Credere o non credere: sono due ipotesi con uguale probabilità?

Aperto da Freedom, 01 Aprile 2016, 16:11:34 PM

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Sariputra

Per fare un pò di chiarezza, come invita Freedom, sul termine "dogma" diamo la definizione che si trova sul vocabolario Devoto-Oli:
DOGMA (o domma) . Principio che si accoglie per vero o per giusto, senza esame critico o discussione. Nella teologia cattolica, verità rivelata da Dio e definita dalla Chiesa, imposta come articolo di fede.
DOGMATISMO. Ogni posizione filosofica che partendo da principi sui quali non si ammette dubbio, ricava da questi un insiema di verità, INDIPENDENTEMENTE dai fatti e dalle esperienze.
                       Qualsiasi atteggiamento di intransigente imposizione di principi.
DOGMATIZZARE. Enunciare in tono dogmatico, proclamare come dogma indiscutibile.
Ora mi sembra che la posizione di Duc forzi il termine "dogma" estendendolo a QUALUNQUE scelta che l'essere umano possa compiere. Mi sembra una forzatura impropria.  Perchè:
- NON TUTTE le scelte sono prive di esame critico o discussione. Es.: Io vorrei abortire ma, dopo lunga discussione, mi convingo di non farlo. Oppure: Io voglio imporre la mia scelta ma, dopo dibattito, capisco che è una posizione errata e accetto altri punti di vista.
-Non pretendo di possedere una posizione filosofica assoluta, sulla quale non ammetto dubbi, da parte di me stesso o di altri,  da cui ricavare un insieme di verità (posizione NON DOGMATICA).
-NON PROCLAMO, o enuncio, in tono indiscutibile i miei principi e , soprattutto, NON LI IMPONGO agli altri.
Ora, nello specifico della discussione in atto, il voler imporre il principio che OGNI scelta è un dogma è , per l'appunto e per logica conseguente, DOGMATISMO.
Tutte le scelte operate con esame critico, dopo dibattito e discussione, senza volontà di imposizione, con rispetto dell'altrui scelte è, per l'appunto e per logica conseguente, NON DOGMATICO.
Riassumendo, mi sembra che tutte le scelte che inevitabilmente siamo chiamati a fare nella vita, se compiute dopo esame critico o riflessione, siano da definire correttamente NON DOGMATCHE.
Viceversa tutte le scelte compiute sulla base di un principio, accolto come  vero o giusto, senza esame critico o discussione/riflessione sia da definire correttamente come DOGMATICO (in special modo se non si ammette il DUBBIO su queste stesse scelte).
Se io Credo in Dio ma ho pure molti dubbi sulla sua esistenza, questa è una posizione non dogmatica.
Se io Credo in Dio , non ho nessun dubbio al riguardo, nonostante la non verificabilità empirica del mio credere, lo impongo agli altri come articolo di fede, ne faccio un insieme di verità  e al riguardo divento intransigente. questa è una posizione dogmatica.
Se io opero la mia scelta, ma su di questa ho dei dubbi e cerco la verifica, la critica, la riflessione, non sono dogmatico.
Se io opero la mia scelta e su questa non ammetto dubbi (nemmeno da parte di me stesso), sono dogmatico.
Sono d'accordo con freedom sull'importanza di dare il giusto significato ai termini. Altrimenti diventa difficile comprenderci. Come se parlassimo lingue diverse.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

**  scritto da Sariputra:
CitazioneSe io opero la mia scelta, ma su di questa ho dei dubbi e cerco la verifica, la critica, la riflessione, non sono dogmatico.
E no, una volta che hai scelto senza certezza, senza sicurezza, senza prova sei dogmatico, perché quella indecisione teoretica, quella fede titubante, prima di diventare un'azione effettiva, (dunque qualcosa che può produrre direttamente la felicità o tristezza altrui) è stata accolta per vera, altrimenti non la si farebbe, resterebbe solo un'ipotesi.
Ma, e questo è il punto, l'essere umano, individualmente, è chiamato, obbligatoriamente, a credere per agire e quindi essere in base a quell'agire, e quell'agire deve contenere la probabilità dogmatica di essere per forza giudicato, altrimenti la probabilità di un Dio giudice e salvatore non avrebbe chance, e quindi non ci sarebbero le stesse condizioni per la scommessa.

La questione di non condividere che anche il credere nel nulla, o il credere di non credere siano fonti e sorgenti dogmatiche, è solo un marchingegno per tentare di dissimulare la personale appartenenza all'intramontabile bigottismo religioso anche da parte degli atei, degli scettici e degli agnostici.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 20:14:05 PM** scritto da Sariputra:
CitazioneSe io opero la mia scelta, ma su di questa ho dei dubbi e cerco la verifica, la critica, la riflessione, non sono dogmatico.
E no, una volta che hai scelto senza certezza, senza sicurezza, senza prova sei dogmatico, perché quella indecisione teoretica, quella fede titubante, prima di diventare un'azione effettiva, (dunque qualcosa che può produrre direttamente la felicità o tristezza altrui) è stata accolta per vera, altrimenti non la si farebbe, resterebbe solo un'ipotesi. Ma, e questo è il punto, l'essere umano, individualmente, è chiamato, obbligatoriamente, a credere per agire e quindi essere in base a quell'agire, e quell'agire deve contenere la probabilità dogmatica di essere per forza giudicato, altrimenti la probabilità di un Dio giudice e salvatore non avrebbe chance, e quindi non ci sarebbero le stesse condizioni per la scommessa. La questione di non condividere che anche il credere nel nulla, o il credere di non credere siano fonti e sorgenti dogmatiche, è solo un marchingegno per tentare di dissimulare la personale appartenenza all'intramontabile bigottismo religioso anche da parte degli atei, degli scettici e degli agnostici.

Mi sembra che stai miscelando un pò di tutto per ottenere un minestrone incomprensibile. Bigottismo religioso dell'ateo o dell'agnostico?...Mah...frasi come questa mi portano a ribadire , come ben ha fatto il nostro moderatore freedom, l'importanza di usare i termini in modo appropriato e non contaddittorio. Altrimenti dovresti scrivere il nuovo vocabolario della lingua italiana,,,secondo Duc in Altum! :)
La differenza tra posizione dogmatica e non dogmatica non consiste nel fare le scelte, o sui risultati delle scelte fatte ma, come ho cercato invano di spiegare sopra, nell'atteggiamento mentale che differenzia le due posizioni. L'atteggiamento del dogmatico è privo di dubbi e tendente ad assolutizzare e imporre la sua visione. L'atteggiamento del non dogmatico è aperto alla critica, alla riflessione, al dubbio.
Purtroppo non posso farci niente se , a te, sembrano essere la stessa, identica cosa. Anzi , se continuassi imperterrito a tentare di convincerti della MIA posizione non sfuggirei anch'io alla tentazione del dogmatismo privo di dubbi. E' una trappola sottile ma che al momento mi appare nella sua evidenza.
Infinite scelte si compiono nella vita senza sapere se produrranno felicità o sofferenza ( pensiamo anche solo a quella di decidere di mettere al mondo dei figli...), senza conoscere l'esito, senza sapere se sono appropriate o meno , a causa della nostra ignoranza delle cause del nostro agire e degli effetti che quelle cause possono produrre. Il fatto che questo ignorare possa entrare in conflitto con la fede in un Dio che giudica le azioni dell'uomo è un problema di natura teologica e che va approfondito in quel senso, ma credo che nel pensiero post-conciliare si sia tentato di superare l'immagine del Dio giustiziere con la bilancia in mano, a pesare torti e meriti per avvicinarsi alla visione di un Dio-Padre che cerca l'incontro e l'abbraccio proprio con i perduti ( al Suo amore).
Il problema dell'atteggiamento dogmatico non è riconducibile solo all'uomo di fede religiosa (di qualunque religione) ma a chiunque  ritenga indiscutibile il proprio ragionamento, lo elevi a riferimento , a sistema di valori, lo renda un assoluto.
Se Duc dicesse: "Penso, ma potrei sbagliarmi, che ogni decisione che prendiamo implica una certa fede" sarebbe una posizione non dogmatica.
Se Duc invece dicesse (come in effetti dice): "Ogni decisione che prendiamo implica obbligatoriamente una certa fede, su questo non si discute, questa è la sola verità" sarebbe ( e lo è)  una posizione dogmatica.
 Spero di essermi spiegato...Ma ho come la netta sensazione che non sarai d'accordo...chissà perchè... :)
 Ti auguro una buona domenica.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

HollyFabius

#123
Prima di rispondere scrivo una nota di carattere generale.
Una lettura che mi permette di sospettare di trovarmi in presenza di un atteggiamento dogmatico è riferita all'uso distorto sino al ribaltamento del significato delle parole. Le parole non sono scritte nella pietra, il loro uso condiviso permette la comunicazione, la trasmissione delle idee e non solo delle idee. Se io scrivo "persona buona" tutti intendono una cosa simile: una persona che per i miei criteri giudico positiva verso gli altri. Se io scrivo "persona cattiva" tutti intendono una cosa simile: una persona che per i miei criteri giudico negativa verso gli altri.
A chi dico che Oscar è "persona buona" potrà avere un giudizio su Oscar in funzione di come giudica il mio giudicare. Se mi crede una persona obiettiva e infallibile sui giudizi delle persone crederà e penserà che Oscar è buono. Se mi crede una persona non obiettiva e incapace di giudicare le persone non si farà guidare nel giudizio di Oscar. Se poi mi crederà capace di sbagliare sistematicamente il giudizio sulle persone potrebbe persino pensare che Oscar sia cattivo.
Ma cosa succede se dopo aver detto che Oscar è persona buona comincio a descrivere il concetto di buono come a qualcosa da evitare assolutamente, e la generica persona buona a un maniaco pluriassassino? La comunicazione e il passaggio della conoscenza è basato sulla condivisione del significato delle parole. L'analisi e la dialettica spesso impongono una fase preliminare di descrizione del significato usato dei termini, quando questo significato si ritiene ambiguo, le parole non sono equazioni matematiche, se lo fossero perderebbero espressività ma acquisterebbero precisione informativa.
Chi è che posto di fronte ad un problema contradditorio usa la scorciatoia di ribaltare il senso comune di un termine? E parlo proprio di ribaltare non di cambiare leggermente nel significato.
Lo fa chi è idealista sino al midollo, convinto che la realtà sia solo rappresentazione nella sua mente e che la condivisione con altre menti sia così illusoria da non necessitare di corretta trasmissione bidirezionale. Se la rappresentazione della realtà espressa dalle parole non mi piace, non cambio la mia rappresentazione della realtà bensì il significato delle parole che esprimono il modello di realtà, sino ad invertirne il senso: cambio la realtà che non mi piace adeguandola al mio pregiudizio.

Qui ne abbiamo una evidente dimostrazione sull'uso del termine dogma.


Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM
**  scritto da HollyFabius::
CitazioneAffatto, è un giudizio personale. Può essere vero o sbagliato ma è un giudizio non un pre-giudizio.

Chiamalo giudizio personale, ma il fatto che tu creda che Dio non esiste seleziona e riduce il tuo margine di scelta/decisione, ecco perché è un dogma, una verità certa anche se non provata.

ehm, non riduce proprio nulla. Toglie solo la credenza non giustificata in una visione particolare di un dio rappresentato nella tua mente e solo in quella. Non credo neppure al cerchio con gli spigoli e al raggio del quadrato nella geometria euclidea ma questo non mi limita in nulla se non in quelle attuali mie convinzioni. Ma attenzione, al primo cerchio che mostri una qualsiasi similitudine ad uno spigolo la mia curiosità si attiverebbe, la mia natura dubbiosa vale anche nella direzione del sostanziare, non sono in quella del negare.


Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM

CitazioneQui potrei semplicemente risponderti che no, non ne ho certezza proprio perché non ho certezze.

Intanto, che tu esisti (non puoi evitarlo), quella che tu ritieni incertezza, definisce la tua etica, la tua moralità, quindi pre-giudizio.
Sarebbe differente se fossi incerto e non dovresti esistere, ossia, scegliere e decidere. E' l'obbligatorietà ontologica della scelta umana che rende l'incertezza azione decisiva.
Es.: non so se Dio esiste o meno, e, sinceramente, non me ne importa per niente, però sono favorevole all'aborto, però sono contrario all'utero in affitto ...però,.. ...però... ecc. ecc.; ecco come l'incertezza si trasforma pre-giudizio/dogma, ed è giudicabile giacché diviene opera empirica volontaria, libera e ragionata.


la mia incertezza non è pre-giudizio è semplicemente atteggiamento. Il giudizio per me arriva sempre e solo dopo e il pregiudizio (formato da riflessioni e memoria del giudizio) non è tendenzialmente definitivo, è sempre in divenire.
Attenzione che questo non implica una indecisione permanente e per capirlo fornisco l'esempio impreciso del limite di una funzione, dove il valore non è mai quello certo ma la tendenza è evidente e l'arrivo ad un valore mai ben definito è chiara.  L'esempio è impreciso perché la realtà è complessa molto più di un limite di funzione e la possibilità di incontrare esperienze problematiche è sempre possibile. Tutto nella nostra rappresentazione mentale della realtà è in maturazione permanente.


Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM

CitazioneSofismi, duc, sofismi. Esiste il dogmatico che pre-giudica gli eventi basandosi su un modello, ed esiste chi non ha un giudizio precostituito e se lo forma confrontandosi e riflettendo, con l'apertura ad un possibile cambiamento delle sue conclusioni, formandosi un giudizio che però non diventerà pre-giudizio, avendo la disponibilità a cambiarlo.
Va bene, se lo forma confrontandosi e riflettendo (come se fosse differente, come se esistesse un'alternativa, per un cristiano o per un'estremista comunista), quindi decide ed attua con il dogma che ha prodotto, con ciò che si è sviluppato da quei confronti e riflessioni, ma pur sempre dogma sarà, poiché non c'è prova certa della Verità, e men che meno razionalità di Essa, quindi tutto ciò che nasce dalla fede, fiduciosa della personale conoscenza, e filtrata dalla propria esperienza è dogma.


il processo di formazione del dogma non è interno, è esterno. Il dogma si forma nell'accettazione di una visione data da altri, da un testo sacro, da una cultura inculcata in età prerazionale, ecc.
La convinzione personale, il modello di realtà espresso da una mente originale prodotto da una riflessione durata anni diventa dogma per altri che se lo accetteranno senza riflessione critica. Posso credere che Kant abbia espresso una visione corretta della realtà e difenderne in modo dogmatico le idee, ma non posso esprimere una riflessione critica e meditata sulla realtà e difenderla in modo dogmatico perché questo rappresenterebbe una atteggiamento acritico e non meditato. Kant stesso per arrivare al suo sistema lo ha messo sistematicamente in discussione con se stesso e con i filosofi a lui precedenti e contemporanei.
Ma naturalmente la realtà non è bianca o nera ed esistono infinite tonalità di grigio e di atteggiamenti intermedi, basta essere coscienti che la realtà rappresentata dai nostri modelli di parole non è la realtà ma è sono un modello di realtà.

Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM

CitazioneCerto invecchiando sarò sempre meno flessibile ma il tuo credere che non esista un atteggiamento diverso da quello dogmatico è solo una posizione di comodo, semplice perché poco problematica.
E no, caro HollyFabius, è proprio quello il problema, cercare di dissimulare di non avere pre-giudizi, generati da ciò che si crede vero per fede senza averne nessuna prova.
Quando ami qualcuno non sei più incerto, ma vivi a sua volta il problema dell'insicurezza che potrebbe risultare da quel dogma ...altro che atteggiamento differente!!


Credere che lavorare sia un dovere è un dogma, giacché può darsi anche che la verità, forse, nel frattempo, sia di oziare per dovere, quindi un dogma differente.
Qualunque decisione, nei fatti non nel bla, bla, bla, bla, tu prenda in riguardo a questa mia opinione sarà un dogma, perché non puoi fare a meno, a secondo dei casi, di avere un pre-giudizio verso chi è staconavista o scansafatiche.
La posizione di comodo è quella di chi sostiene che non ha "dogmi", ossia verità non provate, pensando di evitare così di essere catalogato o giudicato.



Qui parli di credere vero e prove. Io parlo di convinzioni e indizi. Io posso prendere una decisione incerto e non convinto solo perché una decisione va presa. Di fronte a un bivio temporale una direzione va presa e la scelta è presa sulla base non solo e soltanto di un giudizio o valutazione razionale ma anche sulla base di sentimenti e valutazioni inconsce. Non è detto che per la scelta io abbia già maturato delle convinzioni certe che, riproponendo lo stesso bivio, mi facciano prendere la stessa decisione.

Citazione di: Duc in altum! il 28 Maggio 2016, 13:42:23 PM

CitazioneConfessarsi significa mettere in discussione i principi? boh! Se lo dici tu sarà così per te. A me la confessione pare solo una pratica cattolica un poco ipocrita organizzata dalla chiesa tradizionale allo scopo di sottoporre al controllo la popolazione, conoscendone i vizi e i comportamenti privati.
Quel "pare",  non solo è già un pre-giudizio ("...quindi chi si confessa è bigotto e non ha capito niente della vita, mentre io sì che ho ben compreso l'ipocrisia organizzata dalla Chiesa..."), ma fa sì, nei fatti (che poi è ciò che a noi interessa) che tu eviti totalmente di confessarti, quindi fa divenire la tua opinione un dogma, perché credi per fede (quindi potrebbe anche essere una menzogna questa tua tesi), che davvero sia una pratica ipocrita la confessione.

Il parere non è pregiudizio, così come il grigio non è né bianco né nero ma un po' bianco e un po' nero; peraltro senza neppure indicare se più bianco o più nero. Io non mi confesso ma non ho detto di non averlo mai fatto, la mia tradizione familiare può avermi portato a sperimentare tutte le pratiche cattoliche ma la mia maturazione a rifiutarle, sulla base di un giudizio formatosi nel tempo. L'ipocrisia ai miei occhi si è disvelata nel tempo, non ho assorbito il giudizio espresso da qualcuno.

Duc in altum!

** scritto da HollyFabius:
CitazioneIl parere non è pregiudizio, così come il grigio non è né bianco né nero ma un po' bianco e un po' nero; peraltro senza neppure indicare se più bianco o più nero.
Ma io non confuto il tuo credere nel grigio, questa è una tua decisione, è "il/un" tuo problema, ma sostengo che quel credere nel grigio, così come il credere nel bianco o nel nero, istituisce dei dogma. Tutto qui.

Le scelte, prese secondo parere, dubbioso, esitante, mutevole o incostante, infliggono un effetto, determinano una realtà che nei fatti non è più dubbiosa, incerta, perplessa o indecisa, giacché ben ovvia materialmente. Queste sensazioni o sentimenti di titubanza restano solo nello stato intimo: "...avrò scelto bene? ...che il fato  me la mandi buona!..." - ma per quel che riguarda la verità che esse includono avendola espressa, visto che ormai sono tangibili nell'opera da esse creata, sono suscettibili a giudizio, per quanto uno voglia giustificarle con il soggettivo comodo contraddittorio: "...eeeh io non avevo ancora maturato delle convinzioni certe!...". La legge non ammette ignoranza ...anche se:un Dio che si limitasse, che si fermasse, alla sola giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della Legge (P. Bergoglio).

La probabilità che questo benedetto Dio esista è uguale a che questo santo Dio non esista, ed è in funzione di questa eventualità che si fonda il mio pensiero, la mia teoria, che se un individuo, uno soltanto, potesse divincolarsi dall'oggettività di decidere secondo i dogma imposti dalla propria fede inevitabile, la ragionevolezza di questa ipotesi non avrebbe senso, così come una Sua eventuale misericordia alle nostre scelte.

Pace&Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Sariputra:
CitazioneSe Duc dicesse: "Penso, ma potrei sbagliarmi, che ogni decisione che prendiamo implica una certa fede" sarebbe una posizione non dogmatica.
Se Duc invece dicesse (come in effetti dice): "Ogni decisione che prendiamo implica obbligatoriamente una certa fede, su questo non si discute, questa è la sola verità" sarebbe ( e lo è)  una posizione dogmatica.
 Spero di essermi spiegato...Ma ho come la netta sensazione che non sarai d'accordo...chissà perchè...
 Ti auguro una buona domenica.
Ti sei spiegato più che bene @Sariputra, e consentimi solo di cambiare "ogni decisione che prendiamo" con ogni decisione che prendiamo che dipenda dal nostro soggettivo credere che Dio esiste o credere che Dio non esiste. Così divento 'meno dogmatico'  ::)  e affermo che per quel che riguarda "ogni decisione" (cosa che io credo per vera) posso anche essere in errore, mi sbaglio, potrei sbagliarmi, ma non per ciò che deriva dalla fede inevitabile: Dio esiste/Dio non esiste, che contiene uguali probabilità di essere quella vera, quella giusta.

Pace&Bene
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 10:09:17 AM** scritto da Sariputra:
CitazioneSe Duc dicesse: "Penso, ma potrei sbagliarmi, che ogni decisione che prendiamo implica una certa fede" sarebbe una posizione non dogmatica. Se Duc invece dicesse (come in effetti dice): "Ogni decisione che prendiamo implica obbligatoriamente una certa fede, su questo non si discute, questa è la sola verità" sarebbe ( e lo è) una posizione dogmatica. Spero di essermi spiegato...Ma ho come la netta sensazione che non sarai d'accordo...chissà perchè... Ti auguro una buona domenica.
Ti sei spiegato più che bene @Sariputra, e consentimi solo di cambiare "ogni decisione che prendiamo" con ogni decisione che prendiamo che dipenda dal nostro soggettivo credere che Dio esiste o credere che Dio non esiste. Così divento 'meno dogmatico' ::) e affermo che per quel che riguarda "ogni decisione" (cosa che io credo per vera) posso anche essere in errore, mi sbaglio, potrei sbagliarmi, ma non per ciò che deriva dalla fede inevitabile: Dio esiste/Dio non esiste, che contiene uguali probabilità di essere quella vera, quella giusta. Pace&Bene

Ne abbiamo già discusso molto sul vecchio forum.  Si deve dare sostanza a quel credere ( se no ricadiamo nel concetto di scommessa, di bisca, di gratta e vinci). Proprio il sottolineare il nostro soggettivo credere nell'esistenza di un Dio, posto come ragionamento non evitabile da parte di tutti, chiamati a prendere una decisione. è a mio parere una posizione dogmatica. Infatti tu NON PUOI conoscere l'intimo di altre persone e quindi rendi assoluta un'esigenza che senti personalmente, ma non puoi essere certo riguardi gli altri. Come potremmo conoscere le motivazioni e le cause dell'agire di infiniti altri (da noi) esseri? Personalmente, per esempio, non prendo mai una decisione, anche importantissima, chiedendomi prima se Dio esiste oppure no e come verrei giudicato da Lui. A volte la prendo con il ragionamento, a volte con l'istinto, altre con rabbia o frustrazione, altre volte inconsciamente, rare volte con amore sincero, spesso per paura. Sono i sentimenti che ci spingono ( anche credere o no in una divinità è una forma di  sentimento).  Poi tu hai riportato il fatto di credere o no all'interno del concetto di Dio espresso dalla nostra cultura ( giudaico-cristiana), ma ci sono forme diverse di credere in Dio che non presuppongono l'attività di giustiziere da parte del medesimo  Il concetto di ricompensa o di castigo, per le nostre azioni, ha portato , soprattutto nei secoli scorsi, ad una falsa fede, fondata solo sulla Paura e non sulla ricerca sincera di quel puro amore di cui abbiamo disperatamente bisogno.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Vorrei mettere in guardia dal rischio di confondere fede e fiducia, dogma e ragionamento. Quando si usa il ragionamento c'è sempre un perché (magari fallace, insicuro ed opinabile) di cui ci si fida; invece, quando si è nella fede non c'è un perché ragionevole, ma solo la risposta della fede che, in quanto tale, non richiede argomentazioni. 
La fiducia nella propria scelta non implica che venga fatta sempre per fede, anzi, se è una scelta ragionata non c'è dogma che predetermini cosa scegliere, ma solo un plausibile "perché..." argomentato (ma non per questo infallibile). Banalizzando: non si crede ad un sillogismo per fede, ma al limite si ha fiducia razionale nella logica; se invece si crede nel peccato, lo si fa per fede, non per argomentazione o come conclusione di un ragionamento verificato.
Aggiungerei, semplificando molto, che la fiducia può essere "tradita", quindi portare di riflesso ad una modifica nelle proprie attitudini o comportamenti (esempio: ho ragionato e ho deciso di prestare l'auto ad un amico, costui me la riporta rigata, con noncuranza e senza scusarsi, riconosco allora che la mia fiducia nel mio ragionamento era malposta; conseguenza: non gli ripresterò l'auto facilmente...). Mentre la fede, finché creduta, non può dare esiti che la falsifichino, che la smentiscano e che consentano di modificarne "retroattivamente" i dogmi (se la mia fede richiede d'aiutare il prossimo, gli presterò l'auto finché ne avrà davvero bisogno e finché potrò farlo, magari chiedendogli di trattarla meglio, ma non importa quali saranno le conseguenze, non ci saranno mai "feedback" che comprometteranno il dogma in sé: sarà sempre dogmaticamente giusto "prestare l'auto per aiutare ogni mio prossimo bisognoso").
Questo non significa che la fede sia deprecabile e la fiducia segno di pregevole raziocinio, ma solo che, secondo me, confonderle può produrre confusione nel discorso.

Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 10:09:17 AMfede inevitabile: Dio esiste/Dio non esiste, che contiene uguali probabilità di essere quella vera, quella giusta
In base a quanto precisato prima, se "Dio esiste" è per fede, se "Dio non esiste" è per assenza di fede, e magari per fiducia nelle argomentazioni che ne negano l'esistenza (in genere, negare l'esistenza di una divinità comporta fiducia in un ragionamento, mentre per affermarla l'unica condizione necessaria e sufficiente è la fede).
Sull'uguale probabilità dell'esistenza/inesistenza di Dio sono piuttosto scettico: non trattandosi di scienza oggettiva, c'è inevitabilmente un singolo che valuta tale probabilità e solo nel caso dell'agnostico siamo al 50% "si", 50% "no" (che si risolve in un "non so!"). Nel caso del non-credente c'è almeno un 51% "no", altrimenti non sarebbe tale, mentre nel caso del credente autentico dovrebbe esserci un 100% "si", altrimenti si tratta di un "credente probabilista" (che non so se possa essere inteso come credente vero e proprio).

P.s. Ringrazio "Duc" per gli spunti di riflessione "eterodossa".

Duc in altum!

**  scritto da Phil:
CitazioneQuando si usa il ragionamento c'è sempre un perché (magari fallace, insicuro ed opinabile) di cui ci si fida; invece, quando si è nella fede non c'è un perché ragionevole, ma solo la risposta della fede che, in quanto tale, non richiede argomentazioni.
...e siccome è inevitabile doverti dare una risposta per fede (mentre esisti in questo pianeta, mentre sei sottoposto ogni giorno a delle scelte indispensabili per determinare chi sei, cosa vuoi e come ami), per "questioni" etiche e morali, ecco che il ragionamento, come tu ben sottolinei, non può argomentare un bel niente di ragionevole se non una fiducia nel mistero.



CitazioneIn base a quanto precisato prima, se "Dio esiste" è per fede, se "Dio non esiste" è per assenza di fede, e magari per fiducia nelle argomentazioni che ne negano l'esistenza (in genere, negare l'esistenza di una divinità comporta fiducia in un ragionamento, mentre per affermarla l'unica condizione necessaria e sufficiente è la fede).


No, se Dio non esiste non è una conclusione per assenza di fede, ma bensì, il risultato di una fede in qualcos'altro, solitamente il nulla, il caso o la sorte determinista.
La fede è un gettone che dobbiamo, per forza di cose a noi ancora misteriose, puntare per esistere.
Il ragionamento che comporta la fiducia nella non esistenza di Dio è privo di una prova empirica che lo rendi valido e valido oggettivamente. Ci si può credere a quel ragionamento solo per fede, e per fiducia soggettiva (né più Né meno di un guru), poiché le argomentazioni che ne negano l'esistenza sono, fino ad oggi (e per sempre secondo me), solo ipotesi, teorie, quindi probabili illusioni, tanto quanto la chimera della presenza di un Dio onnipotente.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Jacopus

Prendo l'argomento da un altro angolo. Accetto la tesi di Duc. Credere o non credere sono entrambe posizioni fondate su una fede. Quella fede ci fa agire in un certo modo e comunque è impossibile agire senza una qualunque fede. Però credere in un Dio onnipotente, vendicativo e geloso, che comunque ci preserva dallo sbagliare perché basta credere in lui è un presupposto per operare azioni "avventate". Provo a spiegarmi meglio, ma sto pensando quasi in diretta.
Si può immaginare il credere come una scala graduata, dove ad un estremo vi è il massimo della fede e all'opposto il massimo del nichilismo. All'estremo della fede vi sono i campioni dell'integralismo, religioso e non, coloro che "credono" in modo forte e assoluto, possono credere anche nella Lazio o nello stalinismo, ma per loro quella è la ragione di vita. Hanno una energia invidiabile e raggiungono clamorosi obiettivi, ma spesso lo fanno lordandosi le mani di sangue innocente. Sull'altro estremo, come giustamente sottolinea Duc, non c'è azione ma stasi, morte del pensiero e forse dell'umanità. Più o meno al centro c'è una umanità ondivaga, che un pò crede, un pò non crede (nella Lazio o nello stalinismo) ma che difficilmente si macchierà di grandi crimini. Insomma nei tanti discorsi di questo topic rieccheggia quello che diceva Manzoni nei Promessi Sposi che "a far troppo bene a volte si rischia di far del male".
In questo senso credo che non vi sia simmetria, come professa Duc, fra credere e non credere, ammesso che si consideri il non credere in quella fascia tollerante, dubbiosa e relativista, che magari ti fa agire in modo incoerente ma salva dalla violenza cieca di ogni integralismo. In questo senso credere in Hitler è esattamente identico al credere nell'Allah del Daesh.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 19:28:48 PM...e siccome è inevitabile doverti dare una risposta per fede [...] La fede è un gettone che dobbiamo, per forza di cose a noi ancora misteriose, puntare per esistere 
 
Ho capito il tuo dogma, ma per ora ho ancora fiducia nel mio ragionamento (esposto in precedenza) sulla possibilità del non-dogmatico e della non-fede; per cui non ho (nuovi) commenti in merito.

Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 19:28:48 PMNo, se Dio non esiste non è una conclusione per assenza di fede, ma bensì, il risultato di una fede in qualcos'altro, solitamente il nulla, il caso o la sorte determinista 
[corsivo mio]
"Fede" o "fiducia"? Se non erro, ci sono delle argomentazioni (opinabili) in gioco...  ;)

Citazione di: Duc in altum! il 30 Maggio 2016, 19:28:48 PMIl ragionamento che comporta la fiducia nella non esistenza di Dio è privo di una prova empirica che lo rendi valido e valido oggettivamente [...] poiché le argomentazioni che ne negano l'esistenza sono, fino ad oggi (e per sempre secondo me), solo ipotesi, teorie, quindi probabili illusioni 
Non vorrei entrare nell'ambito della fede personale... la non-esistenza di Dio non ha prove empiriche: quali possono essere le prove empiriche di una non-esistenza? Non dovrebbe essere l'esistenza di qualcosa ad essere supportata da prove empiriche da verificare? 
P.s. La via della fede sterilizza qualunque discorso di matrice empirica, ribadendo ulteriormente la differenza fra "fede" e "fiducia", "dogmatismo" ed "epistemologia", etc....

Duc in altum!

**  scritto da Phil:
CitazioneNon vorrei entrare nell'ambito della fede personale... la non-esistenza di Dio non ha prove empiriche: quali possono essere le prove empiriche di una non-esistenza? Non dovrebbe essere l'esistenza di qualcosa ad essere supportata da prove empiriche da verificare?
Questo concetto sarebbe giusto e valido se non si dovesse sostituire, inevitabilmente, quel Dio non esistente, con ciò che la fiducia ci suggerisce sia stata la causa della nascita della vita terrestre, il senso di questa vita e se al decesso della vita non succede un'ulteriore esistenza.

Il "videogioco", per accidente o per disegno divino, è perfetto.
Quindi se Dio non esiste è più che logico, anzi è ovvio che non necessitiamo nessuna prova empirica per dimostrare ciò, ma il problema sorge quando per dimostrare, di conseguenza, che sia stato qualcos'altro, differente da una Mente Onnipotente, a generare il Tutto, manca lo stesso la prova empirica, facendo sì, a sua volta, di dare uguale probabilità a che forse sia stato proprio Dio a dare il via al Tutto, conosciuto e misterioso ancora.

Capisci, la probabilità che la fede in Dio sia giusta e vera, la conferisce proprio la fiducia umana (per ragionamento, ma come la fede, senza riscontro oggettivo) nelle alternative ad Esso, inconsistenti e fantasiose.



CitazioneP.s. La via della fede sterilizza qualunque discorso di matrice empirica, ribadendo ulteriormente la differenza fra "fede" e "fiducia",

Ma scusa Phil, quando una ragazza ti dice ti amo, tu hai fiducia o fede in quel sentimento non comprovato?!?!
Ecco dimostrato come non esiste nessuna differenza tra l'avere fede in Dio o l'avere fiducia nel Caso, giacché in tutte e due le manifestazioni non conta se Dio o il Caso esistano (o se la ragazza ci ami per davvero!), ma che l'individuo consegna tutto se stesso a Dio o al Caso, fiduciosamente (alla ragazza un po' meno   ;D !!)
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

**  scritto da Jacopus:
CitazionePerò credere in un Dio onnipotente, vendicativo e geloso, che comunque ci preserva dallo sbagliare perché basta credere in lui è un presupposto per operare azioni "avventate".
Credere in una divinità vendicativa e gelosa è ben differente dall'avere fiducia nel Dio dell'amore. Le azioni restano sempre avventate in entrambi i casi, ma nel secondo la volontà di potenza non è dell'uomo (come nel primo caso), ma dello Spirito Santo.


CitazioneInsomma nei tanti discorsi di questo topic rieccheggia quello che diceva Manzoni nei Promessi Sposi che "a far troppo bene a volte si rischia di far del male".
Ecco perché si necessita l'esempio vivente del giusto mezzo tra due estremi (cit. Aristotele), il guru, il santone, il Maestro. Da solo l'uomo può solo avere fiducia in se stesso, diventando il dio di se stesso, forse, facendo proprio il proposito e il fondamento del male.
Ma per uguale probabilità potrei anche essere in equivoco.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Phil

Citazione di: Duc in altum! il 31 Maggio 2016, 12:54:53 PMQuesto concetto sarebbe giusto e valido se non si dovesse sostituire, inevitabilmente, quel Dio non esistente, con ciò che la fiducia ci suggerisce sia stata la causa della nascita della vita terrestre [...] il problema sorge quando per dimostrare, di conseguenza, che sia stato qualcos'altro, differente da una Mente Onnipotente, a generare il Tutto, manca lo stesso la prova empirica [...] la probabilità che la fede in Dio sia giusta e vera, la conferisce proprio la fiducia umana (per ragionamento, ma come la fede, senza riscontro oggettivo) nelle alternative ad Esso, inconsistenti e fantasiose 
Non c'è inevitabile necessità di rispondere per forza (o per dogma) a tutte le domande ponibili (limiti dell'universo, post-mortem, uovo o gallina, etc.); è lecito cercare una risposta, così come è lecito riconoscere l'impossibilità di rispondere: si può ammettere serenamente di non poter sapere tutto, senza per questo dover credere per fede a qualcosa che possa fungere da risposta... talvolta, la risposta più sincera è anche la più scomoda: "non lo so e, probabilmente, non lo potrò sapere" (personalmente, la tollero piuttosto bene  :) ).

Citazione di: Duc in altum! il 31 Maggio 2016, 12:54:53 PM Ma scusa Phil, quando una ragazza ti dice ti amo, tu hai fiducia o fede in quel sentimento non comprovato?!?!
Fiducia, non fede: quella sua dichiarazione sarà sicuramente inserita in un contesto, in cui cercherò gli elementi per ragionare e decidere se fidarmi o meno (il modo in cui lo dice, i nostri incontri precedenti, la possibilità di un non-detto implicito, etc.).

P.s. Ovviamente non sto cercando di "venderti" la mia distinzione fra "fede" e "fiducia", se per te è solo un sofisma, non ci sono problemi!

Duc in altum!

**  scritto da Phil:
CitazioneNon c'è inevitabile necessità di rispondere per forza (o per dogma) a tutte le domande ponibili (limiti dell'universo, post-mortem, uovo o gallina, etc.); è lecito cercare una risposta, così come è lecito riconoscere l'impossibilità di rispondere: si può ammettere serenamente di non poter sapere tutto, senza per questo dover credere per fede a qualcosa che possa fungere da risposta... talvolta, la risposta più sincera è anche la più scomoda: "non lo so e, probabilmente, non lo potrò sapere" (personalmente, la tollero piuttosto bene   ).
Questo potrebbe anche essere una buona motivazione se la risposta da dare fosse solo in chiacchiere, ma, purtroppo o grazie a Dio, c'è l'inevitabilità della risposta data e confermata (certo per il momento, poi domani si potrà anche cambiare opinione e quindi gesta) dalle nostre azioni, dalle nostre opere: operari sequitur esse.

Innanzi alle tematiche socio-morali o etico-politiche, non si può rispondere non lo so e non lo potrò sapere, perché quella nostra risposta, nei fatti, diviene o indifferenza, verso chi potrebbe subire una discriminazione, o complicità, nei confronti di un'apparente perbenismo maggioritario disonesto.
Non lo so equivale a porre il gettone della fede/fiducia (le due facce) sullo 0, né pari né dispari, ma sempre un numero su cui scommettere senza nessuna ragione certa.


Citazione.s. Ovviamente non sto cercando di "venderti" la mia distinzione fra "fede" e "fiducia", se per te è solo un sofisma, non ci sono problemi!

Sinceramente non mi permetto di pensare che sia un sofisma, è soltanto convenienza ...ma questo è un/il tuo problema, e nessuno può rispondergli se non tu.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

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