Dubbi sempre più insistenti (Cristianesimo in particolar modo ma non solo)

Aperto da Apeiron, 11 Novembre 2016, 22:57:36 PM

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Sariputra

@ A.Cannata scrive:

Se parliamo di sforzo, è necessario precisare da dove può nascere questo sforzo. C'è una sola origine che lo rende possibile: l'essersi sentiti amati da Dio.

 Lungi da me l'intenzione di contraddire una versione "professionale" dell'agape. Ma questa affermazione come può essere intesa pragmaticamente nella comune esperienza del vivere?  Forse che tutti noi sperimentiamo il "sentirsi amati da Dio" nella nostra vita? Non si può affermare che tutti si sono sentiti amati da Dio nella loro vita , perché io potrei obiettare che io "non mi sono mai sentito amato da Dio" ( quel particolare dio di cui stiamo parlando...) In realtà sperimentiamo una moltitudine di sentimenti, tra questi è possibile anche l'agape, ma noi non siamo in grado di riconoscerlo. Mancando questa possibilità di riconoscerlo, tra il flusso continuo di sensazioni in divenire, viene a mancare le premessa stessa che sta alla base dell'atto di fede. Se infatti la Grazia, che come giustamente scrivi è gratuita, può essere riconosciuta in noi solo attraverso segni esteriori ( testi sacri e loro interpretazione teologica dottrinaria) ne viene escluso colui che non possiede la "chiave"  di comprensione dei segni. Se però questa persona, senza aver mai letto la Bibbia dei cristiani e senza mai aver partecipato ad un'eucarestia, vive con pienezza di amore/dono la propria esistenza, può essere escluso dalla "salvezza"? Ovviamente no, se no questo andrebbe a contraddire la bontà di Dio e l'insegnamento stesso del Cristo. Pertanto si riafferma la supremazia dell'agire per amore rispetto a qualunque posizione e pretesa teologico/dottrinaria, che a mio avviso è "abbellimento" e non sostanza. La sostanza rimane l'amore/dono autentico a prescindere da qualunque definizione  dello stesso.
Sono consapevole che il mio "abito mentale" è condizionato dalla visione buddhista,  che sorge essenzialmente come critica di ogni speculazione  e dogmatismo, facendo dell'esperienza il suo fondamento. L' amore che può essere dono è essenzialmente un'esperienza del vivere; dal mio punto di vista  questa è una buona base per investigare se questo amore possa sanare i nostri dubbi riguardo all'amore stesso. In definitiva si può credere nell'agape e viverlo con sincerità a prescindere da qualsiasi ingabbiatura dello stesso all'interno di una religione costituita . Questo significa non essere cristiani? E' solo una definizione...l'importante appare vivere l'amore, non speculare su di esso...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Duc in altum! il 06 Dicembre 2016, 12:11:25 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneBeh mi sembra chiaro che la vita in Paradiso con Dio (sommum bonum!) è molto meglio sia dell'inferno che dell'annichilazione alla morte. Quindi salvezza da entrambe le cose, no?
Ti sembra così chiaro ma non ci vuoi credere ...chiediti come mai?!?!
CitazioneCioè io posso credere nella Resurrezione per l'amore! La redenzione combatte (!) il dubbio. Solo l'amore e non l'intelligenza può fare in modo che uno creda
Quindi confermi che invece di ostinarsi di credere per intelletto bisogna arrendersi nell'amare. E tutto qui, siamo noi che complichiamo la soluzione del Mistero.
CitazioneIgnoravo in realtà (nel post di prima) che il Cristianesimo desse più valore all'amore (carità) rispetto alla fede, cosa che a mio giudizio è ottima (quindi Sariputra hai ragione sul discorso dell'agape!).
Non è il cristianesimo a dare più valora, ma la logica di Dio, ben spiegata in Mt 25: Il Giudizio Finale, e in Gc 2: La fede e le opere. Se io credo ma non amo, mi sto solo illudendo di credere.
CitazioneTuttavia la difficoltà a credere a diversi dogmi a me non aiuta ad amare veramente. Questo è il problema: alcuni dogmi che non riesco a "accettare" mi spaventano e ciò mi allontana dalla carità (forse). La dannazione eterna irreversibile è uno di questi (anzi forse è quello che più mi spaventa).
Ma se ami davvero, ossia nella sequela a Cristo, non c'è poi bisogno di rammentare ogni due per tre i vari dogmi cristiani. Ama e vai oltre.
CitazioneP.S. Duc un ateo ti può dire che lui fa del bene per migliorare la vita delle generazioni future (e quindi può anche farlo senza alcun egoismo. Diversi miei amici sono così e devo dire che sono brave persone che non si meritano secondo me la sofferenza eterna.).
Anche le due medaglie del recente referendum dicono lo stesso!! A Gesù non importa ciò che si faccia per le generazioni future se non si è prima consegnato a lui tutto il nostro essere. Bravo non significo autentico, come migliore non significa vero.
CitazioneSei però già religioso se dici che la vita terrena (o "condizionata" senza l'aiuto di qualcosa che non ci faccia svanire...) non potrà mai soddisfarci pienamente. Lo sei ancora di più se ammetti la possibilità di un'altra esistenza. Lo sei ancora di più se la cerchi. Lo sei ancora di più se sai qual è. Infine lo sei ancora di più se ne hai la certezza...
Io penso che chi sperimenta queste condizioni non sia altro che un umano.

Duc vedi il tuo post mostra chiaramente la differenza tra uno che ha difficoltà a credere e uno che è certo. Per evitare paura e disperazione uno o è certo (come lo sei tu) oppure ha fiducia. Ad esempio sia io che te non abbiamo mai visto Cristo in carne ed ossa, entrambi sappiamo che una religione, il cristianesimo, professa la sua morte e la sua resurrezione e indica nella fede (certezza? fiducia?) in Lui la via della salvezza. Come dici tu uno che ha fede "ha" anche l'amore se il cristianesimo è corretto.

Uno che è certo, forse, è come se fosse sempre in "contatto" con Gesù (o lo Spirito Santo?) e ciò chiaramente gli da forza ecc. Eppure ti dirò che io non lo sento o meglio non mi pare di averlo mai veramente saputo riconoscere. Perciò per questo motivo non l'ho mai veramente rifiutato. Ci voglio anche credere ma sinceramente per ora non l'ho mai sentito. Ma anche qui un altro dubbio mi colpisce: perchè mostrarsi in un modo così enigmatico (infatti era molto più chiaro ai suoi contemporaneo rispetto a noi, no?) di modo che pochi lo "vedono e lo abbracciano"?

Poi inoltre bisogna poi distinguere tra credere e avere fede secondo me Duc altrimenti non ci capiamo. Ho serie difficoltà a credere in molte cose scritte nella Bibbia. L'avere fiducia necessita di un contatto, di una conoscenza. E la conoscenza vera non si ha credo con lo studio della Bibbia (in questo senso secondo me credere che la Terra abbia o no 6000 anni non fa differenza) ma deriva dall'esperienza. Voi cristiani (onestamente non so se definirmi tale), vi rispetto, vi stimo ecc. Eppure la differenza tra me e voi è che sinceramente non mi pare di aver mai "sentito Dio". Lo cerco molto, lo cerco. Questo thread doveva aiutarmi a cercarlo, eppure non l'ho trovato nemmeno qui. Come dice Sariputra ho la stessa difficoltà sua. A livello esperienziale non l'ho trovato.

Dunque questo è un peccato? Ultimamente ogni giorno me lo chiedo. Sono dunque io "indiavolato" a tal punto di non sentire un amore così genuino e puro? Forse è proprio questo che la prospettiva del Giudizio Universale a me spaventa. Non la trovo rassicurante. Eppure nella mia ricerca per ora non ho perso veramente la speranza, altrimenti non continuerei a discutere con te, no?

Ma come ho detto sono anche razionale e dico apertamente ciò che mi sembra assurdo. Gesù morto e risorto può aiutare proprio perchè è risorto. L'amore è una bella cosa. Ma anche la proporzionalità della pena è giusta. Pecco a dire queste cose Duc? Sono probabilmente una persona molto confusa ma ecco i miei dubbi. Perchè Gesù non si mostra? Ma d'altronde un mistero è proprio Desu Absecundus...

Tu dici "non vuoi credere". Io ti rispondo: sì ma ho forti difficoltà a credere in cose che sono assurde. Non escludo di non essere degno. Ma dunque io ti dico: "voglio soprattuto trovare la fiducia". Ma per la fiducia devo sperimentare, no? Non mi pare di aver colto un segno finora. Quindi come faccio io ad avere piena fiducia ("con tutto il cuore") in qualcosa che non ho mai sentito, o che non mi ricordo di aver mai sentito. Forse sono accecato dall'arroganza!
Quindi è forse proprio per la mia malvagità che dico queste cose. Ma voglio dirle onestamente!

P.S. La tua sicurezza comunque non la trovo nemmeno in molti cristiani. Ci sono alcuni che davanti ai passi violenti della Bibbia rimangono esterefatti, che dicono di non "sentire Dio". Perfino dei Santi dicevano così! Tu a quanto pare lo senti sempre altrimenti non ti sembrerebbe così ovvio credere!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

donquixote

Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 12:02:14 PMImmaginare il "Regno" nella sua attuazione immanente è impresa titanica. Mi vengono in mente alcune conseguenze : - Cesserebbe totalmente la Paura ( dell'altro ) in quanto amandoci sinceramente tutti non avremmo alcun timore della cattiveria altrui. -Cesserebbero di conseguenza le Leggi umane che arginano e disciplinano la bestia umana e il suo egoismo. -Cesserebbe la proprietà privata. Non avrei alcun bisogno di qualcosa di "mio, in quanto tutti condividerebbero tutto con generosità e amore. -La casa in cui vivo sarebbe un porto di mare, con gente che viene e che va, tutta amabilmente accolta e ristorata con i beni che mi sarebbero messi a disposizione da tutti. Io stesso entrerei liberamente nelle altre case per usare il loro bagno , se il bagno dell'edificio in cui vivo fosse occupato da altri. ;D -Cesserebbe qualunque forma di consumismo personale, in quanto tutti i beni disponibili sarebbero al servizio di tutti e sempre scambiabili a seconda delle necessità. -Ci si dividerebbe amorevolmente, si farebbe a gara si potrebbe intuire, per sollevarci vicendevolmente dai lavori più gravosi, tipo pulire le fogne e le latrine. -Le persone sofferenti e ammalate sarebbero sostenute da tutti i vicini e non solo da pochi familiari. -Non si ucciderebbero più animali per consumo di carne, trovandolo odioso e rivoltante segno di violenza. Le bistecche sarebbero sostituite dal seitan e dal tofu... -Sparirebbero tutte le armi e tutti gli eserciti e ogni corpo di polizia e di controllo della bestia umana e del suo egoismo. Sarebbero infatti del tutto inutili... -Tutte le diatribe ( tipo incidente stradale o altro...) sarebbero amorevolmente risolte, visto che non sarebbe possibile ravvisare dolo volontario in nessuno... -Le scuole insegnerebbero per prima cosa ad amare Dio , ma non sarebbe difficile in quanto tutti i bimbi e i ragazzi già lo amerebbero naturalmente. Diciamo che approfondirebbero la Bellezza di quest'amore. In subordine si insegnerebbero i vari mestieri così che tutti possano cavarsela nell'intercambiabilità continua, data dall'aiutarsi e sollevarsi a vicenda dalla fatica... -Le distinzioni tra ricco e povero, naturalmente, scomparirebbero. Usufruendo tutti di tutti i beni disponibili, non ci sarebbe più alcuna scala gerarchica. -Non ci sarebbe alcun governo e nazione con i suoi confini. Sarebbe assurdo e totalmente inutile. - E così via... Già da questo mi pare che i vantaggi supererebbero di gran lunga gli svantaggi. Tutta l'unica società umana globale sarebbe priva del "mio". Ogni senso di possesso personale cesserebbe...

Io non ho chiesto di immaginare il "Regno",  che tra l'altro secondo gli insegnamenti da un lato non è di questo mondo e dall'altro è già in mezzo a noi, ma soltanto di immaginare "questo mondo" in cui si possa veder realizzato l'ideale del "sacrificio di sé" a favore dell'altro come predica la Chiesa moderna: una cosa "utopisticamente realistica" insomma, che anche la Chiesa si sforza di rendere concreta con le sue strutture in una realtà come quella presente. Quello che hai descritto tu più che il Regno di Dio mi pare quello di "Imagine" di John Lennon, che è tutt'altra cosa. Quindi ti dico come lo immagino io: l'altro, se è tale, è perchè non è "me", mi pare ovvio altrimenti non sarebbe l'altro ma un altro me. L'altro ha dunque molte cose diverse da me: cultura, necessità, desideri, aspirazioni che sono le sue e non le mie, e se ognuno dovesse sacrificarsi per le esigenze dell'altro dovrebbe essere innanzitutto in grado di comprenderle esattamente, cosa alquanto ardua poichè se è già difficile comprendere le proprie figuriamoci quelle altrui; ma anche ammesso che ci riesca dovrebbe annullare se stesso per aiutare l'altro a realizzarsi, sperando che qualcun altro aiuti lui a realizzare se stesso e così via. Questa situazione, oltre a determinare una indefinita e inestricabile confusione di esigenze, bisogni e interpretazioni, confligge in maniera determinante con il famoso "secondo comandamento" di Gesù che afferma "ama il prossimo tuo come te stesso":  amare il prossimo come se stessi presuppone l'amore di sé, ma se ci si occupa dell'amore di sé non rimane tempo e volontà per amare il prossimo; se la Chiesa dice che bisogna dedicarsi completamente all'altro lo si può fare solo trascurando se stessi, non amandosi per amare l'altro, e dunque contravvenendo al comando di Gesù. Vi è inoltre il comando successivo, sempre di Gesù, che afferma "amate i vostri nemici". Se per amore si intende genericamente un sentimento benevolo rivolto verso qualcuno o qualcosa, allora non è possibile amare un nemico, poichè non si può provare nei confronti della medesima persona un sentimento di benevolenza e contemporaneamente  uno di inimicizia; se io amo un mio nemico devo necessariamente cessare di vederlo come nemico, contravvenendo anche in questo caso al comando divino. Ma poi c'è, innanzitutto, il primo, fondamentale e più importante comandamento, quello che viene prima di ogni altro e che ordina: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Ma se si ama Dio nel modo in cui Gesù l'ha ordinato come si fa ad amare contemporaneamente se stessi? e il prossimo? e i nemici? E soprattutto come si fa, come dice la Chiesa, a sacrificare tutto se stesso per il bene dell'altro? A me pare del tutto evidente che l'agape evangelico non può avere nulla a che fare con l'amore comunemente inteso e men che meno con la "caritas" intesa come elemosina, ma è necessariamente di tutt'altra natura; agape non è un sentimento, e non può essere controllato dalla volontà cosciente. Quando S. Paolo dice «E se anche distribuissi tutte le mie sostanze, e se anche dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi l'amore, a nulla mi gioverebbe» smentisce in pieno la teoria moderna secondo la quale l'azione sia sufficiente, o prevalente, rispetto all'amore. L'amore (agape) viene prima di tutto, poi se vi è la cosiddetta "buona volontà" tanto meglio, ma non è affatto indispensabile ai fini della salvezza o di una vita cristiana, e mostra appunto come la volontà e lo sforzo siano necessari per distribuire le sostanze etc, ma totalmente inutili ai fini della comprensione e dell'espressione dell'agape.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Apeiron

Citazione di: donquixote il 06 Dicembre 2016, 23:41:52 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 12:02:14 PMImmaginare il "Regno" nella sua attuazione immanente è impresa titanica. Mi vengono in mente alcune conseguenze : - Cesserebbe totalmente la Paura ( dell'altro ) in quanto amandoci sinceramente tutti non avremmo alcun timore della cattiveria altrui. -Cesserebbero di conseguenza le Leggi umane che arginano e disciplinano la bestia umana e il suo egoismo. -Cesserebbe la proprietà privata. Non avrei alcun bisogno di qualcosa di "mio, in quanto tutti condividerebbero tutto con generosità e amore. -La casa in cui vivo sarebbe un porto di mare, con gente che viene e che va, tutta amabilmente accolta e ristorata con i beni che mi sarebbero messi a disposizione da tutti. Io stesso entrerei liberamente nelle altre case per usare il loro bagno , se il bagno dell'edificio in cui vivo fosse occupato da altri. ;D -Cesserebbe qualunque forma di consumismo personale, in quanto tutti i beni disponibili sarebbero al servizio di tutti e sempre scambiabili a seconda delle necessità. -Ci si dividerebbe amorevolmente, si farebbe a gara si potrebbe intuire, per sollevarci vicendevolmente dai lavori più gravosi, tipo pulire le fogne e le latrine. -Le persone sofferenti e ammalate sarebbero sostenute da tutti i vicini e non solo da pochi familiari. -Non si ucciderebbero più animali per consumo di carne, trovandolo odioso e rivoltante segno di violenza. Le bistecche sarebbero sostituite dal seitan e dal tofu... -Sparirebbero tutte le armi e tutti gli eserciti e ogni corpo di polizia e di controllo della bestia umana e del suo egoismo. Sarebbero infatti del tutto inutili... -Tutte le diatribe ( tipo incidente stradale o altro...) sarebbero amorevolmente risolte, visto che non sarebbe possibile ravvisare dolo volontario in nessuno... -Le scuole insegnerebbero per prima cosa ad amare Dio , ma non sarebbe difficile in quanto tutti i bimbi e i ragazzi già lo amerebbero naturalmente. Diciamo che approfondirebbero la Bellezza di quest'amore. In subordine si insegnerebbero i vari mestieri così che tutti possano cavarsela nell'intercambiabilità continua, data dall'aiutarsi e sollevarsi a vicenda dalla fatica... -Le distinzioni tra ricco e povero, naturalmente, scomparirebbero. Usufruendo tutti di tutti i beni disponibili, non ci sarebbe più alcuna scala gerarchica. -Non ci sarebbe alcun governo e nazione con i suoi confini. Sarebbe assurdo e totalmente inutile. - E così via... Già da questo mi pare che i vantaggi supererebbero di gran lunga gli svantaggi. Tutta l'unica società umana globale sarebbe priva del "mio". Ogni senso di possesso personale cesserebbe...
Io non ho chiesto di immaginare il "Regno", che tra l'altro secondo gli insegnamenti da un lato non è di questo mondo e dall'altro è già in mezzo a noi, ma soltanto di immaginare "questo mondo" in cui si possa veder realizzato l'ideale del "sacrificio di sé" a favore dell'altro come predica la Chiesa moderna: una cosa "utopisticamente realistica" insomma, che anche la Chiesa si sforza di rendere concreta con le sue strutture in una realtà come quella presente. Quello che hai descritto tu più che il Regno di Dio mi pare quello di "Imagine" di John Lennon, che è tutt'altra cosa. Quindi ti dico come lo immagino io: l'altro, se è tale, è perchè non è "me", mi pare ovvio altrimenti non sarebbe l'altro ma un altro me. L'altro ha dunque molte cose diverse da me: cultura, necessità, desideri, aspirazioni che sono le sue e non le mie, e se ognuno dovesse sacrificarsi per le esigenze dell'altro dovrebbe essere innanzitutto in grado di comprenderle esattamente, cosa alquanto ardua poichè se è già difficile comprendere le proprie figuriamoci quelle altrui; ma anche ammesso che ci riesca dovrebbe annullare se stesso per aiutare l'altro a realizzarsi, sperando che qualcun altro aiuti lui a realizzare se stesso e così via. Questa situazione, oltre a determinare una indefinita e inestricabile confusione di esigenze, bisogni e interpretazioni, confligge in maniera determinante con il famoso "secondo comandamento" di Gesù che afferma "ama il prossimo tuo come te stesso": amare il prossimo come se stessi presuppone l'amore di sé, ma se ci si occupa dell'amore di sé non rimane tempo e volontà per amare il prossimo; se la Chiesa dice che bisogna dedicarsi completamente all'altro lo si può fare solo trascurando se stessi, non amandosi per amare l'altro, e dunque contravvenendo al comando di Gesù. Vi è inoltre il comando successivo, sempre di Gesù, che afferma "amate i vostri nemici". Se per amore si intende genericamente un sentimento benevolo rivolto verso qualcuno o qualcosa, allora non è possibile amare un nemico, poichè non si può provare nei confronti della medesima persona un sentimento di benevolenza e contemporaneamente uno di inimicizia; se io amo un mio nemico devo necessariamente cessare di vederlo come nemico, contravvenendo anche in questo caso al comando divino. Ma poi c'è, innanzitutto, il primo, fondamentale e più importante comandamento, quello che viene prima di ogni altro e che ordina: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Ma se si ama Dio nel modo in cui Gesù l'ha ordinato come si fa ad amare contemporaneamente se stessi? e il prossimo? e i nemici? E soprattutto come si fa, come dice la Chiesa, a sacrificare tutto se stesso per il bene dell'altro? A me pare del tutto evidente che l'agape evangelico non può avere nulla a che fare con l'amore comunemente inteso e men che meno con la "caritas" intesa come elemosina, ma è necessariamente di tutt'altra natura; agape non è un sentimento, e non può essere controllato dalla volontà cosciente. Quando S. Paolo dice «E se anche distribuissi tutte le mie sostanze, e se anche dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi l'amore, a nulla mi gioverebbe» smentisce in pieno la teoria moderna secondo la quale l'azione sia sufficiente, o prevalente, rispetto all'amore. L'amore (agape) viene prima di tutto, poi se vi è la cosiddetta "buona volontà" tanto meglio, ma non è affatto indispensabile ai fini della salvezza o di una vita cristiana, e mostra appunto come la volontà e lo sforzo siano necessari per distribuire le sostanze etc, ma totalmente inutili ai fini della comprensione e dell'espressione dell'agape.

Tu "ami Dio con tutto il tuo cuore, mente e anima"? Se sì come l'hai trovato? Dall'amore per Dio sembra che seguano gli altri due comandamenti, giusto? E se sì che esperienza ti da? In che senso è diverso dal "voler bene" mondano?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

#259
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 21:23:05 PM
Pertanto si riafferma la supremazia dell'agire per amore rispetto a qualunque posizione e pretesa teologico/dottrinaria, che a mio avviso è "abbellimento" e non sostanza. La sostanza rimane l'amore/dono autentico a prescindere da qualunque definizione  dello stesso.
...
Questo significa non essere cristiani? E' solo una definizione...l'importante appare vivere l'amore, non speculare su di esso...
A scanso di equivoci, ricordo che le risposte che sto dando sono soltanto un riferire ciò che la Chiesa Cattolica risponde alle questioni di cui ci stiamo occupando.

Riguardo al rapporto tra salvezza e dottrina, la possibilità di salvarsi senza essere Cristiani non è sufficiente ad affermare una sufficienza dell'amore rispetto alla dottrina. Il nocciolo della questione si pone in questi termini: se è possibile salvarsi anche al di fuori della Chiesa, a che serve la Chiesa? La Chiesa risponde presentando il suo essere come parte essenziale del progetto storico di Dio. Il progetto storico di Dio non è soltanto salvezza del mondo, ma include la volontà di farsi conoscere, quindi di instaurare con l'uomo una relazione di consapevolezza. In questo senso la salvezza agli occhi di Dio non consiste esclusivamente nell'entrare in paradiso, ma include una storia di conoscenza di lui, che egli ha voluto che iniziasse già su questa terra. Ciò può essere espresso adeguatamente col termine "rivelazione": Dio vuole non solo salvare l'uomo, ma anche rivelarsi a lui. La rivelazione storica non è indispensabile per entrare in paradiso, ma Dio l'ha voluta perché a lui non basta che l'uomo entri in paradiso: ha voluto per il genere umano anche una storia di presa di coscienza. Ora, una volta che il vero Dio, secondo la Chiesa Cattolica, è solo quello che si è manifestato in Gesù Cristo, e il massimo di consapevolezza di Gesù Cristo è possibile solo nella Chiesa Cattolica, ecco che quest'ultima viene a risultare come luogo primario, sebbene non esclusivo, per una salvezza che includa il miglior percorso di consapevolezza storica.
Ovviamente, a questo punto nascerà la domanda: su quali basi la Chiesa stabilisce che il Dio giusto e vero è solo quello annunciato da lei e che quindi il massimo di consapevolezza storica si può realizzare solo in essa? La Chiesa risponde di poter affermare ciò perché essa è ispirata dallo Spirito Santo; chi stabilisce dove sta l'ispirazione storica fondamentale dello Spirito Santo? Lo stabilisce la Chiesa, in quanto incaricata dallo Spirito a fare esattamente ciò. Ovviamente in questo c'è un circolo vizioso, che però non è tale agli occhi di chi compia la decisione di credere nella Chiesa, cioè credere in Dio accettando il modo in cui egli viene presentato dalla Chiesa.
Cos'è che può suscitare l'adesione al Dio presentato dalla Chiesa? L'esperienza di due cose: aver ricevuto l'annuncio di questo Dio e aver sperimentato nella propria vita l'amore da parte di questo Dio. In questo senso l'uomo può compiere questo ragionamento: visto che mi è stato presentato un Dio preciso, con certe caratteristiche e visto che da questo Dio mi vedo amato, decido di credere in lui e quindi seguirlo. Può avvenire che manchi una di queste due cose: se manca l'annuncio, ma si aderisce ugualmente, per esperienza di sentirsi amati, a questo Dio sconosciuto, abbiamo il caso dei cosiddetti "cristiani anonimi", cioè cristiani che si comportano come tali, pur non essendolo esplicitamente. Se manca l'esperienza, è impossibile aderire a Dio, anche se la Chiesa me lo annuncia.

Da questo punto di vista l'esperienza contiene innegabilmente un suo primato di essenzialità, ma non può vantare di essere tutto quanto basta, visto che, come ho detto prima, a Dio non basta che tu stia bene, ma vuole anche che tu sappia chi è che ti ha fatto stare bene, non per farti sentire obbligato nei suoi confronti, ma perché si instauri con lui una relazione che sia fatta anche di consapevolezza. Diversamente, si potrebbe pensare che anche una pianta o un animale stanno bene, ma non instaurano con Dio un rapporto di consapevolezza.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 07 Dicembre 2016, 06:10:49 AM
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 21:23:05 PMPertanto si riafferma la supremazia dell'agire per amore rispetto a qualunque posizione e pretesa teologico/dottrinaria, che a mio avviso è "abbellimento" e non sostanza. La sostanza rimane l'amore/dono autentico a prescindere da qualunque definizione dello stesso. ... Questo significa non essere cristiani? E' solo una definizione...l'importante appare vivere l'amore, non speculare su di esso...
A scanso di equivoci, ricordo che le risposte che sto dando sono soltanto un riferire ciò che la Chiesa Cattolica risponde alle questioni di cui ci stiamo occupando. Riguardo al rapporto tra salvezza e dottrina, la possibilità di salvarsi senza essere Cristiani non è sufficiente ad affermare una sufficienza dell'amore rispetto alla dottrina. Il nocciolo della questione si pone in questi termini: se è possibile salvarsi anche al di fuori della Chiesa, a che serve la Chiesa? La Chiesa risponde presentando il suo essere come parte essenziale del progetto storico di Dio. Il progetto storico di Dio non è soltanto salvezza del mondo, ma include la volontà di farsi conoscere, quindi di instaurare con l'uomo una relazione di consapevolezza. In questo senso la salvezza agli occhi di Dio non consiste esclusivamente nell'entrare in paradiso, ma include una storia di conoscenza di lui, che egli ha voluto che iniziasse già su questa terra. Ciò può essere espresso adeguatamente col termine "rivelazione": Dio vuole non solo salvare l'uomo, ma anche rivelarsi a lui. La rivelazione storica non è indispensabile per entrare in paradiso, ma Dio l'ha voluta perché a lui non basta che l'uomo entri in paradiso: ha voluto per il genere umano anche una storia di presa di coscienza. Ora, una volta che il vero Dio, secondo la Chiesa Cattolica, è solo quello che si è manifestato in Gesù Cristo, e il massimo di consapevolezza di Gesù Cristo è possibile solo nella Chiesa Cattolica, ecco che quest'ultima viene a risultare come luogo primario, sebbene non esclusivo, per una salvezza che includa il miglior percorso di consapevolezza storica. Ovviamente, a questo punto nascerà la domanda: su quali basi la Chiesa stabilisce che il Dio giusto e vero è solo quello annunciato da lei e che quindi il massimo di consapevolezza storica si può realizzare solo in essa? La Chiesa risponde di poter affermare ciò perché essa è ispirata dallo Spirito Santo; chi stabilisce dove sta l'ispirazione storica fondamentale dello Spirito Santo? Lo stabilisce la Chiesa, in quanto incaricata dallo Spirito a fare esattamente ciò. Ovviamente in questo c'è un circolo vizioso, che però non è tale agli occhi di chi compia la decisione di credere nella Chiesa, cioè credere in Dio accettando il modo in cui egli viene presentato dalla Chiesa. Cos'è che può suscitare l'adesione al Dio presentato dalla Chiesa? L'esperienza di due cose: aver ricevuto l'annuncio di questo Dio e aver sperimentato nella propria vita l'amore da parte di questo Dio. In questo senso l'uomo può compiere questo ragionamento: visto che mi è stato presentato un Dio preciso, con certe caratteristiche e visto che da questo Dio mi vedo amato, decido di credere in lui e quindi seguirlo. Può avvenire che manchi una di queste due cose: se manca l'annuncio, ma si aderisce ugualmente, per esperienza di sentirsi amati, a questo Dio sconosciuto, abbiamo il caso dei cosiddetti "cristiani anonimi", cioè cristiani che si comportano come tali, pur non essendolo esplicitamente. Se manca l'esperienza, è impossibile aderire a Dio, anche se la Chiesa me lo annuncia. Da questo punto di vista l'esperienza contiene innegabilmente un suo primato di essenzialità, ma non può vantare di essere tutto quanto basta, visto che, come ho detto prima, a Dio non basta che tu stia bene, ma vuole anche che tu sappia chi è che ti ha fatto stare bene, non per farti sentire obbligato nei suoi confronti, ma perché si instauri con lui una relazione che sia fatta anche di consapevolezza. Diversamente, si potrebbe pensare che anche una pianta o un animale stanno bene, ma non instaurano con Dio un rapporto di consapevolezza.

Si presenta sempre il problema dell'annuncio e della credibilità di coloro che annunciano...
Praticamente , una data persona, riceve l'annuncio che è amato da Dio ( dei cristiani...) e lo si invita a riflettere su un testo "sacro" per comprendere chi lo ama, per avere consapevolezza storica del perché è amato. Questa persona però non si è mai sentita amata da Dio e rifiuta di credere che quell'annuncio sia veritiero. Cos'è allora che impedisce alle persone di sentirsi amate da Dio? Probabilmente verrà detto loro che è lo stato di peccatori orgogliosi che impedisce di sentirsi amati da Dio; al cessare dello stato di peccatori diventa "naturale" il sentire la presenza amorevole del Dio. Però non è forse proprio il non sentirsi amati da Dio ( o più in generale da nessuno...) che genera lo stato di peccatore orgoglioso? Se la persona vivesse costantemente nella consapevolezza e nella sensazione del suo stato di creatura amata da Dio non potrebbe certo realizzare lo stato del non sentirsi amata da Dio... 
Per sentirsi amata , la persona in questione, dovrebbe essere cristianamente amata, fin dalla più tenera età, dalle persone che la circondano. Ma questo spesso non avviene. A volte i genitori stessi non trasmettono amore , incapaci di farlo, alle loro creature...Perché questo avviene, se è volontà di Dio stesso che tutti lo conoscano e lo amino? Perché nei cuori , gelidi per la sofferenza di vivere in un mondo privo d'amore, privo persino dell'amore di molti che dicono di sentirsi teneramente amati da Dio, si siede implacabile il senso del vuoto d'amore?
Quel vuoto però interroga, è vissuto come una mancanza, sorge la ricerca del perché si prova quel vuoto e se per caso si possa colmare...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 07 Dicembre 2016, 06:10:49 AM
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 21:23:05 PMPertanto si riafferma la supremazia dell'agire per amore rispetto a qualunque posizione e pretesa teologico/dottrinaria, che a mio avviso è "abbellimento" e non sostanza. La sostanza rimane l'amore/dono autentico a prescindere da qualunque definizione dello stesso. ... Questo significa non essere cristiani? E' solo una definizione...l'importante appare vivere l'amore, non speculare su di esso...
A scanso di equivoci, ricordo che le risposte che sto dando sono soltanto un riferire ciò che la Chiesa Cattolica risponde alle questioni di cui ci stiamo occupando. Riguardo al rapporto tra salvezza e dottrina, la possibilità di salvarsi senza essere Cristiani non è sufficiente ad affermare una sufficienza dell'amore rispetto alla dottrina. Il nocciolo della questione si pone in questi termini: se è possibile salvarsi anche al di fuori della Chiesa, a che serve la Chiesa? La Chiesa risponde presentando il suo essere come parte essenziale del progetto storico di Dio. Il progetto storico di Dio non è soltanto salvezza del mondo, ma include la volontà di farsi conoscere, quindi di instaurare con l'uomo una relazione di consapevolezza. In questo senso la salvezza agli occhi di Dio non consiste esclusivamente nell'entrare in paradiso, ma include una storia di conoscenza di lui, che egli ha voluto che iniziasse già su questa terra. Ciò può essere espresso adeguatamente col termine "rivelazione": Dio vuole non solo salvare l'uomo, ma anche rivelarsi a lui. La rivelazione storica non è indispensabile per entrare in paradiso, ma Dio l'ha voluta perché a lui non basta che l'uomo entri in paradiso: ha voluto per il genere umano anche una storia di presa di coscienza. Ora, una volta che il vero Dio, secondo la Chiesa Cattolica, è solo quello che si è manifestato in Gesù Cristo, e il massimo di consapevolezza di Gesù Cristo è possibile solo nella Chiesa Cattolica, ecco che quest'ultima viene a risultare come luogo primario, sebbene non esclusivo, per una salvezza che includa il miglior percorso di consapevolezza storica. Ovviamente, a questo punto nascerà la domanda: su quali basi la Chiesa stabilisce che il Dio giusto e vero è solo quello annunciato da lei e che quindi il massimo di consapevolezza storica si può realizzare solo in essa? La Chiesa risponde di poter affermare ciò perché essa è ispirata dallo Spirito Santo; chi stabilisce dove sta l'ispirazione storica fondamentale dello Spirito Santo? Lo stabilisce la Chiesa, in quanto incaricata dallo Spirito a fare esattamente ciò. Ovviamente in questo c'è un circolo vizioso, che però non è tale agli occhi di chi compia la decisione di credere nella Chiesa, cioè credere in Dio accettando il modo in cui egli viene presentato dalla Chiesa. Cos'è che può suscitare l'adesione al Dio presentato dalla Chiesa? L'esperienza di due cose: aver ricevuto l'annuncio di questo Dio e aver sperimentato nella propria vita l'amore da parte di questo Dio. In questo senso l'uomo può compiere questo ragionamento: visto che mi è stato presentato un Dio preciso, con certe caratteristiche e visto che da questo Dio mi vedo amato, decido di credere in lui e quindi seguirlo. Può avvenire che manchi una di queste due cose: se manca l'annuncio, ma si aderisce ugualmente, per esperienza di sentirsi amati, a questo Dio sconosciuto, abbiamo il caso dei cosiddetti "cristiani anonimi", cioè cristiani che si comportano come tali, pur non essendolo esplicitamente. Se manca l'esperienza, è impossibile aderire a Dio, anche se la Chiesa me lo annuncia. Da questo punto di vista l'esperienza contiene innegabilmente un suo primato di essenzialità, ma non può vantare di essere tutto quanto basta, visto che, come ho detto prima, a Dio non basta che tu stia bene, ma vuole anche che tu sappia chi è che ti ha fatto stare bene, non per farti sentire obbligato nei suoi confronti, ma perché si instauri con lui una relazione che sia fatta anche di consapevolezza. Diversamente, si potrebbe pensare che anche una pianta o un animale stanno bene, ma non instaurano con Dio un rapporto di consapevolezza.

Ok però la Chiesa degli anni 2000 è diversa da quella del 1600 nella quale si bruciavano gli eretici. Ergo: a nessuno è venuto mai in mente di chiedersi cosa è veramente la Chiesa e se essa eventualmente cambia nel tempo? E comunque da una prospettiva storica gli eretici hanno aiutato la Chiesa ad "aprirsi". Quindi boh mi pare che si continui a dire "questa è la Chiesa" con troppa sicurezza.

Citazione di: Sariputra il 07 Dicembre 2016, 09:25:21 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Dicembre 2016, 06:10:49 AM
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 21:23:05 PMPertanto si riafferma la supremazia dell'agire per amore rispetto a qualunque posizione e pretesa teologico/dottrinaria, che a mio avviso è "abbellimento" e non sostanza. La sostanza rimane l'amore/dono autentico a prescindere da qualunque definizione dello stesso. ... Questo significa non essere cristiani? E' solo una definizione...l'importante appare vivere l'amore, non speculare su di esso...
A scanso di equivoci, ricordo che le risposte che sto dando sono soltanto un riferire ciò che la Chiesa Cattolica risponde alle questioni di cui ci stiamo occupando. Riguardo al rapporto tra salvezza e dottrina, la possibilità di salvarsi senza essere Cristiani non è sufficiente ad affermare una sufficienza dell'amore rispetto alla dottrina. Il nocciolo della questione si pone in questi termini: se è possibile salvarsi anche al di fuori della Chiesa, a che serve la Chiesa? La Chiesa risponde presentando il suo essere come parte essenziale del progetto storico di Dio. Il progetto storico di Dio non è soltanto salvezza del mondo, ma include la volontà di farsi conoscere, quindi di instaurare con l'uomo una relazione di consapevolezza. In questo senso la salvezza agli occhi di Dio non consiste esclusivamente nell'entrare in paradiso, ma include una storia di conoscenza di lui, che egli ha voluto che iniziasse già su questa terra. Ciò può essere espresso adeguatamente col termine "rivelazione": Dio vuole non solo salvare l'uomo, ma anche rivelarsi a lui. La rivelazione storica non è indispensabile per entrare in paradiso, ma Dio l'ha voluta perché a lui non basta che l'uomo entri in paradiso: ha voluto per il genere umano anche una storia di presa di coscienza. Ora, una volta che il vero Dio, secondo la Chiesa Cattolica, è solo quello che si è manifestato in Gesù Cristo, e il massimo di consapevolezza di Gesù Cristo è possibile solo nella Chiesa Cattolica, ecco che quest'ultima viene a risultare come luogo primario, sebbene non esclusivo, per una salvezza che includa il miglior percorso di consapevolezza storica. Ovviamente, a questo punto nascerà la domanda: su quali basi la Chiesa stabilisce che il Dio giusto e vero è solo quello annunciato da lei e che quindi il massimo di consapevolezza storica si può realizzare solo in essa? La Chiesa risponde di poter affermare ciò perché essa è ispirata dallo Spirito Santo; chi stabilisce dove sta l'ispirazione storica fondamentale dello Spirito Santo? Lo stabilisce la Chiesa, in quanto incaricata dallo Spirito a fare esattamente ciò. Ovviamente in questo c'è un circolo vizioso, che però non è tale agli occhi di chi compia la decisione di credere nella Chiesa, cioè credere in Dio accettando il modo in cui egli viene presentato dalla Chiesa. Cos'è che può suscitare l'adesione al Dio presentato dalla Chiesa? L'esperienza di due cose: aver ricevuto l'annuncio di questo Dio e aver sperimentato nella propria vita l'amore da parte di questo Dio. In questo senso l'uomo può compiere questo ragionamento: visto che mi è stato presentato un Dio preciso, con certe caratteristiche e visto che da questo Dio mi vedo amato, decido di credere in lui e quindi seguirlo. Può avvenire che manchi una di queste due cose: se manca l'annuncio, ma si aderisce ugualmente, per esperienza di sentirsi amati, a questo Dio sconosciuto, abbiamo il caso dei cosiddetti "cristiani anonimi", cioè cristiani che si comportano come tali, pur non essendolo esplicitamente. Se manca l'esperienza, è impossibile aderire a Dio, anche se la Chiesa me lo annuncia. Da questo punto di vista l'esperienza contiene innegabilmente un suo primato di essenzialità, ma non può vantare di essere tutto quanto basta, visto che, come ho detto prima, a Dio non basta che tu stia bene, ma vuole anche che tu sappia chi è che ti ha fatto stare bene, non per farti sentire obbligato nei suoi confronti, ma perché si instauri con lui una relazione che sia fatta anche di consapevolezza. Diversamente, si potrebbe pensare che anche una pianta o un animale stanno bene, ma non instaurano con Dio un rapporto di consapevolezza.
Si presenta sempre il problema dell'annuncio e della credibilità di coloro che annunciano... Praticamente , una data persona, riceve l'annuncio che è amato da Dio ( dei cristiani...) e lo si invita a riflettere su un testo "sacro" per comprendere chi lo ama, per avere consapevolezza storica del perché è amato. Questa persona però non si è mai sentita amata da Dio e rifiuta di credere che quell'annuncio sia veritiero. Cos'è allora che impedisce alle persone di sentirsi amate da Dio? Probabilmente verrà detto loro che è lo stato di peccatori orgogliosi che impedisce di sentirsi amati da Dio; al cessare dello stato di peccatori diventa "naturale" il sentire la presenza amorevole del Dio. Però non è forse proprio il non sentirsi amati da Dio ( o più in generale da nessuno...) che genera lo stato di peccatore orgoglioso? Se la persona vivesse costantemente nella consapevolezza e nella sensazione del suo stato di creatura amata da Dio non potrebbe certo realizzare lo stato del non sentirsi amata da Dio... Per sentirsi amata , la persona in questione, dovrebbe essere cristianamente amata, fin dalla più tenera età, dalle persone che la circondano. Ma questo spesso non avviene. A volte i genitori stessi non trasmettono amore , incapaci di farlo, alle loro creature...Perché questo avviene, se è volontà di Dio stesso che tutti lo conoscano e lo amino? Perché nei cuori , gelidi per la sofferenza di vivere in un mondo privo d'amore, privo persino dell'amore di molti che dicono di sentirsi teneramente amati da Dio, si siede implacabile il senso del vuoto d'amore? Quel vuoto però interroga, è vissuto come una mancanza, sorge la ricerca del perché si prova quel vuoto e se per caso si possa colmare...

Sariputra molti credenti ti dicono che sei TU che o NON VUOI ascoltare Dio. Eppure anche i santi avevano oscillazioni nella fede. Strano...
I santi sono meno sicuri del cristiano medio a quanto pare...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Duc in altum!

**  scritto da donquixote:
Citazioneprova ad immaginare di vedere realizzato l'ideale che predica la Chiesa, ovvero che ognuno offra se stesso all'altro in maniera totale e disinteressata. Intendo ogni persona sulla terra che realizza questo ideale. Cosa ne sortirebbe? [...] Questo "giochino" vale ovviamente per chiunque ci voglia provare, garantisco che se fatto seriamente è alquanto illuminante.
Ne sortirebbe il Regno dei cieli, dimensione materiale che già esiste (per chi crede maggiormente). Ma proprio perché Regno dei cieli, Paradiso delle origini, l'eterna perfetta letizia, non sarà mai possibile sul pianeta Terra, nel mondo secondo Giovanni; a meno che dopo l'avverarsi delle indicazioni sulla Parusia, descritte nell'Apocalisse e in Mt 25, la Santissima Trinità non ci consegni il globo terrestre ormai realizzatosi, per azione della Grazia e della Misericordia Divina, nell'ideale predicato dalla Chiesa, ovvero che ognuno offra se stesso all'altro in maniera totale e disinteressata.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

donquixote

Citazione di: Duc in altum! il 07 Dicembre 2016, 09:50:30 AMNe sortirebbe il Regno dei cieli, dimensione materiale che già esiste (per chi crede maggiormente). Ma proprio perché Regno dei cieli, Paradiso delle origini, l'eterna perfetta letizia, non sarà mai possibile sul pianeta Terra, nel mondo secondo Giovanni; a meno che dopo l'avverarsi delle indicazioni sulla Parusia, descritte nell'Apocalisse e in Mt 25, la Santissima Trinità non ci consegni il globo terrestre ormai realizzatosi, per azione della Grazia e della Misericordia Divina, nell'ideale predicato dalla Chiesa, ovvero che ognuno offra se stesso all'altro in maniera totale e disinteressata.


Interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», Gesù rispose: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!». (Lc. 17)
 
Se dunque il regno di Dio è già in mezzo a noi che senso ha seguire le indicazioni della Chiesa di offrire se stessi agli altri in maniera disinteressata? Se nessuno può dire "Eccolo qui", oppure "Eccolo là" per mostrarci com'è fatto e che differenza vi sia con il nostro mondo quotidiano che senso ha costruire piccoli presunti "Regni di Dio" in questo mondo da portare d'esempio agli altri visto che «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione»? Capisco che sia necessaria la fede, ma se questa contraddice palesemente le parole di Gesù bisognerebbe anche farsi qualche domanda e capire in chi o in cosa si vuole aver fede.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

InVerno

Citazione di: donquixote il 06 Dicembre 2016, 23:41:52 PM Quindi ti dico come lo immagino io: l'altro, se è tale, è perchè non è "me", mi pare ovvio altrimenti non sarebbe l'altro ma un altro me. L'altro ha dunque molte cose diverse da me: cultura, necessità, desideri, aspirazioni che sono le sue e non le mie, e se ognuno dovesse sacrificarsi per le esigenze dell'altro dovrebbe essere innanzitutto in grado di comprenderle esattamente, cosa alquanto ardua poichè se è già difficile comprendere le proprie figuriamoci quelle altrui; ma anche ammesso che ci riesca dovrebbe annullare se stesso per aiutare l'altro a realizzarsi, sperando che qualcun altro aiuti lui a realizzare se stesso e così via. Questa situazione, oltre a determinare una indefinita e inestricabile confusione di esigenze, bisogni e interpretazioni, confligge in maniera determinante con il famoso "secondo comandamento" di Gesù che afferma "ama il prossimo tuo come te stesso":  amare il prossimo come se stessi presuppone l'amore di sé, ma se ci si occupa dell'amore di sé non rimane tempo e volontà per amare il prossimo; se la Chiesa dice che bisogna dedicarsi completamente all'altro lo si può fare solo trascurando se stessi, non amandosi per amare l'altro, e dunque contravvenendo al comando di Gesù. Vi è inoltre il comando successivo, sempre di Gesù, che afferma "amate i vostri nemici". Se per amore si intende genericamente un sentimento benevolo rivolto verso qualcuno o qualcosa, allora non è possibile amare un nemico, poichè non si può provare nei confronti della medesima persona un sentimento di benevolenza e contemporaneamente  uno di inimicizia; se io amo un mio nemico devo necessariamente cessare di vederlo come nemico, contravvenendo anche in questo caso al comando divino. Ma poi c'è, innanzitutto, il primo, fondamentale e più importante comandamento, quello che viene prima di ogni altro e che ordina: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Ma se si ama Dio nel modo in cui Gesù l'ha ordinato come si fa ad amare contemporaneamente se stessi? e il prossimo? e i nemici?

Da profano posso provare a rispondere con magari l'ingenuità del profano
1) Ama il prossimo tuo come te stesso - Si che l'altro è diverso, ma questo ha davvero a che fare con l'amore? Tutte le persone sono diverse, ma questo non ci impedisce di amarle anche più di noi stessi. Non è scritto "l'altro deve avvertire il tuo amore con la stessa intensità e qualità che tu avverti amando te stesso" (risultato per il quale davvero avrebbero rilevanza come le necessità\bisogni\desideri di chi riceve l'amore). peraltro non capisco perchè intendi l'amore come un otre al quale si può dare fondo, dicendo che o si ama se stessi o si ama l'altro. Chi lo dice che non ce n'è abbastanza per tutti?
2) Amare il tuo nemico - la contraddizione logica è evidente come sottolinei, a patto che esso attraverso l'amore non cessi di essere "nemico" e la contraddizione si risolva nell'atto di amare. D'altro canto, il vedere nell'altro un "nemico", non è un giudizio particolare che si dissolve quando la prospettiva passa dal particolare al macroscopico (amore per Dio?) Chi sono i nemici? Esistono davvero? o sono il frutto dei nostri interessi particolari disattesi che si dissolvono nell'atto di amare in se?
3) Amare il signore Dio con tutto il tuo cuore. Da un punto vista deista non vedo contraddizione ne impossibilità, amare il tutto significa amare anche il tuo nemico, il tuo prossimo e il tuo distante, significa questo, amare il tutto senza distinzioni. Mi si obbietterà che qui siamo in ambito teista..e io obbietterò che la Bibbia tutta non è esente di questo tipo di contraddizioni apparenti e compenetrazioni tra deismo e teismo. Il Dio di Genesi per esempio non è il Dio di Isacco, non vedo io questa perfezione delle scritture tale da far scattare dogmatismo referenziale riguardo la natura di Dio (poi per chi se lo sente imposto dalla natura divina dei testi...problemi logici di chi è illogico a prescindere).
Dove sbaglio?

Apeiron

Segnalo questo sito, indicatomi da un amico che ha fatto studi teologici, mi sta dando un'immagine molto interessante della fede http://www.studibiblici.it/
Ad esempio per la frase del sermone del Monte sul "cavarsi l'occhio tentatore" consiglio questo http://www.studibiblici.it/appunti/Come%20leggere%20vangelo%20e%20non%20perdere%20fede.pdf
che si trova tra le varie spiegazioni (che leggerò) del vangelo di Matteo http://www.studibiblici.it/IbranidelvangeloMatteo.pdf
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Citazione di: InVerno il 07 Dicembre 2016, 15:06:35 PM
Citazione di: donquixote il 06 Dicembre 2016, 23:41:52 PM Quindi ti dico come lo immagino io: l'altro, se è tale, è perchè non è "me", mi pare ovvio altrimenti non sarebbe l'altro ma un altro me. L'altro ha dunque molte cose diverse da me: cultura, necessità, desideri, aspirazioni che sono le sue e non le mie, e se ognuno dovesse sacrificarsi per le esigenze dell'altro dovrebbe essere innanzitutto in grado di comprenderle esattamente, cosa alquanto ardua poichè se è già difficile comprendere le proprie figuriamoci quelle altrui; ma anche ammesso che ci riesca dovrebbe annullare se stesso per aiutare l'altro a realizzarsi, sperando che qualcun altro aiuti lui a realizzare se stesso e così via. Questa situazione, oltre a determinare una indefinita e inestricabile confusione di esigenze, bisogni e interpretazioni, confligge in maniera determinante con il famoso "secondo comandamento" di Gesù che afferma "ama il prossimo tuo come te stesso":  amare il prossimo come se stessi presuppone l'amore di sé, ma se ci si occupa dell'amore di sé non rimane tempo e volontà per amare il prossimo; se la Chiesa dice che bisogna dedicarsi completamente all'altro lo si può fare solo trascurando se stessi, non amandosi per amare l'altro, e dunque contravvenendo al comando di Gesù. Vi è inoltre il comando successivo, sempre di Gesù, che afferma "amate i vostri nemici". Se per amore si intende genericamente un sentimento benevolo rivolto verso qualcuno o qualcosa, allora non è possibile amare un nemico, poichè non si può provare nei confronti della medesima persona un sentimento di benevolenza e contemporaneamente  uno di inimicizia; se io amo un mio nemico devo necessariamente cessare di vederlo come nemico, contravvenendo anche in questo caso al comando divino. Ma poi c'è, innanzitutto, il primo, fondamentale e più importante comandamento, quello che viene prima di ogni altro e che ordina: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Ma se si ama Dio nel modo in cui Gesù l'ha ordinato come si fa ad amare contemporaneamente se stessi? e il prossimo? e i nemici?

Da profano posso provare a rispondere con magari l'ingenuità del profano
1) Ama il prossimo tuo come te stesso - Si che l'altro è diverso, ma questo ha davvero a che fare con l'amore? Tutte le persone sono diverse, ma questo non ci impedisce di amarle anche più di noi stessi. Non è scritto "l'altro deve avvertire il tuo amore con la stessa intensità e qualità che tu avverti amando te stesso" (risultato per il quale davvero avrebbero rilevanza come le necessità\bisogni\desideri di chi riceve l'amore). peraltro non capisco perchè intendi l'amore come un otre al quale si può dare fondo, dicendo che o si ama se stessi o si ama l'altro. Chi lo dice che non ce n'è abbastanza per tutti?
2) Amare il tuo nemico - la contraddizione logica è evidente come sottolinei, a patto che esso attraverso l'amore non cessi di essere "nemico" e la contraddizione si risolva nell'atto di amare. D'altro canto, il vedere nell'altro un "nemico", non è un giudizio particolare che si dissolve quando la prospettiva passa dal particolare al macroscopico (amore per Dio?) Chi sono i nemici? Esistono davvero? o sono il frutto dei nostri interessi particolari disattesi che si dissolvono nell'atto di amare in se?
3) Amare il signore Dio con tutto il tuo cuore. Sarà blasfemia, ma da un punto vista deista non vedo contraddizione ne impossibilità, amare il tutto significa amare anche il tuo nemico, il tuo prossimo e il tuo distante, significa questo, amare il tutto senza distinzioni. Mi si obbietterà che qui siamo in ambito teista..e io obbietterò che la Bibbia tutta non è esente di questo tipo di contraddizioni apparenti e compenetrazioni tra deismo e teismo. Il Dio di Genesi per esempio non è il Dio di Isacco, non vedo io questa perfezione delle scritture tale da far scattare dogmatismo referenziale riguardo la natura di Dio (poi per chi se lo sente imposto dalla natura divina dei testi...problemi logici di chi è illogico a prescindere).
Dove sbaglio?

Per dirla da altro "esterno" secondo me non è che poi sbagli così tanto. D'altronde gli stessi vangeli sono tra di loro in contraddizione se presi alla lettera. Ci sono sì contraddizioni finchè ci si ostina a leggere in modo letterale la Bibbia (ad esempio il "regno dei Cieli" di certo non è nei "cieli", cioè né nell'atmosfera né nello spazio interstellare). Poi ho riflettuto sul fatto che "ispirata" NON significa "infallibile". Piuttosto credo semmai che la Bibbia ci narra di come l'uomo ha compreso Dio. E non credo che nessuno (eccetto, forse, Gesù) ha compreso Dio completamente. Ripeto: se la prendi alla lettera la Bibbia è quasi un (profondo) romanzo fantasy. Ma secondo me c'è un significato oltre la lettera.

Tipo se uno crede all'interpretazione letterale della Bibbia allora la scienza è un raggiro http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=1305
Chiaramente non dovresti leggerla così.

P.S. Come vedi Duc non è  che "non voglio credere" ma voglio semmai capire per credere meglio!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

#267
Citazione di: Sariputra il 07 Dicembre 2016, 09:25:21 AM
Praticamente , una data persona, riceve l'annuncio che è amato da Dio ( dei cristiani...) e lo si invita a riflettere su un testo "sacro" per comprendere chi lo ama, per avere consapevolezza storica del perché è amato. Questa persona però non si è mai sentita amata da Dio e rifiuta di credere che quell'annuncio sia veritiero. Cos'è allora che impedisce alle persone di sentirsi amate da Dio?
Stiamo procedendo ottimamente, siamo arrivati ad un punto cruciale della questione, che mi attendevo, e che penso sarà compreso tanto meglio proprio per tutto ciò che abbiamo discusso finora. Siamo cioè giunti al problema del male, detto anche problema della "teodicea". Ciò che hai scritto tu non è altro che una delle tante sfaccettature con cui questo problema si presenta. In termini generalissimi si pone nei seguenti termini: se Dio è infinitamente potente e infinitamente buono, perché non toglie subito tutto il male dal mondo? Se Dio ha tutta la volontà di togliere il male e tutta la capacità di farlo, perché non lo fa?
Nessuno al mondo finora ha mai saputo rispondere a questa domanda. Per quanto riguarda il Cristianesimo, di fronte a chi dica di non credere in Dio perché non ha esperienza dell'essere amato da lui, non ha assolutamente nulla da rispondere a parole; la sola cosa che rimane da fare ai Cristiani in questa situazione è tentare di persona di far sperimentare all'altro quest'amore, quindi amare quella persona. Non c'è altro.
Ovviamente un sacco di pensatori, teologi e filosofi si sono cimentati in questo problema. La risposta più classica che si usa dare è quella del rispetto della libertà umana: Dio non toglie il male per lasciare all'uomo la libertà di rifiutarlo, oppure per lasciare all'uomo la libertà di fare ciò che Dio non vorrebbe. Tutte le risposte tentate finora, compresa questa che ho citato, hanno in comune lo stesso difetto: possono soddisfare qualche mente teorica, ma si dimostrano comunque troppo staccate dall'esperienza pratica. Basti fare un semplice esempio: se io vedo due miei figli che si stanno strappando gli occhi a vicenda, io per prima cosa intervengo immediatamente e li separo, non mi farò scrupolo di infrangere la loro libertà di strapparsi gli occhi. Dopo ci metteremo a discutere sulla libertà e su tutto quello che vogliamo. Dio no. Dio lascia che i suoi figli si scannino a vicenda e sta a guardare inerte. Da questo punto di vista viene a risultare che io, pur con tutte le mie miserie, i miei limiti, tradimenti e ipocrisie, sono più buono di Dio. Questo è ciò che mi ha fatto decidere per l'ateismo.
Tra tutte le risposte date al problema del male, ce ne sono altre due che meritano di essere ricordate. C'è la risposta che Dio stesso dà nell'Antico Testamento, nel libro di Giobbe: Dio risponde facendo leva sulla piccolezza dell'essere umano, che il quel caso è Giobbe; gli dice in pratica: "Tu non sai niente, non sai cos'è il bene e cos'è il male, la tua mente non è capace di capire la benché minima idea, e avresti la pretesa di chiedere conto a me di quello che faccio?". Questa risposta non regge alla critica: non ha senso rifugiarsi nell'irraggiungibilità, tanto più che Dio si è sempre vantato di essere vicinissimo all'uomo, raggiungibilissimo da lui. L'altra risposta è quella data da Gesù morendo in croce. Qui è questione di interpretazione. La mia interpretazione di questo fatto è che Gesù ci dice che di fronte al problema del male Dio viene sconfitto, muore, soccombe; l'unico rimedio che Gesù è in grado di proporre, e che per me è di estrema importanza e validità, è di provare a vivere l'inevitabilità del male cercando di metterci il meglio di ciò che sappiamo mettere in pratica. Si tratterebbe poi di discutere su cosa sia questo meglio; non approfondisco per non dilungarmi. Ovviamente i Cristiani interpretano invece la morte di Gesù dal punto di vista della fede nella sua risurrezione. Si tratterebbe a questo punto di approfondire cosa significa che Gesù è risorto; anche su questo preferisco non dilungarmi.

Duc in altum!

**  scritto da donquixote:
CitazioneSe dunque il regno di Dio è già in mezzo a noi che senso ha seguire le indicazioni della Chiesa di offrire se stessi agli altri in maniera disinteressata?
Ma il Regno di Dio in mezzo a noi è Gesù, è lo Spirito Santo, c'è già chi lo vive adesso, in vita, non deve aspettare di morire per rallegrarsi ed esultare, e questo è grazie anche (se non soprattutto) alle indicazioni della Chiesa di scrivere ognuno con la propria esistenza il V° Vangelo: ossia imitare Gesù, nella potenza divina d'amore dello Spirito Santo, per corrispondere alla giusta misericordia del Creatore.

"...vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo..." (Mc 12) - Vivere saggiamente solo in teoria - senza abbracciare pienamente le indicazioni della Chiesa Cattolica Romana, ossia offrire se stessi agli altri in maniera disinteressata, con prudenza, sapienza e pazienza (aggiungo io) - non permette all'individuo di vivere appieno il Regno di Dio già adesso o post-mortem, anche se non sei lontano da Esso, come accadde allo scriba che ce l'aveva a 30/40 cm (Gesù che conversava con lui), ma non capì di abbracciarlo con gioia e amore.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneP.S. Come vedi Duc non è  che "non voglio credere" ma voglio semmai capire per credere meglio!
Ma se fosse possibile credere meglio grazie al capire la ragione avrebbe la meglio sulla fede, mentre il primo passo è sempre per fede senza prove, senza logica, senza capire, per amore, per carità, per pietà.
Credere, spiritualmente, religiosamente, metafisicamente non significa che qualcosa o qualcuno davvero esista, ma consegnare tutto se stesso a quel qualcosa/qualcuno, e questo è possibile solo per fede. Dunque credere meglio è amare meglio, ma nessuno ama meglio grazie alla ragione, se il mio sentimento fosse fondato sul capire meglio, sulla ragione, ieri invece di partecipare alla cena natalizia di mia moglie con i colleghi (La corazzata Kotiomkin di Fantozzi per capirci  :'( ), sarei dovuto essere con amici, birra, pizza e taralli innanzi all'apoteosi partenopea di Sarri & Co. contro il Benfica. Come vedi non c'è niente da capire, il cristianesimo è principalmente una religione pragmatica, non statica, operosa, non oziosa, devi fare, anzi, devi osare per poi capire, mai il contrario potrà aiutarti a credere/amare meglio.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

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