Dubbi sempre più insistenti (Cristianesimo in particolar modo ma non solo)

Aperto da Apeiron, 11 Novembre 2016, 22:57:36 PM

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Sariputra

@ Apeiron
scrivi:

Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.
(San Paolo)

Se siamo razionali prendiamo la cosa più grande, superiore e non la minore, o inferiore. Partendo dalla comprensione della cosa più grande ( l'agape) vado a rileggermi eventualmente i testi sacri, ma partendo da questa prospettiva e non da una che presuppone una cosa più piccola.
Il ragionamento fila?... ;D
Così trovo una pietra stabile che mi permette di valutare ciò che è essenziale in un insegnamento e ciò che si potrebbe definire inessenziale.
Yeoshwa si esprime chiaramente, ponendo al primo posto questa "verità" di grado superiore, se così si può dire. E' l'agape la chiave della "salvezza" dalla morte. Ossia: se si ama veramente , anche in presenza di poca, dubbiosa o nulla fede, ci si salva. Viceversa la fede senza l'agape non salva come viene detto nei passi che hai giustamente citato.
Questo criterio di trovare , in un testo "sacro", come nei sutra o altri, la "cosa più grande" io cerco di applicarlo più che posso, per trovare la radice dell'albero e non perdermi nella contemplazione dell'innumerevole fogliame..."Ecco, io vi do un comandamento nuovo, che vi amiate l'un l'altro come Io vi ho amati, da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli" (Giovanni 13)
I dogmi stabiliti nel corso del tempo dalle istituzioni ecclesistiche  non possono superare "la cosa più grande" e perciò possono essere valutati al massimo come "aiuti" per comprendere ( anche se obiettivamente a volte confondono e fanno dubitare più che aiutare :-\ ). Nella visione cristiana una vita vissuta nell'agape è già una vita di fede, una vita ricolma di Grazia perché , se la natura di Dio è amore/dono chi fa della propria vita un atto di amore/dono è già, qui e ora, in Dio stesso ( Padre Turoldo dirà che è Dio stesso che ama se stesso in noi facendoci come Lui). Si stabilisce una continuità d'amore/dono tra creatore e creato, tra abile vasaio e umile argilla.
La domanda che possiamo porci è: "Credo di poter essere , vivere amore dono? O viceversa non credo/ dispero di poter diventare amore?" E come scoprirlo se non provando ad essere quest'amore/dono? Ecco perchè si parla del cristianesimo come di una religione dell'esperienza.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Apeiron, nella tua ricerca riguardo al tuo rapporto col Cristianesimo, mi sembra che ci siano dei punti che sarebbe opportuno chiarire.

Anzitutto l'idea che ti sei fatto riguardo a ciò che si intende per Chiesa e per sua dottrina. La Chiesa non è il Papa: il Papa è Papa della Chiesa, ma egli non è la Chiesa. Da ciò consegue che non tutto ciò che un Papa dice può essere pensato come detto dalla Chiesa. Ci sono affermazioni del Papa che il Papa stesso può considerare vincolanti: in quel caso egli può permettersi di esigere che ciò che sta dicendo è ciò che dice la Chiesa. Ma un Papa non parla sempre con questa ufficialità di tono; egli può anche fare discorsi di altro genere, che non contengono la stessa pretesa di rappresentare la voce ufficiale della Chiesa. Anche riguardo a ciò che va considerato dottrina della Chiesa, ci sono questioni, poiché la dottrina, al pari della Bibbia, è oggetto di interpretazione e le interpretazioni sono storiche. Questo ha fatto sì che anche tra Papi e tra Vescovi ci fossero divergenze su particolari questioni dottrinali. Conclusione: non è tanto facile stabilire che cosa è dottrina della Chiesa, poiché tale dottrina si trova in una via di mezzo tra definizioni assolute stabilite nei documenti ufficiali e storicità della Chiesa, che costringe ad evidenziare che le definizioni assolute hanno avuto nella storia della Chiesa anche una loro misura di relatività.

Riguardo al rapporto tra fede e agape, non è vero che sia più importante la fede oppure l'agape: per la Chiesa, se c'è una cosa unica che si può dichiarare l'essenziale e la più importante, questa cosa è solamente Gesù Cristo morto e risorto. Di fronte a Gesù Cristo morto e risorto, tutto il resto viene in secondo piano, o comunque in dipendenza da questo nucleo centrale. È possibile assolutizzare l'agape oppure la fede soltanto prendendo qualche versetto della Bibbia e dimenticando gli altri. Nel caso specifico, la Bibbia stessa contiene un conflitto interno: per san Paolo l'essenziale è la fede, poiché, se mettessimo al primo posto l'agape, significherebbe che siamo noi i salvatori di noi stessi, nel momento in cui pratichiamo l'agape. Ma poi apri la lettera di Giacomo ed egli ti sfida: mostrami la tua fede senza le opere e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.
Oltre a questa polemica, già interna alla Bibbia stessa, bisogna aver chiaro che ciò che chiamiamo fede non va inteso semplicemente come il credere che Dio esiste o aderire ai dogmi della fede. In realtà, nella tradizione cattolica, la fede è un'esperienza di coinvolgimento di tutto l'essere dell'uomo, in modo talmente profondo e generale da investire ogni sua azione, facendola diventare agape. Dunque, in questo senso, l'alternativa tra fede e agape è un falso dilemma, inseguito solo da chi non ha capito che una fede autentica implica l'agape. Un discorso simile sarebbe riguardo all'agape: non è un puro sentimento, né un semplice amare il prossimo. Ciò conferma ulteriormente che fede e agape, se intesi nel senso più cattolico possibile, sono in realtà la stessa cosa, che trova la sua migliore sintesi nell'adesione a Gesù Cristo morto e risorto: è quest'ultimo infatti il criterio ultimo di riferimento per costruirsi un concetto corretto di cos'è fede e cos'è agape.

Penso che questo dovrebbe chiarirti qualche idea in più per aiutarti a definire le posizioni che intendi assumere o le vie che intendi seguire in relazione alla Chiesa e al Cristianesimo: per avere una buona relazione con essi, prima bisogna farsene delle concezioni corrette, altrimenti si aderisce, oppure ci si contrappone, non alla Chiesa o al Cristianesimo, ma ad alcune idee sbagliate che ci siamo fatti riguardo ad essi.

Apeiron

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Dicembre 2016, 17:59:24 PMApeiron, nella tua ricerca riguardo al tuo rapporto col Cristianesimo, mi sembra che ci siano dei punti che sarebbe opportuno chiarire. Anzitutto l'idea che ti sei fatto riguardo a ciò che si intende per Chiesa e per sua dottrina. La Chiesa non è il Papa: il Papa è Papa della Chiesa, ma egli non è la Chiesa. Da ciò consegue che non tutto ciò che un Papa dice può essere pensato come detto dalla Chiesa. Ci sono affermazioni del Papa che il Papa stesso può considerare vincolanti: in quel caso egli può permettersi di esigere che ciò che sta dicendo è ciò che dice la Chiesa. Ma un Papa non parla sempre con questa ufficialità di tono; egli può anche fare discorsi di altro genere, che non contengono la stessa pretesa di rappresentare la voce ufficiale della Chiesa. Anche riguardo a ciò che va considerato dottrina della Chiesa, ci sono questioni, poiché la dottrina, al pari della Bibbia, è oggetto di interpretazione e le interpretazioni sono storiche. Questo ha fatto sì che anche tra Papi e tra Vescovi ci fossero divergenze su particolari questioni dottrinali. Conclusione: non è tanto facile stabilire che cosa è dottrina della Chiesa, poiché tale dottrina si trova in una via di mezzo tra definizioni assolute stabilite nei documenti ufficiali e storicità della Chiesa, che costringe ad evidenziare che le definizioni assolute hanno avuto nella storia della Chiesa anche una loro misura di relatività. Riguardo al rapporto tra fede e agape, non è vero che sia più importante la fede oppure l'agape: per la Chiesa, se c'è una cosa unica che si può dichiarare l'essenziale e la più importante, questa cosa è solamente Gesù Cristo morto e risorto. Di fronte a Gesù Cristo morto e risorto, tutto il resto viene in secondo piano, o comunque in dipendenza da questo nucleo centrale. È possibile assolutizzare l'agape oppure la fede soltanto prendendo qualche versetto della Bibbia e dimenticando gli altri. Nel caso specifico, la Bibbia stessa contiene un conflitto interno: per san Paolo l'essenziale è la fede, poiché, se mettessimo al primo posto l'agape, significherebbe che siamo noi i salvatori di noi stessi, nel momento in cui pratichiamo l'agape. Ma poi apri la lettera di Giacomo ed egli ti sfida: mostrami la tua fede senza le opere e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede. Oltre a questa polemica, già interna alla Bibbia stessa, bisogna aver chiaro che ciò che chiamiamo fede non va inteso semplicemente come il credere che Dio esiste o aderire ai dogmi della fede. In realtà, nella tradizione cattolica, la fede è un'esperienza di coinvolgimento di tutto l'essere dell'uomo, in modo talmente profondo e generale da investire ogni sua azione, facendola diventare agape. Dunque, in questo senso, l'alternativa tra fede e agape è un falso dilemma, inseguito solo da chi non ha capito che una fede autentica implica l'agape. Un discorso simile sarebbe riguardo all'agape: non è un puro sentimento, né un semplice amare il prossimo. Ciò conferma ulteriormente che fede e agape, se intesi nel senso più cattolico possibile, sono in realtà la stessa cosa, che trova la sua migliore sintesi nell'adesione a Gesù Cristo morto e risorto: è quest'ultimo infatti il criterio ultimo di riferimento per costruirsi un concetto corretto di cos'è fede e cos'è agape. Penso che questo dovrebbe chiarirti qualche idea in più per aiutarti a definire le posizioni che intendi assumere o le vie che intendi seguire in relazione alla Chiesa e al Cristianesimo: per avere una buona relazione con essi, prima bisogna farsene delle concezioni corrette, altrimenti si aderisce, oppure ci si contrappone, non alla Chiesa o al Cristianesimo, ma ad alcune idee sbagliate che ci siamo fatti riguardo ad essi.

OK capisco, grazie. Chiaro. Diciamo che devi averle entrambe: d'altronde pensare che l'agape sia giusto è "fede". Poi eh il passo citato di san Paolo (agape la maggior cosa) sembra suggerire che fosse d'accordo almeno in parte anche lui. Posso sapere e credere in tutta la Bibbia a memoria, essere convinto di essere salvato e poi non agire secondo agape.  Cioè io posso credere in Cristo morto e risorto e dire che solo ciò mi salva. In questo senso l'agape è "superiore". Forse quello che vuole dire Gesù è che tu puoi avere agape SE E SOLO SE sei credente.

Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 15:37:57 PM@ Apeiron scrivi: Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità. (San Paolo) Se siamo razionali prendiamo la cosa più grande, superiore e non la minore, o inferiore. Partendo dalla comprensione della cosa più grande ( l'agape) vado a rileggermi eventualmente i testi sacri, ma partendo da questa prospettiva e non da una che presuppone una cosa più piccola. Il ragionamento fila?... ;D Così trovo una pietra stabile che mi permette di valutare ciò che è essenziale in un insegnamento e ciò che si potrebbe definire inessenziale. Yeoshwa si esprime chiaramente, ponendo al primo posto questa "verità" di grado superiore, se così si può dire. E' l'agape la chiave della "salvezza" dalla morte. Ossia: se si ama veramente , anche in presenza di poca, dubbiosa o nulla fede, ci si salva. Viceversa la fede senza l'agape non salva come viene detto nei passi che hai giustamente citato. Questo criterio di trovare , in un testo "sacro", come nei sutra o altri, la "cosa più grande" io cerco di applicarlo più che posso, per trovare la radice dell'albero e non perdermi nella contemplazione dell'innumerevole fogliame..."Ecco, io vi do un comandamento nuovo, che vi amiate l'un l'altro come Io vi ho amati, da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli" (Giovanni 13) I dogmi stabiliti nel corso del tempo dalle istituzioni ecclesistiche non possono superare "la cosa più grande" e perciò possono essere valutati al massimo come "aiuti" per comprendere ( anche se obiettivamente a volte confondono e fanno dubitare più che aiutare :-\ ). Nella visione cristiana una vita vissuta nell'agape è già una vita di fede, una vita ricolma di Grazia perché , se la natura di Dio è amore/dono chi fa della propria vita un atto di amore/dono è già, qui e ora, in Dio stesso ( Padre Turoldo dirà che è Dio stesso che ama se stesso in noi facendoci come Lui). Si stabilisce una continuità d'amore/dono tra creatore e creato, tra abile vasaio e umile argilla. La domanda che possiamo porci è: "Credo di poter essere , vivere amore dono? O viceversa non credo/ dispero di poter diventare amore?" E come scoprirlo se non provando ad essere quest'amore/dono? Ecco perchè si parla del cristianesimo come di una religione dell'esperienza.

Vedi con te sono d'accordo. Mi sorprende che tu sia buddista e ne sappia così tanto di cristianesimo e che lo ritieni importante ad occhio.

Comunque secondo me il problema dell'inferno è che viola il "principio di proporzionalità della pena". Un po' come in una classe dividi in 2 gruppi i tuoi studenti e ad un gruppo dai il massimo dei voti e l'altro gruppo lo espelli dalla scuola (poi eh anche assumendo che l'insufficienza se la siano presi loro e i prof non abbiano colpa). Oppure se lo Stato non facesse differenza tra il ladro e il pluriomicida. Non credo che un credente nella sua vita quotidiana pensi che una cosa simile sia giusta. Non capisco come la cosa dell'inferno non lo perpleda visto che viola tale principio.

Infine posso vedere come l'agape giustifichi la fede: l'agape è l'amore per la vita, la resurrezione è la vittoria sulla morte, ergo...

Addendum: anche dubbi (oltre a quelli riguardo a se prendere o no la Bibbia alla lettera)come questi possono allontanare uno dalla fede e quindi mandarlo all'inferno. Comunque supponiamo che uno abbandoni la fede:
1)uno può abbandonarla in parte (non credere a tutto) MA ritenere che Gesù sia Dio;
2)uno può abbandonarla ma essere d'accordo e praticare gli insegnamenti di Gesù;
3)uno perde la fede ma comunque non fa una vita troppo "piena di peccati";
4)uno perde la fede e adotta un'etica anti-agape (tipo uno che sceglie di sterminare).
Chiaramente i 4 casi non sono uguali, eppure sono trattati in modo uguale. Il problema è che vedere tutto in bianco e in nero senza tonalità di grigi è una prospettiva che soffoca.

Personalmente per il discorso della salvezza ha anche senso che Gesù per salvarti debba essere "più di un uomo". Però ecco questi dubbi secondo me sono anche importanti per capire come indirizzare la propria vita. Ho letto studi che dicono che i fondamentalisti cristiani vivono sempre con la paura dell'inferno. I cattolici vanno a messa e hanno un clero molto "accentrato", i luterani no... Ora se la via della salvezza è una (come dice Gesù) chiaramente se lo prendiamo "alla lettera" solo un gruppo di cristiani si salva. Per questo motivo ritengo che bisogna essere più "liberali" e ammettere più vie (chiaramente non troppo diverse ma con un elementi in comune). Ma nel dubbio ho paura proprio come i fondamentalisti...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

donquixote

Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 15:37:57 PM
@ Apeiron
scrivi:

Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.
(San Paolo)

Se siamo razionali prendiamo la cosa più grande, superiore e non la minore, o inferiore. Partendo dalla comprensione della cosa più grande ( l'agape) vado a rileggermi eventualmente i testi sacri, ma partendo da questa prospettiva e non da una che presuppone una cosa più piccola.
Il ragionamento fila?... ;D
Così trovo una pietra stabile che mi permette di valutare ciò che è essenziale in un insegnamento e ciò che si potrebbe definire inessenziale.
Yeoshwa si esprime chiaramente, ponendo al primo posto questa "verità" di grado superiore, se così si può dire. E' l'agape la chiave della "salvezza" dalla morte. Ossia: se si ama veramente , anche in presenza di poca, dubbiosa o nulla fede, ci si salva. Viceversa la fede senza l'agape non salva come viene detto nei passi che hai giustamente citato.
Questo criterio di trovare , in un testo "sacro", come nei sutra o altri, la "cosa più grande" io cerco di applicarlo più che posso, per trovare la radice dell'albero e non perdermi nella contemplazione dell'innumerevole fogliame..."Ecco, io vi do un comandamento nuovo, che vi amiate l'un l'altro come Io vi ho amati, da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli" (Giovanni 13)
I dogmi stabiliti nel corso del tempo dalle istituzioni ecclesistiche  non possono superare "la cosa più grande" e perciò possono essere valutati al massimo come "aiuti" per comprendere ( anche se obiettivamente a volte confondono e fanno dubitare più che aiutare :-\ ). Nella visione cristiana una vita vissuta nell'agape è già una vita di fede, una vita ricolma di Grazia perché , se la natura di Dio è amore/dono chi fa della propria vita un atto di amore/dono è già, qui e ora, in Dio stesso ( Padre Turoldo dirà che è Dio stesso che ama se stesso in noi facendoci come Lui). Si stabilisce una continuità d'amore/dono tra creatore e creato, tra abile vasaio e umile argilla.
La domanda che possiamo porci è: "Credo di poter essere , vivere amore dono? O viceversa non credo/ dispero di poter diventare amore?" E come scoprirlo se non provando ad essere quest'amore/dono? Ecco perchè si parla del cristianesimo come di una religione dell'esperienza.

L'agape evangelico non c'entra nulla col dono o con il concetto di amore cui siamo soliti riferirci oggi, che è una degenerazione successiva arrivata sino a noi per poi esplodere negli ultimi due secoli e oscurare completamente il senso originario, altrimenti il testo greco non avrebbe usato il termine agape ma il vocabolo philia, da cui appunto filantropia.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Sariputra

@ Donquixote scrive:

L'agape evangelico non c'entra nulla col dono o con il concetto di amore cui siamo soliti riferirci oggi, che è una degenerazione successiva arrivata sino a noi per poi esplodere negli ultimi due secoli e oscurare completamente il senso originario, altrimenti il testo greco non avrebbe usato il termine agape ma il vocabolo philia, da cui appunto filantropia.


Il termine philia mi sembra indichi un amore di tipo "amichevole" , mentre il termine agape indica un tipo di amore più prettamente spirituale che può giungere fino all'auto-annientamento  ( kenosis).
Se intendi che negli ultimi  tempi la chiesa pratichi più philia che agape , posso essere d'accordo con te...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 20:54:00 PM@ Donquixote scrive: L'agape evangelico non c'entra nulla col dono o con il concetto di amore cui siamo soliti riferirci oggi, che è una degenerazione successiva arrivata sino a noi per poi esplodere negli ultimi due secoli e oscurare completamente il senso originario, altrimenti il testo greco non avrebbe usato il termine agape ma il vocabolo philia, da cui appunto filantropia. Il termine philia mi sembra indichi un amore di tipo "amichevole" , mentre il termine agape indica un tipo di amore più prettamente spirituale che può giungere fino all'auto-annientamento ( kenosis). Se intendi che negli ultimi tempi la chiesa pratichi più philia che agape , posso essere d'accordo con te...

Ma ogni amore è dono e sacrificio ,no?
Quindi non vedo come l'agape sia diverso. In caso qui c'è un dubbioso che è interessato del significato originale. Ma se c'è stata corruzione del termine "amore" significa che il messaggio originale è stato corrotto.

In ogni caso l'amore completamente disinteressato è quanto eccellente quanto poco raggiungibile. E qui credo che serva la confessione, giusto?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

donquixote

Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 20:54:00 PM
@ Donquixote scrive:

L'agape evangelico non c'entra nulla col dono o con il concetto di amore cui siamo soliti riferirci oggi, che è una degenerazione successiva arrivata sino a noi per poi esplodere negli ultimi due secoli e oscurare completamente il senso originario, altrimenti il testo greco non avrebbe usato il termine agape ma il vocabolo philia, da cui appunto filantropia.


Il termine philia mi sembra indichi un amore di tipo "amichevole" , mentre il termine agape indica un tipo di amore più prettamente spirituale che può giungere fino all'auto-annientamento  ( kenosis).
Se intendi che negli ultimi  tempi la chiesa pratichi più philia che agape , posso essere d'accordo con te...

Non mi sembra proprio che la kenosis sia legata all'amore, o almeno non a quello che si intende normalmente e che anche tu esprimi con "amore/dono". La kenosis è (per quanto anch'esso sia un concetto alquanto frainteso oggi) l'annullamento dell'io che si risolve nel sé universale, praticamente il Moksha degli induisti, o il Nirvana, o il Satori, e via dicendo, e dunque non ha alcuna attinenza con l'amore come filantropia che è il moderno concetto cristiano di carità (e per inciso anche il fatto che le Bibbie moderne traducano "agape" con "carità" mentre fino a 70/80 anni fa si traduceva molto più correttamente con "amore" è segno di degenerazione delle esegesi). Negli ultimi tempi la Chiesa predica e pratica solo philia (magari sino al punto di predicare il "sacrificio" proprio a vantaggio dell'altro che non mi sembra per niente un concetto solamente "amichevole") perchè non ha più la benchè minima idea di cosa sia agape.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Sariputra

Citazione di: donquixote il 05 Dicembre 2016, 21:39:08 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 20:54:00 PM@ Donquixote scrive: L'agape evangelico non c'entra nulla col dono o con il concetto di amore cui siamo soliti riferirci oggi, che è una degenerazione successiva arrivata sino a noi per poi esplodere negli ultimi due secoli e oscurare completamente il senso originario, altrimenti il testo greco non avrebbe usato il termine agape ma il vocabolo philia, da cui appunto filantropia. Il termine philia mi sembra indichi un amore di tipo "amichevole" , mentre il termine agape indica un tipo di amore più prettamente spirituale che può giungere fino all'auto-annientamento ( kenosis). Se intendi che negli ultimi tempi la chiesa pratichi più philia che agape , posso essere d'accordo con te...
Non mi sembra proprio che la kenosis sia legata all'amore, o almeno non a quello che si intende normalmente e che anche tu esprimi con "amore/dono". La kenosis è (per quanto anch'esso sia un concetto alquanto frainteso oggi) l'annullamento dell'io che si risolve nel sé universale, praticamente il Moksha degli induisti, o il Nirvana, o il Satori, e via dicendo, e dunque non ha alcuna attinenza con l'amore come filantropia che è il moderno concetto cristiano di carità (e per inciso anche il fatto che le Bibbie moderne traducano "agape" con "carità" mentre fino a 70/80 anni fa si traduceva molto più correttamente con "amore" è segno di degenerazione delle esegesi). Negli ultimi tempi la Chiesa predica e pratica solo philia (magari sino al punto di predicare il "sacrificio" proprio a vantaggio dell'altro che non mi sembra per niente un concetto solamente "amichevole") perchè non ha più la benchè minima idea di cosa sia agape.

Attualmente la teologia indica l'agape come amore disinteressato, fraterno, smisurato ( Wikipedia). Mi sembra che , nella primitiva chiesa, essa indicava anche il momento della celebrazione eucaristica comunitaria e fraterna, come un vincolo fraterno d'amore. Penso che l'espressione come amore/dono indica l'amore che va verso l'altro e non il solo sentimento mistico d'amore tra Dio e la sua creatura e ne sottolinea la gratuità. Il termine amore è generico perché può indicare anche l'eros, in cui è presente una componente di attrazione fisica. Personalmente non mi dispiace la traduzione come "amore/dono", mi sembra in linea... :)
@Apeiron
L'amore disinteressato non mi appare come qualcosa di irraggiungibile. Arduo sicuramente sì, ma non irraggiungibile...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 22:56:39 PM
Citazione di: donquixote il 05 Dicembre 2016, 21:39:08 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 20:54:00 PM@ Donquixote scrive: L'agape evangelico non c'entra nulla col dono o con il concetto di amore cui siamo soliti riferirci oggi, che è una degenerazione successiva arrivata sino a noi per poi esplodere negli ultimi due secoli e oscurare completamente il senso originario, altrimenti il testo greco non avrebbe usato il termine agape ma il vocabolo philia, da cui appunto filantropia. Il termine philia mi sembra indichi un amore di tipo "amichevole" , mentre il termine agape indica un tipo di amore più prettamente spirituale che può giungere fino all'auto-annientamento ( kenosis). Se intendi che negli ultimi tempi la chiesa pratichi più philia che agape , posso essere d'accordo con te...
Non mi sembra proprio che la kenosis sia legata all'amore, o almeno non a quello che si intende normalmente e che anche tu esprimi con "amore/dono". La kenosis è (per quanto anch'esso sia un concetto alquanto frainteso oggi) l'annullamento dell'io che si risolve nel sé universale, praticamente il Moksha degli induisti, o il Nirvana, o il Satori, e via dicendo, e dunque non ha alcuna attinenza con l'amore come filantropia che è il moderno concetto cristiano di carità (e per inciso anche il fatto che le Bibbie moderne traducano "agape" con "carità" mentre fino a 70/80 anni fa si traduceva molto più correttamente con "amore" è segno di degenerazione delle esegesi). Negli ultimi tempi la Chiesa predica e pratica solo philia (magari sino al punto di predicare il "sacrificio" proprio a vantaggio dell'altro che non mi sembra per niente un concetto solamente "amichevole") perchè non ha più la benchè minima idea di cosa sia agape.
Attualmente la teologia indica l'agape come amore disinteressato, fraterno, smisurato ( Wikipedia). Mi sembra che , nella primitiva chiesa, essa indicava anche il momento della celebrazione eucaristica comunitaria e fraterna, come un vincolo fraterno d'amore. Penso che l'espressione come amore/dono indica l'amore che va verso l'altro e non il solo sentimento mistico d'amore tra Dio e la sua creatura e ne sottolinea la gratuità. Il termine amore è generico perché può indicare anche l'eros, in cui è presente una componente di attrazione fisica. Personalmente non mi dispiace la traduzione come "amore/dono", mi sembra in linea... :) @Apeiron L'amore disinteressato non mi appare come qualcosa di irraggiungibile. Arduo sicuramente sì, ma non irraggiungibile...

Quindi sarebbe tipo il "sentire di essere parte di qualcosa di più grande, di donare sé per la comunità". Ciò ha senso visto che appunto il cristianesimo non prevede l'annullamento dell'io in modo così esplicito come buddismo e induismo, più vicini alla kenosis (anche se tipo Eckhart non sarebbe così d'accordo  ;D ).

L'amore disinteressato secondo me realisticamente lo raggiungi temporaneamente (ahimé io dubito anche di riuscire ad arrivare a questo livello) ma provarlo sempre significherebbe eliminare ogni egoismo, avversione ecc. Avercelo sempre mi sembra ,se non irragiungibile, tanto (ma proprio tanto) arduo (un po' come il Risveglio del buddhismo).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

donquixote

Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 22:56:39 PMAttualmente la teologia indica l'agape come amore disinteressato, fraterno, smisurato ( Wikipedia). Mi sembra che , nella primitiva chiesa, essa indicava anche il momento della celebrazione eucaristica comunitaria e fraterna, come un vincolo fraterno d'amore. Penso che l'espressione come amore/dono indica l'amore che va verso l'altro e non il solo sentimento mistico d'amore tra Dio e la sua creatura e ne sottolinea la gratuità. Il termine amore è generico perché può indicare anche l'eros, in cui è presente una componente di attrazione fisica. Personalmente non mi dispiace la traduzione come "amore/dono", mi sembra in linea... :) @Apeiron L'amore disinteressato non mi appare come qualcosa di irraggiungibile. Arduo sicuramente sì, ma non irraggiungibile...

Visto che sei molto abile con la logica e l'immaginazione, prova ad immaginare di vedere realizzato l'ideale che predica la Chiesa, ovvero che ognuno offra se stesso all'altro in maniera totale e disinteressata. Intendo ogni persona sulla terra che realizza questo ideale. Cosa ne sortirebbe? Tu mi spieghi come vedi questo mondo ideale e poi ti dico come lo immagino io, poi confrontiamo i risultati e tentiamo di fornirgli un senso logico e soprattutto realistico, e vediamo come dovrebbe diventare il "mondo perfetto" secondo gli insegnamenti della chiesa moderna. Questo "giochino" vale ovviamente per chiunque ci voglia provare, garantisco che se fatto seriamente è alquanto illuminante.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Angelo Cannata

#250
Credo che siate fuori strada, perché siete tornati a trascurare il principio essenziale che vi avevo citato. Se vogliamo approfondire il significato di agape al di fuori del Cristianesimo è un conto; ma se vogliamo indagare cosa significa nel Cristianesimo, è d'obbligo vincolare il suo significato alla figura di Gesù Cristo. Questo ha delle conseguenze importanti:

- significa che per rendersi conto del suo significato il lavoro principale da fare non è l'indagine filologica sul termine (cosa pur sempre ottima), ma l'indagine sul modo in cui Gesù Cristo l'ha realizzato; in questo senso è significativo Gv 15,12, "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato" in cui la parte essenziale è il riferimento finale: se volete sapere come si ama, dovete considerare come io vi ho amato;

- ne consegue inoltre che la sorgente dell'amore non è lo sforzo umano di amare: lo sforzo umano si trasforma in un semplice consenso a far sì che l'amore di Gesù Cristo agisca in se stessi; una volta che il discepolo ha acconsentito a seguire il Maestro, non è più il discepolo ad amare, ma Gesù che ama in lui; ciò significa che da quel momento qualsiasi atto d'amore del discepolo, sebbene macchiato della peccaminosità del discepolo, è già redento, cioè contiene in sé la perfezione dell'amore del Maestro; in altre parole, anche se nel tuo compiere un atto di carità per il prossimo ci possono essere di mezzo tornaconto, intenzioni sbagliate, spinte egoistiche, in mezzo a tutte queste magagne rimane il fatto che ormai è Gesù Cristo che ama in te,  quindi, pur con queste magagne, il tuo atto d'amore contiene ormai in sé la perfezione dell'amare divino. Ciò contiene un altro presupposto implicito: che l'amore di Dio, essendo infinitamente più grande del peccato, è in grado di vincere il peccato annullando ogni possibilità di rivincita da parte del peccato; cioè, se è Gesù Cristo che ama in te, i tuoi peccati non possono più nulla contro tale amore;

- da qui viene un'altra conseguenza, che può risultare strana, ma è anche impressionante nella sua capacità di incoraggiare: se hai dato il tuo assenso affinché l'amore di Gesù agisca in te, da quel momento amare non implica più nessuno sforzo: sarà lui a vincere i tuoi peccati; da ciò consegue la scandalosa facilità con cui Gesù perdonava e che gli procurò la messa in croce, accusato di essere complice dei peccatori proprio per quest'inaccettabile facilità a perdonare; da tener presente che anche l'assenso a lasciar agire l'amore di Gesù in te non implica nessuno sforzo, poiché tale assenso non è altro che la fede e la fede è essenzialmente un dono di Dio, non uno sforzo umano. Da questo punto di vista essere Cristiani è la cosa più facile di questo mondo ed è per questo che il Cristianesimo è tutto composto di peccatori e traditori, una scelta consapevole operata da Gesù stesso.

Il discorso sarebbe ancora da estendere, poiché qui subentrerebbe poi la polemica tra la posizione protestante e quella cattolica.

Ho approfondito ciò per chiarire l'erroneità dell'affermazione scoraggiata di Apeiron:

Citazione di: Apeiron il 05 Dicembre 2016, 23:04:30 PM
L'amore disinteressato secondo me realisticamente lo raggiungi temporaneamente (ahimé io dubito anche di riuscire ad arrivare a questo livello) ma provarlo sempre significherebbe eliminare ogni egoismo, avversione ecc. Avercelo sempre mi sembra ,se non irragiungibile, tanto (ma proprio tanto) arduo (un po' come il Risveglio del buddhismo).

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 06 Dicembre 2016, 02:03:00 AMCredo che siate fuori strada, perché siete tornati a trascurare il principio essenziale che vi avevo citato. Se vogliamo approfondire il significato di agape al di fuori del Cristianesimo è un conto; ma se vogliamo indagare cosa significa nel Cristianesimo, è d'obbligo vincolare il suo significato alla figura di Gesù Cristo. Questo ha delle conseguenze importanti: - significa che per rendersi conto del suo significato il lavoro principale da fare non è l'indagine filologica sul termine (cosa pur sempre ottima), ma l'indagine sul modo in cui Gesù Cristo l'ha realizzato; in questo senso è significativo Gv 15,12, "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato" in cui la parte essenziale è il riferimento finale: se volete sapere come si ama, dovete considerare come io vi ho amato; - ne consegue inoltre che la sorgente dell'amore non è lo sforzo umano di amare: lo sforzo umano si trasforma in un semplice consenso a far sì che l'amore di Gesù Cristo agisca in se stessi; una volta che il discepolo ha acconsentito a seguire il Maestro, non è più il discepolo ad amare, ma Gesù che ama in lui; ciò significa che da quel momento qualsiasi atto d'amore del discepolo, sebbene macchiato della peccaminosità del discepolo, è già redento, cioè contiene in sé la perfezione dell'amore del Maestro; in altre parole, anche se nel tuo compiere un atto di carità per il prossimo ci possono essere di mezzo tornaconto, intenzioni sbagliate, spinte egoistiche, in mezzo a tutte queste magagne rimane il fatto che ormai è Gesù Cristo che ama in te, quindi, pur con queste magagne, il tuo atto d'amore contiene ormai in sé la perfezione dell'amare divino. Ciò contiene un altro presupposto implicito: che l'amore di Dio, essendo infinitamente più grande del peccato, è in grado di vincere il peccato annullando ogni possibilità di rivincita da parte del peccato; cioè, se è Gesù Cristo che ama in te, i tuoi peccati non possono più nulla contro tale amore; - da qui viene un'altra conseguenza, che può risultare strana, ma è anche impressionante nella sua capacità di incoraggiare: se hai dato il tuo assenso affinché l'amore di Gesù agisca in te, da quel momento amare non implica più nessuno sforzo: sarà lui a vincere i tuoi peccati; da ciò consegue la scandalosa facilità con cui Gesù perdonava e che gli procurò la messa in croce, accusato di essere complice dei peccatori proprio per quest'inaccettabile facilità a perdonare; da tener presente che anche l'assenso a lasciar agire l'amore di Gesù in te non implica nessuno sforzo, poiché tale assenso non è altro che la fede e la fede è essenzialmente un dono di Dio, non uno sforzo umano. Da questo punto di vista essere Cristiani è la cosa più facile di questo mondo ed è per questo che il Cristianesimo è tutto composto di peccatori e traditori, una scelta consapevole operata da Gesù stesso. Il discorso sarebbe ancora da estendere, poiché qui subentrerebbe poi la polemica tra la posizione protestante e quella cattolica. Ho approfondito ciò per chiarire l'erroneità dell'affermazione scoraggiata di Apeiron:
Citazione di: Apeiron il 05 Dicembre 2016, 23:04:30 PML'amore disinteressato secondo me realisticamente lo raggiungi temporaneamente (ahimé io dubito anche di riuscire ad arrivare a questo livello) ma provarlo sempre significherebbe eliminare ogni egoismo, avversione ecc. Avercelo sempre mi sembra ,se non irragiungibile, tanto (ma proprio tanto) arduo (un po' come il Risveglio del buddhismo).

Se in noi fosse solo il Cristo ad amare, ne conseguirebbe che non ci sarebbe alcun valore personale nell'amare e quindi nessuna possibilità di giudizio, tanto più se questo assenso a lasciar agire in noi l'agape del Cristo non fosse per sforzo personale , ma per semplice benevolenza divina e a suo assoluto e insindacabile giudizio. Dovremmo trarre la conclusione che la salvezza è già predestinata da Dio stesso e così pure la dannazione. Se non siamo noi  ad amare, non esiste libertà d'amare. Questo però cozza contro il concetto di Dio come sommo bene e buon pastore, che lascia le novantanove pecore nell'ovile e va in cerca di quella smarrita. A mio parere quando si afferma che è Cristo che ama in noi, significa stabilire una comunione tra l'agape da noi liberamente esercitato e l'agape di Dio stesso. Nonostante lo stato di "peccatori" il bene raggiunge l'altro. Se , per es., io visito l'ammalato, compio il bene indipendentemente dal fatto che io sia un santo o che, dieci minuti prima, sia andato con una prostituta. In ogni caso io visito l'ammalato. Quando  dice:"amatevi l'un l'altro, come io vi ho amati" stabilisce la forma dell'esercizio dell'agape secondo Yeoshwa, ossia perdonando. Il perdonarsi diventa l'atto pratico della manifestazione dell'amore tra noi e in Cristo. Pensare che la Grazia d'amare venga data da Dio, semplicemente, e tutto sta nell'accettarla o rifiutarla comporta il problema reale di cui parla Apeiron:-Ma se io dubito di questa Grazia come faccio ad accettarla o rifiutarla?-Donde viene il dubbio se ho la Grazia?- E se non ho la Grazia significa che Dio fa preferenze, concedendola ad alcuni e ad altri no?- Ma questo, nuovamente, mi sembra cozzare contro l'affermazione di Yeoshwa che Dio è Padre buono. Un padre buono ovviamente non fa differenze tra i suoi figli ( e infatti nella famosa parabola non ne fa...). Forse, da quel che ho capito della tua posizione, mi dirai che è proprio Yeoshwa ad essere contradditorio... :) :-\ 
Per me le contraddizioni nascono dalla struttura stessa del linguaggio. Yeoshwa, limitato come tutti all'interno del Logos, non può far altro che indicare e cerca di bypassare la struttura stessa del linguaggio limitante formulando la sua visione del Padre e del Regno attraverso l'uso delle parabole, dei racconti e con la sua testimonianza vivente.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

Citazione di: donquixote il 05 Dicembre 2016, 23:38:32 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 22:56:39 PMAttualmente la teologia indica l'agape come amore disinteressato, fraterno, smisurato ( Wikipedia). Mi sembra che , nella primitiva chiesa, essa indicava anche il momento della celebrazione eucaristica comunitaria e fraterna, come un vincolo fraterno d'amore. Penso che l'espressione come amore/dono indica l'amore che va verso l'altro e non il solo sentimento mistico d'amore tra Dio e la sua creatura e ne sottolinea la gratuità. Il termine amore è generico perché può indicare anche l'eros, in cui è presente una componente di attrazione fisica. Personalmente non mi dispiace la traduzione come "amore/dono", mi sembra in linea... :) @Apeiron L'amore disinteressato non mi appare come qualcosa di irraggiungibile. Arduo sicuramente sì, ma non irraggiungibile...
Visto che sei molto abile con la logica e l'immaginazione, prova ad immaginare di vedere realizzato l'ideale che predica la Chiesa, ovvero che ognuno offra se stesso all'altro in maniera totale e disinteressata. Intendo ogni persona sulla terra che realizza questo ideale. Cosa ne sortirebbe? Tu mi spieghi come vedi questo mondo ideale e poi ti dico come lo immagino io, poi confrontiamo i risultati e tentiamo di fornirgli un senso logico e soprattutto realistico, e vediamo come dovrebbe diventare il "mondo perfetto" secondo gli insegnamenti della chiesa moderna. Questo "giochino" vale ovviamente per chiunque ci voglia provare, garantisco che se fatto seriamente è alquanto illuminante.

Immaginare il "Regno" nella sua attuazione immanente è impresa titanica. Mi vengono in mente alcune conseguenze :
- Cesserebbe totalmente la Paura ( dell'altro ) in quanto amandoci sinceramente tutti non avremmo alcun timore della cattiveria altrui.
-Cesserebbero di conseguenza le Leggi umane che arginano e disciplinano la bestia umana e il suo egoismo.
-Cesserebbe la proprietà privata. Non avrei alcun bisogno di qualcosa di "mio, in quanto tutti condividerebbero tutto con generosità e amore.
-La casa in cui vivo sarebbe un porto di mare, con gente che viene e che va, tutta amabilmente accolta e ristorata con i beni che mi sarebbero messi a disposizione da tutti. Io stesso entrerei liberamente nelle altre case per usare il loro bagno , se il bagno dell'edificio in cui vivo fosse occupato da altri. ;D
-Cesserebbe qualunque forma di consumismo personale, in quanto tutti i beni disponibili sarebbero al servizio di tutti e sempre scambiabili a seconda delle necessità.
-Ci si dividerebbe amorevolmente, si farebbe a gara si potrebbe intuire, per sollevarci vicendevolmente dai lavori più gravosi, tipo pulire le fogne e le latrine.
-Le persone sofferenti e ammalate sarebbero sostenute da tutti i vicini e non solo da pochi familiari.
-Non si ucciderebbero più animali per consumo di carne, trovandolo odioso e rivoltante segno di violenza. Le bistecche sarebbero sostituite dal seitan e dal tofu...
-Sparirebbero tutte le armi e tutti gli eserciti e ogni corpo di polizia e di controllo della bestia umana e del suo egoismo. Sarebbero infatti del tutto inutili...
-Tutte le diatribe ( tipo incidente stradale o altro...) sarebbero amorevolmente risolte, visto che non sarebbe possibile ravvisare dolo volontario in nessuno...
-Le scuole insegnerebbero per prima cosa ad amare Dio , ma non sarebbe difficile in quanto tutti i bimbi e i ragazzi già lo amerebbero naturalmente. Diciamo che approfondirebbero la Bellezza di quest'amore. In subordine si insegnerebbero i vari mestieri  così che tutti possano cavarsela nell'intercambiabilità continua, data dall'aiutarsi e sollevarsi a vicenda dalla fatica...
-Le distinzioni tra ricco e povero, naturalmente, scomparirebbero. Usufruendo tutti di tutti i beni disponibili, non ci sarebbe più alcuna scala gerarchica.
-Non ci sarebbe alcun governo e nazione con i suoi confini. Sarebbe assurdo e totalmente inutile.
- E così via...
Già da questo mi pare che i vantaggi supererebbero di gran lunga gli svantaggi. Tutta l'unica società umana globale sarebbe priva del "mio". Ogni senso di possesso personale cesserebbe...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneBeh mi sembra chiaro che la vita in Paradiso con Dio (sommum bonum!) è molto meglio sia dell'inferno che dell'annichilazione alla morte. Quindi salvezza da entrambe le cose, no?
Ti sembra così chiaro ma non ci vuoi credere ...chiediti come mai?!?!


CitazioneCioè io posso credere nella Resurrezione per l'amore! La redenzione combatte (!) il dubbio. Solo l'amore e non l'intelligenza può fare in modo che uno creda
Quindi confermi che invece di ostinarsi di credere per intelletto bisogna arrendersi nell'amare. E tutto qui, siamo noi che complichiamo la soluzione del Mistero.


CitazioneIgnoravo in realtà (nel post di prima) che il Cristianesimo desse più valore all'amore (carità) rispetto alla fede, cosa che a mio giudizio è ottima (quindi Sariputra hai ragione sul discorso dell'agape!).
Non è il cristianesimo a dare più valora, ma la logica di Dio, ben spiegata in Mt 25: Il Giudizio Finale, e in Gc 2: La fede e le opere.
Se io credo ma non amo, mi sto solo illudendo di credere.


CitazioneTuttavia la difficoltà a credere a diversi dogmi a me non aiuta ad amare veramente. Questo è il problema: alcuni dogmi che non riesco a "accettare" mi spaventano e ciò mi allontana dalla carità (forse). La dannazione eterna irreversibile è uno di questi (anzi forse è quello che più mi spaventa).
Ma se ami davvero, ossia nella sequela a Cristo, non c'è poi bisogno di rammentare ogni due per tre i vari dogmi cristiani. Ama e vai oltre.


CitazioneP.S. Duc un ateo ti può dire che lui fa del bene per migliorare la vita delle generazioni future (e quindi può anche farlo senza alcun egoismo. Diversi miei amici sono così e devo dire che sono brave persone che non si meritano secondo me la sofferenza eterna.).

Anche le due medaglie del recente referendum dicono lo stesso!!
A Gesù non importa ciò che si faccia per le generazioni future se non si è prima consegnato a lui tutto il nostro essere. 
Bravo non significo autentico, come migliore non significa vero.


CitazioneSei però già religioso se dici che la vita terrena (o "condizionata" senza l'aiuto di qualcosa che non ci faccia svanire...) non potrà mai soddisfarci pienamente. Lo sei ancora di più se ammetti la possibilità di un'altra esistenza. Lo sei ancora di più se la cerchi. Lo sei ancora di più se sai qual è. Infine lo sei ancora di più se ne hai la certezza...
Io penso che chi sperimenta queste condizioni non sia altro che un umano.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Angelo Cannata

#254
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 09:38:43 AM
Se in noi fosse solo il Cristo ad amare, ne conseguirebbe che non ci sarebbe alcun valore personale nell'amare...
Cristo non ha nessuna intenzione di sostituirsi al suo discepolo. Quando Paolo, per esempio, in Galati 2,20, dice "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me", non si può intendere che Cristo abbia soppiantato l'identità di Paolo: quest'idea di sostituzione non è mai esistita nel Cristianesimo. Una frase come quella di Paolo va intesa in senso emozionale: egli è così entusiasta di far conoscere la sua esperienza di sentirsi abitato da Cristo, da esprimerla nei termini che ho citato.
Lo stesso vale riguardo all'assenso-fede: dire che la fede è dono di Dio non significa che Dio si sostituisce al discepolo nel fargli fare la scelta di fede. Dio non ha alcun interesse a sminuire, e tantomeno eliminare, l'atto umano di libera scelta nella sua opzione di fede.
Se parliamo di sforzo, è necessario precisare da dove può nascere questo sforzo. C'è una sola origine che lo rende possibile: l'essersi sentiti amati da Dio. In questo senso lo sforzo non nasce mai da una pura iniziativa umana, ma sempre come risposta a qualcosa che Dio ha fatto per primo. È proprio quest'iniziativa di Dio a rendere possibile lo sforzo umano come risposta. In questo senso l'uomo non riesce mai a meritare alcunché di sua iniziativa, perché l'uomo non è in grado di prendere iniziative nei confronti di Dio: l'uomo può solo dare risposte.
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 09:38:43 AMA mio parere quando si afferma che è Cristo che ama in noi, significa stabilire una comunione tra l'agape da noi liberamente esercitato e l'agape di Dio stesso.
Il termine "comunione" è perfetto, non per nulla è il preferito dalla Chiesa per indicare ciò che avviene quando il fedele partecipa alla Cena di Gesù.
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 09:38:43 AMQuando  dice:"amatevi l'un l'altro, come io vi ho amati" stabilisce la forma dell'esercizio dell'agape secondo Yeoshwa, ossia perdonando.
L'essenza dell'amore dato da Cristo è il suo essere morto e risorto, il perdono è solo un aspetto particolare della vicenda fondamentale di morte e risurrezione di Gesù. Se il discepolo intende mettere in pratica il comandamento di amare come Gesù ha amato, significa che egli si dispone a vivere la propria esistenza unendola in continuazione alla morte e risurrezione di Gesù. Quest'unione non è possibile per pura iniziativa del discepolo: è Gesù che pone il discepolo in questa comunione, e ciò avviene in due momenti: il momento sorgente è la Cena di Gesù; cibarsi di lui significa esattamente questo: far entrare dentro di sé la morte e risurrezione di Gesù; il secondo momento è quando il discepolo mette in atto questa comunione, ormai avviata con la partecipazione alla Cena, nella vita concreta quotidiana.
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 09:38:43 AMPensare che la Grazia d'amare venga data da Dio, semplicemente, e tutto sta nell'accettarla o rifiutarla comporta il problema reale di cui parla Apeiron:-Ma se io dubito di questa Grazia come faccio ad accettarla o rifiutarla?-Donde viene il dubbio se ho la Grazia?- E se non ho la Grazia significa che Dio fa preferenze, concedendola ad alcuni e ad altri no?- Ma questo, nuovamente, mi sembra cozzare contro l'affermazione di Yeoshwa che Dio è Padre buono. Un padre buono ovviamente non fa differenze tra i suoi figli ( e infatti nella famosa parabola non ne fa...).
Ciò che nel Cattolicesimo si chiama Grazia non è anzitutto "Grazia d'amare": intesa così è ovvio che comporti le difficoltà che hai espresso. La Grazia è anzitutto Grazia di essere amati. Grazia significa una cosa data gratis, gratuitamente. La prima cosa che Dio dà gratuitamente alla sua creatura è l'amore suo per tale creatura. Dio non aspetta di essere amato per amare: egli ama sempre per primo. Questa è la Grazia: un'esperienza vissuta di ricezione d'amore. Da ciò consegue che non esistono persone a cui Dio non dia la sua Grazia. In partenza, quindi, non c'è possibilità di rifiutare la Grazia di Dio, perché il primo suo atto di Grazia, di amore, è il creare. Poiché l'uomo non può rifiutare di essere creato, non esiste in partenza una possibilità di rifiuto. Ciò che l'uomo può rifiutare di porre in atto è la propria risposta positiva a tale Grazia.
Citazione di: Sariputra il 06 Dicembre 2016, 09:38:43 AMDonde viene il dubbio se ho la Grazia?
Proprio perché, come ho detto sopra, Dio non si sostituisce mai alla risposta dell'uomo, la possibilità di dubitare è fondata sul fatto che l'esperienza di amore che Dio dà all'uomo si pone solo come proposta di partenza. Dio fa sperimentare all'uomo il suo amore. Tale amore però è offerto in modo tale da non essere costrittivo, cioè non è come un teorema di matematica che, almeno per certi versi, è stringente e non puoi sottrarti alla sua forza dimostrativa. L'amore di Dio si pone come esperienza di cui è possibile dubitare, perché Dio vuole avere a che fare con soggetti in grado di dargli una risposta personale, libera, individuale, cosciente, ecc. Da questo punto di vista si può notare che la possibilità stessa di dubitare è un dono di Dio, affinché il rispondere a lui non avvenga come quando tocchi un interruttore e la lampada si accende senza libertà di scelta; Dio vuole per l'uomo un rapporto in cui l'uomo stesso possa pienamente percepire ed esercitare il proprio essere capace di risposta libera.

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