Decalogo: sesto comandamento

Aperto da doxa, 04 Giugno 2020, 08:15:38 AM

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Questo precetto riferito nel passato al solo adulterio è stato ampliato dalla Chiesa cattolica a tutti i peccati sessuali, all'uso "indebito" della sessualità sia con altri sia da soli, inoltre ha modificato l'espressione "non fornicare" per evitare che si pensasse che il comandamento venisse limitato alla sola esclusione del peccato di adulterio. Perciò nel "Decalogo" aggiornato della Chiesa cattolica il VI comandamento afferma: "non commettere atti impuri".

Tale divieto è presente anche nell'Antico Testamento  sia per l'adulterio sia  per ogni "impurità carnale".

Esodo (20) e Deuteronomio (5) sono concordi: "non commetterai adulterio". Altri testi, però, ci informano che questa proibizione valeva in modo diverso per l'uomo e per la donna: l'uomo poteva avere relazioni con donne libere (ma non quelle sposate) mentre per la donna era esclusa ogni relazione fuori dal matrimonio.

Il libro del Levitico, nel codice di santità, elenca tutti i peccati carnali che sono meritevoli di morte. Per esempio:  "Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro" (Lv 20,13).

Nel Libro di Tobia (testo contenuto nella Bibbia cristiana: Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh),  redatto nel 200 a. C. circa, è indicata la "fornicazione": rapporti tra persone libere, non coniugate., e dice:  "Guàrdati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione" (Tob 4,12).

Tra i peccati di "impurità" l'adulterio è il più grave perché include anche un'ingiustizia nei confronti della persona tradita,  cui si  è legati col vincolo matrimoniale.

Gesù disse: "Avete inteso che fu detto: 'Non commettere adulterio'; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (Mt 5,27-28)".

Dal Vangelo di Matteo "Dio vuole che l'uomo e la donna restino fedeli l'uno all'altra per sempre": significa non tradire a chi hai detto di amare" (19, 8.

L'attuale sesto comandamento: "non commettere atti impuri", ha lo scopo di proteggere l'istituto matrimoniale e la famiglia, ma il senso profondo del comandamento è proteggere l'amore e una qualità dell'amore:  la fedeltà, ormai fuori moda.

Questo precetto del Decalogo si deve considerare come un contenitore della sessualità in generale,  non solo a livello genitale ed erotico ma anche nell'ambito dell'amore ablativo, dell'agape come dono di sé per l'altro.

Non bisogna mai dimenticare che uomini e donne sono persone e non cose o corpi da usare.

Il commento forse più bello a questo comandamento lo hanno scritto nel Talmud. 

Nella lingua ebraica "Talmud" significa "insegnamento", "istruzione".  E' una raccolta di discussioni avvenute nei secoli tra i sapienti (Chakhamim) e i maestri (rabbanim) circa i significati e le applicazioni dei passi della Torah scritta e si articola in due livelli:

la Mishnah, che raccoglie le discussioni dei maestri più antichi fino al II sec. d. C.;

la Ghemara, redatta tra il II e il V sec. d. C., con commenti della Mishnah.

Il Talmud viene distinto in "Talmud di Gerusalemme o gerosolimitano", che è il più antico, e  Talmud babilonese.

Nella pagina 79 del Talmud di Gerusalemme si legge:

"State molto attenti a far piangere una
donna,
che poi Dio conta le sue lacrime!

La donna e' uscita dalla costola
dell'uomo,
non dai piedi perche' dovesse essere
pestata,
non dalla testa per essere superiore,
ma dal fianco per essere uguale....
un po' più in basso del braccio per essere
protetta,
e dal lato del cuore per essere amata...."

Sono versi poetici e sempre attuali.  Ma quelle parole non rispecchiano la reale condizione della donna nella società palestinese al tempo di Gesù.
Lo storico e romanziere francese Henri Petiot, detto Daniel-Rops (1901 – 1965), nel suo  libro  titolato "La vita quotidiana in Palestina la tempo di Gesù" scrisse che "La sposa a quel tempo era considerata una propaggine del marito: secondo la Legge, infatti, la moglie di uno schiavo era venduta insieme a lui. La moglie doveva al marito una fedeltà assoluta, senza poter esigere altrettanto. Lo sposo aveva il diritto di ripudiarla senza la minima difficoltà. La posizione che la società riconosceva alla donna era, da qualsiasi punto di vista, inferiore.

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Nel nostro tempo la condizione della donna ebraica è ovviamente cambiata, ma nelle preghiere che gli osservanti recitano quotidianamente c'è un'espressione che crea discussioni. Essi pregano tre volte al giorno:  la mattina, il pomeriggio e la sera, così distinte:

shachrìt, preghiera del mattino,

minchà, preghiera del pomeriggio,

arvìt o ma'arìv, preghiera della sera.

Da molti secoli  le tefilloth (= preghiere;  al singolare "tefillà" ) del mattino, che si recitano al risveglio comprendono tre espressioni:

Benedetto tu o Signore Nostro Dio Re del mondo che non mi hai fatto non ebreo.

Benedetto tu o Signore Nostro Dio Re del mondo che non mi hai fatto schiavo.


Benedetto tu o Signore Nostro Dio Re del mondo che non mi hai fatto donna.


La terza espressione viene recitata solo dagli uomini; le donne, invece, ne recitano un'altra, che dice: "Benedetto tu o Signore Nostro Dio Re del mondo che mi ha fatto secondo la sua volontà".
Questa è la formula del rito sefardita e ashkenazita.

La frase recitata dalle donne: "che mi ha fatto secondo la sua volontà", è di solito intesa come l'accettazione passiva di un decreto  divino poco favorevole, perciò da anni contestata dalle donne di religione ebraica.

Quando venne creato l'uomo, racconta il Bereshit (1, 26), Dio disse "facciamo l'uomo" (na'asè adam), al plurale, e il midrash spiega che prima di creare l'uomo Dio si consultò con gli angeli.

Quando invece si racconta  la creazione della donna, tutti i verbi sono al singolare ("prese una delle costole ..." 2, 21). Come a dire che per la creazione dell'uomo ci fu un concorso di idee e di volontà, mentre per la donna ci fu l'unica volontà divina; è per questo quindi che le donne dicono "che mi ha fatto secondo la sua volontà".

Tra le nuove formule proposte c'è quella in cui l'uomo e la donna benedicono in positivo "che mi ha fatto maschio (o femmina)". Il problema "tecnico" è se sia legittimo introdurre formule non contemplate dalla tradizione antica e recitarle con il nome divino.

Secondo il rav Riccardo Di Segni (rabbino capo di Roma) "non si tratta di una valutazione globale del ruolo uomo/donna, per cui uno è migliore dell'altro(a) ma di una riflessione specifica sui doveri legati alle differenti posizioni: in quanto liberi, ebrei e maschi si hanno rispetto agli altri, progressivamente, molti più obblighi (mitzwoth), e diverse responsabilità familiari, per cui il senso delle tre benedizioni è quello del ringraziamento per aver ricevuto un carico di mitzwoth superiore".

Daniel-Rops, autore del citato libro nel primo post, riporta un aforisma rabbinico sulle donne:   

"Da quale parte dell'uomo trarrò la donna ?", si era chiesto l'Onnipotente. "Dalla testa? Sarà troppo orgogliosa. Dall'occhio? Sarà troppo curiosa. Dall'orecchio? Origlierà dietro gli usci. Dalla bocca? Chiacchiererà. Dalla mano? Sarà prodiga." Alla fine prese una parte del corpo molto oscura e ben nascosta, con la speranza di renderla modesta...". 

Ma perché Dio avrebbe dovuto trarre la donna dalla costola dell'uomo e non creare la donna e l'uomo contemporaneamente?

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Il Libro del Siracide è un testo contenuto nella  Bibbia cattolica (LXX e Vulgata) ma non nella Bibbia ebraica, perché considerato apocrifo. Fu scritto a Gerusalemme nel 180 a. C. circa da Giosué, figlio di Sirach, poi tradotto in lingua greca dal nipote nel 132 a. C. circa. Il testo è composto da 51 capitoli con vari detti di genere sapienziale, sintesi della religione ebraica tradizionale e della sapienza comune.

Il capitolo 26 inizia così:

1 Fortunato quel marito
che ha una donna gentile:
avrà lunga vita.

2 Una donna di carattere è la gioia di suo
marito:
egli potrà vivere i suoi giorni pienamente
felice.

3 Una buona moglie è un dono
straordinario
e lo riceve solo chi si affida al Signore:

4 sia ricco o povero, in ogni occasione sarà
contento
e avrà sempre il volto sorridente e tanta
gioia dentro di sé.


Sfortunato chi ha una donna cattiva
5 Tre cose mi preoccupano:
le chiacchiere che si sentono in giro, un
popolo in agitazione
e le calunnie: tutte cose peggiori della
morte.
Ma ce n'è una quarta che mi spaventa:

6 avere una moglie gelosa fa venire il
crepacuore
ed è una vera tristezza
perché entra in gioco il flagello della
lingua.

7 Avere una moglie cattiva
è come stare sotto un giogo che traballa
e sposare una simile donna
è come prendere in mano un serpente.

8 Una donna che si ubriaca ti fa andare in
bestia
e non saprà mai controllare il suo pudore.

9 Se una donna è poco seria, te ne accorgi
dagli occhi
e dal suo modo di guardarti.

10 Con una donna sfrontata apri bene gli
occhi,
perché se trova un punto debole ne
approfitta.

11 Sta' attento al suo sguardo provocante
e non meravigliarti se ti tradisce:

12 come il viandante assetato apre la bocca
e beve a qualsiasi fontana,
così lei spalanca le braccia a tutti
e si dà a ogni uomo che incontra.

Una moglie perfetta
13 Una donna sensibile è la gioia del marito,
se poi è comprensiva lo fa ringiovanire.

14 Una donna che parla poco è un dono del
Signore,
e nulla è più prezioso di una donna
educata.

15 Un certo pudore affascina l'uomo
e nulla è preferibile a una donna che sa
controllarsi.

16 In un ambiente creato dal suo buon gusto
una donna riservata è splendida come il
sole sulle cime dei monti.

17 Un bel volto sopra un corpo grazioso
è come la lampada che brilla sul
candelabro sacro;

18 e belle gambe su solidi piedi
sono come colonne d'oro su basi
d'argento.

Nel vecchio modo di fare esegesi e teologia prevaleva l'ideologia sessuofobica. Col Concilio Vaticano II si è tentata una lettura più personale e teologica della morale sessuale, cercando di ricondurre al rapporto matrimoniale le dimensioni dell'amore (eros, philia, agape).
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Anche nelle Sacre Scritture si parla dell'amore di coppia, come nel "Cantico dei Cantici" o la storia di Osea che viene chiamato da Dio a sposare Gomer, una prostituta.

Il Cantico dei Cantici è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana. Se ne attribuisce la "paternità" a Salomone, antico re di Israele del X sec. a. C. ma fu composto nel IV sec. a. C. da un autore anonimo, che fece confluire nel testo alcuni antichi poemi diffusi nell'area mesopotamica.
Questo "canto nuziale" comprende 8 capitoli con poemi amorosi in forma dialogica tra un uomo ("Salomone") e una donna ("Sulammita").

Dall'ottavo capitolo:

Lo sposo

[4] Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, non destate, non scuotete dal sonno l'amata, finché non lo voglia. 

epilogo

[5] Chi è colei che sale dal deserto, appoggiata al suo diletto?

Sotto il melo ti ho svegliata;
là, dove ti concepì tua madre, là, dove la tua genitrice ti partorì. 


La sposa 

[6] Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!

[7] Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio.

the end

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