Che cosa ne pensate del relativismo religioso?

Aperto da Socrate78, 30 Luglio 2020, 12:55:07 PM

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viator

Salve InVerno. Citandoti : "Non sono infatti d'accordo con l'estendere all'infinito il termine di "religione" per qualsiasi credo che abbia a che fare con realtà immateriali (es. la telepatia) né considerare "religiosa" qualsiasi comunità cresciuta intorno a una credenza di tale tipo".

Per risultare d'accordo con te mi basta esaminare il significato del termine "religione".

La corretta definizione di esso (ormai anche tu saprai che a me piace cercare di indovinare, basandomi solo sulla fantasia, le definizioni delle parole importanti) secondo me dovrebbe essere "Istituzione dottrinaria organizzata, basata sulla condivisione di una qualsiasi fede indimostrabile".

Come vedi, quindi, il credere in realtà immateriali sarà condizione magari necessaria ma non certo sufficiente per rendere religiosa una credenza (o un armadio, nel caso delle credenze di maggiori dimensioni). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Rispondendo a InVerno, tutte le religioni hanno un carattere sincretistico e la diatriba tra ortodossi e modernisti risale ai tempi di Amenofi IV, poi Akhenaton. Molto prima di Socrate e del cristianesimo. E' l'evoluzione stessa della conoscenza e della realtà storica a costringere le religioni ad adeguarsi, modificarsi e, se l'operazione non riesce, estinguersi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Beh, le certezze, le verità (sempre inseguite mai raggiunte) hanno sempre avuto la funzione di cercare di placare l'implacabile, cioè la ricerca di un senso proprio dell'io, il quale (senso) in natura manca.


Essendo le religioni delle costruzioni illusorie collettive, esse fungono sinchè alcune loro parti si ammalorano (vengono smentite da troppo evidenti realtà contrarie) e quindi la gerarchia è costretta - quatta quatta - a sostituirle. Come dice Ipazia, fin che la va............ha le gambe.


In fondo la vera forza delle religioni funziona come la mia personale "firma" in calce ai miei interventi: Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza (che le religioni siano solamente delle illusioni). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Dante il Pedante

Il relativismo religioso è quando una religione inizia a pensare come il mondo,come la società.Invece di proporre un modo diverso di vivere ,si "adatta" al mondo,lo accetta pur criticandolo.E' l'inizio della sua fine.E' quando l'albero verde iniza a seccare,così che poi viene tagliato e bruciato.Quando la chiesa,per esempio,diventa solo una ONG è relativismo religioso. >:(
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

Eutidemo

Dio è puro ESSERE, per cui non gliene importa assolutamente niente di come viene chiamato e adorato nelle varie religioni.
***
Ed infatti, nell'Esodo, capitolo 3, versetti 13-15, si legge: <<Mosè disse a Dio: "Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: 'Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi'. E allora quelli mi chiederanno: 'Qual è il suo nome?'. E io che cosa risponderò loro?". E Dio spiegò a Mosè: "Io sono colui che E'!">> (o anche "Colui che Sono", a seconda delle traduzioni); nel senso che, ovviamente, l'ESSERE non ha alcun nome, non potendo essere aristotelicamente identificato "per genere prossimo e differenza specifica".
Ma quei "sempliciotti" lo equivocarono, e non potendolo chiamare "Giuseppe" o "Giovanni", gli affibbiarono il nome di "Yahweh"; cioè, appunto,  alla lettera, come  aveva riferito Mosè, "Colui che è"; senza comprendere che, con tale definizione, Dio sottintendeva di essere privo di nome, in quanto minimo comun denominatore di tutti gli esseri e di tutte le cose dotate di nome. Ed infatti, secondo un'altra traduzione "Yahweh", letteralmente, significa "Colui che fa essere"; questo in quanto, ovviamente, è l'"ESSERE" che fa "essere" tutto e tutti, come è il "mare" a costituire l'essere delle "onde".
***
Sul tetagramma biblico YHWH ci sarebbe da dissertare per ore, anche perchè, al riguardo, si sono scritte dozzine di libri che sostengono le interpretazioni più disparate; io ho preso spunto da quella che, personalmente, ritengo la più adeguata, per rilevare che, secondo me, le varie "religioni" costituiscono, in genere, un insieme di specifiche "credenze" che hanno poco o niente a che vedere con l'esistenza di un "unico" Dio, privo sia di nome, sia di specifiche determinazioni.
Al quale, sinceramente, non credo che importi granchè del nome che gli danno, ovvero che i suoi fedeli si astengano dal mangiare carne di maiale, se musulmani, o carne di pesce il venerdì, se cristiani (sebbene ora mi pare che tale prescrizione sia stata abolita).
***
Tuttavia, personalmente, sia per le ragioni già esposte da altri in questo TOPIC, sia anche per altre ragioni -che sarebbe troppo lungo elencare qui-, io pure penso che le "credenze" della religione cristiana siano, nel complesso, notevolmente "migliori" di quelle ebraiche e di quelle musulmane; per questo non posso fare a meno di considerarmi un "cristiano" (sia pure con tendenze un po' "vedantine", dalle quali, però non erano alieni anche non pochi santi cristiani, a cominciare da San Dionigi L'Aeropagita).
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Tuttavia, per quanto io sia sinceramente convinto che la mia fede cristiana si basi "anche" su considerazioni razionali, non posso non rilevare come sia statisticamente significativo che la stragrande maggioranza delle persone, cristiane e non, aderisce precipuamente alla religione del Paese in cui è nata!
Per cui, sebbene in un senso un po' diverso da quello originario, si potrebbe tutt'oggi dire: "Cuius regio, eius et religio" ("Ad ogni regione la sua religione").
Sarà solo una coincidenza?
::)
***

InVerno

Citazione di: Eutidemo il 16 Settembre 2020, 07:02:43 AM
***
Tuttavia, per quanto io sia sinceramente convinto che la mia fede cristiana si basi "anche" su considerazioni razionali
::)
***
Conoscendo quanto sei preciso nella scelta lessicale, una parte di me è convinta che potresti davvero essere capace di esporre una (addirittura un elenco?) motivazione razionale per preferire una confessione rispetto ad un altra, e questo mi rende molto curioso. D'altro canto, la parte scettica di me, mi suggerisce che per forza di cosa devi aver utilizzato "razionale" in senso lato, perchè per forza di cose questo ragionamento deve fondarsi su una delle tre persone della trinità del ragionamento circolare (fede\scritture\esperienza) come mi è sempre capitato di assistere quando qualcuno mi ha parlato delle sue motivazioni "razionali"  per preferire una confessione anzichè un altra. Sei davvero capace di produrre una motivazione che si fondi epistemologicamente su un metodo interamente razionale per essere giustificata? Se lo sei, non puoi glissare su questo "scoop" come fosse cosa da niente  ;)
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Eutidemo

Ciao Inverno. :)
A dire il vero, tu non hai riportato la mia proposizione nella sua interezza, bensì hai citato solo la prima parte di essa, estrapolandone un "anacoluto" privo di compiutezza sintattica e logica, e cioè: "Tuttavia, per quanto io sia sinceramente convinto che la mia fede cristiana si basi "anche" su considerazioni razionali...". E poi?
La mia proposizione nella sua interezza, invece, era la seguente: "Tuttavia, per quanto io sia sinceramente convinto che la mia fede cristiana si basi "anche" su considerazioni razionali...non posso non rilevare come sia statisticamente significativo che la stragrande maggioranza delle persone, cristiane e non, aderisce precipuamente alla religione del Paese in cui è nata!"
***
Per cui:
- io non ho affatto affermato categoricamente che la mia fede cristiana si basa "senza dubbio" su considerazioni razionali, bensì soltanto che "io sono convinto" che essa si fondi anche su tali basi;
- ed infatti, tale mia "convinzione", potrebbe essere inficiata, almeno in parte, dalla circostanza che la stragrande maggioranza delle persone aderisce alla religione del Paese in cui è nata;
- pertanto, poichè io sono una persona come le altre, anche la mia "convinzione",  potrebbe essersi inconsciamente radicata in me, almeno in parte, essendo io un bambino nato ed educato in Italia (a due passi dal Papa), per permanere, poi, sia pur evolvendosi alquanto, nella mia età adulta.
Ed infatti: "Homo sum, humani nihil a me alienum puto" ("Sono un essere umano, per cui ritengo che niente  - del comportamento- umano mi possa essere estraneo").
***
Ciò premesso, non voglio tuttavia eludere la tua domanda, circa la mia "motivazione razionale" per preferire la confessione cristiana rispetto alle altre.
Al riguardo io mi riferivo precipuamente all'"ebraismo" e al "musulmanesimo", le quali religioni, oltre a quella "cristiana", costituiscono le cosiddette "religioni del Libro", in quanto si basano tutte e tre sul "vecchio testamento"; anzi, il "musulmanesimo", in parte anche  su quello "nuovo" (la credenza nell'"immacolata concezione di Maria", per esempio, sembra che sia stata prima musulmana che cristiana...e non solo). Il Buddismo, il Taoismo ed il Vedanta,  almeno per me, sono più filosofie, che non religioni.
***
Precisato questo, benchè tutte e tre le "religioni del Libro" siano state inquinate, storicamente, da intolleranza, fanatismo, misoginia ed aggressività militare, non si può negare che quella cristiana, grazie all'insegnamento di Cristo, risulti indubbiamente la più "mite" di tutte; quantomeno "nelle intenzioni", se non nella "prassi".
Ed infatti:
a)
Non c'è dubbio alcuno che l'espansionismo militare e territoriale islamico sia stato uno dei fenomeni più eclatanti della storia.
Ed invero gli adepti di altre religioni, non sono mai stati soggetti ad impulsi "invasivi" così insaziabili, prorompenti e implacabili, a prescindere dalla loro "etnia", in quanto:
- i musulmani "arabi", dopo aver invaso ed occupato l'intera Asia, Africa e Spagna cristiane, furono fermati soltanto in Francia, nella battaglia di Poitiers nel 732...per il rotto della cuffia.
- i musulmani "turchi", dopo aver invaso ed occupato l'Anatolia e i Balcani cristiani, furono fermati soltanto davanti a Vienna nel 1683...sempre per il rotto della cuffia.
Non a caso Maometto era un generale!
***
Mi si potrebbe Invece obiettare che i credenti nella religione ebraica non sono mai stati storicamente molto aggressivi, sotto il profilo militare; però, quando ne hanno avuto l'occasione, non scherzavano tanto neanche loro. Anzi, in un certo senso, sono stati pure più "cattivi" degli altri!
Ed infatti, come si legge nella Genesi, 34:13: "I figli di Giacobbe si gettarono sugli uccisi e saccheggiarono la città...presero le loro greggi, i loro armenti, i loro asini, quanto era nella città e nei campi. Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini, le loro mogli e tutto quello che si trovava nelle case". E, nel Deuteronomio 2 ,33, si parla addirittura di veri e propri genocidi: "In quel tempo prendemmo tutte le sue città e votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne, bambini; non vi lasciammo alcun superstite.", nonchè, nel Deuteronomio 20, 16 "Nelle città di questi popoli che il Signore tuo Dio ti dà in eredità, non lascerai in vita alcun essere che respiri".
***
Ovviamente la questione è molto più complessa, e non può certo essere ridotta solo agli aspetti di cui sopra; sarebbe indubbiamente un inaccettabile "riduzionismo", tanto più che si riferisce ad eventi storici verificatisi molto tempo fa.
***
Ogni religione (beninteso dal mio opinabile punto di vista) ha i suoi pregi e i suoi difetti; ma ad esaminarli tutti, faremmo notte!
Ad esempio:
- l'ebraismo e il musulmanesimo sono "monoteismi puri", mentre non si può negare che quello cristiano risenta un po' della contaminazione storico-geografica del paganesimo (quantomeno ne risente il cattolicesimo);
- il musulmani ed i cristiani credono in un Dio "per tutti", mentre gli ebrei (checchè ne dicano) confidano in un Dio fatto solo a loro nazionale uso e consumo;
- i cristiani e gli ebrei, benchè anche loro a volte propensi a credere a qualche baggianata, sono però alieni da infantili e grottesche fole, come quelle delle Uri, le quali vivrebbero in bellissimi e sontuosi padiglioni o palazzi, accudite da 70.000 ancelle, indosserebbero ricchi gioielli e varie pietre preziose, avrebbero perennemente 33 anni (perchè non 23?) , e attenderebbero, per deliziarli sessualmente, i musulmani che muoiono in grazia di Allah.
ecc. ecc.
***
Ho esposto quanto sopra per rispondere alla tua domanda, circa i "motivi razionali" per i quali preferisco la religione cristiana alle altre; sebbene, almeno ai miei occhi,  abbiano tutte  i loro pregi ed i loro difetti.
Circa, invece, l'aspetto per così dire "ontologico", preferisco il Cristianesimo nella sua versione spirituale (ed apofatica) propugnata da San Dionigi l'Aeropagita, Meister Eckart, Silesius e molti altri che qui non sto ad elencare; si tratta di autori non solo cristiani, ma per lo più cattolici, a cui, qui, non posso che rinviare.
Qui, in sintesi, posso solo dire che si tratta di una visione di tipo prettamente "logico" ed "empirista", come anche quella del Vescovo George Berkeley; la quale, da alcuni, viene definita anche "mistica", ma, con un significato "molto diverso" da quello che viene comunemente attribuito a tale termine, da chi non ha approfondito il tema.
***
Un saluto! :)

anthonyi

Citazione di: InVerno il 16 Settembre 2020, 10:09:36 AM
D'altro canto, la parte scettica di me, mi suggerisce che per forza di cosa devi aver utilizzato "razionale" in senso lato, perchè per forza di cose questo ragionamento deve fondarsi su una delle tre persone della trinità del ragionamento circolare (fede\scritture\esperienza) come mi è sempre capitato di assistere quando qualcuno mi ha parlato delle sue motivazioni "razionali"  per preferire una confessione anzichè un altra.

Ciao InVerno, posso chiederti perché consideri l'esperienza una fonte di argomentazione poco razionale, io direi piuttosto che si tratta dell'unica fonte naturale di razionalità che abbiamo.

InVerno

#23
Eutidemo, grazie per la eloquente risposta, ho letto interamente il tuo intervento non ti preoccupare, capisco che solo una parte lo vuoi addebitare a preposizioni razionali, non so se ti fa piacere che io vada a rispondere nei dettagli delle tue affermazioni, o mi fermi prima e ti faccia semplicemente notare che nemmeno una di esse è falsificabile. Potrei proporti ad esempio il fatto che di tutte le nefandezze testimoniate nell'AT riguardo gli ebrei, non tantissime sono storicamente confermate, e quindi è anche lecito supporre che una parte (quanta?) se le siano inventate, e questo li renda più docili dei cristiani?Oppure il fatto stesso di indulgere in tali fantasie, li rende ancora meno miti? Se addirittura spostiamo la discussione nel campo delle intenzioni, possiamo anche celebrare il famoso "processo" ad esse. Qualsiasi sia la risposta, non riconosco queste  preposizioni come originate da un metodo epistemologico razionale, sono valutazioni personali che molto probabilmente sono riconducibili (come già tu notavi)  alla tua cultura di riferimento e quindi alla tua esperienza personale, oppure mi spieghi in che modo intendi dimostrare ne siano indipendenti? (anche solo una di esse)

@Anthonyi, davvero devo risponderti? Ammesso e non concesso che Dio e i suoi "dintorni" possano considerarsi un esperienza sensoriale, la pasta che ho mangiato oggi era salata. E' vero, o falso?
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Nel momento in cui si «sceglie» o si «preferisce» una religione, si è già immersi nel relativismo "religioso" fino al collo; nel senso che la testa ne è fuori e può ingannevolmente affermare «non sono nel relativismo», come se fosse un'entità staccata e autonoma rispetto al resto del corpo ben immerso. Se la religione ha un contenuto di verità (altrimenti è solo un gioco di società), non può essere scelta a piacere come un libro in un catalogo; poiché le verità autentiche non si basano su criteri preferenziali, al massimo si constatano, volenti o nolenti. Se attribuiamo la "verità religiosa" a una religione a scelta, si tratta di una verità che ha origine in noi più che nella religione stessa, ovvero siamo noi ad investire la religione scelta della sua verità (suona un po' come se fosse un ateo a valutare le differenti religioni per decidere a quale "tesserarsi"). Il valore di tale "verità assegnata d'ufficio" è quindi ben al di qua del relativismo, non al di là dell'umano. Si tratta per me di un meccanismo adeguato a scegliere una squadra da tifare, piuttosto che un vero punto di riferimento esistenziale che detta il senso del nostro esistere, fonda una morale, etc.
Non posso davvero scegliere una religione perché la considero vera, poiché se la ritengo vera allora è in fondo una non-scelta: se cerco la verità, potrei scegliere di seguirne un'altra pur sapendo che è falsa? Dovrei tuttavia sapere perché è vera, a discapito delle altre: l'epistemologia serve a poco in questo caso e fuori dalla petitio principii mi pare che nessuna religione si autogiustifichi razionalmente.
Se invece scelgo una religione senza considerarla "vera in sé" (vera a prescindere dalla mia scelta), allora non può "funzionare" davvero come religione, perché priva di intrinseca verità (quindi: ateismo dissimulato o inconsapevole); se la scelgo per criteri come il comportamento dei suoi praticanti (giudicati secondo i valori di quale religione?), la storia della sua dottrina, la sua estensione geografica, etc. significa che essa non ha un "plusvalore" di verità rispetto alle altre, perché se l'avesse tali fattori risulterebbero ininfluenti al cospetto della Verità (quindi: relativismo, quasi un ateismo diplomatico); se la ritengo vera a posteriori solo perché l'ho scelta, significa che chi ne sceglie un'altra, in fondo, ha ragione quanto me, se la verità si basa soltanto sul credere vera la religione che si sceglie (siamo ormai fuori dalla teologia e entriamo nella psicologia).
Quale religione allora? Quella pedissequamente tramandata da chi ci abita intorno? Quella universale dei denominatori comuni a tutte le religioni? Quella apofatica? Quella panteistica? Se volessimo decidere, dovremmo avere dei criteri con cui scegliere; tuttavia se scegliamo basandoci su criteri umani, nel momento in cui... [tornare all'inizio del post]
Le vie d'uscita da questo "circolo relativista" sono note da secoli: fede, intuito mistico, "sentire" la verità, etc.

Eutidemo

Ciao Inverno.
Hai perfettamente ragione!
Non c'è dubbio, infatti, che per quanto io cerchi il più possibile di attenermi ad un metodo epistemologico razionale, le mie sono comunque valutazioni personali che "sicuramente" risentono, almeno in parte, sia della mia cultura di riferimento, sia della mia esperienza personale;  non intendo minimamente sostenere che ne siano del tutto indipendenti, perchè direi una sciocchezza!
Il che, ovviamente, vale non  solo per me, ma per "chiunque" altro; che se ne renda conto o meno!
***
Quanto alle nefandezze testimoniate nell'AT riguardo gli ebrei, non sono poi tantissime; ma la cosa più sconcertante, visto che il Vecchio Testamento l'hanno scritto loro, è che, nello scriverlo, se ne vantavano pure...come se si fosse trattato di "pii" e lodevoli adempimenti della volontà divina.
I cristiani, in determinati periodi storici, di nefandezze ne hanno commesse anche di peggio, sia nei confronti degli ebrei sia tra di loro; però, nel commetterle, si sono palesemente distaccati dalle prescrizioni del Nuovo Testamento, alle quali, almeno in teoria, avrebbero dovuto attenersi.
Detto in altre parole, secondo me, in termini di valori religiosi (che costitivano il tema in discorso), il Nuovo Testamento è molto meglio del Vecchio; ma non sempre la sua concreta messa in opera si è rivelata migliore.
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Quanto al campo delle intenzioni, indubbiamente, possiamo senz'altro celebrare il famoso "processo" ad esse; però, se il regolamento olimpico vieta il "doping" ed alcuni atleti se ne fregano e si "dopano" lo stesso, la colpa è loro e non del regolamento!
***
In fondo non esiste grano cattivo, ma solo cattivi coltivatori!
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Un saluto!

Eutidemo


Ciao Phil.
A prescindere da quello che uno "crede" o "non crede", non c'è dubbio che le religioni siano oggettivamente "relative" alla regione geografica di riferimento, come risulta dalla seguente mappa.
RELIGIONI.jpg
***
Ad esempio, è stato calcolato che, se un individuo nasce a Roma, ha il 92,76% di probabilità di "scegliere" la religione cattolica, mentre, se un individuo nasce alla Mecca, ha il 99,15% di probabilità di "scegliere" la religione musulmana; con quale "autenticità" di fede, poi, è un altro discorso.
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Indubbiamente, se la religione ha un contenuto di verità, non può essere scelta a piacere come un libro in un catalogo; poiché, come giustamente osservi tu, le verità autentiche non si basano su criteri preferenziali.
Il fatto è, però, che mentre alcune  verità si "devono" per forza constatare, volenti o nolenti  (come, ad esempio, che la terra è rotonda), altre verità, invece, "non si possono" constatare in alcun modo, come, appunto, quelle religiose.
Ed infatti, se, ad esempio, le "verità religiose" della dottrina cristiana (resta poi da vedere "quale" delle tante) fossero evidenti come il fatto che la terra è rotonda, non c'è dubbio alcuno che "tutti" sarebbero cristiani; e la mappa riportata sopra andrebbe dipinta di un unico colore.
***
Ma, poichè non è così, ne consegue che necessariamente "tutte" le convinzioni religiose (compresa la mia) hanno un valore relativo al popolo e/o alla singola persona che ci crede, non potendo essere concretamente "constatate" come il fatto che la terra è rotonda.
***
Ovviamente, non è che si "sceglie" una religione così come si  "sceglie" una squadra da calcio, semmai sono le religioni e le squadre di calcio a "scegliere" quali saranno i loro adepti e tifosi: ed infatti, chi nasce a Roma, molto difficilmente, da grande, diventerà musulmano o milanista!
***
Tuttavia, quale che sia l'"ontogenesi" delle nostre credenze religiose, non c'è dubbio, come giustamente scrivi tu, che, nella vita, esse divengono un vero punto di riferimento esistenziale che detta il senso del nostro esistere, della nostra morale ecc.
Cioè, il fatto che si tratti di una verità che ha origine in noi più che nella religione stessa, ovvero che siamo noi ad investire la religione scelta della sua verità, sia a causa dei condizionamenti familiari e sociali a cui siamo stati soggetti sin dalla nascita, sia a causa delle nostre esperienze personali, sia a causa dei nostri ragionamenti, a mio parere, nulla toglie al valore epistemico delle varie singole "fedi" per chi ci crede!
***
Considerare una religione "vera in sé",  a prescindere dalla nostra scelta soggettiva, costituisce, a mio avviso, una inaccettabile forma di presunzione intellettuale; ed infatti si tratta di  una cosa impossibile da accertare oggettivamente, come invece lo è, ad esempio, la sfericità della terra.
***
E' peraltro naturale che ogni religione ritenga di avere un "plusvalore" di verità rispetto alle altre; il che positivamente dimostra che nessuna di esse ce l'ha!
Se ce l'avesse, infatti, apparterremmo tutti alla stessa religione!
***
Un saluto!

anthonyi

Citazione di: InVerno il 16 Settembre 2020, 18:02:00 PM
)

@Anthonyi, davvero devo risponderti? Ammesso e non concesso che Dio e i suoi "dintorni" possano considerarsi un esperienza sensoriale, la pasta che ho mangiato oggi era salata. E' vero, o falso?

E' sicuramente vero, non so quanto fosse salata, ma un po' di sale sicuramente c'era.
Tutto quello che noi pensiamo, razionale o meno, viene dalla nostra esperienza. Se tu credi che l'esperienza non possa essere fonte di pensiero razionale allora spiegami con quale razionalità, di origine non esperienziale, puoi argomentare la tesi, secondo te razionale, che una pulsione di fede non possa avere anche origini razionali.
Il problema non è la percezione di Dio, che a quanto mi risulta non è percepibile, anche se la sua presenza è sempre stata forte nel nostro sistema epistemico (anche nel tuo visto che lo hai chiamato in causa anche se non era presente nella mia domanda originaria); il problema è il rapporto con quelle persone che si percepiscono appartenenti a una certa visione del mondo e che possono essere valutate come portatori di un buon modo di vivere, per cui si valuta razionalmente quel modo di vivere e lo si associa a quella cultura religiosa.

Dante il Pedante

Ciao Eutidemo

Sono Dante :)

tua citazione:
Ed infatti, se, ad esempio, le "verità religiose" della dottrina cristiana (resta poi da vedere "quale" delle tante) fossero evidenti come il fatto che la terra è rotonda, non c'è dubbio alcuno che "tutti" sarebbero cristiani; e la mappa riportata sopra andrebbe dipinta di un unico colore.

Pensando ai terrapiattisti dico che,anche se Dio lo vedessimo tutti sopra una nuvola che guarda in basso,e fosse evidente a tutti che c'è,molti lo negherebbero lo stesso.Molti negavano la divinità di Gesù anche vedendo in diretta i suoi miracoli,mentre tannti altri ci credevano.Sarebbe tanto più facile se fosse evidente come che la terra è una sfera,ma allora che servirebbe la libertà di credere che ci ha dato?La libertà impone di fare delle scelte e se una cosa è evidente che scelta sei chiamato a fare?Sarebbe troppo facile,ma anche inutile per la nostra anima.
Ciao :)
Padrone dacci fame, abbiamo troppo da mangiare.La sazietà non ci basta più. Il paradosso di chi non ha più fame,ma non vuol rinunciare al piacere di mangiare.(E. In Via Di Gioia)

Phil

Citazione di: Eutidemo il 17 Settembre 2020, 06:59:45 AM
A prescindere da quello che uno "crede" o "non crede", non c'è dubbio che le religioni siano oggettivamente "relative" alla regione geografica di riferimento
Proprio questo "prescindere dal credere" è peccato per tutte le religioni (se non sbaglio); peccato che, stando alla cartina del rapporto credere-abitare, è controfattualmente inevitabile e quindi parrebbe falsificare la pretesa veritativa di ogni religione.
Affermare che «"tutte" le convinzioni religiose (compresa la mia) hanno un valore relativo al popolo e/o alla singola persona che ci crede» è da "ateo diplomatico" (consapevole o meno) poiché comporta che «si tratti di una verità che ha origine in noi più che nella religione stessa, ovvero che siamo noi ad investire la religione scelta della sua verità»(cit.) il che innesca un circolo vizioso con il fatto che «esse divengono un vero punto di riferimento esistenziale che detta il senso del nostro esistere, della nostra morale»(cit.), poiché significa ammettere che il proprio punto di riferimento, la propria religione, rivelandosi appunto relativa-a-me, non è veritiera, ma autoprodotta (seppur prendendo libero spunto dalla tradizione) e plausibilmente sullo stesso piano delle altre (prospettiva inammissibile per qualunque culto religioso rivelato).

Affermare che tutto ciò «nulla toglie al valore epistemico delle varie singole "fedi" per chi ci crede»(cit.) significa rinnegare il valore intersoggettivo (e metodologico) di ogni episteme: se, come detto, sono io a conferire verità ad una credenza, tradendone le essenziali ambizioni monistiche e veritative, non credo si possa parlare di valore epistemico, poiché siamo in piena doxa, relativa e soggettiva.
"Relativismo religioso" è, fuori dalla prospettiva atea, una contraddizione in termini. La nostra epoca storica, proprio basandosi sulle riflessioni che hai proposto (la cartina, il plusvalore apparente, la verità che va dal soggetto al culto e non viceversa, etc.) si sta dimostrando, forse suo malgrado, abitata da numerosi "atei sotto copertura" (filosoficamente parlando) che stanno al gioco delle religioni, ma cambiandone così tanto le regole essenziali che ormai è tutto un altro gioco (pur usando ancora il vocabolario del vecchio gioco).

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