COME VA LETTA E CONCEPITA LA PAROLA DI DIO?

Aperto da Mario Barbella, 21 Dicembre 2016, 18:14:49 PM

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Mario Barbella

COME VA LETTA E  CONCEPITA LA PAROLA DI DIO?

Al titolo aggiungeremmo anche: "chi ha scritto la parola di Dio..." dandone particolare rilievo in questa riflessione e facendone, anzi, il tema principale, perché la  Parola  "di Dio", ritenuta già da tempo scritta, continua, invece, ad essere tuttora in lenta elaborazione e ancora sotto scrittura da mani umane ancorché sotto ispirazione più o meno divina; sta proprio in questa ispirazione una delle chiavi importanti da sottolineare, per quanto possibile, in questo non semplice argomento. 
Innanzi tutto diciamo che chi deve "leggere, comprendere e concepire la Parola di Dio " è, come per ogni altra cosa dell'universo, l'"Osservatore", anzi, l'Osservatore universale unico ovvero l'IO cosciente. Per capirci: l'Osservatore non è questo o quel tale, così come è inteso dal senso comune, ma, diciamo, una rappresentazione concettuale di una specie di mente o coscienza media di tutte le menti dell'universo; si può anche dire, per esempio, che il legislatore non è chi materialmente scrive le leggi di uno stato, bensì la rappresentazione di un parlamento che le elabora politicamente; mentre un comune "io", qui scritto in minuscolo, è il funzionario incaricato di redigerle sulla gazzetta ufficiale.
Qui sosterremo che la Parola di Dio è materialmente scritta da mano umana ma, è bene ribadirlo, soprattutto scritta grazie alla fusione complessa di menti, coscienze e delle tante mani umane, il tutto in un flusso super complesso e assolutamente impersonale di idee e di fatti che scorre come un fiume disordinato e turbolento con tutte le relative influenze, anzi, auto-influenze che operano nell'ambito del fluido medesimo ed in funzione delle situazioni ambientali e temporali autodeterminatesi. Questo fluido evidenzia, in qualche modo, la natura nella sua estrema complessità. Il dettagliare analiticamentei questo flusso è reso difficile dalla presenza dell'Osservatore che ne è immerso in tutto e per tutto essendone parte integrante, anzi, auto-integrante. Questo è proprio lo stesso problema che incontrò la fisica quantistica ai primi del '900, con i suoi aspetti apparsi subito strani e contraddittori e, almeno all'inizio, inspiegabilmente legati all'Osservatore che, secondo la posizione di allora, era semplicemente la persona fisica dello sperimentatore, che mai sarebbe stato preso in considerazione come parte integrante del fatto scientifico in sé stesso!
Ma, allora, cosa può fare l'Osservatore per captare ed esporre la parola di Dio barcamenandosi nella turbolenza della storia delle idee, con le connesse esigenze della ragione, per tentare di autodefinire, fidando nell'adattabilità di un linguaggio che fosse accettabilmente concreto, il senso profondo della parola di Dio? E' qui il problema. 
Un'idea di questo problema, cioè la risposta alla domanda "chi ha scritto la parola di Dio", la cerchiamo nel fatto che essa non è semplicemente "stata scritta" ma è da sempre in corso di elaborazione, di critica, di riflessione e, quindi, di scrittura, ad opera non solo di specialisti coscienti di farlo, ma di tutti: credenti, miscredenti, asceti, promotori, avversatori, negazionisti, scettici non importa di quali religioni, quando e se ne avessero una, apatici di qualsiasi ideologia o gruppo che mai penserebbero di essere compartecipi attivi della scrittura sacra. Un esempio concreto di questo "continuare a scrivere la Parola" ce la dà, molto semplicemente, la mera omelia di un sacerdote che, con la sua personale interpretazione di quanto già è scritto e inteso come "Parola di Dio", vi lascia pur sempre una sua traccia, il tempo e la storia fanno il resto.
Concluderemmo, se così ci è lecito dire, che è l'IO, cioè l'Osservatore universale, che, meditando e studiando, seppure nei limiti spesso minimi e controversi delle sue disponibilità intellettuali e materiali ed altro (essendo l'Osservatore una sintesi del mondo di osservatori), contribuisce  a dar senso alla Parola di Dio già scritta o ancora da scrivere. ::)
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

giona2068

Citazione di: Mario Barbella il 21 Dicembre 2016, 18:14:49 PM
COME VA LETTA E  CONCEPITA LA PAROLA DI DIO?

Al titolo aggiungeremmo anche: "chi ha scritto la parola di Dio..." dandone particolare rilievo in questa riflessione e facendone, anzi, il tema principale, perché la  Parola  "di Dio", ritenuta già da tempo scritta, continua, invece, ad essere tuttora in lenta elaborazione e ancora sotto scrittura da mani umane ancorché sotto ispirazione più o meno divina; sta proprio in questa ispirazione una delle chiavi importanti da sottolineare, per quanto possibile, in questo non semplice argomento.
Innanzi tutto diciamo che chi deve "leggere, comprendere e concepire la Parola di Dio " è, come per ogni altra cosa dell'universo, l'"Osservatore", anzi, l'Osservatore universale unico ovvero l'IO cosciente. Per capirci: l'Osservatore non è questo o quel tale, così come è inteso dal senso comune, ma, diciamo, una rappresentazione concettuale di una specie di mente o coscienza media di tutte le menti dell'universo; si può anche dire, per esempio, che il legislatore non è chi materialmente scrive le leggi di uno stato, bensì la rappresentazione di un parlamento che le elabora politicamente; mentre un comune "io", qui scritto in minuscolo, è il funzionario incaricato di redigerle sulla gazzetta ufficiale.
Qui sosterremo che la Parola di Dio è materialmente scritta da mano umana ma, è bene ribadirlo, soprattutto scritta grazie alla fusione complessa di menti, coscienze e delle tante mani umane, il tutto in un flusso super complesso e assolutamente impersonale di idee e di fatti che scorre come un fiume disordinato e turbolento con tutte le relative influenze, anzi, auto-influenze che operano nell'ambito del fluido medesimo ed in funzione delle situazioni ambientali e temporali autodeterminatesi. Questo fluido evidenzia, in qualche modo, la natura nella sua estrema complessità. Il dettagliare analiticamentei questo flusso è reso difficile dalla presenza dell'Osservatore che ne è immerso in tutto e per tutto essendone parte integrante, anzi, auto-integrante. Questo è proprio lo stesso problema che incontrò la fisica quantistica ai primi del '900, con i suoi aspetti apparsi subito strani e contraddittori e, almeno all'inizio, inspiegabilmente legati all'Osservatore che, secondo la posizione di allora, era semplicemente la persona fisica dello sperimentatore, che mai sarebbe stato preso in considerazione come parte integrante del fatto scientifico in sé stesso!
Ma, allora, cosa può fare l'Osservatore per captare ed esporre la parola di Dio barcamenandosi nella turbolenza della storia delle idee, con le connesse esigenze della ragione, per tentare di autodefinire, fidando nell'adattabilità di un linguaggio che fosse accettabilmente concreto, il senso profondo della parola di Dio? E' qui il problema.
Un'idea di questo problema, cioè la risposta alla domanda "chi ha scritto la parola di Dio", la cerchiamo nel fatto che essa non è semplicemente "stata scritta" ma è da sempre in corso di elaborazione, di critica, di riflessione e, quindi, di scrittura, ad opera non solo di specialisti coscienti di farlo, ma di tutti: credenti, miscredenti, asceti, promotori, avversatori, negazionisti, scettici non importa di quali religioni, quando e se ne avessero una, apatici di qualsiasi ideologia o gruppo che mai penserebbero di essere compartecipi attivi della scrittura sacra. Un esempio concreto di questo "continuare a scrivere la Parola" ce la dà, molto semplicemente, la mera omelia di un sacerdote che, con la sua personale interpretazione di quanto già è scritto e inteso come "Parola di Dio", vi lascia pur sempre una sua traccia, il tempo e la storia fanno il resto.
Concluderemmo, se così ci è lecito dire, che è l'IO, cioè l'Osservatore universale, che, meditando e studiando, seppure nei limiti spesso minimi e controversi delle sue disponibilità intellettuali e materiali ed altro (essendo l'Osservatore una sintesi del mondo di osservatori), contribuisce  a dar senso alla Parola di Dio già scritta o ancora da scrivere. ::)

La parola del Signore Dio è la stessa cosa che è incisa nell'anima di ogni essere umano.  All'inizio non fu dato agli uomini nessuna scrittura perché il Signore in persona parlava nel cuore di ogni persona tramite la conoscenza e l'uomo sentiva e comprendeva perché, oltre ad essere in comunione con Lui, era come se leggesse quanto inciso nel suo cuore. Con la caduta le cose cambiarono perché venne meno la comunione dell'uomo con il Signore Dio, ma quelli rimasti puri continuarono come prima della caduta stessa. Premetto che Adamo non era un solo uomo bensì l'intera umanità, idem per Eva. Quelli rimasti puri diventavano profeti per svegliare altri. Arriviamo così a Mosè che, vista la quasi totalità degli uomini non più in comunione con Lui, riceve i comandamenti direttamente dal Signore Dio. Infatti era l'unica via affinché l'uomo stesso camminasse secondo la Sua volontà, ma le cose non andarono come il Signore avrebbe voluto perché gli ebrei dell'esodo costruirono il vitello d'oro prima ancora che Mosè tornasse.   Visto che gli uomini non ascoltavano il Signore mando il Suo Figlio prediletto come estremo tentativo, ma le cose andarono come sappiamo. Ora dobbiamo solo attendere la Parusia. In ogni caso quelli che pensavano di sapere tutto - capeggiati da scribi, farisei e sommi sacerdoti - furono proprio quelli che Lo crocifissero. La ragione è molto semplice. Quando la parola del Signore Dio non viene letta e imparata per ricevere un insegnamento che conduce alla vita - cioè per la nostra salvezza - satana suscita nell'uomo la superbia  motivandola con il far  credere di essere nella luce mentre altri sono nelle tenebre. Il resto consegue. 
Di manomissioni della parola ce ne sono state e ce ne saranno, ma io in verità vi dico che se l'uomo cerca la propria salvezza gli basta conoscere  il primo comandamento il resto lasciamolo agli intellettuali _ sapienti umani - che hanno solo testa e niente cuore. Ergo sono lontanissimi dal Signore Dio.

paul11

#2
Avete già dato delle risposte nei vostri post.
Sono l'ispirazione che viene anche dal cuore, poi viene la conoscenza.
Quando decisi di leggermi seriamente direi studiandola, l'intera Bibbia, ormai parecchi anni fa, ci fu una forma di
apertura in me, il sentire che quelle parole erano ispirate e aprivano all'intuizione su cui poggia la ragione.
Un innamoramento può finire in una semplice infatuazione che svanisce come è venuta.
Invece aprivano un percorso che con parole di Mario B. si potrebbe dire la relazione fra la propri autocoscienza e la coscienza universale che trasporta al Sacro.Se l'albero della conoscenza è conosciuto dal frutto proibito, è celato il segreto dell'albero della vita. Simbolicamente è l'albero sefirotico degli ebrei,così mistico ed esoterico.
Se l'ispirazione passa per la legge del cuore e la parola come conoscenza diventa vita, forse a mio modesto parere, si porta nella propria esistenza almeno una scheggia di verità.

Buon Natale a tutto il forum

Angelo Cannata

Mi sembra che la questione posta da Barbella riguardi il rapporto tra mittente (Dio) e destinatario (quello che Barbella chiama IO) della Parola di Dio. Una volta posta la questione in questi termini, viene fuori che il problema di Barbella risente di una certa disattenzione verso il mittente, come se fosse tutto un problema di cosa deve fare il destinatario. Ma se Dio ha deciso di mandare questa Parola, vuol dire che egli ha ritenuto che tale Parola poteva essere compresa: non possiamo pensare l'abbia fatto per il puro gusto di divertirsi proponendo enigmi difficilissimi.
Ora, se la Parola di Dio, con tutte le difficoltà che pone, è un problema, significa che il suo autore è un problema. Ma è intenzione di Dio essere un problema per noi o creare problemi a noi?
A questo punto la questione mi sembra che diventi questa: cosa fa Dio per non ridursi ad essere per noi nient'altro che un problema, cosa fa affinché la sua Parola non si riduca per noi a nient'altro che un problema? Vogliamo pensare che ha inviato il suo Figlio? Ma non è stato anche questo per noi un problema ulteriore? Vogliamo pensare che il fatto che si tratti di problemi è tutta colpa nostra? Ma in questo caso Dio si confermerebbe ulteriormente essere nient'altro che un problema, cioè nient'altro che uno pronto ad accusarci, a colpevolizzarci tutte le volte che le cose non gli vanno per il verso giusto.
Io, quando non riesco a farmi capire, provo ad ascoltare, in modo da conoscere meglio il mio interlocutore e così adattare meglio il mio linguaggio. Dio ascolta noi come interlocutori? Non sembra proprio.
Alla fine la domanda diventa questa: se Dio non mostra nessuna preoccupazione di ascoltare me o l'IO, visto che abbandona l'IO nelle sue sofferenze più terribili, perché l'IO dovrebbe avere tutto questo scrupolo ad impegnarsi per capire la Parola di questo Dio?
Supponendo che la Parola di un tale Dio contenga ammaestramenti da parte di lui, ne consegue che, se io cercherò di essere un buon discepolo, imparerò le virtù di questo Dio, imparerò a farle mie e a imitarlo. Ora, se tra le virtù più vistose di questo Dio c'è la mancanza di ascolto verso di me, significa che essere discepolo della sua Parola mi indurrà a diventare una persona che non sa ascoltare gli altri, a somiglianza del mio maestro Dio.
In effetti, mi pare che ciò succeda. Cioè, non mi sembra che sia tanto difficile individuare, sia nel presente che nella storia passata, esempi di fedelissimi alla Parola di Dio i quali, quanto più le si ritengono fedeli, tanto meno si dimostrano capaci di ascolto, di sforzarsi di comprendere chi la pensa diversamente da loro.
Inoltre, mi sembra che succeda anche l'opposto: quanto più le persone si ritengono lontane dalla comprensione della Parola di Dio, tanto più sono umili e disposte all'ascolto. Si veda, ad esempio, l'episodio del centurione, che si ritenne talmente lontano, indegno della maestà di Gesù da sconsigliargli di andare a casa sua: "... ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Oppure l'episodio del buon samaritano, portato da Gesù come esempio proprio in quanto straniero, eretico, in contrapposizione al sacerdote e al levita, che si ritenevano invece vicinissimi alla comprensione della Parola di Dio.
Da qui seguirebbe una conseguenza brutta per la Chiesa Cattolica, in quanto essa si ritiene interprete autentica della Parola di Dio perché guidata dallo Spirito Santo; secondo ciò che ho detto prima, ne verrebbe a conseguire che la Chiesa Cattolica sia l'istituzione che più di ogni altra rispecchia la mancanza di ascolto imparata da Dio, modello primario.
Dunque il nocciolo della questione diventa l'ascolto, tra la preoccupazione dell'IO nei confronti della Parola, così come l'ha presentata Barbella, e un girare la questione in direzione opposta, sfidando Dio e i suoi seguaci all'ascolto.
Una cosa curiosa può essere che eventuali risposte accusatorie nei confronti di questo mio post, da parte di fedelissimi alla Parola, non farebbero che confermare come la vicinanza alla Parola di Dio educhi effettivamente alla mancanza di ascolto o addirittura all'accusa, alla colpevolizzazione, che sembra essere un'altra virtù tipica di questo Dio, virtù che egli riesce tutt'oggi a trasmettere ed inculcare agli ascoltatori della sua Parola.

giona2068

Citazione di: Angelo Cannata il 21 Dicembre 2016, 23:56:35 PM
Mi sembra che la questione posta da Barbella riguardi il rapporto tra mittente (Dio) e destinatario (quello che Barbella chiama IO) della Parola di Dio. Una volta posta la questione in questi termini, viene fuori che il problema di Barbella risente di una certa disattenzione verso il mittente, come se fosse tutto un problema di cosa deve fare il destinatario. Ma se Dio ha deciso di mandare questa Parola, vuol dire che egli ha ritenuto che tale Parola poteva essere compresa: non possiamo pensare l'abbia fatto per il puro gusto di divertirsi proponendo enigmi difficilissimi.
Ora, se la Parola di Dio, con tutte le difficoltà che pone, è un problema, significa che il suo autore è un problema. Ma è intenzione di Dio essere un problema per noi o creare problemi a noi?
A questo punto la questione mi sembra che diventi questa: cosa fa Dio per non ridursi ad essere per noi nient'altro che un problema, cosa fa affinché la sua Parola non si riduca per noi a nient'altro che un problema? Vogliamo pensare che ha inviato il suo Figlio? Ma non è stato anche questo per noi un problema ulteriore? Vogliamo pensare che il fatto che si tratti di problemi è tutta colpa nostra? Ma in questo caso Dio si confermerebbe ulteriormente essere nient'altro che un problema, cioè nient'altro che uno pronto ad accusarci, a colpevolizzarci tutte le volte che le cose non gli vanno per il verso giusto.
Io, quando non riesco a farmi capire, provo ad ascoltare, in modo da conoscere meglio il mio interlocutore e così adattare meglio il mio linguaggio. Dio ascolta noi come interlocutori? Non sembra proprio.
Alla fine la domanda diventa questa: se Dio non mostra nessuna preoccupazione di ascoltare me o l'IO, visto che abbandona l'IO nelle sue sofferenze più terribili, perché l'IO dovrebbe avere tutto questo scrupolo ad impegnarsi per capire la Parola di questo Dio?
Supponendo che la Parola di un tale Dio contenga ammaestramenti da parte di lui, ne consegue che, se io cercherò di essere un buon discepolo, imparerò le virtù di questo Dio, imparerò a farle mie e a imitarlo. Ora, se tra le virtù più vistose di questo Dio c'è la mancanza di ascolto verso di me, significa che essere discepolo della sua Parola mi indurrà a diventare una persona che non sa ascoltare gli altri, a somiglianza del mio maestro Dio.
In effetti, mi pare che ciò succeda. Cioè, non mi sembra che sia tanto difficile individuare, sia nel presente che nella storia passata, esempi di fedelissimi alla Parola di Dio i quali, quanto più le si ritengono fedeli, tanto meno si dimostrano capaci di ascolto, di sforzarsi di comprendere chi la pensa diversamente da loro.
Inoltre, mi sembra che succeda anche l'opposto: quanto più le persone si ritengono lontane dalla comprensione della Parola di Dio, tanto più sono umili e disposte all'ascolto. Si veda, ad esempio, l'episodio del centurione, che si ritenne talmente lontano, indegno della maestà di Gesù da sconsigliargli di andare a casa sua: "... ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Oppure l'episodio del buon samaritano, portato da Gesù come esempio proprio in quanto straniero, eretico, in contrapposizione al sacerdote e al levita, che si ritenevano invece vicinissimi alla comprensione della Parola di Dio.
Da qui seguirebbe una conseguenza brutta per la Chiesa Cattolica, in quanto essa si ritiene interprete autentica della Parola di Dio perché guidata dallo Spirito Santo; secondo ciò che ho detto prima, ne verrebbe a conseguire che la Chiesa Cattolica sia l'istituzione che più di ogni altra rispecchia la mancanza di ascolto imparata da Dio, modello primario.
Dunque il nocciolo della questione diventa l'ascolto, tra la preoccupazione dell'IO nei confronti della Parola, così come l'ha presentata Barbella, e un girare la questione in direzione opposta, sfidando Dio e i suoi seguaci all'ascolto.
Una cosa curiosa può essere che eventuali risposte accusatorie nei confronti di questo mio post, da parte di fedelissimi alla Parola, non farebbero che confermare come la vicinanza alla Parola di Dio educhi effettivamente alla mancanza di ascolto o addirittura all'accusa, alla colpevolizzazione, che sembra essere un'altra virtù tipica di questo Dio, virtù che egli riesce tutt'oggi a trasmettere ed inculcare agli ascoltatori della sua Parola.

Caro mio, il tuo discorso accusatorio verso il Signore Dio, che altro non è che una bestemmia, è tale perché è mancante di  un soggetto che prende parte alla contesa. Infatti c'è il Signore Dio Onnipotente, c'è l'uomo e c'è satana che per sua natura è scemo. Se non lo fosse non farebbe quello che fa. La parola del Signore Dio è rivolta ai peccatori, i santi la leggono nei loro cuori ed ascoltano la coscienza, nei quali dimora il peccato. Il peccato è satana che come detto è scemo, per cui l'uomo sotto il suo potere è incapace di pensare, sentire, ragionare, comprendere,  obbedire ecc...  Ciò nonostante il Signore ha mandato i Suoi santi e profeti e, per finire, il Suo Figlio come esempio da seguire, con la speranza di trovare qualche cuore aperto capace di comprendere in primis, non la Sua parola, ma condizione umana in cui si trova il peccatore. Infatti qualcuno ha trovato, anche se pochi. A quelli che non possono comprendere ha detto: Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti ed ai portatori della parola ha detto di non buttare le perle davanti a chi non è in grado di apprezzarle.
In conclusione la Sua parola è incomprensibile per i peccatori il cui salario è la morte.
In verità ti dico, che chiunque non comprende la sua Parola, se considera questo fatto un segno di morte, ha già qualche speranza di risveglio, anche se poca.

paul11

Citazione di: giona2068 il 22 Dicembre 2016, 10:56:49 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Dicembre 2016, 23:56:35 PMMi sembra che la questione posta da Barbella riguardi il rapporto tra mittente (Dio) e destinatario (quello che Barbella chiama IO) della Parola di Dio. Una volta posta la questione in questi termini, viene fuori che il problema di Barbella risente di una certa disattenzione verso il mittente, come se fosse tutto un problema di cosa deve fare il destinatario. Ma se Dio ha deciso di mandare questa Parola, vuol dire che egli ha ritenuto che tale Parola poteva essere compresa: non possiamo pensare l'abbia fatto per il puro gusto di divertirsi proponendo enigmi difficilissimi. Ora, se la Parola di Dio, con tutte le difficoltà che pone, è un problema, significa che il suo autore è un problema. Ma è intenzione di Dio essere un problema per noi o creare problemi a noi? A questo punto la questione mi sembra che diventi questa: cosa fa Dio per non ridursi ad essere per noi nient'altro che un problema, cosa fa affinché la sua Parola non si riduca per noi a nient'altro che un problema? Vogliamo pensare che ha inviato il suo Figlio? Ma non è stato anche questo per noi un problema ulteriore? Vogliamo pensare che il fatto che si tratti di problemi è tutta colpa nostra? Ma in questo caso Dio si confermerebbe ulteriormente essere nient'altro che un problema, cioè nient'altro che uno pronto ad accusarci, a colpevolizzarci tutte le volte che le cose non gli vanno per il verso giusto. Io, quando non riesco a farmi capire, provo ad ascoltare, in modo da conoscere meglio il mio interlocutore e così adattare meglio il mio linguaggio. Dio ascolta noi come interlocutori? Non sembra proprio. Alla fine la domanda diventa questa: se Dio non mostra nessuna preoccupazione di ascoltare me o l'IO, visto che abbandona l'IO nelle sue sofferenze più terribili, perché l'IO dovrebbe avere tutto questo scrupolo ad impegnarsi per capire la Parola di questo Dio? Supponendo che la Parola di un tale Dio contenga ammaestramenti da parte di lui, ne consegue che, se io cercherò di essere un buon discepolo, imparerò le virtù di questo Dio, imparerò a farle mie e a imitarlo. Ora, se tra le virtù più vistose di questo Dio c'è la mancanza di ascolto verso di me, significa che essere discepolo della sua Parola mi indurrà a diventare una persona che non sa ascoltare gli altri, a somiglianza del mio maestro Dio. In effetti, mi pare che ciò succeda. Cioè, non mi sembra che sia tanto difficile individuare, sia nel presente che nella storia passata, esempi di fedelissimi alla Parola di Dio i quali, quanto più le si ritengono fedeli, tanto meno si dimostrano capaci di ascolto, di sforzarsi di comprendere chi la pensa diversamente da loro. Inoltre, mi sembra che succeda anche l'opposto: quanto più le persone si ritengono lontane dalla comprensione della Parola di Dio, tanto più sono umili e disposte all'ascolto. Si veda, ad esempio, l'episodio del centurione, che si ritenne talmente lontano, indegno della maestà di Gesù da sconsigliargli di andare a casa sua: "... ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Oppure l'episodio del buon samaritano, portato da Gesù come esempio proprio in quanto straniero, eretico, in contrapposizione al sacerdote e al levita, che si ritenevano invece vicinissimi alla comprensione della Parola di Dio. Da qui seguirebbe una conseguenza brutta per la Chiesa Cattolica, in quanto essa si ritiene interprete autentica della Parola di Dio perché guidata dallo Spirito Santo; secondo ciò che ho detto prima, ne verrebbe a conseguire che la Chiesa Cattolica sia l'istituzione che più di ogni altra rispecchia la mancanza di ascolto imparata da Dio, modello primario. Dunque il nocciolo della questione diventa l'ascolto, tra la preoccupazione dell'IO nei confronti della Parola, così come l'ha presentata Barbella, e un girare la questione in direzione opposta, sfidando Dio e i suoi seguaci all'ascolto. Una cosa curiosa può essere che eventuali risposte accusatorie nei confronti di questo mio post, da parte di fedelissimi alla Parola, non farebbero che confermare come la vicinanza alla Parola di Dio educhi effettivamente alla mancanza di ascolto o addirittura all'accusa, alla colpevolizzazione, che sembra essere un'altra virtù tipica di questo Dio, virtù che egli riesce tutt'oggi a trasmettere ed inculcare agli ascoltatori della sua Parola.
Caro mio, il tuo discorso accusatorio verso il Signore Dio, che altro non è che una bestemmia, è tale perché è mancante di un soggetto che prende parte alla contesa. Infatti c'è il Signore Dio Onnipotente, c'è l'uomo e c'è satana che per sua natura è scemo. Se non lo fosse non farebbe quello che fa. La parola del Signore Dio è rivolta ai peccatori, i santi la leggono nei loro cuori ed ascoltano la coscienza, nei quali dimora il peccato. Il peccato è satana che come detto è scemo, per cui l'uomo sotto il suo potere è incapace di pensare, sentire, ragionare, comprendere, obbedire ecc... Ciò nonostante il Signore ha mandato i Suoi santi e profeti e, per finire, il Suo Figlio come esempio da seguire, con la speranza di trovare qualche cuore aperto capace di comprendere in primis, non la Sua parola, ma condizione umana in cui si trova il peccatore. Infatti qualcuno ha trovato, anche se pochi. A quelli che non possono comprendere ha detto: Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti ed ai portatori della parola ha detto di non buttare le perle davanti a chi non è in grado di apprezzarle. In conclusione la Sua parola è incomprensibile per i peccatori il cui salario è la morte. In verità ti dico, che chiunque non comprende la sua Parola, se considera questo fatto un segno di morte, ha già qualche speranza di risveglio, anche se poca.

......è un problema di sintonia. Se si vuole ascoltare bisogna sintonizzarsi bene.Che cosa chiede l'uomo a Dio?
Che cosa fa per essere in sintonia con la parola? Che cosa quindi l'uomo coerente fa e come è in ascolto per comprendere la Parola di Dio?

E quale poi sarebbe l'alternativa?  Se Dio avesse rivelato direttamente la verità assoluta, non saremmo quì in questo mondo.Se non si crede in Dio e alla sua parola.....beh questo è il mondo senza speranza,.
C'è un libero arbitrio, esiste una volontà individuale e delle scelte ,ognuno in qualche modo influisce sul proprio  destino.

giona2068

Citazione di: paul11 il 22 Dicembre 2016, 21:31:06 PM
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......è un problema di sintonia. Se si vuole ascoltare bisogna sintonizzarsi bene.Che cosa chiede l'uomo a Dio?
Che cosa fa per essere in sintonia con la parola? Che cosa quindi l'uomo coerente fa e come è in ascolto per comprendere la Parola di Dio?

E quale poi sarebbe l'alternativa?  Se Dio avesse rivelato direttamente la verità assoluta, non saremmo quì in questo mondo.Se non si crede in Dio e alla sua parola.....beh questo è il mondo senza speranza,.
C'è un libero arbitrio, esiste una volontà individuale e delle scelte ,ognuno in qualche modo influisce sul proprio  destino.

Sì, è così, occorre sintonizzarsi bene. Detto con altre parole bisogna essere in comunione con Lui, altrimenti è impossibile comprendere e quello che  è scritto e, ancora peggio, si corre il pericolo di credere di aver compreso senza aver compreso, cioè aver compreso male. Ciò che impedisce la sintonizzazione o la comunione/collegamento è l'interferenza  causata dal peccato.
Dietro alla mala comprensione c'è satana e nessuno vuole ammettere che interferisce nelle nostre vite guidando i passi di chi non è santo. Questo rifiuto dell'accettazione della verità personale è sempre lui, il maledetto, che lo suscita.
Per questo è scritto: Hanno chiuso i loro occhi perché pur vedendo non vedono ed chiuso i loro orecchi perché pur sentendo non sentano, per non pentirsi e convertirsi. Ed io aggiungo: Il peccato blocca la mente impedendo a chi sa di non credere in ciò che sa.
A questo punto ci domandiamo: Cosa fare? La risposta è: Occorre  scoprire la propria verità di peccatori, pentirsi e convertirsi chiedendo perdono.
Se facciamo questo passo tutto sarà semplice.

acquario69

Citazionegiona scrive:
La parola del Signore Dio è la stessa cosa che è incisa nell'anima di ogni essere umano.  All'inizio non fu dato agli uomini nessuna scrittura perché il Signore in persona parlava nel cuore di ogni persona tramite la conoscenza e l'uomo sentiva e comprendeva perché, oltre ad essere in comunione con Lui, era come se leggesse quanto inciso nel suo cuore. Con la caduta le cose cambiarono perché venne meno la comunione dell'uomo con il Signore Dio

CitazioneCosa fare? La risposta è: Occorre  scoprire la propria verità di peccatori, pentirsi e convertirsi chiedendo perdono.


io sarei d'accordo con la "sintonizzazione" pur interpretandola in forma diversa...pero' non riesco ancora a fare a meno di pormi alcune domande che non trovano risposta;

1) che colpa avrebbe colui nato dopo tale caduta? (noi venuti al mondo "oggi" per esempio)

2) di seguito allora dovrebbe succedere che,più la caduta prosegue e più questa si accentua e più tale condizione diventa sofferta,poiché diventa più difficile "risalire" o/ma anche "sintonizzarsi"

3) stando così le cose non sarebbe più coerente evitare di generare (mettere al mondo) altra sofferenza?


....ma se ce un errore su tutto quanto mi sono chiesto sopra..quale sarebbe?!?


CitazionePaul scrive;
Se Dio avesse rivelato direttamente la verità assoluta, non saremmo quì in questo mondo

forse e' su questo punto che si ritrova il "problema" (o la questione,diciamo così) della creazione (manifestazione)
l'assoluto (Dio) che si e' "diviso" perché sia reso così possibile il suo manifestarsi...certo poi la nostra logica (almeno la mia) si chiede che bisogno aveva di farlo se e' gia infinitamente e perennemente tutto contenuto in Lui. (?)   :)

paul11

Citazione di: acquario69 il 23 Dicembre 2016, 03:50:18 AM
Citazionegiona scrive: La parola del Signore Dio è la stessa cosa che è incisa nell'anima di ogni essere umano. All'inizio non fu dato agli uomini nessuna scrittura perché il Signore in persona parlava nel cuore di ogni persona tramite la conoscenza e l'uomo sentiva e comprendeva perché, oltre ad essere in comunione con Lui, era come se leggesse quanto inciso nel suo cuore. Con la caduta le cose cambiarono perché venne meno la comunione dell'uomo con il Signore Dio
CitazioneCosa fare? La risposta è: Occorre scoprire la propria verità di peccatori, pentirsi e convertirsi chiedendo perdono.
io sarei d'accordo con la "sintonizzazione" pur interpretandola in forma diversa...pero' non riesco ancora a fare a meno di pormi alcune domande che non trovano risposta; 1) che colpa avrebbe colui nato dopo tale caduta? (noi venuti al mondo "oggi" per esempio) 2) di seguito allora dovrebbe succedere che,più la caduta prosegue e più questa si accentua e più tale condizione diventa sofferta,poiché diventa più difficile "risalire" o/ma anche "sintonizzarsi" 3) stando così le cose non sarebbe più coerente evitare di generare (mettere al mondo) altra sofferenza? ....ma se ce un errore su tutto quanto mi sono chiesto sopra..quale sarebbe?!?
CitazionePaul scrive; Se Dio avesse rivelato direttamente la verità assoluta, non saremmo quì in questo mondo
forse e' su questo punto che si ritrova il "problema" (o la questione,diciamo così) della creazione (manifestazione) l'assoluto (Dio) che si e' "diviso" perché sia reso così possibile il suo manifestarsi...certo poi la nostra logica (almeno la mia) si chiede che bisogno aveva di farlo se e' gia infinitamente e perennemente tutto contenuto in Lui. (?) :)

Ti stai ponendo le domande fondamentali a cui filosofi, teologi, scienziati, ma diciamo pure ogni singolo individuo che cerca di capire si pone. Noi siamo l'uomo vetruviano e il dipinto di Michelangelo nella Cappella  Sistina in cui la mano umana e divina si  cercano, si toccano.
Noi siamo quì e ora in uno spazio tempo, ma c'è stato storia e pensiero prima di noi e ci sarà dopo di noi, altri nasceranno e moriranno così come prima di noi.
E' la condizione umana al centro di ogni domanda. Questa è la domanda originaria e già si pone come significazione della propria esistenza. Può essere, estremizzo il concetto, che noi siamo solo materiale organico organizzato che si illude di avere significazione per via di una mente che astrae, ma può essere anche che ci sia un qualcosa di originario che abbia creato questo caos ordinato, questo mutare dentro  comunque un ordine prestabilito. Sono tutti, forse, ma, se.............ed è per questo che accetto, per quanto mi riguarda ( il mio nome è Nessuno e con una lampara navigo per il periglio del grande mare...), il dialogo su qualunque posizione  , perchè c'è la condizione umana di partenza quell'essere gettato  nel mondo che accomuna chiunque in qualunque categoria noi vogliamo porci , in qualunque modalità cerchiamo o non cerchiamo domande alle risposte originarie.
Questa condizione umana è la precarietà dentro un destino designato (nascere, vivere e morire) dove il prima e il dopo ci è ignoto, ed è già difficile capire noi stessi, sapere di noi, esseri così complessi, per cui tutto ciò che la nostra mente "aggancia", il mondo astratto o reale che sia costruisce è comunque il nostro pensiero che relaziona il prima e il dopo attualizzandolo così come  il pensiero fa trascendere la realtà dentro forme linguistiche che lo legano ad un astratto.

Comunque noi, come le culture, sviluppiamo il sistema di relazione uomo/mondo, quel pensiero in qualche modo proietta il pensiero o nell'azione quindi ci condiziona in teso come guidare.
Se il mio modo di pensare, di cercare di rispondere alle domande originarie mi ha portato a Dio, all'Essere, all'Uno, insomma all'energia originaria che tutto creò, è perchè nell'esercizio del dubbio la ritengo la più plausibile razionalmente. E' l'unica che contenga delle risposte di senso, sempre se abbia un  senso la nostra esistenza.
Quindi non è la mia una posizione arrogante o presuntuosa, perchè so e quindi accetto che potrebbe anche non essere vera.
Ma quelle antiche scritture hanno criteri di saggezza e sapienza che trascendono anche linguisticamente. 
Ribadisco, entrano prima nell'intuizione, nei sentimenti e poi diventano razione razionale.
Quale altra form afilosfica  è capce di di relazionare l'uomo/mondo/destino parlando al cuore e llamente?
Quale altro pensiero costruisce un'etica e una morale che vale oggi, che non è più valida quella di ieri e che domani sarà altro ancora.
Questa condizione umana dentro un destino del divenire, cerca punti fermi ed eterni, come paradigmi, come leggi universali, è il nostro intuito che si farà ragione che ce lo chiede. per cui è giusto anche porci la domanda del significato di gioire e soffrire, di essere poveri o ricchi, di essere sani o malati e di chiederci nel tempo che scorre, che via via ci presenta una condizione di vita che a sua colta condiziona lo stato mentale che cosa relaziona l'ascolto alle nostre domande fra noi e un Dio, fra noi è un destino felice o crudele che muta dentro un paradigma di eternità dove essere ed esistenza continuamente ci ripropongono i signifcati filosofici della vita. la nostra vita.

Buon Natale a  tutti, ma proprio a tutti

acquario69

Citazione di: paul11 il 23 Dicembre 2016, 09:47:38 AM
Ti stai ponendo le domande fondamentali a cui filosofi, teologi, scienziati, ma diciamo pure ogni singolo individuo che cerca di capire si pone. Noi siamo l'uomo vetruviano e il dipinto di Michelangelo nella Cappella  Sistina in cui la mano umana e divina si  cercano, si toccano.
Noi siamo quì e ora in uno spazio tempo, ma c'è stato storia e pensiero prima di noi e ci sarà dopo di noi, altri nasceranno e moriranno così come prima di noi.
E' la condizione umana al centro di ogni domanda. Questa è la domanda originaria e già si pone come significazione della propria esistenza. Può essere, estremizzo il concetto, che noi siamo solo materiale organico organizzato che si illude di avere significazione per via di una mente che astrae, ma può essere anche che ci sia un qualcosa di originario che abbia creato questo caos ordinato, questo mutare dentro  comunque un ordine prestabilito. Sono tutti, forse, ma, se.............ed è per questo che accetto, per quanto mi riguarda ( il mio nome è Nessuno e con una lampara navigo per il periglio del grande mare...), il dialogo su qualunque posizione  , perchè c'è la condizione umana di partenza quell'essere gettato  nel mondo che accomuna chiunque in qualunque categoria noi vogliamo porci , in qualunque modalità cerchiamo o non cerchiamo domande alle risposte originarie.
Questa condizione umana è la precarietà dentro un destino designato (nascere, vivere e morire) dove il prima e il dopo ci è ignoto, ed è già difficile capire noi stessi, sapere di noi, esseri così complessi, per cui tutto ciò che la nostra mente "aggancia", il mondo astratto o reale che sia costruisce è comunque il nostro pensiero che relaziona il prima e il dopo attualizzandolo così come  il pensiero fa trascendere la realtà dentro forme linguistiche che lo legano ad un astratto.

Comunque noi, come le culture, sviluppiamo il sistema di relazione uomo/mondo, quel pensiero in qualche modo proietta il pensiero o nell'azione quindi ci condiziona in teso come guidare.
Se il mio modo di pensare, di cercare di rispondere alle domande originarie mi ha portato a Dio, all'Essere, all'Uno, insomma all'energia originaria che tutto creò, è perchè nell'esercizio del dubbio la ritengo la più plausibile razionalmente. E' l'unica che contenga delle risposte di senso, sempre se abbia un  senso la nostra esistenza.
Quindi non è la mia una posizione arrogante o presuntuosa, perchè so e quindi accetto che potrebbe anche non essere vera.
Ma quelle antiche scritture hanno criteri di saggezza e sapienza che trascendono anche linguisticamente.
Ribadisco, entrano prima nell'intuizione, nei sentimenti e poi diventano razione razionale.
Quale altra form afilosfica  è capce di di relazionare l'uomo/mondo/destino parlando al cuore e llamente?
Quale altro pensiero costruisce un'etica e una morale che vale oggi, che non è più valida quella di ieri e che domani sarà altro ancora.
Questa condizione umana dentro un destino del divenire, cerca punti fermi ed eterni, come paradigmi, come leggi universali, è il nostro intuito che si farà ragione che ce lo chiede. per cui è giusto anche porci la domanda del significato di gioire e soffrire, di essere poveri o ricchi, di essere sani o malati e di chiederci nel tempo che scorre, che via via ci presenta una condizione di vita che a sua colta condiziona lo stato mentale che cosa relaziona l'ascolto alle nostre domande fra noi e un Dio, fra noi è un destino felice o crudele che muta dentro un paradigma di eternità dove essere ed esistenza continuamente ci ripropongono i signifcati filosofici della vita. la nostra vita.

Buon Natale a  tutti, ma proprio a tutti

grazie per la risposta...mi sembra molto sentita da parte tua,come del resto credo che sia un po nel tuo stile personale.
una cosa e' certa anche per me; che nonostante vengano comunque fuori certe questioni (forse fa parte del divenire stesso) e' che non possono esserci dubbi su quel principio che sta all'origine di tutto.
la manifestazione (o creazione dal punto di vista religioso) più che una divisione come ho scritto prima e' uno "sdoppiamento"...e' come il suo riflesso,un po come ci si guarderebbe in uno specchio,usando una metafora possibile...e forse e' proprio per questo che ci viene naturale il riflettere...

Buone Feste!!

Angelo Cannata

Citazione di: acquario69 il 23 Dicembre 2016, 03:50:18 AM
che colpa avrebbe colui nato dopo tale caduta?
Domande come questa mi fanno venire la tentazione di spiegare come in realtà il racconto biblico della "caduta" sia un racconto molto critico contro Dio, altro che peccato originale! Sono state le letture successive ad aver piegato forzatamente quel racconto a significati che colpevolizzano l'uomo, ma che sono del tutto assenti nel racconto. Comunque, non entro nei dettagli perché potrebbe risultare off-topic.

giona2068

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Dicembre 2016, 15:50:45 PM
Citazione di: acquario69 il 23 Dicembre 2016, 03:50:18 AM
che colpa avrebbe colui nato dopo tale caduta?
Domande come questa mi fanno venire la tentazione di spiegare come in realtà il racconto biblico della "caduta" sia un racconto molto critico contro Dio, altro che peccato originale! Sono state le letture successive ad aver piegato forzatamente quel racconto a significati che colpevolizzano l'uomo, ma che sono del tutto assenti nel racconto. Comunque, non entro nei dettagli perché potrebbe risultare off-topic.


Il peccato originale c'è e non è colpa di chi è nato dopo la caduta di Adamo ed Eva, ma il problema non è esso. Fra l'altro viene tolto con il battesimo ed è l'unico peccato che viene perdonato senza che vi sia pentimento. Con altre parole quando siamo nati siamo partiti da zero. Se così non fosse il Signore non poteva dire che per entrare nel regno dei cieli occorre ritornare bambini. Per questo se siamo peccatori/non santi la colpa non è né di Adamo né di Eva, siamo nati dopo la loro caduta ma siamo caduti per nostra scelta. Se cerchiamo di giustificare le nostre colpe assomigliamo sempre di più ad Adamo che diede la colpa a Eva e ad Eva che diede la colpa al serpente. Loro furono cacciati dal Paradiso e  noi non abbiamo, così facendo, speranza di rientrarvi. 
Il figliol prodigo è la nostra speranza, ma se crediamo di non vere colpe  inganniamo noi stessi e ci priviamo della speranza.
Buon Natale a tutti.

Angelo Cannata

Citazione di: giona2068 il 23 Dicembre 2016, 17:22:14 PM
Il peccato originale c'è e non è colpa di chi è nato dopo la caduta di Adamo ed Eva, ma il problema non è esso. Fra l'altro viene tolto con il battesimo ed è l'unico peccato che viene perdonato senza che vi sia pentimento. Con altre parole quando siamo nati siamo partiti da zero. Se così non fosse il Signore non poteva dire che per entrare nel regno dei cieli occorre ritornare bambini. Per questo se siamo peccatori/non santi la colpa non è né di Adamo né di Eva, siamo nati dopo la loro caduta ma siamo caduti per nostra scelta. Se cerchiamo di giustificare le nostre colpe assomigliamo sempre di più ad Adamo che diede la colpa a Eva e ad Eva che diede la colpa al serpente. Loro furono cacciati dal Paradiso e  noi non abbiamo, così facendo, speranza di rientrarvi.  
Il figliol prodigo è la nostra speranza, ma se crediamo di non vere colpe  inganniamo noi stessi e ci priviamo della speranza.
Buon Natale a tutti.
Quella del peccato originale è una delle dottrine più contraddittorie e imbarazzanti della Chiesa Cattolica: basti pensare che, secondo tale dottrina, un bambino che nascerà tra mille anni è già oggi considerato colpevole, visto che è certo che avrà bisogno di essere battezzato per essere liberato dal peccato originale e visto che non ci può essere peccato se non c'è colpa.
D'altra parte, questa contraddittorietà è visibile anche in ciò che hai scritto: prima dici che non è colpa nostra, ma più avanti dici che siamo caduti per nostra scelta. Questa contraddizione non è tua, ma fa parte proprio della dottrina della Chiesa: essa stabilisce che nasciamo tutti macchiati del peccato originale, poi si sente costretta ad ammettere che non ci può essere peccato senza colpa, alla fine, non potendosi capire di cosa può essere colpevole un bambino che nascerà tra mille anni, tutto viene rinviato al mistero, all'incomprensibile, alle cose più grandi di noi, una scappatoia che funziona sempre quando vengono fuori le contraddizioni.
In vent'anni di sacerdozio ho avuto il piacere di battezzare molti bambini, li guardavo in faccia, loro guardavano me e pensavo che chi ha stabilito che queste dolcezze infinite nascono colpevoli di peccato originale doveva avere per forza dei gravi problemi suoi non risolti.

giona2068

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Dicembre 2016, 17:57:19 PM
Citazione di: giona2068 il 23 Dicembre 2016, 17:22:14 PM
Il peccato originale c'è e non è colpa di chi è nato dopo la caduta di Adamo ed Eva, ma il problema non è esso. Fra l'altro viene tolto con il battesimo ed è l'unico peccato che viene perdonato senza che vi sia pentimento. Con altre parole quando siamo nati siamo partiti da zero. Se così non fosse il Signore non poteva dire che per entrare nel regno dei cieli occorre ritornare bambini. Per questo se siamo peccatori/non santi la colpa non è né di Adamo né di Eva, siamo nati dopo la loro caduta ma siamo caduti per nostra scelta. Se cerchiamo di giustificare le nostre colpe assomigliamo sempre di più ad Adamo che diede la colpa a Eva e ad Eva che diede la colpa al serpente. Loro furono cacciati dal Paradiso e  noi non abbiamo, così facendo, speranza di rientrarvi.  
Il figliol prodigo è la nostra speranza, ma se crediamo di non vere colpe  inganniamo noi stessi e ci priviamo della speranza.
Buon Natale a tutti.
Quella del peccato originale è una delle dottrine più contraddittorie e imbarazzanti della Chiesa Cattolica: basti pensare che, secondo tale dottrina, un bambino che nascerà tra mille anni è già oggi considerato colpevole, visto che è certo che avrà bisogno di essere battezzato per essere liberato dal peccato originale e visto che non ci può essere peccato se non c'è colpa.
D'altra parte, questa contraddittorietà è visibile anche in ciò che hai scritto: prima dici che non è colpa nostra, ma più avanti dici che siamo caduti per nostra scelta. Questa contraddizione non è tua, ma fa parte proprio della dottrina della Chiesa: essa stabilisce che nasciamo tutti macchiati del peccato originale, poi si sente costretta ad ammettere che non ci può essere peccato senza colpa, alla fine, non potendosi capire di cosa può essere colpevole un bambino che nascerà tra mille anni, tutto viene rinviato al mistero, all'incomprensibile, alle cose più grandi di noi, una scappatoia che funziona sempre quando vengono fuori le contraddizioni.
In vent'anni di sacerdozio ho avuto il piacere di battezzare molti bambini, li guardavo in faccia, loro guardavano me e pensavo che chi ha stabilito che queste dolcezze infinite nascono colpevoli di peccato originale doveva avere per forza dei gravi problemi suoi non risolti.


Guarda che non hai capito quello che ho scritto. Ho detto che il peccato originale c'è ma la colpe di essere peccatori ab origini non è nostra e che  quando ci inoltriamo nella vita partiamo puliti grazie al battesimo. Mentre siamo colpevoli di quello combiniamo dopo e facciamo aumentare la nostra colpa sfuggendo alle nostre responsabilità come tu ti ostini a fare, in alternativa al diventare il figliol prodigo.
In ogni casi non è la chiesa cattolica, della quale non faccio neanche parte, ma rispetto, a parlare di peccato originale: Le sacre scritture  dicono che le colpe dei padri ricadranno sui loro figli fino a sette generazioni. Come ex sacerdote questo dovresti conoscerlo!
Se così non fosse il Signore Dio non avrebbe fatto nascere il Suo Prediletto nel modo che conosciamo.
Mi domando cosa avrai trasmesso alle creature innocenti che hai battezzato, se battezzavi non credendo, non all'istituzione, ma alla scrittura! Dopo tutto se per te erano già innocenti, quindi già pieni di Spirito Santo, perché li battezzavi?
Il peccato è uno spirito negativo, non è solo l'opera, che s'incarna nella persona e viene trasmesso al nascituro nel momento del concepimento. Il nascituro non è personalmente colpevole e non potrebbe esserlo, ma ciò nonostante porta su di se quello che gli hanno dato i genitori.
Tu disconoscendo questo aiuti o danneggi?
Per questo cerchi di sgusciare per non ammettere che, se non sei santo, sei peccatore proiettando il tuo inganno anche sui piccoli innocenti! 

Angelo Cannata

Citazione di: giona2068 il 23 Dicembre 2016, 18:59:18 PM....quando ci inoltriamo nella vita partiamo puliti grazie al battesimo...
Continuo a vedere contraddizioni: questa frase che hai scritto dice l'opposto di ciò che vorrebbe far credere: noi ci inoltriamo nella vita con la nascita, non con il battesimo; se dici che partiamo puliti grazie al battesimo, stai affermando che prima del battesimo siamo sporchi. Quindi non è vero che partiamo puliti.

Citazione di: giona2068 il 23 Dicembre 2016, 18:59:18 PM
Mi domando cosa avrai trasmesso alle creature innocenti che hai battezzato, se battezzavi non credendo, non all'istituzione, ma alla scrittura! Dopo tutto se per te erano già innocenti, quindi già pieni di Spirito Santo, perché li battezzavi?
Te lo posso spiegare, mi richiederebbe abbastanza spazio, ma non penso che gli altri che partecipano a questa discussione sarebbero interessati.

Citazione di: giona2068 il 23 Dicembre 2016, 18:59:18 PMLe sacre scritture  dicono che le colpe dei padri ricadranno sui loro figli fino a sette generazioni.
Non serve appellarsi alle sacre scritture senza aver chiarito i criteri con cui decidi di interpretarle: la scrittura dice anche che se un occhio ti è occasione di peccato te lo devi cavare; se dobbiamo interpretare alla lettera, allora dobbiamo cavarci gli occhi; se non dobbiamo interpretare alla lettera bisogna chiarire quale criterio usare.

Citazione di: giona2068 il 23 Dicembre 2016, 18:59:18 PM
Il nascituro non è personalmente colpevole e non potrebbe esserlo, ma ciò nonostante porta su di se quello che gli hanno dato i genitori.
Tutti sappiamo come nascono i bambini. In quale momento i genitori trasmettono ai figli il peccato originale? Nel concepimento? Nel parto? Oppure fa parte del DNA? Oppure è un mistero?

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