A proposito della non-storicità di Cristo (o degli eventi biblici)...

Aperto da Carlo Pierini, 15 Agosto 2017, 12:10:43 PM

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InVerno

Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 18:36:37 PM
Citazione di: InVerno il 18 Agosto 2017, 17:53:09 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 17:30:58 PM
Citazione di: InVerno il 18 Agosto 2017, 17:08:39 PMHo letto circa quello che hai letto tu a giudicare dalle tue citazioni,

La vedo difficile: io mi sono letto più di due volte e meditato a lungo (una ventina d'anni) l'intera opera omnia di Jung; e degli altri ho letto praticamente tutto ciò che hanno scritto. E' per questo che i nostri punti di vista (tuo e mio) non quagliano molto!  :)
C'è un detto che dice che è meglio identificarsi con la propria ignoranza che con la propria sapienza, almeno la prima è infinita.

La massima è molto significativa (non ho dubbi che si possa essere felici anche nell'ignoranza), ma non mi pare che ti identificassi esattamente con la tua ignoranza su Jung, Eliade, ecc. quando dicevi che essi "hanno scoperto l'acqua calda". Insomma, gli ignoranti felici non si iscrivono a NG di discussione per esprimere giudizi su ciò che non conoscono. Dico bene?

INVERNO
Se ti venisse in mente di leggere una terza volta l'opera omia di Jung, forse sarebbe meglio che leggessi qualcosa di critico alla tua opinione, per non rischiare di rimanere intrappolato in una valle dove senti solo il tuo eco! Consiglio spassionato e ironico si intende, fa ciò che vuoi.

CARLO
Ne ho lette diverse di critiche a Jung, sebbene non esistano libri specifici. Una delle critiche più feroci, incredibile a dirsi, la muove proprio Evola. Ma solo perché, come tutti gli altri critici che ho avuto modo di leggere, ha travisato la sua teoria a causa di una conoscenza frammentaria e incompleta di essa. In altre parole, Evola non si è accorto che Jung è profondamente d'accordo con lui. Se vuoi, diversi anni fa ho scritto tre ho quattro pagine sul confronto tra le critiche di Evola e il punto di vista reale di Jung, nel quale il malinteso è evidente.
Comunque, se parlo di Jung in qualche NG è anche per esporlo alla critica; ...ma se ha superato le mie critiche di quando ero un teorico dell'ateismo (è stato lui ad iniziarmi al teismo, unitamente a quelle tre o quattro esperienze "visionarie" che ho avuto tanti anni fa), ormai resiste a qualunque attacco possibile. Per me, lui è il Newton della psicologia: la sua teoria può essere ritoccata, ma non confutata.
Non solo, anche Guenon è molto critico (indirettamente) dell'approccio Junghiano. Dalla prefazione di "Simboli della scienza sacra" leggiamo
"ignorare qualsiasi conoscenza puramente intellettuale, come si fece dopo Descartes, si doveva sfociare da un lato nel positivismo, nell'agnosticismo e in tutte le aberrazioni scientistiche [..] e tutte le teorie contemporanee che non soddisfatte di ciò che può dare la ragione e non al di sopra  giungendo con William James per esempio a vedere nel subconscio il mezzo con il quale l'uomo può entrare in contatto con il Divino".

In tal caso Guenon è stato erroneamente messo sulla stessa barca di Jung, quando la chiave di lettura della sua simbologia era ben diversa e in tale ottica andava letta, fino a che punto poi esse quindi possono mescolate è da riconsiderarsi. Non è questione di riappacificarli, ma di non leggere Guenon in chiave Junghiana e Jung in chiave Guenoniana quando le loro ermeneutiche erano cosi distanti. In ultima analisi i simboli e il linguaggio servono proprio a questo, a trovare una sintesi, un terreno comune dove incontrarsi, dove essere relazione. Ma una volta persi gli interlocutori, che cosa rimane nel simbolo, che cosa rimane della parola "amore" tolti i due amanti che se la sussurrano? Un suono, un disegno, un graffio, un ricordo.. che può essere sacralizzato e tramandato, ma può essere "riscoperto"? E' già difficile capire qualcosa nei libri del secolo scorso a quanto pare.

Siccome ho riaperto il libro per curiosità di rileggere la spiegazione sulla svastica, sono subito inciampato in un esempio del perchè io non riesca a considerare Guenon non dico utile a teorie dell'inconscio collettivo, ma nemmeno in un ottica puramente simbolista. Dal capitolo sulle svastica si legge

"Nello stesso catechismo sopra citato si trova anche questa specie di enigma "By letters four and science five, this G aright doth stand in a due art and proportion". Qui science five designa evidentemente "quinta scienza" cioè la Geometria, in quanto il significato di letters four si potrebbe a prima vista e per simmetria essere tentati di supporvi un errore per cui occorra  leggere letter al singolare in modo tale che si tratterebbe della quarta lettera dell'alfabeto greco delta, che è infatti simbolicamente interessante per la sua forma triangolare, ma siccome questa spiegazione avrebbe il grande difetto di non presentare alcun rapporto intelleggibile con G è molto più verosimile che si tratti realmente di quattro lettere e che l'espressione d'altronde anormale di science five sia stata messa li per rendere il tutto più enigmatico".

Ora è chiaro che con questo grado di libertà interpretativa (di cui questo è solo un esempio ad "apertura di pagina a caso") io potrei giungere ad una spiegazione intelleggibile del fatto che in realtà si stesse parlando della ricetta del pesto. Come ho già scritto qualche post fa, i simboli si considerano nel contesto di un percorso spirituale (e perciò tesi allo scopo del percorso, in maniera dottrinale, ciò con lo scopo di indottrinare e mostrare il percorso) se sono frutto della falsificazione, dell'enigmismo alchemico\massone\cabbalistico, si possono inventare infinite chiavi di lettura salvo non possedere un adeguata "stele di rosetta" \ confessione \ tradizione \ chiara spiegazione di chi li ha composti.
Guenon in realtà indugia in un mondo di sola alchimia, e con una certa ingenuità ci spiega chiaramente, quali voli pindarici fa la sua mente alla ricerca di una "simmetria". Comunque risultano letture interessanti se altro per la mole di informazioni raccolte, è la pentola in cui vengono mescolate a mio avviso a far difetto, o meglio ancora a non avere una validità di metodo (come già Umberto Eco e altri facevano notare).

Della storicità di Joshua Ben Josef vorrei aggiungere solo che è un ottimo espediente politico per l'ecclesia e un ottimo espediente miracolistico per il credente, per questo nessuno dei due può rinunciarvi: i regni e i malati hanno bisogno di vera carne e vero sangue. Sono secoli ormai che Cristo è niente più che un assicurazione sulla vita del credente, e Pascal aveva chiaramente sintetizzato come fosse la miglior polizza possibile non avendo "niente da perderci". Quelli che oggi si definiscono atei a malapena sanno di quello che parlano, o sono atei nei confronti (giustamente) di quello che vedono oggigiorno, una dottrina della mutanda e del volemose bene.
Se poi a qualcuno venisse in mente (ANCORA) che il fine giustifica i mezzi, e che si può solleticare i bassi istinti delle persone impunemente senza corrompere culla e neonato pur di tramandare "perle", farebbe bene a ravvedersi, se gli innumerevoli esempi politici odierni non bastano guardi cosa ne è del cattolicesimo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 22:40:36 PM
Certo, tutti gli uomini ragionano in modo dicotomico, proprio perché il mondo E' FATTO di dicotomie.
Penso che il mondo non sia fatto di dicotomie, ma venga letto secondo dicotomie: il bene e il male non hanno sostanza, così come il bello e il brutto, etc. è sempre una questione di interpretazione umana; le dicotomie siamo noi a vederle (e a deciderle) in ciò che guardiamo, sono nell'occhio, non nel mondo (salvo avere fede in determinati orizzonti mistico-religiosi che si ritengono esenti dell'onere della prova...).
Sono le categorie umane ad essere duali, e non a caso non tutte le dicotomie vengono "riempite" con gli stessi "elementi", come dimostrano le differenze culturali...
Perché le categorie sono proprio duali e non terziarie? Perché quelle duali sono le più semplici, le più pratiche da usare (criterio da sempre caro all'uomo, pigro ottimizzatore!); due è il numero minimo che non sia uno (se tutto fosse considerato uno e indistinto non sarebbe funzionale, almeno in questa fase dell'evoluzione storica... anche se attualmente questo monismo, nella sua saggezza, ha comunque i suoi seguaci, non credo possa essere praticato su grande scala a breve).

Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 22:40:36 PM
questa dicotomicità del mondo non è immediatamente evidente [...] e per capirla serve un'intuizione, un'ispirazione, una sintesi, e i simboli *sono* intuizioni o ispirazioni che esprimono una sintesi.
Non la farei così complessa e mistica: per capire la dicotomicità, o meglio, per apprenderla, è sufficiente ricevere un'educazione dal proprio contesto di crescita, imparandola per emulazione/introiezione, e successivamente rielaborarla in base ai propri vissuti (nulla di trascendente ;) ).

Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 22:40:36 PM
ora avrei  bisogno di qualche pagina di scritti per dirti quanto quel suggerimento simbolico cadesse a fagiolo in relazione alla mia condizione esistenziale-psicologica di allora, ma te lo risparmio. Tuttavia, se aggiungi a quanto detto tutte le altre coincidenze-complementarità di significato con la tradizione simbolica che ho annotato nel mio breve resoconto, ti renderai conto di quanto siamo lontani dalla tua laconica e scarna idea secondo cui i simboli non sarebbero altro che passivi riflessi dell'esperienza di chi li "partorisce".
Non sono sicuro di aver parlato dei simboli come "passivi riflessi dell'esperienza di chi li partorisce" (non penso lo siano, credo invece conti molto il contesto e l'eredità culturale in cui si vive); comunque, ammesso e non concesso, nulla vieterebbe a "passivi riflessi" storicizzati di essere ricchi di significato e di "cadere a fagiolo" in particolari situazioni esistenziali-psicologiche... ma ciò non toglie che rimangano comunque "passivi riflessi" piuttosto che "attivi segni del divino" (divino che, secondo me, proprio come le dicotomie è più nell'occhio che nel mondo...).
Tuttavia, a scanso di equivoci, ribadisco che per me gli archetipi esistono come fattori transculturali e derivano da quella famigerata "indole" a cui accennavo in precedenza.

Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 22:40:36 PM
Per capire che Hegel, pur partendo da un'intuizione geniale sulla possibilità di complementare gli opposti "tesi" e "antitesi" in una "sintesi" finale, *si è sbagliato clamorosamente* creando un mostro logico, mi è stato di grande aiuto sia il Caduceo che il Tao: entrambi contemplano un *piano superiore*, un *Tertium* verso cui gli opposti convergono e si unificano complementariamente senza perdere la propria rispettiva "sovranità ontologica", cioè, senza che la loro dualità sia annullata, assorbita dall'Uno. Senza questo Tertium giacente su un piano ALTRO da quello del Due, scatterebbe l'aristotelico principio di non-contraddizione (p.d.n.c.) che decreterebbe il concetto di "sintesi degli opposti" una ...boiata pazzesca. Infatti Hegel ha ronzato spesso intorno al p.d.n.c. indeciso se abolirlo oppure lasciarlo in vita. E non avendo deciso nulla, ha lasciato la Dialettica in pasto ai logici successivi che l'hanno massacrata.
Non sono affatto un esperto di Hegel, tuttavia, pensando a quel poco che ricordo, mi permetto di suggerirti, per la tua ricerca, di (ri)approfondire i suoi concetti di "tesi" e "antitesi" che, se considerati in modo vago e generico, come accennavo in precedenza, smettono di essere "tesi" ed "antitesi" di Hegel, ma diventano altro, uno spurio ibrido non hegeliano indebitamente attribuito ad Hegel (con conseguente fallacia dell'"argomento fantoccio"... chi l'avrebbe mai detto che un giorno avrei spezzato una lancia in favore di Hegel  ;D ).
Mi dirai che Hegel non è il fulcro della discussione, e hai ragione, ma mi pare un esempio eloquente di quale sia il rischio ermeneutico nell'accostare per somiglianze vaghe (e per amor di comparazione) strutture di senso, che hanno un'identità ben definita e differenziata, con altre che, solo ad uno sguardo "leggero", sembrano molto affini e "comparabili".

P.s.
Ti invito a non considerare queste mie osservazioni critiche come una polemica oppositiva alla tua ricerca: nella migliore delle ipotesi, possono essere spunto di riflessione per rafforzare i tuoi risultati conseguiti; nella peggiore, ti accorgerai di dover aggiustare il tiro (oppure concluderai che ci sono modi migliori di impiegare il tuo tempo che leggere i miei post).

Carlo Pierini

#47
Citazione di: InVerno il 19 Agosto 2017, 13:50:41 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 18:36:37 PMCARLO
Ne ho lette diverse di critiche a Jung, sebbene non esistano libri specifici. Una delle critiche più feroci, incredibile a dirsi, la muove proprio Evola. Ma solo perché, come tutti gli altri critici che ho avuto modo di leggere, ha travisato la sua teoria a causa di una conoscenza frammentaria e incompleta di essa. In altre parole, Evola non si è accorto che Jung è profondamente d'accordo con lui. Se vuoi, diversi anni fa ho scritto tre ho quattro pagine sul confronto tra le critiche di Evola e il punto di vista reale di Jung, nel quale il malinteso è evidente.
Comunque, se parlo di Jung in qualche NG è anche per esporlo alla critica; ...ma se ha superato le mie critiche di quando ero un teorico dell'ateismo (è stato lui ad iniziarmi al teismo, unitamente a quelle tre o quattro esperienze "visionarie" che ho avuto tanti anni fa), ormai resiste a qualunque attacco possibile. Per me, lui è il Newton della psicologia: la sua teoria può essere ritoccata, ma non confutata.
Non solo, anche Guenon è molto critico (indirettamente) dell'approccio Junghiano. Dalla prefazione di "Simboli della scienza sacra" leggiamo
"ignorare qualsiasi conoscenza puramente intellettuale, come si fece dopo Descartes, si doveva sfociare da un lato nel positivismo, nell'agnosticismo e in tutte le aberrazioni scientistiche [..] e tutte le teorie contemporanee che non soddisfatte di ciò che può dare la ragione e non al di sopra  giungendo con William James per esempio a vedere nel subconscio il mezzo con il quale l'uomo può entrare in contatto con il Divino".

Sì, che Guénon avesse le sue fisime è sotto gli occhi di tutti. Il suo odio-disprezzo per la scienza, per esempio, è proverbiale; ma ciò era dovuto solo alla sua incapacità di distinguere la scienza vera e propria dall'ideologia materialista, finendo per fare la figura del "Don Quijote contro i mulini a vento". Invece, come storico del simbolo e del mito religioso può essere annoverato tra i grandi. E non vedo dove il suo approccio ermeneutico si discosti da quello di Jung e degli altri "grandi".
Negare la possibilità "di entrare in contatto con Dio attraverso il subconscio" è un'altra delle sue eccentricità, dal momento che egli stesso ha sempre sottolineato l'onnipresenza del "Principio Supremo" e la sua funzione di "ordinatore-armonizzatore" del cosmo; allora, se il "Re del Mondo" è onnipresente, non si capisce perché dovrebbe essere assente proprio nell'uomo, nell'anima umana.

INVERNO
Siccome ho riaperto il libro per curiosità di rileggere la spiegazione sulla svastica, sono subito inciampato in un esempio del perchè io non riesca a considerare Guenon non dico utile a teorie dell'inconscio collettivo, ma nemmeno in un ottica puramente simbolista. Dal capitolo sulle svastica si legge:
"Nello stesso catechismo sopra citato si trova anche questa specie di enigma "By letters four and science five, this G aright doth stand in a due art and proportion". Qui science five designa evidentemente "quinta scienza" cioè la Geometria, in quanto il significato di letters four si potrebbe a prima vista e per simmetria essere tentati di supporvi un errore per cui occorra  leggere letter al singolare in modo tale che si tratterebbe della quarta lettera dell'alfabeto greco delta, che è infatti simbolicamente interessante per la sua forma triangolare, ma siccome questa spiegazione avrebbe il grande difetto di non presentare alcun rapporto intelleggibile con G è molto più verosimile che si tratti realmente di quattro lettere e che l'espressione d'altronde anormale di science five sia stata messa li per rendere il tutto più enigmatico".

Ora è chiaro che con questo grado di libertà interpretativa (di cui questo è solo un esempio ad "apertura di pagina a caso") io potrei giungere ad una spiegazione intelleggibile del fatto che in realtà si stesse parlando della ricetta del pesto. Come ho già scritto qualche post fa, i simboli si considerano nel contesto di un percorso spirituale (e perciò tesi allo scopo del percorso, in maniera dottrinale, ciò con lo scopo di indottrinare e mostrare il percorso) se sono frutto della falsificazione, dell'enigmismo alchemico\massone\cabbalistico, si possono inventare infinite chiavi di lettura salvo non possedere un adeguata "stele di rosetta" \ confessione \ tradizione \ chiara spiegazione di chi li ha composti.

CARLO
Hai detto bene: "un'adeguata stele di Rosetta". E l'unica "stele di Rosetta" valida nell'ermeneutica dei simboli è l'analisi comparata tra diverse tradizioni, la sola in grado di fornire (quando ciò è possibile) un numero taledi convergenze di significato da rendere altamente probabile la correttezza di una determinata interpretazione (un po' come, nelle indagini poliziesche, pochi indizi convergenti possono avere valore di prova). Pertanto non ho mai tenuto in seria considerazione interpretazioni un po' "a culo" come quella da te citata. Insomma, sebbene l'ermeneutica del simbolo, grazie ad un graduale perfezionamento dell'analisi comparata, abbia le carte in regola per diventare una vera e propria scienza (la lingua dei simboli è *una*), non possiamo pretendere di saper decodificare *già oggi* ogni simbolismo possibile, come pretende certe volte Guénon. Come in ogni altro campo del sapere, si deve partire dai significati più certi per poi inoltrarci via via in quelli meno certi e più misteriosi, e rassegnarci all'idea che gran parte dell'oceano dei simboli della nostra storia giace nel mistero e vi giacerà per molto tempo ancora.

INVERNO
Della storicità di Joshua Ben Josef vorrei aggiungere solo che è un ottimo espediente politico per l'ecclesia e un ottimo espediente miracolistico per il credente, per questo nessuno dei due può rinunciarvi: i regni e i malati hanno bisogno di vera carne e vero sangue.

CARLO
Lo so, i bambini *devono* credere che Cenerentola esiste in qualche regno lontano e reale. Ma i bambini crescono, i tempi cambiano, e per delle persone mediamente intelligenti non sarà poi così difficile sostituire a un Joshua storico, un Joshua personaggio di un "film" scritto e diretto dallo stesso Padre Eterno, se pur interpretato da attori umani!   :)

Carlo Pierini

#48
Citazione di: Phil il 19 Agosto 2017, 16:19:17 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 22:40:36 PM
ora avrei  bisogno di qualche pagina di scritti per dirti quanto quel suggerimento simbolico cadesse a fagiolo in relazione alla mia condizione esistenziale-psicologica di allora, ma te lo risparmio. Tuttavia, se aggiungi a quanto detto tutte le altre coincidenze-complementarità di significato con la tradizione simbolica che ho annotato nel mio breve resoconto, ti renderai conto di quanto siamo lontani dalla tua laconica e scarna idea secondo cui i simboli non sarebbero altro che passivi riflessi dell'esperienza di chi li "partorisce".
Non sono sicuro di aver parlato dei simboli come "passivi riflessi dell'esperienza di chi li partorisce" (non penso lo siano, credo invece conti molto il contesto e l'eredità culturale in cui si vive);
Lo so che tu pensi questo, ma la tua è un'opinione che, seppure oggi molto di moda, non corrisponde con ciò che si osserva.
Gli "archetipi" si chiamano così proprio perché sono presenti sempre uguali a se stessi (se pur in forme varianti diverse) in OGNI contesto culturale ("Arché-tipo = modello universale). E, visto che abbiamo un caso concreto, ari-prendiamo in considerazione il "mio" caduceo:

questa variante proviene dalla Mesopotamia e risale a 5.000 anni fa:
https://2.bp.blogspot.com/-mqNAx9O_uko/WZhfIaE1MBI/AAAAAAAAAHo/uFo70Zy8AQYSmQAWF6-reH6PUhYrVTjTQCLcBGAs/s1600/Caduceo%2BGudea.jpg

...questo proviene dalla Cina e risale a circa 4.000 anni fa:
https://1.bp.blogspot.com/-EZE9_oHo1RQ/WZhgleFznKI/AAAAAAAAAH0/dgivKcvfY1AhFwBdu8wLXSsFHnjsbwUaQCLcBGAs/s1600/Caduceo%2Bcinese%2B1.jpg

...questi provengono dall'India e sono anch'essi antichissimi:
https://1.bp.blogspot.com/-kg9wUxQktDE/WZhiWly0L9I/AAAAAAAAAIA/S9OrhuDUEO8XdgD8rfR7doYMkOoTszqugCLcBGAs/s1600/Caduceo%2Bind%25C3%25B9%2B%2528nagakala%2529.jpg

...questo proviene dalla Grecia arcaica:
https://4.bp.blogspot.com/--GwtaCN7O8Q/WZhlohW_mCI/AAAAAAAAAIM/NO1zdMsuGEkn0207jWR7LcoX8DEprpOCwCLcBGAs/s320/caduceo%2Bgreco.jpg

..e questo dalla Grecia moderna (religione greco-ortodossa):
https://4.bp.blogspot.com/-g0h4aYLA16o/WZhmYuNHGvI/AAAAAAAAAIU/LvJxc4Dg1MAAs84eGsdEfe6QaYx8ayRUgCLcBGAs/s320/caduceo%2Bgreco%2Bortodosso.jpg

...E poi esistono varianti egizie, ebree, fenicie, e molte altre provenienti da ogni tempo e luogo. Cosa c'entra, dunque,l'eredità culturale, se, per esempio, tra la Cina e la Mesopotamia di 5000 anni fa non c'era alcun contatto culturale?


Citazione di: Phil il 19 Agosto 2017, 16:19:17 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 18 Agosto 2017, 22:40:36 PMPer capire che Hegel, pur partendo da un'intuizione geniale sulla possibilità di complementare gli opposti "tesi" e "antitesi" in una "sintesi" finale, *si è sbagliato clamorosamente* creando un mostro logico, mi è stato di grande aiuto sia il Caduceo che il Tao: entrambi contemplano un *piano superiore*, un *Tertium* verso cui gli opposti convergono e si unificano complementariamente senza perdere la propria rispettiva "sovranità ontologica", cioè, senza che la loro dualità sia annullata, assorbita dall'Uno. Senza questo Tertium giacente su un piano ALTRO da quello del Due, scatterebbe l'aristotelico principio di non-contraddizione (p.d.n.c.) che decreterebbe il concetto di "sintesi degli opposti" una ...boiata pazzesca. Infatti Hegel ha ronzato spesso intorno al p.d.n.c. indeciso se abolirlo oppure lasciarlo in vita. E non avendo deciso nulla, ha lasciato la Dialettica in pasto ai logici successivi che l'hanno massacrata.

Non sono affatto un esperto di Hegel, tuttavia, pensando a quel poco che ricordo, mi permetto di suggerirti, per la tua ricerca, di (ri)approfondire i suoi concetti di "tesi" e "antitesi" che, se considerati in modo vago e generico, come accennavo in precedenza, smettono di essere "tesi" ed "antitesi" di Hegel, ma diventano altro, uno spurio ibrido non hegeliano indebitamente attribuito ad Hegel (con conseguente fallacia dell'"argomento fantoccio"... chi l'avrebbe mai detto che un giorno avrei spezzato una lancia in favore di Hegel  ;D ).
C'è poco da approfondire. La logica (p.d.n.c.) vieta la possibilita di coesistenza tra due significati opposti-contraddittori, quindi la Dialettica non può applicarsi ad essi, come invece ha scritto Hegel in più opere. Inoltre, gli opposti complementari possono unificarsi senza cancellare la loro dualità SOLO se l'Uno non appartiene al medesimo piano di esistenza del due. Se, invece, "tesi" e "antitesi" diventano "uno" nella "sintesi", ciò significa che la loro dualità-opposizione era solo apparente.

Quindi, tutto ciò che restadella dialettica hegeliana è solo l'intuizione originaria che, tuttavia è rimasta incompiuta. Tant'è che Hegel stesso non l'ha mai applicata a NULLA, la metà dei logici la considerano una semplice ...presa per i fondelli, mentre l'altra metà non l'ha capita e non sa comunque cosa farsene. Oggi "dialettica" significa poco più che "l'arte di convincere attraverso le chiacchiere"

Pane al pane e vino al vino, senza tante elucubrazioni ...dialettiche!   >:(

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 18:52:46 PM
Lo so che tu pensi questo, ma la tua è un'opinione che, seppure oggi molto di moda, non corrisponde con ciò che si osserva.
Con buona pace di tutta l'antropologia e di numerose altre scienze umane, giusto? ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 18:52:46 PM
Gli "archetipi" si chiamano così proprio perché sono presenti sempre uguali a se stessi (se pur in forme varianti diverse) in OGNI contesto culturale ("Arché-tipo = modello universale) [...]E poi esistono varianti egizie, ebree, fenicie, e molte altre provenienti da ogni tempo e luogo. Cosa c'entra, dunque,l'eredità culturale, se, per esempio, tra la Cina e la Mesopotamia di 5000 anni fa non c'era alcun contatto culturale?
Attenzione a non confondere i simboli con gli archetipi: il mio discorso sull'impatto del contesto culturale parlava, come puoi leggere, esplicitamente di simboli (come tu stesso hai notato, anche il linguaggio ha un piano simbolico), mentre, non a caso, quando ho parlato di archetipi ho scritto:
Citazione di: Phil il 19 Agosto 2017, 16:19:17 PM
a scanso di equivoci, ribadisco che per me gli archetipi esistono come fattori transculturali.
e con "transculturale" intendo proprio la definizione di archetipo che hai citato...


Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 18:52:46 PM
C'è poco da approfondire. La logica (p.d.n.c.) vieta la possibilita di di coesistenza tra due significati opposti-contraddittori, quindi la Dialettica non può applicarsi ad essi, come invece ha scritto Hegel in più opere. Inoltre, gli opposti complementari possono unificarsi senza cancellare la loro dualità SOLO se l'Uno non appartiene al medesimo piano di esistenza del due. Se, invece, "tesi" e "antitesi" diventano "uno" nella "sintesi", ciò significa che la loro dualità-opposizione era solo apparente.[...] Tant'è che Hegel stesso non l'ha mai applicata a NULLA
Sicuramente conosci Hegel meglio di me, ma rimane il sospetto che per "antitesi" tu intenda generalisticamente "significato opposto-contraddittorio"(cit.) che non è quello che Hegel intendeva (soprattutto nelle sue analisi di filosofia della storia, o sullo "spirito", che non hanno niente a che fare con il principio di non contraddizione), almeno per come ha scritto ed è stato interpretato da chi lo ha studiato (se non erro)... ma non voglio insistere.
Sicuro poi che la sua dialettica triadica non l'abbia mai applicata a nulla? E le triadi hegeliane che ha (de)scritto? Credo basti sfogliare l'indice della "Fenomenologia dello spirito" per trovarne qualcuna, se non ricordo male...
Adesso però non farmi passare per strenue difensore di Hegel, è il colmo dei colmi (anche per mia incompetenza!) ;D

Carlo Pierini

#50
Citazione di: Phil il 19 Agosto 2017, 19:25:44 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 18:52:46 PM
Lo so che tu pensi questo, ma la tua è un'opinione che, seppure oggi molto di moda, non corrisponde con ciò che si osserva.
Con buona pace di tutta l'antropologia e di numerose altre scienze umane, giusto? ;)

Il geocentrismo è stato considerato valido per più di un millennio da tutte le scienze astronomiche del mondo prima che Copernico-Keplero si rendessero conto che era ora di cambiare paradigma. Ecco: Jung, Eliade, ecc., sono i Copernico-Keplero dell'antropologia-psicologia attuale.

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 18:52:46 PM
Gli "archetipi" si chiamano così proprio perché sono presenti sempre uguali a se stessi (se pur in forme varianti diverse) in OGNI contesto culturale ("Arché-tipo = modello universale) [...]E poi esistono varianti egizie, ebree, fenicie, e molte altre provenienti da ogni tempo e luogo. Cosa c'entra, dunque,l'eredità culturale, se, per esempio, tra la Cina e la Mesopotamia di 5000 anni fa non c'era alcun contatto culturale?

PHIL
Attenzione a non confondere i simboli con gli archetipi: il mio discorso sull'impatto del contesto culturale parlava, come puoi leggere, esplicitamente di simboli (come tu stesso hai notato, anche il linguaggio ha un piano simbolico), mentre, non a caso, quando ho parlato di archetipi ho scritto:
Citazione di: Phil il 19 Agosto 2017, 16:19:17 PMa scanso di equivoci, ribadisco che per me gli archetipi esistono come fattori transculturali.

e con "transculturale" intendo proprio la definizione di archetipo che hai citato...

CARLO
Certo, ma si dà il caso che i simboli non siano che le diverse espressioni locali di un medesimo archetipo. Per cui ci sono due possibilità riguardo all'origine dell'archetipo:
1 - o si tratta di una entità ordinatrice dell'attività simbolizzante, che trascende il tempo storico e lo spazio geografico (la "Musa", o l'"Apollo" degli artisti);
2 - oppure si tratta di figurazioni presenti in qualche modo nel patrimonio genetico umano, che è l'unico elemento comune ("trans-culturale") tra individui appartenenti a gruppi umani non-comunicanti sul piano culturale.

Quali sono i motivi per i quali tu opti per ...la seconda che ho detto? Ti risulta forse che la cultura sia geneticamente ereditaria?

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 18:52:46 PM
C'è poco da approfondire. La logica (p.d.n.c.) vieta la possibilita di di coesistenza tra due significati opposti-contraddittori, quindi la Dialettica non può applicarsi ad essi, come invece ha scritto Hegel in più opere. Inoltre, gli opposti complementari possono unificarsi senza cancellare la loro dualità SOLO se l'Uno non appartiene al medesimo piano di esistenza del due. Se, invece, "tesi" e "antitesi" diventano "uno" nella "sintesi", ciò significa che la loro dualità-opposizione era solo apparente.[...] Tant'è che Hegel stesso non l'ha mai applicata a NULLA

PHIL
Sicuramente conosci Hegel meglio di me,


CARLO
Non è detto. Quando mi sono reso conto che la sua "sintesi" pretende di unificare dei significati contraddittori, e/o di utilizzare le "sintesi" come "tesi" per nuovi processi dialettici, ho capito che come logico lasciava molto a desiderare e l'ho mollato al suo destino, risparmiandomi così di sorbirmi quel mattone indigeribile che è la "fenomenologia dello spirito".

PHIL
ma rimane il sospetto che per "antitesi" tu intenda generalisticamente "significato opposto-contraddittorio"(cit.)

CARLO
Non ci penso nemmeno lontanamente. Per questo ho scritto ieri sulla necessita di distinguere tra "opposti contraddittori" (non sintetizzabili) e "opposti dialettici" (che possono essere oggetto di un confronto di graduale trasformazione dell'opposizione in complementarità-convergenza verso un "Tertium" superiore, non complanare alla coppia di opposti).

PHIL
che non è quello che Hegel intendeva (soprattutto nelle sue analisi di filosofia della storia, o sullo "spirito", che non hanno niente a che fare con il principio di non contraddizione), almeno per come ha scritto ed è stato interpretato da chi lo ha studiato (se non erro)... ma non voglio insistere.
Sicuro poi che la sua dialettica triadica non l'abbia mai applicata a nulla? E le triadi hegeliane che ha (de)scritto? Credo basti sfogliare l'indice della "Fenomenologia dello spirito" per trovarne qualcuna, se non ricordo male...
Adesso però non farmi passare per strenuo difensore di Hegel, è il colmo dei colmi (anche per mia incompetenza!) ;D


CARLO
Non mi pare che la dialettica hegeliana abbia mai aiutato alcun ricercatore a superare alcun problema logico-epistemico. I suoi scritti sono spesso oscuri, a volte contorti e quasi sempre inconcludenti; per cui la mia dose di Hegel l'ho già presa, e il resto lo lascio a chi ama l'elucubrazione fine a se stessa.

P.S.
Hai detto di aver trovato degli spunti interessanti su qualche mio intervento. ...Per esempio?

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Il geocentrismo è stato considerato valido per più di un millennio da tutte le scienze astronomiche del mondo prima che Copernico-Keplero si rendessero conto che era ora di cambiare paradigma. Ecco: Jung, Eliade, ecc., sono i Copernico-Keplero dell'antropologia-psicologia attuale.
Il cavilloso che è in me apprezza l'ardito paragone, ma mi ricorda che in un campo, essendo scientifico, sono state fornite dimostrazioni o almeno teorie scientifiche, nell'altro, trattandosi di scienze umane (scienze più "deboli"), la rivoluzione di paradigma resta inevitabilmente più interpretativa e meno oggettiva (senza nulla togliere al suo valore: il limite sta solo nel campo del sapere in cui avviene, non nella qualità del contributo).

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Certo, ma si dà il caso che i simboli non siano che le diverse espressioni locali di un medesimo archetipo.
Forse non sempre, anche le emoticons che usiamo in questo forum sono dei simboli, ma (al di là della pareidolia) non riesco a ricondurli ad alcun archetipo; si accettano suggerimenti  :)

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Per cui ci sono due possibilità riguardo all'origine dell'archetipo:
1 - o si tratta di una entità ordinatrice dell'attività simbolizzante, che trascende il tempo storico e lo spazio geografico (la "Musa", o l'"Apollo" degli artisti);
2 - oppure si tratta di figurazioni presenti in qualche modo nel patrimonio genetico umano, che è l'unico elemento comune ("trans-culturale") tra individui appartenenti a gruppi umani non-comunicanti sul piano culturale.

Quali sono i motivi per i quali tu opti per ...la seconda che ho detto?
La conoscenza dell'origine dell'archetipo eccede di gran lunga il mio modestissimo sapere, tuttavia se mi chiedi (obbligatoriamente!) di scegliere fra la fede (assenza di prove oggettive) in un'entità trascendente di matrice divina, oppure il supporre che sia solo una questione di genetica (che ha una radice di esistenza dimostrata), punterei i miei due centesimi sull'ipotesi più ancorata a ciò che almeno sappiamo essere reale (ferma restando la possibilità di una ulteriore terza via, ancora da tracciare...).


Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Ti risulta forse che la cultura sia geneticamente ereditaria?
La cultura credo sia "ereditaria" per acquisizione, per apprendimento, per introiezione, insomma la si assorbe da bambini, come la lingua (e come la lingua può poi essere modificata crescendo e muta di generazione in generazione). Se abbia anche una predisposizione genetica (da ignorante, ne dubito) dovremmo chiederlo ai genetisti...

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Quando mi sono reso conto che la sua "sintesi" pretende di unificare dei significati contraddittori, e/o di utilizzare le "sintesi" come "tesi" per nuovi processi dialettici, ho capito che come logico lasciava molto a desiderare e l'ho mollato al suo destino, risparmiandomi così di sorbirmi quel mattone indigeribile che è la "fenomenologia dello spirito".
"La sua sintesi pretende di unificare dei significati contraddittori"? Un utente (si dice il peccato ma non il peccatore ;) ) ti chiederebbe: "per criticarlo con tale disinvoltura, cosa hai letto di Hegel?", ma io mi limito ad un "Sicuro che sia così? Non è che qualche altro autore lo ha frainteso in quel senso e te ne sei fidato?"


Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
PHIL
ma rimane il sospetto che per "antitesi" tu intenda generalisticamente "significato opposto-contraddittorio"(cit.)

CARLO
Non ci penso nemmeno lontanamente. Per questo ho scritto ieri sulla necessita di distinguere tra "opposti contraddittori" (non sintetizzabili) e "opposti dialettici" (che possono essere oggetto di un confronto di graduale trasformazione dell'opposizione in complementarità-convergenza verso un "Tertium" superiore, non complanare alla coppia di opposti).
Colpa mia, sono stato impreciso: mi riferivo alla tua interpretazione della "antitesi" in Hegel, non all'"antitesi" in generale. Questo è un effetto collaterale (non trascurabile) del sincretismo: talvolta non è chiaro se ci si riferisce ad un termine nel suo contesto di origine o su un piano più generico e comparativo.

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Non mi pare che la dialettica hegeliana abbia mai aiutato alcun ricercatore a superare alcun problema logico-epistemico.
Perché Hegel principalmente non era né un logico né un epistemologo... vogliamo rimproverare a Cartesio, nel suo occuparsi di dio, di non aver contribuito al progresso della teologia? ;D


P.s.
Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
P.S.
Hai detto di aver trovato degli spunti interessanti su qualche mio intervento. ...Per esempio?
Hai l'indubbio merito di aver pazientemente condiviso una ricca dose di citazioni che, per quanto decontestualizzate, fungono da spunto di riflessione (il che, chiaramente, non significa essere d'accordo con tutto ciò che ci stimola...). Se intendi qualcosa di più individuale, considera che ogni domanda che mi poni, mi porta a riflettere, a chiarirmi (che, egoisticamente, è più prezioso del "chiarirti" ;) ), a fare i conti con una prospettiva differente...

Ecco, prova a pensare se invece ci focalizzassimo sui nostri denominatori comuni, sul comparare i nostri elementi simili, magari aggiustandoli un po' per farli rientrare in un puzzle condiviso; quanto sarebbe generica (ed ermeneuticamente "debole") la "visione comparata" che ne deriverebbe? E quanto verrebbero deformate le particolarità delle nostre prospettive? Quanto ognuno di noi si sentirebbe malinterpretato o "superficializzato"?
Hegel, nella sua tomba, sta sorridendo...

InVerno

Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 17:23:05 PMSì, che Guénon avesse le sue fisime è sotto gli occhi di tutti. Il suo odio-disprezzo per la scienza, per esempio, è proverbiale; ma ciò era dovuto solo alla sua incapacità di distinguere la scienza vera e propria dall'ideologia materialista, finendo per fare la figura del "Don Quijote contro i mulini a vento". Invece, come storico del simbolo e del mito religioso può essere annoverato tra i grandi. E non vedo dove il suo approccio ermeneutico si discosti da quello di Jung e degli altri "grandi".
Negare la possibilità "di entrare in contatto con Dio attraverso il subconscio" è un'altra delle sue eccentricità, dal momento che egli stesso ha sempre sottolineato l'onnipresenza del "Principio Supremo" e la sua funzione di "ordinatore-armonizzatore" del cosmo; allora, se il "Re del Mondo" è onnipresente, non si capisce perché dovrebbe essere assente proprio nell'uomo, nell'anima umana.
Ma è esattamente il contrario di ciò che fa Jung! Per gli Jung i simboli sono declinazione dell'archetipo inconscio, non fa alcuna differenza se si tratta di cultura vedica o cattolica, è declinazione dello stesso inconscio collettivo, in tal caso elencare dieci simboli di diverse culture non fa altro che provare la loro origine inconscia, non il loro significato transculturale o tradizionale.

Che poi della transculturalità ci sarebbe da obbiettare alcune questioni. Senza andare a scomodare ulteriori "fonti autorevoli", si prenda l'ultimo film di Scorsese "Silence" <spoiler> che racconta il tentativo di missionari cattolici di colonizzare il giappone. I suddetti verso il finale si siedono vicino ad un fuoco e ci rinunciano, molto semplicemente, il giappone del tempo non aveva la tradizione adatta  per assorbire questa codificazione, un concetto trascendentale come il Dio cattolico innestato sulla cultura buddista era semplicemente incompatibile e quei pochi che si consideravano "cristiani" nel sol levante non ci capirono un acca e divinavano una divinità solare che nulla aveva a che fare con il cattolicesimo moderno <fine spoiler> Questo è un esempio macroscopico di simboli che potevano pure avere una somiglianza (sia giapponesi che portoghesi parlavano di "Dio", avevano crocifissi e andavano a messa, si confesssavano e tutto il resto) ma significati nemmeno tangenti alla lontana. Sorvolare sulle latitudini e sulle tradizioni è una generalizzazione ardita quanto pericolosa.

Ps. Non considero quelle di Guenon "fisime".
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Carlo Pierini

#53
Citazione di: Phil il 20 Agosto 2017, 12:16:02 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Certo, ma si dà il caso che i simboli non siano che le diverse espressioni locali di un medesimo archetipo.
Forse non sempre, anche le emoticons che usiamo in questo forum sono dei simboli, ma (al di là della pareidolia) non riesco a ricondurli ad alcun archetipo; si accettano suggerimenti  :)

Se mi rispondi in modo così "sprovveduto", mi dimostri che sei piuttosto digiuno (come del resto lo ero io trent'anni fa) in tema di "simboli" e che non ti sei mai chiesto qual'è la differenza essenziale, per esempio, tra un nome comune, o un numero (sono anch'essi simboli), e il simbolo di Gesù, o quello del Tao-yin-yang, o quello ebreo della stella a sei punte, o, addirittura, quello/quelli di Dio (anche Dio è un simbolo). Ti pare che si possano mettere su uno stesso piano? Qual'è, secondo te, la loro differenza essenziale?  :)

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Per cui ci sono due possibilità riguardo all'origine dell'archetipo:
1 - o si tratta di una entità ordinatrice dell'attività simbolizzante, che trascende il tempo storico e lo spazio geografico (la "Musa", o l'"Apollo" degli artisti);
2 - oppure si tratta di figurazioni presenti in qualche modo nel patrimonio genetico umano, che è l'unico elemento comune ("trans-culturale") tra individui appartenenti a gruppi umani non-comunicanti sul piano culturale.

Quali sono i motivi per i quali tu opti per ...la seconda che ho detto?

PHIL

La conoscenza dell'origine dell'archetipo eccede di gran lunga il mio modestissimo sapere, tuttavia se mi chiedi (obbligatoriamente!) di scegliere fra la fede (assenza di prove oggettive) in un'entità trascendente di matrice divina, oppure il supporre che sia solo una questione di genetica (che ha una radice di esistenza dimostrata), punterei i miei due centesimi sull'ipotesi più ancorata a ciò che almeno sappiamo essere reale (ferma restando la possibilità di una ulteriore terza via, ancora da tracciare...).

CARLO

Prove oggettive? Mi sembri piuttosto ingenuo anche su questo argomento. Ti pare che sia stato oggettivamente provata l'ereditarietà di fattori culturali? A me risulta invece l'esatto contrario. Se non ereditiamo nemmeno il linguaggio, come potremmo ereditare dei contenuti del linguaggio tanto specifici e particolari come lo sono delle idee filosofiche? (Per esempio, la Complementarità degli opposti presso le popolazioni andine sud americane - ma anche in Indonesia e in molti altri luoghi - non è presente come simbolo grafico, ma come credenza filosofica, oppure come modalità rituale-cerimoniale e a volte come struttura architettonica).
In altre parole la tua è una fede allo stato puro, così com'è una fede l'adesione alla teoria della casualità delle mutazioni biologiche nell'ambito della teoria darwiniana (non parlo, naturalmente, della selezione naturale, che, invece è provata), e com'è una fede, in neurobiologia, la tesi dell'identità mente-cervello (sostenuta dalla quasi totalità degli scienziati) contrapposta al "dualismo interazionismo" di J. Eccles (se vuoi saperne di più, nella sezione "Tematiche Filosofiche" c'è un mio thread dal titolo "L'anima non è il cervello, ma...").
Pertanto dobbiamo ribaltare la questine: la tua è una fede fondata essenzialmente sull'ignoranza riguardo alla natura e alle proprietà dei simboli REALI (quelli appartenenti alla tradizione religiosa umana), mentre la mia è una conclusione basata sull'osservazione metodica di quei simboli (osservazione non direttamente mia, ma di molti specialisti della materia). Quindi il "mistico" sei tu, non io.  ;)

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Ti risulta forse che la cultura sia geneticamente ereditaria?


PHIL
La cultura credo sia "ereditaria" per acquisizione, per apprendimento, per introiezione, insomma la si assorbe da bambini, come la lingua (e come la lingua può poi essere modificata crescendo e muta di generazione in generazione). Se abbia anche una predisposizione genetica (da ignorante, ne dubito) dovremmo chiederlo ai genetisti...


CARLO
Tra le varianti del caduceo, ti ho mostrato quella cinese e quella Mesopotamica di 4-5 millenni fa, quando cioè, queste due culture erano reciprocamente isolate e incomunicanti. Se non ti basta, puoi considerare le ritualità Andina che ho accennato sopra: la vedo difficile stabilire delle modalità di apprendimento reciproco tra queste culture.

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Quando mi sono reso conto che la sua "sintesi" pretende di unificare dei significati contraddittori, e/o di utilizzare le "sintesi" come "tesi" per nuovi processi dialettici, ho capito che come logico lasciava molto a desiderare e l'ho mollato al suo destino, risparmiandomi così di sorbirmi quel mattone indigeribile che è la "fenomenologia dello spirito".


PHIL
"La sua sintesi pretende di unificare dei significati contraddittori"? Un utente (si dice il peccato ma non il peccatore ;) ) ti chiederebbe: "per criticarlo con tale disinvoltura, cosa hai letto di Hegel?", ma io mi limito ad un "Sicuro che sia così? Non è che qualche altro autore lo ha frainteso in quel senso e te ne sei fidato?"


CARLO
Senti Phil, sarebbe troppo lungo spiegarti nei dettagli le mie vicissitudini personali con gli scritti di Hegel. Per cui taglio la testa al ...topo dicendoti che a me è bastato capire che egli non ha mai chiarito la relazione tra la sua Dialettica e il p.d.n.c e che questo ha reso l'intera sua opera ambigua e fonte di malintesi, per decidere di dirigere la mia ricerca verso territori più fecondi. La sua ambiguità trapela non solo, per esempio, dallo sdegno di Popper contro Hegel (da lui accusato di violare il principio di non contraddizione) e dalla scandalosa celebrazione nietzschiana (ispirata a Hegel) della contraddizione come "l'espressione più alta della verità", ma anche da diverse recensioni critiche del pensiero hegeliano come questa:

<<Secondo Hegel ogni idea, nell'atto che viene affermata (tesi), si presenta come necessariamente legata al suo opposto (antitesi). Siffatta *contraddittorietà* spinge il pensiero a un approfondimento dell'idea stessa, per il quale viene superata l'unilateralità e parzialità della tesi e dell'antitesi nell'unità di una sintesi. [...]
Per questo suo carattere dialettico la nuova logica si distingue risolutamente da quella antica, dalla logica aristotelica. Quest'ultima è la logica dell'intelletto, che considera ogni singolo concetto come chiuso nei suoi limiti logici e astratto da ciò che è al di là di quei limiti, dominato dai due principi dell'identità e della non-contraddizione. La nuova invece è la logica della ragione, che mira a ricostruire proprio quella totalità nella quale l'intelletto operava le sue astrazioni e creava contrapposizioni e conflitti e in cui, viceversa, gli opposti, lungi dal respingersi e dall'escludersi, si richiamano reciprocamente in una superiore unità armonica.  [...]
La verità dei concetti è nella connessione organica e totale di un unico Logos, che accoglie in sé tutti gli opposti, che sintetizza nella sua infinità tutte le forme finite. [...] La scienza non è se non nell'universale, [...] il quale non è se non il principio di unificazione degli individui".   [P. LAMANNA: Sommario di filosofia - pg.46]


Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
Non mi pare che la dialettica hegeliana abbia mai aiutato alcun ricercatore a superare alcun problema logico-epistemico.


PHIL
Perché Hegel principalmente non era né un logico né un epistemologo...

CARLO

La Dialettica è fondamentalmente una logica, per cui era suo dovere chiarire la sua relazione con la logica ordinaria della non contraddizione. E se oggi la Dialettica non serve a una mazza in campo epistemico, la responsabilità è principalmente sua.

P.s.

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 01:04:28 AM
P.S.
Hai detto di aver trovato degli spunti interessanti su qualche mio intervento. ...Per esempio?

Hai l'indubbio merito di aver pazientemente condiviso una ricca dose di citazioni che, per quanto decontestualizzate, fungono da spunto di riflessione (il che, chiaramente, non significa essere d'accordo con tutto ciò che ci stimola...). Se intendi qualcosa di più individuale, considera che ogni domanda che mi poni, mi porta a riflettere, a chiarirmi (che, egoisticamente, è più prezioso del "chiarirti" ;) ), a fare i conti con una prospettiva differente...
Ecco, prova a pensare se invece ci focalizzassimo sui nostri denominatori comuni, sul comparare i nostri elementi simili, magari aggiustandoli un po' per farli rientrare in un puzzle condiviso; quanto sarebbe generica (ed ermeneuticamente "debole") la "visione comparata" che ne deriverebbe? E quanto verrebbero deformate le particolarità delle nostre prospettive? Quanto ognuno di noi si sentirebbe malinterpretato o "superficializzato"?
Hegel, nella sua tomba, sta sorridendo...


CARLO
Ecco, Hegel ha contagiato anche te!  :) Infatti, il tuo punto di vista è essenzialmente materialista-monista-riduzionista-agnostico, mentre il mio è essenzialmente teista-dualista (nel senso corretto di "dialettico"). E tra questi due punti di vista, <<Tertium non datur>>:  o io mi riconverto all'ateismo-materialismo, oppure tu ti converti al teismo dialettico!  ;)

Carlo Pierini

#54
Citazione di: InVerno il 20 Agosto 2017, 13:43:03 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 19 Agosto 2017, 17:23:05 PMSì, che Guénon avesse le sue fisime è sotto gli occhi di tutti. Il suo odio-disprezzo per la scienza, per esempio, è proverbiale; ma ciò era dovuto solo alla sua incapacità di distinguere la scienza vera e propria dall'ideologia materialista, finendo per fare la figura del "Don Quijote contro i mulini a vento". Invece, come storico del simbolo e del mito religioso può essere annoverato tra i grandi. E non vedo dove il suo approccio ermeneutico si discosti da quello di Jung e degli altri "grandi".
Negare la possibilità "di entrare in contatto con Dio attraverso il subconscio" è un'altra delle sue eccentricità, dal momento che egli stesso ha sempre sottolineato l'onnipresenza del "Principio Supremo" e la sua funzione di "ordinatore-armonizzatore" del cosmo; allora, se il "Re del Mondo" è onnipresente, non si capisce perché dovrebbe essere assente proprio nell'uomo, nell'anima umana.
Ma è esattamente il contrario di ciò che fa Jung! Per gli Jung i simboli sono declinazione dell'archetipo inconscio, non fa alcuna differenza se si tratta di cultura vedica o cattolica, è declinazione dello stesso inconscio collettivo, in tal caso elencare dieci simboli di diverse culture non fa altro che provare la loro origine inconscia, non il loro significato transculturale o tradizionale.

CARLO
Ecco, come volevasi dimostrare. Anche tu fai lo stesso errore di Evola: pensi che Jung abbia "psicologizzato" Dio, mentre ha fatto l'esatto contrario: ha divinizzato la psiche umana. Jung intende gli archetipi in senso platonico come "idee divine", modelli primigeni dell'intero creato: e la psiche fa parte del creato.

INVERNO
Che poi della transculturalità ci sarebbe da obbiettare alcune questioni. Senza andare a scomodare ulteriori "fonti autorevoli", si prenda l'ultimo film di Scorsese "Silence" <spoiler> che racconta il tentativo di missionari cattolici di colonizzare il giappone. I suddetti verso il finale si siedono vicino ad un fuoco e ci rinunciano, molto semplicemente, il giappone del tempo non aveva la tradizione adatta  per assorbire questa codificazione, un concetto trascendentale come il Dio cattolico innestato sulla cultura buddista era semplicemente incompatibile e quei pochi che si consideravano "cristiani" nel sol levante non ci capirono un acca e divinavano una divinità solare che nulla aveva a che fare con il cattolicesimo moderno <fine spoiler> Questo è un esempio macroscopico di simboli che potevano pure avere una somiglianza (sia giapponesi che portoghesi parlavano di "Dio", avevano crocifissi e andavano a messa, si confesssavano e tutto il resto) ma significati nemmeno tangenti alla lontana. Sorvolare sulle latitudini e sulle tradizioni è una generalizzazione ardita quanto pericolosa.

CARLO
Per questo è assolutamente indispensabile una analisi comparata delle diverse tradizioni: per risalire dalle idee e dai simboli reali al significato degli archetipi che hanno ispirato quei simboli e quelle idee. Gli archetipi non sono MAI reciprocamente contraddittori. Scrivevo qualche tempo fa a un altro interlocutore:
"Un conto sono le credenze minori, e un conto sono i grandi simbolismi. E' come nell'arte: c'è il capolavoro ispirato - pregno di significati profondi - e c'è la crosta o il romanzetto d'appendice.
Simboli e archetipi possono essere espressi anche in forme degradate distorte o mutilate, specialmente nelle credenze popolari. Per questo è indispensabile l'analisi comparata di molte varianti di uno stesso tipo: per risalire al modello originario, al significato centrale".

jsebastianB

Citazione di: paul11 il 17 Agosto 2017, 13:38:36 PMScrivere che Gesù non è storico è dire una fesseria    


Storico - ovvero che sia realmente esistito la persona "somatica" di Yeshua ben Joseph - per la stragande maggioranza degli studiosi è certa.
Proprio lo JesuForschung ( iniziato dall' impavido Samuel Reimarus ) mira a scindere il binomio esistente tra il Gesu' della storia e il Messia/Cristo ( quello della fede ). Cio' è stato possibile Solo dopo quasi 1700 anni - quello che si "credeva" fosse la verita' assoluta !
Se per i devoti tutto questo non ha alcuna importanza, in quanto accettano e condividono TUTTI gli articoli del Credo niceno-costantinopolitano, non cosi' per chi non è vincolato dal dogma.. ( seppur sin dalla culla gli è stato introiettato questo assoluto ).    
                                      ---------------------------------------
Tu scrivi:  Il problema è semmai se Gesù sia da ritenere "divino" ed è quì che nascono le problematiche su San Paolo e i Padri della Chiesa, vale a dire la nascita del "pensiero cristiano"

Come ben si sa l' attributo Messia/Cristo / o suo equivalente Consacrato / Unto, Inviato ( Mandato quaggiu' dal dioYahwè - è solo un titolo, specificatamente ebraico. - -  Nel Tanakh questo attributo compare, nella lunga storia dell' ebraismo, solo una trentina di volte.
E tutti questi Consacrati del dioYahwè, seppur eccelsi personaggi - nessuno di essi è stato divinizzato tal punto da oscurare la Regalita'/Signoria del dioYahwè !

Ben diverso per gli artefici della Nuova religione ( in primis Saulo di Tarso) che ad UNO solo ( l' Ultimo Adam ) questo titolo gli è stato attribuito per ben 348 volte !

Cosi' evidenziano sia lo studioso catto-cristiano R.Penna ( ordinario del N.T. presso la pontificia Lateranense )  che  il correligionario del Gesu' terreno, lo studioso R.Calimani.  

Il martellamento del Tarso ( quasi fosse il suo chiodo fisso ) era mirato a significare quanto sarebbe stato cosi' epocale - per l' intera umanita' - l' avvento sulla terra del Nuovo Redentore, Giudice, ma  soprattutto "Soter" (Salvatore).
E cio' lo si puo' ben comprendere, per via di quei favolosi doni che avrebbe apportato la Nuova entita' divinizzata al Nuovo convertito ( riconciliazione, giustificazione, redenzione, liberazione..ecc..ecc...) -
 
Ma ancora piu' sorprendente è che all' inizio della storia del nuovo credo questo titolo, dato a colui che, secondo gli autori dei Nuovi testi (sacri) fu resuscitato.. era preceduto dall' articolo " IL " a significare l' importanza del ruolo,  e/o funzione ( meglio.. la sublime missione redentrice ).
Scrive Moore George ( nella sua Storia delle religioni - pag. 135 ) che tutti quei titoli ( Redentore, Sommo Sacerdote, Pastore, Giudice, Salvatore... e Messia/Cristo ) furono elargiti dai devoti DOPO la scomparsa del Rabbi (somatico).
E comunque proprio il titolo Messia/Unto/Cristo - SE per gli israeliti causava un sussulto interiore.. ben diverso per i paganeggianti convertiti, ai quali non sapevano neanche il senso di tale titolo.
   
Ma ancora piu' sorprendente - continua Moore - è che all' inizio della storia del nuovo credo questo titolo, elargito a colui che, secondo gli autori dei Nuovi testi (sacri) fu resuscitato.. era preceduto dall' articolo " IL " a significare l' importanza del ruolo,  e/o funzione ( meglio.. la sublime missione redentrice ).
Da qui: Gesu' IL Cristo.
Quello che Bernard Sesbouie ( nel suo Gesu' nella tradizione della chiesa - pag.51) cosi' riportava:
Messia/Cristo è il titolo di una pretesa divina salvezza. L' identita' dei due termini ( il Gesu' terreno + Messia/Unto/Cristo ) costituisce il vero "Articulus standis vel cadentis christologiae" - ( esaltanti paroloni...  ) -

Poco dopo pero' è stato (volutamente)  soppresso (!) l' articolo - da apparire come fosse un  nome  proprio.
Infatti diventera' l' estrema sintesi dell' atto di fede della nuova religione: Nostro Signor Gesu' Cristo !
Che sia vero quanto scritto da Sesbouie ??  

Ora il tema è: a proposito della non storicita' di "cristo" - Di quale  Messia/Unto si tratta ?
dei Messia/Cristo delle Scritture ? come per esempio:

- Samuele - da 1 Sam. capitolo 2 e/o capitolo 12
- il sommo sacerdote Onia III ( secondo il Libro di Daniele capitolo 9 / quello del 2 Maccabei - capitolo 4 )
- il re Sedecia ( Lamentazioni - capitolo 4 )...

o, in quanto impregnati di catto-cristianesimo,  del Messia/Cristo (Pneumatico)  di Saulo di Tarso ??    


- R. Penna _ Dna del cristianesimo / edit- Paoline
- R. Calimani _ Gesu' Ebreo / edit. Rusconi

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
Se mi rispondi in modo così "sprovveduto", mi dimostri che sei piuttosto digiuno (come del resto lo ero io trent'anni fa) in tema di "simboli" e che non ti sei mai chiesto qual'è la differenza essenziale, per esempio, tra un nome comune, o un numero (sono anch'essi simboli), e il simbolo di Gesù, o quello del Tao-yin-yang, o quello ebreo della stella a sei punte, o, addirittura, quello/quelli di Dio (anche Dio è un simbolo). Ti pare che si possano mettere su uno stesso piano? Qual'è, secondo te, la loro differenza essenziale?  :)
Direi che alcuni sono simboli convenzionali che non si basano su archetipi (come ho già affermato in precedenza) mentre altri sono la traduzione simbolica di un'"idea" (chiamiamola così) archetipica... ma sono entrambi simboli, quindi mi è sembrato corretto farti notare (da "cavilloso") che non tutti i simboli (ad esempio quelli di una lingua scritta) sono "segnificazioni" di archetipi.

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
Prove oggettive? Mi sembri piuttosto ingenuo anche su questo argomento. Ti pare che sia stato oggettivamente provata l'ereditarietà di fattori culturali?
Perdonami la schietta contro-domanda: quando mai ho scritto che i fattori culturali sono ereditari?
Cosa c'entra poi l'oggettività, di cui nell'ultimo post ho parlato solo per connotare la fede (come "assenza di prove oggettive")?
Ti invito cortesemente soltanto a rileggere il mio ultimo post, per controllare...
Inoltre:
Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
Se non ereditiamo nemmeno il linguaggio, come potremmo ereditare dei contenuti del linguaggio tanto specifici e particolari [/size]come lo sono delle idee filosofiche?
A questo punto sospetto che tu mi confonda con altri... sono quello che da circa tre/quattro post ribadisce (noiosamente!) l'acquisizione/apprendimento della cultura da bambini (subendo l'"imprinting" del contesto) che può poi essere modificata, etc.


Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
In altre parole la tua è una fede allo stato puro [... ] la tua è una fede fondata essenzialmente sull'ignoranza riguardo alla natura e alle proprietà dei simboli REALI [...] Quindi il "mistico" sei tu, non io.  ;)
Vorrei chiederti "fede in cosa?", ma forse, avendo tu frainteso gran parte di quello che avevo scritto (magari per mia eccessiva spigolosità espressiva, non lo metto in dubbio  :) ) ora questa domanda non ha più senso... se così non fosse, sentiti pure libero di rispondere per agevolare la mia (auto)comprensione.


Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
Tra le varianti del caduceo, ti ho mostrato quella cinese e quella Mesopotamica di 4-5 millenni fa, quando cioè, queste due culture erano reciprocamente isolate e incomunicanti. Se non ti basta, puoi considerare le ritualità Andina che ho accennato sopra: la vedo difficile stabilire delle modalità di apprendimento reciproco tra queste culture.
Secondo me, ci sono gli archetipi (l'ho già scritto più volte... ricordi il "transculturale"?); l'apprendimento l'ho collegato all'uso di alcuni simboli, non agli archetipi (non ingarbugliare frettolosamente ciò che cerco, nel mio piccolo, di scrivere con un minimo di ordine, please! :) ).

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
Ecco, Hegel ha contagiato anche te!  :)
Ed ecco che, nonostante il mio impegno nel dissuaderti dal trarre conclusioni affrettate e la mia reiterata ammissione di ignoranza in materia, mi ritrovo, mio malgrado, ad essere hegeliano (solo perché ho fatto appello ad un po' di onestà intellettuale nell'esegesi del suo pensiero... ciò che dice Lamanna andrebbe infatti contestualizzato dentro il pensiero hegeliano e - ops!- stavo per ricascarci!).
Io, un filo-hegeliano... pazienza, in fondo, poteva andarmi peggio! ;D

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
Infatti, il tuo punto di vista è essenzialmente materialista-monista-riduzionista-agnostico, mentre il mio è essenzialmente teista-dualista (nel senso corretto di "dialettico"). E tra questi due punti di vista, <<Tertium non datur>>:  o io mi riconverto all'ateismo-materialismo, oppure tu ti converti al teismo dialettico!  ;)
C'è il tertium (uno dei miei "pallini" è cercarlo sempre!), eccome se c'è... ed è proprio il mio modo di intendermi; tuttavia, nonostante tutte le tue incomprensioni (senza offesa, ma per quasi tutto questo post ho dovuto richiamarti a rileggere con attenzione ciò che avevo già scritto... e scrivo comunque molto più facile di Hegel  ;) ), mi hai già etichettato e questo mi deve bastare: le etichette ce le devono mettere gli altri, quelle che ci mettiamo noi, sono spesso inaffidabili!

Buon proseguimento di ricerche!

Carlo Pierini

#57
Citazione di: Phil il 21 Agosto 2017, 00:25:01 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 20 Agosto 2017, 15:11:59 PM
Infatti, il tuo punto di vista è essenzialmente materialista-monista-riduzionista-agnostico, mentre il mio è essenzialmente teista-dualista (nel senso corretto di "dialettico"). E tra questi due punti di vista, <<Tertium non datur>>:  o io mi riconverto all'ateismo-materialismo, oppure tu ti converti al teismo dialettico!  ;)

C'è il tertium (uno dei miei "pallini" è cercarlo sempre!), eccome se c'è... ed è proprio il mio modo di intendermi; tuttavia, nonostante tutte le tue incomprensioni (senza offesa, ma per quasi tutto questo post ho dovuto richiamarti a rileggere con attenzione ciò che avevo già scritto... e scrivo comunque molto più facile di Hegel  ;) ), mi hai già etichettato e questo mi deve bastare: le etichette ce le devono mettere gli altri, quelle che ci mettiamo noi, sono spesso inaffidabili!

Buon proseguimento di ricerche!

Hai svicolato puntualmente gli aspetti nodali delle mie osservazioni  commentando solo le parti marginali. Evidentemente non ti interessa un confronto franco e sincero.
Comunque grazie per l'attenzione dimostrata fin qui e, anche a te, buon proseguimento delle ricerche (le ricerche sono come "gli esami" di Eduardo: non finiscono mai!).   :)

Carlo Pierini

Citazione di: jsebastianB il 20 Agosto 2017, 22:29:00 PM
Citazione di: paul11 il 17 Agosto 2017, 13:38:36 PMScrivere che Gesù non è storico è dire una fesseria    


Storico - ovvero che sia realmente esistito la persona "somatica" di Yeshua ben Joseph - per la stragande maggioranza degli studiosi è certa.
Proprio lo JesuForschung ( iniziato dall' impavido Samuel Reimarus ) mira a scindere il binomio esistente tra il Gesu' della storia e il Messia/Cristo ( quello della fede ). Cio' è stato possibile Solo dopo quasi 1700 anni - quello che si "credeva" fosse la verita' assoluta !
Se per i devoti tutto questo non ha alcuna importanza, in quanto accettano e condividono TUTTI gli articoli del Credo niceno-costantinopolitano, non cosi' per chi non è vincolato dal dogma.. ( seppur sin dalla culla gli è stato introiettato questo assoluto ).    
Tu scrivi:  Il problema è semmai se Gesù sia da ritenere "divino" ed è quì che nascono le problematiche su San Paolo e i Padri della Chiesa, vale a dire la nascita del "pensiero cristiano"

Come ben si sa l' attributo Messia/Cristo / o suo equivalente Consacrato / Unto, Inviato ( Mandato quaggiu' dal dioYahwè - è solo un titolo, specificatamente ebraico. - -  Nel Tanakh questo attributo compare, nella lunga storia dell' ebraismo, solo una trentina di volte.
E tutti questi Consacrati del dioYahwè, seppur eccelsi personaggi - nessuno di essi è stato divinizzato tal punto da oscurare la Regalita'/Signoria del dioYahwè !
.......

Tutte queste tue riflessioni perdono gran parte del loro valore (rispetto al problema che stiamo discutendo), da quando si è scoperto:
1 - che non esiste NESSUNA prova attendibile sull'esistenza storica di un Gesù che abbia resuscitato i morti, che abbia camminato sulle acque, che abbia moltiplicato pani e pesci e, poi, che sia morto, resuscitato e salito in cielo ...con tutto il corpo;
2 - che la storia *del mito* brulica di decine e decine di altri "salvatori" trinitari, figli di padre celeste e di madre terrena, anch'essi morti e risorti e che presentano una gran mole di altre analogie-coincidenze con la figura evangelica di Cristo, da Osiride a Prometeo, dal Quetzalcoatl messicano, al Krishna induista, ecc. Si vedano, per esempio, i miei threads: "L'archetipo del Salvatore", "L'archetipo della Trinità", "L'archetipo del numero 12", ma soprattutto si leggano le decine di trattati di storia comparata dei simboli religiosi che ormai dimostrano ampiamente la natura *simbolica* e non-storica della figura di Gesù.

Nel frattempo, dài un'occhiata alle conclusioni a cui è giunto lo storico P.L. Couchoud (un cristiano credente), e fammi sapere, eventualmente, dov'è che si sbaglia:

"La più antica e la migliore testimonianza che noi abbiamo, quella di san Paolo, fa pensare che in origine Gesù non fu un uomo, ma un essere spirituale, uno spirito che si manifestava ai suoi fedeli con visioni, poteri miracolosi.
All'origine del cristianesimo si trova non una biografia individuale, ma un'esperienza mistica collettiva, che rafforzava una storia divina misticamente rivelata". [P.L. COUCHOUD: Il mistero di Gesù - pg.99]

"Non è paradossale dire che il cristianesimo poteva crescere e riempire il mondo pur senza che chicchessia immaginasse che Gesù fosse un personaggio storico. Oltre alle lettere di Paolo, esistono numerosi antichi scritti cristiani - e fra i più importanti - che non suppongono in nessun modo l'esistenza storica di Gesù. Si può citare l'Apocalisse di Giovanni, l'Epistola agli Ebrei, la lettera di Clemente di Roma ai Corinti, la Didachè, il Pastore di Hermas. La cristologia si sviluppò lungo tempo prima che si pensasse di ricavarne una vita del Messia". [P.L. COUCHOUD: Il mistero di Gesù - pg.125]

"Che cosa diventa Gesù nell'Apocalisse di Giovanni? Egli si allontana ancora dalla terra; astro fra gli astri, si fissa nel cielo stellato. Lontano dai personaggi della storia umana, egli si fa posto tra gli animali simbolici dello zodiaco e gli esseri fantastici di cui l'astrologia popolava le zone del cielo.
Noi assistiamo alla sua nascita. Essa ha luogo in pieno cielo. La madre di Gesù è una Donna celeste, una dea vestita di sole, coronata di stelle, in cui si riconosce la Vergine dello zodiaco [...]
«Un gran segno fu visto in cielo: una Donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sulla testa una corona di dodici stelle: essa è incinta, essa grida di dolore, nello spasimo della procreazione» (Michea, IV, 10)». [...]
«Essa procreò un figlio, un maschio (Isaia LXVI,7) che percoterà tutti i popoli con un bastone di ferro (Salmo II, 9). Suo figlio fu trasportato presso Dio, presso il Trono di Dio (Apoc. XII, 1-5)»". [P.L. COUCHOUD: Il mistero di Gesù - pp.126-127]

"Il primo che trattò un Vangelo, quello di Luca, come una scrittura sacra, Marcione, vi trovava un Gesù spirituale, non un Gesù di carne ed ossa. Contro il suo pensiero, Gesù fu reso storico all'estremo, e Marcione fu condannato. Egli aveva ragione. Coloro che lo condannarono resero più fitta l'oscurità delle origini cristiane e la resero impenetrabile". [P.L. COUCHOUD: Il mistero di Gesù - pg.153]

"È molto spesso difficile decidere se la saga racconta la vita eroicizzata di un personaggio storico, oppure, al contrario, un mito secolarizzato. Certamente, gli stessi archetipi - cioè le stesse figure e situazioni esemplari - si trovano indifferentemente nei miti, nelle saghe e nei racconti". [ELIADE: Mito e realtà - pg.236]

"È dunque probabile che precisamente all'inizio del secondo secolo si sia avuta l'idea, in certe comunità, di mettere la storia misteriosa di Gesù in un semplice racconto e di presentarla come storicamente avvenuta. Questo sviluppo era nella natura delle cose. Una storia divina assume facilmente le forme di una storia ordinaria". [P.L. COUCHOUD: Il mistero di Gesù - pg.133]

"Abbandoniamo il Gesù della fede, [...] lasciamo la sua immagine risplendente. Cerchiamo l'originale, ciò che fu effettivamente egli stesso, fra la realtà della sua epoca e del suo paese. [...] Essa non è né lunga né complicata. Consiste nell'esaminare e nel pesare giustamente un piccolo numero di dati, incerti o negativi.
Un uomo avrebbe potuto fornire alcune informazioni su Gesù. Egli non lo fece. È il giudeo Giuseppe Flavio, autore prolisso, ben informato sui suoi compatrioti, il solo storico giunto fino a noi che racconti con qualche particolare ciò che avvenne in Giudea durante la prima metà del primo secolo. Egli non parlò di Gesù. Già anticamente il fatto parve penoso, e mani cristiane aggiunsero al testo di Giuseppe (Antiquitates, libro XVIII, 63 e ss.) ciò che si sarebbe desiderato leggervi. [*Nota: Il passo su Gesù è una interpolazione evidente, ammessa dai critici più conservatori].
Esse furono padrone di farlo: quando, dopo la rovina della nazione ebraica, gli ebrei si ripiegarono sulla loro «Tora» e sulla loro «Michna» ebraiche, abbandonarono tutta la letteratura giudaica di lingua greca. Furono i cristiani che conservarono, per esempio, quel grazioso romanzo magico di Tobia, composto in greco da qualche giudeo di Alessandria, o quella «Sapienza di Salomone» che, volendo conciliare Mosè e Platone, li guasta invece l'uno per mezzo dell'altro.
Essi salvarono anche certi scritti di circostanza che erano chiamati apocalissi, cioè rivelazioni sugli ultimi giorni del mondo (che si supponevano prossimi), opuscoli di cui il libro di Daniele aveva dato il modello, come il «Testamento dei dodici Patriarchi», i due libri di Enoch, le due apocalissi di Baruch, il «Quarto libro di Esdra». Lo fecero arricchendone molti di aggiunte, talvolta più importanti che il testo principale. L'«Ascensione di Isaia» è una lunga appendice a un brano di agiografia ebraica. La grande Apocalisse di Giovanni è edificata sulle rovine ancora visibili di una apocalisse ebrea dei tempi di Nerone.
Giuseppe Flavio nelle loro mani non doveva rimanere intatto.
In due delle sue opere egli avrebbe potuto o dovuto parlare di Gesù. Anzitutto nel secondo libro della «Guerra giudaica» che, in 44 capitoli, espone gli avvenimenti notevoli verificatisi in Giudea dalla morte di Erode il grande (anno 4 A.C.) fino allo scoppio della rivolta contro Roma (anno 66), particolarmente gli urti che si produssero fra giudei e romani sotto i procuratori. La storia di Gesù avrebbe trovato il suo posto segnato in questa cornice. Noi possediamo il testo greco dell'opera che, a credere l'autore (Vita, 65), fu copiato dall'imperatore Tito, di propria mano, e pubblicato per ordine imperiale. Nessuna menzione vi è fatta di Gesù. Ma esistette una recensione cristiana, oggi perduta, conosciuta soltanto in grazia di una antica traduzione in russo arcaico. In otto passi erano aggiunti lunghi brani su Gesù. Essi sono curiosi e meritano di essere studiati a lato dei vangeli apocrifi. Sono impregnati di teologia cristiana e non hanno nulla a che fare col racconto di Giuseppe. [...]
Nel capitolo terzo del libro XVIII della sua «Storia Antica dei giudei» sono raccontate le sventure sopportate dai giudei sotto Tiberio. Ivi è inserita, senza collegamento col testo, una maldestra interpolazione, fra le crudeltà del procuratore Ponzio Pilato contro i giudei di Palestina e l'esilio dei Giudei da Roma ordinato da Tiberio.
Ecco come essa si presenta. L'autore finisce il racconto della crudele repressione di una rivolta a Gerusalemme:
«...Assaliti inermi da uomini ben armati, molti perirono sul posto, gli altri fuggirono feriti. Così finì la rivolta.
E venne verso quel tempo Gesù, uomo saggio, se pure lo si può dire uomo. Egli operò azioni meravigliose, istruì persone che di buon animo ricevevano la verità e attirò a sé molti giudei, e molti anche del mondo greco. Egli fu il Messia (ó Kristós). Quando, denunciato da coloro che erano i primi presso di noi, fu da Pilato condannato alla croce, quelli che dapprima lo avevano amato non cessarono di amarlo. Egli apparve loro, il terzo giorno, di nuovo vivente. E i profeti divini avevano predetto ciò e diecimila altre meraviglie sul suo conto. Ancor oggi sussiste la setta dei Cristiani (Kristianoi) che da lui presero nome.
Nel medesimo tempo un'altra terribile sciagura colpiva gli ebrei... ecc.».

Giammai stoffa di riporto fu cucita con filo più bianco. Il seguito naturale del racconto va dalla sommossa di Gerusalemme, così duramente repressa, all'altro colpo terribile piombato sui giudei, l'invio in Sardegna di 4000 giudei romani. Ciò che è detto di Gesù appartiene ad un altro ordine di idee. Traspare in quel brano la fede cristiana più ardente, la fraseologia cristiana più tipica. [...] Se Giuseppe Flavio avesse scritto questo, sarebbe stato cristiano e avrebbe fatto professione pubblica di cristianesimo; la sua opera intera sarebbe altra da quello che è. L'interpolazione è candida e sfrontata.
Essa fu citata nel IV secolo da Eusebio di Cesarea (Historia ecclesiastica, 1ª, 11). Sembra che nessun apologista anteriore l'abbia letta o ne abbia avuto sentore.
Origene, nel III secolo, concede che Giuseppe «...sebbene non creda a Gesù come Messia» (Contra Celsum, 1, 47) si avvicini talora alla verità. Dice questo a proposito di un'altra interpolazione che noi non leggiamo nei nostri esemplari. Evidentemente egli non leggeva nel suo quella in cui Giuseppe è ritenuto confessare arditamente che «...è Gesù che fu il Messia», in contraddizione con se stesso, poichè altrove egli dice che il Messia fu Vespasiano (De bello judaico, VI, 5, 4)". [P.L. COUCHOUD: Il mistero di Gesù - pp.16/20]

"Giuseppe Flavio non disse niente di Gesù. La nostra migliore probabilità di essere informati è perduta [...]. Il principale documento storico è muto.
Giusto di Tiberiade, un rivale di Giuseppe Flavio come militare e come storico, nato nel presunto paese di Gesù, scrisse egli pure una «Guerra giudaica» e una Cronaca dei re ebrei» da Mosè ad Agrippa II; le due opere sono perdute. Fozio leggeva ancora la seconda nel IX secolo e si stupiva di non trovarci nulla su Gesù (Biblioth., cod.33). [P.L. COUCHOUD: Il mistero di Gesù - pg.21]

Angelo Cannata

Citazione di: Carlo Pierini il 21 Agosto 2017, 14:30:34 PM
Nel frattempo, dài un'occhiata alle conclusioni a cui è giunto lo storico P.L. Couchoud (un cristiano credente), e fammi sapere, eventualmente, dov'è che si sbaglia:

"La più antica e la migliore testimonianza che noi abbiamo, quella di san Paolo, fa pensare che in origine Gesù non fu un uomo, ma un essere spirituale, uno spirito che si manifestava ai suoi fedeli con visioni, poteri miracolosi.

Certe affermazioni mi suonano quanto meno sorprendenti.
Basta cercare un versetto a caso di Paolo che contenga la parola "crocifisso"; esempio, 1Cor 1,23:  "noi predichiamo Cristo crocifisso". Dunque, se dobbiamo dar retta a Couchoud, Paolo riteneva che colui che fu messo in croce non era un uomo in carne ed ossa, ma un essere spirituale, uno spirito?
In base a quest'affermazione di Couchoud che hai citato sono costretto ad avere forti dubbi che egli abbia mai visto da lontano qualche versetto di Paolo.

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