Credo che esista un problema...

Aperto da bluemax, 22 Febbraio 2018, 12:17:47 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

bluemax

Secondo me esiste un problema.
Un grosso e forse inevitabile problema per colui che cerca la "pace" cercando di rimuovere l'origine di ogni male ossia la concezione errata del proprio EGO. Anzi a dire il vero, il cercare di perfezionarsi puo' portare proprio nella direzione opposta ossia generare un forte EGO SPIRITUALE:

i sintomi, secondo me, sono da ricercare nel fatto che tendiamo ad etichettarci come PERSONE SPIRITUALI: iniziamo a percepire noi stessi (e quel NOI la riassume già tutta) come "persone spirituali" e, di conseguenza, piu' "elevate", rispetto alla massa di "dormienti" che ci circonda. Questo secondo me il primo passo per ammalarci di "EGO SPIRITUALE".
tendiamo a tracciare un confine tra un "noi" e un "loro" creando la dualità illusoria, iniziamo a circondarci di persone che reputiamo (percepiamo) evolute come "noi", snobbiamo tutte le persone che dal nostro punto di vista illuminato, viaggiano a frequenze verso cui non abbiamo intenzione di "abbassarci".

L'ego, purtroppo immaturo, chiede a gran voce l'illuminazione.
L'ego per sopravvivere tende a ragionare in questo modo:
"NON SONO NESSUNO NELLA VITA NORMALE. MA SARO' QUALCUNO IN QUELLA SPIRITUALE".

La rinuncia al denaro, al sesso (non io) e al successo è una gratificazione ultima dell'ego.
L'incapacità di affermarsi come vincente nella vita materiale, mascherata da rinuncia alla vita materialie stessa.

Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia puo' dedicarsi, poi, alla ricerca spirituale.
Solo un ego maturo e sano, che è stato capace di raggiungere obbiettivi concreti in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico... insomma, solo un ego realizzato, contento di sé è davvero pronto per MORIRE.
Gli altri stanno fingendo... recitano una parte... proprio per non morire mai. Si tratta secondo me di "ego spirituale".

La patologica insoddisfazione di un ego immaturo lo indirizza verso una spasmodica ricerca in campo spirituale. Se l' EGO non è ancora maturo, autodeterminato, soddisfatto di sé, non potrà mai "rinunciare a sé"; inizierà quindi a cercare nelle "esperienze spirituali" quel completamento di sé che gli è mancato negli altri campi della vita.

Un ego abortito darà come risultato una ricerca spirituale deviata, ansiosa, competitiva, intrisa di esperienze mistiche allucinatorie. Questo è cio' che vedo accadere continuamente.
Solo a partire da un ego psicologicamente adulto (anche se falso) si puo' verificare una morte iniziatica e ottenere una comprensione diretta della "VERITA' ULTIMA".
Questo è il motivo per cui ad uno succede di riuscire ad eliminare l'ego (illuminazione) e a miliardi di persone per miliardi di anni no.
Se no, questa comprensione accadrebbe in tutte le persone del mondo che sono spirituali in questo stesso istante. Invece non accade.

"Tu" (notare le virgolette) hai capito perfettamente (ma non compreso) che il tuo "me" separato non esiste e non è mai esistito e per sopravvivere si crea Dei, problemi e tende a combattere con altri ego, ma non accade nulla!!!
ti senti sempre e comunque come qualcuno esistente dentro un corpo specifico.
Lo stesso concetto illusorio continua ora dopo ora, giorno dopo giorno, (il MIO braccio, la MIA voce, i MIEI pensieri, la MIA anima... ma... MIA DI CHI ? Ecco l'illusione)

Ovviamente, tutti noi, appasionati di spiritualità, siamo convinti di essere pronti per al "grande salto".
Oramai le gratificazioni dell' ego le abbiamo lasciate alle spalle. Non siamo piu' come gli altri comuni mortali che ancora compiono sforzi per "ricordarsi di sè" preoccupandosi di mettere i soldi da parte per l'auto nuova.
invece non è vero. Siamo come vergini che ciarlano di tantra!

dimostrare che non siamo ancora pronti a balzare nell'abisso è facile.
Non siamo printi... semplicemente perchè ancora ci sforziamo di proteggere ed alimentare questo EGO.
In realtà abbiamo ancora necessità di sentirci un INDIVIDUO, un "ME" dentro un corpo.
E il fatto che stiamo percorrendo un cammino verso qualcosa che invece si trova QUI e ADESSO, indica semplicemente che abbiamo ancora bisogno di muoverci attraverso l' ego.
Il fatto stesso che decidiamo di non fare piu' nulla, è ancora sempre un bisogno dell' EGO. Le nostre azioni ci tradiscono. Non c'è via d'uscita!

L' Ego ha spostato le sue aspettative dal mondo della finanza a quello dello spirito, cosi' da poter finalmente sperimentare la SUA beatitudine. Ma la beatitudine come traguardo di vita non ha piu' dignità di una carica politica, o una clericale poichè sono entrambi traguardi disposti lungo il tempo. Sono entrambe esperienze esperite da "QUALCUNO" dentro un corpo.

Finchè non siamo pronti per accettare la fine del senso di identità separata, cerchiamo l'illuminazione in maniera che secondo me ci impediscono di raggiungerla.
Desideriamo l'unità ma allo stesso tempo ci opponiamo ad essa ogni singolo istante della vostra vita.

Questo l'ho capito in un attimo grazie ad una ragazza durante un insegnamento... le ho fatto una domanda dicendo semplicemente "NON HO CAPITO"... lei semplicemente mi ha detto: "CHI" non ha capito ? Da dove nasce questo "pensiero" ? Ho capito che il pensiero è SORTO spontaneamente e poi mi ha fatto credere che ci sia un IO che ha deciso di creare quel pensiero... e da li una bellissima discussione con la ragazza (per altro molto carina :) )

Angelo Cannata

Mi hai fatto ricordare una perplessità che ogni tanto mi ha attraversato la mente, riguardante il Buddhismo, il suo orientamento verso una fusione dell'io con l'unità dell'universo (non sono certo di esprimermi nei termini giusti, casomai sarò grato delle correzioni di altri più competenti in materia).
 
Mi chiedo: cosa c'è di male nell'ego, a tal punto da orientarsi verso il suo annullamento, verso un suo fondersi nel tutto? Una prima risposta sarebbe ovvia: è nell'esperienza di tutti che ego significa tendenza a egoismo, chi più chi meno, chi in una forma più o meno nascosta, chi in forme più o meno complesse. Su questo però osserverei che il problema dell'egoismo non consiste nel dedicare attenzioni a sé stessi; consiste nella carenza di attenzioni agli altri. Non è la stessa cosa. Se io dedico nella mia vita una buona misura di attenzioni agli altri, mi sembra naturale che essi non avranno nulla in contrario se ne dedicherò anche a me stesso. Di conseguenza l'orizzonte da perseguire non viene ad essere l'annullamento dell'ego, ma un'adeguata misura di attenzioni verso l'ego degli altri.
 
Un'altra osservazione in proposito sarebbe di tipo biologico. È il nostro DNA a portare con sé una forte attenzione per il singolo individuo; in altri esseri viventi le strategie di sopravvivenza sono orientate piuttosto alla collettività. Ad esempio, tra le formiche o tra le api il singolo non conta nulla; ciò che conta è il gruppo e la sopravvivenza fa molto affidamento sul moltiplicarsi in gran numero, fare moltissime uova. Invece tra i mammiferi il singolo individuo è più importante, perché ad esempio un gatto produce prole in misura molto inferiore al confronto di quante uova fa, per esempio, una rana. Di conseguenza tra i gatti si fa più attenzione al singolo individuo, rispetto a quanta ve ne dedichi una rana o una formica. Perché combattere questo meccanismo che la natura ha posto in noi? È una strategia di sopravvivenza come le altre, con i suoi pro e i suoi contro. Non sarebbe difficile criticare, ad esempio, l'eccessiva tendenza ad annullare l'ego, come parte di ideologie al servizio di un potere, come è stato ad esempio il comunismo, o per lo meno le sue deformazioni più schiavizzanti, in cui l'individuo è zero, ciò che conta è lo Stato, la collettività.
 
Ho trovato molto condivisibili in partenza le tue osservazioni in quanto critica contro l'ego. In gran parte ho sentito echi di Nietzsche, lì dove si smaschera la spiritualità come un modo nascosto per realizzare il proprio ego. Dove si fa critica c'è ricerca e di conseguenza c'è secondo me equilibrio, ambiente sano. Ma perché allora non criticare anche l'idea di "Verità ultima" a cui hai fatto riferimento? Trovo giusto criticare il fantomatico qualcosa verso cui si cammina, ma perché non criticare allora anche l'idea che questo qualcosa si trovi qui e adesso? Trovo giusto criticare l'idea di sentirci un ego, un io, un chi, ma allora perché non criticare anche l'idea del tutto in cui i singoli io dovrebbero fondersi, perché non criticare anche quest'idea di uno, di olismo, in cui tutti dovremmo fonderci: cosa sarebbe questa fantomatica unità? Non è forse un concetto altrettanto criticabile quanto quello dei singoli ego?

bluemax

#2
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Febbraio 2018, 13:34:08 PM
Mi chiedo: cosa c'è di male nell'ego, a tal punto da orientarsi verso il suo annullamento

ciao e grazie per la risposta.

L'ego a cui mi riferisco è quella "sensazione" di sè che sorge piu' o meno ad un anno di vita e muore con la morte.
Il bambino, prima della nascita dell' EGO è sereno e felice in ogni momento. Esperisce la realtà per come è.

Inizialmente anche io ero scettico riguardo a questo EGO e non avevo ben compreso di cosa si trattasse. Lo relegavo ad un semplice vocabolo, una sorta di SENTITO DIRE;
Lo risolvevo pensando a concetti quali egoismo, altruismo, fare del bene, fare del male ecc... ecc... peccato che poi ho scoperto che trattasi di cosa estremamente piu' subdola e profonda; quasi tangibile ed estremamente orribile.
Quando l'ho scoperto la prima volta ero in meditazione. Difficile da descrivere ma ho avuto una sensazione orribile, simile al panico. Mi pareva di cadere per qualche frazione di secondo da un grattacielo. ho vissuto un momento di PANICO PURO. Giuro !

Prima di allora non avevo mai pensato che esistesse un EGO distinto dal mio "ME" ultimo, ma grazie a meditazioni ed esperienze prima logiche poi inferenziali ho capito chi è il grande nemico fonte di ogni male ossia questo fantomatico EGO che non è altro che la proiezione di un ME stesso illusorio sul mondo circostante.

L'Ego a cui mi riferisco è quella sensazione che di fronte ad un semplice pezzo di vetro (semplice frutto di cause e condizioni che determinano una forma) che prima di un anno noi esperiamo in modo gioioso, pacifico, sublime con i sensi; con il nascere dell'EGO il pezzo di vetro diventa:

IL bicchiere, che serve per bere, bello e cristallino, elegante, che mi farebbe sentire meglio fosse mio (ossia l'ego deve identificarsi con l'oggetto, quindi EGO deve divenire e possedere TUTTO quel che circonda); se fosse mio potrei mostrarlo in giro e far vedere quanto sono bravo ad avere questo bicchiere, e questo bicchiere diviene la fonte della mia gioia, perchè approvazione di "me" è gioia. Avro' nuovi amici grazie a quel bicchiere e potro' invitarli a cena e mostrare loro il mio "me" ed avere adulazioni. Il bicchiere essendo "IO" guai a chi me lo tocca o peggio ruba. Cio' non è permesso; nessuno deve toccare il "mio" bicchiere.
Il bicchiere mi rende sicuro ed in quanto "mio" significa che "io" esisto.
Lui è il bicchiere, IO sono IO.
Se il bicchiere invece porta male all' EGO (un amico mi dice che brutto bicchiere) allora ecco che nasce il problema opposto, devo giustificare la grandezza del mio EGO, ossia mentire, dire che ho dovuto accettarlo per forza, e caricare quel fenomeno (bicchiere) di una quantità di caratteristiche che NON HA (del tipo è brutto, sgradevole, osceno, ecc... ecc..)
e quindi sofferenza...

in realtà (la scienza conferma) ogni cosa nell'universo è in relazione con altro. Ogni singolo atomo dipende da tutti gli atomi dell'universo. Io esisto grazie ANCHE a quel bicchiere. Quel FENOMENO (a cui diamo il nome convenzionale di "bicchiere") e semplicemente un RISULTATO (temporaneo) di cause e condizioni (che si trasformerà in altro) come OGNI altra cosa nell'universo che è causa e condizione di altro.
Noi stessi siamo cause e condizioni, la nostra carne (basti solo il pensare a cosa mangiamo e beviamo), la nostra mente (i pensieri) ecc... ecc... ma l' EGO questo lo nasconde non vuole farlo notare vuole sentirsi A SE STANTE, UNICO, INDIPENDENTE.

tutto questo avviene in una frazione di secondo, ed avviene per ogni oggetto esperito dai sensi. Questa è la fonte di ogni male in quanto un inganno.

Il sè non esiste come viene percepito; e viene percepito come un qualcosa di STATICO, UNICO, DIFFERENTE da cio' che lo circonda, ed inquina ogni cosa che vede, sente, tocca... esperisce.

Questo l' EGO a cui mi riferisco.

ciao :)

InVerno

Nella tua invettiva (un po caotica) vedi e descrivi uno scollamento tra la volontà e l'atto (atto, non azione), tra il desiderio e il ricevuto, tra il significato e il significante, tra maestro e discepolo, tra  soggetto e oggetto (in definitiva). Se invece di concentrarti cosi tanto su questo parolone tanto in voga (parlo di "ego") ti concetrassi su una parola un po in disuso ma che fornisce una chiave di lettura più ampia.. "ipocrisia" Tu vedi ipocrisia, e la detesti.. Perchè in definitiva, io penso, un vero percorso spirituale sia proprio questo, un indomita lotta senza quartiere contro l'ipocrisia, contro lo scollamento tra l'atto e la parola, la materia e la phonè, la verità e la conoscenza. Una lotta che non può essere risolta nel logos perchè dal logos è generata, ma nel silenzio assoluto dell'assenza di significato. Per farla breve, penso che l'ego non possa essere affrontato faccia a faccia, lottare contro se stessi come dei novelli Dorian Gray mi pare un duello estetico (e un gatto che si morde la coda, come descrivi tu stesso) di riflessi generati ad hoc tramite parole proprio per immaginarsi abili spadaccini (con tanto di pubblico) in una lotta che andrebbe affrontata alla radice, la dove tutti i significati sono generati, l'ego non se ne va se non insieme a tutto, se stessi e l'universo. Certo questa prospettiva diminuirebbe di non poco le iscrizioni ai corsi serali di *inserire tradizione religiosa*, bello sarebbe invece rimanere ultimi sulla terra con le chiavi per accedere ad ogni lusso "spirituale", essere gli "illuminati", cosi si che le iscrizioni salgono.  L'idea di una rimozione chirurgica che lascia intatto il mondo metafisico (o addirittura un sistema linguistico-religioso), mi pare un idea tanto romantica quanto puramente estetica (e perciò ipocrita) ed egoistica. Noi siamo relazione, pertanto finchè vi sarà parola l'ego ritornerà sotto forma di relazione con essa.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Citazione di: bluemax il 22 Febbraio 2018, 12:17:47 PM

Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia puo' dedicarsi, poi, alla ricerca spirituale.


Più o meno questo è il lavoro fatto da S. Agostino, solamente che lui diceva che quando cercava la gratificazione fisica in realtà era alla ricerca dell'elevazione spirituale.
Il problema poi è che per la spiritualità l'uomo non può raggiungere la gratificazione nella materia perché questa si rivela sempre come un'illusione.
saluti

Angelo Cannata

bluemax, definisci questo ego "il grande nemico fonte di ogni male".
Poi fai degli esempi:

"potro' invitarli a cena e mostrare loro il mio "me" ed avere adulazioni"

Perché ricevere espressioni di piacere dovrebbe essere considerato un male? Per esempio Gesù amava farsi invitare a cena, qualche volta si autoinvitò da sé, amava il buon bere e il buon mangiare: perché demonizzare queste cose?

"Il bicchiere essendo "IO" guai a chi me lo tocca o peggio ruba"
Perché demonizzare l'istinto di autoprotezione che la natura ci ha dato? È un male demoniaco, una deformazione mentale, aver paura dei ladri, tenere alle proprie cose?


"Il bicchiere mi rende sicuro ed in quanto "mio" significa che "io" esisto"
Certo, sono meccanismi di autosicurezza che tutti abbiamo, perché demonizzarli?

"Se il bicchiere invece porta male all' EGO (un amico mi dice che brutto bicchiere) allora ecco che nasce il problema opposto, devo giustificare la grandezza del mio EGO, ossia mentire"
Ci sono modi e modi di difendere e giustificare il proprio ego. Non è sempre necessario mentire, anche se a volte le situazioni lo richiedono. La difesa del proprio io può anche divenire occasione di amicizie, scoperte, aperture. La via per una buona esistenza non può essere quella di rifiutare la natura di cui siamo fatti; si tratta piuttosto di lavorare per gestire queste cose in modi sempre migliori, sempre più arricchenti, aprenti.

Sono in parte d'accordo con il discorso sull'ipocrisia di InVerno: tutti siamo ipocriti, non se ne esce, perché tutti interpretiamo e non esistono interpretazioni fedeli, ogni interpretazione è sempre una distorsione. Ma non penso che la soluzione sia da cercare in luoghi in cui non esista interpretazione: anche nel silenzio assoluto non c'è assenza di significati: ci siamo pur sempre noi che stiamo continuando ad interpretare: il nostro essere è tutto un interpretare, anche quando non traduciamo in parole o neppure in pensieri. La soluzione per me è piuttosto, visto che non se ne esce, nel lavorare sulla gestione delle ipocrisie, delle falsità. Questo è ciò che c'insegnano gli artisti: l'artista sa che non può dipingere un albero senza deformarlo: perfino una foto è già una distorsione; allora l'artista cosa fa? Assume le proprie distorsioni, se ne fa carico, ci lavora e le trasforma in distorsioni artistiche. Insomma, non ha senso voler fuggire dalla gabbia, perché non è che siamo dentro una gabbia: il fatto è che proprio noi stessi siamo gabbia. Una gabbia non può fuggire dal suo essere gabbia; però può fare un'altra cosa: può tentare di essere una gabbia artistica e allora si aprono universi di meraviglie, come l'arte di ogni tempo ha sempre dimostrato.

bluemax

#6
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Febbraio 2018, 16:45:38 PM
bluemax, definisci questo ego "il grande nemico fonte di ogni male".
Poi fai degli esempi:

"potro' invitarli a cena e mostrare loro il mio "me" ed avere adulazioni"

Perché ricevere espressioni di piacere dovrebbe essere considerato un male? Per esempio Gesù amava farsi invitare a cena, qualche volta si autoinvitò da sé, amava il buon bere e il buon mangiare: perché demonizzare queste cose?

"Il bicchiere essendo "IO" guai a chi me lo tocca o peggio ruba"
Perché demonizzare l'istinto di autoprotezione che la natura ci ha dato? È un male demoniaco, una deformazione mentale, aver paura dei ladri, tenere alle proprie cose?


"Il bicchiere mi rende sicuro ed in quanto "mio" significa che "io" esisto"
Certo, sono meccanismi di autosicurezza che tutti abbiamo, perché demonizzarli?

"Se il bicchiere invece porta male all' EGO (un amico mi dice che brutto bicchiere) allora ecco che nasce il problema opposto, devo giustificare la grandezza del mio EGO, ossia mentire"
Ci sono modi e modi di difendere e giustificare il proprio ego. Non è sempre necessario mentire, anche se a volte le situazioni lo richiedono. La difesa del proprio io può anche divenire occasione di amicizie, scoperte, aperture. La via per una buona esistenza non può essere quella di rifiutare la natura di cui siamo fatti; si tratta piuttosto di lavorare per gestire queste cose in modi sempre migliori, sempre più arricchenti, aprenti.

Sono in parte d'accordo con il discorso sull'ipocrisia di InVerno: tutti siamo ipocriti, non se ne esce, perché tutti interpretiamo e non esistono interpretazioni fedeli, ogni interpretazione è sempre una distorsione. Ma non penso che la soluzione sia da cercare in luoghi in cui non esista interpretazione: anche nel silenzio assoluto non c'è assenza di significati: ci siamo pur sempre noi che stiamo continuando ad interpretare: il nostro essere è tutto un interpretare, anche quando non traduciamo in parole o neppure in pensieri. La soluzione per me è piuttosto, visto che non se ne esce, nel lavorare sulla gestione delle ipocrisie, delle falsità. Questo è ciò che c'insegnano gli artisti: l'artista sa che non può dipingere un albero senza deformarlo: perfino una foto è già una distorsione; allora l'artista cosa fa? Assume le proprie distorsioni, se ne fa carico, ci lavora e le trasforma in distorsioni artistiche. Insomma, non ha senso voler fuggire dalla gabbia, perché non è che siamo dentro una gabbia: il fatto è che proprio noi stessi siamo gabbia. Una gabbia non può fuggire dal suo essere gabbia; però può fare un'altra cosa: può tentare di essere una gabbia artistica e allora si aprono universi di meraviglie, come l'arte di ogni tempo ha sempre dimostrato.
La risposta è semplice: Perchè l'ego vede, (sente, tocca, gusta ecc... ecc...) una realtà illusoria. Attacca ad ogni oggetto esperito qualità che non esistono in realtà (ultima) e questo è origine di ogni sofferenza.
Il bicchiere (come ogni altro oggetto esperito, anche il suono delle parole) non è BELLO, BUONO, UTILE, MIO ecc... ecc... quelle sono illusioni attaccate ad esso che l'oggetto non ha.
L'ignoranza (creata dall'ego) genera Attaccamento (per l'illusione) e l'attaccamento genera Odio (per tutto cio' che non è IO)
detto in poche parole...

ciao :)

PS. Ricevere espressioni di piacere, come tu dici, non è male. Assolutamente. Nulla è male e nulla è bene... è la Brama di ricevere il piacere in COSE che non hanno la caratteristica (qualità) di dare piacere che genera sofferenza. Non esiste alcun oggetto, alcuna persona, alcun atomo in grado di "GENERARE" piacere. Altrimenti potremmo dare questo fantomatico oggetto ad ogni persona per dare lui piacere. Invece non esiste. :)  e continuaiamo a cercare il piacere in COSE o SITUAZIONI che non hanno la caratteristica di "dare" piacere ma semplicemente ILLUDERCI di aver piacere da esse... 

(naturalmente detto in pochissimissime parole visto che l'argomento sarebbe vastissimo e si dovrebbe analizzare in toto come esperisce la mente e soprattutto cosa è la mente visto che molti associano la mente al "pensiero" ) 

Riciao :D :D :D

Angelo Cannata

Sono d'accordo. Il problema è che anche qualsiasi altro modo di considerare la cosiddetta "realtà" sarà anch'esso illusorio.

Per andare meglio al nocciolo: così come giustamente hai smascherato il fatto che la spiritualità potrebbe essere nient'altro che un sistema per affermare l'ego, allo stesso modo anche qualsiasi tentativo di fuggire dall'ego o di annullarlo può essere sospettato o considerato come nient'altro che un ulteriore sistema per affermare ancora una volta l'ego stesso. Cioè, l'affermazione dell'ego può nascondersi perfino nel tentativo di annientarlo o annullarlo. Mi pare che Nietzsche abbia detto che gli atti di carità non sono altro che affermazioni del nostro egoismo. Ottimo. Però Nietzsche fu coerente: egli sostenne a chiare lettere la necessità di affermare l'io, sotto forma di superuomo, o oltreuomo, che si gode i piaceri della vita e afferma in continuazione il suo andare oltre. Cioè, Nietzsche smascherò le spiritualità, ma non si rifugiò in un tentativo di annullare l'ego; al contrario, lo esaltò al massimo, in una maniera che a mio parere di può davvero dire artistica.

viator

#8
Salve. Trovo mal collocato l'argomento che secondo me è di taglio psicofilosofico e non fideistico o spiritualistico. Comunque a mio parere il nostro ego è - secondo una interpretazione così radicale da risultare impersonale - null'altro che la combinazione del nostro istinto di sopravvivenza e della nostra coscienza, cioè da una parte l'origine e dall'altra il prodotto della psiche umana.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Angelo Cannata

Ci sarebbe in proposito un problema molto più complesso e profondo. Cioè, se vogliamo parlare in generale degli "io", tutti gli "io", non sarà tutto sommato difficile indagare in proposito, in maniere che sono tutto sommato oggettivizzanti.
C'è però un tipo di esperienza dell'"io" che immagino chiunque viva come la vivo io. Cioè, nel momento io cui io considero tutto gli "io" e considero anche il mio "io", non posso fare a meno di sperimentare, sentire, una differenza fondamentale e irriducibile: il mio "io" lo sperimento, gli altri "io" non li sperimento, o per lo meno li sperimento in maniera completamente diversa.
Mi va bene l'esistenza di tutti gli altri "io", ma come mai in mezzo a tutti questi "io" ci sono anch'io? Come mai quest"io" è toccato proprio a me, in maniera tale che non posso fare a meno di sentirmici dentro, poiché solo io vedo le cose dall'interno di questi occhi? Nessun altro può mettersi al posto mio e così io non posso entrare nel di dentro degli occhi di altri. C'è un solo "io" in tutto il mondo che percepisco come mio e questo mi costringe a percepirlo in maniera completamente diversa da come percepisco gli altri "io": in questo "io" io ci sono dentro, mi ci sento dentro, ho l'impressione di poterlo comandare; negli altri "io" io non sono dentro, mi accorgo di non poter comandare le loro braccia come comando le mie.
Da un punto di vista oggettivo tutto mi dice che il mio "io" è uguale a tutti gli altri "io"; ma perché io mi sento dentro quest'"io" preciso, perché mi è toccato proprio questo e non un altro "io" qualsiasi?
Credo che a questa domanda sia del tutto impossibile rispondere, per chiunque, perché mancano totalmente i riferimenti, i punti di paragone: siccome di mio "io" percepisco solo il mio, non posso confrontarlo con nessun altro, perché di queste esperienze a mia disposizione ne ho una soltanto. Posso paragonare il tuo io con quello di un altro, perché entrambi siete per me altri; ma con chi paragonerò il mio "io", visto che di mio "io" ne percepisco uno solo?
Manca del tutto un linguaggio disponibile, perché le parole di ogni linguaggio indicano le percezioni comuni; ma il mio "io", come lo percepisco esclusivamente io, non è una percezione comune, ma solo di me; perciò è impossibile trovare parole per dirlo, qualunque sforzo si faccia.
Trattandosi di un problema assolutamente impossibile da affrontare, e tanto meno risolvere, con metodi oggettivizzanti di qualsiasi genere, siano essi di impostazione scientifica oppure filosofica, credo che l'unica cosa da fare rimanga solo quella di assumere quest'io e porlo in atto rinunciando a capirlo. È come trovarsi dentro un'automobile: la sola cosa che ci rimane da fare è metterla in moto e guidarla, perché non c'è verso di poterla guardare da alcun punto di vista esterno. Io non ho nessuna possibilità di uscire dai miei occhi. Anche se mi guardo allo specchio, ciò che vedo non è il mio "io": il mio "io" rimane il mio essere "io", che percepisco dentro di me, mentre mi guardo allo specchio.

Freedom

Credo siano maturi i tempi per sfatare il mito che sottende la più grande fregatura della ricerca spirituale: arrivare da qualche parte sulla base degli sforzi personali. Spaccarsi schiena, cervello e tutto il resto per trionfare su....su che cosa? Sul male? Sulla morte? Va bè, al di là del fatto che nessuno sa dove vuole andare (per forza siamo ciechi nati!) la consapevolezza decisiva è relativa al fatto che, da soli, non si arriva da nessuna parte.

Al contrario incaponirsi porta certamente fuori strada.

Bisognerà pur accettare la realtà!
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Angelo Cannata

In effetti intendere la ricerca spirituale in questo modo significa banalizzarla, è un fraintendimento tipico di quanti tentano di fregiarsi di spiritualità, ma non fanno ricerca.

La ricerca è seria se assume come punto di arrivo la ricerca stessa: come disse il biblista Jean Louis Ska in un'intervista, la meta è la strada: se stai camminando su strada allora sei già arrivato, perché sei già nella meta.
Al contrario, se ti fermi, per scoraggiamento o perché pensi di essere arrivato, non sei più nella meta, perché hai smesso di fare strada.

A questo punto potrebbe nascere l'obiezione di quale senso possa avere camminare su strada senza una meta che sia un fermarsi: si può perfino sospettare che si tratterebbe di un girare in tondo, o comunque un andare a zonzo. Ma la ricerca spirituale non è andare a zonzo. Le mete ci sono, ma sono e devono sempre essere provvisorie, temporanee, devono essere sempre tappe di passaggio, affinché ogni meta sia sempre seguita da un ulteriore crescere.
In un crescere umano è comprensibile che ci siano anche soste, momenti di ristoro e di festa, ma appunto soste, in quanto tali temporanee, non punti di arrivo finali, conclusivi, definitivi.

Se ci facciamo caso, i modi di pensare oggettivi, oggettivanti, sono tali proprio perché mirano a conclusioni definitive e pensano di poter, o comunque dover, giungere a conclusioni definitive. Per questo essi presteranno sempre il fianco alla critica. Invece i modi di pensare che si fanno carico della soggettività si caratterizzano proprio per essere infiniti. Infiniti non in senso statico: in realtà la parola infinito è un verbo: indica un'attività che è in corso e che non smetterà mai il suo essere in corso.

Soggettività significa esplorazione dell'io, dell'ego, e mi sembra che il miglior modo di esplorarlo sia tener conto che si tratta di un io umano, predisposto a realizzare il massimo delle sue capacità nel relazionarsi con altri io umani. Ecco il camminare infinito, la cui infinitezza non dispiace affatto, perché consente un continuo crescere e arricchirsi. Tutto l'opposto del tentare di annullare l'io: piuttosto che tentare di annullarlo, di fonderlo in una fantomatica unità universale, non è infinitamente più arricchente porlo in un cammino di esplorazione delle migliori e più arricchenti possibilità di relazioni con gli altri io, le cui possibilità positive sono peraltro sostenute dall'esperienza?

Freedom

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Febbraio 2018, 11:32:35 AM
In effetti intendere la ricerca spirituale in questo modo significa banalizzarla, è un fraintendimento tipico di quanti tentano di fregiarsi di spiritualità, ma non fanno ricerca.

La ricerca è seria se assume come punto di arrivo la ricerca stessa: come disse il biblista Jean Louis Ska in un'intervista, la meta è la strada: se stai camminando su strada allora sei già arrivato, perché sei già nella meta.
Al contrario, se ti fermi, per scoraggiamento o perché pensi di essere arrivato, non sei più nella meta, perché hai smesso di fare strada.

A questo punto potrebbe nascere l'obiezione di quale senso possa avere camminare su strada senza una meta che sia un fermarsi: si può perfino sospettare che si tratterebbe di un girare in tondo, o comunque un andare a zonzo. Ma la ricerca spirituale non è andare a zonzo. Le mete ci sono, ma sono e devono sempre essere provvisorie, temporanee, devono essere sempre tappe di passaggio, affinché ogni meta sia sempre seguita da un ulteriore crescere.
In un crescere umano è comprensibile che ci siano anche soste, momenti di ristoro e di festa, ma appunto soste, in quanto tali temporanee, non punti di arrivo finali, conclusivi, definitivi.

Se ci facciamo caso, i modi di pensare oggettivi, oggettivanti, sono tali proprio perché mirano a conclusioni definitive e pensano di poter, o comunque dover, giungere a conclusioni definitive. Per questo essi presteranno sempre il fianco alla critica. Invece i modi di pensare che si fanno carico della soggettività si caratterizzano proprio per essere infiniti. Infiniti non in senso statico: in realtà la parola infinito è un verbo: indica un'attività che è in corso e che non smetterà mai il suo essere in corso.

Soggettività significa esplorazione dell'io, dell'ego, e mi sembra che il miglior modo di esplorarlo sia tener conto che si tratta di un io umano, predisposto a realizzare il massimo delle sue capacità nel relazionarsi con altri io umani. Ecco il camminare infinito, la cui infinitezza non dispiace affatto, perché consente un continuo crescere e arricchirsi. Tutto l'opposto del tentare di annullare l'io: piuttosto che tentare di annullarlo, di fonderlo in una fantomatica unità universale, non è infinitamente più arricchente porlo in un cammino di esplorazione delle migliori e più arricchenti possibilità di relazioni con gli altri io, le cui possibilità positive sono peraltro sostenute dall'esperienza?
Pazzesco. Hai espresso ciò che io, per eccesso di sintesi (e mancanza di tempo!) avevo in animo. E che, rileggendo il mio post, ho compreso che solo una persona dotata di una sensibilità e di una capacità penetrativa fuori dal comune, poteva afferrare.
Chiedo scusa per l'OT ma sono stupito e ammirato!
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Angelo Cannata

Grazie, l'apprezzamento mi fa molto piacere, non penso però di avere doti fuori dal comune. Credo che si tratti solo del fatto che ogni tanto succede di intendersi tra persone che su qualcosa la pensano in maniere più o meno simili.
Ciò che ho scritto potrebbe essere criticato in mille modi, ma l'ho scritto lo stesso perché se ci facciamo bloccare dalla criticabilità dovremmo stare tutta la vita in silenzio, dovremmo rinunciare a vivere.

bluemax

colgo l'occasione per segnalare questi 4 video che spiegano (effettivamente tramite disegnino  :-X ) cosa si  intende per EGO nel buddismo

detto questo rimane il dubbio che l'ego trovi una "salvezza" e "sopravvivenza" in coloro che cercano invece (anche in buona fede ammetto) di annullarlo... 

ciao :)

https://www.youtube.com/watch?v=AASvZI2LAlk&t=2s
https://www.youtube.com/watch?v=KGnieshKIg4&t=2s
https://www.youtube.com/watch?v=ierljzjY8e4&t=3s
https://www.youtube.com/watch?v=VhEi_Sc8Pl8&t=2s

Discussioni simili (5)