Ciò che Dio vuole da noi

Aperto da viator, 22 Dicembre 2018, 12:54:32 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

viator

Salve. Tra gli infiniti quesiti sollevati dalla fede, trovo che questo sia dei fondamentali.
In effetti mi sono sempre chiesto cosa mai una entità totalizzante e perfetta come il Dio (parliamo, per più comoda prossimità, del Dio dei cristiani) potrebbe volere da ciascuno di noi.

Certo, noi siamo limitati e mi domando persino se il porci una simile domanda non rappresenti atto di superbia nei confronti di una fede che ci richiama alla sottomissione a Lui e persino atto di presunzione che non ammette appunto la limitatezza delle nostre menti.

Ma l'uomo è incorreggibilmente fallace oltre che ingenuo, e si ostina a porsi domande la cui risposta è racchiusa nell'inviolabile forziere della Verità inconoscibile.

Anzitutto  Dio, nel caso voglia qualcosa da noi, dimostrerebbe con ciò di averci infuso l'umano "libero arbitrio", cioè di averci creati come esseri in qualche modo "scorporabili" e "differenziabili" da lui e quindi dotati di un qualche genere di autonomia.

Interessante poi notare che noi e Dio possiederemmo entrambi la facoltà di volere. Poichè il generante è Dio ed il generato è l'uomo, si avrebbe quindi che il volere è attibuto divino che è stato da Dio stesso almeno parzialmente conferito anche all'uomo.

Ma a quale scopo ? Qualsiasi cosa Dio voglia potrebbe - data la sua onnipotenza - per Egli realizzarsi senza il contributo di alcuno od alcunchè. Anzi, essendo Egli l'Uno, il Tutto e l'Assoluto dovrebbe contenere già in sè anche ciò che, contradditoriamente, potrebbe trovarsi a volere.

Il discorso e le considerazioni su questi aspetti potrebbero da me venir portati a dimensioni ciclopiche. Ma non è il caso.

Ho comunque sollevato il quesito. Che avrebbe potuto anche (anzi, forse meglio) venir trattato all'interno della sezione filosofica, ma il cui eventuale approfondimento trovo più meritevole di approccio fideistico. Saluti ed auguri a tutti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Socrate78

#1
Il libero arbitrio per definizione NON appartiene alla divinità, infatti Egli è COSTRETTO dalla sua natura buona ad agire solo per amore, non può agire in maniera malvagia, quindi non ha nemmeno la possibilità di errare. Ci hai mai riflettuto?
Per quanto riguarda ciò che Dio vuole da noi, la risposta potrebbe essere quella (AZZARDO ovviamente....) di farci evolvere dall'ignoranza alla conoscenza, da una condizione in cui non sappiamo ancora niente di ciò che è giusto ed ingiusto (condizione tipica del bambino piccolo) ad una coscienza adulta che sappia discernere, nei limiti della ragione, il bene dal male.

Kobayashi

Penso che voglia che ciascuno di noi comprenda realmente che dentro se stesso c'è una parte di Dio che aspetta solo di essere risvegliata.

Il cristiano intuisce una cosa del genere e si sforza di compiere un cammino per essere sempre più consapevole di ciò e quindi salvarsi, nel senso di non buttare via la propria vita, di redimere se stesso.
L'alchimista invece vuole redimere la Terra nella sua interezza. Vuole liberare il divino che c'è nella materia. Non vuole salvare solo se stesso, ma il mondo intero.
Per l'alchimista quindi Dio ci chiede di essere custodi attivi della creazione. Non sarebbe sufficiente ne' cercare di salvare solo se stessi, ne' di difendere la creazione nel senso di una conservazione di uno stato originario perfetto. Il compito sarebbe molto più ambizioso: assumersi la responsabilità di portare a compimento la creazione nel senso di una divinizzazione del mondo.

Se la scienza non avesse smarrito questa ambizione spirituale il mondo sarebbe molto diverso...

viator

#3
Salve Socrate78. "infatti Egli è COSTRETTO dalla sua natura buona ad agire solo per amore, non può agire in maniera malvagia, quindi non ha nemmeno la possibilità di errare. Ci hai mai riflettuto?".

No, In effetti una pensata del genere non mi ha mai sfiorato.

Quindi Dio risulterebbe soggetto a qualcosa che lo "costringe". Interessante tesi teologica.

Ciò che lo "costringe" (la sua "natura" !?!?!??) risulterebbe poi contemporaneamente sia incluso in lui (ma perchè si usano sempre i pronomi personali - così "umani" - quando si parla di esso ? Dio è una persona, una "cosa", un ente, una entità, un puro spirito......boh!) sia esterno a lui, visto che riesce a costringere la sua "volontà".

Vabbè che siamo all'interno della sezione "spiritualità" in cui, per presupposto, ciascuno può parlare di ciò che crede e sente senza essere chiamato a dimostrazioni logiche, ma a questo punto trovo che dovremmo essere in due a riflettere. Salutoni ed auguroni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

donquixote

Il problema è innanzitutto comprendere chi è Dio, e poi da questo partire per cercare una risposta alla tua domanda. E la risposta più semplice, più ovvia, ma forse anche la più difficile da comprendere per la mentalità umana la si può intuire ponendosi la domanda in un modo differente: cosa vuole Dio da tutti gli enti? Se Dio è il creatore di ogni cosa ogni cosa avrà un compito da eseguire, se si suppone che anche noi ne abbiamo uno. Se l'uomo, come diceva Gesù Cristo, deve fare "la volontà di Dio" ogni ente creato dovrà fare lo stesso e dunque basterà osservare il comportamento degli altri enti per farsi un'idea di questa volontà. Cosa fanno gli altri enti? Niente di particolare, ma esattamente quello che devono: dal filo d'erba all'ippopotamo ognuno sa quel che deve fare, e lo fa senza problemi; se solo l'uomo si pone un problema del genere significa quantomeno che è ignorante, non sa chi è e nemmeno quel che deve fare nella sua vita. Per questa ragione i saggi di ogni tempo hanno sempre tradotto il concetto di "Volontà di Dio" con due semplici e celeberrimi ammonimenti: il primo è il "Conosci te stesso" scritto sul frontespizio del tempio di Apollo a Delfi, e il secondo, logicamente conseguente, è "Diventa ciò che sei" proclamato da Pindaro e reso celebre nell'attualità da Nietzsche. Se ogni ente, secondo le proprie caratteristiche, partecipa dell'attività creatrice del mondo che si rinnova attimo dopo attimo anche l'uomo, in quanto ente creato e non dissimile essenzialmente dagli altri, dovrà partecipare a tale attività secondo quelle che sono le sue attitudini e caratteristiche, che deve prima conoscere e poi esprimere al massimo delle proprie possibilità.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

viator

Salve Don Quixote. Ottimo intervento. Di taglio filosofico e non spiritualistico. D'altra parte non possono esistere confini netti tra i due ambiti.
Lo scopo dell'esistenza di Dio secondo me è semplicemente la sua persistenza. L'affermazione del proprio esistere. Quindi il sue essere coincide con il suo esistere. Quindi lo scopo di Dio e del Mondo (termine che io considero il sinonimo filosofico di Dio) è l'essere.
Lo scopo del Dio-Mondo e ciò che il Dio-Mondo vuole dalle sue singole parti è la prosecuzione del proprio essere.
Per me la volontà di Dio è semplicemente l'espressione dell'andamento entropico. Saluti ed auguroni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

#6
Le religioni sono piene di contraddizioni e vedo che Viator ci va a nozze  ;D Gli consiglio la lettura di uno più tosto di lui:  l'etica di Spinoza .
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Kobayashi

Secondo me fare ipotesi su Dio al di fuori di una visione spirituale specifica è come rimettersi a giocare con la metafisica: non ha senso.

Riporto un brano di Divo Barsotti (da "La Fuga immobile. Diario spirituale") che affronta la cosa sul piano esistenziale-spirituale.

"Dio ha chiamato l'uomo all'esistenza senza domandargli parere. [...]
Creatura debole, effimera, un nulla, l'uomo si è trovato, si trova in un rapporto diretto, personale, necessario con Dio: volente e nolente non può vivere che questo rapporto.
Se egli accetta, si abbandona ad un Amore infinito, a un amore che non è fatto su misura dell'uomo, e accettare è allora, per lui, voler vivere una vita che supera d'ogni parte i suoi limiti e supera necessariamente i suoi desideri. L'Amore lo consuma eternamente: vivere la vita di Dio, accettare il suo amore, è continuamente morire.
L'uomo può, certo, non accettarlo, ma deve allora, senza poterlo respingere, voler fare a meno di Dio.
E questa lotta contro un Dio che rimane il suo Creatore, non colpisce che l'uomo, lo divide nel più intimo del suo essere, egli non vive più che per dilaniarsi eternamente, in questa impotenza a respingere l'Amore di Colui che lo crea, non può vivere che la sua morte, senza vivere Dio."

anthonyi

Un saluto, e un augurio di BUON NATALE a tutti!

L'oggetto del 3D mi ha fatto venire in mente una questione più particolare, molte religioni valorizzano l'ascetismo, la fuga dal mondo. Le stesse religioni, poi, ci danno dei manuali operativi che spesso si rivelano utili allo stare nel mondo. Per cui io pongo questa domanda, cosa vuole realmente Dio? Che ci estraniamo dal mondo per pensare solo a lui, oppure che viviamo nel mondo per realizzare in esso il suo disegno?

sgiombo

Citazione di: Kobayashi il 23 Dicembre 2018, 06:23:42 AM
Secondo me fare ipotesi su Dio al di fuori di una visione spirituale specifica è come rimettersi a giocare con la metafisica: non ha senso.

Riporto un brano di Divo Barsotti (da "La Fuga immobile. Diario spirituale") che affronta la cosa sul piano esistenziale-spirituale.

"Dio ha chiamato l'uomo all'esistenza senza domandargli parere. [...]
Creatura debole, effimera, un nulla, l'uomo si è trovato, si trova in un rapporto diretto, personale, necessario con Dio: volente e nolente non può vivere che questo rapporto.
Se egli accetta, si abbandona ad un Amore infinito, a un amore che non è fatto su misura dell'uomo, e accettare è allora, per lui, voler vivere una vita che supera d'ogni parte i suoi limiti e supera necessariamente i suoi desideri. L'Amore lo consuma eternamente: vivere la vita di Dio, accettare il suo amore, è continuamente morire.
L'uomo può, certo, non accettarlo, ma deve allora, senza poterlo respingere, voler fare a meno di Dio.
E questa lotta contro un Dio che rimane il suo Creatore, non colpisce che l'uomo, lo divide nel più intimo del suo essere, egli non vive più che per dilaniarsi eternamente, in questa impotenza a respingere l'Amore di Colui che lo crea, non può vivere che la sua morte, senza vivere Dio."

Argomento di discussione che dovrei ignorare da razionalista che detesta le contraddizione logiche ,delle quali le religioni sono strapiene (beh, diciamo: più o meno piene; ma a me ne basta una sola per starne alla larga).
Non riesco però a trattenermi dal fare queste obiezioni:

1 - Non ho capito bene la frase iniziale tua, ma coltivare la metafisica (non so però bene che cosa intenda per "giocare") può essere fatto anche in maniera molto razionale e sensata (eventualmente anche per negarla del tutto).

2 - Dire che Dio ha chiamato l' uomo al' esistenza é un parlare metaforico un po' ambiguo.
Mettendomi nei panni di un credente (non credo mi sia difficile perché lo sono stato fino a quindici - sedici anni) credo che se Dio ci ha creati prima noi non c' eravamo; e dunque non ci ha propriamente "chiamati" ad essere (non si può -attualmente, realmente- chiamare ciò che non esiste, se non potenzialmente).
Usare questo linguaggio mi sembra fuorviante perchè mette in ombra quella che a mio parere é una delle insuperabili aporie delle credenze religiose, e cioé l' ingiustizia profonda dell' imporre l' esistenza a soggetti coscienti, autocoscienti, passibili di felicità e di infelicità (per molte religioni addirittura infinitamente intensa e di durata eterna!) nel' impossibilità logica (insuperabile anche dal' onnipotenza divina, come ben sapeva un grande razionalista come Spinoza) di chiedergli preventivamente il consenso.

Ma vi parrebbe giusto imporre a uno anche solo (ed é un esempio in cui le possibilità di esito positivo sono molto maggiori di quelle di esito negativo mentre nel caso della creazione divina dell' uomo sarebbero sostanzialmente uguali) di scegliere una carta di un mazzo di quaranta (da tresette), senza il suo consenso, con la clausola che se sarà qualsiasi carta diversa dal settebello avrà gioia, felicità, benessere, salute, intelligenza, cultura, ricchezza -per chi ne sia desideroso- in grandissima quantità (o magari in quantità infinita), ma se sceglie il settebello sarà infelice, malato, sofferente, perfino vergognoso di se stesso, anche solo in misura non grandissima (ma in molte religioni le carte da scegliere sono nel 50% dei casi "buone" e nell' altro 50% "cattive" e l' estensione del bene e del male che ne deriva é infinita)?

3 - Solitamente (è anche il mio caso personale) non si crede che Dio non esista in seguito a ragionamenti ed esperienze.
Non mi risulta che alcun ateo sia diventato tale (sarebbe proprio un masochista terribile a volersi infliggere l' inferno) per una deliberata scelta (e non invece per una conclusione logica più o meno coerente e corretta  di ragionamenti circa concetti teorici ed esperienze pratiche) di non accettazione di Dio, per il fatto di volerne (e non inevece doverne, per conseguenza logica di ragionamenti) fare a meno (pur senza poterlo respingere -?-).
Solo un incosciente potrebbe proporsi di "lottare contro Dio" (io mi guarderei bene dal lottare anche solo contro Primo Carnera o Mike Tyson).

Sono solo ragionamenti che propongo alla riflessione di chi crede, non tentativi di convincerlo a cambiare opinione (cosa che d' altra parte non mi interessa più di tanto); non dico che sarebbe come sperare di vincere nella lotta contro Dio, ma quasi, almeno nel caso dei credenti "quia absurdum" -Tertulliano- che mi sembrano la stragrande maggioranza nell' ambito di quella minoranza di credenti che si pongono il problema del fondamento della loro fede e non si limitano ad accettarla acriticamente, passivamente.

Buone feste a tutti!

Kobayashi

@ sgiombo.
La mia prima frase ha questo significato: fare congetture su Dio senza sentire che la questione riguarda una parte profonda di se stesso è un po' come fare esercizi di retorica su un'idea che fin dall'inizio si ritiene assurda. L'esercizio può anche essere intelligente, ingegnoso, ma non sfiora il senso di cui è portatore il rapporto uomo-Dio. È come una dimostrazione matematica formalmente ineccepibile di un'equazione di cui si è certi della sua inutilizzabilità.

Dal punto di vista di un ateo direi che il brano di Barsotti si concentra sullo squilibrio tra la missione di una persona che sente di essere stato chiamato alla vita solo per compiere il bene, l'immensità inesauribile di questo amore, e le proprie forze limitate, che conducono per lo più alla disfatta. Da qui la possibilità di un rifiuto, che però è inevitabilmente una negazione di se stesso in quanto nel proprio intimo, l'uomo (dal punto di vista cristiano di Barsotti), è legato al bene, a Dio. E quindi in questo rifiuto c'è la lacerazione della propria parte più profonda.

Il concetto di creazione non va preso alla lettera, se no si ritorna al mito. L'affermazione "Dio ha creato l'uomo" io la leggo così: nell'uomo c'è una parte divina, una filiazione divina, che va però "indagata", studiata, rimessa continuamente in discussione, praticata in un cammino spirituale il più possibile sincero e quindi sempre soggetto alla critica radicale e all'ateismo.

@ anthonyi
Secondo me l'ascetismo è liberazione (da idoli e "demoni" vari) proprio in vista di un orientamento di tutta la propria energia per la salvezza (terrena) di tutti gli uomini e di tutta la Terra.
Mi sembra sia l'unico significato umano non distruttivo del concetto di ascetismo.
Ma su questo tema urge l'intervento di Sariputra.

Socrate78

@Donquixote: Se fosse vero quello che dici esisterebbero scopi molto diversi tra gli umani a seconda delle diversità di temperamento, poiché appunto le attitudini e le caratteristiche divergono molto: ad esempio un carattere altruista che sente solidarietà per gli altri concluderà che il suo fine è amare il prossimo, mentre un'altra persona attaccata al denaro e al potere concluderà all'opposto che il suo scopo è quello di accumulare beni egoisticamente e mantenere le posizioni di potere raggiunte, concedendo ben poco alla solidarietà! Non porta a questo la tua riflessione?

sgiombo

Citazione di: Kobayashi il 23 Dicembre 2018, 10:22:11 AM
@ sgiombo.
La mia prima frase ha questo significato: fare congetture su Dio senza sentire che la questione riguarda una parte profonda di se stesso è un po' come fare esercizi di retorica su un'idea che fin dall'inizio si ritiene assurda. L'esercizio può anche essere intelligente, ingegnoso, ma non sfiora il senso di cui è portatore il rapporto uomo-Dio. È come una dimostrazione matematica formalmente ineccepibile di un'equazione di cui si è certi della sua inutilizzabilità.
Citazione
Ho capito.
E' un po' quello che ho fatto io (contravvenendo alla mia buona abitudine di non intervenire in questo genere di discussioni).

Dal punto di vista di un ateo direi che il brano di Barsotti si concentra sullo squilibrio tra la missione di una persona che sente di essere stato chiamato alla vita solo per compiere il bene, l'immensità inesauribile di questo amore, e le proprie forze limitate, che conducono per lo più alla disfatta. Da qui la possibilità di un rifiuto, che però è inevitabilmente una negazione di se stesso in quanto nel proprio intimo, l'uomo (dal punto di vista cristiano di Barsotti), è legato al bene, a Dio. E quindi in questo rifiuto c'è la lacerazione della propria parte più profonda.
Citazione
Quindi credo di capire che per "rifiuto" non si intendeva il rifiuto di credere in Dio (che non avrebbe senso) ma il rifiuto di operare il bene.

Però nel proprio intimo l' uomo può benissimo essere deciso ad operare eticamente bene -dal mio punto di vista di ateo; ma credo anche di fatto, come é intersoggettivamente constatabile- anche senza bisogno di Dio.

Il concetto di creazione non va preso alla lettera, se no si ritorna al mito. L'affermazione "Dio ha creato l'uomo" io la leggo così: nell'uomo c'è una parte divina, una filiazione divina, che va però "indagata", studiata, rimessa continuamente in discussione, praticata in un cammino spirituale il più possibile sincero e quindi sempre soggetto alla critica radicale e all'ateismo.
Citazione
Per parte mia trovo inconciliabile una concezione naturalistica dell' uomo (come prodotto dell' evoluzione biologica in un pianeta dove le condizioni fisiche e chimiche l' hanno permessa; o meglio: determinata) e la presenza in lui di una componente divina (soprannaturale, extranaturale).

Trovo  comunque molto apprezzabile la disposizione alla critica radicale, e dunque per un credente anche alla presa in seria considerazione dell' eventualità di aderire all' ateismo (e viceversa, ovviamente).




donquixote

Citazione di: Socrate78 il 23 Dicembre 2018, 10:40:15 AM
@Donquixote: Se fosse vero quello che dici esisterebbero scopi molto diversi tra gli umani a seconda delle diversità di temperamento, poiché appunto le attitudini e le caratteristiche divergono molto: ad esempio un carattere altruista che sente solidarietà per gli altri concluderà che il suo fine è amare il prossimo, mentre un'altra persona attaccata al denaro e al potere concluderà all'opposto che il suo scopo è quello di accumulare beni egoisticamente e mantenere le posizioni di potere raggiunte, concedendo ben poco alla solidarietà! Non porta a questo la tua riflessione?

Solo chi adotta una visione estremamente superficiale e semplicistica può arrivare a tale conclusione, perché riflettendoci un poco si comprende come il "conoscere se stessi" sia un'operazione più complessa e totalmente diversa. Tu stai citando esempi di persone che anziché tentare di conoscere se stessi si specchiano negli altri e a seconda delle caratteristiche del loro ego superficiale decidono per una attività piuttosto che per un'altra. Conoscere se stessi e diventare ciò che si è o, detto in altri termini, "fare la volontà di Dio", prescinde totalmente dalla soddisfazione personale egoistica come siamo abituati a conoscerla oggi, ma è una sublimazione del senso del dovere, un senso del dovere che non proviene da una richiesta sociale, ma da una intima conoscenza di sé, del proprio destino in questo mondo, anche se per avventura la società in cui uno vive si trovasse a rifiutarlo in quanto non conforme alle regole o alle norme vigenti in quel dato momento. Gesù Cristo disse: "sono venuto a fare la Volontà di Colui che mi ha mandato", e lo fece sino a finire in croce, come fece del resto Socrate a suo tempo e tantissimi altri personaggi meno famosi di loro, che espressero se stessi e i loro talenti a prescindere dal giudizio della società di riferimento; anche Nietzche disse, in un suo famoso aforisma, "Forse che io aspiro alla mia felicità? No, io aspiro alla mia opera". Per conoscere se stessi è necessaria la solitudine, il silenzio, e il chiacchiericcio sociale è il luogo meno adatto per compiere questa operazione, mentre è quello più indicato per allevare le scimmie di un determinato ideale, sensato o meno che sia e impersonificato o meno che sia. L'egoismo moderno (a volte ammantato di filantropismo) è l'opposto dell'individualismo mistico che è necessario per conoscere se stessi e contestualmente, seguendo il testo dell'ammonimento di Delfi, "conoscere il mondo e gli dei", e una volta fatto ciò risulta tutto più chiaro. Lo stesso S.Tommaso diceva, giustamente: "noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat Veritas".
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Kobayashi

Cit. sgiombo: "Però nel proprio intimo l' uomo può benissimo essere deciso ad operare eticamente bene - dal mio punto di vista di ateo; ma credo anche di fatto, come è intersoggettivamente constatabile - anche senza bisogno di Dio".

Sono d'accordo. Sicuramente è così.
Se però la propria spinta a fare il bene è sentita come qualcosa che ha un'origine non spiegabile con le sole motivazioni biologiche e sociali, se è sentita come una missione "misteriosa", bisogna avere il coraggio di affrontare anche le ipotesi paradossali della vita spirituale e, nel caso, abbandonare il proprio ateismo istintivo.