechesi, domandando a una dozzina di persone come è per te il Regno dei Cieli, quello eterno dopo il decesso, non c sono state due risposte uguali, ognuno aveva (ha) la sua idea del suo essere eterno in Gesù/Dio.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Sariputra:
CitazioneCredo che gia partendo dalla formula del Padre Nostro, con quel "..e non ci indurre in tentazione" si sollevino molte sopracciglia. Perché Dio, che è sommo bene, dovrebbe indurci ad essere tentati dal peccato?
Nella versione della Bibbia della Conferenza Episcopale Italiana, 2008, "e non ci abbandonare alla tentazione".
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

InVerno

Citazione di: donquixote il 07 Dicembre 2016, 23:57:22 PM
Citazione di: InVerno il 07 Dicembre 2016, 15:06:35 PMDa profano posso provare a rispondere con magari l'ingenuità del profano 1) Ama il prossimo tuo come te stesso - Si che l'altro è diverso, ma questo ha davvero a che fare con l'amore? Tutte le persone sono diverse, ma questo non ci impedisce di amarle anche più di noi stessi. Non è scritto "l'altro deve avvertire il tuo amore con la stessa intensità e qualità che tu avverti amando te stesso" (risultato per il quale davvero avrebbero rilevanza come le necessità\bisogni\desideri di chi riceve l'amore). peraltro non capisco perchè intendi l'amore come un otre al quale si può dare fondo, dicendo che o si ama se stessi o si ama l'altro. Chi lo dice che non ce n'è abbastanza per tutti? 2) Amare il tuo nemico - la contraddizione logica è evidente come sottolinei, a patto che esso attraverso l'amore non cessi di essere "nemico" e la contraddizione si risolva nell'atto di amare. D'altro canto, il vedere nell'altro un "nemico", non è un giudizio particolare che si dissolve quando la prospettiva passa dal particolare al macroscopico (amore per Dio?) Chi sono i nemici? Esistono davvero? o sono il frutto dei nostri interessi particolari disattesi che si dissolvono nell'atto di amare in se? 3) Amare il signore Dio con tutto il tuo cuore. Da un punto vista deista non vedo contraddizione ne impossibilità, amare il tutto significa amare anche il tuo nemico, il tuo prossimo e il tuo distante, significa questo, amare il tutto senza distinzioni. Mi si obbietterà che qui siamo in ambito teista..e io obbietterò che la Bibbia tutta non è esente di questo tipo di contraddizioni apparenti e compenetrazioni tra deismo e teismo. Il Dio di Genesi per esempio non è il Dio di Isacco, non vedo io questa perfezione delle scritture tale da far scattare dogmatismo referenziale riguardo la natura di Dio (poi per chi se lo sente imposto dalla natura divina dei testi...problemi logici di chi è illogico a prescindere). Dove sbaglio?

1) La Chiesa moderna (non certo io) intende l'amore come dedizione concreta ad un altro, manifestato in maniera esemplare da personaggi come madre Teresa, dunque presuppone l'impegno del tempo e della volontà. Tale impegno e tale volontà, se deve essere rivolta totalmente a qualcun altro, si sottrae necessariamente all'amore di sé, poichè se l'amore in sé non è un otre che si svuota la manifestazione concreta di tale amore ha un limite poichè il tempo finisce e il giorno è per tutti di 24 ore. Dunque non io ma la Chiesa moderna parla di amore solo se questo si manifesta nelle opere, altrimenti parla di "indifferenza" che il Papa condanna senza appello. Se dunque qualcuno riuscisse a dedicare l'intero arco della giornata (24 ore) al bene dell'altro con tutte le sue forze non gli rimarrebbe più niente da dedicare a sé, e quindi non potrebbe amare se stesso come prescrive Gesù. Inoltre chi decide chi bisogna amare se il tempo è quello che è e le forze umane sono limitate? Lo decido io? o la Chiesa? o qualcun altro? E poi: una sola persona? oppure più persone per poco tempo ciascuna? da qualunque parte la si guardi questa è una cosa che alla luce del comandamento non sta in piedi. Inoltre non è mai buona cosa voler enfatizzare gli insegnamenti di Gesù, di fatto fraintendendoli: Gesù non ha mai detto ama il prossimo tuo "più" di te stesso ma "come" te stesso, e c'è una bella differenza. Se si è disposti ad amare qualcuno più di noi stessi l'equilibrio si perde e finisce che magari si è disposti anche a rimetterci la vita per la persona che si ama: ma quando questo succede poi quella persona non ha più qualcuno che la ami e quindi le si fa tutto sommato un danno invece che un favore... Gesù non ha mai auspicato che qualcuno diventasse schiavo di qualcun altro, nemmeno volontariamente e deliberatamente.

2) L'essere nemico non è una condizione assoluta ma contingente: qualcuno che non lo è può diventarlo temporaneamente per una serie di ragioni, e poi cessare di nuovo di esserlo; ma il comandamento prescrive di amarlo "mentre è nemico" e non di amarlo come persona in sé al di là dei ruoli che ricopre nelle diverse occasioni.  Se io devo amare un nemico lo devo fare intanto che è mio nemico, ma se per amore, come dicevo, intendiamo il sentimento benevolo predicato dalla Chiesa moderna è del tutto impossibile provarlo mentre il nostro interlocutore ci è nemico, ovvero suscita in noi il sentimento contrapposto. Non è possibile provare due sentimenti contraddittori nel medesimo momento. Il giudizio e la condizione particolare si potranno anche dissolvere se si passa dal microcosmo del nemico al macrocosmo di Dio, ma in questo caso non esisterebbe più il nemico e quindi mi sarebbe di fatto impossibile amarlo.

3) Non voglio fare questioni di teismo o di deismo, che trovo stucchevoli e frutto di ignoranza. Più semplicemente metto a confronto gli insegnamenti a mio avviso chiarissimi di Gesù con l'interpretazione che ne dà la chiesa moderna; stiamo parlando fra l'altro dei fondamenti, dei comandamenti essenziali che Gesù definisce l'alfa e l'omega della legge, che sono appunto ama Dio con tutto eccetera e ama il prossimo tuo come te stesso;  «Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» dice Gesù. Se dunque quello di amare Dio in quel modo è il primo dei comandamenti ed è imprescindibile appare ovvio che se uno dedica tutte le sue energie ad ottemperare tale comandamento non gli rimane più niente da dedicare all'amore di sé, o a quello del prossimo, o a quello del nemico se per avventura ne dovesse incrociare uno.

La Bibbia è stata concepita, scritta, riscritta, tradotta e modificata da persone di livello intellettuale elevatissimo, pur se in tempi diversi, e quindi cavarsela dicendo che è contraddittoria non ha senso perchè se così fosse tali contraddizioni sarebbero state risolte a suo tempo, in periodi in cui molta più gente di adesso la sapeva comprendere nell'essenza. Fortunatamente la Chiesa moderna non ha avuto il coraggio di modificarla (se non in pochissimi casi che hanno peraltro aumentato la confusione anzichè eliminarla, come ad esempio la traduzione di agape con carità anzichè con amore come era in precedenza). Il problema è che secoli fa vi erano persone in grado di spiegare bene anche le parti apparentemente oscure della Bibbia mentre adesso che sono venute a mancare la Chiesa se la cava facendo sempre più spesso ricorso alla categoria del "mistero" confessando dunque la propria ignoranza. Il Dio della Genesi è dunque il medesimo Dio di Isacco, poichè Dio è uno solo e non ve ne possono essere altri. Semplicemente una parte della Bibbia descrive Dio in un modo, sotto certi aspetti, e un'altra parte sotto altri. D'altronde se Dio è "tutto ciò che è" niente può essere escluso da questo vocabolo.
Hai scritto veramente troppo, per onestà intelletuale avrei da quotare una frase si e una frase no per approfondire, ma cerco di riassumere:
- Ciò che oggi è la Chiesa non è affar mio, sono il primo a dire che quando si parla di cattolicesimo bisogna prendere in analisi la Chiesa odierna e non il vangelo, ma a farlo durante tentantivi di esegesi secondo me si allarga cosi tanto il campo che poi si ci trova nella mia posizione, troppo a cui rispondere.
- Se proprio devo farlo, e ricollegandomi al tema che si sta sviluppando tramite altri (teodicea), lo faccio per giustificare quel "non è affar mio". La Chiesa ha una priorità pragmatica sopra le altre, che è quella di dimostrare il governo di Dio sul mondo, perchè è la preposizione della teodicea che giustifica l'esistenza della Chiesa stessa e l'autoconservazione dell'autorità ecclesiastica. Facendo ciò però, de facto indebolisce l'altra preposizione della teoidicea (Dio infinitamente buono) perchè a livello logico l'una esclude l'altra (l'esistenza del "male nel mondo" penso sia indubitabile). Per quanto mi riguarda lo spirito di autoconservazione della Chiesa è in aperta contraddizione con Dio stesso, la sua infinitezza e la sua infinita bontà. In tal caso sono io a considerare stucchevoli le interpretazioni vaticane, perchè semplicemente perseguono un fine che è lungi dall'essere puro dal conflitto d'interesse e mosso dalla sincera ricerca della verità. Il risultato di questa conflitto di interessi, è l'ateismo. In questo mi appaio con Vito Mancuso e la sua "soluzione" della teodicea.
- Riguardo all'amore del nemico, posso solo citare il cardinale Richelieu sul letto di morte, che spinto dal sacerdote a perdonare i suoi nemici disse "Io non ho nemici, ho solo nemici di Stato". Richelieu non era certo uno stinco di santo, tuttavia questa frase secondo me cristallizza il mio pensiero. Esistono nemici "terreni" ma la loro inimicizia non li rende "nemici" nell'amore-conoscenza (carità) di Dio.

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneNon so se riesco a spiegarmi. Ci provo. Stando all'interpretazione letterale del discorso della montagna dovrei cavarmi l'occhio ogni volta che mi "tenta". Ovviamente il messaggio non era questo. Ma per distinguere una cosa dall'altra dobbiamo appunto usare la (tanto denigrata) razionalità.
No, necessitiamo usare l'intuito, ossia l'armonia tra fede e ragione, mente e cuore, corpo e anima. Esempio, non mi cavo l'occhio, ma in ragione dell'amore che si prova (senza prove) per una fidanzata, ho fiducia nello sperimentare (facendolo grazie alla volontà) di non girare lo sguardo sul lato b di una ragazza avvenente che ci passa al lato.
Se non si riesce è perché non vogliamo, ossia, la ragione di fede del voglio guardare è ciò che dirige e governa la volontà.
Ma a volte anche se voglio mi struggo, ma non ci riesco, bene, allora è quando s'incomincia a pregare sul serio.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneTu poi sembri abbastanza ostile alla ragione anzichè vederla come un aiuto.
Diamine come posso essere ostile alla ragione, se io credo in un Dio che grazie alla sua mente, coadiuvato dal suo amore, ha creato la bellezza unica ed eterna dell'Universo?!?!
Io solo avverso la teoria che con la sola ragione si possa amare, giacché è irrazionale dal principio. E siccome il cristianesimo non è altro che amare Dio, amare se stessi e amare il prossimo, la ragione prende vigore e logica solo dopo l'iniziale salto nel buio.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

paul11

Citazione di: Apeiron il 08 Dicembre 2016, 12:17:52 PM
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 02:16:08 AML'uomo per una parte della sua natura è male e per questo conosce il bene. La regola della natura non è nè bene e nè male, ma la conoscenza umana porta alla consapevolezza di sapere che è proprio l'intellegibilità attraverso la volontà a conseguire la malvagità e per questo l'uomo costituisce l'etica e la morale per frenare e inibire quella parte di sè . Prima l'uomo conosce con il frutto della conoscenza e perde l'innocenza e poi l'uomo ucciderà il fratello.La libertà è la volontà che si dibatte fra ciò che è bene e ciò che è male fra le due nature umane.. L'albero della conoscenza è lì'albero del bene e del male. E' solo in genesi spogliata dai simboli spirtuali e dalla traduzione greca, ma solo attraverso il segno prima del simbolo, quindi solo nello studio letterario del testo è possible poi capire lo svolgersi di tutta la tradizione veterotestamentaria. E'attraverso il testo letterale e non esegetico simbolico, dell'ebraico fino alla comparazione con il sumerico-accadico che è possible trovare una risposta all'origine umana e della sua condizione di esistenza in questo mondo.

Non capisco se era un intervento che doveva contraddire il mio, se lo era cerco di esporre nuovamente il mio punto di vista. Comunque se usi un approccio letterale incappi in alcuni errori. Primo: la Bibbia è stata scritta millenni fa perciò modi di dire ed espressioni usate oggi non hanno senso. Perciò devi interpretarle nel contesto in cui erano usate. Secondo: noi conosciamo l'italiano, molti di noi sanno qualcosa di inglese ma pochissimi conoscono il greco e ancor meno l'ebraico. E come sempre accade da una traduzione all'altra nascono come sempre imprecisioni. Chiaramente quasi nessuno di noi ha tempo di impararsi il greco antico, perciò come "atto di fede" ci studiamo il testo in una lingua a noi accessibile. Basterebbe questo per dire che i fondamentalisti in realtà non ci capiscono più di un altro. Ma poi ci sono altri problemi. Ad esempio come ho già mostrato se uno asserisce che la Bibbia contiene la verità se letta in modo letterale allora come spiega la cosmologia biblica? Oppure uno come spiega ad esempio il significato che hanno i numeri (sette giorni, sette peccati capitali...)? Nella Bibbia si scorge anche la ragione, che mi pare troppo disprezzata da molti cristiani. E la ragione non è altro che uno strumento che nasce dalla volontà di approfondire, di conoscere meglio. Chiaramente la ragione non si ferma al puro linguaggio letterale ma scorge qualcosa che va oltre. Il significato letterale è il punto di partenza, non l'arrivo. Tant'è che col tuo post sei già andato oltre il significato letterale. A mio giudizio la Bibbia non deve essere presa come una cronaca ma come una scrittura che vuole dare insegnamenti.

Poi sul discorso "conoscenza/amore". Uno scienziato ti dice che lui ama la natura (sia se è credente o meno) perciò tenta di sonoscerla. L'attività di conoscere d'altronde nasce dall'interesse e l'interesse nasce dal fatto che la cosa che interessa piace. Non sarà magari il più "profondo" gesto d'amore ma a mio giudizio è una forma d'amore.


Non è mia intenzione contraddire qualcuno, ma suggerire e riflettere, quindi non era rivolto a te in particolare, ma in generale.Poi ognuno capisce a seconda del gradi di conoscenza che ha.
Il tuo nick è aperion e quindi non può essere che una traduzione il tuo termine portato nel significato della parola italiana e quindi sei tu il primo ad autocontraddirti,Esistono anche fin troppe traduzioni della Bibbia, o Codex e metto in guardia dalle traduzioni e interpolazioni. Gli ebrei da sempre temono, come i sacerdoti induisti, la perdita delle parole o sue alterazioni anche involontarie e quindi la perdita o alterazione dei significati nella frase.
Ribadisco

Il cristianesimo insegna una via, ma le domande fondamentali del bene e del male e la nascita dell'uomo apprtengono ad antichissime tradizioni che utilizzavano ancora la parola come trasmissione orale e non la forma scritta, tanto da divenire ermetiche.
Se Dio è Uno anche l'uomo è originario uno o una prima coppia non esiste Adam per gli ebrei e un'altro per la tradizione .
indo-cinese e un'altra ancora pei i pellerosse americani.
L'erudita ebreo sa che non è la sola Bibbia, non il Pentateuco o Torah, ma anche altri compendi che passano per tradizioni orali e scritte come i Talmud e le mistiche persino ermetiche.Purtroppo è solo arrivando a quei testi che la Bibbia come noi la conosciamo ci appare più chiara.
Ribadisco che la scrittura ebraica è consonantica e quindi vengono inserite le vocalizzazioni che danno signficato alle frasi per cui dalla frase letterale si passa alla signifcazione  o semantica.

Genesi è altamente simbolica, ma si dimentica che tanto più la parola trascende il segno nel simbolo e tanto più bisogna fare attenzione al segno che diventa simbolo e significazione. Quindi è fondamentale il testo originario.
La Bibbia interlineare può aiutare.

Dipende cosa intendiamo per Dio. Dio l'Uno universale non ha creato direttamente  la Terra, sarebbe assurdo che avesse dedicato per un solo pianeta di un solo sistema solare in sei giorni per riposarsi al settimo.
E' quell'anelito diivno che sovrasta le acque è una trascendenza di un errore letterario, perchè sulle acque aleggiva una "nave volante"così è la precedente tradizione sumerico-accadica

lo Yahweh è un dio per quei primi umani, un nome fra gli Elohim , esseri superiori realmente esistiti e tramandati nei miti,e formalizzati nelle religioni. Perchè mai avrebbero dovuto inventarsi i semidei anche la tradizione del mito greco, se non gli fosse venuto dalle più antiche tradizioni indiane-ebraiche -egiziane?
Dio non ha scritto nulla di Suo pugno e la nostra condizione umana è in parte dovuta alla natura di un pitecantropo ma geneticamente (la costola di Adam, ma più Adam furono creati e rinvenuti da paleontologi) evoluto per imparare istruzioni e capire da un impianto genetico con Eva. Questa tradizione quì esposta è chiara nella tradizione sumerica che diventerà accadica che diventerà assiro-babilonese, coloro che ebbero i sacerdoti nella Caldea il cui figlio di un sacerdote si chiamerà Abramo venuto da Ur e incontrerà Melchidesec.
Pensiamo Davvero che Dio si sia scomodato per la sola Terra e per l'uomo?
Persino l'astrobiologia non credeva a forme di vita in altri pianeti, e poi si è scoperto con le sonde che ovunque c'è acqua e ora esiste l'esobiologia.Ora ammettono che possono esitere forme viventi anche intelligenti fuori dal nostro pianeta e cercano in altri sistemi solari pianeti simili al nostro.
La razionalità stessa insegna che le prime conoscenze all'uomo furono tramandate dall'allegorico serpente tentatore,( poi saranno gli angeli caduti che daranno all'uomo altre conoscenze, mai libri di Enoch sono ermetici e persi dal canone) che non era altro che un loro scienziato degli Elhoim, tanto che il simbolo del serpente entra nel colubro di Eusculapio nel simbolo della medicina, nei bastoni fra la sfida di Aronne e i maghi del faraone.
La tradizione li inserì nei miti e formalizzò le religioni e la conoscenza moderna pensa che tutto ciò sia opera  di fantasia,
così inebetito dal relativismo culturale  l'essere umano superiore moderno guarda le stelle del cielo e si chiede se vi sia un'ordine, universale un signifcato fra nascita e morte, fra eros e thanatos racchiusi in un unico codice sorgente;, quando invece i primi umani videro la verità ma non sapevano esporla perchè infanti di una nuova specie sapevano a malapena oralmente tramandarla di generazione in generazione sino a perdersi nel passaggio del tempi.

Se si pensa di trascendere il segno arrivando al simbolo senza attene analisi e ricerche che non finiscono mai, si farà psicospiritualità e non spiritualità coì' come  altro ancora sono le caste sacerdotali che formalizzarono nella loro conoscenza umana la pretesa di conoscere la parola di Dio non potendo conoscere il punto di vista di Dio.

Duc in altum!

#284
**  scritto da donquixote:
CitazioneE nel brano che hai citato tu la risposta di Gesù è chiaramente riferita alla risposta che aveva ricevuto dallo scriba, che conosceva i comandamenti, e non certo alla distanza in centimetri che divideva uno dall'altro.
Tratto dal commento al Vangelo di QUMRAN.NET:
Infatti, il Regno di Dio consiste nell'unione dei due amori: amore verso Dio ed amore verso il prossimo.
Quindi se Gesù è vero Dio e vero Uomo, abbracciando Gesù innanzi a lui, lo scriba, avrebbe completato materialmente, la saggezza già acquisita in teoria presente nella sua risposta., ovvero, avrebbe unito i due amori a cui l'uomo deve rivolgere tutto se stesso, per realizzarsi e ottenere il Regno di Dio.

Ma non solo, l'invito implicito di Gesù: "...non sei lontano dal Regno di Dio..." è una palese dichiarazione a sostegno del fatto che tutta la saggezza dello scriba (o di chiunque di noi) sul Regno dei Cieli e su come possederlo, senza la conversione del cuore a Gesù (via, verità e vita), realmente a 30/40 cm a davanti a lui, non completa la persona in questa nuova realtà di cui Gesù è la porta, e allo stesso tempo la stessa letizia perfetta dell'amore di Dio.
tratto dal Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM:
E quindi Gesù implicitamente gli fa un invito "Non sei lontano dal regno di Dio". Ma per entrare nel regno di Dio ci vuole la conversione.  Gesù aveva detto "Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo". Quindi Gesù  lo sta invitando a far parte di questa nuova realtà. Ma non c'è nessuna reazione da parte dello scriba.
Non accoglie l'invito a far parte del regno.  La sua era soltanto una domanda teorica, un'opinione scolastica, teologica.  Rimane all'interno della sua tradizione,  senza alcun desiderio di novità.  La sua era soltanto una questione intellettuale , ma nulla che riguardasse il cuore o la vita. Per lo scriba Gesù è un esperto da consultare per un problema tecnico, ma non una guida da seguire. E la conclusione: nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. E' la fine degli attacchi contro Gesù  e adesso  Gesù passerà lui al contrattacco.



La non reazione dello scriba, così come quella di tanti che hanno compreso la perfezione sovrannaturale di Gesù il Cristo, è quella di non seguirlo, di non abbracciarlo, di non gettarsi ai suoi piedi ...eppure non era tanto lontano!!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

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