Che cosa ne pensate del relativismo religioso?

Aperto da Socrate78, 30 Luglio 2020, 12:55:07 PM

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InVerno

Citazione di: anthonyi il 17 Settembre 2020, 08:11:52 AM
Citazione di: InVerno il 16 Settembre 2020, 18:02:00 PM
)

@Anthonyi, davvero devo risponderti? Ammesso e non concesso che Dio e i suoi "dintorni" possano considerarsi un esperienza sensoriale, la pasta che ho mangiato oggi era salata. E' vero, o falso?

E' sicuramente vero, non so quanto fosse salata, ma un po' di sale sicuramente c'era.
Tutto quello che noi pensiamo, razionale o meno, viene dalla nostra esperienza. Se tu credi che l'esperienza non possa essere fonte di pensiero razionale allora spiegami con quale razionalità, di origine non esperienziale, puoi argomentare la tesi, secondo te razionale, che una pulsione di fede non possa avere anche origini razionali.
Il problema non è la percezione di Dio, che a quanto mi risulta non è percepibile, anche se la sua presenza è sempre stata forte nel nostro sistema epistemico (anche nel tuo visto che lo hai chiamato in causa anche se non era presente nella mia domanda originaria); il problema è il rapporto con quelle persone che si percepiscono appartenenti a una certa visione del mondo e che possono essere valutate come portatori di un buon modo di vivere, per cui si valuta razionalmente quel modo di vivere e lo si associa a quella cultura religiosa.
Può la fede avere origini razionali? Se con origini intendi premesse, certamente, il fatto che il sale si discioglie nell'acqua è una premessa razionale alla domanda che ti ho posto, il problema è che la fede non può concludere un ragionamento razionale, perchè la fede è esattamente lo "stato" di non-necessità a premesse razionali (vedi Ebrei 11) perciò tu concludi che un pò di sale doveva esserci, senza verificare che io abbia effettivamente buttato il sale. Hai avuto fede in me, e ti ringrazio, ma io ti ho infilato in una falsa dicotomia e tu ci sei cascato. Riguardo al tuo secondo paragrafo posso riconoscere che esistono dei tentativi di valutare le religioni analiticamente nella loro capacità di conseguire un "buon vivere" assumendo degli obbiettivi banali (es. vita>morte - ma è sempre vero?) il problema è che partono da assunti basati sull'esperienza personale (es. "io sono cristiano") e che non hanno modo di discernere  l'impatto della religione da uno dei suoi analoghi (es. il "senso di appartenenza\comunità"). Ci sono alcune confessioni (di solito "porta a porta") per esempio che spingono i propri fedeli ad adottare una "personalità positiva\solare" in modo tale da risultare più convincenti al campanello, e sono sicuro che questi quando rispondono agli studi sopracitati descrivono una vita meravigliosa, piena di senso e spirito. Ho qualche motivo razionale di credergli e ipotizzare che se li seguirò accadrà la stessa con me? No, ma sicuramente c'è la possibilità che mi convincano con qualche argomento metafisico.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Eutidemo

Citazione di: Dante il Pedante il 17 Settembre 2020, 08:33:24 AM
Ciao Eutidemo

Sono Dante :)

tua citazione:
Ed infatti, se, ad esempio, le "verità religiose" della dottrina cristiana (resta poi da vedere "quale" delle tante) fossero evidenti come il fatto che la terra è rotonda, non c'è dubbio alcuno che "tutti" sarebbero cristiani; e la mappa riportata sopra andrebbe dipinta di un unico colore.

Pensando ai terrapiattisti dico che,anche se Dio lo vedessimo tutti sopra una nuvola che guarda in basso,e fosse evidente a tutti che c'è,molti lo negherebbero lo stesso.Molti negavano la divinità di Gesù anche vedendo in diretta i suoi miracoli,mentre tannti altri ci credevano.Sarebbe tanto più facile se fosse evidente come che la terra è una sfera,ma allora che servirebbe la libertà di credere che ci ha dato?La libertà impone di fare delle scelte e se una cosa è evidente che scelta sei chiamato a fare?Sarebbe troppo facile,ma anche inutile per la nostra anima.
Ciao :)
Sono perfettamente d'accordo: il libero arbitrio ci impone di fare le scelte che ci sembrano le più consone. Ed infatti, se una cosa è evidente, c'è poco da scegliere se crederci o meno...ci devi credere per forza. Ciao ;)

Eutidemo

Ciao Phil
Secondo me, il credere o il non credere non può mai costituire un "peccato", in quanto, così come il colore dei nostri capelli, è una cosa che non dipende da noi; a meno che uno non se li tinga, come fanno in molti...ma allora non si tratta del loro "vero" colore.
Ad esempio, se tu mi raccontassi che ieri hai camminato sulle acque, io non "potrei" assolutamente crederti, anche se lo "volessi"; non si tratterebbe di una mia "scelta" volontaria, bensì semplicemente di una mia "reazione intellettiva" automatica, che non dipende assolutamente da me. Ed infatti, con tutta la mia buona volontà, proprio non riuscirei mai a credere "sinceramente" ad una panzana del genere; al massimo potrei mentire per mera cortesia, ma quella non sarebbe (buona)"fede"!
Per cui, visto che io non posso scegliere in cosa credere o no, non mi sembra logico che mi si punisca per ciò che non dipende dal mio libero arbitrio!
Al massimo si può pregare affinchè sia Dio a donarci la fede; ma se non lo fa, non mi pare che non avercela sia colpa nostra.
***
Affermare che «"tutte" le convinzioni religiose (compresa la mia) hanno un valore relativo al popolo e/o alla singola persona che ci crede», è una mera constatazione statistica; perchè, piaccia o meno, è esattamente così che succede, come la mia mappa delle religioni documentalmente dimostra.
"Cuius regio, eius et religio!"
***
Sebbene sia vero che io, fino a circa cinquant'anni, sono stato un ateo convinto, tuttavia, adesso, in Dio "ci credo"; o meglio, "sono propenso a credere che ci sia", per un insieme di ragioni che qui sarebbe troppo lungo spiegare.
Tuttavia:
- non ho certo la presunzione di affermare che, solo perchè io ci credo, o meglio, perchè sono propenso a credere che ci sia, poi un Dio esista sul serio;
- soprattutto non ho la presunzione di affermare che, se un Dio esiste davvero, corrisponde proprio all'idea che me ne sono fatto io.
***
Quanto alle "rivelazioni", ad essere esatti, non mi pare che Dio si sia mai "rivelato" in modo "diretto" ed inequivoco all'intera umanità, scendendo di persona dalle nuvole; mi risulta, invece, che alcuni soggetti "sostengono" che Dio si è "rivelato" a loro in particolare, raccomandogli, poi, di "riferire" la cosa al resto dell'umanità.
Però, mi si consenta, "rivelare" e "riferire" sono due cose alquanto diverse!
***
Tuttavia, forse, potresti aver ragione nel sostenere che io do l'impressione di ragionare ancora come un "ateo"; ed infatti, anche adesso che propendo a credere in qualcosa che, in senso lato, può definirsi "Dio", tuttavia è ben lungi da me l'idea di credere in un dio "antropomorfico" (cioè dalle forme umane) o anche in un dio "antropopatetico" (cioè dai sentimenti umani).
A questo non solo non ci credo, ma lo trovo addirittura "autocontraddittorio"; sebbene io lo ritenga del tutto accettabile ai fini "devozionali".
***
Quanto ad ammettere che il proprio punto di riferimento, la propria religione, rivelandosi appunto "relativa-a-se-stessi", non sarebbe "veritiera", bensì  "autoprodotta" (seppur prendendo libero spunto dalla tradizione), questo sì che mi sembra eccessivamente "riduttivo"; ed infatti  riconoscere che anche le altre religioni sono sullo stesso piano delle nostre, quanto ad "oggettiva constatabilità" dei loro assunti, sebbene sia una prospettiva inammissibile per qualunque culto religioso di tipo "dogmatico", costituisce tuttavia una ammissione inevitabile per chiunque sia dotato di un minimo di onestà intellettuale.
Il che, a mio avviso, non invalida affatto la sincerità della propria "fede", che non va confusa con il "fanatismo" religioso; che costituisce una faccenda ben diversa.
L'importante non è tanto ciò in cui si crede; l'importante è non crederci "troppo"!
***
L'ALETHEIA compete agli Dei, noi mortali dobbiamo accontentarci della DOXA.
***
Un saluto!

anthonyi

Citazione di: InVerno il 17 Settembre 2020, 10:48:39 AM
Citazione di: anthonyi il 17 Settembre 2020, 08:11:52 AM
Citazione di: InVerno il 16 Settembre 2020, 18:02:00 PM
)

@Anthonyi, davvero devo risponderti? Ammesso e non concesso che Dio e i suoi "dintorni" possano considerarsi un esperienza sensoriale, la pasta che ho mangiato oggi era salata. E' vero, o falso?

E' sicuramente vero, non so quanto fosse salata, ma un po' di sale sicuramente c'era.
Tutto quello che noi pensiamo, razionale o meno, viene dalla nostra esperienza. Se tu credi che l'esperienza non possa essere fonte di pensiero razionale allora spiegami con quale razionalità, di origine non esperienziale, puoi argomentare la tesi, secondo te razionale, che una pulsione di fede non possa avere anche origini razionali.
Il problema non è la percezione di Dio, che a quanto mi risulta non è percepibile, anche se la sua presenza è sempre stata forte nel nostro sistema epistemico (anche nel tuo visto che lo hai chiamato in causa anche se non era presente nella mia domanda originaria); il problema è il rapporto con quelle persone che si percepiscono appartenenti a una certa visione del mondo e che possono essere valutate come portatori di un buon modo di vivere, per cui si valuta razionalmente quel modo di vivere e lo si associa a quella cultura religiosa.
Può la fede avere origini razionali? Se con origini intendi premesse, certamente, il fatto che il sale si discioglie nell'acqua è una premessa razionale alla domanda che ti ho posto, il problema è che la fede non può concludere un ragionamento razionale, perchè la fede è esattamente lo "stato" di non-necessità a premesse razionali (vedi Ebrei 11) perciò tu concludi che un pò di sale doveva esserci, senza verificare che io abbia effettivamente buttato il sale. Hai avuto fede in me, e ti ringrazio, ma io ti ho infilato in una falsa dicotomia e tu ci sei cascato. Riguardo al tuo secondo paragrafo posso riconoscere che esistono dei tentativi di valutare le religioni analiticamente nella loro capacità di conseguire un "buon vivere" assumendo degli obbiettivi banali (es. vita>morte - ma è sempre vero?) il problema è che partono da assunti basati sull'esperienza personale (es. "io sono cristiano") e che non hanno modo di discernere  l'impatto della religione da uno dei suoi analoghi (es. il "senso di appartenenza\comunità"). Ci sono alcune confessioni (di solito "porta a porta") per esempio che spingono i propri fedeli ad adottare una "personalità positiva\solare" in modo tale da risultare più convincenti al campanello, e sono sicuro che questi quando rispondono agli studi sopracitati descrivono una vita meravigliosa, piena di senso e spirito. Ho qualche motivo razionale di credergli e ipotizzare che se li seguirò accadrà la stessa con me? No, ma sicuramente c'è la possibilità che mi convincano con qualche argomento metafisico.

Ciao Inverno, anche tu usi la citazione delle sacre scritture, per cui, secondo me, qualcosa di razionale ce lo trovi. Al di là delle definizioni bibliche, comunque, la fede è un comportamento umano, e l'uomo, nel suo agire a volte è razionale, a volte non lo è. A volte accade che azioni compiute senza una coscienza razionale si rivelino più razionali delle altre.
Ora pensare che la totalità dei comportamenti di fede umani siano non razionali, e quindi caotici, disordinati, fa a cazzotti con l'esperienza di tutta la storia e società umana, della quale la religione è stata il principale organizzatore.

Phil

@Eutidemo

Pur citandoti molto, avrai notato che mi sono espresso in generale circa "il credere" e "l'affermare", perché non intend(ev)o "fare le pulci" alla tua visione personale del mondo, ma piuttosto usarla come spunto e pre-testo per riflettere sul relativismo religioso. Tuttavia non posso che riscontrare nel tuo ultimo post una esaustiva sinossi sull'apostasia contemporanea che, suo malgrado, delegittima ogni religione "istituzionale" (andando quindi ben oltre lo scopo delle mie circostanziali riflessioni). Hai snocciolato tutti argomenti su cui, in generale, concordano gli atei, mentre sono oggetto di censura per i ministri dei vari culti (quelli principali, almeno): il non credere, non essendo un'autentica scelta, non dovrebbe essere peccato (assolvendo atei e miscredenti vari e responsabilizzando Dio riguardo il "chi crede in cosa", ovvero Dio diventa colpevole della non-credenza quindi non-redenzione altrui); la constatazione del rapporto immanente fra cultura, geografia e credenze (con tutto ciò che vi è implicito); la differenza fra credere in un dio e l'esser certi della sua esistenza (e delle sue qualità, escludendo comunque l'antropomorfismo e l'"antropopatetismo"); il disconoscere l'attendibilità delle rivelazioni divine, degradando il verbo celeste a eventuale oggetto di "citazione di seconda mano" (tramite intermediario) tutta da verificare; la (assenza di?) oggettiva constatabilità degli assunti religiosi come denominatore comune a tutte le religioni; il suggerire una distanza critica dai dogmatismi in favore di un "credere ma non troppo"; la dimensione umana come doxa (anche se l'assegnare l'aletheia agli dei contraddice tutto il resto e mortifica l'episteme). Praticamente hai redatto un sintetico "breviario per apostati", tanto rispettoso delle religioni e delle credenze individuali, quanto spietato nel minarne le fondamenta di senso e verità.
Pur condividendo, da ateo, i contenuti e la tua onestà intellettuale, ho l'impressione che, essendo pur sempre nella sezione «tematiche spirituali», tu ci sia andato un po' troppo pesante nell'esplicitare il mutamento "filogenetico" della sensibilità (post)religiosa contemporanea: dal monoteismo del Dio unico al politeismo "compatibilista" (più che relativista) dei vari genius loci, scalabili fino all'individualismo del "dio secondo me" (dunque ad un passo da quello che ho chiamato "ateismo sotto copertura").

Dante il Pedante

Non credere non è peccato, ma la Chiesa cattolica considera  invece peccato il rifiutare convintamente anche solo l'idea di Dio, cioè l'ateismo convinto che va contro il primo e il sec.comandamento. Il non credere invece ma essre in ricerca viene valorizzato "Chi sei Tu, perchè io possa conoscerti?
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

InVerno

Citazione di: anthonyi il 17 Settembre 2020, 14:14:47 PM
Ciao Inverno, anche tu usi la citazione delle sacre scritture, per cui, secondo me, qualcosa di razionale ce lo trovi. Al di là delle definizioni bibliche, comunque, la fede è un comportamento umano, e l'uomo, nel suo agire a volte è razionale, a volte non lo è. A volte accade che azioni compiute senza una coscienza razionale si rivelino più razionali delle altre.
Ora pensare che la totalità dei comportamenti di fede umani siano non razionali, e quindi caotici, disordinati, fa a cazzotti con l'esperienza di tutta la storia e società umana, della quale la religione è stata il principale organizzatore.
Cito le scritture per fare una distinzione lessicale tra l'avere fede e il credere, dove per il primo modo l'interpretazione razionale spesso è considerata un segno di debolezza se non un vero e propria diminuzione della propria integrità morale (Credo quia absurdum) mentre per il secondo modo l'interpretazione razionale è un segno capacità logica e interpretativa. O perlomeno, quando attraverso la strada non ho "fede" di non essere investito, né trovo virtuoso bendarsi prima di farlo, perciò dirò che decido di attraversare perchè "credo" che non sarò investito, avendo guardato in entrambe le direzioni. Fortunatamente le persone non attraversano la strada basandosi sulla fede, seppur ne abbia visto parecchi farsi il segno della croce prima di farlo, ma destinano questo modo al consolarsi di fronte all'incertezza radicale del futuro o a sostenere tesi improbabili riguardo il passato.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Dante il Pedante

Citazione di: InVerno il 17 Settembre 2020, 15:38:19 PM
Citazione di: anthonyi il 17 Settembre 2020, 14:14:47 PM
Ciao Inverno, anche tu usi la citazione delle sacre scritture, per cui, secondo me, qualcosa di razionale ce lo trovi. Al di là delle definizioni bibliche, comunque, la fede è un comportamento umano, e l'uomo, nel suo agire a volte è razionale, a volte non lo è. A volte accade che azioni compiute senza una coscienza razionale si rivelino più razionali delle altre.
Ora pensare che la totalità dei comportamenti di fede umani siano non razionali, e quindi caotici, disordinati, fa a cazzotti con l'esperienza di tutta la storia e società umana, della quale la religione è stata il principale organizzatore.
Cito le scritture per fare una distinzione lessicale tra l'avere fede e il credere, dove per il primo modo l'interpretazione razionale spesso è considerata un segno di debolezza se non un vero e propria diminuzione della propria integrità morale (Credo quia absurdum) mentre per il secondo modo l'interpretazione razionale è un segno capacità logica e interpretativa. O perlomeno, quando attraverso la strada non ho "fede" di non essere investito, né trovo virtuoso bendarsi prima di farlo, perciò dirò che decido di attraversare perchè "credo" che non sarò investito, avendo guardato in entrambe le direzioni. Fortunatamente le persone non attraversano la strada basandosi sulla fede, seppur ne abbia visto parecchi farsi il segno della croce prima di farlo, ma destinano questo modo al consolarsi di fronte all'incertezza radicale del futuro o a sostenere tesi improbabili riguardo il passato.
No, hanno fede perchè cercano un TU con il quale rapportarsi. ;)
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

baylham

Citazione di: Phil il 17 Settembre 2020, 10:37:19 AM

"Relativismo religioso" è, fuori dalla prospettiva atea, una contraddizione in termini. La nostra epoca storica, proprio basandosi sulle riflessioni che hai proposto (la cartina, il plusvalore apparente, la verità che va dal soggetto al culto e non viceversa, etc.) si sta dimostrando, forse suo malgrado, abitata da numerosi "atei sotto copertura" (filosoficamente parlando) che stanno al gioco delle religioni, ma cambiandone così tanto le regole essenziali che ormai è tutto un altro gioco (pur usando ancora il vocabolario del vecchio gioco).

Il relativismo religioso non è una caratteristica di questa epoca storica, è un dato di fatto di qualunque epoca storica, di qualunque religione.

La modernità di papa Bergoglio è l'accettazione dell'inevitabilità delle differenze religiose, della loro coesistenza, e il riconoscimento del consenso individuale come presupposto dell'adesione religiosa e della concorrenza tra le religioni. Una mia impressione, non sono interessato ad approfondire le idee di questo papa, ancor meno dei suoi predecessori.

Phil

Citazione di: baylham il 17 Settembre 2020, 15:40:49 PM
Il relativismo religioso non è una caratteristica di questa epoca storica, è un dato di fatto di qualunque epoca storica, di qualunque religione.
Il relativismo religioso, inteso come relativismo dei religiosi (più che delle religioni), è per me distintivo della nostra epoca se considerato, come specificato sopra, «fuori dalla prospettiva atea» (autocit.), per la quale è invece un relativismo vecchio come l'uomo.
Detto altrimenti, non so quanto, nei secoli scorsi, sia risultato compatibile con la proposta religiosa, più o meno ufficiale, il discorso sul pluralismo, sui denominatori comuni, sull'"orizzontalità" del credere, etc. la novità di oggi mi pare sia che anche alcuni "credenti" (come ho detto scherzando ad Eutidemo) "ci vanno pesanti" con il relativizzare e pluralizzare la religione (talvolta più degli atei), facendone più una questione di inerzia culturale e di opinione personale (doxa) piuttosto che di Verità, rivelazione, trascendenza, etc. Se prendiamo il concetto di «dio» e gli togliamo le suddette caratteristiche, facendone un amorfo feticcio di creta ab-solutus da ogni tradizione, plasmabile a seconda della cultura del tempo, delle suggestioni individuali e di una mutevole doxa, viene meno anche la profondità del concetto di «fede» (una volta considerata conditio sine qua non dell'adesione autentica ad una religione). Piuttosto che "mutilare e straziare" questi due concetti a suon di graduali relativizzazioni, forse è meno "cruento" negarli apertamente "senza farli soffrire troppo" (anche perché l'esito ultimo, a lungo termine, mi pare sia tendenzialmente quello).

baylham

Ma sono proprio i concetti di Dio e di fede che manifestano, rivelano implicitamente il fondo ineludibile del relativismo religioso.

Phil

Per gli atei è certamente così, ma per i credenti meno... anzi, direi piuttosto che per i credenti sono proprio quei due concetti a velare «il fondo ineludibile del relativismo religioso»(cit.): chi vede quei due concetti come "pieni" di senso, non può scorgerne il fondo-fondamento, perché esso ne resta coperto; chi li nega, come gli atei, rimuovendo tali concetti dalla propria prospettiva, può vedere cosa c'è sotto (il fondo ineludibile del relativismo religioso); chi ora li relativizza, realizzando che non sono inamovibili come sembra(va)no, inizia ad intravvedere che c'è qualcosa al di là di tali concetti, ovvero il loro fondamento (più solido di ciò che lo copriva) quantomeno storico e cultural-geografico.
Che anche alcuni credenti o addirittura rappresentati religiosi inizino a relativizzare, intravvedere il fondamento "debole" e non esclusivo delle rispettive religioni, è ciò che per me costituisce la novità di questa nostra epoca (post)religiosa (e, ciò detto, direi che per essere in «tematiche spirituali», abbiamo letteralmente toccato il fondo... fondo staccandosi dal quale è tuttavia possibile qualunque, infalsificabile, intima, vertiginosa ascensione).

Dante il Pedante

Sono Dante :)
Credo si confonda relativismo con cambiamento.Se si vede che una religione segue un percorso storico si dice che si è relativizzata.In realtà questo pensiero viene perché si crede che la religione sia un "sasso2 sempre uguale nei secoli.Ciò è sbagliato.La religione è sempre in cammino.Il relativismo religioso riguarda semmai come cammina,non il fatto che deve camminare.Il popolo ebreo è uscito dall'Egitto,cioè schiavitù,e si è messo in cammino.Il cammino è simbolo del processo continuo di conoscenza e approfondimento della religione.Infatti Gesù dice che molte cose ha rivelate ma altre vi saranno rivelate dallo Spirito.Cioè vuol dire che rivelazione non è conclusa ma sempre in divenire nella storia e che è anche responsabilità del opolo credente in cammino il discernere questa rivelazione.E' un cammino di ascesa al Monte Carmelo.La fraternità verso i credenti di altre religioni non relativizza la propria,ma significa che,a differenza del passato,si riconosce l'opera di Dio anche nella sincera religiosità altrui,se non va contro come con il fanatismo ai fondamenti stessi (non uccidere)
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

paul11

 ... come se una cultura, essere nati in Italia sia una scelta del nascituro sulla Costituzione italiana.
Nei reparti neonatali c'è il primo giuramento sul testo costituzionale ?


E' ovvio che nascere in una comunità, in una società, in uno Stato, significa essere educati dalla tenera età alle regole di quel luogo geografico compreso la sua altrettanto ovvia tradizione.


Una religione è prima di tutto una RIVELAZIONE  sancita da SACRE SCRITTURE
e per questo "non dovrebbe" essere relativizzata. Il relativismo nasce con l'istituzione sacerdotale, persone umane prima di tutto, che secolarizzano con una dottrina sociale. Quasi tutte le dottrine religiose diventano dottrine politiche, perché hanno a che fare con persone umane appunto e da sempre la casta sacerdotale è in relazione con il re. Il potere religioso con il potere politico si pone dialetticamente. Insomma la secolarizzazione fa perdere le ontologie fondanti di una parusia, di una escatologia.

Eutidemo

Citazione di: Dante il Pedante il 17 Settembre 2020, 15:33:29 PM
Non credere non è peccato, ma la Chiesa cattolica considera  invece peccato il rifiutare convintamente anche solo l'idea di Dio, cioè l'ateismo convinto che va contro il primo e il sec.comandamento. Il non credere invece ma essre in ricerca viene valorizzato "Chi sei Tu, perchè io possa conoscerti?

Rifiutare "per principio" l'esistenza di Dio, più che un "peccato", è un "errore"; ed infatti non si può mai negare con certezza tutto ciò che non è verificabile ;)

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