Credere o non credere: sono due ipotesi con uguale probabilità?

Aperto da Freedom, 01 Aprile 2016, 16:11:34 PM

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acquario69

non penso che il credere o meno si possa ridurre ad una semplice opinione,più o meno personale e individuale..
la Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni 

InVerno

Citazione di: Freedom il 06 Aprile 2016, 21:37:59 PMSpero, nelle parole spese per rispondere a Jacopus, di aver dato una soddisfacente risposta anche a te. 

No in realtà. Innanzitutto la questione primaria, è perchè parlare di probabilità (una branca ben precisa dello scibile umane, che segue specifici metodi di studio) quando invece si vuol fare retorica e sofismo? In tal caso sembra piu opportuno parlare di opportunità, casualità, sensibilità. Sembra una scelta capziosa per ammantare il quesito di un rigore di analisi, in realtà disatteso. Probabilità "fa rima" con statistica, per questo la mia risposta è stata numerica (per quanto abbia specificato non sia certamente un buon approccio alla materia).

Il credente etichettato "credulone" è una vittima di una contraddizione antica, quella che vede contrapposta la disonestà intellettuale di chi tiene le redini teologiche della religione, e l'onestà intellettuale che il credente invece assume di possedere, ascrivendo la fede a un mero fatto sensibile, percettivo, intimistico, e perciò imperscrutabile da quell'analisi razionale che sottolinea  la disonestà' intellettuale teologica. La teologia "purtroppo" non è un fatto intimo e sensibile, è un lungo elenco di asserzioni che vengono proposte con la stessa veemenza di un argomento razionale, e che a quel campo di analisi si ascrivono. E che sono imprescindibili per la fede, che altrimenti non avrebbe alcun fondamento e possibilità di esistere, perlomeno non nella forma in cui i diversi credi moderni si identificano. Trovo personalmente questione abbastanza puerile, il voler parlare di fede come un fatto intimo lontano dal raziocinio. O meglio ancora, un estremizzazione di quel concetto che in inglese si esprime in "God of the gaps", il Dio dei buchi, posizionato sempre dove la ragione non è ancora (e sottolineo ancora) riuscita ad arrivare, e spostato di volta in volta in spazi sempre più eterei. Dal cespuglio in fiamme al cielo, dal cielo allo spazio aperto, dallo spazio aperto all'inizio dell'universo, dall'inizio dell'universo ad un altra dimensione, da un altra dimensione ad un fatto intimo ed imperscrutabile. Quanto ancora dovrà fuggire, per trovare pace? Una pratica deleterea per la reputazione del credente stesso, ed in gran parte responsabile della sua fama di credulità. Credere a qualsiasi riposizionamento della fede purchè  si ci allontani dalla ratio il più possibile, sembra una fuga intellettuale, più che una soluzione. Ed è una fuga testimoniata, verificabile, nella storia, perchè le fughe lasciano le impronte dei piedi nei testi, negli affreschi, nelle preghiere.

Freedom

Cerco di rispondere agli interessanti interventi con un unico post che spero sia esaustivo e soddisfacente.

donquixote parla del "credere" argomentato da Giuseppe. Secondo quest'ultimo il vero "credere" cioè la vera fede è l'assoluta certezza, in quanto frutto di percezione incontrovertibile, dell'esistenza di Dio. In questo senso il credente va oltre il significato comunemente attribuito al credere dalla vulgata popolare. In questa prospettiva è dunque vero che non si può discutere la propria fede: non si può negare ciò che si percepisce. Anche se qualcuno potrebbe obiettare che bisogna dimostrarla a terzi altrimenti potrebbe essere frutto di autosuggestione.
E ciò che anima il mio intento (dall'intervento di Giuseppe in poi) è appunto esplorare a tutto tondo questo aspetto della fede.
E vorrei quindi "andare avanti" in questa direzione.

Pur tuttavia non mi sottraggo a quanto affermato nell'incipit e nei post successivi per onestà intellettuale e rispetto dei miei interlocutori.

Ed il problema, a mio avviso, nasce dal fatto che ci sono differenti gradi di fede. E non è facile esplorarli tutti. E poi bisogna anche distinguere: fede in cosa? Nel senso che io ho trattato la fede in Dio inteso come "architetto" della realtà ma poi, su iniziativa di diversi utenti, abbiamo allargato il campo alla fede cattolica. Comprensibile visto che siamo in Italia, ma non del tutto....come dire.....in topic.
Cercando dunque di rimanere al semplice credere in Dio o meno e assumendo questo credere come qualcosa che va dal semplice ragionamento logico al percepire, più o meno indefinitamente ma senza certezza alcuna, io penso che la posizione di chi crede sia sullo stesso piano di dignità intellettuale di chi non crede. E do per scontato che entrambe le convinzioni debbano essere considerate politicamente, socialmente insomma umanamente a 360° sullo stesso identico piano.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

donquixote

Citazione di: Jacopus il 07 Aprile 2016, 00:25:45 AM
Buona sera, Donquixote. Penso che tu abbia toccato un punto fondamentale di questa discussione. Ho provato a pensare la mia posizione personale attuale rispetto ai credenti, comprese persone a me molto vicine. Credo di rispettare le loro persone e anche le loro idee, anche perché mi risulta difficile fare una separazione ed anche perché il loro essere credenti non li identifica in modo assoluto. Fortunatamente rivestono anche altri ruoli oltre a quello di "credenti".
Teoricamente si può pensare di scindere le due posizioni: idee e persone, ma di fatto se non si rispettano le idee delle persone, al massimo le si guarda come dei soggetti da educare, oppure dei bambinoni o anche degli esseri che nascondono qualche malvagità. Le nostre idee sono una parte così intima e fortemente identitaria che probabilmente preferiremmo vederci amputata una mano ma conservare la nostra capacità di pensare "liberamente" alle nostre idee  e ai nostri sistemi concettuali. Questo significa quindi che non sono maturo intellettualmente o sono superficiale e leggero negli argomenti? Non so e veramente non ritengo ciò. Il fatto di non essere sufficientemente convinto di un argomento non lo vedo come un difetto, anzi, se ci pensi un attimo è il meccanismo che ha fondato la filosofia della Grecia antica, da Socrate in poi. Ed è proprio per questo motivo, tra l'altro che non posso accettare il concetto di "verità religiosa", così come di qualunque altra verità imposta per dogma, per tradizione, per autorità. Anch'io ovviamente, come tutti, ho i miei riferimenti, quella sorta di mappa culturale che mi permette di orientarmi e di stabilire decisioni, fare ragionamenti e prendere posizioni ma non è scritta sulla pietra della verità ma sull'argilla del verosimile, del presumere  e questo mi fa sentire più libero, più in grado di mettermi nei panni degli altri e di non giudicare nessuno.
Ed in fondo questo relativismo, che è anche alla base di una società aperta e laica, lo hai assorbito anche tu proprio quando distingui fra persone ed idee. In altri tempi ed in altre latitudini succedeva e succede che le idee contrarie venissero/vengano tagliate insieme alla testa che le esprime.
Concludo l'excursus e rientro sul tema caro a Freedom. Io piuttosto che parlare di probabilità, formulerei la domanda nel seguente modo:  credere o non credere sono due ipotesi con uguale dignità? A questa domanda non si può che rispondere: sì.

Innanzitutto, per rispondere a Mariano e Paola, bisogna evitare di applicare il "credere" a qualunque affermazione altrimenti ci si perde e non si arriva da nessuna parte. Il "credere" di cui si parla qui (vedere anche le precisazioni sullo stesso thread nel vecchio forum) è riferito al credere che vi sia un ente creatore e governatore dell'universo oppure che questo non vi sia e quindi l'universo (che nessuno, credo, metta in dubbio che esiste) sia governato dal "caso". Quindi si tratta, rigorosamente, non di "credere" o "non credere" ma di credere in una affermazione oppure in un'altra, anche se in ultima analisi entrambe le posizioni, nonostante l'apparente contrasto, sono molto simili poiché ritengono che vi sia "qualcosa" che dà vita all'universo, solo che lo chiamano in due modi differenti: basta mettersi d'accordo su che nome dargli e il problema pare risolto.

Per quanto riguarda invece il messaggio che ho citato, è un portato dell'illuminismo, dell'individualismo  e della cosiddetta "libertà di pensiero", quindi tutto sommato una convinzione molto moderna,  il ritenere che le idee siano inscindibili dalle persone che le esprimono, e quindi legare il rispetto delle persone a quello delle sue idee (che sono cosa diversa dalle opinioni) e tale convinzione è, contrariamente a quanto afferma Jacopus, esattamente l'opposto delle idee che portarono alla nascita della filosofia, che era indirizzata alla ricerca dell'archè, del principio primo, e quindi della verità fondamentale. La nascita dello scetticismo con i concetti di epochè e afasia, ovvero della "filosofia" che ritiene sensata (o, allo stesso modo, insensata) qualunque idea, fu la morte della filosofia greca, che si ridusse poi ad un banale moralismo. Ma questo è ovviamente un altro tema, come un altro tema che se si vuole si può discutere altrove è il relativismo (culturale) che condivido ma che è a mio avviso affatto diverso da quello descritto qui sopra.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Mariano

Citazione di: donquixote il 07 Aprile 2016, 10:30:39 AMInnanzitutto, per rispondere a Mariano e Paola, bisogna evitare di applicare il "credere" a qualunque affermazione altrimenti ci si perde e non si arriva da nessuna parte. Il "credere" di cui si parla qui (vedere anche le precisazioni sullo stesso thread nel vecchio forum) è riferito al credere che vi sia un ente creatore e governatore dell'universo oppure che questo non vi sia e quindi l'universo (che nessuno, credo, metta in dubbio che esiste) sia governato dal "caso".
io intendo diversamente il "credere " di cui si parla.
ritengo che la maggior parte di noi, forse per retaggio culturale, dia per scontato che "credere" è riferito al credere che ci sia un ente creatore e governatore dell'universo (assimilabile quindi al nostro umano concetto di essere che guida, decide, agisce,..).
è solo una provocazione, ma non potrebbe essere l'universo stesso ad autogovernarsi?

paul11

nel post iniziale della discussione facendo riferimento a quanto sosterrebbe Giuseppe "il sentire" non equivarrebbe al sapere.
E' vero che coscienza e conoscenza non sono la stessa cosa, per cui quel sentire apparterrebbe alla coscienza.
C'è per chi ha letto "fenomenologia dello spirito" di Hegel un passaggio che Giorgio Gaber riprese in un suo spettacolo che è illuminate:
"La coscienza è come lì'organo sessuale, o da  la vita o fa pisciare".

Hegel divide  la conoscenza astratta da quella concreta, ponendo il movimento dialettico in cui la coscienza è l'origine che muove la conoscenza che si esplica nel mondo fenomenico fisico, per poi ritornare alla coscienza e diventare concetto nell'autocoscienza..
Pensare che la verità, tipico della scienza, sia la dimostrazione del fenomenico fisico, significa obnulare la coscienza originaria che muove la conoscenza. Ritenere che esista un'oggettività come se le sintassi e semantiche fossero là fuori in sè e per sè, significa prendere cantonate(per dirla in breve). 

Il secondo aspetto è il concetto di verità.
Il problema che fu al nocciolo prima nella filosofia e poi nella teologia è che senza uno statuto ontologico dell'Essere tutto diventa opinione  e opinabile. Detto in parole povere, o esiste un concetto fermo ed eterno da cui dipartono tutti gli altri concetti a lui relazionati e quindi è un paradigma fondamentale, oppure si passa agli enunciati e assiomi che di volta in volta possono essere modificati mutando le sintassi relazionali di un modello conoscitivo.(che è il modello matematico-geometrico e scientifico di almeno un secolo a questa parte).

Si potrebbe pensare all'autocreazione della materia, autopoiesi, ma daccapo o gli si da uno statuto ontologico divenendo panteismo nelle sue varie forme oppure non muta nulla rispetto al  non crederci. 

Perchè l'aspetto sostanziale del Dio,Verità, paradigma logico, è che le stesse relazioni sono forti(ad esempio la morale) ,per cui o la conoscenza ridiventa coscienza nella fermezza, o nessun concetto essendo opinione potrà costruire fermezza nella coscienza e di nuovo  la stessa esistenza diventa opinione e i significati perdono senso :questa è infatti la cultura attuale; dove più conoscenza non genera più coscienza , ma frastorno, ridondanza, rumore di fondo ,confusione i che nulla toccano e aggiungono   l'inane esistenza.

Duc in altum!

#21
**  scritto da InVerno:

CitazioneL'ateismo è un lusso, che tuttavia ha una un'infinità di probabilità in più di esser vero, di quanto non lo sia il credo.
Forse non si è compreso il punto fondamentale della discussione: il dichiararsi ateo, agnostico, credente o quel che si voglia, è già, sempre e inevitabilmente, un "Io Credo in..."
E siccome nessuno dei dogmi irrazionali, su cui si poggiano i differenti "Io Credo in...", ha una probabilità in più degli altri (poiché non esistono prove né che Dio esista e né che Dio non esista) di essere davvero vero (pardon!), di essere il giusto o la verità assoluta, il lusso resta soltanto la facoltà arcana di poter decidere, obbligatoriamente, in cosa credere o quale sia l'ipotesi più credibile per uno, assecondando le proprie esperienze.



**  scritto da donquixote:
CitazioneQuando però questo accade, ovvero quando capita che ognuna delle parti in causa ritenga ugualmente rispettabile la propria visione e quella altrui, non è certamente prova di "maturità intellettuale" oppure di "civiltà" dei diversi interlocutori, ma solo dimostrazione di una estrema superficialità e leggerezza nell'analisi degli argomenti di cui si tratta, che poi si ripercuote pari pari in una "credenza" o in una "non credenza" altrettanto superficiali e annacquate che non sono in grado di argomentare sufficientemente perchè loro stessi per primi non ne sono sufficientemente convinti

Infatti, Gesù si è lasciato crocifiggere per rispettare la visione altrui.



**  scritto da mariano:

CitazioneIl mio credere ( indipendentemente da quello che credo ) non ritengo che sia la Verità...


Ma alla Verità non importa che tu ritenga questo, giacché ciò in cui credi (indipendentemente da quello che credi) l'hai deciso solo e solamente tu.
Cioè: se tu credi che Dio non esiste, e se davvero Dio non esistesse, anche se tu ritenessi che questa non sia la Verità, nel frattempo essa è, involontariamente, la Verità. Se, invece, tu credi che Dio non esiste, e Dio esistesse per davvero, il tuo ritenere che non sia la Verità sarebbe sbagliato, con le conseguenze che la tua scelta libera potrà produrre. E così di seguito...

Dunque, ed il quesito del Forum è molto chiaro in questo, indipendentemente da quello in cui crediamo, dobbiamo sforzarci di farci una ragione che credere o non credere è una decisione per Fede, ossia, senza ragione comprovata. Quindi con le stesse probabilità di essere la Verità delle altre, e convivere con questa unica e oggettiva prova empirica ..e poi sperare che abbiamo azzeccato!!   ;D


Pace&Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

Credere in qualcosa non ha lo stesso significato che diamo al credere ( avere fede ) in una divinità.
Per esempio posso dire: - Credo che presto pioverà- con una valutazione di tutta una serie di segni che mi fanno ritenere questo ( il cielo che rannuvola, il vento leggero che si alza, il volo degli uccelli, ecc.).
In questo credere opera la ragione, la memoria e l'osservazione dei fenomeni. E difatti posso ben dire:- Penso che presto pioverà- oppure: -Ritengo che presto pioverà- ecc.
Nel credere in una divinità non possiamo applicare questa metodica. Intanto dire :-Credo che Dio esista- non ha lo stesso significato di -Penso che Dio esista- e nemmeno di- Ritengo che Dio esista-.
Il credere, nel senso di "avere fede", presuppone la mancanza dell'oggetto di osservazione. Yeoshwa stesso lo afferma:"Beati  quelli che, pur senza VEDERE, crederanno..."
In mancanza dell'oggetto di osservazione ( Dio), su cosa poggia, si fonda la fede ? Alcuni direbbero sull'osservare le parole di un libro antico ma , privata dell'esperienza personale, una simile fede presto vacilla. E' nell'esperienza stessa del vivere che possiamo/tentiamo di trovare tracce di questa divinità nascosta. Il vedere allora assume un significato più completo. Non è più un semplice osservare al di fuori di noi, ma bensì un cercare sia internamente che esternamente a noi. La domanda vera , a mio avviso, non è : "Esiste o non esiste Dio?" e se le due proposizioni hanno uguale dignità, ma bensì: "Credo/Penso/Ritengo o no che il Tutto sia una teofania di un Dio?". Questo è molto più creativo, mi interroga, mi spinge all'osservazione ( sia interiore che esteriore), coinvolge tutte le nostre facoltà (in questo senso anche la ragione, la memoria, l'osservazione dei fenomeni). Un credere astratto, privato di questo lavoro quotidiano del vivere, non ha alcun significato. E' foriero di settarismi, divisioni e violenze. E' causa di dolore e perciò, in essenza, anti-spirituale.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

**  scritto da Jacopus:

Citazionecredere o non credere sono due ipotesi con uguale dignità? A questa domanda non si può che rispondere: sì.
Anche in questo caso rispondere sì non è oggettivo, ma ragione di Fede.

Infatti, bisogna crederci, senza averne prove, che ogni dimensione di Fede (credere, non credere, non pervenuto, astensione, menefreghismo) possa donare uguale dignità.
Io, ad esempio, al contrario, non solo rispondo no alla domanda, ma rilancio sostenendo che non c'è niente di mera provenienza terrestre, che possa donare dignità all'esistenza umana, senza l'intervento del trascendente.

Non penso si possano attribuire uguale dignità a Madre Teresa di Calcutta od a un terrorista; a Gino Strada o a un cattolico farisaico; ecc. ecc.


Pace&Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da mariano:
Citazioneè solo una provocazione, ma non potrebbe essere l'universo stesso ad autogovernarsi?
Forse, perché no, ma è sempre e solamente per Fede che si può dare come certa questa ipotesi, che ha, nella realtà nostra terrestre, la stessa probabilità che l'universo sia l'hobby di Dio.




**  scritto da acquario69:

Citazionela Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni

Come non può avere nulla a che vedere con la Fede?

L'idea può sembrare relativa per gli altri, ma per il soggetto è ragione di Fede, poiché agiamo solo grazie ed in funzione ad essa.



Se ho un'idea che Dio esiste, anche se relativa per gli altri, saranno consequenziali a ciò le mie opere, le mie relazione, il chi sono Io.

Se ho un'idea che Dio esiste, anche se non troppo convinto (quindi relativa addirittura per me  :o ), le scelte tergiversanti derivanti, identificheranno il mio carattere e la mia posizione nella società.

Se ho un'idea che Dio non esiste, nella stessa maniera, anche se relativa per me o per gli altri, dirigerà il costrutto del chi ho deciso di essere come individuo tra gli altri, e nel pianeta.







**  scritto da Freedom:

Citazionedonquixote parla del "credere" argomentato da Giuseppe. Secondo quest'ultimo il vero "credere" cioè la vera fede è l'assoluta certezza, in quanto frutto di percezione incontrovertibile, dell'esistenza di Dio. In questo senso il credente va oltre il significato comunemente attribuito al credere dalla vulgata popolare. In questa prospettiva è dunque vero che non si può discutere la propria fede: non si può negare ciò che si percepisce. Anche se qualcuno potrebbe obiettare che bisogna dimostrarla a terzi altrimenti potrebbe essere frutto di autosuggestione.

La Fede, per molti teologi, è come un termometro che sale e scende; come il guardare la lancetta del contachilometri mentre si conduce un'auto, non è sempre alla stessa temperatura, non coinvolge sempre con la stessa velocità.
Però ciò che non cambia, inevitabilmente in ogni persona, è l'obiettivo della Fede: donare pace e serenità.

Quindi la Fede, in ognuno, è sempre vera, anche quando la trattiamo con negligenza o superficialità o indifferenza, giacché essa è direttamente variabile dal nostro libero arbitrio e per la nostra forza di volontà.


Pure il denominato "a-teo" è nella convinzione che il suo credere che l'esistenza è senza-Dio sia certezza assoluta; anche senza quelle prove necessarie che qualcuno potrebbe chiedere come dimostrazione, per confutare che non si tratti di autosuggestione.

La Fede non la si discute con la ragione, la si attua, la si sperimenta, la si elargisce


.Pace&Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

memento

L'argomento è stato abbondantemente dibattuto nell'altro forum,ma il problema di fondo era e rimane lo stesso: quando si incontrano due posizioni cosi diverse e lontane la discussione tende a sfociare in un continuo tentativo di persuasione dell'una sull'altra. E la tesi portante del topic è uno fra questi. Mi limiterò perciò solo a esplicitare il "problema" dell'esistenza di Dio da una prospettiva atea. Io credo infatti (si ho usato il verbo credere,prego non strumentalizzate anche l'uso della lingua) che vedere nell'ateismo una fede,un certo dogmatismo,una convinzione faccia ancora parte di una visione religiosa delle dinamiche di pensiero,per cui sostanzialmente le premesse metafisiche (in questo caso l'esistenza di una divinità) divengono il fondamento e il criterio di valutazione di ogni affermazione. In sintesi questa prospettiva si difende sostenendo che,per quanto l'idea di Dio non possa essere più dimostrata,rimanga tuttavia un problema (è un assurdo,lo so,ma la religione esclude volontariamente ogni razionalità). Non voglio giudicare questo modo di vedere le cose,nè convincere nessuno,ma vorrei sottolineare la distanza del punto di vista ateo da questi preconcetti di origine religiosa. Innanzitutto l'ateismo non è una visione del mondo,ma un diverso approccio verso la realtà. La persona atea,areligiosa,non cerca e trova le ragioni da un mondo al di là (un mondo dietro un mondo,parafrasando Nietzsche),ma dalle cose e dai fenomeni di cui può fare esperienza. Il metodo scientifico può essere considerato nelle sue finalità una metodologia atea,forse la prima in assoluta,perché non ricerca la causa finale,il principio ultimo della realtà,bensì la causa efficiente che ha originato l'evento e che può osservare.
Cos'è l'ateismo? Capire che l'idea di Dio non è necessaria (probabilmente anche deleteria) per conoscere le forze che regolano la natura. E forse anche se stessi,per chi vuole osare a tanto. Bisogna specificare che l'ateismo si è evoluto e si sta evolvendo ancora,accoglie con sé qualsiasi tipo di filosofie,spesso contrastanti. E in questo senso si può condividere in parte ciò che dicono Duc e Freedom: l'ateo crede ancora. Ma non in un non-Dio (il nulla,il caso,etc),ma in certezze a cui si aggrappa per non vedersi travolto all'improvviso. Troppe contraddizioni si rivelano per chi non vede alcun Dio,ci si perdoni di essere un po' incoerenti e ipocriti a volte. 
Per rispondere alla domanda del thread,assolutamente no,si fa un torto al non credente nel pensarlo credente. Il rispetto di due opinioni cosi divergenti si ottiene solo nel rispetto della loro irriducibile diversità.

Mario Barbella

Citazione di: acquario69 il 07 Aprile 2016, 03:06:48 AM
non penso che il credere o meno si possa ridurre ad una semplice opinione,più o meno personale e individuale..
la Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni
Secondo me l'uguaglianza al 50% tra il credere o non  credere non sta assolutamente in piedi almeno finché non ci si convinca (finalmente e sarebbe ora!.....) che il "non credere" semplicemente equivale a dire che IO (cioè l'IO cosciente) metta in dubbio, niente meno che ME stesso anziché  essere assolutamente certo di  esistere (non importa dove e come) come autocoscienza e intelligenza. Ci mancherebbe che, magari, andassi ad assegnare un qualche percentuale a questa certezza assoluta della Vita che è assoluta.
Qualcuno potrebbe dire: . "ma cosa c'entra questa risposta riguardo alla questione di un sentimento religioso non primitivo", oso rispondere suggerendo di puntare la mente sull'evento evangelico dell'umanità terrena del Cristo che pare suggerire qualcosa di gigantesca importanza ma non ancora ben compresa, forse non siamo maturi abbastanza ma............................. ::)  :-[  :o
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

InVerno

Citazione di: Duc in altum! il 08 Aprile 2016, 07:23:14 AM
**  scritto da InVerno:

CitazioneL'ateismo è un lusso, che tuttavia ha una un'infinità di probabilità in più di esser vero, di quanto non lo sia il credo.
Forse non si è compreso il punto fondamentale della discussione: il dichiararsi ateo, agnostico, credente o quel che si voglia, è già, sempre e inevitabilmente, un "Io Credo in..."
E siccome nessuno dei dogmi irrazionali, su cui si poggiano i differenti "Io Credo in...", ha una probabilità in più degli altri (poiché non esistono prove né che Dio esista e né che Dio non esista) di essere davvero vero (pardon!), di essere il giusto o la verità assoluta, il lusso resta soltanto la facoltà arcana di poter decidere, obbligatoriamente, in cosa credere o quale sia l'ipotesi più credibile per uno, assecondando le proprie esperienze.



Antica argomentazione fuorviante (perchè falsa) quella che l'ateismo o l'agnosticismo siano un credo a loro volta. L'onore della prova di tutte le teiere in orbita intorno a Giove spetta a chi asserisce di averle avvistate, la normale posizione di pensiero di tutti gli altri è quella della negazione della loro esistenza, per forza di cose, altrimenti si finisce in un circolo vizioso dove l'argomentum ad ignorantiam la fa da padrone e la logica viene demolita alla sua base. Credere che gli elfi o gli yeti non esistono dovrebbe essere un "credo", una posizione di fede? Credere che la limonata non cura il cancro dovrebbe essere una posizione di fede? Mi spiace accostare questi esempi a Dio perchè sono sicuro che qualcuno ne verrà offeso, però dal punto vista logico di questo si parla, negare un assunto non provato non è fede, è una posizione di cautela logica indispensabile.

giona2068

Ciao a tutti, sono giuscip1946 che per ragioni tecniche di registrazione mi chiamo giona2068.
Nel precedente forum ho già parlato su questo argomento, ma pur sapendo di ripetermi ricordo che in tema di fede il credere non è frutto di una deduzione logica che, secondo come viene applicata porta al credere o al non credere.  Il credere è un sentire non è un sapere.
Chi arriva al credere attraverso una deduzione logica è un non credente tanto quanto chi arriva alla deduzione opposta, cioè di non essere credente. Il credere appartiene al cuore , le elucubrazioni mentali appartengono per l'appunto alla mente e sono tutt'altra cosa rispetto al credere. Un po' come aderire o non aderire ad un partito, ad un circolo culturale ecc...-
Senza cambiare lo spirito del topic, possiamo allora parlare di come fare per accrescere la nostra fede. In ogni caso non possiamo ignorare che, per chi è cristiano o dice di esserlo, in San Giovanni è detto: "Nessuno può venire a me senza la volontà del padre mio".
Questo a conferma che con il ragionamento possiamo arrivare solo ad una fede mentale che non giova a nulla. La volontà del Padre Celeste è che tutti vadano a Lui, ma purtroppo chi è spiritualmente morto, non può sentire la chiamata e diventa colui che argomenta tanto per convincere se stesso ed altri che non esiste il mondo spirituale. Il Dio di costoro diventa il loro "io". Non sto giudicando, sto solo osservando e ripetendo ciò che in tanti anni ho visto accadere, sperando nel contempo che qualcuno che è in piedi faccia attenzione di non accadere. Il primo che cerco di avvisare è me stesso.
Buona notte - giuscip1946   

acquario69

Citazione di: Duc in altum! il 08 Aprile 2016, 10:33:03 AM
**  scritto da acquario69:

Citazionela Verita non proviene e non può essere richiusa dalla sua idea relativa che l'uomo può farsene,e stando così le cose questo alla fine non può avere nulla a che vedere con la fede,appunto intesa come semplice riduzione delle proprie opinioni

Come non può avere nulla a che vedere con la Fede?

L'idea può sembrare relativa per gli altri, ma per il soggetto è ragione di Fede, poiché agiamo solo grazie ed in funzione ad essa.



Se ho un'idea che Dio esiste, anche se relativa per gli altri, saranno consequenziali a ciò le mie opere, le mie relazione, il chi sono Io.

Se ho un'idea che Dio esiste, anche se non troppo convinto (quindi relativa addirittura per me  :o ), le scelte tergiversanti derivanti, identificheranno il mio carattere e la mia posizione nella società.

Se ho un'idea che Dio non esiste, nella stessa maniera, anche se relativa per me o per gli altri, dirigerà il costrutto del chi ho deciso di essere come individuo tra gli altri, e nel pianeta.
innanzitutto ho detto idee RELATIVE,che vengono appunto indicate come OPINIONI.
la fede infatti non ha nulla a che vedere con la "testa" e i suoi ragionamenti (la definirei la gabbia dell'IO)
Sariputra in buona parte del suo intervento sopra ha secondo me fornito ottimi spunti in questo senso e condivido pure quanto dice giona.

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