Da che cosa deriva il male presente in noi nelle sue varie forme?

Aperto da Socrate78, 28 Novembre 2018, 20:28:41 PM

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Socrate78

Ebbene, io a volte mi chiedo: da che cosa deriva la nostra parte peggiore, quella che ci porta, in maniera minima o più grave, ad essere egoisti, violenti, dispettosi, insensibili, invidiosi degli altri, meschini o anche gratuitamente cattivi? Io ad esempio (voglio essere onesto....), pur essendo in genere orientato al bene, a volte mi capita di avere pensieri anche improvvisi di disprezzo verso il prossimo per svariati e anche futili motivi, sentimenti istintivi ma molto forti di antipatia immotivata, oppure sperimentare momenti in cui inspiegabilmente il mio naturale senso di empatia e di compassione verso il mondo scema molto ed è sostituito da pensieri di menefreghismo, di sfiducia, di indifferenza, di freddo distacco. Quindi riconosco che in me c'è una parte decisamente più cattiva di quella che invece prevale e che cerco di perseguire ogni giorno, tuttavia mi chiedo: come mai esiste in me come nella maggior parte delle persone questo "male" accanto alle tendenze positive? La parte peggiore (almeno peggiore secondo i comuni criteri....) va assolutamente repressa oppure anch'essa va compresa ed ascoltata perché ha qualcosa da dirci?

viator

Salve Socrate78. Dall'egoismo, che in sé è un bene (senza l'egoismo naturale generato dall'istinto di sopravvivenza nessuna specie potrebbe continuare ad esistere).

Poi noi, specie altamente perfezionata, eletta e "superiore", tra le altra facoltà abbiamo conquistato anche quella di riuscire a pervertire il bene naturale.

Il bene naturale, di per sé impersonale, è diventato così per moltissimi l'egoismo innaturale poiché costoro, guardandosi allo specchio si sono detti : "La natura ci è inferiore, noi possiamo modificarla e strapazzarla ed essa non si lamenta neppure. E poi l'ha detto anche Dio che la natura appartiene a noi essendo stata da lui creata a nostro beneficio !". Amen e saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Come scrive Viator, una parte di noi è governata da un sano egoismo, senza il quale nessuna specie animale potrebbe competere con l'ambiente. D'altro canto non stiamo più dandoci delle sonore clavate in testa e quindi non siamo governati solo dall'egoismo (uguale male?) ma anche da principi cooperativi e solidaristici che provengono dalla nostra storia di animali sociali, rafforzati dalla nostra storia culturale. Per lo stesso motivo il male e la violenza di oggi è incommensurabilmente minore a quella di appena 100 anni fa, anche se i media e alcuni politici fanno di tutto per farci credere il contrario.

Come ormai noto, grazie agli studi sulla genetica, i processi culturali e storici hanno un influsso e condizionano lo stesso sviluppo umano in senso biologico e genetico. Quindi parlare di un egoismo naturale e quindi buono, opposto alla civiltà, che dietro ad una divinità più o meno dotata, reprime l'egoismo naturale è una favola che non regge, anche se chi ci crede non sarà certo persuaso.
Ad ogni buon conto si può leggere qualcosa qui:
https://it.wikipedia.org/wiki/Epigenetica

Tornando alla domanda iniziale, si può certo affermare che una parte di violenza e disumanità resta dentro di noi, nella parte più ancestrale del nostro cervello, così come però resta ancora più vero come i nostri costumi e i nostri comportamenti si stiano eticamente innalzando e migliorando. Un esempio su tutti ( ma potrei annoiarvi con molti altri). Nella Francia del '700 un divertimento che raccoglieva tanti spettatori era lo show del gatto incendiato. Un povero gatto veniva legato ed incendiato, facendo così divertire i presenti paganti. Ma pensate anche alle condanne a morte di 400 anni fa e quelle odierne, in quegli stati dove è ancora vigente. In passato bastava parlare male del Re per finire impiccati dopo un processo sommario, e magari in pubblica piazza, dando uno spettacolo indecente di sè prima di morire. Ora prima di finire a morte ci sono processi che durano decenni e l'esecuzione viene svolta in modo estremamente discreto, perchè la si considera comunque poco "educativa".
Si potrebbe dire che abbiamo intrapreso un viaggio, culturale e storico, nel quale la violenza e il male hanno sempre meno peso, ma proprio per questo dobbiamo anche essere in grado di capire perchè quel male talvolta erompe con forza e violenza, come un vulcano inattivo da tanto tempo e che talvolta erutta lava.
Il male nasce da tante sorgenti diverse. In primo luogo il "male" viene appreso in famiglia. Chi viene maltrattato in famiglia ha delle possibilità di comportarsi male in futuro che sono maggiori. Ma anche chi viene amato dai suoi famigliari può agire in modo "malvagio". Un primo caso si verifica quando i genitori, pur essendo normalmente premurosi, indicano come moralmente valide alcuni azioni rivolte contro qualcuno a cui si toglie la dignità di esseri umani. E' quanto accade ad esempio ai figli dei rom, che ci indicano come gagè, qualcosa che sta ad indicare la nostra natura di "babbei", dei quali si può approfittare. Oppure alla distinzione islamica tra dar al harb e dar al islam e come nella prima sia possibile agire in modo diametralmente opposto al secondo. Ma si può agire male anche per semplice inerzia e/o sottomissione ad un potere contro il quale non si ritiene di dover intervenire, sia che si tratti del bullo di paese che di un sistema totalitario. E' quella che Levi definiva la "zona grigia".
Il male e la violenza possono nascere anche da turbe psichiatriche e da disfunzioni organiche. La prima causa dove fu introdotta per la prima volta una FMRI (risonanza magnetica funzionale) è del 1992 (caso Weinstein). In essa la FMRI provò che Weinstein uccise la moglie perché affetto da una cisti aracnoidea che aveva nel cervello.

Direi che il male è una dimensione che appartiene a tutti noi, così come tutti noi siamo in parte egoisti, avidi, poco empatici. Ma è anche una dimensione collettiva, poichè proprio laddove la collettività saprà dare delle risposte "collettive" al male, il male tenderà a restringersi o a allargarsi.
C'è la famosa storiella pellerossa dei due lupi, uno che vive di risentimento, rabbia, avidità, egoismo, l'altro di bontà, altruismo, partecipazione, quale dei due vincerà: "quello che ciberai", è la risposta del saggio capo Cherokee, che senza saperlo aveva anticipato di qualche secolo la psicoanalisi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Bella, e materialistica, la risposta del capo Cherokee, ma rimane ancora sul fenomenico di una domanda ancorata ad una deformazione antropocentrica del lupo. In natura esiste un lupo solo ed è aldilà (o aldiqua che poi in natura è la stessa cosa) del bene e del male. Il male è un costrutto etico che abbiamo inventato noi ed è il negativo del suo omologo: il bene.

Partendo dalla natura, col suo materialismo sempre tra i piedi: Il leone è il male della gazzella, la gazzella è il bene del leone. Per gli ominidi era la stessa cosa. Quando gli umani hanno cominciato a scannarsi tra loro il male è diventato il nemico e il bene noi. Per il nemico esattamente il contrario. Con lo sviluppo della civiltà il male si è interiorizzato, ma restando sempre qualcosa di sociale: il deviante, il nemico del branco, dello stato, del popolo e di qualsiasi altro concetto avesse stabilito la propria egemonia sociale. Infine, con la religione, il male si è interiorizzato a livello individuale con un ferreo sillogismo perfettamente logico: se il bene è dio, il male è satana. Il male si incarna quindi nei nemici di dio e nei comportamenti che l'ideologia dominante, (con pieno diritto storico non per innata malvagità ...), considera trasgressivi. Con questa ultima forma di interiorizzazione la colpa diventa peccato.

Questo concetto pare molto presente anche in chi ha aperto la discussione, postulando una serie di elementi da attribuire al male contro una serie di elementi propri del bene, secondo una scala etica imbevuta del suo bias. Ma un filosofo dovrebbe cercare sempre le cause e non limitarsi ai fenomeni, per quanto sgradevoli essi siano, dentro e fuori di noi. Solo così ci si può salvare da un relativismo etico che adatta il bene e il male ai suoi presupposti ideologici, riassumibili tutti nella formula etica precompilata: Dio lo vuole. O chi per esso nell'olimpo profano: ultimamente va alla grande il Mercato. Insomma, ridurre il bene e il male a catechismo. Dalla filosofia mi aspetto qualcosa di più.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Sebbene sono d'accordo con gran parte di ciò che scrivi Jacopus, trovo che il compito difficile di chi vuole interessarsi del male, e soprattutto di quello del passato, è discriminare tra il male e ciò che io chiamerei più propriamente tragedia. Dove per tragedia intendo un male ineludibile, dato il contesto in tutte le sue forme, premettendo che solo nel caso di tragedie naturali (es. terremoto, o il leone) si può parlare di male assolutamente ineludibile, e purtroppo è una distinzione utile solamente per discutere di teodicea. Per quanto riguarda il male causato dagli uomini invece, distinguere quanto esso possa essere stato ineludibile, è un operazione assai complessa. Il problema si è spesso posto recentemente riguardo ad un certo tipo di revisionismo storico, intorno a dibattiti del tipo "Dovremmo celebrare C.Colombo essendo egli stato uno spietato schiavista?". La domanda  quindi sarebbe, avrebbe C.Colombo potuto NON essere un schiavista, dato il contesto cultural-socio-economico in cui viveva? Se la risposta è affermativa direi che si possa dire che Colombo si comportò male, se negativa direi che il suo essere uno schiavista fu una tragedia. Tu stesso potresti sottovalutare i progressi che gli attivisti per i diritti degli animali hanno conseguito negli ultimi anni, ma propendo anche io per considerare quel gioco uno spirito malevolo anche nel contesto del tempo. E questo volendo semplificare assurdamente gli esseri umani, cioè considerandoli semplicemente "figli del loro tempo". Avendo premesso che l'ineludibilità assoluta è fuori dalla portata umana, va da se che bisogna ragionare in termini graduali anzichè assoluti, e ciò rende la valutazione delle azioni passate estremamente complessa. Una grande parte delle azioni che oggi compiamo in grande serenità morale, dalle più banali come permettere ai nostri figli di tenere il telefono vicino ai testicoli, alle più complesse come parteggiare per un movimento politico, nel giro di qualche generazione potrebbero essere considerate un male, e un male tale da garantirci una damnatio memoriae. Ma davvero possiamo dire di aver fatto queste scelte per "egoismo"? Lo diranno i nostri nipoti al massimo, se giudicheranno che avremmo potuto evitarlo.. ma davvero saranno in grado di valutarlo? Non nego che è cosi che si va avanti, giudicando un po a casaccio il passato e instaurando il futuro, ma prima di ricondurre tutto il "male" (indistinto) a qualche tratto psicologico tradizionalmente negativo (es. egoismo) io ci penserei tre volte. Personalmente,a giudicare da tutti i casi che ho considerato da quando faccio questa distinzione, sono giunto a concludere che il male che gli uomini devono affrontare durante la vita è una porzione minuscola dell'immensa quantità di tragedie che sono destinati a sopportare in un modo o nell'altro. E seppur non nego vi sia del male nel mondo, e questa distinzione non deve fungere come un autoassoluzione perenne di se stessi, sono propenso a pensare che la maggior parte degli uomini agiscono secondo ciò che ritengono "verità", nel senso niccian-darwinistico del termine, ovvero "ciò che serve la vita" e sono invece molto più rari i casi quando gli uomini agiscono volontariamente contro la vita stessa, ovvero commettendo volontariamente il male nonostante conoscessero la "verità". Saluti.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Kobayashi

Secondo me affinché si compia il male c'è sempre bisogno dell'interazione di due fattori: una diminuzione di empatia e un'aggressività intensa.
Le due componenti possono variare: per esempio un dirigente nazista che aveva il compito di catturare gli ebrei poteva essere poco aggressivo ma assolutamente privo di empatia nei confronti delle sue vittime (che concepiva solo come l'oggetto del suo lavoro, la merce di cui doveva curare la logistica).
Così come una persona può anche essere molto aggressiva e perdere facilmente il controllo finendo per compiere atti di violenza ma avere in generale una buona componente empatica. 

L'egoismo di per se' non può causare il male. Al limite può impedire che si compia il bene. Ma certo il suo continuo esercizio ha effetti negativi nei confronti dell'empatia e quindi ha un ruolo nella preparazione del terreno che rende poi possibile l'atto crudele.

Socrate78

Oltretutto chi ha risposto che il male è causato dall'egoismo secondo me non spiega per nulla la crudeltà e il sadismo, che certo non sono atti di egoismo, visto che si basano sul semplice piacere di far soffrire l'altro, senza che la persona ne ricavi un vantaggio obiettivo. Anzi, vi sono psicologi che sostengono che in realtà il sadico si identifica inconsciamente con l'altro e quindi facendolo soffrire vuole in realtà far del male a se stesso, e un indizio a favore di questa teoria sta nel fatto che a volte il sadismo è accompagnato anche da masochismo.
L'egoismo deriva dall'istinto di conservazione della vita stessa, ma la crudeltà è invece distruttiva verso la vita, quindi il male è semmai espressione di una sorta di pulsione di morte, opposta alla forza che conserva la vita stessa.

Freedom

Da un punto di vista accademico bene/male non esistono senza un punto di riferimento soggettivo. Come caldo/freddo e qualità/quantità (ma la comprensione di quest'ultima coppia non è intuitiva) e un pò tutto il resto.

Possiamo agevolmente dimostrare che il freddo è semplicemente un minore caldo e viceversa. E così bene/male. Il catechismo cattolico usa questo escamotage per "esorcizzare" il male. Definendolo un minor bene. Così le tenebre sarebbero una minor luce.

Immaginiamo una retta e un punto 0. Mettiamo alla sx del punto 0 i valori <0 e alla dx >0. Senza lo 0 ci sfugge il reale significato di questi valori.

Ma con questi ragionamenti scommetto che l'amico Socrate78 si riterrà del tutto insoddisfatto.

La verità o meglio la rispondenza fattuale del male ha tutta un'altra valenza. Che, purtroppo tutti, chi più chi meno, ben conosce.

Mi permetto dunque di concludere che il quesito dell'amico non ha risposta. O meglio, altri forumisti hanno citato, in maniera condivisibile, la necessità del male naturale come viatico alla sopravvivenza. Altri ancora lo hanno fatto derivare da fattori umani prodotti in autonomia con legami di causa/effetto chiari e comprensibili con una analisi psicologica nemmeno troppo complessa. O a fattori naturali di cui non abbiamo il controllo e dunque la responsabilità.

Ma quello che ha detto nell'incipit del thread e ribadito nel post sopra va oltre e in profondità. Dov'è la sede del male, la sua origine? Nel cuore di ogni uomo (nessun uomo è totalmente cattivo come nessun uomo è totalmente buono) rispondono i sacri libri e, anche, il nostro buon senso. 

Ma cosa intendiamo per cuore? Il ventricolo sinistro? O l'orecchietta destra? Il cervello? La coscienza? Ma cos'è la coscienza? La consapevolezza in senso spirituale? Ma cos'è la consapevolezza spirituale?

Non possiamo coerentemente rispondere. Oppure, dai vabbè, è nell'istinto innato. Nel acido desossiribonucleico, insomma nel corredo cromosomico, nel patrimonio genetico.

Risposta soddisfacente? Non credo che un serio ricercatore si riterrà soddisfatto di una risposta in tal guisa.

E quindi non possiamo che rilanciare il quesito nell'etere..........
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

viator

Salve, Socrate 78. l' "immediatezza" (chiamiamola così) di certe tue repliche sollecita spesso la mia pazienza intellettuale.

Affermi ".......non spiega per nulla la crudeltà e il sadismo, che certo non sono atti di egoismo, visto che si basano sul semplice piacere di far soffrire l'altro, senza che la persona ne ricavi un vantaggio obiettivo".

Ma.....scusa, il "semplice piacere" di godere a spese altrui, se non si chiama egoismo, in quale altro modo potrebbe essere definito ?? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Già il titolo presenta un indizio importante: "Il male nelle sue varie forme". Un primo male è quello che si può definire nei giochi a somma zero: "mors tua vita mea". È quanto accade in guerra e in tutte le relazioni fondate sul sospetto. Agisco il male per evitare che tu possa farmene prima. Si vis pacem para bellum.
Un secondo male è quello che si ritiene di poter impartire a fin di bene. La pena di morte, le crociate, la vendetta, l'esecuzione proletaria.
Un terzo male è quello che si esercita su chi viene previamente deumanizzato: l'ebreo, il negro, il giapponese, il comunista, il fascista, il mussulmano, lo yankee.
Un quarto male è quello di cui parla Inverno. Il concetto di male è esso stesso storicizzato e sarebbe sciocco valutare i personaggi storici con il nostro metro etico. Ma come valutare invece le tradizioni altrui a noi contemporanee, come l'infibulazione o i matrimoni combinati o il lavoro minorile?
Ma quello a cui fa riferimento Socrate è forse un male più antico. È il male del cacciatore primitivo, che insieme al suo gruppo scoprì la guerra e la razzia. Un male che ha albergato le struttura psichica dell'uomo sapiens per decine di migliaia di anni. Solo da 6000 anni abbiamo inventato meccanismi per proteggerci dalla guerra di tutti contro tutti, la religione, il monopolio statale della forza pubblica, la filosofia. È inevitabile che il nostro organismo, di fronte ad evoluzioni disfunzionali adotti il male come strategia, magari parassitando proprio quelle istituzioni create per difenderci dal male diffuso. Ecco allora la caccia alle streghe, le guerre, il potere paranoico che punisce ogni minima critica.
L'esercizio del "male" inoltre è esattamente come tutte le altri attività umane: alla lunga viene gestito proceduralmente e abitudinariamente. In letteratura vi sono molte testimonianze di serial killer che hanno vomitato di fronte alla prima vittima ma che con l'esperienza hanno acquisito una sempre maggior freddezza e capacità di svolgere il "lavoro" in modo procedurale.
C'è poi il male originario. Quello che riguarda la nostra vita e il suo significato: "meglio sarebbe stato per te non nascere".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Un saluto a tutti, leggendo i post del 3D ho avuto la sensazione che il tema iniziale sia stato un po' lasciato da parte. La domanda è, quali sono le cause del male?
Io riesco ad immaginarne solo due, una causa naturale, per la quale il male è parte delle logiche di sopravvivenza degli esseri viventi, una causa psichica, per la quale il male è frutto di una volontà malefica, di un desiderio di operare il male (Volontà prodotta da uno spirito, o dalla persona stessa).
Credo che comunque la domanda non possa essere gestita indipendentemente dalla questione epistemologica di base: "Cos'è il male?".
In una visione ingenua il male può essere la produzione di sofferenza in un'altra persona. Al riguardo però tanti distinguo possono essere fatti. Io posso fare del male e non esserne cosciente, posso fare del male per impedire un male maggiore.
Le stesse cause del male possono ridefinire il male, se io opero il male per una ragione di sopravvivenza possiamo essere certi che sia male e non invece la concretizzazione dell'impedimento di un male maggiore? Io faccio del male a te, per il bene superiore della mia sopravvivenza.

Kobayashi

La domanda posta in apertura mi sembrava fosse: perché a volte faccio il male anche se sono spinto verso il bene?
Si può allora cercare la risposta in teorie religiose, antropologiche o psicologiche.
Ma la questione si risolve solo nella prassi con la conversione ad una "vita vera" che protegga, nei limiti del possibile, dalle cadute nella malvagità.
La conoscenza può fare ben poco, a parte la costruzione di ampie fenomenologie sul male.
La questione quindi dovrebbe essere spostata sulla domanda: quale modo di vivere ci garantisce la salvezza (almeno parziale) dall'odio, dalla violenza, dalla guerra?

Che è poi la domanda a partire dalla quale molto spesso nell'antichità (greca e cristiana) ci si convertiva alla filosofia.

Ipazia

Citazione di: anthonyi il 30 Novembre 2018, 07:24:41 AM

Le stesse cause del male possono ridefinire il male, se io opero il male per una ragione di sopravvivenza possiamo essere certi che sia male e non invece la concretizzazione dell'impedimento di un male maggiore? Io faccio del male a te, per il bene superiore della mia sopravvivenza.


Quindi non si può definire la causa del male in assenza di una definizione della causa del bene. E tutti, girandoci intorno lungo i sentieri delle proprie differenti visioni del mondo, alla fine arrivano qui. La Roma, il paradiso: la nostra sopravvivenza (ovvero l'esserci che rivela il suo essere misura di tutte le cose). Psicofisica nello stato di natura e ideologica man mano che lo si trascende. Il male diventa allora ciò che minaccia la nostra sopravvivenza psicofisica e ideologica. Mentre sulla prima ci possiamo fare poco, sulla seconda il nostro grado di libertà è maggiore. E fin dal freudiano "repressione è civiltà" abbiamo capito che ci si può spingere fino alla parte psichica dell'esserci, con ripercussioni fino al soma. Ma scavando più a fondo nella causalità arriviamo infine all'ambiguo centro di gravità in cui il bene e il male si confondono, come in Guccini nella canzone di una bambina portoghese:

E poi e poi, gente viene qui e ti dice di sapere già ogni legge delle cose.
E tutti, sai, vantano un orgoglio cieco di verità fatte di formule vuote...
E tutti, sai, ti san dire come fare,
quali leggi rispettare, quali regole osservare, qual'è il vero vero...
E poi, e poi, tutti chiusi in tante celle fanno a chi parla più forte
per non dir che stelle e morte fan paura...
....
E poi e poi, se ti scopri a ricordare, ti accorgerai che non te ne importa niente
e capirai che una sera o una stagione son come lampi, luci accese e dopo spente
e capirai che la vera ambiguità
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini...
E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere,
ma il qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere, vivere e poi, poi vivere
e poi, poi vivere...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

Personalmente non ho risposto alla domanda sull'origine del male perchè non penso ve ne sia una, o per meglio dire, la risposta è la nostra vita in tutta la sua complessità. Risposte generiche possono essere date, quella di Kobayashi non è male, ma non penso ne esista una definitiva valida per tutti. Ad oggi rimane ignoto il motivo per cui Paddock uccise 58 persone a Las Vegas, e le risposte dei criminologi sono vaghe e discordanti nel migliore dei casi. Altri casi pensiamo di averli capiti, di averli razionalizzati, penso più che altro che li abbiamo giudicati, che è diverso. Una persona immagina\sogna di sparare su una folla di innocenti, ha un rilascio di serotonina, si sente felice. Cosa farà di questa esperienza dipende interamente dal suo vissuto, la rigetterà, la perseguirà, vi combatterà..li diremo che si è "originato il male", ma ridurre la sua vita a puntiforme penso sia una falsa premessa a cui difficilmente troveremo risposta...ne il "male" ne la "vita" di chi lo pratica sono puntini inviduabili in maniera "cartesiana" come una sorta di origine degli assi.
Non penso altresi che una risposta "evoluzionistica" sia soddisfacente, i reperti ci indicano che la violenza intrahomini è andata aumentando via via con il tempo, e non il contrario, esplodendo solo "recentemente" nell'ultimo decimo del tempo passato su questo pianeta. Gran parte della vita di sapiens è vissuta in uno stato di relativa non belligeranza, il cosidetto "eden",  ciò che ha appreso in quel tempo è la compassione, la socialità, il rapporto con il logos. Peraltro, nel caso specifico di "vittime innocenti" come nel caso del terrorismo, o delle sparatorie nelle scuole o altro, c'è dietro un costrutto culturale "recente" che ha che fare intimamente con l'idea del sacrificio religioso.. ma non mi dilungo oltre.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

sgiombo

#14
Citazione di: Ipazia il 30 Novembre 2018, 08:25:39 AM

Quindi non si può definire la causa del male in assenza di una definizione della causa del bene. E tutti, girandoci intorno lungo i sentieri delle proprie differenti visioni del mondo, alla fine arrivano qui. La Roma, il paradiso: la nostra sopravvivenza (ovvero l'esserci che rivela il suo essere misura di tutte le cose). Psicofisica nello stato di natura e ideologica man mano che lo si trascende. Il male diventa allora ciò che minaccia la nostra sopravvivenza psicofisica e ideologica. Mentre sulla prima ci possiamo fare poco, sulla seconda il nostro grado di libertà è maggiore. E fin dal freudiano "repressione è civiltà" abbiamo capito che ci si può spingere fino alla parte psichica dell'esserci, con ripercussioni fino al soma. Ma scavando più a fondo nella causalità arriviamo infine all'ambiguo centro di gravità in cui il bene e il male si confondono, come in Guccini nella canzone di una bambina portoghese:

E poi e poi, gente viene qui e ti dice di sapere già ogni legge delle cose.
E tutti, sai, vantano un orgoglio cieco di verità fatte di formule vuote...
E tutti, sai, ti san dire come fare,
quali leggi rispettare, quali regole osservare, qual'è il vero vero...
E poi, e poi, tutti chiusi in tante celle fanno a chi parla più forte
per non dir che stelle e morte fan paura...
....
E poi e poi, se ti scopri a ricordare, ti accorgerai che non te ne importa niente
e capirai che una sera o una stagione son come lampi, luci accese e dopo spente
e capirai che la vera ambiguità
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini...
E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere,
ma il qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere, vivere e poi, poi vivere
e poi, poi vivere...


E nell' ultima canzone dello stesso LP di vinile (é stato il primo che ho comprato, anche se in forma di "cassetta a nastro"; l' impianto per ascoltarla costava di meno):

E pensavo, dondolato dal vagone, "cara amica il tempo prende, il tempo dà...
Noi corriamo sempre in una direzione, ma quale sia, che senso abbia non si sa...
Restano I sogni senza tempo, le impressioni di un momento,
Le luci nel buio di case intraviste da un treno:
Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno..."

Ma credo che, musicalmente e poeticamente, il massimo sia:

https://www.youtube.com/watch?reload=9&v=2CPac2SXBo4

Ho sempre pensato che nel vate della mia generazione (ma posso dire: nostra?) vi fosse (fra l' altro) qualcosa di leopardiano: una poesia che é anche filosofia.

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