Cosa è meglio per la vita? Perdono o cambiamento? Fede, cultura e filosofia.

Aperto da PhyroSphera, 04 Aprile 2024, 11:58:02 AM

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PhyroSphera

Andare, col perdono, oltre la perdonabilità: una falsa impossibilità, o una falsa possibilità?
Si veda il contenuto del seguente link:
https://www.avvenire.it/agora/pagine/derrida-e-i-monoteismi-alle-prese-col-perdono

Quando incontrai la tesi di Derrida sul perdono, presentata maldestramente da un relatore durante un incontro culturale, la scambiai sulle prime per la denuncia di una richiesta di troppo. Mi resi poi conto che Derrida indicava il potere creativo dell'amore, apparentemente con irresistibile forza intellettuale e secondo un'etica incontrovertibile. Eppure le cose sono più complicate di quanto sembri. Non tanto e non solo perché il non-perdono non è di per sé una vendetta, ma perché questa categoria, il perdonare, per quanto bella e meravigliosa da pensare ed applicare, non è tutto nella logica della vita e di Dio a fronte della negatività dell'esistenza.
Dimostrerò la cosa, prima con un excursus esplicativo, quindi con una brevissima dimostrazione.

Che valore dare al perdono che tutte le grandi religioni monoteiste affermano con più o meno forza, e che la maggioranza dei teologi cristiani ascrivono soprattutto alla dottrina cristiana?
Molti sono convinti che l'ebraismo sia un movimento religioso votato alla vendetta, pensando che l'uso rigoroso ed esclusivo dei Dieci Comandamenti sia una prerogativa dei cristiani, invece questa era già degli stessi ebrei. Analogamente, sono in tanti a pensare che i musulmani pratichino talvolta la vendetta come regola, specialmente nelle sue forme estreme sconfinanti nella faida; in realtà le rappresaglie violente sono nell'Islam soltanto tollerate per essere moderate. In questo la Torah e il Corano non differiscono: nella prima il potere di moderazione, sotto opposta apparenza, è di Dio; nel secondo, pur senza apparire come tale, esso è della comunità. In entrambi i casi i valori fondanti sono altri, deducibili da elementi piuttosto semplici: generosità verso gli stranieri cioè gli altri; la elemosina, ovvero l'azione gratuita. In queste due religioni il perdono è descritto secondo questi due elementi: atto di generosità, atto di gratuità.
Nel cristianesimo il perdono ha funzione e prerogativa diversa ma non differente. Questa si può cominciare a comprendere valutando l'apparentemente assurdo invito evangelico ad offrire l'altra guancia a chi ha percosso e vuole ancora colpire. Non si tratta di doversi sottoporre o dover rischiare un'altra percossa, ma di agire secondo un potere diverso, non fondato su una semplice intuizione ma su un evento in cui una particolare fede unisce il credente con il Dio che è amore. Un potere dovuto all'unione umano-divina, che consente di amare il nemico e di perdonarlo illimitatamente. Il perdono cristiano è un atto di potere e amore, la carità.
C'è da chiedersi però se, anche nel caso del cristianesimo, si debba tributare al perdono assoluta centralità e necessità. Per quanto Dio in tutti e tre i casi conferisca delle facoltà particolari, restano le situazioni umane confinate, anche nel caso della unione teandrica (uomo-Dio). Accanto al perdono, queste religioni annoverano una azione parallela, la possibilità ultima di un cambiamento. Nell'ebraismo è rappresentata dalla partenza, l'esodo o l'esilio, diversamente che una vera sconfitta; nell'Islam dallo sforzo, contrasto ("Jihad"), che non va confuso con la reazione violenta; nel cristianesimo da una rivelazione definitiva, la 'Apocalisse', che non va identificata in una catastrofe.

Il filosofo che si accinge a dire di perdono e di religioni e fedi monoteiste, che invita a 'perdonare oltre la perdonabilità', ha preso davvero in seria considerazione il patrimonio dottrinario di esse? La sua filosofia ha saputo riconoscere di tali dottrine il valore di premesse culturali e spirituali, al di là delle convenzioni distrattamente o ingenuamente diffuse? Se egli parte da una di queste premesse, ha voluto chiarirne tutti i significati o i significati? Se invece ne prescinde, ha coscienza di interagire con un mondo diverso, che è estraneo a una semplice indagine filosofica?
Lo sterminio nazista consente all'ebreo la possibilità di essere generoso coi suoi oppressori, o gli pone innanzi la necessità di abbandonarli? Analogamente, la catastrofe ecologica attuale pone il cristiano in grado di fare un gesto risolutivo di carità per i suoi autori, o gli impone solamente una nuova consapevolezza per un radicale mutamento delle condizioni? E il musulmano potrebbe reagire allo stesso evento con un atto di generoso convincimento e inibizione, o non avrebbe soltanto da impegnarsi in contrarietà?


Mauro Pastore


Duc in altum!

Citazione di: PhyroSphera il 04 Aprile 2024, 11:58:02 AMil perdonare, per quanto bella e meravigliosa da pensare ed applicare, non è tutto nella logica della vita e di Dio a fronte della negatività dell'esistenza.
Infatti, l'atto logico principale è "amare così come ha deciso Lui", da cui ne consegue - anche - il perdonare.

Inoltre, nel cristianesimo - se può servire a qualcuno - non si perdona per carità, gratuità o generosità, ma perché si è consapevoli che prima si è stati perdonati... 

"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

PhyroSphera

Citazione di: Duc in altum! il 05 Aprile 2024, 10:10:36 AMInfatti, l'atto logico principale è "amare così come ha deciso Lui", da cui ne consegue - anche - il perdonare.

Inoltre, nel cristianesimo - se può servire a qualcuno - non si perdona per carità, gratuità o generosità, ma perché si è consapevoli che prima si è stati perdonati...


Non è un vero perché, quello che dici tu. La motivazione del perdono cristiano non sta nell'averlo ricevuto. Non c'è una logica di scambio — pur essendo presente anche lo scambio.

Mauro Pastore 

bobmax

La religione, per il filosofo, è da un lato fonte di ispirazione e dall'altro è una sfida problematica.
Perché nella ricerca della Verità, la religione non può essere declassata a banale credulità, in quanto la questione, a cui pretende di dare una risposta, interroga pure il filosofo.

La filosofia non è in grado di accettare la "verità" dogmatica religiosa, perché ciò comporterebbe il tradimento dello proprio stesso essere filosofia.
Ma allo stesso tempo, la filosofia non può nemmeno non interrogarsi su cosa vi sia di "vero" nella spiritualità religiosa.

Perché mai si dovrebbe perdonare?
Cosa vi è di vero in questo invito della religione?
Cosa sa la spiritualità che il pensiero razionale non riesce a comprendere?

Secondo me, il filosofo è costretto a inoltrarsi, con la ragione, nelle profondità che motivano la fede.
Magari seguendo chi lo ha preceduto in questa ricerca, come per esempio la mistica.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Duc in altum!

Citazione di: PhyroSphera il 06 Aprile 2024, 10:02:58 AMNon è un vero perché, quello che dici tu. La motivazione del perdono cristiano non sta nell'averlo ricevuto. Non c'è una logica di scambio — pur essendo presente anche lo scambio.
Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori... il resto lascia il tempo che trova!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

bobmax

Seguendo la mistica, che è pensiero filosofico per eccellenza, si può constatare come le parole di Gesù siano in effetti filosofiche.
Nel senso che sono squisitamente spirituali, cioè a-religiose.

La religione cristiana verrà dopo, perdendo l'afflato filosofico e cadendo nel dogma.

La mistica non è perciò che il tentativo di tornare alle origini, cioè al pensiero filosofico di Gesù.

Perché l'invito di Gesù a perdonare, non segue una logica di scambio.
Bensì di amore!

E l'amore non segue alcuna logica.
Non calcola, non scambia, prescinde da tutto.

È la manifestazione dell'Uno in terra.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Duc in altum!

Citazione di: bobmax il 06 Aprile 2024, 16:14:40 PMPerché l'invito di Gesù a perdonare, non segue una logica di scambio.
Bensì di amore!
Esatto, ma bisogna accogliere questo "amore" ed elargirlo così come ci è stato donato - ossia gratuitamente.

Questo è l'invito a perdonare di Gesù: non si perdona perché si è bravi, buoni e caritatevoli, ma, bensì, perché si accoglie quella giusta misericordia (la Grazia) che ci ha perdonati (salvati) ...oppure si può benissimo seguire la propria logica-filosofica.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

PhyroSphera

Citazione di: bobmax il 06 Aprile 2024, 14:32:06 PMLa religione, per il filosofo, è da un lato fonte di ispirazione e dall'altro è una sfida problematica.
Perché nella ricerca della Verità, la religione non può essere declassata a banale credulità, in quanto la questione, a cui pretende di dare una risposta, interroga pure il filosofo.

La filosofia non è in grado di accettare la "verità" dogmatica religiosa, perché ciò comporterebbe il tradimento dello proprio stesso essere filosofia.
Ma allo stesso tempo, la filosofia non può nemmeno non interrogarsi su cosa vi sia di "vero" nella spiritualità religiosa.

Perché mai si dovrebbe perdonare?
Cosa vi è di vero in questo invito della religione?
Cosa sa la spiritualità che il pensiero razionale non riesce a comprendere?

Secondo me, il filosofo è costretto a inoltrarsi, con la ragione, nelle profondità che motivano la fede.
Magari seguendo chi lo ha preceduto in questa ricerca, come per esempio la mistica.
Non ci sono solo i rapporti conflittuali o dialettici tra filosofia e religione, non sempre il dogma è un ostacolo per il filosofo e non sempre la filosofia è incapace di farsi una ragione delle dottrine religiose. Esistono la filosofia mistica e quella religiosa, la religione e la religiosità filosofiche.
Il dissidio tra religione e filosofia cominciò con Marx e il marxismo, ma già prima non sempre la convivenza era facile. Il dubbio iperbolico illustrato da Cartesio non era e non è da tutti facilmente conciliabile con tutte le religiosità e religioni.

Mauro Pastore 

PhyroSphera

Citazione di: bobmax il 06 Aprile 2024, 16:14:40 PMSeguendo la mistica, che è pensiero filosofico per eccellenza, si può constatare come le parole di Gesù siano in effetti filosofiche.
Nel senso che sono squisitamente spirituali, cioè a-religiose.

La religione cristiana verrà dopo, perdendo l'afflato filosofico e cadendo nel dogma.

La mistica non è perciò che il tentativo di tornare alle origini, cioè al pensiero filosofico di Gesù.

Perché l'invito di Gesù a perdonare, non segue una logica di scambio.
Bensì di amore!

E l'amore non segue alcuna logica.
Non calcola, non scambia, prescinde da tutto.

È la manifestazione dell'Uno in terra.
Secondo uno studio, Gesù aveva conosciuto e praticato la filosofia cinica o semplicemente il pensiero cinico. Io, che ipotizzavo lo stoicismo, mi trovai a capire meglio con l'aiuto di questa tesi la sua vicenda biografica e in particolare il suo martirio. Ma il ruolo di Gesù di Nazareth per il cristianesimo non comprendeva tutta la sua vita e il cristianesimo non è iniziato come religione filosofica anzi in verità non è una religione definibile filosofica. Non bisogna confondersi col buddhismo. Neppure però ne è aliena anzi è aperta alla possibilità filosofica come tutte le religioni universali.

Mauro Pastore 

PhyroSphera

Citazione di: Duc in altum! il 07 Aprile 2024, 00:45:54 AMEsatto, ma bisogna accogliere questo "amore" ed elargirlo così come ci è stato donato - ossia gratuitamente.

Questo è l'invito a perdonare di Gesù: non si perdona perché si è bravi, buoni e caritatevoli, ma, bensì, perché si accoglie quella giusta misericordia (la Grazia) che ci ha perdonati (salvati) ...oppure si può benissimo seguire la propria logica-filosofica.

Ci sono quelli che accolgono il perdono senza darlo a loro volta.

Mauro Pastore 

Duc in altum!

Citazione di: PhyroSphera il 07 Aprile 2024, 08:23:07 AMCi sono quelli che accolgono il perdono senza darlo a loro volta.
...rientrano nell'"oppure" da me segnalato nel #6 commento.

...a libertà, a libertà, pur 'o pappavallo l'adda pruvà...
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

Citazione di: PhyroSphera il 07 Aprile 2024, 08:21:16 AMil cristianesimo non è iniziato come religione filosofica anzi in verità non è una religione definibile filosofica.
Perché? ...questa è la domanda!

1) Perché Gesù è la risposta  finale - materiale e metafisica - all'origine di qualsivoglia filosofia (ossia con l'avvento di Gesù la filosofia è morta).
2) Perché la filosofia non ha mai reso felice nessuno ...e molte meno salvato qualcuno dalla caduca condizione umana.
3) Perché Gesù (l'uomo) è anche il Cristo (Dio).

"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Koba II

Il perdono era importante quando ancora esisteva la comunità. Per la pace della comunità.
Da qualche secolo è un tema secondario.
In fondo se io faccio del male a una persona, che questa mi perdoni o no, non cambia nulla rispetto al cammino di espiazione che mi attende.
Che avvenga tale cammino, e che in questo cammino il mondo che credevo vero si ribalti in quello apparente, e quello apparente in quello vero, come nel Vangelo e come in ogni filosofia non schiacciata sulla legittimazione del presente, è questo ciò che conta.

PhyroSphera

Citazione di: Duc in altum! il 07 Aprile 2024, 09:35:15 AMPerché? ...questa è la domanda!

1) Perché Gesù è la risposta  finale - materiale e metafisica - all'origine di qualsivoglia filosofia (ossia con l'avvento di Gesù la filosofia è morta).
2) Perché la filosofia non ha mai reso felice nessuno ...e molte meno salvato qualcuno dalla caduca condizione umana.
3) Perché Gesù (l'uomo) è anche il Cristo (Dio).


Io non credo alla esclusione della filosofia dall'àmbito religioso e anzi ne constato la possibile convivenza. A parte ribadire questo mi preme correggere il pensiero che hai espresso nel punto 3.
Assolutamente dalla corretta prospettiva cristiana non si tratta di affermare che un uomo o l'uomo è Dio, ma che per "Gesù Cristo" si intende l'evento dell'incontro tra uomo e Dio che, come espresso (tra le altre cose) dai Concili antichi, non è da ritenersi un esser dentro corpo e mente, ma una identità nel senso limitato della uguaglianza. Non differentemente l'esser pervasi dallo Spirito di Dio, dei cristiani. Una volta si usava non tanto raramente la parola "medesimanza", ma il suo significato effettivo di fatto cambia a seconda dei contesti e allora non bisogna fidarsi del suo semplice utilizzo.
Il concetto che tu, assieme a molti altri, esprimi è invece adatto a dire della scintilla umana che è in noi, a prescindere dal suo destino, dalla relazione che noi possiamo avere con essa o dal rapporto che essa avrebbe con noi. Si tratta, te lo dico francamente, di un elemento caratteristico del pensiero pagano che peraltro trasportato nel cristianesimo pone in crisi entrambe le dottrine, avendo per unico possibile sviluppo un ateismo basato su un fraintendimento. È vero pure che tale fraintendimento finisce con l'elevare Gesù di Nazareth e i suoi presunti seguaci a esseri superiori e tutti gli altri ad esseri inferiori: i primi trattati come Dio stesso e pressoché Dio, l'unico invece veramente in tutto eterno, i secondi come materia inerte. La contraddizione è gigantesca ma, riguardo alla prima, va detto che pensare a Dio connotandolo giustamente non è cosa scontata e gli errori sul suo essere sono diversi da quelli sulle cose evidenti; inoltre a volte il credente non sa tradurre la propria fede in pensiero e anzi la doppia con un pensiero non veritiero... E, data l'assurdità della seconda contraddizione, la tendenza dei suoi protagonisti è una continua inconcludenza. Con queste considerazioni, si può valutare il fenomeno del cristianesimo senza disperarsi sulla sua esistenza (ma neppure con troppo ottimismo) e senza sopravvalutare il potere negativo delle sue imitazioni. La religione cristiana a livello di massa è in gran parte contraddistinta non solo da scarsa consapevolezza ma pure da persuasioni sbagliate e per questo è un fenomeno di massa in gran parte confuso e inaffidabile. Altra cosa la sua vera collettività, non direttamente evidente.

Ovviamente non ho scritto solo per te (non solo perché non so se prenderai sul serio questo discorso).


Mauro Pastore

Pensarbene

Io sono umano quindi non mi pongo nessun genere di assoluti.
Ci sono enti, persone e cose che non meritano alcun perdono.
Ce ne sono altri che ne meritano uno condizionato e altri, ma pochi, che lo meritano incondizionatamente.


   

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