coscienza: cos'è ?

Aperto da enrico 200, 29 Dicembre 2018, 19:23:08 PM

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viator

Salve Everlost. Citandoti : "Ma come dicono alcuni di voi, esiste una gradazione di facoltà negli esseri viventi, legata come si pensa a un maggiore o minore sviluppo neuronale, oppure a qualche fattore che per ora ci è ignoto."

Infatti. Quasi tutti trascurano questo aspetto nel valutare la struttura della vita.
No confini tra i suoi contenuti, le definizioni tenetevele pure per voi umani che tanto, a me Natura, mi fate tanto ridere nella vostra rozzezza, ignoranza, supponenza, attaccamento alla vostra autosupposta superiorità !.
Tutti presi come bambini a dirsi "io ce l'ho" "lui non ce l'ha" "ma ti sembra possibile che quello là ce l'abbia ?" "la mia è più lunga" "non è vero, la mia è più lunga della tua" e via dicendo.

Brava e saggia. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

everlost

Grazie, Viator,
le tue parole mi confortano molto.  :)
Saluti anche a te.

sgiombo

Citazione di: viator il 07 Gennaio 2019, 21:36:54 PM
Salve Everlost. Citandoti : "Ma come dicono alcuni di voi, esiste una gradazione di facoltà negli esseri viventi, legata come si pensa a un maggiore o minore sviluppo neuronale, oppure a qualche fattore che per ora ci è ignoto."

Infatti. Quasi tutti trascurano questo aspetto nel valutare la struttura della vita.
No confini tra i suoi contenuti, le definizioni tenetevele pure per voi umani che tanto, a me Natura, mi fate tanto ridere nella vostra rozzezza, ignoranza, supponenza, attaccamento alla vostra autosupposta superiorità !.
Tutti presi come bambini a dirsi "io ce l'ho" "lui non ce l'ha" "ma ti sembra possibile che quello là ce l'abbia ?" "la mia è più lunga" "non è vero, la mia è più lunga della tua" e via dicendo.

Brava e saggia. Saluti.


Purtroppo, almeno per chi fra noi ama conoscere se stesso e il mondo in cui vive, é necessario distinguere, non si può fare di tutte le erbe un fascio, non ci si può accontentare di brancolare nel buio dell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere".

Il che non implica affatto (non necessariamente, anche se ovviamente non lo esclude) un atteggiamento di presuntuosa e ridicola pretesa "superiorità" da parte nostra rispetto al resto della natura.

Sariputra

cit. Sgiombo:Però, posto che ciò di cui può esserci certezza immediata é la coscienza immediatamente accadente (esperita da ciascuno, ***se*** ne esistono più di una e ***se*** per ciascuna esiste un rispettivo soggetto, oltre che rispettivi oggetti): il solipsismo non é negabile con certezza, non é superabile razionalmente.
 Tuttavia da quanto sento (o meglio: si sente, impersonalmente) dire dagli altri uomini (che potrebbero in teoria essere meri zombi) potrebbero esistere altre coscienze.
 E inoltre postulare indimostrabilmente l' esistenza anche di soggetti e oggetti in sé mi consente di spiegarmi molte cose (fra cui l' intersoggettività dei fenomeni materiali, senza quale non può darsi conoscenza scientifica, e i rapporti di corrispondenza biunivoca fra determinati processi neurofisiologici cerebrali e gli stati di coscienza, così come rilevati dalle scienze neurologiche).
 A tutto questo credo (non riuscirei a non credere nemmeno se mi ci sforzassi) fideisticamente, infondatamente (senza prove o fondamenti razionali, logici o empirici).

Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 08 Gennaio 2019, 10:36:55 AM


Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao

Il problema, per me, é che esperisco (accade con immediata certezza empirica) unicamente la coscienza mia propria, "di Sgiombo" e, nient' altro.

E da quel che mi dicono il mio ottimo amico Sari e gli altri uomini che in questa unica "mia propria" coscienza mi é dato di sentire, posso credere (senza poterlo provare) che esistono anche altre coscienze singolarmente distinte fra loro.
Un' unica coscienza mia e tua e di tutti gli altri non riesco nemmeno a immaginarla: l' unica che esperisco o vivo comprende il corpo mio e di Sari, ma i (suoi) fenomeni di cui mi parla il Sari (in particolare quelli mentali, non intersoggettivi) sono diversi (altre cose; anche se quelli materiali li posso postulare essere intersoggettivamente corrispondenti - ma non uguali, non "le stesse cose" nemmeno essi- a quelli di "questa mia coscienza").

Ciao Sari!
Grazie di tutto!

Ipazia

Citazione di: Sariputra il 07 Gennaio 2019, 19:33:03 PM
Nonostante io sia per una concezione della coscienza enormemente più vasta di quella che ordinariamente viene ritenuta, come ho già scritto, sono però perplesso quando si 'proiettano' desideri, sensazioni, giudizi ed emozioni umane sul comportamento animale. Così quando un cane resta per qualche tempo in attesa del padrone deceduto si proietta su di lui l'idea che sia consapevole, stia soffrendo e sia triste come lo siamo noi in siffatta condizione. Ma il cane potrebbe star lì semplicemente perchè abituato da sempre a gironzolare attorno al padrone...quindi senza alcuna partecipazione 'emotiva' al fatto...Non possiamo saperlo...

Basta farsi un giretto in rete per trovare qualcuno che queste cose le studia e ne sa più di altri:

Gli animali domestici possono soffrire per un lutto. Ecco cosa c'è da sapere

Anche da un punto di vista meno specialistico chiunque abbia avuto esperienze minimamente empatiche con animali domestici ha sperimentato questo cose di persona. Ricorderò sempre la condivisione del dolore di una pastora tedesca con una mia amica rimasta prematuremente vedova. L'atteggiamento della vedova canina e la sua vicinanza emotiva alla vedova umana, il modo in cui le posava il  muso sulla coscia, il guaito, l'occhio triste, le orecchie basse, il rifiuto del cibo, erano palpabili a chiunque avesse un minimo di coscienza animale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

La parte più arcaica del cervello è quella che abbiamo in comune con i mammiferi superiori, compresi i cani, che regola il desiderio, le emozioni la nostalgia, il dolore, l'affetto. Ciò che noi sappiamo fare meglio degli animali è proprio la parte raziocinante, elaborare il lutto attraverso riti e simboli e percorsi culturali, mantenere l'autocontrollo, tutte funzioni fortemente connesse allo sviluppo esagerato della corteccia prefrontale nella specie homo sapiens.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Lou

Citazione di: sgiombo il 08 Gennaio 2019, 11:30:42 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Gennaio 2019, 10:36:55 AM


Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao

Il problema, per me, é che esperisco (accade con immediata certezza empirica) unicamente la coscienza mia propria, "di Sgiombo" e, nient' altro.

Nell'esperire incontro unicamente me stesso, ritengo che proprio per questo l'io-cosciente è la cosa di coscienza par excellence.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

Citazione di: Lou il 09 Gennaio 2019, 18:33:43 PM
Citazione di: sgiombo il 08 Gennaio 2019, 11:30:42 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Gennaio 2019, 10:36:55 AM


Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao

Il problema, per me, é che esperisco (accade con immediata certezza empirica) unicamente la coscienza mia propria, "di Sgiombo" e, nient' altro.

Nell'esperire incontro unicamente me stesso, ritengo che proprio per questo l'io-cosciente è la cosa di coscienza par excellence.

Salve!

Per me é un po' diverso.
La mia propria coscienza empirica é ciò di cui sono immediatamente certo oltre ogni dubbio.
Però credo, sebbene invece questo non lo possa empiricamente rilevare nè dimostrare con certezza assoluta, che esistano anche altre esperienze coscienti, umane e animali.
E credo che per giungere all' autocoscienza, cioé alla coscienza in particolare di me stesso come soggetto-oggetto di coscienza (oltre che di ogni sensazione che vi accade) devo innanzitutto credere che esistano anche altre coscienze oltre a "questa mia propria", in modo che esse prossano reciprocamente essere distinte le une dall' altra.

davintro

ammettere un salto qualitativo dato dalla presenza della coscienza tra le forme di vita in cui essa è presente e quelle in cui è assente, fintanto che si intende la coscienza nella sua essenzialità, coscienza in generale, senza riferirla alle specifiche forme in cui si realizza in una determinata specie vivente come l'uomo, cioè come coscienza umana, non comporta alcun pregiudiziale antropocentrismo. Questo grazie alla distinzione, a cui avevo fatto cenno nel mio messaggio di prima, tra piano empirico in cui si cerca di collocare una specie animale nelle varie categorie osservando il loro comportamento, e piano essenzialistico in cui si cerca di individuare le implicazioni logicamente necessarie per ogni singola categoria. Grazie a questa distinzione nulla impedisce aprioristicamente di poter modificare la classificazione di ogni singola specie o individuo animale, nel caso vengano scoperti nuovi elementi. Tutto sta nel non pretendere di sovrapporre in modo necessario il salto qualitativo tra concetti originari e logicamente "primitivi" o "semplici" come "vita cosciente" e" vista sensitiva", e il salto, eventuale, tra categorie indicanti realtà composte  come "essere umano" o "essere animale", senza escludere che una di quelle "semplici" possa essere compresa tra gli elementi con cui definiamo una realtà "composta" nella quale inizialmente non si riteneva potesse essere presente. Il problema della distinzione qualitativa tra vita cosciente e vita sensitiva intesse nella loro essenzialità è insomma altro da quello della distinzione eventuale, empirica tra uomo e altri animali. Questo del resto sarebbe lo stesso errore in cui ricade un certo materialismo, che confondendo l'accezione universale e esaustiva dell'idea di "coscienza" con quella empiricamente determinata come "coscienza umana" (una determinazione nella quale la coscienza è legata a vincoli di dipendenza con il corpo e la sensibilità) pretende di dedurre l'impossibilità di una vita cosciente puramente spirituale in una dimensione sovrumana e sovramondana, prendendo un aspetto accidentale del concetto di coscienza (la situazione storica in cui si dà come coscienza umana) e trattandolo come fosse un dato essenziale.

Ipazia

Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2019, 23:33:31 PM
ammettere un salto qualitativo dato dalla presenza della coscienza tra le forme di vita in cui essa è presente e quelle in cui è assente, fintanto che si intende la coscienza nella sua essenzialità, coscienza in generale, senza riferirla alle specifiche forme in cui si realizza in una determinata specie vivente come l'uomo, cioè come coscienza umana, non comporta alcun pregiudiziale antropocentrismo. Questo grazie alla distinzione, a cui avevo fatto cenno nel mio messaggio di prima, tra piano empirico in cui si cerca di collocare una specie animale nelle varie categorie osservando il loro comportamento, e piano essenzialistico in cui si cerca di individuare le implicazioni logicamente necessarie per ogni singola categoria. Grazie a questa distinzione nulla impedisce aprioristicamente di poter modificare la classificazione di ogni singola specie o individuo animale, nel caso vengano scoperti nuovi elementi. Tutto sta nel non pretendere di sovrapporre in modo necessario il salto qualitativo tra concetti originari e logicamente "primitivi" o "semplici" come "vita cosciente" e" vista sensitiva", e il salto, eventuale, tra categorie indicanti realtà composte  come "essere umano" o "essere animale", senza escludere che una di quelle "semplici" possa essere compresa tra gli elementi con cui definiamo una realtà "composta" nella quale inizialmente non si riteneva potesse essere presente. Il problema della distinzione qualitativa tra vita cosciente e vita sensitiva intesse nella loro essenzialità è insomma altro da quello della distinzione eventuale, empirica tra uomo e altri animali. Questo del resto sarebbe lo stesso errore in cui ricade un certo materialismo, che confondendo l'accezione universale e esaustiva dell'idea di "coscienza" con quella empiricamente determinata come "coscienza umana" (una determinazione nella quale la coscienza è legata a vincoli di dipendenza con il corpo e la sensibilità) pretende di dedurre l'impossibilità di una vita cosciente puramente spirituale in una dimensione sovrumana e sovramondana, prendendo un aspetto accidentale del concetto di coscienza (la situazione storica in cui si dà come coscienza umana) e trattandolo come fosse un dato essenziale.

1) Donde viene l'essenza, il piano essenziale ?

2) Nessuno nega la superiorità apparente della coscienza umana e tantomeno i suoi afflati sovramondani, ma che ne sappiamo di tutto ciò che non appare alla nostra ignoranza ? Chi ce ne può liberare, comprese le eventuali sorprese, se non il piano empirico della conoscenza ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2019, 23:33:31 PM
Questo del resto sarebbe lo stesso errore in cui ricade un certo materialismo, che confondendo l'accezione universale e esaustiva dell'idea di "coscienza" con quella empiricamente determinata come "coscienza umana" (una determinazione nella quale la coscienza è legata a vincoli di dipendenza con il corpo e la sensibilità) pretende di dedurre l'impossibilità di una vita cosciente puramente spirituale in una dimensione sovrumana e sovramondana, prendendo un aspetto accidentale del concetto di coscienza (la situazione storica in cui si dà come coscienza umana) e trattandolo come fosse un dato essenziale.

Ho tagliato ciò con cui concordo, mentre ritengo errata questa critica di un certo materialismo (pur non essendo monista materialista).

Credo che di fatto nessun materialista si ponga il problema astratto (privo di interesse se non puramente logico - speculativo anche per me) se, oltre a quella empiricamente determinata (e soprattutto rilevata) come "coscienza umana" ne potrebbero, in linea teorica esistere altre "disincarnate" a noi inaccessibili.

Dando briglia sciolta alla fantasia si possono immaginare le cose più disparate purché non autocontraddittorie, dagli ippogrifi e altre chimere mitologiche a Superman o Biancaneve e i sette nanai in qualche pianeta di qualche remota galassia, alla teiera interplanetaria di Russell, e chi più ne ha più ne metta).

Ma credo che giustamente i materialisti (salvo casi eccezionali) non si pongano nemmeno questi problemi che possono ben denominarsi "astrusi", e si limitino a cercare di conoscere la realtà effettivamente disponibile alla nostra osservazione (errando a parer mio, a seconda dei diversi casi, nel pretendere di eliminare da ciò che è reale la mente cosciente, oppure nell' identificarla col cervello, o ridurla al cervello, o farvela sopravvenire, o farvela emergere).

davintro

per Ipazia

per essenza intendo l'idea di qualcosa che risponde alla domanda sul suo senso, sul "cosa è", sul "quid", che resta tale indipendentemente dalle circostanze empiriche in cui si fa esistente, Il piano dell'essenza è inattingibile per ogni ricerca empirica, che delimiterebbe i suoi risultati all'interno della particolarità della situazione in cui la ricerca è stata effettuata, può essere raggiunto solo quando al corso naturale della nostra esperienza della cosa si attua un setaccio critico che spogli il vissuto dagli elementi dubitabili, accidentali, per far emergere la struttura della cosa che la caratterizza in ogni possibile contesto in cui si dà, e questo coglimento della struttura universale è ciò che poi consente le definizioni delle cose, che per l'appunto colgono le cose nel complesso di ogni loro possibile determinazione storica: se non avessimo in un certo modo un intuizione dell'essenza del rosso, non potremmo nemmeno concepirne la definizione, la parola segnica "rosso", che per l'appunto vale per tutti i "rossi" possibili. Nel caso qua in questione, la coscienza, direi che l'atteggiamento empirico, inadeguato a coglierne l'essenza, sarebbe quello di chi ritiene di poterla trattare e concepirne le varie implicazioni e caratteristiche partendo dall'osservazione delle determinate forme di vita in cui riteniamo sia presente, ad esempio l'essere umano, caratteristiche effettivamente presenti nella singola forma di vita che osserviamo, ma che non è detto debba necessariamente accompagnare la coscienza, in ogni possibile circostanza in cui essa si dà, mentre l'atteggiamento davvero adeguato a coglierne l'essenza sarebbe quello rigorosamente analitico, nel quale l'intuizione della coscienza viene il possibile isolata dal complesso di elementi all'interno del quale si rende presente, per poterla pensare nel suo livello di indipendenza rispetto a tutto ciò che è altro da se stessa, allo stesso modo per il quale quando si desidera, ascoltando un'orchestra, focalizzare l'attenzione sul suono di un singolo strumento, lo "isoliamo" mentalmente dal resto dei suoni, mettendo tra parentesi (epoche fenomenologica) i suoni di tutti gli altri strumenti, far finta che non esistano: quanto più riusciamo a farlo tanto più avremmo colto l'essenza del singolo suono che ci interessa, che poi resterebbe lo stesso in ogni altro tipo di contesto in cui si manifesta e in cui poi dunque potremmo sempre riconoscerlo.

Non ho mai voluto qua parlare di "superiorità" o "inferiorità", essendo categorie valoriali, per cercare di attenermi a un piano puramente descrittivo e slegato da giudizi morali.


per Sgiombo

Quando parlo di "materialismo" lo concepisco come una posizione metafisica e filosofica (anche se certamente deve negarsi come tale per cercare di mantenersi coerente con la nozione di "scientificità" che  esalta e a cui esplicitamente dice di far riferimento), per la quale tutta la realtà è materia o quantomeno si origina da essa, mentre restando in un puro punto di vista empirico nulla autorizza a legittimare scientificamente tale assunto. Infatti il concetto di "tutto", fuoriesce dai limiti dell'esperienza sensibile, i sensi possono "dirci" (la questione è più complessa, ora semplifico molto per non dilungarmi troppo) che una cosa esiste nel tempo e nello spazio in cui entra in contatto con essi, ma non hanno alcun titolo per assolutizzare come "unica realtà possibile" la realtà a cui essi sono adeguati a rappresentare. Quindi coloro che si limitano, citandoti "a cercare di conoscere la realtà effettivamente disponibile alla nostra osservazione" (qua per osservazione, mi pare che si debba intendere osservazione empirica fondata sull'esperienza sensibile) non li definirei affatto come "materialisti" necessariamente, cioè possono anche esserlo, come non esserlo, ma resterebbe una questione rientrante nell'ambito di cui non si occupano o che non li interessa. Come è ovvio, un conto è negare oggettivamente, in assoluto la sensatezza di ciò che sta al di là di un certo ambito del sapere, un altro la scelta meramente soggettiva e personale di fermare i propri interessi di studio a quel determinato ambito. Un ricercatore naturalista che dedica i propri studi alla realtà della natura fisica senza aver mai voluto formulare una propria opinione riguardo "l'al di là"" di questa realtà, non lo considererei un materialista, ma semplicemente "neutrale" in rapporto alla dimensione della realtà su cui materialismo e spiritualismo confliggono. Se poi considera "astruse" le questioni inerenti a tale dimensione, andrebbe chiarito su che basi esprime tale sentenza. Se la motivazione è il pensiero di una assoluta inesistenza di ciò che va oltre la realtà naturale, il suo oggetto di indagine, allora vuol dire che in realtà la sua è una metafisica inconsapevole: usa la categoria, metafisica e intelligibile di "totalità" che attribuisce alla realtà sensibile oggetto delle sue ricerche, oltre il quale non ci sarebbe nulla, se invece intende "astruse" come qualcosa di troppo complicato o contorto per potersene occupare con successo, allora non si tratta di "materialismo", ma di un riconoscimento dei limiti delle sue capacità conoscitive (limiti riferibili sia a se stesso come singolo o all'umanità in generale...), che si preferisce impiegare su obiettivi ritenuti maggiormente alla portata

Ipazia

Citazione di: davintro il 12 Gennaio 2019, 00:44:02 AM
per Ipazia

per essenza intendo l'idea di qualcosa che risponde alla domanda sul suo senso, sul "cosa è", sul "quid", che resta tale indipendentemente dalle circostanze empiriche in cui si fa esistente, Il piano dell'essenza è inattingibile per ogni ricerca empirica, che delimiterebbe i suoi risultati all'interno della particolarità della situazione in cui la ricerca è stata effettuata, può essere raggiunto solo quando al corso naturale della nostra esperienza della cosa si attua un setaccio critico che spogli il vissuto dagli elementi dubitabili, accidentali, per far emergere la struttura della cosa che la caratterizza in ogni possibile contesto in cui si dà, e questo coglimento della struttura universale è ciò che poi consente le definizioni delle cose, che per l'appunto colgono le cose nel complesso di ogni loro possibile determinazione storica: se non avessimo in un certo modo un intuizione dell'essenza del rosso, non potremmo nemmeno concepirne la definizione, la parola segnica "rosso", che per l'appunto vale per tutti i "rossi" possibili. Nel caso qua in questione, la coscienza, direi che l'atteggiamento empirico, inadeguato a coglierne l'essenza, sarebbe quello di chi ritiene di poterla trattare e concepirne le varie implicazioni e caratteristiche partendo dall'osservazione delle determinate forme di vita in cui riteniamo sia presente, ad esempio l'essere umano, caratteristiche effettivamente presenti nella singola forma di vita che osserviamo, ma che non è detto debba necessariamente accompagnare la coscienza, in ogni possibile circostanza in cui essa si dà, mentre l'atteggiamento davvero adeguato a coglierne l'essenza sarebbe quello rigorosamente analitico, nel quale l'intuizione della coscienza viene il possibile isolata dal complesso di elementi all'interno del quale si rende presente, per poterla pensare nel suo livello di indipendenza rispetto a tutto ciò che è altro da se stessa, allo stesso modo per il quale quando si desidera, ascoltando un'orchestra, focalizzare l'attenzione sul suono di un singolo strumento, lo "isoliamo" mentalmente dal resto dei suoni, mettendo tra parentesi (epoche fenomenologica) i suoni di tutti gli altri strumenti, far finta che non esistano: quanto più riusciamo a farlo tanto più avremmo colto l'essenza del singolo suono che ci interessa, che poi resterebbe lo stesso in ogni altro tipo di contesto in cui si manifesta e in cui poi dunque potremmo sempre riconoscerlo.

Non ho mai voluto qua parlare di "superiorità" o "inferiorità", essendo categorie valoriali, per cercare di attenermi a un piano puramente descrittivo e slegato da giudizi morali.

D'accordo sull'essenza. Corrisponde all'idea originaria degli universali di Platone ed è un concetto assai utile per sistematizzare la realtà. L'essenza di una cosa è quel concetto che quando io lo dico tutti capiscono di cosa si tratta. Se dico cane, si capisce cane, tanto nella sostanza empirica che nel concetto semantico che l'ha generalizzata. Ma "coscienza" è un tantino più difficile ridurla ad un universale condiviso. Probabilmente anche "empirico" non è un universale condiviso, visto che per alcuni non vi è possibilità di conoscenza che ne possa prescindere, mentre altri rimandano a forme di sapere indipendenti dall'esperienza empirica. Si potrebbe lasciare un bambino in balia della foresta e vedere, se sopravvive, che coscienza ha sviluppato. Ma a parte la scarsa eticità dell'esperimento, vi è il problema che esso sarebbe del tutto empirico. Insomma, non vedo una via d'uscita logica tra chi ritiene la coscienza un elaboratissimo, perfino trascendentale, prodotto dell'esperienza immanente di organismi biologici - analizzabile nelle sue più recondite sfumature e specificità con unico limite l'intelligenza umana - e chi vi vede il segno di una trascendenza sovrannaturale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

#44
Citazione di: davintro il 12 Gennaio 2019, 00:44:02 AM
per Ipazia

per essenza intendo l'idea di qualcosa che risponde alla domanda sul suo senso, sul "cosa è", sul "quid", che resta tale indipendentemente dalle circostanze empiriche in cui si fa esistente, Il piano dell'essenza è inattingibile per ogni ricerca empirica, che delimiterebbe i suoi risultati all'interno della particolarità della situazione in cui la ricerca è stata effettuata, può essere raggiunto solo quando al corso naturale della nostra esperienza della cosa si attua un setaccio critico che spogli il vissuto dagli elementi dubitabili, accidentali, per far emergere la struttura della cosa che la caratterizza in ogni possibile contesto in cui si dà, e questo coglimento della struttura universale è ciò che poi consente le definizioni delle cose, che per l'appunto colgono le cose nel complesso di ogni loro possibile determinazione storica: se non avessimo in un certo modo un intuizione dell'essenza del rosso, non potremmo nemmeno concepirne la definizione, la parola segnica "rosso", che per l'appunto vale per tutti i "rossi" possibili.
Citazione
Secondo me si tratta semplicemente di un processo (razionale) di astrazione di aspetti generali dai particolari concreti empiricamente "colti" (sentiti).





per Sgiombo

Quando parlo di "materialismo" lo concepisco come una posizione metafisica e filosofica (anche se certamente deve negarsi come tale per cercare di mantenersi coerente con la nozione di "scientificità" che  esalta e a cui esplicitamente dice di far riferimento), per la quale tutta la realtà è materia o quantomeno si origina da essa, mentre restando in un puro punto di vista empirico nulla autorizza a legittimare scientificamente tale assunto.
Infatti il concetto di "tutto", fuoriesce dai limiti dell'esperienza sensibile, i sensi possono "dirci" (la questione è più complessa, ora semplifico molto per non dilungarmi troppo) che una cosa esiste nel tempo e nello spazio in cui entra in contatto con essi, ma non hanno alcun titolo per assolutizzare come "unica realtà possibile" la realtà a cui essi sono adeguati a rappresentare. Quindi coloro che si limitano, citandoti "a cercare di conoscere la realtà effettivamente disponibile alla nostra osservazione" (qua per osservazione, mi pare che si debba intendere osservazione empirica fondata sull'esperienza sensibile) non li definirei affatto come "materialisti" necessariamente, cioè possono anche esserlo, come non esserlo, ma resterebbe una questione rientrante nell'ambito di cui non si occupano o che non li interessa.
Citazione
Certo il materialismo é una posizione filosofica.

Ed é propria di fatto di molti scienziati (ma molti sono anche teisti, deisti, panteisti, indulgenti alla magia e ad altri irrazionalismi anche più penosi, come ben si può vedere scorrendo il quasi secolare dibattito sulla meccanica quantistica o certe interpretazioni della relatività, come quelle implicanti la pretesa possibilità di viaggi nel tempo).

Ma quando si fa scienza, indipendentemente dalle concezioni filosofiche che si hanno (che vanno per così dire "messe tra parentesi", non prese in considerazione onde evitare di cadere in esiziali pregiudizi), é necessario assumere un' atteggiamento epistemologico "materialistico" dal momento che ha senso cercare di conoscere scientificamente il mondo materiale - naturale (che, credo concordemente a te, sono convinto non esaurisca la realtà in toto, l' "ontologia") solo alla condizione della sua "chiusura causale".

Per così dire, il fare ricerca scientifica "non autorizza" ad ammettere la possibilità di interferenze non materiali - naturali (per esempio da parte del pensiero cosciente; per non parlare di "miracoli",  più o meno provvidenziali interventi divini, ecc.) sul mondo fisico materiale, che ne esistano realmente o meno (intendo dire: di entità extranaturali, non di interferenze causali fra esse e la natura, che credendo nella verità della conoscenza scientifica e non volendomi contraddire, non posso ammettere).





Come è ovvio, un conto è negare oggettivamente, in assoluto la sensatezza di ciò che sta al di là di un certo ambito del sapere, un altro la scelta meramente soggettiva e personale di fermare i propri interessi di studio a quel determinato ambito. Un ricercatore naturalista che dedica i propri studi alla realtà della natura fisica senza aver mai voluto formulare una propria opinione riguardo "l'al di là"" di questa realtà, non lo considererei un materialista, ma semplicemente "neutrale" in rapporto alla dimensione della realtà su cui materialismo e spiritualismo confliggono. Se poi considera "astruse" le questioni inerenti a tale dimensione, andrebbe chiarito su che basi esprime tale sentenza. Se la motivazione è il pensiero di una assoluta inesistenza di ciò che va oltre la realtà naturale, il suo oggetto di indagine, allora vuol dire che in realtà la sua è una metafisica inconsapevole: usa la categoria, metafisica e intelligibile di "totalità" che attribuisce alla realtà sensibile oggetto delle sue ricerche, oltre il quale non ci sarebbe nulla, se invece intende "astruse" come qualcosa di troppo complicato o contorto per potersene occupare con successo, allora non si tratta di "materialismo", ma di un riconoscimento dei limiti delle sue capacità conoscitive (limiti riferibili sia a se stesso come singolo o all'umanità in generale...), che si preferisce impiegare su obiettivi ritenuti maggiormente alla portata
Citazione
Secondo me non si tratta solo di una scelta soggettiva, arbitraria, di gusto.
O per lo meno non necessariamente.
Si può giungere a credere in un' ontologia materialistica (secondo me, e mi pare evidente anche te, errando) anche in seguito a ragionamenti e ricerche filosofiche più o meno profonde e impegnative.
Ma indipendentemente dalle proprie convinzioni ontologiche (se se ne ha; perché esistono anche non pochi scienziati positivisti e scientisti che non ne hanno punto e non sentono il bisogno di cercarne: peggio per loro! Non sanno cosa si perdono!), se si fa ricerca scientifica si deve fare "come se" si fosse materialisti, prescindendo da qualsiasi considerazione riguardante la parte non materiale, mentale della realtà.
A meno che non si faccia ricerca neurofisiologica, che si interessa anche e oggi soprattutto delle correlazioni (e non: le identità!) fra fisiologia della materia cerebrale e coscienza; ma allora si dovrebbe essere consapevoli (ma accade di fatto molto di rado!) di questa non-identità e della non interferenza causale fra i due ordini di fenomeni considerati.

Trovo decisamente "astrusa" (senza intenti denigratori) l' ipotesi dell' esistenza di esperienze coscienti "disincarnate", non correlate a sistemi nervosi e a determinati processi neurofisiologici nei loro ambiti, (come quelle degli "angeli" o "puri spiriti" delle principali religioni) per il semplice fatto che sono ipotesi del tutto inverificabili, come ad esempio quelle dagli ippogrifi e altre chimere mitologiche, di Superman o Biancaneve e i sette nani in qualche pianeta di qualche remota galassia, della teiera interplanetaria di Russell, e chi più ne ha più ne metta.

Non certo, come dimostrano i miei reiterati scontri polemici, spesso piuttosto vivaci, con Ipazia, Phil e altri amici, la questione ontologica generale (per me implicante non poche entità-eventi reali che vanno oltre la realtà naturale), lo studio dei rapporti mente - cervello- e tante altre questioni filosofiche.

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