Come creare chiarezza dentro di sé ed eliminare il CAOS interiore?

Aperto da Socrate78, 12 Febbraio 2022, 10:06:37 AM

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Socrate78

Ecco, come da titolo, non so se a voi capita, ma a me succede spesso di sperimentare un forte caos interiore, negli atteggiamenti ma soprattutto nei pensieri. Sono troppo versatile, e quindi posso essere molto estroverso oppure al contrario freddo ed evitante, anche la mia empatia e i miei giudizi morali cambiano molto: ad esempio in alcuni momenti non ho proprio compassione per gli altri e penso che chi è vittima di truffe, raggiri, bullismo/mobbing meriti tali atteggiamenti per la sua stupidità, ingenuità, mancanza di prudenza e avvedutezza, il ragionamento è :"Se soffri è giusto così perché devi imparare la lezione e sbattere contro il dolore" (è un pensiero cinico), poi però dentro di me mi pento di questa cosa e cerco di cambiare il modo di pensare, ma noto che tali pensieri comunque ritornano costanti, prima o poi, fanno parte di me . Oppure a volte penso che l'amore renda schiavo l'uomo perché lo fa dipendere dalle esigenze altrui (divento antisentimentale), mentre in altre circostanze penso l'opposto, cioè che l'amore renda liberi perché apre agli altri, e penso queste due cose con la stessa forza e intensità. Visto che siamo nella sezione spiritualità (e la psiche è spirito, o "anima" per i credenti), secondo voi è possibile eliminare le contraddizioni dalla personalità (il caos interiore appunto) e camminare verso la coerenza, la chiarezza e quindi la serenità? Oppure il caos interiore è qualcosa con cui tutti noi, in misura maggiore o minore, dobbiamo convivere?

anthonyi

Ciao socrate, non si tratta di caos ma di forze differenti che agiscono nella nostra psiche. Tutti noi siamo sia educatori che empatici. L'empatia ci spinge a cercare di compensare i disagi degli altri, ma la spinta educativa ci spinge a considerare che questi altri devono imparare a superare questi disagi da soli.
Il fatto che le due forze siano in competizione e per me indicativo di una psiche equilibrata. Se una delle due prevalesse stabilmente invece sarebbe sintomo di uno squilibrio. In particolare l'eccesso di empatia può rendere la persona manipola ile da chi sa bene manipolare e sfruttare una condizione di apparente bisogno.

iano

Secondo me la forza è una sola, elastica, e se comprimi troppo la molla, si mette ad oscillare.
Un atteggiamento troppo forzato rispetto alla nostra natura, ad esempio una eccessiva tensione morale rispetto a quella che riusciamo a sostenere , ottiene per reazione l'effetto contrario.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

JE

Guardavo ieri a questo proposito dei documentari su Wim Hof.


Il ragazzo che dopo il suicidio della moglie cercò di superare il tormento attraverso imprese fisiche ritenute impossibili e che oggi insegna la sua "terapia del freddo" a destra e a manca.


É gia un po che gioco col suo sistema e ho avuto risultati decenti finora.


L'espressione della gente che mi guarda passeggiare nelle notti di dicembre in pantaloncini e maglietta é super divertente.


(D'altronde personalmente ho sempre tenuto grande considerazione dei "folli" che fanno cose assurde per il gusto di farle, per cui ha senso che per me diventarne uno sarebbe stato desiderabile.)


Ad ogni modo tornando a Wim, che si può vantare di avere scalato l'Everest in pantaloncini, va detto che il suo sistema personale é appunto orientato alla risoluzione del caos emozionale.


L'intera filosofia si basa sul fatto che noi non sopravviviamo. O meglio, non dobbiamo mai preoccuparci di sopravvivere. Quindi pensiamo troppo e non usiamo mai gli istinti primordiali che ci fanno essere felici semplicemente di esserci, motivati dal nostro essere in se, implicitamente, a sopravvivere.


Per me uscire al freddo e semplicemente combattere il ghiaccio che sento formarsi nelle vene dei polsi mi riconnette a questi istinti. Una doccia fredda la mattina, una sezione spinta di esercizio fisico, un digiuno di 3-4 giorni. Riemerge l'istinto del cacciatore, della vita attimo per attimo.


L'uomo separato dalla natura che l'ha creato nutre istinti di morte. Il pensatore confuso non ha pensieri confusi, ha chiari pensieri di confusione in quanto perso e nello stato di dissonanza cognitiva, in quanto sa quel che c'é da fare ma non ha voglia di farlo.


Nel tuo caso specifico, credo ti perdi troppo in questi pensieri e ti auto dubiti, per distrarti. Anche io ho pensieri conflittuali, mi limito a notarli, non mi giudico, e poi li metto da parte quando cominciano ad annoiarmi per darmi a qualche attività.

bobmax


Stai evolvendo, così il caos emerge alla tua consapevolezza.
In me sta avvenendo lo stesso.

La contraddizione crea disagio e incertezza: chi sono davvero io?

Mi capita a volte, seppur raramente, che la tempesta si plachi e il mio giudizio smetta di oscillare.

Allora le mie decisioni avvengono serenamente, senza sforzo.
Come fosse la cosa più naturale del mondo.

Immagino che questa pace, seppur momentanea, capiti pure a te.

Ritengo che ciò dipenda dal fatto che la tempesta, il caos, abbiano lo scopo di far aumentare la pressione per costringerci al distacco.

Che non vuol dire indifferenza, tutt'altro! Ma un passaggio.
Da ciò che non siamo, verso ciò che siamo.

Questo processo di evoluzione spirituale, penso sia ben illustrato da San Bernardo. Con i suoi quattro stadi di evoluzione dell'amore.

Noi due siamo, mi sa, tra il primo e il secondo.
Forse con rari sprazzi sul terzo... ma ancora soltanto embrionali.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Citazione di: anthonyi il 12 Febbraio 2022, 10:22:21 AM
Ciao socrate, non si tratta di caos ma di forze differenti che agiscono nella nostra psiche. Tutti noi siamo sia educatori che empatici. L'empatia ci spinge a cercare di compensare i disagi degli altri, ma la spinta educativa ci spinge a considerare che questi altri devono imparare a superare questi disagi da soli.
Il fatto che le due forze siano in competizione e per me indicativo di una psiche equilibrata. Se una delle due prevalesse stabilmente invece sarebbe sintomo di uno squilibrio. In particolare l'eccesso di empatia può rendere la persona manipola ile da chi sa bene manipolare e sfruttare una condizione di apparente bisogno.


Salve anthonyi. Bravo. Assai ben detto. Condivido completamente. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Secondo me non bisogna considerare le contraddizioni dell'essere in vita come caos. Le ambiguità vanno accettate e qualche volta sopportate. È vero, troppa ambiguità può portare al @caos psichico@, ma troppa purezza può portare ai campi di concentramento e alla Santa Inquisizione. Aver cura degli altri non significa annullarsi negli altri. Si può pensare che qualcuno se la sia meritata la truffa, ma questo non significa che dobbiamo ancora più schiacciarlo nella sua dabbenaggine. Neppure bisogna pagargli il danno. Ma insegnargli, caso mai, a non cascarci più. È lo stesso concetto scritto da Anthony, ma scritto meglio😁.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

"Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante".

Disse il profeta della post postmodernità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Citazione di: Ipazia il 12 Febbraio 2022, 19:40:49 PM
"Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante".

Disse il profeta della post postmodernità.
Giusto.
Bisogna lasciarsi andare al caos quando sorge in noi spontaneo, perché è una promessa di novità.
Ma quando il caos lo creiamo noi forzando la nostra natura facciamo male a noi e agli altri.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Kobayashi

Ryunosuke Akutagawa (scrittore giapponese della prima metà del Novecento) nel suo "Memorandum per un vecchio amico" scrive: "una decennale esperienza mi ha insegnato che le mie parole svaniscono come una canzone nel vento se chi mi è vicino non si trova in una situazione  simile alla mia".
Nel caso specifico Akutagawa cercava di chiarire le condizioni che lo avevano portato a decidersi per il suicidio, e appunto non s'illudeva che l'amico a cui era indirizzato il memorandum sarebbe riuscito a capirle veramente.
Anche l'amicizia di lunga data non serve a nulla se non c'è questa concordanza esistenziale.

Le cose sono confuse perché la vita degli uomini è sostanzialmente menzogna. Ognuno è spinto a recitare una parte, ad assumere un ruolo, a pronunciare luoghi comuni (che in quanto tali sono intesi velocemente).

Al di là della generale simulazione, c'è un istante di sincerità? È possibile un istante di vera sincerità?
Forse quando si smette di avere paura della morte, perché è la paura della morte che ci fa riempire il silenzio con tante chiacchiere e tante buffonate.
Bisognerebbe insomma accogliere la morte. Ma questo non succede mai di propria volontà, bisogna essere piegati dalla necessità, da una catastrofe. Allora si sente la morte come liberazione.
E allora il proprio sguardo può ritrarsi dall'incessante agitazione degli uomini.
Ma a questo punto dovrei scrivere quello che sto pensando da un po' di notti a questa parte e che risulterà insulso ai più: ovvero che proprio arrivati qui ci si avvicina alla sorgente della vita, e che la sorgente della vita è Cristo.
Non cercherò di chiarire meglio che cosa intendo, appunto perché condivido lo scetticismo di Akutagawa, dirò solo che quando vent'anni fa ero una persona religiosa ne capivo il senso teologico e nient'altro, di modo che tutto si esauriva in sterili ragionamenti, mentre ora non ne capisco il senso teologico o filosofico ma ne intuisco in qualche modo la verità.

Sono andato fuori tema perché quando si tratta di vita interiore ognuno non può far altro che raccontare ciò che gli accade nel modo più sincero possibile, sapendo del resto che probabilmente verrà frainteso.
Già sto dubitando che tutto ciò che ho scritto sopra sia vero e non piuttosto un inganno generato dall'insonnia delle ultime settimane...

niko

Da Platone a Freud, il motivo fondamentale per cui si pensa e si è pensato che l'anima dovesse essere articolata in parti, che fosse una ma molteplice, è che l' "anima" qualunque cosa essa sia, contiene desideri contraddittori, vuole dire, fare o pensare una cosa e il suo contrario insieme, quindi l'uomo sente il bisogno di "sciogliere", di disinnescare la contraddizione, attribuendo ogni termine opposto della contraddizione, propria dei suoi stessi desideri contraddittori, a una parte dell'anima opposta a un'altra.


Come dire, voglio fare una cosa e l'altra di significato o di valore opposto, ma non nello stesso tempo e per gli stessi motivi, quindi devono esserci in me dei motivi e delle "parti dell'anima" che prendono l'una sull'altra il sopravvento nel tempo, insomma delle virtù o degli istinti.


E' il vecchio modo di sciogliere una contraddizione attribuendo i suoi termini opposti a tempi e luoghi separati, il principio di non-contraddizione implica la simultaneità e la sovrapposizione dei contraddittori, e si dissolve nella non simultaneità o non sovrapposizione dei suoi contraddittori.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

@kobayashi.
Molto bello il tuo post, come sempre, e siccome ogni volta lo dico mi riprometto di non farlo più.


Un altro modo di dirlo è che la comprensione si ottiene  per la coincidenza di percorsi indipendenti, i quali si può attendere che accadono , oppure si può provare a provocarli, e secondo me in ciò consiste l'esercizio filosofico, che è un po' l'equivalente spirituale della parola che si fa' carne.
Non riesco perciò a immaginare come si possa capire la filosofia, se non provando a filosofare.
Quando si percorrono indipendentemente gli stessi sentieri basta una parola poi a richiamarli, ma non ne bastano mille a spiegarli.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: niko il 13 Febbraio 2022, 10:31:01 AM
Da Platone a Freud, il motivo fondamentale per cui si pensa e si è pensato che l'anima dovesse essere articolata in parti, che fosse una ma molteplice, è che l' "anima" qualunque cosa essa sia, contiene desideri contraddittori, vuole dire, fare o pensare una cosa e il suo contrario insieme, quindi l'uomo sente il bisogno di "sciogliere", di disinnescare la contraddizione, attribuendo ogni termine opposto della contraddizione, propria dei suoi stessi desideri contraddittori, a una parte dell'anima opposta a un'altra.


Come dire, voglio fare una cosa e l'altra di significato o di valore opposto, ma non nello stesso tempo e per gli stessi motivi, quindi devono esserci in me dei motivi e delle "parti dell'anima" che prendono l'una sull'altra il sopravvento nel tempo, insomma delle virtù o degli istinti.


E' il vecchio modo di sciogliere una contraddizione attribuendo i suoi termini opposti a tempi e luoghi separati, il principio di non-contraddizione implica la simultaneità e la sovrapposizione dei contraddittori, e si dissolve nella non simultaneità o non sovrapposizione dei suoi contraddittori.
E anche questo post è un condensato di saggezza.
Ciò che appare come caos in un unita' spazio temporale, può diventare ordine cambiandogli le coordinate.
Il caos quindi a volte può derivare da una indebita sovrapposizione di spazi che dovrebbero stare separati, e ciò sistematicamente avviene quando questi si pensa di poterli sottointendere, senza doverli precisare, e ancor peggio quando li si sottointende perché si pensa che essendo essi... uno, non vada precisato.
Ma la definizione di uno spazio ad hoc è propriamente un espediente per trarre ordine dal caos.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Citazione di: Kobayashi il 13 Febbraio 2022, 09:50:53 AM
Allora si sente la morte come liberazione.
E allora il proprio sguardo può ritrarsi dall'incessante agitazione degli uomini.
Ma a questo punto dovrei scrivere quello che sto pensando da un po' di notti a questa parte e che risulterà insulso ai più: ovvero che proprio arrivati qui ci si avvicina alla sorgente della vita, e che la sorgente della vita è Cristo.

La morte è questione inaggirabile, puoi cercare di ignorarla quanto vuoi, ma ogni volta si ripresenta.

Tuttavia, l'autentico orrore è davvero suscitato dalla morte in se stessa oppure vi è invece dell'altro?

Perché in definitiva la morte mi chiama in causa, mi interroga, anche se nel modo più violento e straziante.
Pretende da me una risposta, anche se darla sembra davvero impossibile.

Ma l'autentico orrore non è invece latente proprio nella vita?
Dove il rincuorante esserci mondano può tramutarsi in ogni istante nell'abisso del nulla assoluto?

È sufficiente cambiare di poco prospettiva, nell'osservare ciò che ci circonda, e qualsiasi situazione di vita, anche la più serena, può rivelarsi puro nulla!
Insostenibile nulla.

Che la morte sia allora la muta richiesta di infine decidersi, e affrontare il Nulla?

Perché, in fin dei conti, cosa chiede la morte?
Non chiede forse di rispondere cosa conta davvero? Cosa è davvero importante al di là della vita e della morte?

E chi se non Cristo può rispondere?

E il Cristo non sei forse ancora tu?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Kephas

Citazione di: Socrate78 il 12 Febbraio 2022, 10:06:37 AMEcco, come da titolo, non so se a voi capita, ma a me succede spesso di sperimentare un forte caos interiore, negli atteggiamenti ma soprattutto nei pensieri. Sono troppo versatile, e quindi posso essere molto estroverso oppure al contrario freddo ed evitante, anche la mia empatia e i miei giudizi morali cambiano molto: ad esempio in alcuni momenti non ho proprio compassione per gli altri e penso che chi è vittima di truffe, raggiri, bullismo/mobbing meriti tali atteggiamenti per la sua stupidità, ingenuità, mancanza di prudenza e avvedutezza, il ragionamento è :"Se soffri è giusto così perché devi imparare la lezione e sbattere contro il dolore" (è un pensiero cinico), poi però dentro di me mi pento di questa cosa e cerco di cambiare il modo di pensare, ma noto che tali pensieri comunque ritornano costanti, prima o poi, fanno parte di me . Oppure a volte penso che l'amore renda schiavo l'uomo perché lo fa dipendere dalle esigenze altrui (divento antisentimentale), mentre in altre circostanze penso l'opposto, cioè che l'amore renda liberi perché apre agli altri, e penso queste due cose con la stessa forza e intensità. Visto che siamo nella sezione spiritualità (e la psiche è spirito, o "anima" per i credenti), secondo voi è possibile eliminare le contraddizioni dalla personalità (il caos interiore appunto) e camminare verso la coerenza, la chiarezza e quindi la serenità? Oppure il caos interiore è qualcosa con cui tutti noi, in misura maggiore o minore, dobbiamo convivere?
Penso proprio che con il caos interiore tutti noi dobbiamo convivere. :(

Se però può interessare una buona risposta, leggi questa!!: si parla proprio dei pensieri.

Naturalmente non è mia, la si trova nell'opera spirituale: "il grande Vangelo di Giovanni"

"Tu puoi pensare quello che vuoi, però pensando non pecchi se il tuo cuore non trova compiacimento nel pensiero non conforme al buon ordine.
Ma se tu incominci a compiacerti di un cattivo pensiero, cosi facendo congiungi già la tua volontà al cattivo pensiero e spoglio d'ogni amore del prossimo, ed a questo punto non sei lontano molto dal tradurre in atto, un simile pensiero già animato dal tuo compiacimento e dalla tua volontà, qualora le circostanze ti appariscano favorevoli e tali da permetterne l'esecuzione senza pericolo esteriore per te!
Perciò il savio controllo dei pensieri sorgenti nel cuore umano a mezzo della purificata luce dell'intelletto e della pura ragione assume evidentemente un'importanza grandissima, in quanto il pensiero costituisce la semente dell'azione; ora questo necessario e savio controllo dei pensieri non potrebbe venire espresso altrimenti in una forma tanto appropriata, quanto appunto nella forma adoperata da Mosè, vale a dire dicendo: non concupire questo o quello!
Imperocché quando in te una brama si è già molto accentuata, è segno che il tuo pensiero ha incominciato a trarre copioso alimento fuori dal tuo compiacimento e dalla tua volontà, e allora avrai molto da lottare se vorrai soffocare in te completamente un simile pensiero fattosi ormai robusto e consistente.
Come detto prima, il pensiero o l'idea è certamente il seme dell'azione, la quale azione poi costituisce il frutto; ora una determinata semente non può produrre che un determinato frutto.
Tu dunque puoi pensare quello che vuoi, ma non vivificare mai nessun pensiero e nessuna idea cosi da tradurli in atto, prima di averli esaminati a dovere dinanzi al tribunale del tuo intelletto e della tua ragione."








L'amore è come il mare in tempesta, che tutto travolge nei primi momenti, poi l'arcobaleno che tutto colora, i sogni ed i momenti, poi tutto con il tempo si placa, rimane l'onda tranquilla che torna e ritorna a lambire le sponde.

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