Dio non giudica nessuno, nemmeno i più malvagi?

Aperto da Socrate78, 10 Agosto 2021, 19:57:19 PM

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anthonyi

Citazione di: bobmax il 15 Agosto 2021, 15:52:27 PM

La credenza razionale è il risultato di un processo razionale che, sulla base di dati considerati veri, valuta come probabile una certa verità.

Viceversa la credenza irrazionale tv non segue alcun processo logico, ma arbitrariamente decide di stabilire cosa sia vero.

A fronte di un Dio ente la credenza razionale non può che orientarsi verso la non esistenza. In quanto qualsiasi attributo postulato di questo Dio immancabilmente finisce per confliggere con il mondo così come esso funziona.
..
E la considerazione che i dati sono veri non è arbitraria? Dirò di più chi stabilisce i dati che sono rilevanti per una credenza razionale, non è anche questo un processo arbitrario? Non so se sai la storia della perfetta correlazione tra le crisi economiche e le piene del kamchatka.
Comunque al di là delle critiche epistemologiche mi sembra un accettabile criterio per costruire delle credenze razionali.
Io infatti su questo metodo mi sono basato per definire la mia credenza nella vita oltre la vita. In presenza di decine di migliaia di testimonianze NDE, che parlano di esperienze simili, pur avendo religioni, culture e tradizioni differenti, valuto come molto probabile l'esistenza dell'aldila, è quindi ci credo razionalmente, grazie per avermelo confermato.
Sinceramente poi non capisco perché qualsiasi attributo di Dio debba confliggere con il mondo, mi sembra una posizione fatta per non affrontare il problema degli "attributi" di Dio, che è poi proprio il topic, nello specifico dell'essere giudice. Cosa che io non condivido, perché, al di là delle conferme che mi danno le testimonianze NDE, un essere di puro amore tale e Dio, non ha ragione di punire qualcuno.
Egli accetta comunque tutti, per cui tutti possono andare in paradiso se lo vogliono.
Quelli che non ci vanno e perché non vogliono, perché la loro volontà è talmente incatenata al male da trascinarli nell'abisso.

bobmax

In effetti, avevo scritto in un post precedente che la superstizione è credere in qualcosa che non è dimostrato...
Questa mia è stata una semplificazione erronea.

Visto che la credenza non ha nulla a che fare con la dimostrazione.

Avrei dovuto scrivere che la superstizione è una credenza irrazionale di chi rifiuta di seguire un processo razionale.

Il processo razionale può giungere ad una dimostrazione, e allora non si tratta di credenza, oppure non giungervi.
In quest'ultimo caso può comunque propendere per una verità, magari ritenuta ragionevolmente molto probabilmente. Abbiamo allora una credenza razionale.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Certamente nella verità dei dati vi è un che di arbitrario.
È lì infatti che bisogna scavare.
Ma non perché queste verità siano irrazionali, non sono né razionali né irrazionali. Sono sul limite del comprensibile.

E il limite, se riusciamo a percepirlo senza retrocedere nel nostro mondo rassicurante... è l'occasione per trascendere.

Attribuire alcunché a Dio è l'unica autentica bestemmia.

Con l'attributo, anche il più magnificante, in sostanza cerchiamo di impadronirci di Dio.
Trascinandolo qui, nell'esserci, per ridurlo a cosa tra le cose.

Certo bisogna pur osare...
E allora mi arrischio a chiamarlo Bene.
Che non c'è.
Ma questo è un atto di fede.

Riguardo alle testimonianze NDE, bisognerebbe cercare di capire chi è davvero il testimone.
Ho l'impressione che queste esperienze confermino il superamento della individualità.

Cioè può succedere che in determinate situazioni, solitamente tra la vita e la morte, l'io si dissolva offrendo una visuale inusitata della realtà.
Almeno questo mi è capitato.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

anthonyi

Citazione di: bobmax il 15 Agosto 2021, 17:30:08 PM

Cioè può succedere che in determinate situazioni, solitamente tra la vita e la morte, l'io si dissolva offrendo una visuale inusitata della realtà.
Almeno questo mi è capitato.
Che vuol dire ti è capitato? Anche se è OT ti autorizzo a parlarne, non so se hai capito ma a me queste cose appassionano più degli attributi divini.


bobmax

Tra le mie tante fortune, ho avuto anche l'occasione di sperimentare situazioni, diciamo così, al limite dell'esserci.
Eventi spiazzanti che mi hanno segnato influenzando il corso della mia vita.

È difficile descrivere fedelmente queste esperienze. Sia perché il ricordo è una continua rielaborazione di quanto successo e sia perché le parole qui sono davvero insufficienti.

E poi vi è sempre il rischio di generalizzare, perdendone la profondità.

Comunque ci provo, iniziando con una avvenuta trent'anni fa.

Riguarda ciò che ho vissuto durante un delicato intervento chirurgico, durante il quale il filo della mia vita stava per spezzarsi. Come ho saputo dopo dal chirurgo, ancora scosso per lo scampato pericolo.

L'anestesia generale era stata tra le più potenti.
Fatto sta che quando ho ripreso coscienza faticavo a capacitarmi che quella fosse davvero la mia vita con i miei cari attorno al letto.

Perché la realtà era ben altra! E a tratti vi venivo ricacciato per poi riuscire faticosamente a tornare ogni volta in questa.
Non è stato un sogno!, non ho mai fatto un sogno tanto reale.
Era vita vera.

Tutto inizia mentre sto sollevando un bambino da terra prendendolo in braccio.
Gli parlò guardandolo con affetto...
Mi accorgo allora che quel bambino sono io!
Il bambino che sono stato tanti anni fa.
Ma ora io non sono quel bambino, bensì sono mio padre!
La mia voce è la sua, il mio corpo è il suo.
Sono mio padre e pur tuttavia sono pure quel bambino. In quella situazione di vita di tanti anni fa quando mio padre tornava a casa dal lavoro.
Io sono sia il padre sia il figlio... come è possibile?

Una rivelazione che non riuscivo a sostenere. Così i miei pensieri presero a galoppare andando in ogni dove.
Finché il pensiero esausto cessò e mi trovai in una nebbia. Ed era una nebbia pietosa, ne ero certo, perché nascondeva ciò che non avrei potuto sopportare: il Nulla che stava davanti a me.
(Forse quello è stato il momento più cruciale per la mia sopravvivenza durante l'intervento)

Poi la nebbia si dissolse, e invece del Nulla mi trovai davanti infinite possibilità di vita.
E tra poco sarei andato in una di queste. Tutte sconosciute, tranne quell'unica vita che stavo ormai lasciando e che bramavo con tutta l'anima! Ma in cui ben difficilmente sarei tornato,  essendo una di infinite altre.
Tornare in questa era praticamente impossibile.

Eppure, faticosamente, riuscii pian piano a tornare.

Se sarai interessato continuerò descrivendo altre esperienze che mi sono capitate.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

anthonyi

Ciao bobmax, la sensazione di vivere un'esperienza reale è tipica delle esperienze NDE, l'io, cioè, percepisce che non è un sogno. Sembra che tu abbia iniziato la fase della ricapitolazione della tua vita, ma che questa sia stata interrotta, oppure, come hai percepito tu, non c'era nulla da guardare.
Quello che è anomalo è la totale assenza di percezioni emotive, sia quelle tue, sia quelle di tuo padre (normalmente si vivono anche le percezioni dell'altro).
Ti dirò questa tua esperienza mi ha colpito, non ho mai ascoltato di esperienze dirette NDE, cioè non mediate da coloro che si occupano di queste cose, né ho avuto esperienze di questo tipo, comunque posso dirti che quest'esperienza un segnale comunque te lo da, cioè quello di aver attenzione per le tue esperienze emotive.

bobmax

Ma l'emozione è stata fortissima!

All'inizio, camminavo verso mio figlio con uno slancio di affetto. Ero immerso nel mondo, senza rendermi conto di chi fossi in realtà.

"Non sederti per terra che ti sporchi" gli dissi prendendolo in braccio e sfregando la polvere dai suoi pantaloncini. E come ero felice per quel suo:"Ciao papà!"

Poi d'un tratto ho realizzato che quel bambino ero ancora io!

Mi sono così trovato con una coscienza ampliata.
Perché ero cosciente di essere quel adulto e allo stesso tempo quel bambino era ancora me stesso, il me stesso di tanti anni prima.

La violenta emozione riguardava l'io osservatore, quello che se ne stava in sala chirurgica.
Mentre l'io/mio padre continuava tranquillamente la sua vita avviandosi con il bambino in braccio verso casa.

Alla morte di mio padre, avvenuta anni dopo il mio intervento, mentre il suo cuore smetteva di battere mi sono ritrovato all'improvviso ad essere nuovamente lui!
I pensieri, la loro struttura, le parole utilizzate, non erano i miei soliti, ma coerenti con il suo modo di esprimersi.
E pure il contenuto era tipico del suo modo.

Osservavo mia mamma piangente con preoccupazione, ma non era l'attenzione di un figlio, piuttosto era quella del marito premuroso.

Passata una mezz'ora questo stato inusuale si dissolse.
Ma non il suo effetto su di me.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#22




Il fatto che si possano sperimentare percezioni alterate dell'io in condizioni particolari e insolite, potrebbe voler dire che tale percezione dipende dal contesto ambientale dal quale riceviamo un continuo feedback di conferma, ma basta appisolarsi perché il feedback venga a mancare in parte.
Il sognare sapendo di sognare potrebbe essere la conseguenza di un feedback affievolito , ma ancora presente. O meglio di un feedback che sia la somma di diversi feedback ambientali in concorrenza.
Possiamo supporre che sia un feedback puro e costante a darci un senso di realtà, quello che proviamo nella vita di tutti i giorni, o in stati eccezionali, ma che ci appaiono parimenti reali.
Se le cose stanno così questo senso di realtà si produce in modo automatico, istintivo, indipendentemente cioè dalla nostra volontà razionale.
Possiamo concludere che crediamo a ciò che percepiamo, lo consideriamo cioè reale, in presenza di un feeddback non contraddittorio, di qualunque tipo esso sia.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

#23

Dunque, mi permetto un piccolo fuori tema anche io...

Io ho sempre pensato che le NDE (intendo se davvero esistono e non sono riconducibili al campo della bufala/autosuggestione) siano dovute al fatto che il morire è un processo che si svolge per un tempo esteso, quantomeno perché, in senso fisico e relativistico non esistono interazioni istantanee e c'è mediazione spazio temporale della causalità e dilatazione "durevole" del presente intrinseca alla posizione degli osservatori rispetto ad un dato evento (dunque il presente è inesteso solo per approssimazione); ed inoltre se la coscienza fosse davvero un processo spiegabile a livello quantistico, esisterebbe continuamente e normalmente sovrapposizione di stati di coscienza, che nel "momento" estremo della morte potrebbe corrispondere anche una sovrapposizione di stati "limite" vivo-e morto insieme.

Quindi penso proprio che in un modo o nell'altro la "struttura profonda" della natura non ammetta la dicotomia concettuale e filosofica vita/morte come la possono conoscere e porre gli uomini, ma solo il morire come processo temporalmente e spazialmente esteso contemplante sovrapposizione indefinita di vita e morte come stato intermedio, come un interruttore che proprio fisicamente non può spegnersi senza attraversare anche un momento in equilibrio perfetto tra i due stati (facendo con ciò piazza pulita di tutte le teologie e filosofie del discorso umano che considerano vita e morte come opposti assoluti, e addirittura le eticizzano); quindi, se c'è una durata temporale del morire, non è da escludersi che ci sia anche un'esperienza cosciente e coscienziale del morire come processo auto-contemplato dalla coscienza stessa, esperienza che potrebbe essere entro certi limiti trans-culturale e standardizzata per tutti i morenti, proprio perché, a livello organico, avverrebbe un processo entro certi limiti simile per tutti.

La gioia e le sensazioni positive nelle NDE me le spiego perché c'è una parte di coscienza "viva", che può ancora soffrire, che contempla una parte di coscienza "morta", che non può più soffrire nemmeno virtualmente in nessun senso; anche la sensazione di "passaggio all'eternità", corrisponderebbe al vissuto infinito della sensazione soggettiva della durata del morire, che potrebbe infinitizzarsi perché, anche ammessa una indistruttibilità di fondo della coscienza, all'atto del non funzionamento definitivo del corpo, non vi sarebbe più altro da percepire/pensare per la coscienza stessa che l'ultima, o meglio la terminale, "unità" o "misura" del percepito/pensato complessivo; quindi si potrebbe morire in un decimiliardesimo di secondo, e percepirlo durare eoni.



E quindi, col mio discorso infine, provo a tornare anche un po' in tema, perché, se si accetta per vero quanto ho proposto, o meglio ipotizzato, croce e delizia delle visioni del paradiso o dell'inferno, e le sensazioni, e le possibili memorie ad esse associate, pertengono sempre, (in senso ateo e soprattutto nietzschano qui intendo) al campo del giudizio forse sì, ma pur sempre a quello della e nella vita, e
non mai a quello -intrinsecamente impossibile, a-prospettico e folle- sulla vita...


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

anthonyi

Ciao niko, le NDE sono vere per definizione, chiaramente salvo il caso in cui il soggetto menta. Altro discorso è naturalmente la loro interpretazione e spiegazione.
Chi ha fatto ricerche al riguardo ha già evidenziato come i tratti delle esperienze NDE siano riconoscibili rispetto ad esperienze oniriche e alterazioni da sostanze chimiche (non dimentichiamo che molte esperienze sono documentate in sala operatoria, con il paziente sotto anestesia).
Naturalmente è vero che il processo del morire è lungo, quello che però è difficile da spiegare é perché i morenti dichiarino di aver seguito tale processo da una prospettiva esterna al loro corpo, e riportino esperienze che hanno elementi particolari e comuni, pur avendo culture religiose profondamente differenti.

Socrate78

La luce che i morenti (i morti clinicamente ) vedono nelle NDE secondo me è proprio l'energia di Dio, la stessa energia che con il Big Bang ha dato origine al mondo: infatti la prima particella che è nata nella materia dopo l'esplosione iniziale è il FOTONE che corrisponde alla luce ed infatti i morti clinicamente vedrebbero proprio la LUCE. Di conseguenza Dio sarebbe la coscienza che informa tutto l'Universo e questa coscienza superiore sarebbe visibile all'anima proprio sotto forma di Luce: chi muore dice di sentirsi amato da questa Luce, e questo secondo me significa che l'amore non è in realtà solo un sentimento, ma è una VIBRAZIONE, quindi Dio è come un'energia che vibra ad un livello altissimo e a questa vibrazione corrisponde il bene, l'amore, l'intelligenza a livello di pensiero puro senza necessità di linguaggio.
Ma tanto è inutile che parlo, perché secondo me a molte persone del forum per qualche motivo piace l'idea che dopo la morte finisca tutto, forse perché in fondo non vogliono affrontare una realtà successiva che è ignota e potrebbe spaventarle, quindi per loro è meglio pensare che ci sia solo il nulla!

bobmax

@Socrate78

Non penso che sia necessario essere sul punto di morte.

Almeno a me è capitato di vivere una situazione simile, ma non credo fossi tra la vita e la morte. Stavo però attraversando un periodo travagliato, da cui temevo di non uscire più.

Una notte ero in attesa che il sonno finalmente mi cogliesse, quando sopra di me comparve una fiamma!

Se ne stava lì, a mezz'aria, e io l'amavo.
L'amore fluiva da me alla fiamma crescendo sempre più, senza limiti.
Perché quell'amore era sconfinato.
E più la amavo e ancora più potevo amarla!

La fiamma non faceva nulla di suo, se non permettere a questo amore infinito di sgorgare da me.
Aveva rotto il guscio in cui stava racchiuso

Poi tutto cessò.

Allora compresi che l'amore è ciò che solo conta.
Ma da comprendere a essere lunga è la strada.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

ricercatore

Citazione di: Socrate78 il 10 Agosto 2021, 19:57:19 PM
Normalmente le religioni pensano che dopo la morte i buoni verranno accolti da Dio e avranno una ricompensa, mentre i malvagi saranno puniti in diverso modo. Ma è proprio così? Io tendo a dubitare di una simile divisione di destino tra "buoni" e "cattivi". La religione cristiana dice che "Non bisogna mai giudicare", ma qual è il vero significato di questo comandamento? A mio avviso il vero significato della proibizione di giudizio data da Gesù consiste nel fatto che anche il male peggiore che la persona compie nella vita fa parte di un progetto divino per cui le azioni considerate "cattive" dalla società sono permesse da Dio per l'evoluzione spirituale dell'anima. Secondo alcune dottrine orientale legate al concetto di Karma e di reincarnazione ogni anima prima di nascere sceglie quali azioni compiere e gli eventi più significativi della sua vita, ma lo fa sempre secondo un fine buono, per imparare una lezione e crescere: se ad esempio prima di nascere un'anima si è data come compito nella propria vita quello di "Imparare a perdonare"  è necessario che essa subisca dei TORTI da altre anime (si perdona solo se prima si è stati vittima di torti...), quindi quelle persone che apparentemente compiono il male lo fanno in realtà per far apprendere il perdono alla persona che sembra solo una vittima! I "cattivi" quindi potranno addirittura essere premiati per questo, mentre la persona che si è data il compito di imparare il perdono se serba odio e si vendica, allora sarà lei ad essere punita, perché non ha fatto fruttificare il compito che si era data per la sua vita.
Che cosa ne pensate di questa possibile visione?

credo che il comandamento di "non giudicare" sia qualcosa da perseguire per raggiungere una pace e una serenità interiori.
la psicologia ci insegna (e ci dimostra) che il rapporto con gli altri non è così distante dal rapporto con se stessi: giudicare gli altri, significa giudicare se stessi. come dice il vecchio detto cinese "Quando punti il dito per giudicare qualcuno, guarda la tua mano: altre tre dita sono puntate verso di te."
in genere infatti, chi è molto severo ed intollerante con gli altri, è in realtà molto severo ed intollerante anche verso se stesso: e vale anche il viceversa, anche se molto spesso è mascherato da una facciata di falso altruismo.

riguardo la tua visione, mi pare una buona filosofia di vita: vedere le sofferenze e le ingiustizie subite come un'occasione per "levigare" la propria anima ed elevarla a Dio.

personalmente, la mia razionalità mi porta in questo momento a non credere in Dio e pertanto recepisco gli insegnamenti religiosi come una ricetta per una buona vita in questo mondo terreno.
la via del Bene, concretamente, porta meno sofferenza e meno dolore, porta al Paradiso: azioni positive, portano feedback positivi, in un crescendo virtuoso e luminoso.
la via del Male, al contrario, se inizialmente sembra soddisfare l'istinto del momento (es. mi vendico per un torto subito), crea una serie di conseguenze negative che degenerano, fino a trascinare l'Uomo all'Inferno. Un esempio terra terra, è il rapporto con il vicino di casa: per vendicarmi di un suo torto, inizio a fargli un dispetto, lui allora me ne fa un altro e così via fino a degenerare. alla fine sto peggio di come stavo all'inizio.
credo che i nostri antenati abbiano notato questi comportamenti umani e abbiano tratto delle conclusioni, articolandole sotto forma di storie e racconti: questi hanno poi composto i testi sacri.

anthonyi

Citazione di: ricercatore il 23 Agosto 2021, 15:36:41 PM

la via del Bene, concretamente, porta meno sofferenza e meno dolore, porta al Paradiso: azioni positive, portano feedback positivi, in un crescendo virtuoso e luminoso.
la via del Male, al contrario, se inizialmente sembra soddisfare l'istinto del momento (es. mi vendico per un torto subito), crea una serie di conseguenze negative che degenerano, fino a trascinare l'Uomo all'Inferno. Un esempio terra terra, è il rapporto con il vicino di casa: per vendicarmi di un suo torto, inizio a fargli un dispetto, lui allora me ne fa un altro e così via fino a degenerare. alla fine sto peggio di come stavo all'inizio.
credo che i nostri antenati abbiano notato questi comportamenti umani e abbiano tratto delle conclusioni, articolandole sotto forma di storie e racconti: questi hanno poi composto i testi sacri.
Ciao ricercatore, non è sempre vero che la via del bene porta meno sofferenza.
Riprendendo il tuo esempio, se il vicino ti fa un'offesa e tu te la tieni, non è detto che lui non ci riprovi, magari con qualcosa di più grosso, visto che la prima volta gli è andata bene.
Se poi rispondi all'offesa del tuo vicino con il male estremo, cioè uccidendolo, sarai sicuro che in futuro da lui non riceverai fastidi, e anche dagli altri, intimiditi dal tuo comportamento.
La verità è che la via del male spesso paga, d'altronde se così non fosse non si capirebbe perché tante persone continuano a commetterlo. Non parlo naturalmente del male istintivo, frutto di un momento di alterazione, ma di un male pianificato.
C'è poi secondo me un problema nell'idea che hai che la religione derivi da questa cognizione umana del bene e del male. Se un uomo è stato capace di comprendere il bene e il male, perché mai avrebbe dovuto inventare Dio per trasmettere questa conoscenza, non poteva trasmetterlo in suo nome ricevendo fama e memoria?

ricercatore

ciao @anthonyi, in realtà la via del Bene non è la via del buonismo: è la via del confronto, del dialogo e se necessario anche del conflitto (civile).
se io quell'offesa fatta dal vicino "me la tengo", in realtà sto solo accumulando risentimento, che un giorno esploderà: infatti è solo Dio (se c'è) che perdona, l'Uomo non ce la fa, necessita di risolvere la questione facendo giustizia in modo simbolico (e civile).

riprendendo l'esempio, se io uccido il mio vicino, il figlio del vicino (o il suo fratello) tenterà di uccidere me per vendicarsi: allora mio figlio (o mio fratello), tenterà di uccidere il mio assassino, e così via, come nelle (ancora purtroppo attuali) narrazioni di mafia. questo porta disordine nelle comunità, sofferenza, dolore e sfiducia nel futuro.
la via del Male soddisfa nel breve termine, è la via dell'espediente, apparentemente la più facile.
è la via che si sceglie per tamponare i problemi con dei palliativi, è la polvere sotto al tappeto: facile veloce ed, apparentemente funzionante. un giorno però, da quella polvere sotto al tappeto sbucherà fuori un Drago pronto a divorarti: o lo si sconfigge con la Spada di Verità (come narrano le fiabe) oppure vincerà lui.

riguardo il secondo punto, non riesco a conciliare la teoria dell'evoluzionismo (eravamo scimmie, poi, molto gradualmente, siamo divenuti uomini) con la stesura dei libri sacri.
la teoria che ho riportato l'ho sentita dal prof. Jordan Peterson e mi sembra sinceramente la più convincente tra tutte quelle che ho ascoltato.
quando eravamo uomini primitivi, ci siamo tramandati storie, da generazione in generazione: queste storie contenevano delle verità, dalle osservazioni fatte in molti anni sono state tratte delle morali che indicavano certi comportamenti come giusti (convenienti per una buona vita) o come sbagliati (non convenienti per una buona vita).
durante la trasmissione di queste storie, come accade sempre, i fatti si sono ingigantiti: una buona idea avuta da un Vecchio Saggio di un villaggio si trasforma in "Dio che parla al Profeta e che gli dice di fare o non fare una certa cosa".

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