Chi di voi crede nella resurrezione di Cristo?

Aperto da Socrate78, 24 Aprile 2019, 17:03:11 PM

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green demetr

Citazione di: InVerno il 28 Aprile 2019, 13:15:00 PM
Citazione di: Socrate78 il 28 Aprile 2019, 12:21:55 PMDio nel rivelarsi al popolo ebraico non ha voluto immediatamente parlare di Amore universale, di fratellanza, poiché un messaggio del genere sarebbe stato ritenuto immediatamente falso perché troppo discordante dalle idee del tempo. Sarebbe stato insomma come parlare della filosofia di Kant ad un bambino di cinque anni.....
Che la mentalità degli ebrei fosse quella di un bambino di cinque anni è un giudizio tuo, nel resto del mondo si erano già palesati filosofi e predicatori che avevano come tema principale l'amore, la fratellanza e il rispetto del prossimo. Forse avrebbe dovuto palesarsi a popoli meno retrogradi e sanguinari, ve n'erano aiosa e la scelta era vasta, ma ha deciso di ispirare uno dei libri più sanguinari e violenti della storia umana, per la fissazione con una specifica tribù su dodici (ti ricordo che si manifesta agli israeliti, non a tutti gli ebrei) con specifiche intenzioni genocide e di pulizia etnica. Ognuno sceglie le sue sfide, e Dio avrà scelto le sue, ma non confonderti pensando che il popolo eletto fosse "il meglio che ha trovato" al quale si è dovuto adattare.

Inverno stavo ragionando in base proprio alla misnà che riguarda Abramo.
Non è il Dio degli ebrei, è il Dio degli ebrei E di Abramo.

Credo sia fondamentale. Certo un cristiano dovrebbe studiare l'ebreo....e questo è vietato da nostra santissima chiesa.
Alle cei dovete leggere, alla cei!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Sariputra

Il concetto di 'resurrezione', elemento cardine della teologia cristiana sulle realtà ultime, è stata approfondito nel dibattito e nella riflessione postconciliare, anche per opera di eminenti e profondi pensatori non cattolici, come il grande teologo evangelico Jurgen Moltmann, per esempio. Ora, cosa ci suggerisce la nuova formulazione ? Nella visione preconciliare l'immortalità dell'anima era naturalmente accettata e fatta propria dalla teologia venendo da una lunga tradizione che passava da Agostino a Tommaso d'Aquino. La nozione di 'anima' ha però molti significati, anche diversi, nella Bibbia e alcuni non riducibili all'ideale platonico di essenza trascendente immortale. Nell'Ebraismo infatti l'anima è anche forma corporis. Non ignorando questa difficoltà, nel 1979 la Congregazione per la dottrina della fede, presenta un famoso documento dal titolo "Alcune questioni concernenti l'escatologia", dove dichiara:

" La Chiesa afferma la sopravvivenza e la sussistenza, dopo la morte, di un elemento spirituale, il quale è dotato di coscienza e di volontà, in modo tale che "l'io umano" sussista, pur mancando nel frattempo del complemento del suo corpo. Per designare un tale elemento la Chiesa adopera la parola "anima", consacrata dall'uso della sacra Scrittura e della Tradizione. Senza ignorare che questo termine assume nella Bibbia diversi significati, essa ritiene tuttavia che non esista alcuna seria ragione per respingerlo e considera, inoltre, che è assolutamente indispensabile uno strumento verbale per sostenere la fede dei cristiani".

L'uso del termine e del concetto di 'anima' assume pertanto una valenza essenzialmente 'pratica', come uno strumento efficace per la fede e per la devozione del credente cristiano. 
Diventa infatti estremamente complesso, e infatti l'allora cardinale e teologo influentissimo Joseph Ratzinger , lo espliciterà chiaramente, passare dall'idea dell'anima, come comunemente intesa dal credente, alla nuova riflessione e all'approfondimento che viene avanti in conseguenza del lavoro di definizione, più "completo" si potrebbe dire, che la teologia postconciliare sta portando avanti.
Il teologo Joseph Ratzinger scriverà proprio in risposta a questa consapevolezza della difficoltà insita nella nuova definizione teologica, pur ammettendo che nella nuova teoria cattolica ci sono "singoli elementi importanti"( come il rifiuto di "rompicapo fisicisti" a riguardo della Resurrezione... ):

"Era sotto molteplici aspetti del tutto utile e giustificato intraprendere una buona volta l'esperimento per verificare se, con una nuova terminologia e con il rifiuto del concetto di anima, si potessero descrivere i rispettivi contenuti. Ma chi guarda spassionatamente al risultato deve confessare: no, non è possibile".

La nuova teoria parla infatti una lingua docta, per esperti, che non può diventare la lingua della predicazione, che tiene insieme resurrezione dell'uomo nella sua totalità e immortalità dell'anima.
Ma qual'è allora questa 'nuova teoria' che sta prendendo forma nella riflessione teologica?
Non essendo neanch'io in possesso della lingua docta della teologia provo a riassumerla in poche parole, sperando di averla in parte compresa:
Per Ratzinger l'immortalità dell'anima nella dottrina teologica non è di derivazione platonica, ma è un dato dell'antropologia cristiana, elaborata in una sintesi originale di elementi platonici, aristotelici e cristiani da Tommaso d'Aquino. L'anima, come 'principio razionale e spirituale' dell'essere umano è, aristotelicamente, forma corporis, legata alla materia che plasma in corpo umano; ma è anche, platonicamente, trascendente la materia. L'anima, legata alla materia ma trascendente la materia  è immortale ma...attenzione... non è immortale in forza della sua "sostanza" spirituale, come afferma la neoscolastica, ma bensì in forza della sua "struttura dialogica". L'uomo viene creato da Dio capace di conoscerlo e amarlo, cioè di entrare in relazione con lui (e questo è un dato importante e originale dell'antropologia cristiana...).
L'immortalità dell'anima non è quindi immortalità di 'sostanza' ma immortalità di relazionalità. Questa immortalità di relazionalità è il dono del Creatore. L'antropologia cristiana, a questo punto, sostiene la "uni-dualità" ( che come potete ben comprendere  non è affatto semplice come tema di una comune predicazione...) e non il dualismo di anima e corpo e pertanto sostiene solo l'immortalità dialogica dell'anima.
Scrive Ratzinger:

"Il concetto dell'anima, qual è stato usato nella liturgia e nella teologia fino al Vaticano II, ha in comune con l'antichità altrettanto poco quanto il concetto di risurrezione. Esso è un concetto tipicamente cristiano e solo per questo motivo ha potuto essere formulato sul terreno della fede cristiana, di cui esprime la visione di Dio, del mondo e dell'uomo nell'ambito dell'antropologia".

Immortalità di relazionalità cosa significa? Da quel che ho inteso ha un significato duplice:
Dopo la morte corporale non sopravvive una 'sostanza immortale' ma bensì sopravvive in Cristo tutto quel 'pezzo di mondo' che è la relazionalità del rapporto con Dio che l'essere umano nel suo insieme (anima e corpo) ha intrattenuto con lui durante l'esistenza.
Sarà questa relazionalità immortale che plasmerà il nuovo corpo al compimento del tempo nella resurrezione.
E qui mi viene in aiuto il grande teologo Gisbert Greshake che spiega come l'uomo non trova compimento solo come un semplice "io immortale" fuori della storia, ma che anzi "ritorna a Dio con il suo mondo e con la sua storia, con l'intera sua vita".
La resurrezione del corpo non è quindi una questione di atomi e molecole, di ossa , muscoli e tendini, di cenere o polvere, ma di storicità e soprattutto di relazionalità e di grazia. L'uomo porta nella propria morte, con un immagine poetica, 'la messe del tempo' e 'il patrimonio delle sua azione' ( Eh!Dal karma non si prescinde mai... ;D ). In definitiva l'essere umano porta "un pezzo di mondo".
La resurrezione del corpo non è quindi la resurrezione del corpo fisico nella fisicità, nella materialità, nella sua "corporalità" (Korperlichkeit), ma dell'essere nella sua totalità, ossia nella sua relazionalità con il mondo e con la storia, nella sua "corporeità" (Leiblichkeit), che non è ovviamente fisicità e materialità, ma relazionalità e storicità.
Nell'antropologia biblica, che è unitaria, corrisponde dunque la 'morte totale' (Ganztod) e, in questa morte totale di anima e corpo, vissuta dal Cristo stesso, per la grazia, la resurrezione dell'essere umano nella sua totalità e nella sua corporeità che è fatta di relazione e storia... sofferta , vissuta e amata.

Vi saluto e me ne torno nell'orto devastato dalla grandine... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

odradek

#62
il problema non è la resurrezione di Cristo, che tanto era Dio e faceva e disfaceva a piacere, i problemi (se si possono chiamare così, beninteso) arrivano dopo

All'udienza generale del 4 dicembre 2013 Papa Francesco ha proposto una catechesi, nell'ambito della sua catechesi sul Credo, sull'affermazione «Credo la risurrezione della carne»: «una verità non semplice e tutt'altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future». La catechesi del Papa ha avuto come centro «il rapporto tra la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione. Lui è risorto, e perché Lui è risorto anche noi risusciteremo». Se non crediamo che Gesù è veramente risorto - non si tratta solo di un simbolo - credere che anche noi resusciteremo non ha alcun senso. Se invece crediamo, non presteremo fede a quei teologi che negano la resurrezione della carne e la comprenderemo come un vero evento futuro, fattuale e storico.
Storicamente, la Sacra Scrittura «contiene un cammino verso la fede piena nella risurrezione dei morti», che ha una tappa importante nella visione del profeta Ezechiele su «ossa aride che tornano a vivere grazie all'infusione di uno spirito vivificante». Ma solo «Gesù, nel Nuovo Testamento, porta a compimento questa rivelazione, e lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona». Non ci resusciteremo da soli: «sarà Gesù Signore che risusciterà nell'ultimo giorno quanti avranno creduto in Lui».

Fate vobis, magari ci saranno  i forum telepatici al posto delle 40 vergini.
p.s.: per chi ha voglia di constatare con che tipo di "gente" si ha a che fare ecco un altro articolo dallo stesso sito :  http://www.lanuovabq.it/it/prete-su-nave-ong-segno-di-una-chiesa-ideologica

Sariputra

Tralasciando le valutazioni spregiative e ideologiche, che non mi interessano e che tendono sempre a "fare di tutta l'erba un fascio", la riflessione teologica moderna sui novissimi , oltre a non essere un'esclusività cattolica , ma anzi proprio negli ambienti evangelici ha trovato nuova linfa, che poi ha influenzato profondamente anche il pensiero cattolico, non ha alcun riferimento con l'attività di singoli chierici nell'esercizio della loro pastorale personale.

Nel mio precedente post parlavo dello sforzo dell'escatologia postconciliare di uscire da una visione esclusivamente 'materialistica' della resurrezione alla Parusia del Cristo. Questo è uno sforzo che la teologia compie per ancorare la discussione sulle 'realtà ultime cristiane' alla nuova esegesi biblica che, a partire dagli anni cinquanta, introduce il metodo storico-critico nell'interpretazione della predicazione di Yeoshwa.
La riapertura dell'"Ufficio escatologico cattolico chiuso per restauro" (Von Balthasar) diventa necessaria perché il cambiamento interpretativo è reso evidente soprattutto nel libro del teologo protestante Johannes Weiss "Die Predigt Jesu vom Reiche Gottes" nel quale si sosteneva con forza la tesi che il cuore dell'annuncio del Cristo era il Regno di Dio. A questo punto c'è l'ulteriore sviluppo (che va oltre la teologia liberale allora dominante...) che "il centro deve plasmare il tutto".
Il messaggio dell'avvento del Regno di Dio non può più essere confinato a un tempo futuro, ma riguarda anche  il presente e la "forza" che muove in avanti questo presente.
Da qui quindi il famoso enunciato che fa Karl Barth (1922): 

"Un Cristianesimo che non è in tutto e per tutto e senza residui escatologia, non ha niente a che fare con Cristo".

Da questo punto in avanti diventa evidente che l'escatologia è una dimensione della teologia.
Il problema della teologia liberale dominante era che tendeva a espungere l'escatologia, ritenuta estranea alla coscienza religiosa moderna ( e anche qui, nel piccolo del nostro forum, abbiamo potuto osservare la difficoltà della sensibilità moderna di orientarsi in senso escatologico...). La teologia dialettica invece la reintroduce come centro, il quale centro determina l'intero pensiero cristiano. Ma il centro escatologico va ripensato, approfondito, ben compreso..(per questo si "riapre l'ufficio escatologico chiuso"...).
E' proprio il Barth dialettico a riportare il Tempo al centro dell'annuncio cristiano: l'attimo eterno è il significato trascendentale di tutti gli attimi e di ogni attimo. L'eternità è tangente al tempo. Dio, dirà barth, per entrare in dialogo con l'uomo, si prende del tempo. "Ha tempo per noi" e l'uomo ha tempo per Dio.
C'è la formulazione di una sorta di 'tensione' tra l'escatologia del presente e l'escatologia del futuro.
Per una concezione apocalittica dell'escatologia cristiana, il futuro inghiotte il presente; per una concezione esistenziale, il presente inghiotte il futuro; una concezione storica della salvezza tiene in tensione presente e futuro...

Senza entrare nel merito della catechesi dell'attuale pontefice Francesco sulla resurrezione, che è rivolta a tutti e quindi non rientra in un discorso dotto teologico, faccio semplicemente notare che proprio il suo predecessore come vescovo di Roma, Benedetto decimo sesto, è stato una dei massimi esponenti e fautori di questo rinnovamento della riflessione sui novissimis...
Sulla strada del bosco
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InVerno

#64
Ecco perchè bisogna criticare i cospirazionisti, quelli che credono che ci sia chissà quale macchinazione, vedi bene come sono candidi e onesti i papi.

Francesco si chiede, se la resurrezione non è carnale, che ci crede a fare la gente in quella di Cristo? Lui lo sa che la gente vuole risorgere ossa pelle e polmoni..Più chiaro di così..

Ratzinger invece propone il mistero dell' "unidualismo", come un cancello per tenere fuori quei capoccioni che insistono con "rompicapo fisicisti",  maledetti loro, sempre a guastar feste! Ovviamente l'unidualismo richiederà fede per essere accettato, razionalmente la parola non ha alcun senso, è per quello che Cristo non l'ha mai pronunciata, perchè diceva cose razionali a differenza dei preti.

E poi è colpa degli atei se non c'è più religione..
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

odradek

#65
a Sariputra

citazione :
Senza entrare nel merito della catechesi dell'attuale pontefice Francesco sulla resurrezione, che è rivolta a tutti e quindi non rientra in un discorso dotto teologico, faccio semplicemente notare che proprio il suo predecessore come vescovo di Roma, Benedetto decimo sesto, è stato una dei massimi esponenti e fautori di questo rinnovamento della riflessione sui novissimis...

ma come senza entrare nel merito;
come fai a dire che la catechesi di Francesco è rivolta a tutti e non rientra in un dotto discorso teologico ?  Quindi i dotti teologi sarebbero dispensati dal seguire quel che dice il Papa (infallibile) ;
quindi la faccenda della resurrezione della carne sarebbe una cosa per sempliciotti (io la penso così, non certo il Papa e nemmeno i teologi) che i dotti teologi potrebbero pure tralasciare.  La catechesi del Papa è rivolta a tutti , ed è infallibile.  
La tua conclusione è che la catechesi non rientra in un dotto discorso teologico.
E' una assurdita e qualsiasi cattolico te lo potrà confermare.  
Il papa è infallibile e la resurrezione della carne è una realtà, anche e sopratutto per i teologi.
Chi non crede in questo è fuori dal cattolicesimo, e la tua è una eresia bella e buona.

E' bello fare il "cattolico"; certezze e nessun dubbio; mi piace  :)

p.s.: per chi non sapesse cosa sono i "novissimi" e si aspettasse clamorose novità può verificare qui
https://it.cathopedia.org/wiki/Novissimi

Sariputra

@Odradek
Una catechesi papale non significa automaticamente che il papa parla ex cathedra, cioè  appellandosi al dogma dell'infallibilità come definito nella costituzione apostolica Pastor aeternus. Deve esercitare questa prerogativa di dottore o pastore universale della Chiesa (episcopus servus servorum Dei). Di conseguenza il dogma vale solo quando esercita il ministero petrino proclamando un nuovo dogma o definendo una dottrina in modo definitivo come rivelata. 
Nella catechesi citata non c'è nulla di contrario all'interpretazione di Benedetto, semmai possiamo vederci una semplificazione, come è uso fare questo pontefice "vicino alla gente". Quando si parla di interpretazione non ex cathedra, l'opinione di un teologo equivale a quella del papa, se non nella differente autorità riconosciuta dal popolo cristiano. Se leggiamo con attenzione quello che hai riportato troviamo questa frase: "«una verità non semplice e tutt'altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future». Questo non richiama esattamente le parole di Joseph Ratzinger quando sostiene che la nuova teoria parla una lingua docta, per esperti, che non può diventare la lingua della predicazione, che tiene insieme resurrezione dell'uomo nella sua totalità e immortalità dell'anima ?
 Forse che uno scienziato, per scrivere un libro divulgativo, lo riempirà di formule matematiche incomprensibili ai più? Proprio di questa difficoltà di comprensione dell'escatologia si fa chiaro portavoce il precedente pontefice che infatti ribadisce la necessità,  per la catechesi e la predicazione, di tenere unite le due dottrine dell'immortalità dell'anima (comunemente intesa, "platonica" per intenderci...) e della resurrezione della carne.
La teologia moderna non butta affatto nel cestino la concezione escatologica precedente, semmai la approfondisce chiarendone il significato, pur nella provvisorietà delle definizioni, essendo un "cantiere dialettico aperto".  Il Cristo risorto infatti è uguale al Yeoshwa crocifisso ma nello stesso tempo non lo è. Se Tommaso potrà toccare le sue ferite, i discepoli di Emmaus invece lo riconosceranno solamente nell'atto dello spezzare il pane.
E' evidente che, in questa visione biblica, non si tratta di una banale resurrezione della carne, ma di qualcosa di molto diverso in cui anche la carne (la forma..) ha il suo significato, ma non è esaustiva dell'evento "resurrezione". Il tentativo di comprendere questo mistero dottrinale è per l'appunto il lavoro teologale odierno che ha riportato al centro della riflessione l'escatologia, abbandonata sino alla fine del XIX sec.

Come vedi è tutt'altro che facile "fare il cattolico", come dici, perché, contrariamente a quello che comunemente si crede, un lavoro di ricerca di questo tipo pone in evidenza proprio la precarietà delle certezze e chiede un lavoro collettivo di "discernimento" a cui è chiamata l'intera ecclesia (l'intero popolo in cammino, direbbero i cristiani...). Il cristiano infatti è chiamato a 'realizzare il regno', non semplicemente ad adeguarsi a delle formule o a delle interpretazioni. I pontefici stessi non sono "membra esterne" della comunità dei credenti impegnata in questo...
Questo vale ovviamente per ogni forma di religione seria. Pensiamo forse che il Buddhismo attuale non sia qualcosa di diverso da quello originario?  Molte, moltissime cose dell'Insegnamento si sono comprese in modo più profondo lungo il passare dei secoli. Altre , più legate al momento storico e culturale , sono stata lasciate in disparte. Nel Buddhismo non c'è nemmeno una vera dogmatica, per cui la mia interpretazione del Dhamma equivale, in linea di principio, a quella del Dalai Lama...(ma c'è una tradizione con cui sempre confrontarsi. E questo è molto, molto importante...onde evitare evidenti contraddizioni dottrinali o assurdità varie  :( ).

Ciao  :)
Sulla strada del bosco
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odradek

Quindi, la resurrezione della carne è una pirlata per i sempliciotti o c'è davvero ?
Perchè qua sta la faccenda; si o no, ed invece sempre parole su parole su parole.
O credi nella resurrezione dei corpi o non sei un cattolico.
Punto e basta; le parole servono qua, non in chiesa.

Cattolicesimo = resurrezione della carne.  Chi non ci crede è fuori. Anche se scrivessi 1000 pagine.

Sariputra

@Odradek
E' impossibile e 'ridicola' una risposta come quella che pretendi. Tanto più a riguardo di uno dei misteri più profondi della fede cristiana. Io ho cercato solamente di riportare , maldestramente forse, una piccolissima sintesi di quella che è lo "stato dell'arte" della teologia contemporanea  su questo tema.
Non è che siamo dal salumiere e dobbiamo rispondere semplicemente sì o no alla domanda: "Un etto di prosciutto, allora?"...

Se stiamo parlando di un argomento che riguarda una dottrina religiosa , in una sezione dedicata all'uopo, non credo sia proficuo andare avanti per "slogan" e semplificazioni, soprattutto per un tema come questo, che è tutt'altro che semplice e che impegna la riflessione teologica da due millenni...
E' più semplice dire che non ti interessa punto. Non ci credi per niente. Posizione assolutamente legittima. Io stesso non ho preso partito, come ritengo sia giusto fare quando si presenta una riflessione su qualcosa che, alla fine, si conosce solo parzialmente. In questi ultimi mesi mi sono dedicato a diverse letture che mi mancavano  e ne ho tratto quello che vi ho presentato e proposto, senza alcuna pretesa da parte mia. In questa prospettiva non capisco il senso  dei tuoi post...
Ciao  :)
Sulla strada del bosco
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Trattiene rondini nei capelli.

Freedom

Citazione di: odradek il 04 Maggio 2019, 19:42:44 PM
Quindi, la resurrezione della carne è una pirlata per i sempliciotti o c'è davvero ?
Perchè qua sta la faccenda; si o no, ed invece sempre parole su parole su parole.
O credi nella resurrezione dei corpi o non sei un cattolico.
Punto e basta; le parole servono qua, non in chiesa.

Cattolicesimo = resurrezione della carne.  Chi non ci crede è fuori. Anche se scrivessi 1000 pagine.
Chiedi una risposta che nè la teologia nè il buon senso possono darti. Hai certamente ragione quando affermi che la resurrezione della carne è il dogma cristiano fondamentale, di gran lunga il più importante. Infatti non è il Natale ma la Pasqua la festa cristiana per eccellenza. Ma cosa si intende per resurrezione della carne? Questa sarebbe già una domanda leggermente più appropriata la cui risposta, tuttavia, come tenterò di dimostrarti, è tutt'altro che semplice.

Mi domando, per esempio, quale dovrebbe essere l'età giusta della resurrezione della carne. Intendo: si resuscita con lo stesso corpo che si aveva al momento della morte? Magari con il corpo di un novantenne consunto dalla vecchiaia oppure di un trentenne che è deceduto devastato e reso orribile da una malattia degenerativa tremenda? E se fossimo morti da bambini o, addirittura, da neonati? Oppure affetti da malformazioni congenite o mutilazioni occorse durante la nostra vita?

Quelle appena elencate sono perplessità, forse banali, che tuttavia ci esortano a riflettere sul senso che può avere la resurrezione della carne. Riflessioni da farsi senza l'aiuto della teologia, del magistero della chiesa o dei santi che hanno vissuto dalla morte di Cristo sino ad oggi.

Per quel poco che vale la mia opinione penso che con la resurrezione della carne si voglia intendere che, dopo morti e risorti, si abbia una vita che, in qualche modo, si avvalga delle stesse facoltà di cui disponiamo da vivi.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

Jean

cit. Sariputra: 

L'immortalità dell'anima non è quindi immortalità di 'sostanza' ma immortalità di relazionalità.
..........

Immortalità di relazionalità cosa significa? Da quel che ho inteso ha un significato duplice:
Dopo la morte corporale non sopravvive una 'sostanza immortale' ma bensì sopravvive in Cristo tutto quel 'pezzo di mondo' che è la relazionalità del rapporto con Dio che l'essere umano nel suo insieme (anima e corpo) ha intrattenuto con lui durante l'esistenza.
Sarà questa relazionalità immortale che plasmerà il nuovo corpo al compimento del tempo nella resurrezione.
E qui mi viene in aiuto il grande teologo Gisbert Greshake che spiega come l'uomo non trova compimento solo come un semplice "io immortale" fuori della storia, ma che anzi "ritorna a Dio con il suo mondo e con la sua storia, con l'intera sua vita".
La resurrezione del corpo non è quindi una questione di atomi e molecole, di ossa , muscoli e tendini, di cenere o polvere, ma di storicità e soprattutto di relazionalità e di grazia. L'uomo porta nella propria morte, con un immagine poetica, 'la messe del tempo' e 'il patrimonio delle sua azione' ( Eh! Dal karma non si prescinde mai... 
 ). 
 

Ciao Sari,

grazie per aver riportato il concetto di immortalità di relazionalità che trovo assai stimolante, sia di provenienza cristiano-cattolica o altra.

Ogni persona a ben vedere coltiva in sé il proprio "pezzo di mondo" e la fede, un po' come l'amore, è capace di estenderlo ben oltre i confini del ragionamento e/o della logica.

Quell'orto/pezzo di mondo così ben curato, pur se soggetto in vita ai rigori delle intemperie, è tuttavia protetto dalla relazionalità cui si rivolge e da cui attinge la forza che lo alimenta.

Di cosa sarà dopo, al di là del nostro aldilà, si possono far congetture (e son belle a farsi... agganciandole agli episodi delle nostre ed altrui vite) per cercar una traccia che renda conto di quell'insopprimibile sensazione di sgomento di fronte al consumarsi della sabbia nella nostra clessidra, quasi non sia possibile che tutto il nostro mondo, tutta la nostra storia sia destinato a dissolversi. 
Quasi che quel po' d'amore che abbiamo provato, nel rompersi anch'esso al termine del percorso, ne possa cambiare il senso e la prospettiva:  A – mors
 


Un caro saluto
Jean 

odradek

#71
a Freedom :

citazione :
Chiedi una risposta che nè la teologia nè il buon senso possono darti. Hai certamente ragione quando affermi che la resurrezione della carne è il dogma cristiano fondamentale, di gran lunga il più importante.

Finalmente un cattolico vero. Grazie per l'intervento.

citazione :
Ma cosa si intende per resurrezione della carne? Questa sarebbe già una domanda leggermente più appropriata la cui risposta, tuttavia, come tenterò di dimostrarti, è tutt'altro che semplice.

Per resurrezione della carne si intende quello che dici tu alla fine del tuo post. Esattamente quello   :)

citazione :
Mi domando, per esempio, quale dovrebbe essere l'età giusta della resurrezione della carne. Intendo: si resuscita con lo stesso corpo che si aveva al momento della morte? Magari con il corpo di un novantenne consunto dalla vecchiaia oppure di un trentenne che è deceduto devastato e reso orribile da una malattia degenerativa tremenda? E se fossimo morti da bambini o, addirittura, da neonati? Oppure affetti da malformazioni congenite o mutilazioni occorse durante la nostra vita?

Si rinasce con il corpo glorioso.  http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p123a11_it.htm
Tutte le risposte stanno li.  Fuori da quelle risposte sei fuori dalla chiesa.

citazione:
Quelle appena elencate sono perplessità, forse banali, che tuttavia ci esortano a riflettere sul senso che può avere la resurrezione della carne. Riflessioni da farsi senza l'aiuto della teologia, del magistero della chiesa o dei santi che hanno vissuto dalla morte di Cristo sino ad oggi.

Se mi dici che gli esercizi spirituali sulla morte e sulla resurrezione hanno un senso nella esistenza cattolica siamo d'accordo.
Se anche tu "rifletti" al di fuori del magistero della chiesa  sei "in errore"
La chiesa è dogma, non è che  uno riflette per conto suo, o meglio riflette eccome, ma poi crede e basta; non c'è uscita. Si chiama umiltà della ragione, ed è caldamente raccomandata, non da me.

citazione :
Per quel poco che vale la mia opinione penso che con la resurrezione della carne si voglia intendere che, dopo morti e risorti, si abbia una vita che, in qualche modo, si avvalga delle stesse facoltà di cui disponiamo da vivi.

La tua opinione vale moltissimo invece, primo perchè è la tua, e secondo perchè effettivamente allineata con la dottrina della chiesa.
Quel che hai detto è quello che un cattolico deve dire senza tanti giri di parole se vuole che la sua fede e la sua religione siano rispettate, anche dagli animali come me.  
Il resto sono parole che vanno e vengono; riflettiamo che tizio e caio han detto e voncastrus disse che vonbaltasar affermò.
Pagliacciate degne di sofisti della razza mia.  O credi o non credi.

Sariputra

#72
Citazione di: Jean il 04 Maggio 2019, 23:03:07 PMcit. Sariputra: L'immortalità dell'anima non è quindi immortalità di 'sostanza' ma immortalità di relazionalità. .......... Immortalità di relazionalità cosa significa? Da quel che ho inteso ha un significato duplice: Dopo la morte corporale non sopravvive una 'sostanza immortale' ma bensì sopravvive in Cristo tutto quel 'pezzo di mondo' che è la relazionalità del rapporto con Dio che l'essere umano nel suo insieme (anima e corpo) ha intrattenuto con lui durante l'esistenza. Sarà questa relazionalità immortale che plasmerà il nuovo corpo al compimento del tempo nella resurrezione. E qui mi viene in aiuto il grande teologo Gisbert Greshake che spiega come l'uomo non trova compimento solo come un semplice "io immortale" fuori della storia, ma che anzi "ritorna a Dio con il suo mondo e con la sua storia, con l'intera sua vita". La resurrezione del corpo non è quindi una questione di atomi e molecole, di ossa , muscoli e tendini, di cenere o polvere, ma di storicità e soprattutto di relazionalità e di grazia. L'uomo porta nella propria morte, con un immagine poetica, 'la messe del tempo' e 'il patrimonio delle sua azione' ( Eh! Dal karma non si prescinde mai... ).  Ciao Sari, grazie per aver riportato il concetto di immortalità di relazionalità che trovo assai stimolante, sia di provenienza cristiano-cattolica o altra. Ogni persona a ben vedere coltiva in sé il proprio "pezzo di mondo" e la fede, un po' come l'amore, è capace di estenderlo ben oltre i confini del ragionamento e/o della logica. Quell'orto/pezzo di mondo così ben curato, pur se soggetto in vita ai rigori delle intemperie, è tuttavia protetto dalla relazionalità cui si rivolge e da cui attinge la forza che lo alimenta. Di cosa sarà dopo, al di là del nostro aldilà, si possono far congetture (e son belle a farsi... agganciandole agli episodi delle nostre ed altrui vite) per cercar una traccia che renda conto di quell'insopprimibile sensazione di sgomento di fronte al consumarsi della sabbia nella nostra clessidra, quasi non sia possibile che tutto il nostro mondo, tutta la nostra storia sia destinato a dissolversi. Quasi che quel po' d'amore che abbiamo provato, nel rompersi anch'esso al termine del percorso, ne possa cambiare il senso e la prospettiva: A – mors  Un caro saluto Jean

Ciao Jean

La svolta profonda nella riflessione sulle "realtà ultime" cristiane  parte dagli ambienti evangelici e trova poi  eco vasta e profonda in quelli cattolici. Le realtà escatologiche erano state marginalizzate nella teologia liberale, ridotte a brevi paragrafi alla fine dei testi. Nella nuova teologia dialettica, che guarda al mondo contemporaneo e che mette a fuoco i temi della speranza nei conflitti della storia e della società, "Dio" diventa il nome di un percorso, di un itinerario. Metz dirà che "il pensiero di Dio è un pensiero eminentemente pratico". Addirittura aggiungerà che "Il Regno di DIo non è indifferente rispetto all'andamento del commercio mondiale" (in senso critico ovviamente)...Chiaro l'eco che poi, questa concezione, troverà nella teologia della liberazione...
Come succede di solito, le cose che vengono emarginate, in questo caso l'escatologia e il tema della resurrezione, poi, per 'contraccolpo', una volta riprese per mano, tendono a prendere possesso del 'centro' della nuova riflessione. E questo non solo nel discorso teologico, ma credo anche in quello filosofico o spirituale in senso lato...
Il discorso escatologico che quasi si presentava come una sorta di "geografia dell'aldilà" (Delumeau) si sposta sul piano di una teologia delle speranze. Si passa cioè da un discorso sulle realtà ultime che presentava toni angoscianti e paurosi ("pastorale della paura")ad uno che si apre ad un'orizzonte fatto di speranza.
Proprio Von Balthasar, testimone e anche uno degli artefici di questo passaggio,  chiarisce la profondissima differenza d'impostazione teologica:


"Il posto del Maràna tha era stato preso dal Dies irae".


L'immortalità della relazionalità con Dio, vista come "pezzo di storia del mondo" che il cristiano porta nel cuore di Cristo, quindi non più come una monade immortale posta di fronte al proprio creatore, ma come granello del Regno che si è tentato di costruire nel tempo e nella storia (nella propria storia umana vissuta come testimonianza di una presenza...) apre ad una nuova visione che non faccio fatica a definire come "più vasta", più comprensiva, proprio perché fondata sulla 'valorizzazione' del vissuto che, in definitiva, è quello che noi siamo...
Questo, anche se i tempi non sono ancora probabilmente 'maturi', per il cristiano medio, per così dire, per afferrare questa complessità e ampiezza di veduta che va a toccare anche il tema dell'immortalità dell'anima, ossia il superamento del concetto di 'essenza' in ragione del più profondo e vasto  di "relazionalità"...

Una nota personale...
L'anno scorso assistevo mio padre morente in ospedale. Veniva spesso a trovarlo un giovane prete alquanto bonario e simpatico. Dall'età avrebbe potuto quasi essere mio figlio. Molto giovane e impacciato nei modi...
Un giorno notò che, sul mobiletto accanto al letto, tenevo il Dhammapada che leggevo mentre passavano le lunghe ore dell'attesa...Parlammo un pò del mio interesse per il Buddhismo, che ammise di conoscere poco e male. Così , non ricordo il perché, mi trovai a parlargli dell'interdipendenza, uno dei concetti principali del Dhamma buddhista...Mi ascoltò un pò e poi disse." Ma è esattamente il nostro destino. Quello di tuo papà...Nulla andrà perduto di ciò che è stato un bene nella sua relazione con te. Perché tutto ciò che è bene sopravviverà alla morte, in Cristo..."
Queste parole mi facevano eco mentre leggevo, in questi giorni, alcuni testi su questa nuova visione escatologica.
La fede personale di quel giovane prete echeggiava sicuramente questa impostazione...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Kephas

In un'opera spirituale sta scritto: "...essendo la Scrittura un tessuto simbolico ordito come una tappezzeria stupenda a rappresentare all'occhio una storia il cui vero significato si deve trovare nell'anima; se vi indugi solo in quanto quadro o storia, è una lettura che uccide; se ravvisi te stesso in lei grazie a lei, allora da vita".
Dunque perché cercare prove se questo fatto (la resurrezione) sia veramente avvenuto! 
Bisognerebbe cercare di comprendere perché ciò è avvenuto!
Io mi sono dato questa interpretazione:
Gesù di Nazaret, figlio dell'uomo, è stato crocifisso, morto su una croce!
Dopo tre giorni è risorto Gesù Cristo figlio di Dio
E' doveroso dire però di non commettere l'errore di considerare la seguente identità iniziale: Gesù=Cristo=Gesù Cristo.
L'equazione invece è la seguente: Cristo è Jehovah, Gesù è l'UOMO in cui Jehovah si incarna, Gesù Cristo è il Signore (Redentore dei nostri cuori)
Forse è questa l'eredità che Gesù Cristo lascia all'intera umanità, e il messaggio per ogni singola umana creatura:
Portare tutti la propria croce simbolo dell'Albero della Vita e su di essa morire alle proprie passioni, per potere da creatura di Dio risorgere come Lui e in Lui a figli di Dio.

naturalmente è una interpretazione personale!!
L'amore è come il mare in tempesta, che tutto travolge nei primi momenti, poi l'arcobaleno che tutto colora, i sogni ed i momenti, poi tutto con il tempo si placa, rimane l'onda tranquilla che torna e ritorna a lambire le sponde.

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