Che cos'è la Fede^

Aperto da 0xdeadbeef, 29 Luglio 2018, 14:07:16 PM

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acquario69

Citazione di: bobmax il 06 Agosto 2018, 15:20:28 PM
Citazione di: acquario69 il 06 Agosto 2018, 15:03:12 PM

Quando dici;

Credo tu fai riferimento a una "certezza" che pero non e' più Certezza,perche fai riferimento alle cose relative del mondo (che comprende il tempo come lo spazio) e in questa sfera sarebbe si superstizione o dogma

Ma quell E' non può a mio avviso non essere assoluto...perché non riguarda il tempo e quindi una sua durata misurabile, sia pure un solo istante di tempo...infatti come mi pare dici anche tu; non ce' (nel tempo come nello spazio) ma... E'

Sì, quel È è assoluto.

Tuttavia coincide con il Nulla.

Necessita di uno slancio da parte mia, affinché questo Essere/Nulla sia il Bene.

Nello slancio, la Certezza è assoluta.

si ma quel "nulla" non e' il nulla come abitualmente (ed erroneamente) viene inteso...quel nulla e' il principio di Tutto :)...hai presente il "vuoto" nelle concezioni taoiste?...
 
mi fermo qui

Kobayashi

Per quanto affascinante il pensiero mistico potrebbe essere solo una scorciatoia.
Non si dà mai l'Uno, ma solo il desiderio di esso.
L'istante in cui si vive l'unità è, forse, solo immaginata.
Sogni di riconciliazione, di pace, di tregua. Sogni umani.

Il rapporto con Dio temo non possa che essere pensato come un rapporto tra soggetto e Altro.
E forse non si tratta di colmare la distanza, di costruire strategie di avvicinamento, ma di comprendere il rapporto stesso che ci lega a Dio.
Comprenderci in questo rapporto, e permettere che tale comprensione sia l'inizio di un nuovo percorso, una nuova umanità.
Comprensione e conversione, comprensione e cambio di rotta.

bobmax

Citazione di: Kobayashi il 07 Agosto 2018, 08:17:01 AM
Per quanto affascinante il pensiero mistico potrebbe essere solo una scorciatoia.
Non si dà mai l'Uno, ma solo il desiderio di esso.
L'istante in cui si vive l'unità è, forse, solo immaginata.
Sogni di riconciliazione, di pace, di tregua. Sogni umani.

Il rapporto con Dio temo non possa che essere pensato come un rapporto tra soggetto e Altro.
E forse non si tratta di colmare la distanza, di costruire strategie di avvicinamento, ma di comprendere il rapporto stesso che ci lega a Dio.
Comprenderci in questo rapporto, e permettere che tale comprensione sia l'inizio di un nuovo percorso, una nuova umanità.
Comprensione e conversione, comprensione e cambio di rotta.

Sì, l'esperienza dell'Uno potrebbe essere solo un'illusione.
D'altronde, di per se stessa, non può essere altro che esperienza del Nulla.
Sta solo a me far in modo che questo Nulla sia il Bene.

Il pensiero mistico non è altro che il pensiero tout-court, che non vuole ingannarsi.
Segue il solco della filosofia di ogni tempo.
"Conosci te stesso" e conoscerai te stesso e Dio.

Il  pathos spirituale porta magari la mistica a prorompere in affermazioni categoriche, come: "Io e Dio siamo Uno!", dove sembra voler cogliere la Verità...
Ma non è questa una Verità che resta vuota, fintantoché non si aggiunge altro?
La sfida a cui siamo chiamati è far sì che la Verità sia il Bene.
(Plotino esitava su questo passo che sospettava potesse essere una forzatura, ma non poteva esimersene: Dio = Bene!)

Dio come infinitamente "altro" penso sia uno dei due momenti fondamentali nel continuo ciclo alla ricerca della Verità.
Il successivo momento consiste nell'avvicinamento fino a percepire l'unione.

Questa unione è però impossibile da mantenere, di modo che l'ateismo mistico, di colui che nega la realtà del Bene, si fa strada nel nostro cuore.
Ma il Male, il male che commetto, che seguo, il male che io stesso sono, mi fanno riscoprire il Bene, come l'assolutamente "altro" da me. Mi ritrovo allora all'inferno, proprio perché Dio (il Bene) certamente è!
E io ne sono altrettanto certamente escluso.

Qui il ciclo si interromperebbe, con la mia definitiva condanna. Se non fosse che avviene l'impossibile, Dio non può essere "altro" da me...

Questo ciclo è ben descritto dal dogma trinitario.
Gesù è Dio che si fa uomo, il Padre è Dio assolutamente altro, e lo Spirito la forza che unisce e separa l'uomo e Dio.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Kobayashi

Citazione di: bobmax il 07 Agosto 2018, 17:31:24 PMIl pensiero mistico non è altro che il pensiero tout-court, che non vuole ingannarsi. Segue il solco della filosofia di ogni tempo. "Conosci te stesso" e conoscerai te stesso e Dio.


Sì, ma secondo me il "conosci te stesso" è un processo che si muove per disillusioni, nel senso che inizialmente pensiamo di trovare la nostra verità nell'Io, poi però dobbiamo ammetterne l'inconsistenza, quindi passiamo al desiderio che ci abita, ma anch'esso non regge ad una vera critica, così alla fine dobbiamo accettare di non avere nulla da rispondere all'imperativo iniziale.
È qui che entra in gioco l'atto di fede.
Fede nel senso di un affidarsi ad una prospettiva che promette non tanto di rivelarti chi sei, ma di accompagnarti nella costruzione di qualcosa di nuovo (l'uomo nuovo, l'uomo spirituale).
Non possiamo sapere se con questa prospettiva riscopriamo qualcosa che ci precedeva da sempre o se semplicemente ci adoperiamo a trasformarci in qualcosa partendo dal nulla.
Non possiamo saperlo e non possiamo avere prove al riguardo.
Del resto non so nemmeno se la cosa abbia importanza...

In una comunità di santi regna Dio. Domanda: è stato Dio a ispirare tale comunità o sono i santi ad averlo costretto a "nascere"?

viator

#49
Salve. Non sono d'accordo sull'andamento di questa discussione (e chi se ne frega, direte voi).
Trovo del tutto fuorviante cercare una risposta alla domanda "cos'è la fede" attraverso considerazioni fideistiche. Diventa una esercitazione di tipo narcisistico. I grandi temi ed i grandi quesiti secondo me non vanno "scavati" cercando al loro interno l'assoluto, poichè in questo modo essi verranno solo svuotati del loro senso, il quale è sempre relativo.
Essi vanno contemplati al''interno del panorama complessivo del mondo che mostri anche tutti gli altri aspetti dell'esistere con i quali essi devono confrontarsi.

Sarebbe un poco come il chiedersi cosa sia l'intelligenza usando appunto l'intelligenza per dare un senso a una simile domanda. Non credo si farebbe molta strada. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

Viator, non so se ti riferisci a me, ma quello che cerco di fare io nella comprensione di questioni teologiche è proprio ciò che chiedi tu... Cioè tenere presente tutte le componenti del mondo umano, e in particolare che cosa ci dice la filosofia, la psicoanalisi etc.
Piuttosto nella tua risposta iniziale, parlando della fede come prodotto dell'istinto di sopravvivenza della coscienza, viene alla luce un'antropologia piuttosto riduttiva in cui tutti i fenomeni religiosi hanno un'unica spiegazione: essere dei prodotti umani la cui finalità è soddisfare un determinato bisogno più o meno inconscio.
Bisogna abbandonare sia l'atteggiamento fideistico sia quello "materialistico" se si vuole comprendere il senso umano di un tema come quello della fede (fede in Dio: l'argomento della discussione era la fede religiosa, non era l'analisi della fiducia intesa come categoria prettamente antropologica).
Saluti.

bobmax

Citazione di: Kobayashi il 08 Agosto 2018, 15:27:57 PM
Sì, ma secondo me il "conosci te stesso" è un processo che si muove per disillusioni, nel senso che inizialmente pensiamo di trovare la nostra verità nell'Io, poi però dobbiamo ammetterne l'inconsistenza, quindi passiamo al desiderio che ci abita, ma anch'esso non regge ad una vera critica, così alla fine dobbiamo accettare di non avere nulla da rispondere all'imperativo iniziale.
È qui che entra in gioco l'atto di fede.
Fede nel senso di un affidarsi ad una prospettiva che promette non tanto di rivelarti chi sei, ma di accompagnarti nella costruzione di qualcosa di nuovo (l'uomo nuovo, l'uomo spirituale).
Non possiamo sapere se con questa prospettiva riscopriamo qualcosa che ci precedeva da sempre o se semplicemente ci adoperiamo a trasformarci in qualcosa partendo dal nulla.
Non possiamo saperlo e non possiamo avere prove al riguardo.
Del resto non so nemmeno se la cosa abbia importanza...

In una comunità di santi regna Dio. Domanda: è stato Dio a ispirare tale comunità o sono i santi ad averlo costretto a "nascere"?

Sono d'accordo che il processo si muova per disillusioni.
Queste disillusioni ci costringono a entrare nel deserto.

Non so se lo scopo sia quello di costruire qualcosa di nuovo. Penso che non vi sia mai nulla di veramente nuovo. Sono anzi dell'idea che il tempo stesso sia un'illusione, l'ultima delle illusioni, svanita la quale torniamo a essere ciò che siamo.

Di modo che, risponderei al quesito seguendo la mistica: Sono i santi che hanno fatto nascere Dio.

"Prego Dio che mi liberi da Dio!" invoca Meister Eckhart.
Perché finché ho un Dio, credo in un Dio, sono ancora schiavo di una nostra creazione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Per Viator,
ti ringrazio per averci messo in guardia verso un possibile narcisismo. La soddisfazione nel ritenere di aver finalmente "compreso" è probabilmente l'ostacolo più subdolo e difficile da superare nella ricerca della Verità.
Sono pure d'accordo sulla considerazione che il relativismo debba sempre essere tenuto presente, perché tutto nel nostro mondo è relativo.
 
Tuttavia vorrei osservare che lo "svuotamento di senso" è indispensabile per affrontare i grandi temi.
La loro contemplazione "all'interno del panorama complessivo del mondo" non può portarci da nessuna parte.
 
E' infatti qui necessario spingerci fino al limite, ossia fino a dove il pensiero razionale incontra lo smacco.
E lì evitare di seguirlo nella suo ripiegamento inconsapevole, ma invece resistere, affrontando lo sguardo della Medusa.
 
La constatazione che il libero arbitrio è un'illusione, per esempio, non può essere affrontata razionalmente.
La razionalità, se impiegata al meglio, con fede nella Verità, può condurci sino al limite del comprensibile. E perciò al "vuoto di senso" che l'assenza del libero arbitrio può suscitare in noi. Ma poi occorre resistere all'orrore senza più avvalerci del pensiero razionale.

Resistere. Poi, forse, potremo tornare al nostro pensiero con una nuova consapevolezza.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

#53
Salve. Per Kobayashi: Non mi riferivo affatto a te ma invece all'angolazione complessiva predominante.

Criticavo il fatto che alla domanda "Cos'è la fede" nessuno finora tranne me forniva una ipotesi di risposta.
Finora ho letto solo del COME possa essere la fede. Non del COSA possa essere.

Tra l'altro l'argomento circa il come possa essere la fede sarebbe stato da collocare assai meglio nella sezione "Spiritualità".

So benissimo che romanzi e discussioni infinite possono svilupparsi meglio sul COME (I come sono numerosi quanto le persone che possono descriverli). Circa il COSA invece la questione si fa più spinosa poichè - benchè le ipotesi possano essere anch'esse infinite - il COSA in sè dovrebbe risultare unico, perciò più facilmente esprimibile per via sintetica.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

#54
Viator, ma la discussione è in effetti nella sezione Spiritualità...
Comunque capisco la questione che sollevi tu del "cosa", e di come sia invece più facile raccontare il "come".
Provo a dare un'altra direzione alla discussione elaborando liberamente alcune idee di Pierangelo Sequeri.
Bisogna partire però dal presupposto che l'uomo è sempre esposto al sacro.
Il sacro nel senso di pura potenza che emerge quando gli opposti non possono essere separati, quando si viene travolti da qualcosa che è nello stesso tempo promessa di vita e condanna al dolore, bene e male.
L'uomo cerca sempre qualcosa o qualcuno da adorare e qualcosa da sacrificare.
Anche nel nostro tempo secolarizzato il sacro fa sentire la sua forza (per esempio nel potere delle élite economico-politiche, la cui esistenza è quasi separata dal mondo degli uomini, come gli antichi dei; suscitano adorazione e per la loro "gloria" sono sacrificabili quasi tutti gli altri, l'equilibrio della Terra, il futuro delle generazioni).

La filosofia greca fece uno sforzo imponente per portare razionalmente il divino oltre l'ambiguità del sacro. Rigettò l'idea che nel principio ci fosse un'ambivalenza, una mescolanza di bene e male, di verità e falsità, di giustizia e ingiustizia.
La metafisica greca ha elaborato il divino come immune all'hybris del sacro.
Un principio divino apatico, "anaffettivo", indifferente all'uomo.
Si è trattato di un costo molto alto: la vita affettiva dell'uomo finisce così per non aver nulla dell'essere vero.

Nel nostro tempo secolarizzato si è persa la memoria di questo immenso lavoro.
Non per questo il sacro ha cessato di far sentire la propria potenza.
Cresce l'incapacità di riconoscere ciò a cui è bello consacrarsi e ciò per cui è giusto sacrificarsi.
La religione "vera" deve aiutare ad orientarsi in questo, a proteggere l'uomo da un destino apparentemente fatale che impone di sacrificare a Cesare e di consacrarsi a Mammona.

La fede cristiana è la risposta ad un appello ad adorare Dio ("il solo che è buono" Mc 10,18) e ad amare il prossimo. Appello a consacrarsi all'amore del prossimo senza calcoli rispetto alle prerogative della cura di se'. È la libera accettazione del trasferimento verso il prossimo della cura che potremmo riservare esclusivamente a noi stessi.

Domanda: la fede cristiana prescinde da ogni valutazione del contenuto dell'appello? Cioè, nella fiducia dell'origine divina dell'appello semplicemente il cristiano se ne fa carico e si adegua a ciò a cui è chiamato? O piuttosto è la bellezza (e la profondità affettiva) di esso a svelarne la divinità e a determinare la scelta di seguirlo?
Io sinceramente non lo so, ma nei miei giorni migliori preferisco quest'ultima versione...

viator

Salve Kobayashi. Effettivamente ho fatto confusione ! Il problema umano è di tipo - guarda caso - bipolare.
Da una lato siamo spinti da una irrefrenabile pulsione al voler conoscere, dall'altro, anche se giungessimo a conoscere tutto il conoscibile, resterebbe l'anelito al mistero. Ovvero, una volta che non avessimo più nulla da conoscere incontreremmo semplicemente la disperazione per il semplice fatto che - conoscendo tutto, incluso quindi il nostro destino - resteremmo senza speranze ulteriori. Dovremmo "vivere" della pura e semplice, passiva, inattiva, disperata contemplazione di ciò che sappiamo. In realtà negando proprio il senso vero del vivere.
L'anelito al mistero è infatti la fede in ciò che sappiamo di non poter conoscere. Ed è appunto perchè non lo sappiamo che lo desideriamo, naturalmente sotto forma di speranza individualmente o collettivamente coltivata.

Senza la fede-speranza (che, lo ripeto, in ambito bio-psichico io chiamo spirito di sopravvivenza coscenziale) l'esistenza si rivelerebbe come un tormentoso susseguirsi di bisogni da soddisfare appena alleviati da eventuali piaceri destinati a venir inesorabilmente attutiti dalla consuetudine.

Il problema individuale a questo punto diventa: fede sì.....ma in che cosa ?
Perchè una fede resista alle vicende ed alle "smentite" che la vita reale le riserverà, occorre che essa venga collocata il più possibile lontano dalla realtà.
E' tutto qui il segreto e la ragione di esistere delle fedi trascendentali. E' tutta qui la ragione per la quale chi basa invece la propria esistenza su valori, mete, aspirazioni concrete......verrà inesorabilmente deluso.

Perciò una fede esistenzialmente soddisfacente deve possedere i seguenti requisiti :


  • Deve affermare qualcosa di positivo, cioè per noi gratificante.
  • Deve essere condivisa - possibilmente - da un gran numero di persone (per allontanare il dubbio di essere noi gli unici a credere ad una fandonia).
  • Se poi noi siamo delle persone ignoranti, credulone o superficiali, la fede deve risultare organizzata in modo evidente e piuttosto complicato, cioè infarcita di dogmi, morali, tradizioni, gerarchie etc. etc.

 Anch'io possiedo una fede, però del tutto semplicistica, poichè consiste in un unico dogma:

"Nessuno sottragga o distrugga ciò che, una volta venga chiamato a farlo, egli non sarà in grado di restituire o rigenerare".

Io lo chiamo "Principio naturale del bene".

Solo la natura infatti può sottrarre e distruggere continuamente, essendo la sola "divinità" che ha il potere di tutto restituire e rigenerare. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Luca Canetti

La fede, teologicamente parlando, è una risposta alla provocazione esistenziale della Sacra Scrittura

PhyroSphera

Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Luglio 2018, 14:07:16 PMDa molto tempo mi chiedo se il desiderio di Dio possa equivalere alla Fede...
Se posso portare la mia esperienza personale, io mi sento come quel personaggio di Dostoevskij che afferma: "se
anche Dio non fosse verità, starei con Dio, non con la verità".
Il desiderio di Dio è in me fortissimo, ma altrettanto forte è il timore che non ci sia nulla di vero; che dal
nulla proveniamo ed al nulla torneremo.
Potrei dunque mai dire di "credere"? Io non credo (...), laddove penso che "credere" voglia dire aver se non la
certezza perlomeno una qualche speranza.
Anni fa, nel vecchio forum, a seguito di queste esternazioni qualcuno (non ricordo il nome) mi consigliò di
andare a Medjugorje: non sono ancora andato e sono ancora fermo in quel medesimo "punto"...
Qualcuno di voi mi sa dire in cosa consiste la Fede?
saluti
La fede è proprio come l'omonimo anello: sorta di segno che ci pone in contatto con la realtà di una promessa. Poiché lo sposo è invisibile, la fede è necessaria con Dio mentre dell'anello nuziale se ne può fare a meno.
Quanto al nulla, evidentemente da esso non può provenire alcunché.

MAURO PASTORE 

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