Dubbi sempre più insistenti (Cristianesimo in particolar modo ma non solo)

Aperto da Apeiron, 11 Novembre 2016, 22:57:36 PM

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bluemax

dici:
Detto questo: ok quindi veramente a cosa mi servono letture antiquate? Come dicevo nel messaggio precedente l'interpretazione produce tanti "cristianesimi" tanti quanti sono gli interpreti (e dietro loro ci sono una miriade di gente che non pensa mai).
Attenzione: non voglio dire che i cattolici qui nel Forum non pensino e rispetto le loro credenze ma credo che se tutti i cattolici pensassero il cattolicesimo sarebbe molto meno unito di quello che è.


Io penso che tu abbia già la risposta... devi solo accettarla...  ;D

Apeiron

Citazione di: bluemax il 15 Novembre 2016, 12:36:50 PMdici: Detto questo: ok quindi veramente a cosa mi servono letture antiquate? Come dicevo nel messaggio precedente l'interpretazione produce tanti "cristianesimi" tanti quanti sono gli interpreti (e dietro loro ci sono una miriade di gente che non pensa mai). Attenzione: non voglio dire che i cattolici qui nel Forum non pensino e rispetto le loro credenze ma credo che se tutti i cattolici pensassero il cattolicesimo sarebbe molto meno unito di quello che è. Io penso che tu abbia già la risposta... devi solo accettarla... ;D

Forse hai ragione. D'altronde quello che sto cercando è una dottrina che sia perfetta (non si mette in dubbio) oppure una dottrina in cui sia chiaro che qualcosa è davvero inconoscibile. In sostanza anche lo scetticismo mi andrebbe bene se solo fosse la fine della filosofia.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

bluemax

Citazione di: Apeiron il 15 Novembre 2016, 14:31:15 PM


Forse hai ragione. D'altronde quello che sto cercando è una dottrina che sia perfetta (non si mette in dubbio) oppure una dottrina in cui sia chiaro che qualcosa è davvero inconoscibile. In sostanza anche lo scetticismo mi andrebbe bene se solo fosse la fine della filosofia.

Se vuoi la fine della filosofia... consiglio di addentrarti nell'apprendere studi di neuroscienze... sono molto efficaci.
E' praticamente buddismo denudato da quei rituali e influenze culturali che lo hanno inquinato nei millenni... in pratica, nelle moderne neuroscienze, trovi pari pari i vari sutra che oggi possono essere meglio compresi... 

comunque attenzione... per leggere certi libri, secondo me, bisogna essere pronti ad accettare tutto quel che è possibile.
Anche io, che mi ci sono addentrato studiando appunto buddismo e lo studio della mente. Inizialmente sono stato letteralmente tramortito da certe moderne "scoperte" che mettono a nudo la realtà privandola di quella particolare magia data dal "supporre".
Poi mi sono accorto che, in fondo, stavano parlando proprio di quel che budda intendeva dire con il concetto di vacuità, interdipendenza, realtà ultima del samsara ecc... ecc... e la cosa è diventata oltremodo gioiosa. Ma inizialmente, quando ti accordi VERAMENTE (e non solo ipoteticamente) che quella sensazione di esistere è mera illusione creata dalla mente grossolana... beh... ti senti il mondo sotto i piedi tremare... ma... subito dopo ti accorgi che in fondo... lo sapevi ma non hai mai voluto ammetterlo... :)

ciao :)

Apeiron

@bluemax,
allora con "fine della filosofia" intendo di fatto aver raggiunto la "filosofia perfetta", cioè non "abbandonare la filosofia prima del tempo" (spero che ora sia chiaro  :D altrimenti cosa ci faccio qui su un forum di filosofia ;D  ). Detto questo le neuroscienze non sono buddismo. Il motivo è il seguente:
1)lo scopo ultimo del buddismo è il Nirvana. Ora il Nirvana non è solo una cessazione infatti altrimenti il buddismo sarebbe "nichilismo" (o come si diceva ai suoi tempi "annichilazionismo"). Infatti nelle neuro-scienze non c'è nessun concetto simile o al limite semmai c'è qualcosa che si avvicina al concetto di nirvana come "cessazione" ma il Buddha parlava anche in termini positivi. Inoltre il Parinirvana non equivale alla "morte".
2) Tutto il buddismo si basa sul pratītyasamutpāda secondo cui gli stati che sono nati sono nati per certe condizioni e devono essere distrutti. Ora se si considerano le neuro-scienze un "sottoinsieme" del sapere scientifico, questa verità è indimostrabile. Anzi un elettrone che nasce non deve per forza essere distrutto. Tant'è che io personalmente correggerei questa dottrina con la seguente: "tutta l'esistenza condizionata è contingente".
3) Il concetto di "ciclo delle ri-nascite" è molto importante in quasi tutte le scuole del buddismo, anche e soprattutto quelle pià antiche. Credo che le uniche che non lo ammettono siano Zen e alcune scuole cinesi nate molto dopo.
4) Inoltre il buddismo è quasi "solipsistico" (non fraintendermi se utilizzo questa espressione,so che non lo è): il tutto è "mente + percezione dei cinque sensi" http://www.canonepali.net/sn/sn_libro35/sn35-23.htm. In ogni caso la "materia" di cui parla il Buddha non è "più importante" della "mente".
5)La dottrina dell'anatta è anch'essa diversa. Non significa solo che "nel mio cervello non c'è un io" ma che è errato, o meglio conduce alla sofferenza, pensare in termini di possesso e identificazione.

CI sono delle somiglianze però vorrei far notare che inoltre il pratītyasamutpāda è totalmente diverso dal rapporto causa-effetto di come lo consideriamo noi. Ad esempio "vecchiaia e morte" sono "connaturati" in ciò che è nato per il buddismo, cosa falsa per la scienza (si muore non perchè si nasce!). Concordo che comunque buddismo e taoismo sono le religioni (o comunque le filosofie) più compatibili con una visione solamente scientifica.

Comunque una critica che posso fare alle neuroscienze è che non possono spiegare totalmente l'esperienza. Ad esempio non possono provare che "il mio rosso è uguale al tuo" ecc. Inoltre una visione solamente scientifica e materialistica non contempla l'etica, tant'è che anche chi lo nega finisce sempre per dire "amare e non odiare è bene perchè è bene" (cioè non da una spiegazione dell'etica).

Comunque se hai consigli da darmi su letture ecc o comunque su qualche tecnica meditativa fai pure e ti ringrazio in anticipo :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneAncora però comunque ci sono cose che non riesco a condividere e cose che sinceramente ancora non capisco, però dubito che le condividerò le prime e capirò le seconde in futuro.

Siccome: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. -- bisogna essere, divenire nella libera volontà, piccoli per capire, più si genuflette il corpo materiale, maggiormente si eleva la cognizione spirituale, il discernimento sagace.
Per quel che riguarda il condividere, siamo tutti coeredi dell'amorevole attenzione di Dio alla stessa maniera, ma a tutti è data la facoltà (il libero arbitrio) di poter rinunciare o rifiutare il lascito.


CitazioneFammi però fare un appunto: l'inferno può essere eterno se uno non si pente.

Giusto, infatti l'inferno non è stato voluto o creato da Dio. Le fondamenta dell'inferno, però, sono nient'altro che il libero arbitrio. L'inferno si da' solo dove c'è l'assenza totale di Dio, ecco perché finché c'è vita c'è speranza, dacché fin quando esistiamo in questa realtà terrestre, anche se puo' sembrarci apocalittica la nostra condotta etico-morale, l'assenza di Dio non è totale, quindi possiamo sempre abiurare alla Sua intercessione (se vogliamo, dunque perché incolpare Dio di una nostra delibera?!?!).
Certo è assurdo, se Dio ci ha donato il libero arbitrio, rendendoci a sua somiglianza, ne deriva che è Lui l'artefice dell'inferno, ma qui bisogna fermarsi e dover far fronte a questo dilemma con la fede: ci credo o credo che invece la Verità sia un'altra? Anche addirittura che Dio non è poi tanto giusto e buono se ci ha resi adempibili di nefandezze per poi condannarci eternamente lavandosene le mani.
Il problema è che però noi vogliamo credere per logica, con ragione comprovata e incontrovertibile, ma purtroppo o grazie a Dio non è così, siamo innanzi a un Mistero (la maiuscola è d'obbligo) così paradossale: la presenza o meno di Dio nella nostra esistenza, che da sola, questa domanda, riesce a implicare ogni nostra ipotesi ontologica, e ad appassionare ogni nostra relazione.

Se puo' servirti (per farti considerare la meravigliosa bellezza recondita nella capacità di fede dell'uomo), posso aggiungere che uno dei miei dubbi di fede è sull'esistenza del Purgatorio, uno dei 10 dogmi assoluti della Chiesa a cui servo, e per lo stesso motivo che tu presentavi: perché Dio dovrebbe concedere ad alcuni il privilegio di espiare le pene dopo il decesso, e ad altri no? Ma ancora più dibattuta la mia fede è sul punto che, una volta appurato l'esistenza del Purgatorio, e che Dio invia lì qualcuno per esempio 28 anni solari, com'è che è possibile diminuire il perfetto verdetto divino, i 28 anni a 6 per esempio, attraverso preghiere, suffragi e indulgenze?
Come vedi, il servire cristianamente Dio non è che ci esenta dai dubbi, dalle controversie o da equitalia, anzi: A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più. - solo che al momento della burrasca, si affronta la quotidianità sapendo che non si è soli, e che l'unico merito del credere è ereditare gioia e serenità indescrivibile.


CitazioneQuello che mi sembra assurdo è non dare la possibilità, cosa che probabilmente un padre farebbe ad un figlio per quanto il figlio sia malvagio. Detto questo non ho problemi a dire che Hitler o Caino siano all'inferno (e se lo meritano...) ma se ancora hanno coscienza (assumendo che alla morte non siamo morti e basta ovviamente...) a mio giudizio non dare loro la possibilità di pentirsi e di riconcliarsi (catarsi) mi pare un'assurdità

Vedi, non sono d'accordo. Perché Hitler o Caino dovrebbero essere meno amati degli altri figli malvagi? Solo accettando che Dio puo' concedere il Paradiso anche a Hitler e affini, potremo crogiolarci dell'idea che la Misericordia non cessa con la Morte. E quindi la conseguente riflessione parte spontanea: se anche Hitler e affini fanno parte del Paradiso, che cavolo insegno a fare a mio figlio di amare il prossimo e perdonare il nemico?
La questione è seria, così come le probabili conseguenze del peccato.


CitazioneGrazie Duc delle tue risposte, molto esaustive e su cui dovrò meditare un po'. Perdonami se ho avuto un tono troppo aggressivo.
Non ci pensare, l'irruenza a volte è entusiasmo, passione, è un piacere e un dovere attendere questo tuo coinvolgimento spirituale.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

jsebastianB

Citazione di: Duc in altum! il 15 Novembre 2016, 20:43:26 PM

ho dei miei dubbi di fede è sull'esistenza del Purgatorio, uno dei 10 dogmi assoluti della Chiesa



Dovresti sapere... che il Purgatorio è stato " inventato "  ma sancito come dogma (  GIA' nel 1274 a Lione )  a seguito dell' interpretazione del celebre passo del sommo di Tarso -  ovvero la 1 Corinzi 3.14/15  !

Nell' autobeaticarsi come il piu' privilegiato degli uomini ( avendo il dioYahwè  RI-velato "solo" a lui il mistero dei misteri.. ) e  in qualita' di esperto architetto dottrinario, egli mette in guardia i futuri  costruttori che nessuno deve porre e/o  proporre una dottrina diversa dalla (sua)  Nuova verita' - ovvero quella che poggia sul  Messia/Cristo Pneumatico.

Se dunque sui "suoi" pilastri dottrinari.. altri costruttori di dottrine "implementeranno'"   altre verita' - queste    potrebbero essere:
- con oro, argento e preziose ( da lui definite "sante" )
- oppure di legno e/o paglia ( ovvero vane, perverse ) -
cosa mai si  potrebbe verificare  in quel terrificante  quanto infausto "giorno"  del (suo) Messia/Cristo celeste ??
Da buon Veggente il magnifico di Tarso pre-annuncia che il fuoco (!) divorante brucera' le opere vane, corrotte, menzoniere ( quelle che ovviamente contrastano e/o sono del tutto contrarie rispetto alla sua verita' "ispirata" ) - e dunque proprio il FUOCO rivelera'  la perversa opera dei falsari e dei corrotti. Ovviamente chi avra' costruito una santa dottrina ricevera'  una strepitosa ricompensa !

In quei memorabili passi trovasi il "germe"  di quello che POI,  l' esegesi dei saggi/sapienti ( ispirati)  elaboreranno e ( creando di sana pianta )  sanciranno come assoluta verita' di fede,  quel funesto Purgatorio  - ove ardono fiamme (!)  divoranti che fungono come purificatrici delle anime dei devoti.
Ordunque nel fatidico Paradiso sara'  possibile l' accesso  "solo dopo"  l' adeguata purificazione tramite il Fuoco  divorante e ideato dal grande annunciatore. Infatti per esaltare la sua fantasia  creativa,  egli usa la metafora di un incendio.  E cosa succede.. che fa la gente terrorizzata  durante un incendio ??
Grande agitazione.. grande confusione.. Scappa  disordinatamente -  ANCHE  " attraverso " il fuoco divorante.. pur di potersi salvare !
Grande Saulo - -

paul11

Apeiron
Kierkegaard writes: If Christianity were so easy and cozy, why should God in his Scriptures have set Heaven and Earth in motion and threatened eternal punishments? — Question: But then in that case why is this Scriptures so unclear? (Wittgenstein)

Credo dunque che a volte l'ignoranza sia davvero una cosa positiva, ti faccia davvero vivere meglio. Tuttavia allo stesso tempo il solo pensiero di "accettare l'ignoranza" mi disgusta. Idem vivere in modo superficiale accontentandomi dei piaceri "banali" della vita. E così mi ritrovo ogni giorno a pensare del senso (se c'è) delle cose, dell'etica, di come bisognerebbe comportarsi, dell'esistenza o meno dell'anima, di Dio ecc. A volte questi pensieri mi travolgono come un fiume in piena e non posso far altro che "osservare" la tensione in me stesso.

In questo periodo sto avendo un rapporto molto conflittuale con il cristianesimo. Prima di vedere il "lato negativo" parlo di ciò che mi piace. Lista incompleta:
1) La morale della compassione, della non-violenza, del perdono, del resistere alle tentazioni ecc;
2) L'idea della rinascita "spirituale" nella quale si ragggiunge una beatitudine che constente di vivere eticamente;
3) L'idea di avere lo Spirito Santo in "ognuno di noi" (il "regno dei cieli è in noi") che è portatore dell'etica;
4) L'idea di "perdonarli perchè non sanno quello che fanno" quasi che il peccato sia dopotutto dovuto all'ignoranza;
5) La completa eliminazione di pensieri di avversione anche nelle situazioni più estreme (ama il tuo nemico...)
6) La vita esemplare di molti santi;
ecc. ........................................


Il primo problema è chiedersi quale sia la ragione che induce a cercare una verità.
la ragione è psicologica? E' razionale? o quale altra ragione o sentimento?
la scienza contemporanea, la filosofia atea, ha dato delle risposte significative alla tua ricerca interiore?Fino a dove arriva?

Dobbiamo sapere che non esiste un etica fondativa senza una religione.
O l'etica è intimamente legata ad un principio primo, Dio, ed aa una parusia o escatologia, oppure è solo opinione collegata scientificamente alla bioevoluzione dell'animale uomo, o ai principi giuridici della legalità, o ancora a principi edonistici dell'uutilità economica.

i test isacri saranno sempre interpretati, ermeneutica ed esegesi e lo sono legati al tempo dell'interpretante.
Se la ricerca si fa scientifica allora bisogna entrare nei testi originari, privi di commentari e la traduzione è letterale a questo punto, perchè vi sono state interpolazioni e signifcativi mutamenti traduttivi a volte, che cambiano il senso della frase originaria.

Il dubbio della coscienza è utile per scavare attraverso la conoscenza, e se è davvero utile la teoria diventa prassi, ovvero mutando il grado di coscienza muta il comportamento e atteggiamento umano.

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 15 Novembre 2016, 14:31:15 PM
quello che sto cercando è una dottrina che sia perfetta (non si mette in dubbio) oppure una dottrina in cui sia chiaro che qualcosa è davvero inconoscibile. In sostanza anche lo scetticismo mi andrebbe bene se solo fosse la fine della filosofia.
A quanto pare, sembra che tu sia in cerca di un punto d'arrivo, qualche punto definitivo, qualche spiaggia a cui finalmente approdare.

A mio parere porsi questa meta, questo scopo, è distruttivo, per diversi motivi. Provo ad elencarne alcuni:

- secondo Eraclito "tutto scorre": nessuno in questo mondo ha mai visto cose ferme, se non per qualche inganno dei sensi o della mente;

- cercare punti fermi significa voler smettere di cercare, ma smettere di cercare significa smettere di crescere, di progredire, di migliorare;

- approdare a un punto fermo equivale ad approdare ad una verità oggettiva; ma verità oggettiva significa pretesa di aver trovato qualcosa a cui tutti siano costretti ad adeguarsi; insomma, aver trovato un motivo per opprimere la libertà di se stessi e degli altri.

È anche vero che un cercare troppo frustrato, un camminare senza mai umanamente sostare, può essere scoraggiante, umanamente insopportabile; ma credo che il giusto criterio sia quello che implicitamente ho appena detto: sostare va bene; fermarsi senza più ripartire no, significherebbe morire. D'altra parte, non tutti hanno le stesse capacità di non sostare troppo o di affrontare la crisi inerente ad ogni ricerca. Uno spirito principiante è giusto che abbia molte soste e riceva sostegni confortanti; spiriti più avanzati possono permettersi di vivere in crisi continue e affrontare ogni giorno la morte, faccia a faccia. Credo che ognuno di noi, da questo punto di vista, faccia bene a gestire le proprie crisi e le proprie necessarie soste, per il proprio miglior camminare. Ma come criterio di fondo credo che sia importante mantenere come scopo il camminare, crescere, non fermarsi mai, esattamente il contrario di andare a caccia di punti definitivi, di una dottrina che sia perfetta: non sarebbe altro che la pretesa, a mio parere suicida, di quella che in passato è stata chiamata "philosophia perennis": non esistono cose perenni; e aggiungo: per fortuna.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 10:25:51 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Novembre 2016, 14:31:15 PMquello che sto cercando è una dottrina che sia perfetta (non si mette in dubbio) oppure una dottrina in cui sia chiaro che qualcosa è davvero inconoscibile. In sostanza anche lo scetticismo mi andrebbe bene se solo fosse la fine della filosofia.
A quanto pare, sembra che tu sia in cerca di un punto d'arrivo, qualche punto definitivo, qualche spiaggia a cui finalmente approdare. A mio parere porsi questa meta, questo scopo, è distruttivo, per diversi motivi. Provo ad elencarne alcuni: - secondo Eraclito "tutto scorre": nessuno in questo mondo ha mai visto cose ferme, se non per qualche inganno dei sensi o della mente; - cercare punti fermi significa voler smettere di cercare, ma smettere di cercare significa smettere di crescere, di progredire, di migliorare; - approdare a un punto fermo equivale ad approdare ad una verità oggettiva; ma verità oggettiva significa pretesa di aver trovato qualcosa a cui tutti siano costretti ad adeguarsi; insomma, aver trovato un motivo per opprimere la libertà di se stessi e degli altri. È anche vero che un cercare troppo frustrato, un camminare senza mai umanamente sostare, può essere scoraggiante, umanamente insopportabile; ma credo che il giusto criterio sia quello che implicitamente ho appena detto: sostare va bene; fermarsi senza più ripartire no, significherebbe morire. D'altra parte, non tutti hanno le stesse capacità di non sostare troppo o di affrontare la crisi inerente ad ogni ricerca. Uno spirito principiante è giusto che abbia molte soste e riceva sostegni confortanti; spiriti più avanzati possono permettersi di vivere in crisi continue e affrontare ogni giorno la morte, faccia a faccia. Credo che ognuno di noi, da questo punto di vista, faccia bene a gestire le proprie crisi e le proprie necessarie soste, per il proprio miglior camminare. Ma come criterio di fondo credo che sia importante mantenere come scopo il camminare, crescere, non fermarsi mai, esattamente il contrario di andare a caccia di punti definitivi, di una dottrina che sia perfetta: non sarebbe altro che la pretesa, a mio parere suicida, di quella che in passato è stata chiamata "philosophia perennis": non esistono cose perenni; e aggiungo: per fortuna.

Se non c'é alcun approdo non ha senso alcuna ricerca.
Ricercare per migliorare cosa, se tutto è vuoto e in perenne mutamento? Un "miglioramento di un vuoto" è qualcosa di diverso di un semplice vuoto? Spirito principiante, spirito maturo, spirito esperto di ricerche, spirito saggio, spirito di principiante hanno senso se riferiti ad un approdo verso cui questo maturare tende. Se non c'è approdo non hanno, in essenza, alcun significato. Semplici maschere con cui coprire il volto del nostro dolore.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Sariputra il 17 Novembre 2016, 10:59:20 AM
Se non c'é alcun approdo non ha senso alcuna ricerca.
Perché una ricerca dovrebbe aver bisogno di approdo per avere senso? E perché una cosa qualsiasi, per poter esistere, dovrebbe avere un senso? Il mondo esiste da un sacco di tempo e non sembra affatto chiaro che abbia un approdo o un senso, eppure questo mondo esiste. Approdo, senso, mi sembrano più che altro bisogni di menti abituate ad essere vincolate a certi modi di pensare popolari.
Volendoci riflettere criticamente, avere un senso significa essere schiavi di quel senso, non poter esistere se non in funzione di quel senso; e quel senso in base a cosa esiste? In base a un altro senso ancora, e così all'infinito?
Se poniamo l'approdo come scopo della ricerca, significa porre come scopo della ricerca lo smettere di ricercare. Ma per raggiungere questo scopo non c'è bisogno di cercare affatto: basta smettere subito, oppure non partire affatto, ed eccoci già arrivati allo scopo.
Sono d'accordo con l'idea di approdi provvisori, sensi provvisori. Ma se non sono provvisori, per me sono soltanto morte.
Molti anni fa vidi in TV una brevissima intervista ad Alberto Moravia, di cui purtroppo non sono mai riuscito a trovare riscontri. L'intervistatore chiese a Moravia quale fosse per lui il senso della vita. Moravia rispose: "Con tutte le sventure che nella vita già ci sono, ci mancherebbe solo di aggiungere quest'altra, che essa abbia un senso".

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 11:31:08 AM
Citazione di: Sariputra il 17 Novembre 2016, 10:59:20 AMSe non c'é alcun approdo non ha senso alcuna ricerca.
Perché una ricerca dovrebbe aver bisogno di approdo per avere senso? E perché una cosa qualsiasi, per poter esistere, dovrebbe avere un senso? Il mondo esiste da un sacco di tempo e non sembra affatto chiaro che abbia un approdo o un senso, eppure questo mondo esiste. Approdo, senso, mi sembrano più che altro bisogni di menti abituate ad essere vincolate a certi modi di pensare popolari. Volendoci riflettere criticamente, avere un senso significa essere schiavi di quel senso, non poter esistere se non in funzione di quel senso; e quel senso in base a cosa esiste? In base a un altro senso ancora, e così all'infinito? Se poniamo l'approdo come scopo della ricerca, significa porre come scopo della ricerca lo smettere di ricercare. Ma per raggiungere questo scopo non c'è bisogno di cercare affatto: basta smettere subito, oppure non partire affatto, ed eccoci già arrivati allo scopo. Sono d'accordo con l'idea di approdi provvisori, sensi provvisori. Ma se non sono provvisori, per me sono soltanto morte. Molti anni fa vidi in TV una brevissima intervista ad Alberto Moravia, di cui purtroppo non sono mai riuscito a trovare riscontri. L'intervistatore chiese a Moravia quale fosse per lui il senso della vita. Moravia rispose: "Con tutte le sventure che nella vita già ci sono, ci mancherebbe solo di aggiungere quest'altra, che essa abbia un senso".

Io non ho parlato di senso, ho parlato di "approdo", sono due cose diverse. Ma non hai risposto alla domanda: "ricercare" per che cosa se premetti già che non c'è alcun approdo? Per migliorare, maturare "che cosa"? Il cercare dà benessere interiore? Ma quella è solo autogratificazione, illusione.Per me i casi sono due: O rifiuti la ricerca spirituale perchè ritieni, coerentemente, che non c'è alcun approdo e non porta da nessuna parte, o accetti la ricerca spirituale in vista di un approdo. Cosa diresti di uno che vaga per la giungla in cerca di qualcosa e, alla domanda: "Che cosa stai cercando?", ti rispondesse "Cerco qualcosa che so che non esiste". E' assurdo.
Se sei completamente appiattito sulla "vita" ( termine assai vago di cui ognuno di noi ha un'opinione diversa...) è naturale pensare che non abbia alcun senso e che esista "Perché esiste". Ma questa è una definizione a priori dell'esistenza. ed è dogmatismo, né più né meno del dogmatismo di qualunque pensiero religioso. E' come costruirsi un recinto e dirsi: "Che bella la ricerca all'interno di questo recinto!".
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Per me il ricercare non è altro che un aspetto del divenire, il "tutto scorre" espresso da Eraclito. Cioè, che lo vogliamo o no, mi sembra che tutto si muove, si trasforma. In questo contesto, per me il ricercare è partecipare a questo divenire, che già è in natura, aggiungendoci la nostra partecipazione attiva, consapevole, critica.
Per quanto riguarda l'approdo, per me ha senso cercarlo solo in un contesto di limitatezza umana, non in un qualche senso assoluto. Così, per me va bene ad esempio che una persona ricerchi perché vuole migliorare nella propria capacità di amare il prossimo; oppure nella propria formazione culturale, o nel saper suonare uno strumento. Sono scopi che mi vanno bene perché sono storici, adattati a quella persona specifica. Non esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo. Di conseguenza, se vogliamo parlare di ricerca in sé, indipendentemente da chi è la persona specifica di cui stiamo parlando, non è possibile definire alcun approdo. L'impossibilità di definire un approdo universale ha per me una conseguenza importante: una risposta a mio parere ottima che il tizio nella giungla potrebbe dare è questa: "Cerco perché per me cercare è vita, quale che sia ciò che si cerca, o anche senza alcun bisogno di avere qualcosa da cercare".
Quante volte ci accade, durante una ricerca, di trovare qualcosa che non è ciò che stavamo cercando, eppure si rivela importante, a volte ancor più di ciò che cercavamo? Da ciò deduco che non c'è alcun motivo di considerare senza valore un cercare senza scopo. Anzi, proprio lo scopo potrebbe renderci ciechi: uno potrebbe fissarsi in mente di cercare per terra una monetina e non accorgersi di un diamante che gli passa sotto gli occhi, solo perché ormai tutta la sua mente si è fissata su quella monetina e non riesce ad accorgersi di nient'altro.
In questo senso trovo molto valido cercare anche ciò che non esiste: può benissimo accadere che la mia ricerca mi riveli che ciò che pensavo inesistente invece esiste; oppure viene portato all'esistenza proprio dal mio cercare.

Sariputra

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 12:32:12 PMPer me il ricercare non è altro che un aspetto del divenire, il "tutto scorre" espresso da Eraclito. Cioè, che lo vogliamo o no, mi sembra che tutto si muove, si trasforma. In questo contesto, per me il ricercare è partecipare a questo divenire, che già è in natura, aggiungendoci la nostra partecipazione attiva, consapevole, critica. Per quanto riguarda l'approdo, per me ha senso cercarlo solo in un contesto di limitatezza umana, non in un qualche senso assoluto. Così, per me va bene ad esempio che una persona ricerchi perché vuole migliorare nella propria capacità di amare il prossimo; oppure nella propria formazione culturale, o nel saper suonare uno strumento. Sono scopi che mi vanno bene perché sono storici, adattati a quella persona specifica. Non esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo. Di conseguenza, se vogliamo parlare di ricerca in sé, indipendentemente da chi è la persona specifica di cui stiamo parlando, non è possibile definire alcun approdo. L'impossibilità di definire un approdo universale ha per me una conseguenza importante: una risposta a mio parere ottima che il tizio nella giungla potrebbe dare è questa: "Cerco perché per me cercare è vita, quale che sia ciò che si cerca, o anche senza alcun bisogno di avere qualcosa da cercare". Quante volte ci accade, durante una ricerca, di trovare qualcosa che non è ciò che stavamo cercando, eppure si rivela importante, a volte ancor più di ciò che cercavamo? Da ciò deduco che non c'è alcun motivo di considerare senza valore un cercare senza scopo. Anzi, proprio lo scopo potrebbe renderci ciechi: uno potrebbe fissarsi in mente di cercare per terra una monetina e non accorgersi di un diamante che gli passa sotto gli occhi, solo perché ormai tutta la sua mente si è fissata su quella monetina e non riesce ad accorgersi di nient'altro. In questo senso trovo molto valido cercare anche ciò che non esiste: può benissimo accadere che la mia ricerca mi riveli che ciò che pensavo inesistente invece esiste; oppure viene portato all'esistenza proprio dal mio cercare.

Quindi si tratta di un cercare relativo, in vista di risultati relativi e soggettivi, autogratificanti . E' questa soggettività della ricerca che trovo estremamente pericolosa perchè la nostra mente già indirizza la ricerca prima ancora che ci mettiamo in cammino. L'uomo nella giungla non troverà nulla se non quello che il suo desiderio vuole trovare. Pensare di districarsi nella giungla, senza una mappa tracciata da chi già conosce tutte le insidie della giungla, necessita di una capacità di controllo sulla mente tipica di un Buddha. Che si accetti o no il divenire non ha alcuna importanza in senso ultimo, in quanto si diviene inevitabilmente lo stesso al di là di qualunque posizione filosofica sul divenire stesso. Un cercare senza scopo non è senza valore o senza senso, è solo un cercare assurdo ( è questo il motivo della mia obiezione). Viene semplicemente a mancare lo scopo del cercare stesso se non ottenere, per l'appunto, piccole , effimere, passeggere autogratificazioni. A questo punto , anzichè perdersi in una ricerca che si ritiene già relativa e che non porterà che a parziali, a volte insignificanti, obiettivi, tanto vale librare alto i calici, bere in compagnia e goderci la vita con giovani fanciulle, ché il tempo è breve e presto , delle nostre piccole ricerche "spirituali", l'abile vasaio farà vasi impastandole con l'argilla... ;D
Ma se a te basta, non ho alcuna obiezione... ;D ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

cvc

Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 12:32:12 PM
Per me il ricercare non è altro che un aspetto del divenire, il "tutto scorre" espresso da Eraclito. Cioè, che lo vogliamo o no, mi sembra che tutto si muove, si trasforma. In questo contesto, per me il ricercare è partecipare a questo divenire, che già è in natura, aggiungendoci la nostra partecipazione attiva, consapevole, critica.
Per quanto riguarda l'approdo, per me ha senso cercarlo solo in un contesto di limitatezza umana, non in un qualche senso assoluto. Così, per me va bene ad esempio che una persona ricerchi perché vuole migliorare nella propria capacità di amare il prossimo; oppure nella propria formazione culturale, o nel saper suonare uno strumento. Sono scopi che mi vanno bene perché sono storici, adattati a quella persona specifica. Non esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo. Di conseguenza, se vogliamo parlare di ricerca in sé, indipendentemente da chi è la persona specifica di cui stiamo parlando, non è possibile definire alcun approdo. L'impossibilità di definire un approdo universale ha per me una conseguenza importante: una risposta a mio parere ottima che il tizio nella giungla potrebbe dare è questa: "Cerco perché per me cercare è vita, quale che sia ciò che si cerca, o anche senza alcun bisogno di avere qualcosa da cercare".
Quante volte ci accade, durante una ricerca, di trovare qualcosa che non è ciò che stavamo cercando, eppure si rivela importante, a volte ancor più di ciò che cercavamo? Da ciò deduco che non c'è alcun motivo di considerare senza valore un cercare senza scopo. Anzi, proprio lo scopo potrebbe renderci ciechi: uno potrebbe fissarsi in mente di cercare per terra una monetina e non accorgersi di un diamante che gli passa sotto gli occhi, solo perché ormai tutta la sua mente si è fissata su quella monetina e non riesce ad accorgersi di nient'altro.
In questo senso trovo molto valido cercare anche ciò che non esiste: può benissimo accadere che la mia ricerca mi riveli che ciò che pensavo inesistente invece esiste; oppure viene portato all'esistenza proprio dal mio cercare.
Mi fa piacere che citi Eraclito, ultimamente il mio pensiero torna spesso a lui. Mi ricorda l'ineluttabilità della guerra, della tensione fra gli opposti in cui siamo immersi. Non si intende il senso della vita se si pensa solo alla vita, ma se si confrontano le riflessioni sulla vita con quelle sulla morte: solo così si può comprendere o intuire un'armonia, solo dall'armonia si può trarre un senso. Che senso può avere la mia vita se la rapporto solo a me stesso o alle cose in cui non incontro difficoltà? Sono le mie battaglie (piccole o grandi che siano) il sale della mia vita, della mia esistenza. Ma non è facile come a dirsi accettare questa condizione, perché occorre avere lo stomaco per digerire l'effetto ributtante di questo continuo conflitto, di questo incessante divenire. Non si tratta qui dell'orgoglio del vincitore, ma del senso di liberazione derivante dall'accettazione del contrasto e del divenire come elemento universale di tutte le cose. Che non perché divengono non sono, ma sono in quanto e nella misura in cui vengono valutate dalla nostra ragione. La quale conosce la libertà e la sua vera natura solo quando non si oppone al mutare dell'universo.
"Grande è l'anima che si abbandona al destino, ma meschina e vile è se lotta contro di esso e disprezza l'ordine dell'universo e preferisce correggere gli dei piuttosto che se stessa".
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

cvc

Citazione di: Sariputra il 17 Novembre 2016, 13:04:12 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 12:32:12 PMPer me il ricercare non è altro che un aspetto del divenire, il "tutto scorre" espresso da Eraclito. Cioè, che lo vogliamo o no, mi sembra che tutto si muove, si trasforma. In questo contesto, per me il ricercare è partecipare a questo divenire, che già è in natura, aggiungendoci la nostra partecipazione attiva, consapevole, critica. Per quanto riguarda l'approdo, per me ha senso cercarlo solo in un contesto di limitatezza umana, non in un qualche senso assoluto. Così, per me va bene ad esempio che una persona ricerchi perché vuole migliorare nella propria capacità di amare il prossimo; oppure nella propria formazione culturale, o nel saper suonare uno strumento. Sono scopi che mi vanno bene perché sono storici, adattati a quella persona specifica. Non esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo. Di conseguenza, se vogliamo parlare di ricerca in sé, indipendentemente da chi è la persona specifica di cui stiamo parlando, non è possibile definire alcun approdo. L'impossibilità di definire un approdo universale ha per me una conseguenza importante: una risposta a mio parere ottima che il tizio nella giungla potrebbe dare è questa: "Cerco perché per me cercare è vita, quale che sia ciò che si cerca, o anche senza alcun bisogno di avere qualcosa da cercare". Quante volte ci accade, durante una ricerca, di trovare qualcosa che non è ciò che stavamo cercando, eppure si rivela importante, a volte ancor più di ciò che cercavamo? Da ciò deduco che non c'è alcun motivo di considerare senza valore un cercare senza scopo. Anzi, proprio lo scopo potrebbe renderci ciechi: uno potrebbe fissarsi in mente di cercare per terra una monetina e non accorgersi di un diamante che gli passa sotto gli occhi, solo perché ormai tutta la sua mente si è fissata su quella monetina e non riesce ad accorgersi di nient'altro. In questo senso trovo molto valido cercare anche ciò che non esiste: può benissimo accadere che la mia ricerca mi riveli che ciò che pensavo inesistente invece esiste; oppure viene portato all'esistenza proprio dal mio cercare.

Quindi si tratta di un cercare relativo, in vista di risultati relativi e soggettivi, autogratificanti . E' questa soggettività della ricerca che trovo estremamente pericolosa perchè la nostra mente già indirizza la ricerca prima ancora che ci mettiamo in cammino. L'uomo nella giungla non troverà nulla se non quello che il suo desiderio vuole trovare. Pensare di districarsi nella giungla, senza una mappa tracciata da chi già conosce tutte le insidie della giungla, necessita di una capacità di controllo sulla mente tipica di un Buddha. Che si accetti o no il divenire non ha alcuna importanza in senso ultimo, in quanto si diviene inevitabilmente lo stesso al di là di qualunque posizione filosofica sul divenire stesso. Un cercare senza scopo non è senza valore o senza senso, è solo un cercare assurdo ( è questo il motivo della mia obiezione). Viene semplicemente a mancare lo scopo del cercare stesso se non ottenere, per l'appunto, piccole , effimere, passeggere autogratificazioni. A questo punto , anzichè perdersi in una ricerca che si ritiene già relativa e che non porterà che a parziali, a volte insignificanti, obiettivi, tanto vale librare alto i calici, bere in compagnia e goderci la vita con giovani fanciulle, ché il tempo è breve e presto , delle nostre piccole ricerche "spirituali", l'abile vasaio farà vasi impastandole con l'argilla... ;D
Ma se a te basta, non ho alcuna obiezione... ;D ;D
È ovvio che non si potrebbe nemmeno percepire il divenire se non ci fosse un'anima che permane nel tempo perlomeno il tempo necessario per scorgere questo fluire intorno a se. E il suo scopo più alto è quello di comprendere che di tutte le cose che gli girano intorno, nessuna è degna di turbare la sua quiete, il suo stare al centro invece che affannarsi inutilmente in tutte le direzioni.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

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