Dubbi sempre più insistenti (Cristianesimo in particolar modo ma non solo)

Aperto da Apeiron, 11 Novembre 2016, 22:57:36 PM

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Duc in altum!

**  scritto da Sariputra:
CitazioneCome agire dopo aver dubitato?
Certamente è essenziale il come agire, ma lo diventa maggiormente, siccome l'agire è la conseguenza del discernimento, quando realizziamo il mistero dell'inevitabilità dell'agire etico/morale nell'uomo.

Comunque si agisca eticamente dopo l'imprescindibile dubbio non è il fine, ma il come e il senso del dubbio fondamentale: che l'agire, lo scegliere, il decidersi, lo schierarsi, è ineludibile, quasi come se fosse predestinato ontologicamente.


CitazioneSembra facile dire: "Ho una fede che guida il mio agire", spesso però le scelte concrete costringono ad interpretare e calare quella particolare fede nel contesto storico e culturale in cui viviamo.

Sarà pure, ma oggettivamente non incontro differenze tra chi preferiva farsi ammazzare per il proprio ideale al tempo egiziano e chi lo sperimenta oggi. O tra l'Imperatore o un re delle passate epoche e gli attuali capi di governo. La fede nel o contro il mors tua vita mea è sempre contemporanea e presente.



CitazioneSe, per es., per un uomo del medioevo era pacifico ritenere che, dopo l'adulterio e il divorzio, non ci si poteva più comunicare, anzi si era automaticamente fuori dalla chiesa, oggigiorno , anche per l'uomo di "fede" le cose son cambiate ( con inevitabile polemiche e contraddizioni, come stiamo leggendo, sulla pastorale della famiglia...).
Non è cambiato un bel niente, giacché il fatto che dichiarassero fuori dalla Chiesa delle persone già non era più Vangelo, quindi era una pseudo-scomunica. Ieri come oggi. Ieri c'era l'inquisizione, ancora prima e peggio ancora i parabolani, da cui la Chiesa ha preso le distanze e ha chiesto perdono per i peccati commessi in nome di Dio, e l'esempio di Santa Giovanna d'Arco è emblematico per far comprendere a chi, affranto e contrito sinceramente nei riguardi di nostro Signore, si sentisse dire di non poter frequentare la Parrocchia, che non è evangelico quel comportamento clericale. Di non perdere la fede, la pazienza e la speranza (che sono sempre le stesse fiducie in ogni tempo), specialmente se offesi o calunniati proprio da chi in Chiesa altro non è che un cattolico da salotto o del 6- (cit. P. Francesco).

L'uomo divorziato del medioevo, anche se scomunicato, in cuor suo ha vissuto e sperimentato, come in ogni epoca, l'abbraccio misericordioso del figliol prodigo, ovviamente, sempre e solamente se pentito e confessato.


CitazionePossiamo dire che, sia che sia basata su una fede religiosa oppure su una fede personale, la vita ci costringe a dubitare e relativizza tutto.

 Sì, ma quel che appare relativo della nostra scelta agli occhi degli altri, per noi, nella maggior parte di risposta al dubbio, è oggettivo. E' questa la meravigliosa bellezza.
L'esempio pratico è nella politica: si cerca di denigrare alcune realtà oggettive relativizzandole come populiste. La relativizzazione non è la verità, ma è la verità a smascherare l'ipocrisia e l'invidia celatesi in essa.


CitazioneE' possibile esistere senza condizionamenti esterni?

Penso 50/50 con quelli interni. L'unità nelle diversità.



CitazioneChe spazio di libertà d'agire possiamo trovare allora all'interno del dubbio e dell'incertezza e quale metro di valutazione possiamo usare, per essere più vicini al tentativo di realizzare il nostro ben-essere?
Lo spazio di libertà è infinita, dal momento che possiamo anche eliminarci, quindi scommettere che così non avremo più il tarlo angosciante del dubbio o della sofferenza. Per il metro di valutazione è imprescindibile il modello, l'esempio il guru a cui facciamo riferimento.



CitazioneUn metodo ragionevole potrebbe essere quello di agire in maniera di cagionare il minor dolore ( mal-essere) possibile a se stessi e a chi ci circonda.
Sì, ma più essenziale è come agiamo, anzi re-agiamo, quando il dolore è cagionato da altri o dal "fato". Lì c'è da riflettere sul nostro comportamento, interiore ed esteriore.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 01 Dicembre 2016, 16:49:31 PM
Finchè in noi vive la separazione e la dualità ( noi e l'altro) la domanda , a parer mio, non può trovare risposta.
Non capisco perché non si dovrebbero accogliere in noi stessi separazione e dualità, quali fonti di crescita. L'altro mi arricchisce proprio perché è diverso da me. Io continuo a progredire proprio perché in me ci sono tendenze contrastanti. Ciò ovviamente provoca sofferenza e al problema della sofferenza nessuno ha mai saputo trovare risposte valide. Per lo meno, però, possiamo tentare di attraversare la sofferenza, una volta che è inevitabile farlo, nei modi più fruttuosi. Ora, io trovo fruttuoso proprio questo: apprezzare la diversità, anche se ci sono in me istinti che mi spingerebbero piuttosto ad eliminarla. Al contrario, quando percepisco tendenze a ridurre le cose a unità, sento odore di dittatura.
Proverei a sottoporre a critica anche la conclusione "non può trovare risposta": non è che per caso potrebbe essere un male proprio il nostro orientarci alla ricerca di risposte? Non è che forse sarebbe più fruttuoso andare in cerca di domande, piuttosto che di risposte?

Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneL'altro mi arricchisce proprio perché è diverso da me. Io continuo a progredire proprio perché in me ci sono tendenze contrastanti.
Questa tua riflessione mi ha fatto ricordare la spiegazione che Papa Francesco da' ai nostri contrasti:

http://it.aleteia.org/2016/12/01/papa-francesco-riconoscere-le-resistenze-alla-grazia-no-al-gattopardismo-spirituale/

...se può servire!!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 02 Dicembre 2016, 12:31:44 PM
Citazione di: Sariputra il 01 Dicembre 2016, 16:49:31 PMFinchè in noi vive la separazione e la dualità ( noi e l'altro) la domanda , a parer mio, non può trovare risposta.
Non capisco perché non si dovrebbero accogliere in noi stessi separazione e dualità, quali fonti di crescita. L'altro mi arricchisce proprio perché è diverso da me. Io continuo a progredire proprio perché in me ci sono tendenze contrastanti. Ciò ovviamente provoca sofferenza e al problema della sofferenza nessuno ha mai saputo trovare risposte valide. Per lo meno, però, possiamo tentare di attraversare la sofferenza, una volta che è inevitabile farlo, nei modi più fruttuosi. Ora, io trovo fruttuoso proprio questo: apprezzare la diversità, anche se ci sono in me istinti che mi spingerebbero piuttosto ad eliminarla. Al contrario, quando percepisco tendenze a ridurre le cose a unità, sento odore di dittatura. Proverei a sottoporre a critica anche la conclusione "non può trovare risposta": non è che per caso potrebbe essere un male proprio il nostro orientarci alla ricerca di risposte? Non è che forse sarebbe più fruttuoso andare in cerca di domande, piuttosto che di risposte?

Beh...non è che, se si cercano risposte, non si possa anche formulare domande ! C'è un tempo per seminare ( domanda) e a volte, se la semente viene a maturazione, per raccogliere ( risposta). Poi , dal raccolto, si ricavano altri semi per la prossima semina.  :)
La tendenza all'unità non significa l'eliminazione della diversità. E' lo sforzo di assumere in noi la nostra fondamentale unità di destino di fronte alla vita e alla sua sofferenza.
Non è un "male" trovare risposte, casomai è un male volerle imporre agli altri...
Contrariamente a te,io non penso che le tendenze contrastanti che sono noi, ci facciano progredire. Il più delle volte ci lasciano in una posizione di "stallo", come una nave che segue una rotta circolare su se stessa. Poi, ovviamente, ognuno di noi ha la sua esperienza concreta...


@Duc
Penso che sia stato difficile per l'uomo del medioevo percepire l'abbraccio misercordioso del Padre, se è stato rifiutato  dai suoi fratelli, che dovevano essere proprio le "braccia" amorevoli di quel Padre...
E' vero che la sofferenza che ci viene imposta dagli altri o dal nostro corpo è più difficile da accettare che non quella che ci creiamo da soli . In fondo, in quella che ci creiamo, trovo ci sia anche un pò di autogratificazione masochistica, ci forma nella nostra supposta "identità". E' il piacere interiore di "pensar di soffrire", causa di altra futura sofferenza reale...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

@ per curiosità voglio sentire come i convinti (cioè non-dubitanti) cristiani (in particolar modo, ma anche altri punti di vista sono ben accetti) che credono nell'inferno come punizione eterna reagiscono a questa (possibilissima) situazione.

Situazione: un uomo e una donna cristiani si innamorano e fanno una famiglia, cioè fanno figli. Crescere un figlio è (me ne rendo conto) una cosa bellissima e quindi è un gesto d'amore. Avviene però una tragedia: il figlio perde la fede, diventa ateo. Tuttavia mantiene la volontà di fare del bene (e comunque non si macchia di atti malvagi, è un buon cittadino e anche non compie peccati gravi - mancanza di fede esclusa). Un giorno però, ancora ateo, fa un incidente e muore. Siccome non aveva più fede è andato all'inferno. I genitori si disperano per due motivi: (1) il loro caro figlio non c'è più (2) il loro caro figlio è andato all'inferno.

Ora guardiamo il ragionamento: (1) i genitori per amore fanno un figlio (come immagino per amore Dio ha creato il mondo e gli uomini) (2) creare qualcosa è un gesto d'amore (3) il figlio si salva se e solo se crede veramente alla dottrina cristiana (4) mettere al mondo il figlio significa esporlo alla possibilità di peccato (5) il peccato è possibile se e solo se c'è uno che può peccare (6) peccare è male (7) l'inferno è doloroso ( 8 ) sapere che una persona prova dolore induce compassione e ci fa rendere conto della "responsabilità" con cui uno può vvivere e del fatto che la "strada è stretta" (9) esporre qualcuno al rischio è un gesto che può fare in modo di creare sofferenza (10) siccome la strada è stretta con una buona probabilità il Paradiso non sarà accessibile (11) MA se non si fa un figlio non lo si espone al peccato (12) quindi per essere sicuri che l'inferno non si riempia più (! supponendo che oggi non sia vuoto) e per essere sicuri che non ci sia più male nel mondo non si fa più figli (13) ergo: l'anti-natalismo è una prospettiva giusta.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 18:47:03 PM@ per curiosità voglio sentire come i convinti (cioè non-dubitanti) cristiani (in particolar modo, ma anche altri punti di vista sono ben accetti) che credono nell'inferno come punizione eterna reagiscono a questa (possibilissima) situazione. Situazione: un uomo e una donna cristiani si innamorano e fanno una famiglia, cioè fanno figli. Crescere un figlio è (me ne rendo conto) una cosa bellissima e quindi è un gesto d'amore. Avviene però una tragedia: il figlio perde la fede, diventa ateo. Tuttavia mantiene la volontà di fare del bene (e comunque non si macchia di atti malvagi, è un buon cittadino e anche non compie peccati gravi - mancanza di fede esclusa). Un giorno però, ancora ateo, fa un incidente e muore. Siccome non aveva più fede è andato all'inferno. I genitori si disperano per due motivi: (1) il loro caro figlio non c'è più (2) il loro caro figlio è andato all'inferno. Ora guardiamo il ragionamento: (1) i genitori per amore fanno un figlio (come immagino per amore Dio ha creato il mondo e gli uomini) (2) creare qualcosa è un gesto d'amore (3) il figlio si salva se e solo se crede veramente alla dottrina cristiana (4) mettere al mondo il figlio significa esporlo alla possibilità di peccato (5) il peccato è possibile se e solo se c'è uno che può peccare (6) peccare è male (7) l'inferno è doloroso ( 8 ) sapere che una persona prova dolore induce compassione e ci fa rendere conto della "responsabilità" con cui uno può vvivere e del fatto che la "strada è stretta" (9) esporre qualcuno al rischio è un gesto che può fare in modo di creare sofferenza (10) siccome la strada è stretta con una buona probabilità il Paradiso non sarà accessibile (11) MA se non si fa un figlio non lo si espone al peccato (12) quindi per essere sicuri che l'inferno non si riempia più (! supponendo che oggi non sia vuoto) e per essere sicuri che non ci sia più male nel mondo non si fa più figli (13) ergo: l'anti-natalismo è una prospettiva giusta.

Apeiron...e chi lo dice che si "salvano" solo quelli che hanno fede? Se non intendo male il cristianesimo non saremo giudicati da nessuno, ma ci si salverà in ragione dell'amore che abbiamo nutrito verso il nostro "prossimo" ( ossia, in primis, le persone che ci stanno vicino e poi, via via, a tutto il mondo, come il propagarsi dei cerchi nell'acqua stagnante scossa da una pietra scagliata nel profondo).  Una coscienza purificata nell'amore "sale"e una appesantita dall'egoismo " scende" ( Paradiso e Inferno sono metafore,simboli di stati di beatitudine/unione e di disperazione/separazione ovviamente). Dobbiamo aver ben presente la parabola del figliol prodigo che ci dà l'immagine del Padre  come lo intendeva/svelava Yeoshwa. Dio giudice duro e inflessibile è un'immagine che appartiene al pre-Concilio Vaticano II. Il Padre ama il figlio ancor di più quando è lontano da lui e smarrito nel mondo e sta sempre vigile per vedere se ricompare all'orizzonte, perché "non può rinunciare alle sue creature" e , attraverso infiniti mezzi, non potranno sfuggire al suo amore. Solo se essi ameranno la loro disperazione saranno fuori dalle sue possibilità d'abbraccio, perché nessun vero amore può costringere l'altro ad amare...Il cristianesimo è la religione dell'agape, un amore che è dono non imposizione. Come diceva il Mahatma Gandhi bisogna cogliere il fiume vero, e il maestoso letto in cui scorre, di una forma di religione e non assumere per veri gli innumerevoli rivoli creati ad arte dall'uomo nel corso della sua storia per scopi di potere. Ti consiglio , se ti interessa, leggere il formidabile ( a mio parere ovviamente...) "Manoscritto M" di Terese Martin ( per la chiesa cattolica Santa Terese di Lisieaux), morta a 24 anni e dottore della Chiesa, per cercare di cogliere il Mistero di questo amore assoluto...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 04 Dicembre 2016, 19:27:43 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 18:47:03 PM@ per curiosità voglio sentire come i convinti (cioè non-dubitanti) cristiani (in particolar modo, ma anche altri punti di vista sono ben accetti) che credono nell'inferno come punizione eterna reagiscono a questa (possibilissima) situazione. Situazione: un uomo e una donna cristiani si innamorano e fanno una famiglia, cioè fanno figli. Crescere un figlio è (me ne rendo conto) una cosa bellissima e quindi è un gesto d'amore. Avviene però una tragedia: il figlio perde la fede, diventa ateo. Tuttavia mantiene la volontà di fare del bene (e comunque non si macchia di atti malvagi, è un buon cittadino e anche non compie peccati gravi - mancanza di fede esclusa). Un giorno però, ancora ateo, fa un incidente e muore. Siccome non aveva più fede è andato all'inferno. I genitori si disperano per due motivi: (1) il loro caro figlio non c'è più (2) il loro caro figlio è andato all'inferno. Ora guardiamo il ragionamento: (1) i genitori per amore fanno un figlio (come immagino per amore Dio ha creato il mondo e gli uomini) (2) creare qualcosa è un gesto d'amore (3) il figlio si salva se e solo se crede veramente alla dottrina cristiana (4) mettere al mondo il figlio significa esporlo alla possibilità di peccato (5) il peccato è possibile se e solo se c'è uno che può peccare (6) peccare è male (7) l'inferno è doloroso ( 8 ) sapere che una persona prova dolore induce compassione e ci fa rendere conto della "responsabilità" con cui uno può vvivere e del fatto che la "strada è stretta" (9) esporre qualcuno al rischio è un gesto che può fare in modo di creare sofferenza (10) siccome la strada è stretta con una buona probabilità il Paradiso non sarà accessibile (11) MA se non si fa un figlio non lo si espone al peccato (12) quindi per essere sicuri che l'inferno non si riempia più (! supponendo che oggi non sia vuoto) e per essere sicuri che non ci sia più male nel mondo non si fa più figli (13) ergo: l'anti-natalismo è una prospettiva giusta.
Apeiron...e chi lo dice che si "salvano" solo quelli che hanno fede? Se non intendo male il cristianesimo non saremo giudicati da nessuno, ma ci si salverà in ragione dell'amore che abbiamo nutrito verso il nostro "prossimo" ( ossia, in primis, le persone che ci stanno vicino e poi, via via, a tutto il mondo, come il propagarsi dei cerchi nell'acqua stagnante scossa da una pietra scagliata nel profondo). Una coscienza purificata nell'amore "sale"e una appesantita dall'egoismo " scende" ( Paradiso e Inferno sono metafore,simboli di stati di beatitudine/unione e di disperazione/separazione ovviamente). Dobbiamo aver ben presente la parabola del figliol prodigo che ci dà l'immagine del Padre come lo intendeva/svelava Yeoshwa. Dio giudice duro e inflessibile è un'immagine che appartiene al pre-Concilio Vaticano II. Il Padre ama il figlio ancor di più quando è lontano da lui e smarrito nel mondo e sta sempre vigile per vedere se ricompare all'orizzonte, perché "non può rinunciare alle sue creature" e , attraverso infiniti mezzi, non potranno sfuggire al suo amore. Solo se essi ameranno la loro disperazione saranno fuori dalle sue possibilità d'abbraccio, perché nessun vero amore può costringere l'altro ad amare...Il cristianesimo è la religione dell'agape, un amore che è dono non imposizione. Come diceva il Mahatma Gandhi bisogna cogliere il fiume vero, e il maestoso letto in cui scorre, di una forma di religione e non assumere per veri gli innumerevoli rivoli creati ad arte dall'uomo nel corso della sua storia per scopi di potere. Ti consiglio , se ti interessa, leggere il formidabile ( a mio parere ovviamente...) "Manoscritto M" di Terese Martin ( per la chiesa cattolica Santa Terese di Lisieaux), morta a 24 anni e dottore della Chiesa, per cercare di cogliere il Mistero di questo amore assoluto...

Grazie Sariputra, se avrò occasione certamente leggerò. La questione mi sta tormentando perchè mi pare una assurdità. Ma è anche vero che forse è dovuto al fatto che io non conosco davvero l'amore (e ho anche motivi personali per crederlo, ad esempio ho difficoltà a "stare vicino" agli altri, sono "distaccato" e provo fortissime difficoltà ad avvicinarmi e la cosa mi crea non pochi tormenti mentali a volte di difficile sopportazione - spero che sia passato il concetto) però la domanda mi pare plausibile.

Chiaramente è giusta la riflessione che fai sull'agape che condivido (e forse è proprio l'agape l'oggettività dell'etica...).

P.S. Lo dice che non si salvano credo lo stesso Gesù o comunque San Paolo (non riesco però a darti ora il riferimento biblico).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 19:41:04 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Dicembre 2016, 19:27:43 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 18:47:03 PM@ per curiosità voglio sentire come i convinti (cioè non-dubitanti) cristiani (in particolar modo, ma anche altri punti di vista sono ben accetti) che credono nell'inferno come punizione eterna reagiscono a questa (possibilissima) situazione. Situazione: un uomo e una donna cristiani si innamorano e fanno una famiglia, cioè fanno figli. Crescere un figlio è (me ne rendo conto) una cosa bellissima e quindi è un gesto d'amore. Avviene però una tragedia: il figlio perde la fede, diventa ateo. Tuttavia mantiene la volontà di fare del bene (e comunque non si macchia di atti malvagi, è un buon cittadino e anche non compie peccati gravi - mancanza di fede esclusa). Un giorno però, ancora ateo, fa un incidente e muore. Siccome non aveva più fede è andato all'inferno. I genitori si disperano per due motivi: (1) il loro caro figlio non c'è più (2) il loro caro figlio è andato all'inferno. Ora guardiamo il ragionamento: (1) i genitori per amore fanno un figlio (come immagino per amore Dio ha creato il mondo e gli uomini) (2) creare qualcosa è un gesto d'amore (3) il figlio si salva se e solo se crede veramente alla dottrina cristiana (4) mettere al mondo il figlio significa esporlo alla possibilità di peccato (5) il peccato è possibile se e solo se c'è uno che può peccare (6) peccare è male (7) l'inferno è doloroso ( 8 ) sapere che una persona prova dolore induce compassione e ci fa rendere conto della "responsabilità" con cui uno può vvivere e del fatto che la "strada è stretta" (9) esporre qualcuno al rischio è un gesto che può fare in modo di creare sofferenza (10) siccome la strada è stretta con una buona probabilità il Paradiso non sarà accessibile (11) MA se non si fa un figlio non lo si espone al peccato (12) quindi per essere sicuri che l'inferno non si riempia più (! supponendo che oggi non sia vuoto) e per essere sicuri che non ci sia più male nel mondo non si fa più figli (13) ergo: l'anti-natalismo è una prospettiva giusta.
Apeiron...e chi lo dice che si "salvano" solo quelli che hanno fede? Se non intendo male il cristianesimo non saremo giudicati da nessuno, ma ci si salverà in ragione dell'amore che abbiamo nutrito verso il nostro "prossimo" ( ossia, in primis, le persone che ci stanno vicino e poi, via via, a tutto il mondo, come il propagarsi dei cerchi nell'acqua stagnante scossa da una pietra scagliata nel profondo). Una coscienza purificata nell'amore "sale"e una appesantita dall'egoismo " scende" ( Paradiso e Inferno sono metafore,simboli di stati di beatitudine/unione e di disperazione/separazione ovviamente). Dobbiamo aver ben presente la parabola del figliol prodigo che ci dà l'immagine del Padre come lo intendeva/svelava Yeoshwa. Dio giudice duro e inflessibile è un'immagine che appartiene al pre-Concilio Vaticano II. Il Padre ama il figlio ancor di più quando è lontano da lui e smarrito nel mondo e sta sempre vigile per vedere se ricompare all'orizzonte, perché "non può rinunciare alle sue creature" e , attraverso infiniti mezzi, non potranno sfuggire al suo amore. Solo se essi ameranno la loro disperazione saranno fuori dalle sue possibilità d'abbraccio, perché nessun vero amore può costringere l'altro ad amare...Il cristianesimo è la religione dell'agape, un amore che è dono non imposizione. Come diceva il Mahatma Gandhi bisogna cogliere il fiume vero, e il maestoso letto in cui scorre, di una forma di religione e non assumere per veri gli innumerevoli rivoli creati ad arte dall'uomo nel corso della sua storia per scopi di potere. Ti consiglio , se ti interessa, leggere il formidabile ( a mio parere ovviamente...) "Manoscritto M" di Terese Martin ( per la chiesa cattolica Santa Terese di Lisieaux), morta a 24 anni e dottore della Chiesa, per cercare di cogliere il Mistero di questo amore assoluto...
Grazie Sariputra, se avrò occasione certamente leggerò. La questione mi sta tormentando perchè mi pare una assurdità. Ma è anche vero che forse è dovuto al fatto che io non conosco davvero l'amore (e ho anche motivi personali per crederlo, ad esempio ho difficoltà a "stare vicino" agli altri, sono "distaccato" e provo fortissime difficoltà ad avvicinarmi e la cosa mi crea non pochi tormenti mentali a volte di difficile sopportazione - spero che sia passato il concetto) però la domanda mi pare plausibile. Chiaramente è giusta la riflessione che fai sull'agape che condivido (e forse è proprio l'agape l'oggettività dell'etica...). P.S. Lo dice che non si salvano credo lo stesso Gesù o comunque San Paolo (non riesco però a darti ora il riferimento biblico).

Non conosco ovviamente la tua età e non mi piace dare consigli agli altri (purtroppo posso ancora dare cattivo esempio... ;D ) ma le "difficoltà" di cui parli e che fanno parte del tuo vissuto attuale mi ricordano un giovane Sari che viveva solitario sotto il Monte...Solo che il giovane Sari voleva amare e , nonostante tutte le ragazze gli dicessero di no rabbrividendo, lui continuava imperterrito a mendicare amore , andando di qua e di là sopra il suo asino...finché, quando smise di cercarlo, l'amore venne e quell'abbraccio "umano, troppo umano" scaldò il suo cuore...poi venne anche una figlia e Sari non fu più Sari... :)
Certo che lo dicono Yeoshwa e  Saulo ma credo che s'intenda come mancanza di fede nella possibilità di essere veramente amati ( di-sperare di poter essere veramente amato). Fede, speranza e agape sono tre termini che indicano un solo processo, come nel buddhismo anicca-dukkha-anatta sono in apparenza tre termini ma possono essere compresi in pieno solo in stretta relazione con gli altri. Forse si potrebbe affermare che:-solo se si ha speranza di poter essere agape si ha vera fede-. Viceversa- Se Non si spera di poter essere agape si è privi di fede- La disperazione è la dannazione che è presente qui e ora e che ci trascina nell'abisso della separazione dall'agape.

P.S. Adesso vado a votare. Sento incombente la presenza serena , ma severa, del sagace Eutidemo... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 04 Dicembre 2016, 20:25:14 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 19:41:04 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Dicembre 2016, 19:27:43 PM
Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 18:47:03 PM@ per curiosità voglio sentire come i convinti (cioè non-dubitanti) cristiani (in particolar modo, ma anche altri punti di vista sono ben accetti) che credono nell'inferno come punizione eterna reagiscono a questa (possibilissima) situazione. Situazione: un uomo e una donna cristiani si innamorano e fanno una famiglia, cioè fanno figli. Crescere un figlio è (me ne rendo conto) una cosa bellissima e quindi è un gesto d'amore. Avviene però una tragedia: il figlio perde la fede, diventa ateo. Tuttavia mantiene la volontà di fare del bene (e comunque non si macchia di atti malvagi, è un buon cittadino e anche non compie peccati gravi - mancanza di fede esclusa). Un giorno però, ancora ateo, fa un incidente e muore. Siccome non aveva più fede è andato all'inferno. I genitori si disperano per due motivi: (1) il loro caro figlio non c'è più (2) il loro caro figlio è andato all'inferno. Ora guardiamo il ragionamento: (1) i genitori per amore fanno un figlio (come immagino per amore Dio ha creato il mondo e gli uomini) (2) creare qualcosa è un gesto d'amore (3) il figlio si salva se e solo se crede veramente alla dottrina cristiana (4) mettere al mondo il figlio significa esporlo alla possibilità di peccato (5) il peccato è possibile se e solo se c'è uno che può peccare (6) peccare è male (7) l'inferno è doloroso ( 8 ) sapere che una persona prova dolore induce compassione e ci fa rendere conto della "responsabilità" con cui uno può vvivere e del fatto che la "strada è stretta" (9) esporre qualcuno al rischio è un gesto che può fare in modo di creare sofferenza (10) siccome la strada è stretta con una buona probabilità il Paradiso non sarà accessibile (11) MA se non si fa un figlio non lo si espone al peccato (12) quindi per essere sicuri che l'inferno non si riempia più (! supponendo che oggi non sia vuoto) e per essere sicuri che non ci sia più male nel mondo non si fa più figli (13) ergo: l'anti-natalismo è una prospettiva giusta.
Apeiron...e chi lo dice che si "salvano" solo quelli che hanno fede? Se non intendo male il cristianesimo non saremo giudicati da nessuno, ma ci si salverà in ragione dell'amore che abbiamo nutrito verso il nostro "prossimo" ( ossia, in primis, le persone che ci stanno vicino e poi, via via, a tutto il mondo, come il propagarsi dei cerchi nell'acqua stagnante scossa da una pietra scagliata nel profondo). Una coscienza purificata nell'amore "sale"e una appesantita dall'egoismo " scende" ( Paradiso e Inferno sono metafore,simboli di stati di beatitudine/unione e di disperazione/separazione ovviamente). Dobbiamo aver ben presente la parabola del figliol prodigo che ci dà l'immagine del Padre come lo intendeva/svelava Yeoshwa. Dio giudice duro e inflessibile è un'immagine che appartiene al pre-Concilio Vaticano II. Il Padre ama il figlio ancor di più quando è lontano da lui e smarrito nel mondo e sta sempre vigile per vedere se ricompare all'orizzonte, perché "non può rinunciare alle sue creature" e , attraverso infiniti mezzi, non potranno sfuggire al suo amore. Solo se essi ameranno la loro disperazione saranno fuori dalle sue possibilità d'abbraccio, perché nessun vero amore può costringere l'altro ad amare...Il cristianesimo è la religione dell'agape, un amore che è dono non imposizione. Come diceva il Mahatma Gandhi bisogna cogliere il fiume vero, e il maestoso letto in cui scorre, di una forma di religione e non assumere per veri gli innumerevoli rivoli creati ad arte dall'uomo nel corso della sua storia per scopi di potere. Ti consiglio , se ti interessa, leggere il formidabile ( a mio parere ovviamente...) "Manoscritto M" di Terese Martin ( per la chiesa cattolica Santa Terese di Lisieaux), morta a 24 anni e dottore della Chiesa, per cercare di cogliere il Mistero di questo amore assoluto...
Grazie Sariputra, se avrò occasione certamente leggerò. La questione mi sta tormentando perchè mi pare una assurdità. Ma è anche vero che forse è dovuto al fatto che io non conosco davvero l'amore (e ho anche motivi personali per crederlo, ad esempio ho difficoltà a "stare vicino" agli altri, sono "distaccato" e provo fortissime difficoltà ad avvicinarmi e la cosa mi crea non pochi tormenti mentali a volte di difficile sopportazione - spero che sia passato il concetto) però la domanda mi pare plausibile. Chiaramente è giusta la riflessione che fai sull'agape che condivido (e forse è proprio l'agape l'oggettività dell'etica...). P.S. Lo dice che non si salvano credo lo stesso Gesù o comunque San Paolo (non riesco però a darti ora il riferimento biblico).
Non conosco ovviamente la tua età e non mi piace dare consigli agli altri (purtroppo posso ancora dare cattivo esempio... ;D ) ma le "difficoltà" di cui parli e che fanno parte del tuo vissuto attuale mi ricordano un giovane Sari che viveva solitario sotto il Monte...Solo che il giovane Sari voleva amare e , nonostante tutte le ragazze gli dicessero di no rabbrividendo, lui continuava imperterrito a mendicare amore , andando di qua e di là sopra il suo asino...finché, quando smise di cercarlo, l'amore venne e quell'abbraccio "umano, troppo umano" scaldò il suo cuore...poi venne anche una figlia e Sari non fu più Sari... :) Certo che lo dicono Yeoshwa e Saulo ma credo che s'intenda come mancanza di fede nella possibilità di essere veramente amati ( di-sperare di poter essere veramente amato). Fede, speranza e agape sono tre termini che indicano un solo processo, come nel buddhismo anicca-dukkha-anatta sono in apparenza tre termini ma possono essere compresi in pieno solo in stretta relazione con gli altri. Forse si potrebbe affermare che:-solo se si ha speranza di poter essere agape si ha vera fede-. Viceversa- Se Non si spera di poter essere agape si è privi di fede- La disperazione è la dannazione che è presente qui e ora e che ci trascina nell'abisso della separazione dall'agape. P.S. Adesso vado a votare. Sento incombente la presenza serena , ma severa, del sagace Eutidemo... ;D

http://www.riflessioni.it/logos/presentazione-nuovi-iscritti/presentazione-314/ qui trovi la mia età  ;D

Vedi come concetto l'inferno è terribile, è la fine peggiore che si potrebbe mai immaginare: l'esclusione totale, una sete infinita e mai soddisfatta, il conflitto perpetuo ecc. E il paradosso è appunto è che questo si trova nella religione dell'agape, l'amore incondizionato. Vedi il mio problema è che questa "esclusione" la percepisco già oggi e veramente a volte mi sembra di "intuire" l'inferno, nel senso che tale "distacco" provoca un dolore che solo pochi percepiscono e dunque  che pochi comprendono. Paradossalmente ho amici, una famiglia che mi ama, non sono nella miseria ecc. Ma proprio perchè appunto io sento questa esclusione mi rendo conto per quanto mi è possibile di quanto l'inferno debba essere orribile. Tant'è che come dicevo in precedenza ritengo che se l'inferno è una possibilità reale sarebbe "saggio" non mettere al mondo nessuno che può andarci. Detto questo magari sono io che non conosco cos'è l'amore vero (è possibile che questo mio distacco mi faccia pensare ad un amore ideale, non reale ecc) e anzi forse solo Gesù/Dio che sono perfetti lo conoscono e quindi in realtà l'esistenza di un irriversibile inferno di disperazione in realtà è compatibile con l'agape per quanto questo sia un paradosso.

Questo si ricollega in realtà a quanto detto in precedenza. Se solo Dio conosce il vero amore oltre-mondano e noi possiamo solo conoscere quello mondano (a parte i "ri-nati") siamo certamente dannati. Tuttavia mi pare assurdo pensare che tutti i benefici portati da razionalità e scienza non siano anch'essi "amore" (lo sono certamente dal punto di vista "mondano"). Ma razionalità e scienza tendono a far venire dubbi, anzi cavalcano il dubbio. Ora se il dubbio è il male allora bisognerebbe abbandonarlo. Tuttavia ho come l'impressione che per la vera fede ci serve molto dubbio, altro paradosso. Tuttavia il dubbio rischia di allontare dalla fede, ergo dall'agape vero. Si può dunque liberarsi di esso? Io non riesco, la mia "onestà intellettuale" (peccaminosa?) me lo impedisce!

Comunque, se non vi da fastidio l'inglese concludo con una citazione di uno che era, come me, in conflitto:
If we want to warn someone of a terrible danger, do we go about it by telling him a riddle whose solution will be the warning? 
- But who is to say that the Scripture really is unclear? Isn't it possible that it was essential in this case to 'tell a riddle'? And that, on the other hand, giving a more direct warning would necessarily have had the wrong effect? 
God has four people recount the life of his incarnate Son, in each case differently and with inconsistencies - but might we not say: It is important that this narrative should not be more than quite averagely historically plausible just so that this should not be taken as the essential, decisive thing? (Wittgenstein)

P.S. Padre, Figlio, Spirito Santo... Trinità... Buddha-Dhamma-Sangha/anicca-anatta-dukkha...Tao generò l'uno, l'uno il due, il due il tre, il tre le diecimila creature... "great men think alike"?!?!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Il dubbio fa parte della condizione umana . Yeoshwa stesso dubita, come dubita Gotama Shakyamuni che il suo Dharma possa essser insegnato e compreso. Più terra terra, anche ognuno di noi dubita che la persona amata ci ami veramente...il dubbio a volte purifica la mente, altre volte la getta nella più totale confusione ed incertezza.  Il dubbio ci ferma su questa sponda, ci fa dubitare che serva a qualcosa traghettare il fiume, dubita che ci sia un'altra sponda. Si rischia di passare la vita senza decidere alcunché. I "grandi uomini che pensano nello stesso modo" dubitavano come noi, ma questo non gli impediva di andare avanti. La motivazione del cercare era più forte dello scoraggiamento dato dal dubbio. La scienza ha dato molte risposte concrete ai dubbi umani, ma altri ne fa sorgere di continuo, è nella sua natura ed è essenziale al suo sviluppo stesso. Scienza e spiritualità non sono in antitesi, sono due strade diverse e non hanno lo stesso obiettivo da raggiungere.
Perché pensi che il dubbio sia "male"? La Bibbia stessa è piena di profeti dubbiosi ( basta leggere il Libro di Giobbe, per es.), recalcitranti, polemici. Alla fine il dubbio si rivela prezioso proprio per la purezza della ricerca stessa. Il dubbio persiste fino al raggiungimento della meta. Poi l'evidenza lo fa scomparire, lo dissolve, come l'alba dissipa il dubbio se stiamo sognando. Ma questo deve essere continuamente ri-conquistato, non è una condizione stabile finchè persiste quest'aggregato chiamato corpo-mente instabile.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 04 Dicembre 2016, 22:47:19 PMIl dubbio fa parte della condizione umana . Yeoshwa stesso dubita, come dubita Gotama Shakyamuni che il suo Dharma possa essser insegnato e compreso. Più terra terra, anche ognuno di noi dubita che la persona amata ci ami veramente...il dubbio a volte purifica la mente, altre volte la getta nella più totale confusione ed incertezza. Il dubbio ci ferma su questa sponda, ci fa dubitare che serva a qualcosa traghettare il fiume, dubita che ci sia un'altra sponda. Si rischia di passare la vita senza decidere alcunché. I "grandi uomini che pensano nello stesso modo" dubitavano come noi, ma questo non gli impediva di andare avanti. La motivazione del cercare era più forte dello scoraggiamento dato dal dubbio. La scienza ha dato molte risposte concrete ai dubbi umani, ma altri ne fa sorgere di continuo, è nella sua natura ed è essenziale al suo sviluppo stesso. Scienza e spiritualità non sono in antitesi, sono due strade diverse e non hanno lo stesso obiettivo da raggiungere. Perché pensi che il dubbio sia "male"? La Bibbia stessa è piena di profeti dubbiosi ( basta leggere il Libro di Giobbe, per es.), recalcitranti, polemici. Alla fine il dubbio si rivela prezioso proprio per la purezza della ricerca stessa. Il dubbio persiste fino al raggiungimento della meta. Poi l'evidenza lo fa scomparire, lo dissolve, come l'alba dissipa il dubbio se stiamo sognando. Ma questo deve essere continuamente ri-conquistato, non è una condizione stabile finchè persiste quest'aggregato chiamato corpo-mente instabile.

Grazie Sariputra di nuovo. Quando dicevo che il dubbio è il "male" intendo proprio che dopotutto è un rischio. E più uno è cosciente del rischio più è "tremolante" davanti al rischio. Vedi ho perfino pensato che tutto questo nuovo ri-cercare senza "credere ciecamente" senza farsi domande è per dirla con i greci "hubris" (arroganza). E l'hubris è una colpa che va punita. Eppure non credo che si possa essere veramente autentici senza dubbio, cioè come dici tu non si può essere "uomini". Ma se davvero la via è tracciata e chiara il dubbio è inutile e pericoloso (oltre che "maligno"). Perciò dunque io mi chiedo se i miei dubbi debbano "essere taciuti": se la via è chiara allora la ricerca è solo hubris contro l'agape e quindi va punita. Eppure avverto l'esigenza (come penso anche chiunque in questo forum) di pensare, riflettere, vederci più chiaro. Perciò la mia domanda si può riscrivere così: il dubbio è la tentazione del maligno? Questo è il messaggio della rinuncia? La distruzione della propria ri-cerca, la sottomissione, la rinuncia a tutto ciò che distoglie dalla via, la completa eliminazione di ogni tentazione. Questo è il messaggio? Se è questo allora il pensatore (ovviamente io mi ci metto di mezzo) è il più grande peccatore: è tentato e tenta gli altri, distoglie dalla via. Devo dire che in realtà è una visione consistente e anche chiara. Tuttavia per me è una visione che mi toglie il respiro.

"Attenti ai falsi profeti! Quando vi vengono incontro, all'apparenza sembrano pecorelle, ma sotto sotto, essi sono lupi feroci" (Vangelo Matteo)



Ergo: Spinoza, Kant, Schopenhauer, Hegel, Darwin, Nietzsche, Einstein, Wittgenstein (?) ecc se questa visione è corretta sono tutti "falsi profeti". Dicono di cercare la verità e di essere ad essa sottomessi ("sembrano pecorelle") ma in realtà commettono hubris ("lupi feroci").


La filosofia è hubris?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 23:53:17 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Dicembre 2016, 22:47:19 PMIl dubbio fa parte della condizione umana . Yeoshwa stesso dubita, come dubita Gotama Shakyamuni che il suo Dharma possa essser insegnato e compreso. Più terra terra, anche ognuno di noi dubita che la persona amata ci ami veramente...il dubbio a volte purifica la mente, altre volte la getta nella più totale confusione ed incertezza. Il dubbio ci ferma su questa sponda, ci fa dubitare che serva a qualcosa traghettare il fiume, dubita che ci sia un'altra sponda. Si rischia di passare la vita senza decidere alcunché. I "grandi uomini che pensano nello stesso modo" dubitavano come noi, ma questo non gli impediva di andare avanti. La motivazione del cercare era più forte dello scoraggiamento dato dal dubbio. La scienza ha dato molte risposte concrete ai dubbi umani, ma altri ne fa sorgere di continuo, è nella sua natura ed è essenziale al suo sviluppo stesso. Scienza e spiritualità non sono in antitesi, sono due strade diverse e non hanno lo stesso obiettivo da raggiungere. Perché pensi che il dubbio sia "male"? La Bibbia stessa è piena di profeti dubbiosi ( basta leggere il Libro di Giobbe, per es.), recalcitranti, polemici. Alla fine il dubbio si rivela prezioso proprio per la purezza della ricerca stessa. Il dubbio persiste fino al raggiungimento della meta. Poi l'evidenza lo fa scomparire, lo dissolve, come l'alba dissipa il dubbio se stiamo sognando. Ma questo deve essere continuamente ri-conquistato, non è una condizione stabile finchè persiste quest'aggregato chiamato corpo-mente instabile.
Grazie Sariputra di nuovo. Quando dicevo che il dubbio è il "male" intendo proprio che dopotutto è un rischio. E più uno è cosciente del rischio più è "tremolante" davanti al rischio. Vedi ho perfino pensato che tutto questo nuovo ri-cercare senza "credere ciecamente" senza farsi domande è per dirla con i greci "hubris" (arroganza). E l'hubris è una colpa che va punita. Eppure non credo che si possa essere veramente autentici senza dubbio, cioè come dici tu non si può essere "uomini". Ma se davvero la via è tracciata e chiara il dubbio è inutile e pericoloso (oltre che "maligno"). Perciò dunque io mi chiedo se i miei dubbi debbano "essere taciuti": se la via è chiara allora la ricerca è solo hubris contro l'agape e quindi va punita. Eppure avverto l'esigenza (come penso anche chiunque in questo forum) di pensare, riflettere, vederci più chiaro. Perciò la mia domanda si può riscrivere così: il dubbio è la tentazione del maligno? Questo è il messaggio della rinuncia? La distruzione della propria ri-cerca, la sottomissione, la rinuncia a tutto ciò che distoglie dalla via, la completa eliminazione di ogni tentazione. Questo è il messaggio? Se è questo allora il pensatore (ovviamente io mi ci metto di mezzo) è il più grande peccatore: è tentato e tenta gli altri, distoglie dalla via. Devo dire che in realtà è una visione consistente e anche chiara. Tuttavia per me è una visione che mi toglie il respiro. "Attenti ai falsi profeti! Quando vi vengono incontro, all'apparenza sembrano pecorelle, ma sotto sotto, essi sono lupi feroci" (Vangelo Matteo) Ergo: Spinoza, Kant, Schopenhauer, Hegel, Darwin, Nietzsche, Einstein, Wittgenstein (?) ecc se questa visione è corretta sono tutti "falsi profeti". Dicono di cercare la verità e di essere ad essa sottomessi ("sembrano pecorelle") ma in realtà commettono hubris ("lupi feroci"). La filosofia è hubris?

Nella visione cristiana la ragione umana viene da Dio stesso ( e non potrebbe essere altrimenti...). La ragione genera il dubbio per sua stessa dinamica. Il dubbio, che viene dalla ragione, non è contro Dio, ma diventa la spinta a cercarLo in maniera autentica ( e quindi potente antidoto contro la fede cieca, che Dio non vuole, perché vuole essere amato liberamente). E' un rischio? Lo è senz'altro come ogni atto d'amore. La filosofia quindi mi sembra non possa essere definita come il regno dei "falsi profeti", se fatta con sincero spirito di riflessione, anche se spesso diventa la formalizzazioni di dubbi e certezze aprioristiche, il dare una logica al proprio sentire l'esperienza del vivere ( e infatti abbiamo tutto e il contrario di tutto... ;D). Ma non sono un filosofo e quindi non dispongo della competenza necessaria a definirla compiutamente. Ho la presunzione di pensare che la filosofia non possa pervenire alla vera assunzione del reale, in quanto questo mi pare un processo che investa l'intera persona umana, presa nella sua interezza, e non solo un risultato ottenibile con la ragione. Infatti si può notare come la vita concreta di molti filosofi fosse all'opposto di quello che sostenevano nei loro trattati ( non che abbondi la coerenza nemmeno nei "tipi spirituali" intendiamoci, purtroppo... ::)). Penso che l'atto del cercare non sia arroganza, che sia voluto , nell'idea cristiana, da Dio stesso, che si cela dietro la "nube della non-conoscenza" ( deus absconditus); come Krshna che si nascondeva per giocare con le gopi o come gli amanti che si prendono e si lasciano. Diventa arroganza quando uno cerca argomenti razionali per giustificare pulsioni non razionali. Per es.: provo odio profondo per l'altro e sostengo razionalmente una teoria per cui la vita ( di solito quella dell'altro però ;D ) non ha alcun valore. Questo mi sembra suoni a "giustificazione" del proprio sentimento odioso. In questo caso posso essere d'accordo che si riveli come un "male". Ma se mi sfrondo di tutte le avversioni e di tutti i desideri e rifletto sulla mia esistenza , questo è un atto che ci fa veramente umani, veramente dei "nobili".
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Sariputra il 05 Dicembre 2016, 01:09:34 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Dicembre 2016, 23:53:17 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Dicembre 2016, 22:47:19 PMIl dubbio fa parte della condizione umana . Yeoshwa stesso dubita, come dubita Gotama Shakyamuni che il suo Dharma possa essser insegnato e compreso. Più terra terra, anche ognuno di noi dubita che la persona amata ci ami veramente...il dubbio a volte purifica la mente, altre volte la getta nella più totale confusione ed incertezza. Il dubbio ci ferma su questa sponda, ci fa dubitare che serva a qualcosa traghettare il fiume, dubita che ci sia un'altra sponda. Si rischia di passare la vita senza decidere alcunché. I "grandi uomini che pensano nello stesso modo" dubitavano come noi, ma questo non gli impediva di andare avanti. La motivazione del cercare era più forte dello scoraggiamento dato dal dubbio. La scienza ha dato molte risposte concrete ai dubbi umani, ma altri ne fa sorgere di continuo, è nella sua natura ed è essenziale al suo sviluppo stesso. Scienza e spiritualità non sono in antitesi, sono due strade diverse e non hanno lo stesso obiettivo da raggiungere. Perché pensi che il dubbio sia "male"? La Bibbia stessa è piena di profeti dubbiosi ( basta leggere il Libro di Giobbe, per es.), recalcitranti, polemici. Alla fine il dubbio si rivela prezioso proprio per la purezza della ricerca stessa. Il dubbio persiste fino al raggiungimento della meta. Poi l'evidenza lo fa scomparire, lo dissolve, come l'alba dissipa il dubbio se stiamo sognando. Ma questo deve essere continuamente ri-conquistato, non è una condizione stabile finchè persiste quest'aggregato chiamato corpo-mente instabile.
Grazie Sariputra di nuovo. Quando dicevo che il dubbio è il "male" intendo proprio che dopotutto è un rischio. E più uno è cosciente del rischio più è "tremolante" davanti al rischio. Vedi ho perfino pensato che tutto questo nuovo ri-cercare senza "credere ciecamente" senza farsi domande è per dirla con i greci "hubris" (arroganza). E l'hubris è una colpa che va punita. Eppure non credo che si possa essere veramente autentici senza dubbio, cioè come dici tu non si può essere "uomini". Ma se davvero la via è tracciata e chiara il dubbio è inutile e pericoloso (oltre che "maligno"). Perciò dunque io mi chiedo se i miei dubbi debbano "essere taciuti": se la via è chiara allora la ricerca è solo hubris contro l'agape e quindi va punita. Eppure avverto l'esigenza (come penso anche chiunque in questo forum) di pensare, riflettere, vederci più chiaro. Perciò la mia domanda si può riscrivere così: il dubbio è la tentazione del maligno? Questo è il messaggio della rinuncia? La distruzione della propria ri-cerca, la sottomissione, la rinuncia a tutto ciò che distoglie dalla via, la completa eliminazione di ogni tentazione. Questo è il messaggio? Se è questo allora il pensatore (ovviamente io mi ci metto di mezzo) è il più grande peccatore: è tentato e tenta gli altri, distoglie dalla via. Devo dire che in realtà è una visione consistente e anche chiara. Tuttavia per me è una visione che mi toglie il respiro. "Attenti ai falsi profeti! Quando vi vengono incontro, all'apparenza sembrano pecorelle, ma sotto sotto, essi sono lupi feroci" (Vangelo Matteo) Ergo: Spinoza, Kant, Schopenhauer, Hegel, Darwin, Nietzsche, Einstein, Wittgenstein (?) ecc se questa visione è corretta sono tutti "falsi profeti". Dicono di cercare la verità e di essere ad essa sottomessi ("sembrano pecorelle") ma in realtà commettono hubris ("lupi feroci"). La filosofia è hubris?
Nella visione cristiana la ragione umana viene da Dio stesso ( e non potrebbe essere altrimenti...). La ragione genera il dubbio per sua stessa dinamica. Il dubbio, che viene dalla ragione, non è contro Dio, ma diventa la spinta a cercarLo in maniera autentica ( e quindi potente antidoto contro la fede cieca, che Dio non vuole, perché vuole essere amato liberamente). E' un rischio? Lo è senz'altro come ogni atto d'amore. La filosofia quindi mi sembra non possa essere definita come il regno dei "falsi profeti", se fatta con sincero spirito di riflessione, anche se spesso diventa la formalizzazioni di dubbi e certezze aprioristiche, il dare una logica al proprio sentire l'esperienza del vivere ( e infatti abbiamo tutto e il contrario di tutto... ;D). Ma non sono un filosofo e quindi non dispongo della competenza necessaria a definirla compiutamente. Ho la presunzione di pensare che la filosofia non possa pervenire alla vera assunzione del reale, in quanto questo mi pare un processo che investa l'intera persona umana, presa nella sua interezza, e non solo un risultato ottenibile con la ragione. Infatti si può notare come la vita concreta di molti filosofi fosse all'opposto di quello che sostenevano nei loro trattati ( non che abbondi la coerenza nemmeno nei "tipi spirituali" intendiamoci, purtroppo... ::)). Penso che l'atto del cercare non sia arroganza, che sia voluto , nell'idea cristiana, da Dio stesso, che si cela dietro la "nube della non-conoscenza" ( deus absconditus); come Krshna che si nascondeva per giocare con le gopi o come gli amanti che si prendono e si lasciano. Diventa arroganza quando uno cerca argomenti razionali per giustificare pulsioni non razionali. Per es.: provo odio profondo per l'altro e sostengo razionalmente una teoria per cui la vita ( di solito quella dell'altro però ;D ) non ha alcun valore. Questo mi sembra suoni a "giustificazione" del proprio sentimento odioso. In questo caso posso essere d'accordo che si riveli come un "male". Ma se mi sfrondo di tutte le avversioni e di tutti i desideri e rifletto sulla mia esistenza , questo è un atto che ci fa veramente umani, veramente dei "nobili".

Già Sariputra questo è il dubbio e il tema centrale del thread. La Parola di Dio (contenuta nella Bibbia) è scritta in modo che o è contraria alla scienza/filosofia/ragione in modo banale (se presa alla lettera) oppure è una sorta di enigma. Il mio intento non era quello di denigrare una fede religiosa alla quale mi sento in realtà ancora legato, il mio intento è dunque di capire (1) se è da prendersi alla lettera  o no (2) come "scogliere" il Mistero, il quale paradossalmente non può essere sciolto.

Se fosse vero che la Bibbia è da prendersi alla lettera allora l'inquisizione aveva i suoi buoni motivi per considerarsi come un "male necessario". Giordano Bruno d'altronde professava una teoria che allontanava da Dio e quindi per proteggere gli altri si è usata la "soluzione finale". Allo stesso modo chiunque critica la dottrina cristiana è un pericolo, un agente del maligno e quindi deve essere combattuto. A questo non credo perchè dopotutto è esattamente ciò che l'ISIS fa per "proteggere" la sua religione.

Messa da parte la (1) chiaramente si ha una mentalità più aperta e mi perplede alquanto la politica della Chiesa che si considera ancora il mezzo per la salvezza. Ma la Chiesa è cambiata nel tempo e si è arrivati al Concilio Vaticano II ma il merito se vogliamo è proprio di quegli eretici che dicevano che la Chiesa non è infallibile! Quindi la posizione della Chiesa non è consistente.

Rimane la (2), il Mistero. Qui la ragione e la fede sono in chiaro conflitto: se il Mistero fosse risolvibile allora la fede sarebbe superflua e viceversa se il Mistero non è per nulla indagabile la ragione è solo dannosa e quindi si deve rinunciare alla ragione in modo assoluto. A questo punto per non ri-cadere nella (1) si deve dire che la ragione può sì indagare il Mistero ma solo fino ad un certo punto, cosa che creerebbe un altro mistero. Paradossalmente per quanto io sembra un "nemico della fede", questa fede sono più disposto ad accettarla.

Dunque qual è la fede che è necessaria per la salvezza? "Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza." (Romani) Qui la cosa è esplicita: chi non crede alla risurrezione non è salvo!

"È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti. (Efesini 2:8 )."

Ora io ritengo ancora la cosa paradossale! Perciò "non ci credo con tutto il cuore" e sospetto che gran pochi siano "credenti con tutto il cuore" (la strada è stretta...). Qui dunque abbiamo che se questo è preso alla lettera sicuramente quelli che non sono cristiani e molti tra quelli che dicono di esserlo non saranno salvi. Cosa che ancora "non accetto"! Non riesco ad accettare che la salvezza è data a pochi e in base alla loro capacità solo di credere. In ogni caso non credo che in molti vogliano la perdizione e non la salvezza, al massimo si perdono per errore, per scelte sbagliate. La salvezza credo che sia desiderata da tutti, non riesco ad immaginarmi che qualcuno voglia andare all'inferno solo perchè non riesce a credere. Altrimenti si dovrebbe tornare al Medioevo in cui si cercava di imporre la fede (questo è il problema di mettere la fede al primo posto...). Perchè non è stato messo l'amore/agape al primo posto?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneDunque qual è la fede che è necessaria per la salvezza? "Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza." (Romani) Qui la cosa è esplicita: chi non crede alla risurrezione non è salvo!
Scusa @Apeiron, ma se non resuscitassimo da che dovremmo salvarci?
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Apeiron

Citazione di: Duc in altum! il 05 Dicembre 2016, 14:01:32 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneDunque qual è la fede che è necessaria per la salvezza? "Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza." (Romani) Qui la cosa è esplicita: chi non crede alla risurrezione non è salvo!
Scusa @Apeiron, ma se non resuscitassimo da che dovremmo salvarci?

Beh mi sembra chiaro che la vita in Paradiso con Dio (sommum bonum!) è molto meglio sia dell'inferno che dell'annichilazione alla morte. Quindi salvezza da entrambe le cose, no?

Perchè però io posso essere attratto dalla resurrezione (senza "prove" razionali) come dice Wittgenstein:What inclines even me to believe in Christ's Resurrection? It is as though I play with the thought. — If he did not rise from the dead, then he decomposed in the grave like any other man. He is dead and decomposed. In that case he is a teacher like any other and can no longer help; and once more we are orphaned and alone. So we have to content ourselves with wisdom and speculation. We are in a sort of hell where we can do nothing but dream, roofed in, as it were, and cut off from heaven. But if I am to be REALLY saved, — what I need is certainty — not wisdom, dreams of speculation — and this certainty is faith. And faith is faith in what is needed by my heart, my soul, not my speculative intelligence. For it is my soul with its passions, as it were with its flesh and blood, that has to be saved, not my abstract mind. Perhaps we can say: Only love can believe the Resurrection. Or: It is love that believes the Resurrection. We might say: Redeeming love believes even in the Resurrection; holds fast even to the Resurrection. What combats doubt is, as it were, redemption.

Cioè io posso credere nella Resurrezione per l'amore! La redenzione combatte (!) il dubbio. Solo l'amore e non l'intelligenza può fare in modo che uno creda. D'altronde: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità." (Vangelo)


Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.
(San Paolo) http://www.lachiesa.it/bibbia.php?ricerca=citazione&Cerca=Cerca&Versione_CEI2008=3&Versione_CEI74=1&Versione_TILC=2&VersettoOn=1&Citazione=1Cor%2012,31-13,13

Ignoravo in realtà (nel post di prima) che il Cristianesimo desse più valore all'amore (carità) rispetto alla fede, cosa che a mio giudizio è ottima (quindi Sariputra hai ragione sul discorso dell'agape!). Tuttavia la difficoltà a credere a diversi dogmi a me non aiuta ad amare veramente. Questo è il problema: alcuni dogmi che non riesco a "accettare" mi spaventano e ciò mi allontana dalla carità (forse). La dannazione eterna irreversibile è uno di questi (anzi forse è quello che più mi spaventa).

P.S. Duc un ateo ti può dire che lui fa del bene per migliorare la vita delle generazioni future (e quindi può anche farlo senza alcun egoismo. Diversi miei amici sono così e devo dire che sono brave persone che non si meritano secondo me la sofferenza eterna.). Sei però già religioso se dici che la vita terrena (o "condizionata" senza l'aiuto di qualcosa che non ci faccia svanire...) non potrà mai soddisfarci pienamente. Lo sei ancora di più se ammetti la possibilità di un'altra esistenza. Lo sei ancora di più se la cerchi. Lo sei ancora di più se sai qual è. Infine lo sei ancora di più se ne hai la certezza...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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