Dubbi sempre più insistenti (Cristianesimo in particolar modo ma non solo)

Aperto da Apeiron, 11 Novembre 2016, 22:57:36 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneNon esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo.
E invece sì che esiste l'approdo, forse potremmo affermare che non si puo' stabilire se ogni persona di ogni tempo e ogni luogo sia riuscita ad attraccare a esso, ma il fatto che i genitori continuino a partorire, pur sapendo che quel figlio, dopo ogni tipo di "disavventura", dovrà sempre morire, rivela che c'è una speranza (non necessariamente cosciente o ricercata), sempre contemporanea, dalla Genesi alla Parusìa, che un punto d'arrivo: la vita eterna, in fondo, in fondo, può dare anche un stimolo  a quel divenire irrazionale di procreare un cadavere.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Apeiron

Citazione di: cvc il 17 Novembre 2016, 13:14:47 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 12:32:12 PMPer me il ricercare non è altro che un aspetto del divenire, il "tutto scorre" espresso da Eraclito. Cioè, che lo vogliamo o no, mi sembra che tutto si muove, si trasforma. In questo contesto, per me il ricercare è partecipare a questo divenire, che già è in natura, aggiungendoci la nostra partecipazione attiva, consapevole, critica. Per quanto riguarda l'approdo, per me ha senso cercarlo solo in un contesto di limitatezza umana, non in un qualche senso assoluto. Così, per me va bene ad esempio che una persona ricerchi perché vuole migliorare nella propria capacità di amare il prossimo; oppure nella propria formazione culturale, o nel saper suonare uno strumento. Sono scopi che mi vanno bene perché sono storici, adattati a quella persona specifica. Non esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo. Di conseguenza, se vogliamo parlare di ricerca in sé, indipendentemente da chi è la persona specifica di cui stiamo parlando, non è possibile definire alcun approdo. L'impossibilità di definire un approdo universale ha per me una conseguenza importante: una risposta a mio parere ottima che il tizio nella giungla potrebbe dare è questa: "Cerco perché per me cercare è vita, quale che sia ciò che si cerca, o anche senza alcun bisogno di avere qualcosa da cercare". Quante volte ci accade, durante una ricerca, di trovare qualcosa che non è ciò che stavamo cercando, eppure si rivela importante, a volte ancor più di ciò che cercavamo? Da ciò deduco che non c'è alcun motivo di considerare senza valore un cercare senza scopo. Anzi, proprio lo scopo potrebbe renderci ciechi: uno potrebbe fissarsi in mente di cercare per terra una monetina e non accorgersi di un diamante che gli passa sotto gli occhi, solo perché ormai tutta la sua mente si è fissata su quella monetina e non riesce ad accorgersi di nient'altro. In questo senso trovo molto valido cercare anche ciò che non esiste: può benissimo accadere che la mia ricerca mi riveli che ciò che pensavo inesistente invece esiste; oppure viene portato all'esistenza proprio dal mio cercare.
Mi fa piacere che citi Eraclito, ultimamente il mio pensiero torna spesso a lui. Mi ricorda l'ineluttabilità della guerra, della tensione fra gli opposti in cui siamo immersi. Non si intende il senso della vita se si pensa solo alla vita, ma se si confrontano le riflessioni sulla vita con quelle sulla morte: solo così si può comprendere o intuire un'armonia, solo dall'armonia si può trarre un senso. Che senso può avere la mia vita se la rapporto solo a me stesso o alle cose in cui non incontro difficoltà? Sono le mie battaglie (piccole o grandi che siano) il sale della mia vita, della mia esistenza. Ma non è facile come a dirsi accettare questa condizione, perché occorre avere lo stomaco per digerire l'effetto ributtante di questo continuo conflitto, di questo incessante divenire. Non si tratta qui dell'orgoglio del vincitore, ma del senso di liberazione derivante dall'accettazione del contrasto e del divenire come elemento universale di tutte le cose. Che non perché divengono non sono, ma sono in quanto e nella misura in cui vengono valutate dalla nostra ragione. La quale conosce la libertà e la sua vera natura solo quando non si oppone al mutare dell'universo. "Grande è l'anima che si abbandona al destino, ma meschina e vile è se lotta contro di esso e disprezza l'ordine dell'universo e preferisce correggere gli dei piuttosto che se stessa".


Eraclito... Mi ero dimenticato quanto ha influenzato anche me. Tuttavia ritengo lui l'apice di quel tipo di filosofia che potremo definire "nichilismo". Per lui non è l'armonia ma la guerra e la lotta a dominare il mondo. Ma da "bravo" precursore di Nietzsche ha identificato il fine ultimo della vita nel sostenere questa lotta: in loro non si vede un accenno di compossione. Credo che con lui si era giunti al culmine del "giustificazionismo" ancora peggio di Hegel e Nietzsche. Motivo: Hegel vedeva una progressione nella storia, Eraclito invece santificava la lotta. Almeno per Nietzsche non era "un dio".

E tuttavia è proprio la "gravità" della sua scoperta di vedere il mondo come lotta, come distruzione, come sofferenza che mi ha fatto "tremare". Proprio grazie ad una visione come la sua, quando si comprende quanto sia dolorosa e insoddisfacente si ha lo stimolo a "trascendere il mondo".
La sua glorificazione della lotta mi fa rabbrividire. Diciamo che sto filosofando per "provare che ha torto", per confutarlo. Rifiuto ancora di credere nel profondo che sia la lotta la condizione dell'esistenza.

Un appunto: probabilmente l'aforisma "non si può toccare due volte lo stesso fiume" non è suo. Il suo sembra essere: a coloro che scendono negli stessi fiumi diverse e ancora diverse acque affluiscono. Il nucleo del suo pensiero era appunto la "lotta-armonia degli apposti" e non il divenire.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

cvc

Citazione di: Apeiron il 17 Novembre 2016, 14:38:21 PM
Citazione di: cvc il 17 Novembre 2016, 13:14:47 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Novembre 2016, 12:32:12 PMPer me il ricercare non è altro che un aspetto del divenire, il "tutto scorre" espresso da Eraclito. Cioè, che lo vogliamo o no, mi sembra che tutto si muove, si trasforma. In questo contesto, per me il ricercare è partecipare a questo divenire, che già è in natura, aggiungendoci la nostra partecipazione attiva, consapevole, critica. Per quanto riguarda l'approdo, per me ha senso cercarlo solo in un contesto di limitatezza umana, non in un qualche senso assoluto. Così, per me va bene ad esempio che una persona ricerchi perché vuole migliorare nella propria capacità di amare il prossimo; oppure nella propria formazione culturale, o nel saper suonare uno strumento. Sono scopi che mi vanno bene perché sono storici, adattati a quella persona specifica. Non esiste invece per me un approdo che si possa stabilire per ogni persona di ogni tempo e ogni luogo. Di conseguenza, se vogliamo parlare di ricerca in sé, indipendentemente da chi è la persona specifica di cui stiamo parlando, non è possibile definire alcun approdo. L'impossibilità di definire un approdo universale ha per me una conseguenza importante: una risposta a mio parere ottima che il tizio nella giungla potrebbe dare è questa: "Cerco perché per me cercare è vita, quale che sia ciò che si cerca, o anche senza alcun bisogno di avere qualcosa da cercare". Quante volte ci accade, durante una ricerca, di trovare qualcosa che non è ciò che stavamo cercando, eppure si rivela importante, a volte ancor più di ciò che cercavamo? Da ciò deduco che non c'è alcun motivo di considerare senza valore un cercare senza scopo. Anzi, proprio lo scopo potrebbe renderci ciechi: uno potrebbe fissarsi in mente di cercare per terra una monetina e non accorgersi di un diamante che gli passa sotto gli occhi, solo perché ormai tutta la sua mente si è fissata su quella monetina e non riesce ad accorgersi di nient'altro. In questo senso trovo molto valido cercare anche ciò che non esiste: può benissimo accadere che la mia ricerca mi riveli che ciò che pensavo inesistente invece esiste; oppure viene portato all'esistenza proprio dal mio cercare.
Mi fa piacere che citi Eraclito, ultimamente il mio pensiero torna spesso a lui. Mi ricorda l'ineluttabilità della guerra, della tensione fra gli opposti in cui siamo immersi. Non si intende il senso della vita se si pensa solo alla vita, ma se si confrontano le riflessioni sulla vita con quelle sulla morte: solo così si può comprendere o intuire un'armonia, solo dall'armonia si può trarre un senso. Che senso può avere la mia vita se la rapporto solo a me stesso o alle cose in cui non incontro difficoltà? Sono le mie battaglie (piccole o grandi che siano) il sale della mia vita, della mia esistenza. Ma non è facile come a dirsi accettare questa condizione, perché occorre avere lo stomaco per digerire l'effetto ributtante di questo continuo conflitto, di questo incessante divenire. Non si tratta qui dell'orgoglio del vincitore, ma del senso di liberazione derivante dall'accettazione del contrasto e del divenire come elemento universale di tutte le cose. Che non perché divengono non sono, ma sono in quanto e nella misura in cui vengono valutate dalla nostra ragione. La quale conosce la libertà e la sua vera natura solo quando non si oppone al mutare dell'universo. "Grande è l'anima che si abbandona al destino, ma meschina e vile è se lotta contro di esso e disprezza l'ordine dell'universo e preferisce correggere gli dei piuttosto che se stessa".


Eraclito... Mi ero dimenticato quanto ha influenzato anche me. Tuttavia ritengo lui l'apice di quel tipo di filosofia che potremo definire "nichilismo". Per lui non è l'armonia ma la guerra e la lotta a dominare il mondo. Ma da "bravo" precursore di Nietzsche ha identificato il fine ultimo della vita nel sostenere questa lotta: in loro non si vede un accenno di compossione. Credo che con lui si era giunti al culmine del "giustificazionismo" ancora peggio di Hegel e Nietzsche. Motivo: Hegel vedeva una progressione nella storia, Eraclito invece santificava la lotta. Almeno per Nietzsche non era "un dio".

E tuttavia è proprio la "gravità" della sua scoperta di vedere il mondo come lotta, come distruzione, come sofferenza che mi ha fatto "tremare". Proprio grazie ad una visione come la sua, quando si comprende quanto sia dolorosa e insoddisfacente si ha lo stimolo a "trascendere il mondo".
La sua glorificazione della lotta mi fa rabbrividire. Diciamo che sto filosofando per "provare che ha torto", per confutarlo. Rifiuto ancora di credere nel profondo che sia la lotta la condizione dell'esistenza.

Un appunto: probabilmente l'aforisma "non si può toccare due volte lo stesso fiume" non è suo. Il suo sembra essere: a coloro che scendono negli stessi fiumi diverse e ancora diverse acque affluiscono. Il nucleo del suo pensiero era appunto la "lotta-armonia degli apposti" e non il divenire.
Non vedo come Eraclito possa essere nichilista dato che nei suoi frammenti sono
frequenti i suoi richiami a Dio, alla ragione, alla virtù. Nemmeno Eraclito come 
precursore di Nietzscthe è plausibile, sebbene Nietzsche ne avesse ammirazione, i suoi 
temi sono ben altri. Non si tratta di santificare la guerra, ma di riconoscere nella contesa
un principio di verità. La contesa che lo si voglia o no è presente in tutte le cose, ma questo
non significa affatto compiacersene. Piuttosto come dice il vecchio saggio adagio romano: si vis pacem, para bellum.
Se vuoi la pace, preparati alla guerra.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Apeiron

Chiaramente più interpretazione dell'eremita di Efeso sono possibili ma davanti a frammenti del tipo:
benché infatti tutte le cose accadano secondo lo stesso lógos (frammento 1)
Bisogna però sapere che la guerra è comune, che la giustizia è contesa (frammento 80)
Per il dio tutto è bello, buono e giusto, gli uomini invece ritengono giusta una cosa, ingiusta l'altra.
(frammento 102)
dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta come il fuoco, quando si
mescola ai profumi e prende nome dall'aroma di ognuno di essi.
(frammento 67)

Dio è TUTTO per Eraclito: ergo tutto è da "venerare". Non puoi in sostanza non riconnoscere che anche la guerra più atroce è manifestazione di Dio. Più giustificazionista di così (forse non è nichilista ma dire "tutto è perfetto" non mi pare un'etica).

Poi eh anche Eraclito ha molte cose positive ma  questo suo lato mi rabbrividisce.

Il tuo Eraclito mi sembra più un Anassimandro:
"Principio degli esseri è l'Apeiron ... da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la dissoluzione secondo necessità: poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo" Qui si riconosce che la contesa è una parte molto importante della natura ma comunque non la si chiama "manifestazione di Dio". Tra l'altro Anassimandro sembra essere il primo a fare una interpretazione morale del mondo: la sofferenza nasce dalla tensione degli opposti, dopo che questi si sono "staccati" dall'Apeiron. Una sorta di "caduta"....
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

cvc

Citazione di: Apeiron il 17 Novembre 2016, 17:15:17 PMChiaramente più interpretazione dell'eremita di Efeso sono possibili ma davanti a frammenti del tipo:
benché infatti tutte le cose accadano secondo lo stesso lógos (frammento 1)
Bisogna però sapere che la guerra è comune, che la giustizia è contesa (frammento 80)
Per il dio tutto è bello, buono e giusto, gli uomini invece ritengono giusta una cosa, ingiusta l'altra.
(frammento 102)
dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta come il fuoco, quando si
mescola ai profumi e prende nome dall'aroma di ognuno di essi.
(frammento 67)

Dio è TUTTO per Eraclito: ergo tutto è da "venerare". Non puoi in sostanza non riconnoscere che anche la guerra più atroce è manifestazione di Dio. Più giustificazionista di così (forse non è nichilista ma dire "tutto è perfetto" non mi pare un'etica).

Poi eh anche Eraclito ha molte cose positive ma  questo suo lato mi rabbrividisce.

Il tuo Eraclito mi sembra più un Anassimandro:
"Principio degli esseri è l'Apeiron ... da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la dissoluzione secondo necessità: poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo" Qui si riconosce che la contesa è una parte molto importante della natura ma comunque non la si chiama "manifestazione di Dio". Tra l'altro Anassimandro sembra essere il primo a fare una interpretazione morale del mondo: la sofferenza nasce dalla tensione degli opposti, dopo che questi si sono "staccati" dall'Apeiron. Una sorta di "caduta"....
Non capisco cosa intendi per giustificazionista, non intendeva certo Eraclito che uno fa la guerra per i suoi
comodi e poi si giustifica dicendo che la guerra è un principio universale. Semmai questa è stata una deviazione
di certo darwinismo sociale in voga agli arbori delle grandi guerre mondiali. Non dice infatti che tutto è perfetto,
semmai che "tutto avviene secondo necessità" (e se non sbaglio mi pare lo dica pure Anassimandro). Certo è compito
non da poco stabilire quando la guerra è necessaria, e che si presta alle più svariate manipolazioni. Però come
suggerisce il titolo del tuo tropic, se abbiamo dei dubbi sul cristianesimo o altro, significa che ci sono delle
contese in atto dentro di noi, opinioni divergenti e contrastanti. La contesa non è solo quella delle spade e dei cannoni.
Anche l'essere più pacifico della terra discute per far valere le sue ragioni sull'altro, per non essere sopraffatto
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Apeiron

cvc, non posso "provare" la mia opinione su di Eraclito e su Anassimandro ma i due mi danno un'idea molto diversa.
Il primo (di cui abbiamo molti frammenti) dice espressamente che "giustizia è contesa" e rende molto l'idea che "tutto è manifestazione di Dio", anche le guerre più orribili. Detto questo certamente lo si può interpretare come uno stoico, ma allora perchè non ci è venuto un frammento in cui esalta ad esempio la virtù della non-violenza oppure uno in cui dice "purtroppo il mondo è così, quindi dobbiamo combattere"?
Giustificazionismo= dire appunto che "tutto è giusto".

Per Anassimandro mi ricordo anche io che parla di necessità però dice espressamente che gli opposti fanno ingiustizie e inoltre postula l'esistenza dell'Apeiron come "condizione iniziale" che molto probabilmente è pacifica.

Detto questo entrambi sono deterministi come Hegel (simile a Eraclito...) e Schopenhauer (simile ad Anassimandro...). Però eh non mi pare che questi ultimi fossero d'accordo sul dire che "tutto è giusto...". Entrambi cioè possono essere deterministi ma essere in disaccordo sul fatto che le cose siano "giuste".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

cvc

Citazione di: Apeiron il 17 Novembre 2016, 18:21:09 PM
cvc, non posso "provare" la mia opinione su di Eraclito e su Anassimandro ma i due mi danno un'idea molto diversa.
Il primo (di cui abbiamo molti frammenti) dice espressamente che "giustizia è contesa" e rende molto l'idea che "tutto è manifestazione di Dio", anche le guerre più orribili. Detto questo certamente lo si può interpretare come uno stoico, ma allora perchè non ci è venuto un frammento in cui esalta ad esempio la virtù della non-violenza oppure uno in cui dice "purtroppo il mondo è così, quindi dobbiamo combattere"?
Giustificazionismo= dire appunto che "tutto è giusto".

Per Anassimandro mi ricordo anche io che parla di necessità però dice espressamente che gli opposti fanno ingiustizie e inoltre postula l'esistenza dell'Apeiron come "condizione iniziale" che molto probabilmente è pacifica.

Detto questo entrambi sono deterministi come Hegel (simile a Eraclito...) e Schopenhauer (simile ad Anassimandro...). Però eh non mi pare che questi ultimi fossero d'accordo sul dire che "tutto è giusto...". Entrambi cioè possono essere deterministi ma essere in disaccordo sul fatto che le cose siano "giuste".
Scusa ma se uno crede che esista un Dio, mi pare naturale che gli attribuisca anche la qualità di giusto e, di conseguenza, ammetterà che discendendo tutte le cose da Dio, trovi anche una giustificazione, un senso al tutto. Ma non credo che questo sia un giustificazionismo ipocrita volto a difendere dei propri interessi materiali o spirituali o di pensiero.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Apeiron

Citazione di: cvc il 17 Novembre 2016, 18:56:54 PM
Citazione di: Apeiron il 17 Novembre 2016, 18:21:09 PMcvc, non posso "provare" la mia opinione su di Eraclito e su Anassimandro ma i due mi danno un'idea molto diversa. Il primo (di cui abbiamo molti frammenti) dice espressamente che "giustizia è contesa" e rende molto l'idea che "tutto è manifestazione di Dio", anche le guerre più orribili. Detto questo certamente lo si può interpretare come uno stoico, ma allora perchè non ci è venuto un frammento in cui esalta ad esempio la virtù della non-violenza oppure uno in cui dice "purtroppo il mondo è così, quindi dobbiamo combattere"? Giustificazionismo= dire appunto che "tutto è giusto". Per Anassimandro mi ricordo anche io che parla di necessità però dice espressamente che gli opposti fanno ingiustizie e inoltre postula l'esistenza dell'Apeiron come "condizione iniziale" che molto probabilmente è pacifica. Detto questo entrambi sono deterministi come Hegel (simile a Eraclito...) e Schopenhauer (simile ad Anassimandro...). Però eh non mi pare che questi ultimi fossero d'accordo sul dire che "tutto è giusto...". Entrambi cioè possono essere deterministi ma essere in disaccordo sul fatto che le cose siano "giuste".
Scusa ma se uno crede che esista un Dio, mi pare naturale che gli attribuisca anche la qualità di giusto e, di conseguenza, ammetterà che discendendo tutte le cose da Dio, trovi anche una giustificazione, un senso al tutto. Ma non credo che questo sia un giustificazionismo ipocrita volto a difendere dei propri interessi materiali o spirituali o di pensiero.

Non sto dicendo nulla di ciò. Sto solo dicendo che se identifichi Dio con la giustizia e poi dici "tutto è manifestazione di Dio" ne segue che "tutto è giusto". In pratica Eraclito annulla il problema della teodicea e il problema del male dicendo che il male non esiste proprio perchè tutto è male. Un po' come Hegel il quale diceva che il male era dovuto alla dialettica dello Spirito (Geist) con sé stesso. Eraclito la pensava in modo simile e sinceramente è un tipo di pensiero che mi pare un po' contrario all'etica.

Detto in altri termini dal punto di vista umano ci sono bene e male, dal punto di vista divino per Eraclito "tutto ciò che accade è giusto e buono". E lui vuole trasmetterci quest'ultimo punto di vista, su cui non sono d'accordo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Il grande mistico cristiano Maestro Eckhart disse una volta in un suo sermone:

"Vale più un maestro di vita che mille professori; ma fare il professore e vivere in Dio, questo non è possibile a nessuno. Se dovessi cercare un professore di Sacra Scrittura , lo cercherei a Parigi, all'università, dove è la scienza più elevata. Ma se lo interrogassi sulla vita perfetta non saprebbe che dirmi. Dove recarmi allora? Da nessun'altra parte che in una natura nuda e libera; essa potrebbe rispondermi se le ponessi questa domanda. Brava gente, cosa cercate tra morte ossa? Perchè non cercate il santuario vivo che vi può dare la vita eterna? E se l'angelo dovesse cercare Dio in Dio, non potrebbe cercarlo altro che in una creatura nuda, libera, distaccata. Ogni perfezione sta in questo: che si accetti di soffrire povertà, miseria, vergogna e tutto quel che può capitarci sotto la pressione delle circostanze, volentieri, con gioia, liberamente, pacificamente, con amore, senza vacillare affatto, e permanere così fino alla morte, senza alcun perché.

Trovo in questo passo una notevole sintonia con l'insegnamento di Siddharta e poi , via via, di tutto il dispiegarsi dell'autentico Dharma. Il presupposto di ogni ricerca spirituale deve poggiare sulla nudità interiore, sulla libertà e sul distacco.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Apeiron il 17 Novembre 2016, 21:43:01 PM
dal punto di vista umano ci sono bene e male, dal punto di vista divino per Eraclito "tutto ciò che accade è giusto e buono". E lui vuole trasmetterci quest'ultimo punto di vista, su cui non sono d'accordo.
Quando diciamo che tutto è male, penso che si possano tenere presenti con frutto due elementi:
- siamo esseri umani; cioè, solo un essere umano che riflette è in grado di dire che tutto è male; ciò significa che tale affermazione è da considerare strettamente dipendente dal nostro essere, dalla nostra soggettività specificamente umana;
- è un'affermazione tipica di un filosofare occidentale, tendente a universalizzare, generalizzare; in questo senso è sintomatico che negli ultimi tempi, nella cultura occidentale, siano emerse tendenze a battersi il petto, ammettere colpe, riconoscere fallimenti, oppressioni esercitate nella storia, e con questo anche il fallimento di un filosofare che pretendeva di capire tutto, il cui sbocco inevitabile oggi non riesce ad essere che la conclusione negativa che tutto è male.
D'altra parte, non mi sembrerebbe giusto e neanche possibile buttare nella spazzatura questo filosofare che ormai ci portiamo dentro; trovo più fruttuoso tentare di portarlo a sbocchi migliori.
Per me lo sbocco migliore si sta già praticando in filosofia da molti anni ed è una maggiore attenzione al particolare, al divenire, al frammentario, al pratico, in contrapposizione al vecchio universalizzare, generalizzare, pretendere di ridurre tutto a qualcosa di unitario. D'altra parte, come dicevo, l'universalizzare non può essere eliminato, quel che è fatto è fatto.
Per me la conseguenza è praticare un modo di pensare che prenda atto che
- se parliamo di male, vuol dire che abbiamo anche l'intuizione di qualcosa che pensiamo di poter chiamare bene;
- bene e male sono anche inevitabilmente intersecati, mescolati, per cui non ha senso tentare di distinguerli in modo troppo netto.
In tutto questo, credo di poter identificare il male con ciò che si oppone a noi: può essere la natura, oppure l'altro essere umano, ma anche qualche parte di noi stessi che entra in conflitto con qualche altra parte di noi stessi; il bene invece per me viene ad essere la piccola esperienza che riesce ad abitare dentro di noi e ci fa sentire vari tipi di benessere: può essere il benessere di un pasto, di un'opera di generosità, l'ascolto di una musica, salvo dover ammettere, come accennavo sopra, che queste esperienze non sono mai pure, ma sempre inevitabilmente e inestricabilmente contaminate dal male; insomma, non esiste nulla che sia puramente bene o puramente male.
Anche quando contempliamo un cielo stellato, la percezione piacevole di esso è a mio parere sempre ciò che in realtà abbiamo dentro, cioè un microuniverso di umanità che ci fa interpretare ogni cosa e ce la fa percepire come bene o come male.
In conclusione (una conclusione attuale, provvisoria), per me il bene viene ad essere la coltivazione di questi microuniversi di umanesimo, di umanità, che ognuno di noi ha la possibilità di coltivare dentro di sé; il male è ciò che vi si oppone e ci fa stare male.

green demetr

Io invece sto cercando di avvicinarmi al cristianesimo.  ;D

Ecco proprio per questo, non riesco a capire bene i tuoi dubbi.

Diciamo che (filosoficamente) hai cominciato a vivere l'inquietudine che porte il nichilismo. Mettiamolo nel vaso A.

Diciamo che eri cristiano, e che forse lo sei ancora, diciamo meglio cattolico, in quanto ti piace l'etica sottesa ad esso. mettiamolo nel vaso B

Diciamo che non ti torna la frammentarietà della Bibbia e quindi a maggior ragione del vangelo che ad essa è improntata. mettiamolo nel vaso C

Diciamo che cerchi una teoria solida, consistente, che possa darti una solida fondamenta, in quanto le verità bibliche sono opinabili secondo la scienza. mettiamolo nel vaso D


Diciamo che da A scaturisce il terrore della non-salvezza, della dannazione. Ma questo non è forse un problema più luterano che altro?

Quello che mi sfugge è come mai, pur essendo cattolico, metti in discussione la parusia cristiana, che poi è una escatologia salvifica.

Il messaggio giovanneo parla chiaramente di regno dei cieli, per chi in lui crede. Non mi pare necessiti di particolari operazioni metaforiche.

Certo la figurazione di questo regno richiede necessariamente la lettura iconica, e diacronia come suo sviluppo. Fino alla cancellazione del purgatorio come luogo cosmologico per diventare luogo interiore per Ratzinger.

Ma il messaggio originario è chiaro e semplice. (quello giovanneo almeno). Dovrebbe per lo meno rassicurare.

Dal vaso B, emerge che vuoi preservare la tradizione di Matteo e S.Paolo, credo.

Qua mi cogli impreparato nel merito. Però possiamo parlarne in termini generali. Se come in una terribile illuminazione hai capito che la vita è lotta, bè allora è importante sapere "con chi si vuol stare". Voglio dire che la salvezza è di quelli che si schierano dalla parte giusta. Daltronde la Chiesa non è questo Abbraccio Ecauristico che si fa comunità e quindi CHIESA (da cui il nome appunto).
Si sta insiemi in nome di Cristo. Anche qui non ci vedo particolari motivi di dubbio.

Del vaso C io non so che dire, mi attengo al vangelo, ci guiderà nelle sue parti più illuminate sebastian.

Ma voglio dire, "quello" era un altro patto, ora ce nè uno nuovo, a quello dobbiamo pensare, altrimenti facciamo una storia delle religioni.

Sopratutto se stiamo dalla parte della CHIESA. E che problema sarebbe??? se dicono che sono esistiti, vuol dire che sono esistiti. Punto e a capo, cosa c'entra con Gesù???
Voglio dire se Gesù ci salva, chissenefrega se qualcuno ha sbagliato traduzione. L'importante è stare dalla parte del Papa, è una lotta amico, ricordi?
Vogli dire perchè farne una questione di scientificità? A che serve?

Dal vaso D che dire se non che non è certo la prima volta che si lanciano strali contro la scienza?
In fin dei conti la scienza ha non so quante metodologie di ricerca, quale è quella giusta? o anche più semplicemente più consistente (sono così piene di varianti che uno ci passa la vita sopra a coprirle tutte) ?


Il punto è perchè scendere da un piano di salvezza ad uno di terrore???

Magari forse il buddismo ti rende più sereno, abbraccia quello.

Insomma le religioni sono tutte una questione di salvezza. o no?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

@green demetr,
Sono stato nella mia vita (se non ricordo male) in ordine: cattolico, "cristiano indipendente", agnostico, spinozista, ateo, agnostico, nichilista e ora nuovamente agnostico (con però la "certezza" che ci siano valori etici oggettivi - cioè una base per l'etica) con simpatie buddiste e (per certi versi) cristiane.

Detto questo non sono per nulla d'accordo con te. Il Papa non è infallibile e nemmeno la chiesa. Proprio per il fatto che il dogma era ritenuto intoccabile nei secoli la chiesa ha fatto più danni che altro (anche al cristianesimo stesso). E inoltre la scienza è il miglior modo di indagine della realtà e credo che ogni interpretazione della Bibbia si deva conformarsi ad essa e non il contrario.

Non sto scegliendo il buddismo perchè ha una certa contraddizione interna: prima ti dice che devi avere la massima comprensione del Dharma e poi proprio sulle cose importanti ti viene detto "devi fare pratica per capire". Quello che tra le altre cose non capisco è la differenza tra il Nirvana e il semplice oblio.

@Angelo Cannata,
Non ho detto io che né che tutto è bene né che tutto è male. L'etica d'altronde è la distinzione tra bene e male.
Inoltre sinceramente l'umanesimo non mi piace perchè è solo che filantropia. Se non ammetti un altro "mondo" oltre a questo (spero di farmi capire cosa intendo...), cioè se vuoi il mondo dei valori, l'umanesimo diventa una filosofia non molto diversa dalla semplice constatazione che dobbiamo far andare avanti la specie umana. Ma ripeto: se abbiamo solo questa prospettiva credo che l'anti-natalismo sia migliore.

Citazione di: Sariputra il 18 Novembre 2016, 00:13:05 AMIl grande mistico cristiano Maestro Eckhart disse una volta in un suo sermone: "Vale più un maestro di vita che mille professori; ma fare il professore e vivere in Dio, questo non è possibile a nessuno. Se dovessi cercare un professore di Sacra Scrittura , lo cercherei a Parigi, all'università, dove è la scienza più elevata. Ma se lo interrogassi sulla vita perfetta non saprebbe che dirmi. Dove recarmi allora? Da nessun'altra parte che in una natura nuda e libera; essa potrebbe rispondermi se le ponessi questa domanda. Brava gente, cosa cercate tra morte ossa? Perchè non cercate il santuario vivo che vi può dare la vita eterna? E se l'angelo dovesse cercare Dio in Dio, non potrebbe cercarlo altro che in una creatura nuda, libera, distaccata. Ogni perfezione sta in questo: che si accetti di soffrire povertà, miseria, vergogna e tutto quel che può capitarci sotto la pressione delle circostanze, volentieri, con gioia, liberamente, pacificamente, con amore, senza vacillare affatto, e permanere così fino alla morte, senza alcun perché. Trovo in questo passo una notevole sintonia con l'insegnamento di Siddharta e poi , via via, di tutto il dispiegarsi dell'autentico Dharma. Il presupposto di ogni ricerca spirituale deve poggiare sulla nudità interiore, sulla libertà e sul distacco.

Ho notato che Eckhart tra le altre cose è estremamente simile al neoplatonismo e che tra l'altro è sul "bordo" tra ortodossia ed eresia. Non a caso aveva messo tra i suoi obbiettivi come me la comprensione.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Angelo Cannata

#72
Citazione di: Apeiron il 18 Novembre 2016, 10:14:35 AM
l'umanesimo diventa una filosofia non molto diversa dalla semplice constatazione che dobbiamo far andare avanti la specie umana. Ma ripeto: se abbiamo solo questa prospettiva credo che l'anti-natalismo sia migliore.
A mio parere l'umanesimo (inteso come coltivazione di attività comunemente considerate "umanistiche", quali la letteratura, le arti in genere, la storia, la filosofia, la spiritualità, in contrapposizione alla matematica, le scienze fisiche, l'economia) può risultare così solo se considerato da una prospettiva esterna che pretende di comprenderlo senza esplorarlo a fondo dall'interno. Ma ciascuna di queste attività che ho elencato è veramente un universo sterminato, infinito: basta solo provare a coltivarle un po' non come semplici turisti. Ho sperimentato personalmente ciò provando a coltivare singolarmente, in singoli periodi della mia vita, diverse di queste attività. Quando le provi dall'interno cominci a capire che antinatalista può essere solo chi non conosce. Con questo non rivolgo accuse: ognuno di noi purtroppo non può evitare la sua misura di non conoscenza.
Ciò infatti dà luogo al problema dell'impossibilità di sperimentare tutto in maniera approfondita: la nostra vita è breve ed è umanamente impossibile sperimentare come si deve cos'è la pittura, cos'è la musica, provando a praticarle anche in maniera attiva, per esempio imparando a suonare uno strumento, o provando a dipingere, o a comporre poesie. Però per me la via è quella: se pure è impossibile conoscere bene ogni cosa come essa meriterebbe, la nostra vita ha pur sempre una sua durata, che è possibile dedicare programmaticamente ad attività arricchenti. Si tratta poi di scegliere quali praticare. Un criterio che io ho usato e continuo ad usare è di scegliere di praticare le attività aperte alla critica e all'autocritica; in questo senso, per esempio, per me non avrebbe senso provare a sperimentare la droga, o l'astrologia, o credenze di qualsiasi tipo che non mostrano apertura.

Duc in altum!

**  scritto da Angelo Cannata:
CitazioneVoglio dire se Gesù ci salva, chissenefrega se qualcuno ha sbagliato traduzione. L'importante è stare dalla parte del Papa, è una lotta amico, ricordi?
Vogli dire perchè farne una questione di scientificità? A che serve?

Serve perché stare con Gesù, lottare con il Papa, significa annullarsi, quindi più facile l'illusoria motivazione scientifica, pur di continuare ad esistere secondo l'etica dell'Io.
Con Gesù devi morire per gli altri, senza Gesù "mors tua vita mea" ...altro che salvezza celeste!!  ;)
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Apeiron:
CitazioneE inoltre la scienza è il miglior modo di indagine della realtà e credo che ogni interpretazione della Bibbia si deva conformarsi ad essa e non il contrario.
Ma la realtà della Bibbia è Dio che genera l'uomo, è Dio che da le coordinate e il senso alla storia dell'uomo, è Dio che salva l'uomo: come puo' la scienza senza fede interpretare qualcosa di assurdo, paradossale, metafisico? Puo' solo (così come fa) dire la sua ed essere creduta per fede, quindi illogicamente, sconfitta delle indagini (e nel frattempo bisogna decidere con chi o con cosa schierarsi), altro che la Bibbia deve conformarsi.

La scienza (da sola) puo' solo contestualizzare alcune circostanze presenti nella Bibbia, ma è limitata (grazie a Dio),dacché (almeno fino a oggi) può solo impazzire innanzi all'eventualità della resurrezione e della vita eterna.

Io credo fermamente nell'aforisma di Einstein: "La scienza senza la religione è zoppa. La religione senza la scienza è cieca".  --


CitazioneL'etica d'altronde è la distinzione tra bene e male.
Sì, ma prima bisogna decidere da quale pulpito viene sancito cosa è bene e cosa è male.  ???
Ecco perché la Bibbia sostiene che solo la Sapienza (quella regalata da Dio, e non quella guadagnata con la scienza: da ciò lo stolto che sconcerta il dotto) puo' davvero indicare all'uomo la differenza tra il bene e male; e che l'Intelligenza non è la capacità di sapere, odi affrontare e risolvere con successo situazioni e problemi nuovi o sconosciuti, ma è la determinazione di decidere per il bene, dopo che la Sapienza ce l'ha rivelata.
Un persona intelligente in vita, per esempio, per la Bibbia, non è stata la defunta super-erudita Hack, ma la impercettibile defunta Gemma Galgani.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Discussioni simili (5)