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Viaggio su Platone.

Aperto da iano, 02 Aprile 2020, 22:08:51 PM

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Ipazia

Prendendo al volo l'assist di phil convengo che ambiti semantici come (auto)coscienza e mente sono molto complessi e, senza avventurarmi in neuroaltezze da cui rischierei di sfracellarmi, restando sul piano fenomenologico, si può trovare qualche denominatore comune comunicativo, eventualmento accedendo alle descrizioni ontologiche popolari alla WP.

Volendo restare in questo livello fenomenologico e raccogliendo il consiglio di phil, combinato con la mia pulsione decostruttiva, risalirei a componenti più semplici quali pensiero e memoria, come già proposi qualche post fa. Restando comunque dell'avviso che senza neuroqualcosa non si batte un chiodo e che l'unità psicosomatica gode ancora di ottima salute in campo scientifico come descrittore, ma pure come modello orientativo della ricerca sulle funzioni psichiche che intrigarono pure Platone quando cercò risposte nel mondo delle idee.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

A Viator


Se per te la masturbazione non é un insipido surrogato da sfigati -e dell' attività sessuale, un po' come il "parmesan made in USA" -filosofia- per il Parmigiano-Reggiano -scienza- o la "Bianchina sprint" di Fantozzi -filosofia- per la Porsche -scienza- (come invece invece senza dubbio la é secondo me), allora ti chiedo scusa, ti avevo frainteso.


La metafora dell' etero- od omo- sessuale cieco -a che "sbaglia oggetto del desiderio" (ovviamente consenziente; mi sembra un po' da perversi immaginare il contrario: a me per esempio non sarebbe mai passato per la mente) c' entra perché senza la guida di buoni fondamenti epistemologici anche la scienza rischia di sbagliare clamorosamente nel cercare ciò che indaga.

Lou

#62
Citazione di: Ipazia il 06 Aprile 2020, 14:43:54 PM
[...]
L'importante in ogni discussione è capire la differenza dei riferimenti ontologici dei propri interlocutori. Ora la conosco. Non ritengo che questa mia posizione sia scientista perchè riconosco grande autonomia e libertà allo spirito umano, a posteriori, ma nessuna autonomia, a priori, rispetto ad una physis che, come afferma Tomaso d'Aquino, tenta continuamente l'intelligenza umana.
...
Nemmeno io la ritengo "scientista" la tua posizione, mi interessa approfondire pertanto annoto su quanto ho grassettato che il concetto di physis (è un concetto) si da in un logos e questo tuo dire lo dimostra perfettamente: non c'è physis autonoma a priori, ma è genealogicamente ad esso relata (se non coincidente sino ad arrivare a dire che il logos è la physis intrinseca e che sottostà ad ogni fenomeno, altrimenti non sarebbero intelligibili) . Banalmente pensare e parlare di physis è esser dentro a forma di razionalizzazione dei fenomeni, quindi, a rigore, siamo in una verità del logos umano. Dalle prime cosmologie alla scienza odierna. :)

"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

Citazione di: Lou il 07 Aprile 2020, 11:50:05 AM
Citazione di: Ipazia il 06 Aprile 2020, 14:43:54 PM
[...]
L'importante in ogni discussione è capire la differenza dei riferimenti ontologici dei propri interlocutori. Ora la conosco. Non ritengo che questa mia posizione sia scientista perchè riconosco grande autonomia e libertà allo spirito umano, a posteriori, ma nessuna autonomia, a priori, rispetto ad una physis che, come afferma Tomaso d'Aquino, tenta continuamente l'intelligenza umana.
...
Nemmeno io la ritengo "scientista" la tua posizione, mi interessa approfondire pertanto annoto su quanto ho grassettato che il concetto di physis (è un concetto) si da in un logos e questo tuo dire lo dimostra perfettamente: non c'è physis autonoma a priori, ma è genealogicamente ad esso relata (se non coincidente sino ad arrivare a dire che il logos è la physis intrinseca e che sottostà ad ogni fenomeno, altrimenti non sarebbero intelligibili) . Banalmente pensare e parlare di physis è esser dentro a forma di razionalizzazione dei fenomeni, quindi, a rigore, siamo in una verità del logos umano. Dalle prime cosmologie alla scienza odierna. :)

Qui forse si dirada la nebbia delle ragioni del contendere e appare l'opposta concezione idealistica (platonica) o materialistica (milesia): esiste, a priori, il cervello (natura, universo,...) pensato o quello che pensa. Da materialista propendo per la seconda, ma non nego che la prima concezione abbia le sue buone ragioni. Questa indecidibilità è molto philosophisch. Più deciso, col suo bias materialistico, il modo di procedere della scienza, a cui mi sento, di fronte all'aut aut anche metafisico, di aderire.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

#64
Citazione di: Ipazia il 07 Aprile 2020, 12:29:00 PM


Qui forse si dirada la nebbia delle ragioni del contendere e appare l'opposta concezione idealistica (platonica) o materialistica (milesia): esiste, a priori, il cervello (natura, universo,...) pensato o quello che pensa. Da materialista propendo per la seconda, ma non nego che la prima concezione abbia le sue buone ragioni. Questa indecidibilità è molto philosophisch. Più deciso, col suo bias materialistico, il modo di procedere della scienza, a cui mi sento, di fronte all'aut aut anche metafisico, di aderire.


Invece personalmente aderisco al modo di procedere filosofico (che ovviamente non nega quello scientifico, solo lo critica razionalmente): non assumere a priori quanto dalla scienza conosciuto ma sottoporlo sistematicamente al dubbio metodico onde valutarne per quanto possibile significato, attendibilità, fondatezza, "grado" e condizioni di verità e di certezza; e inoltre, se fosse il caso, inquadrarlo in un' eventuale ontologia più generale (qualora esistesse altro di reale oltre a quanto scientificamente conosciuto e soprattutto e in modo meno banale eventualmente anche oltre a quanto scientificamente conoscibile).


Ma tra materialismo e idealismo "tertium (e quartum, e quintum...) datur.


E, sempre per quanto mi riguarda, mi sembra evidente che l' empiricamente constatabile irriducibilità e l' impossibilità (insensatezza) di pretese "emergenza" "o sopravvenienza" della materia (intersoggettiva, ma non per questo più reale; e misurabile) al pensiero (meramente soggettivo, ma non per questo meno reale; e non misurabile) ovvero parimenti del pensiero (meramente soggettivo e non misurabile) alla materia (intersoggettiva e misurabile) falsifichino irrimediabilmente entrambi i monismi.

niko

#65
Citazione di: giopap il 07 Aprile 2020, 17:02:50 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Aprile 2020, 12:29:00 PM


Qui forse si dirada la nebbia delle ragioni del contendere e appare l'opposta concezione idealistica (platonica) o materialistica (milesia): esiste, a priori, il cervello (natura, universo,...) pensato o quello che pensa. Da materialista propendo per la seconda, ma non nego che la prima concezione abbia le sue buone ragioni. Questa indecidibilità è molto philosophisch. Più deciso, col suo bias materialistico, il modo di procedere della scienza, a cui mi sento, di fronte all'aut aut anche metafisico, di aderire.


Invece personalmente aderisco al modo di procedere filosofico (che ovviamente non nega quello scientifico, solo lo critica razionalmente): non assumere a priori quanto dalla scienza conosciuto ma sottoporlo sistematicamente al dubbio metodico onde valutarne per quanto possibile significato, attendibilità, fondatezza, "grado" e condizioni di verità e di certezza; e inoltre, se fosse il caso, inquadrarlo in un' eventuale ontologia più generale (qualora esistesse altro di reale oltre a quanto scientificamente conosciuto e soprattutto e in modo meno banale eventualmente anche oltre a quanto scientificamente conoscibile).


Ma tra materialismo e idealismo "tertium (e quartum, e quintum...) datur.


E, sempre per quanto mi riguarda, mi sembra evidente che l' empiricamente constatabile irriducibilità e l' impossibilità (insensatezza) di pretese "emergenza" "o sopravvenienza" della materia (intersoggettiva, ma non per questo più reale; e misurabile) al pensiero (meramente soggettivo, ma non per questo meno reale; e non misurabile) ovvero parimenti del pensiero (meramente soggettivo e non misurabile) alla materia (intersoggettiva e misurabile) falsifichino irrimediabilmente entrambi i monismi.




Secondo me sono i rapporti (e a livello più complesso le successioni) tra diverse concentrazioni, stati e posizioni di materia ad essere basilarmente (cioè involontariamente e istintivamente) pensati (ovvero percepiti), non "la materia" stessa, che è un'astrazione, e pure delle più raffinate e complesse, e quindi come dominio appartiene spudoratamente al a posteriori di un pensiero discorsivo e riflessivo già generato e ben strutturato, non certo "alla" materia -e si dovrebbe dire alle materie!-. Per giunta essa sta solo nel pensiero umano, che non ho mai conosciuto un gatto che pensasse alla materia, per dire.
La coscienza è dunque un fenomeno aggregato, un'idea dell'uno che emerge dalla complessità, quindi dall'almeno due. Almeno due stati o posizioni o espressioni proporzionali quantitative della materia (l'urto tra gli atomi, che genera tutte le cose compresa l'anima e la coscienza), materia che non è una finché non arriva il filosofo di turno, (penso sia stato Platone il primo) a pensarla come una.
Pensare la materia come una è la tipica operazione di chi vuole attribuirle il pensiero dall'esterno: la materia è una perché deve ricevere le forma che il pensiero (l'anima del mondo) le dà; essa è il senza forma, quindi qualcosa di vero, sia pure in negativo, si può predicare unitariamente della materia. Ovviamente il senza forma spiega anche perché la forma nel passaggio dallo spirituale al materiale  si imprima imperfettamente: si imprime imperfettamente perché si imprime nel senza forma, e se il senza forma (materia) è condizione necessaria e residuale di esistenza dell'ente mondano, per definizione non è mai eliminato del tutto da una impossibile perfezione assoluta delle forme nell'esistente. Ciò che fa essere il mondo, è anche ciò che lo fa essere imperfetto. In Paltone pensare (conoscere) è anche causare, e plasmare, e quel residuo ineliminabile di "senza forma", vale anche come "senza causa" e "senza conoscenza".
Quello che anima questo tipo di pensiero, è l'idea che il pensiero non abbia in assoluto le caratteristiche della materia: sia intemporale, inesteso eccetera. La differenza tra materia e pensiero è in linea di principio incolmabile, e nella loro sovrapposizione tale differenza rimane come relativa imperfezione dell'una rispetto all'altro. Nel bene assoluto che è Uno, i molti non ci sono, nel mondo delle idee, che è una prima frammentazione di questo uno, ci sono i molti ciascuno con la sua causa (il numero), e quindi questa frammentazione è ancora un bene, ma un bene relativo, ciascuna idea è normativa rispetto a un suo valore e un suo scopo;  nel mondo materiale ci sono i molti senza causa (l'innumerevole e la cattiva infinità), ovvero cose che, rispetto all'idea da cui derivano, hanno sempre un fondo di incausato e di inconoscibile; quindi il percorso che va dall'Uno, alle idee, alle cose è un percorso dal bene assoluto, al bene relativo, alla possibilità del male. Cause efficienti che vanno dall'essere una, all'essere molte, all'essere potenzialmente troppe, troppe perché possa emergerne una dominante che riconduca gli innumerevoli e i frammenti scissi ai molti numerati o all'uno.


Invece tendenze di pensiero diverse da quella di Platone, che vogliano pensare come il pensiero si generi dalla materia, e non come la materia "riceva" il pensiero dall'esterno, non attribuiscono caratteristiche ne unitarie ne solo negative alla materia, perché è ben chiaro che il pensiero può generarsi dai rapporti materiali, e una materia di cui si possa predicare una cosa sola non è mai in rapporto con sé stessa (cioè non ha strutture, proporzioni, configurazioni eccetera), ed è necessario che tanto la forma quanto il divenire e il movimento appartengano alla materia e riverberino dal grande al piccolo. Il pensiero si genera da tali rapporti intercorrenti tra stati differenti della materia e (quindi)  li pensa. Il mondo riflesso nella pupilla è un buon esempio, il pensiero ci appare inesteso, ma deriva da microstrutture reali, meno estese di quelle che lo hanno generato, ma pur sempre estese: qualcosa ha modificato la superficie (pupilla) e la profondità (cervello) del corpo e il rapporto tra questa modifica e la macrostruttura che l'ha generata (le cose esterne di cui l'immagine nella pupilla è solo un riflesso) è l'oggetto del pensiero, che si riferisce a qualcosa di micro esteso copia di un'originale più grande, e non di inesteso.


Quindi doppio equivoco, l'anima non è unitaria, è aggregato, e la materia non è unitaria, è aggregato. Aggregato di più eventi, quindi, a volerlo pensare a posteriori, aggregato di più cause. Il pensiero di essere liberi non è realtà, ma non è neanche pura illusione, perché su una cosa e una sola cosa la pretesa di libertà umana ha ragione: la multicausalità; non siamo liberi, ma non deriviamo nemmeno da un unica causa (anche pensare di derivare da un'unica causa sarebbe superbia e illusione dell'unico) quindi dal punto di vista della vita non possiamo nemmeno renderci pienamente conto di non essere liberi, alcune cause nel grumo di cause che siamo, sono relativamente più libere, più variabili e indeterminate, di altre.


Un vivente ha una sua zona di indeterminazione in cui si muove, non si scinde tra le vari tendenze direzionali anche opposte che lo muovono, ma ha un sistema interno per preferirne una e renderla almeno temporaneamente dominante sulle altre. Il determinismo meccanico del grande orologio del mondo, l'armonia tra tutte le cause per cui "non si muove foglia che Dio non voglia" (sia se assumiamo che Dio abbia costruito l'orologio una volta e poi se ne disinteressi sia che lo ricarichi ogni giorno) vale in tutto il cosmo ma non vale per esso, esso (il vivente) non sa che valga, e questo suo soggettivo non sapere produce effetti, se non di libertà, quantomeno di indeterminazione. La bi genitorialità è caratteristica della vita complessa, che in muore di vecchiaia, copula e non si sdoppia, ed è un ottimo esempio della multicausalità del vivente complesso, che anche solo per venire al mondo ha bisogno di due cause diverse pertinenti alla vita degli altri che esistono prima di lui. Dall'almeno due derivano anche il pensiero discorsivo e il linguaggio, che è socialmente appreso, e senza di quello non potremmo neanche fare discorsi complessi su come dalla materia si generi il pensiero.


Per me pensare significa essere memori e coscienti, si pensa quando si è svegli e quando si sogna; il pensiero discorsivo è solo una micro parte del pensiero che si riferisce a parole (suoni carichi emotivamente e di significato) che stanno nella memoria e vengono organizzate e rivissute in modo complesso da una attività che ha una sua causa deterministica come tutto il resto ma a tratti ci sembra attiva, dal punto di vista della nostra libertà. Ma guai se tutto il pensiero si riducesse solo al pensiero discorsivo, o anche solo all'immaginazione, capacità matematica, geometrica eccetera: saremmo già estinti da un pezzo. Il pensiero vive della sua componente metabolica e involontaria, la percezione, è essere coscienti, di se stessi e/o del mondo.





Per riprendere quanto hai scritto:



"E, sempre per quanto mi riguarda, mi sembra evidente che l' empiricamente constatabile irriducibilità e l' impossibilità (insensatezza) di pretese "emergenza" "o sopravvenienza" della materia (intersoggettiva, ma non per questo più reale; e misurabile) al pensiero (meramente soggettivo, ma non per questo meno reale; e non misurabile) ovvero parimenti del pensiero (meramente soggettivo e non misurabile) alla materia (intersoggettiva e misurabile) falsifichino irrimediabilmente entrambi i monismi."


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Direi che nel corpo dell'essere pensante sfuma l'intersoggettività e la misurabilità della materia come comunemente intesa; l'essere pensante è multicausato e non conosce tutte le cause di se stesso, e nessun osservatore esterno può conoscerle di lui e attribuirgliele. Sta nella sua zona di indeterminazione, il suo pensiero (la sua attività cosciente) è determinato esattamenteperché, e nella misura in cui, le sue linee d'azione e i suoi stati corporei sono entro certi limiti indeterminati nel passato e nel futuro. Un minerale è sotto dominio meccanico puro, prevedibile, un vivente no. La soggettività del suo pensiero, "contamina" il suo essere fisico, rendendolo non più tanto misurabile e tanto intersoggettivo come ci si aspetterebbe.
E parimenti dal pensato, che spesso erroneamente si crede si trovi esclusivamente nell'"interiorità" del vivente, non rendendosi conto di come ogni pensato sia anche modificazione corporea, sfuma il meramente soggettivo e il non misurabile, perché anche la percezione è pensiero, e il pensiero (interfaccia del pensante col mondo) è la prima e unica forma di percezione, quindi il pensiero risente dei rapporti materiali tra enti materiali che correlazionandosi e strutturandosi lo generano, e in un certo senso li misura: non è soggettivo e non è non misurabile nel modo in cui ci si aspetterebbe, soprattutto se con soggettivo si intende volontario, e con non misurabile non dipendente da rapporti tra oggetti reali. Il pensiero è in grandissima parte involontario, inconscio, inavvertito, si contamina col mondo che lo genera, perdendo la sua "soggettività". Insomma anche il pensiero è contenuto mondano ed ente, solo che non tutti gli enti sono mono causali e meccanicamente prevedibili.
Materia e pensiero si generano l'uno dall'altro perché sono già polarità interdipendenti e collegate da un termine medio, direi che sono i due estremi il cui medio è la realtà.






PS scusate i problemi di formattazione...
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

giopap

niko:
Secondo me sono i rapporti (e a livello più complesso le successioni) tra diverse concentrazioni, stati e posizioni di materia ad essere basilarmente (cioè involontariamente e istintivamente) pensati (ovvero percepiti), non "la materia" stessa, che è un'astrazione, e pure delle più raffinate e complesse, e quindi come dominio appartiene spudoratamente al a posteriori di un pensiero discorsivo e riflessivo già generato e ben strutturato, non certo "alla" materia -e si dovrebbe dire alle materie!-. Per giunta essa sta solo nel pensiero umano, che non ho mai conosciuto un gatto che pensasse alla materia, per dire

La coscienza è dunque un fenomeno aggregato, un'idea dell'uno che emerge dalla complessità, quindi dall'almeno due. Almeno due
stati o posizioni o espressioni proporzionali quantitative della materia (l'urto tra gli atomi, che genera tutte le cose compresa l'anima e la coscienza), materia che non è una finché non arriva il filosofo di turno, (penso sia stato Platone il primo) a pensarla come una.

giopap:
Per me la "materia" non é altro che un concetto astratto, un' astrazione operata dal pensiero da una parte, quella considerabile intersoggettiva e misurabile quantitativamente, dell' esperienza fenomenica cosciente.

Posto che quello di "anima" é un concetto teologico molto vago, per ragionare fondatamente e comprensibilmente sul quale necessiterebbe una poderosa preliminare chiarificazione definitoria, la materia non può generare alcuna coscienza per il semplice fatto che della coscienza (dell' insieme delle sensazioni coscienti) fa parte, nella coscienza é compresa, realmente esiste, accade, "si dà". Essa può soltanto trasformarsi in altra materia in condizioni determinate e secondo proporzioni determinate, universali e costanti stabilite dalle leggi fisiche; il tutto essendo costituito da insiemi - successioni di sensazioni fenomeniche coscienti, facenti arte di esperienze fenomeniche coscienti o più brevemente coscienze.




niko:
Pensare la materia come una è la tipica operazione di chi vuole attribuirle il pensiero dall'esterno: la materia è una perché deve ricevere le forma che il pensiero (l'anima del mondo) le dà; essa è il senza forma, quindi qualcosa di vero, sia pure in negativo, si può predicare unitariamente della materia. Ovviamente il senza forma spiega anche perché la forma nel passaggio dallo spirituale al materiale  si imprima imperfettamente: si imprime imperfettamente perché si imprime nel senza forma, e se il senza forma (materia) è condizione necessaria e residuale di esistenza dell'ente mondano, per definizione non è mai eliminato del tutto da una impossibile perfezione assoluta delle forme nell'esistente. Ciò che fa essere il mondo, è anche ciò che lo fa essere imperfetto. In Paltone pensare (conoscere) è anche causare, e plasmare, e quel residuo ineliminabile di "senza forma", vale anche come "senza causa" e "senza conoscenza".

giopap:

Qui non ti seguo, mi sembra un discorso molto vago e nebuloso.
Io di materia conosco quella che empiricamente constato nell' ambito della mia esperienza fenomenica cosciente, come parte di essa (che é "pluralistica", fatta di tanti elementi concreti astraibili per l' appunto nel concetto di "materia (in generale)".





niko:
Quello che anima questo tipo di pensiero, è l'idea che il pensiero non abbia in assoluto le caratteristiche della materia: sia intemporale, inesteso eccetera. La differenza tra materia e pensiero è in linea di principio incolmabile, e nella loro sovrapposizione tale differenza rimane come relativa imperfezione dell'una rispetto all'altro. Nel bene assoluto che è Uno, i molti non ci sono, nel mondo delle idee, che è una prima frammentazione di questo uno, ci sono i molti ciascuno con la sua causa (il numero), e quindi questa frammentazione è ancora un bene, ma un bene relativo, ciascuna idea è normativa rispetto a un suo valore e un suo scopo;  nel mondo materiale ci sono i molti senza causa (l'innumerevole e la cattiva infinità), ovvero cose che, rispetto all'idea da cui derivano, hanno sempre un fondo di incausato e di inconoscibile; quindi il percorso che va dall'Uno, alle idee, alle cose è un percorso dal bene assoluto, al bene relativo, alla possibilità del male. Cause efficienti che vanno dall'essere una, all'essere molte, all'essere potenzialmente troppe, troppe perché possa emergerne una dominante che riconduca gli innumerevoli e i frammenti scissi ai molti numerati o all'uno

giopap:
Il pensiero non é affatto intemporale, ma invece si svolge nel tempo, anche se certamente é inesteso (quanti metri quadri misurerebbe o quanti chili peserebbe mai la paura che immagino tu provi di morire di coronavirus o, se sei innamorato, il tuo amore per la persona amata?).

Circa il "bene assoluto che è Uno, i molti non ci sono, nel mondo delle idee, che è una prima frammentazione di questo uno, ci sono i molti ciascuno con la sua causa (il numero)
", ecc. non ti seguo perché mi sembrano ragionamenti su concetti vaghissimi e nebulosissimi cui non riseco ad attribuire un significato definito.
Secondo me non esiste alcun" percorso che va dall'Uno, alle idee, alle cose" ma casomai un processo cogitativo di astrazione che va dalle cose concrete ai concetti astratti.




niko:
Invece tendenze di pensiero diverse da quella di Platone, che vogliano pensare come il pensiero si generi dalla materia, e non come la materia "riceva" il pensiero dall'esterno, non attribuiscono caratteristiche ne unitarie ne solo negative alla materia, perché è ben chiaro che il pensiero può generarsi dai rapporti materiali, e una materia di cui si possa predicare una cosa sola non è mai in rapporto con sé stessa (cioè non ha strutture, proporzioni, configurazioni eccetera), ed è necessario che tanto la forma quanto il divenire e il movimento appartengano alla materia e riverberino dal grande al piccolo. Il pensiero si genera da tali rapporti intercorrenti tra stati differenti della materia e (quindi)  li pensa. Il mondo riflesso nella pupilla è un buon esempio, il pensiero ci appare inesteso, ma deriva da microstrutture reali, meno estese di quelle che lo hanno generato, ma pur sempre estese: qualcosa ha modificato la superficie (pupilla) e la profondità (cervello) del corpo e il rapporto tra questa modifica e la macrostruttura che l'ha generata (le cose esterne di cui l'immagine nella pupilla è solo un riflesso) è l'oggetto del pensiero, che si riferisce a qualcosa di micro esteso copia di un'originale più grande, e non di inesteso.


giopap:
Per me é chiarissimo che nessun pensiero possa generarsi dalla materia, la quale non può far altro che trasformarsi in altra materia secondo le leggi fisiche, ma casomai può pensare la materia, nelle sua manifestazioni concrete e nelle sue caratteristiche astratte.

I processi fisiologici che (nelle esperienze coscienti che le esperiscono direttamente o le inferiscono indirettamente sa sensazioni fenomeniche) avvengono nella retina (piuttosto che nella pupilla) e nel cervello necessariamente coesistono con un' esperienza cosciente ordinariamente diversa da quelle che contengono le retine e i cervelli in questione, ma rispetto a questa sono tutt' altra cosa (o credi forse che mentre io vedo una montagna alta quattromila metri questa montagna sia la stessa cosa di quella minuscola, millimetrica riproduzione similfotografica di essa che tu potresti vedere sulla mia retina o di quelle attivazioni di impulsi elettrici che potresti rilevare nella corteccia occipitale del mio cervello? Ma non ti rendi conto che si tratta di cose completamente diversi e non affatto della medesima cosa?).

Il mio pensiero (per esempio di quella montagna), poi, é altra cosa ancora, inestesa e ben diversa dai necessariamente coesistenti eventi neurofisiologici nel mio cervello che tu potresti rilevare e certamente rileveresti se conducessi le opportune osservazioni in altre parti della mia corteccia cerebrale, e che da queste in nessun modo e in nessun senso potrebbe derivare; dal momento che ne possono derivare solo e unicamente altri processi neurofisiologici, altri potenziali d' azione, fino eventualmente a quelli che uscissero dal mio SNC attraverso i nervi periferici per determinare i movimenti muscolari costituenti il mio comportamento.


CONTINUA

giopap

CONTINUAZIONE

niko:
Quindi doppio equivoco, l'anima non è unitaria, è aggregato, e la materia non è unitaria, è aggregato. Aggregato di più eventi, quindi, a volerlo pensare a posteriori, aggregato di più cause. Il pensiero di essere liberi non è realtà, ma non è neanche pura illusione, perché su una cosa e una sola cosa la pretesa di libertà umana ha ragione: la multicausalità; non siamo liberi, ma non deriviamo nemmeno da un unica causa (anche pensare di derivare da un'unica causa sarebbe superbia e illusione dell'unico) quindi dal punto di vista della vita non possiamo nemmeno renderci pienamente conto di non essere liberi, alcune cause nel grumo di cause che siamo, sono relativamente più libere, più variabili e indeterminate, di altre.

Un vivente ha una sua zona di indeterminazione in cui si muove, non si scinde tra le vari tendenze direzionali anche opposte che lo muovono, ma ha un sistema interno per preferirne una e renderla almeno temporaneamente dominante sulle altre. Il determinismo meccanico del grande orologio del mondo, l'armonia tra tutte le cause per cui "non si muove foglia che Dio non voglia" (sia se assumiamo che Dio abbia costruito l'orologio una volta e poi se ne disinteressi sia che lo ricarichi ogni giorno) vale in tutto il cosmo ma non vale per esso, esso (il vivente) non sa che valga, e questo suo soggettivo non sapere produce effetti, se non di libertà, quantomeno di indeterminazione. La bi genitorialità è caratteristica della vita complessa, che in muore di vecchiaia, copula e non si sdoppia, ed è un ottimo esempio della multicausalità del vivente complesso, che anche solo per venire al mondo ha bisogno di due cause diverse pertinenti alla vita degli altri che esistono prima di lui. Dall'almeno due derivano anche il pensiero discorsivo e il linguaggio, che è socialmente appreso, e senza di quello non potremmo neanche fare discorsi complessi su come dalla materia si generi il pensiero.

giopap:
Indeterminismo (o indeterminazione) é diversa cosa che "multicausalità" o "complessità" o "caos" deterministico.
Questo ultimo caso può essere tutt' al più considerato ignoranza epistemica soggettiva di un ontologico oggettivo determinismo





nico:
Per me pensare significa essere memori e coscienti, si pensa quando si è svegli e quando si sogna; il pensiero discorsivo è solo una micro parte del pensiero che si riferisce a parole (suoni carichi emotivamente e di significato) che stanno nella memoria e vengono organizzate e rivissute in modo complesso da una attività che ha una sua causa deterministica come tutto il resto ma a tratti ci sembra attiva, dal punto di vista della nostra libertà. Ma guai se tutto il pensiero si riducesse solo al pensiero discorsivo, o anche solo all'immaginazione, capacità matematica, geometrica eccetera: saremmo già estinti da un pezzo. Il pensiero vive della sua componente metabolica e involontaria, la percezione, è essere coscienti, di se stessi e/o del mondo.

giopap:
Di metabolico nel pensiero non c' é proprio nulla: quante chilocalorie consumerebbe mai la dimostrazione di un teorema geometrico (N.B.: i concetti pensati che la costituiscono, per esempio nell' ambito della mia esperienza cosciente, e non la necessariamente coesistente tutt' altra cosa che sono i processi metabolici cerebrali nel mio cervello accadenti nella tua esperienza cosciente mentre osservi il mio cervello, i quali alla mia esperienza cosciente della dimostrazione necessariamente coesistono)?





nico:
Per riprendere quanto hai scritto:

"E, sempre per quanto mi riguarda, mi sembra evidente che l' empiricamente constatabile irriducibilità e l' impossibilità (insensatezza) di pretese "emergenza" "o sopravvenienza" della materia (intersoggettiva, ma non per questo più reale; e misurabile) al pensiero (meramente soggettivo, ma non per questo meno reale; e non misurabile) ovvero parimenti del pensiero (meramente soggettivo e non misurabile) alla materia (intersoggettiva e misurabile) falsifichino irrimediabilmente entrambi i monismi."
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Direi che nel corpo dell'essere pensante sfuma l'intersoggettività e la misurabilità della materia come comunemente intesa; l'essere pensante è multicausato e non conosce tutte le cause di se stesso, e nessun osservatore esterno può conoscerle di lui e attribuirgliele. Sta nella sua zona di indeterminazione, il suo pensiero (la sua attività cosciente) è determinato esattamenteperché, e nella misura in cui, le sue linee d'azione e i suoi stati corporei sono entro certi limiti indeterminati nel passato e nel futuro. Un minerale è sotto dominio meccanico puro, prevedibile, un vivente no. La soggettività del suo pensiero, "contamina" il suo essere fisico, rendendolo non più tanto misurabile e tanto intersoggettivo come ci si aspetterebbe.
E parimenti dal pensato, che spesso erroneamente si crede si trovi esclusivamente nell'"interiorità" del vivente, non rendendosi conto di come ogni pensato sia anche modificazione corporea, sfuma il meramente soggettivo e il non misurabile, perché anche la percezione è pensiero, e il pensiero (interfaccia del pensante col mondo) è la prima e unica forma di percezione, quindi il pensiero risente dei rapporti materiali tra enti materiali che correlazionandosi e strutturandosi lo generano, e in un certo senso li misura: non è soggettivo e non è non misurabile nel modo in cui ci si aspetterebbe, soprattutto se con soggettivo si intende volontario, e con non misurabile non dipendente da rapporti tra oggetti reali. Il pensiero è in grandissima parte involontario, inconscio, inavvertito, si contamina col mondo che lo genera, perdendo la sua "soggettività". Insomma anche il pensiero è contenuto mondano ed ente, solo che non tutti gli enti sono mono causali e meccanicamente prevedibili.
Materia e pensiero si generano l'uno dall'altro perché sono già polarità interdipendenti e collegate da un termine medio, direi che sono i due estremi il cui medio è la realtà.

giopap:
Ma che c' azzecca la multicausazione e l' ignoranza delle molteplici cause, l' imprevedibilità di fatto del divenire del vivente, ben maggiore di quella del minerale, con (la determinazione de-) il pensiero, che coesiste ma non si identifica con il determinismo del (divenire del) rispettivo cervello (reale in altre, ben diverse esperienze coscienti che quella includente il pensiero)?

Per la chiusura causale del mondo fisico (ovviamente per chi creda nella conoscenza scientifica e non scada nella religione, superstizione, e altri irrazionalismi) nulla di non materiale naturale può in alcun modo contaminate (con o senza virgolette; cioè interferire con) il divenire naturale materiale. Né alcunché di non misurabile può "sfumare" nel misurabile, né alcun "pensato" può identificarsi con o avere effetto alcuno su alcuna modificazione corporea, né alcunché di meramente soggettivo sfumare nell' intersoggettivo (per chi sia razionalista, ovviamente, poiché questo é puro e semplice irrazionalismo).

Per me "pensiero (sia prue in gran parte) inconscio" é una contraddizione in termini; può bensì essere involontario, come sa chiunque sia stato afflitto almeno una volta da ricordi sgraditi cui non avrebbe voluto pensare o almeno una volta non sia riuscito a ricordarsi qualcosa che desiderava rammemorare.

Se materia e pensiero si generassero l' un l' altra sarebbe reale la materializzazione miracolosa dell' arto amputato e (presuntamente) rispuntato a Lourdes o anche il miracolo della bilocalizzazione.

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