Menu principale

Viaggio su Platone.

Aperto da iano, 02 Aprile 2020, 22:08:51 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Ipazia

#45
"Eziologia o Etiologia:  Parte di una scienza che studia le cause di un fenomeno; part., in medicina, lo studio delle cause delle malattie; Origine"

Per Platone l'origine del pensiero sta nell'iperuranico mondo delle idee a cui il saggio deve fare riferimento per pensare correttamente e trarre la sua ispirazione ideale. Per i teisti sta in qualche entità sovrannaturale (nous, Spirito Santo,...). Per la scienza moderna l'origine del pensiero sta nel snc di ogni animale umano: biologicamente individuale e antropologicamente collettiva.

Per @giopap non ho ancora capito dove stia l'origine del pensiero, della coscienza, della mente, dello spirito.

(Se vogliamo chiudere la causa dobbiamo prima trovarla, mi pare  ;))

...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

Il pensiero propriamente non ha una origine. Soprattutto per Platone - non ritengo che il pensiero abbia "origine", nè nell'Iperuranio, nè altrove.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

E con la chiusura causale come la mettiamo ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

giopap

#48
Ipazia:
"Eziologia o Etiologia:  Parte di una scienza che studia [/size]le cause[/size] di un fenomeno; part., in medicina, lo studio delle cause delle malattie; Origine".
Per Platone l'origine del pensiero sta nell'iperuranico mondo delle idee a cui il saggio deve fare riferimento per pensare correttamente e trarre la sua ispirazione ideale. Per i teisti sta in qualche entità sovrannaturale (nous, Spirito Santo,...). Per la scienza moderna l'origine del pensiero sta nel snc di ogni animale umano: biologicamente individuale e antropologicamente collettiva.

giopap:
Per la scienza moderna (correttamente interpretata e non distorta da una errata filosofia scientista; propria di fatto anche di tanti scienziati. E allora?) il pensiero necessariamente coesiste con, ma non affatto vi coincide, né ne origina, determinati processi neurofisiologici nell' ambito del SNC di varie specie animali fra cui l' uomo; ad originarne é una cosa un tantino diversa, e cioé i simboli linguistici pronunciati o scritti mediante i quali il pensiero viene comunicato ad altri soggetti coscienti; cosa possibile per il fatto che le espressioni linguistiche che significano il pensiero sono materiali e dunque intersoggettive, mentre é impossibile al pensiero stesso dal momento che questo é mentale e dunque non intersoggettivo: se ne ha esperienza unicamente ciascuno del suo proprio (che ad altri si può soltanto linguisticamente comunicare; mostrando agli altri i simboli verbali del proprio pensiero, che sono materia intersoggettiva, e non il proprio pensiero meramente soggettivo, che é cosa impossibile).





Ipazia:

Per @giopap non ho ancora capito dove stia l'origine del pensiero, della coscienza, della mente, dello spirito.


giopap:
Nella coscienza si trovano (o meglio: accadono) i fenomeni costituenti il pensiero, la mente (meramente soggettivi); e anche quelli costituenti la materia (intersoggettivi).


Da dove si origini la coscienza non saprei: la si constata immediatamente (se si constatasse il suo originarsi da qualcosa, sarebbe sempre per definizione un "qualcosa" che accade nella coscienza, che é (parte della) coscienza: mera "dislocazione" e non risoluzione del (presunto) problema o inevitabile regresso all' inifnito.




Ipazia:

(Se vogliamo chiudere la causa dobbiamo prima trovarla, mi pare  )

giopap:

A me non pare proprio.
Infatti per cercare una causa (di un fenomeno naturale) é condizione necessaria che la natura (fenomenica) in cui la si cerca sia causalmente chiusa.
Se così non fosse non avrebbe senso cercare cause naturali, dal momento che qualcosa di soprannaturale o comunque extranaturale, operando causalmente sulla natura, potrebbe benissimo in qualsiasi momento e luogo (sempre e dovunque) "confondere le acque" simulando falsamente e/o celando irrimediabilmente qualsiasi eventuale causa naturale.



Concordo quindi con Lou che:

Il pensiero propriamente non ha una origine. Soprattutto per Platone - non ritengo che il pensiero abbia "origine", nè nell'Iperuranio, nè altrove.

Ipazia

#49
Mi fa piacere sapere che per Platone, Lou e giopap i pensieri e la coscienza non hanno origine o ne hanno una misteriosa. Mi tengo la mia fede nell'ontologia scientifica della psiche e prendo atto della radicale differenza di interpretazione del reale rispetto a loro, in particolare quando parlano di: pensiero, mente, coscienza, psiche, spirito, anima,...

L'importante in ogni discussione è capire la differenza dei riferimenti ontologici dei propri interlocutori. Ora la conosco. Non ritengo che questa mia posizione sia scientista perchè riconosco grande autonomia e libertà allo spirito umano, a posteriori, ma nessuna autonomia, a priori, rispetto ad una physis che, come afferma Tomaso d'Aquino, tenta continuamente l'intelligenza umana.
...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra


Nella nostra cultura post-moderna è di estrema importanza, a mio parere, applicare e vivere la "prudenza", intesa come  "retta ragione", che bisognerebbe impiegare sempre nel formulare conclusioni, specie se queste coinvolgono aspetti ed elementi esistenziali considerevoli, come la natura dell'auto-coscienza. Non è infatti indifferente credere che è il nostro cervello colui che "ci" fa prendere consapevolezza di essere coscienti, o viceversa se è la coscienza che prende consapevolezza di sé e di avere un cervello...
La prima ipotesi, che viene spesso sbandierata, viene messa in discussione dalle più recenti acquisizioni in campo neuroscientifico (per es. dalla nuova branca della "neuroconnettomica", opuure da quella della 'plasticità e rigenerazione cerebrale",ecc.). Si può , secondo alcuni studiosi, quasi considerare questa ipotesi come 'arcaica' o 'ingenua', davanti al diffondersi di teorie radicali di stampo "esternalista" sul mentali (Amoretti,2011). Sono nuove teorie che non riducono tutto ai neuroni o al solo cervello, ma prendono in considerazione la realtà integrata della persona umana, unità duale tra componenti fisiche, psichiche (e spirituali...) che trovano sempre più riscontri nelle evidenze neuroscientifiche  e psicodinamiche (A.Noe,2010; W:Glannon,2011).
Le sottili distinzioni da tener presente sono riassunte dalla filosofa italiana Angela Ales Bello, di cui sto leggendo qualcosa in questi giorni agli arresti domiciliari, che afferma:


«È possibile ribaltare la collocazione della coscienza secondo la quale essa è "epifenomeno" del cervello... a patto che si sottolinei la complessità e la stratificazione dell'essere umano, che conduce non ad un rigido dualismo» (alla René Descartes, all'italiana: Renato Cartesio), «ma ad una dualità, all'interno della quale è presente un aspetto psichico-spirituale autonomo» (P. L. Fornari, 2012).

In un'intervista per l'uscita del volume di oltre 900 pagine da lei curato insieme a Patrizia Manganaro sul tema della coscienza tra fenomenologia, psico-patologia e neuroscienze (A. Ales Bello, P. Manganaro, 2012), la stessa filosofa mette l'accento su delle importanti distinzioni da tener presente nell'attuale dibattito neuroetico:


«l'intrinseca autoreferenzialità del pensiero e l'accesso cosciente agli stimoli esterni potrebbero "incarnare" la differenza tra la consapevolezza di se e dell'ambiente circostante. Il termine "incarnare" è particolarmente significativo. Infatti, affermare che la coscienza  ha una base nell'attività cerebrale conduce al riduzionismo, invece sostenere che il cervello nella condizione temporale è il luogo della coscienza è cosa ben diversa»


un saluto
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Jacopus

Appoggio quanto scritto da Sariputra ed aggiungo una nota a vantaggio di chi la fa semplice. Chi scrive è Kandel, premio nobel per la medicina per la scoperta dei metodi biochimici di conservazione della memoria. Un padre delle neuroscienze insomma:
"La coscienza rimane un mistero. Sappiamo che non è statica, che gli stati di coscienza variano. Inoltre la coscienza comporta la messa a disposizione di informazioni percettive inconsce a estese aree della corteccia cerebrale e in particolare a quella prefrontale, la parte responsabile dell'integrazione fra percezione, memoria e cognizione. Determinare la natura della coscienza è una delle più grandi sfide scientifiche del XXI secolo, pertanto non aspettatevi risposte rapide e facili." (La mente alterata, Cortina).
L'area di ricerca di Kandel si rivolge, nei suoi ultimi lavori nell'esaminare i collegamenti fra conscio e inconscio e di come quest'ultimo sia fondamentale proprio per la determinazione e descrizione della coscienza. In questo modo Kandel ripristina un collegamento fra pratiche psicoterapeutiche e sociali "generiche", con particolare attenzione alla psicoanalisi a quelle più strettamente neurobioterapeutiche di competenza medica e connessa agli studi più strettamente genetici e neuroscientifici.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Non la faranno semplice, ma è oltremodo significativo dove la vadano a cercare la coscienza  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#53
Citazione di: giopap il 05 Aprile 2020, 21:05:27 PM
Citazione di: iano il 05 Aprile 2020, 18:00:30 PM
Ciao Sariputra.
Ma , secondo me non ci siamo , e non ci liberemo mai del principio di autorità.Oggi è una democrazia piuttosto che una dittatura.
La comunità degli esperti è più autorevole di ogni singolo esperto .
Meglio tanti pennelli che uno.
Autorevole è il metodo seguito dagli scienziati , che però cambia nel tempo , e il vero mito che dovremmo fuggire è che l'ultimo metodo sia fatto di speciale sostanza , come se avesse una autorità in se'.
Bello perché nuovo , come un abito alla moda.


Se Copernico e Galileo si fossero fidati degli "esperti", della "comunità scientifica" dei loro tempi saremmo ancora al sistema cosmologico tolemaico.
E se Einstei si fosse fidato  si fosse fidato degli "esperti", della "comunità scientifica" dei suoi tempi saremmo ancora alla fisica newtoniana.
A me sembra che gli scienziati da te citati siano grandi principalmente perché non si sono fidati di se stessi , o meglio della cultura in cui erano pienamente integrati , e solo perché erano pienamente integrati hanno potuto rivoltarla.
Ma sono grandi anche perché hanno puntato su cavalli vincenti .
Se tutti si mettono in gioco qualcuno che vince c'è sempre.
Ma in effetti quei pochi vincono , solo perché in molti hanno puntato.
Se ci si fida in piena libertà di chi ci pare , non succederà statisticamente che per qualche millennio tutti si fidino di uno solo , chiamiamolo Aristotele.
Se succede di accordare concordemente tanta unanime fiducia , forse non si può parlare della libera fiducia accordata  da gente che ha libertà di mettersi in gioco
Siccome ciò è successo, comprensibilmente si è criticato il principio di autorità, che in se' però non è niente di male.
Se però Platone è sopravvissuto anche alla comprensibilmente critica feroce al principio di autorità, non possiamo che prenderne atto.
Molti continuano a fidarsi di lui senza neanche saperlo.
Più autorevole di così....

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#54
Anche se ... il lungo successo di Aristotele e Platone deriva dal non essersi discostati troppo dal senso comune , che accidentalmente la scienza ha avuto agio di mettere in discussione , quello di Aristotele più di quello di Platone.
Ovviamente un corpo si muove finché una forza lo spinge , e ovviamente le idee sono superiori alla materia nella loro perfezione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

giopap

Citazione di: Ipazia il 06 Aprile 2020, 14:43:54 PM
Mi fa piacere sapere che per Platone, Lou e giopap i pensieri e la coscienza non hanno origine o ne hanno una misteriosa. Mi tengo la mia fede nell'ontologia scientifica della psiche e prendo atto della radicale differenza di interpretazione del reale rispetto a loro, in particolare quando parlano di: pensiero, mente, coscienza, psiche, spirito, anima,...

L'importante in ogni discussione è capire la differenza dei riferimenti ontologici dei propri interlocutori. Ora la conosco. Non ritengo che questa mia posizione sia scientista perchè riconosco grande autonomia e libertà allo spirito umano, a posteriori, ma nessuna autonomia, a priori, rispetto ad una physis che, come afferma Tomaso d'Aquino, tenta continuamente l'intelligenza umana.
...
Giustamente a problemi insolubili o insensati io e probabilmente Lou (di certo non Platone che é piuttosto affine a te, Ipazia; non certo a me) non cerco impossibili o inesistenti soluzioni.


La tua fede non é nell' ontologia scientifica (credo che intenda nella realtà descritta dalla scienza), la quale infatti non dimostra che la coscienza é nel né deriva dal cervello (in determinate circostanze funzionali) ma invece vi coesiste. Quanto a "psiche" é un concetto vago e variamente inteso da diverse discipline, scientifiche e non; mentre "anima" non é un concetto scientifico ma casomai religioso, teologico.


Anch' io, con grande facilità, prendo atto della radicale differenza di interpretazione fra noi (fra me e te, e non fa me e la scienza).

giopap

Caro Iano, non ho capito le tue obiezioni.


In ogni caso per me resta fermo che nessuna fiducia acritica in nessuna autorità vera o presunta, a cominciare dalla cosiddetta "comunità scientifica", che noto en passant nel caso della pandemia in atto appare più simile a  una comunità di opposte tifoserie in un bar sport che a un gruppo di seri ricercatori razionali della conoscenza, può essere un criterio di verità; scientifica e non solo.

Phil

La (pre)strutturazione linguistico-concettuale di un problema o di una ricerca, siano essi filosofici e/o scientifici, secondo me è sempre condizionante la valutazione delle ipotesi risolutive e persino dei presunti risultati ottenuti (fermo restando che tale prestrutturazione può essere intesa in modo dinamico, scritta a matita più che a penna indelebile).
Ad esempio, tematizzare «la coscienza» non può prescindere dal problema della sua identificazione: se non sappiamo esattamente cos'è, né dov'è, etc. significa evidentemente che siamo di fronte ad un'identità vaga e ancora da inquadrare; per cui prima di affrontare precipitosamente il "come funziona", sarebbe funzionale chiarire bene di cosa stiamo parlando, oscillando nella dialettica fra riscontri empirici e teorie esplicative.
Ciò che non viene quasi mai messo in discussione in questi casi (in filosofia accade spesso) è che tale sfocata identità sia effettivamente un "confuso assemblaggio" fra altre identità, meglio definibili e studiabili se non ammassate assieme in una sintesi troppo "trasversale".
Pensiamo a qualcuno che dica di voler studiare «la percezione»: sarebbe inevitabile fargli notare che esistono differenti organi di senso, con differenti funzionamenti, rivolti a differenti tipologie di input esterni, etc. per cui studiare scientificamente «la percezione» con approccio generalistico, non spiegherebbe all'atto pratico la sua effettiva funzionalità "polivalente", perché la percezione dell'orecchio non è quella del palato ed entrambe, pur afferendo al medesimo cervello, interessano zone differenti (suppongo), suscitano reazioni differenti, interagiscono con il corpo in modo differente, etc.
Con la coscienza, mi perdonino premi Nobel e simili, ho il sospetto, da totale profano in materia, che forse si stia commettendo la stessa leggerezza: la chiamiamo «coscienza» e la cerchiamo, a prescindere dai differenti orientamenti, tutti nello stesso posto (come laconicamente osservato da Ipazia), il che è certamente un indizio; tuttavia forse stiamo considerando come "una cosa", un insieme di differenti attività: alcune percettive, altre psicologiche, altre ancora emergenti, altre proprie del mindware (per usare una felice espressione di De Kerckhove, alludendo alla triangolazione metaforica con software e hardware). Così, nell'attesa che il mistero venga analiticamente chiarito, intanto ognuno la mette dove preferisce (chi nella materia, chi nella trascendenza, etc.) e ognuno ci vede quel che ci vuole vedere (chi una funzione, chi l'anima, etc.).

L'uomo (occidentale, soprattutto continentale) ha ancora indubbiamente fame di trascendenza, e ritrovarne una scintilla in una scienza che si occupa della "centrale di comando dell'uomo", il cervello, realizzerebbe il sogno proibito platonico di una "scienza del trascendente" su basi epistemologiche solidissime. Si tratta di valutare, come sempre, quanto l'interpretazione "aggiunge" al reale e quanto lo chiarifica. Non si tratta di ostracizzare alcune discipline dal potersi fregiare del futurista e promettente prefisso «neuro»: per me, ben venga che ci siano anche la neuroteologia e la neuromistica (dopo rapida ricerca ho trovato questo articolo in merito); non va però, a mio giudizio, sottovalutato il rischio, piuttosto datato, di trarre interpretazioni improprie da premesse avulse a certi contesti, ambiti di per se piuttosto rigorosi e meno metaforici di quanto forse vorrebbero alcune interpretazioni possibili.


P.s.
@Sariputra
Mi pare il tuo ultimo post sia copia/incollato dalle «Conclusioni» di questa versione dell'articolo sopra citato, sostituendo «l'esperienza umana del "Trascendente"» con «la natura dell'auto-coscienza» e facendo poche altre modifiche; sei dunque fra i dotti autori o... "tana libera tutti" dalla buona usanza di dichiarare le citazioni? Perdona la (inopportuna?) puntigliosità filologica.

viator

#58
Salve giopap. Citandoti : "Affermazioni (denigratorie della filosofia) non minimamente argomentate".
Non capisco come si possa considerare denigratorio il riferimento ad una attività (l'autoerotismo) in sè neutra (può costituire un bene od un male a seconda dei casi personali), del tutto facoltativa, eventualmente ricreativa.D'altra parte tale attività, richiedendo l'esercizio della fantasia (o - al limite - di un richiamo) dovrebbe invece enfatizzare il primato dell'ideatività umana in campo sessuale, sottraendo esso sesso alla vile ed inferiore funzionalità automatico-istintual-animale. Non trovi ?.
Personalmente trovo che la masturbazione intellettuale (filosofica) sia solamente uno degli aspetti di essa masturbazione : mi sembra possa esistere anche la masturbazione sentimentale (poesia), quella spirituale (estatica), quella genericamente artistica (estetica - conoscerai la Sindrome di Stendhal, credo).Se poi la mia visione di questi aspetti risulta poco rispettosa dei canoni culturali tradizionali........beh, chiederò scusa alla sensibilità di chi si senta offeso, ma mica si pretenderà che io menta dicendo altro da ciò che penso......spero !


Poi : "Dunque eviterò di argomentare anch' io per obiettare restando fedele alla fine ed elegantissima metafora sessuale:la scienza senza la filosofia rischia di fare la fine di un eterosessuale (cui facciano schifo rapporti omosessuali) arrapatissimo ma cieco o meglio (anche per giustamente non offendere chi ha problemi di vista) con spesse fette di salame sugli occhi che infilasse un orifizio di uno dello stesso sesso (o viceversa di un omosessuale di stretta osservanza cui facessero schifo i rapporti con persone dell' altro sesso, pure arrapatissimo e con spesse fette di salame sugli occhi, che rischierebbe di congiungersi carnalmente proprio con una sessualmente aborritissima persona dell' altro sesso)".
Qui ancora non capisco cosa c'entrino le tue affermazioni - relative a pratiche sessuali orifiziali di coppia spero consenziente - con il significato metaforico dell'attività individuale (la masturbazione) di cui ho parlato. Comunque saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Sariputra

#59

@Phil


No, non conoscevo quell'articolo. Il mio è tratto da un altro che avevo letto tempo fa  e di cui mi avevo annotato, in wordpad, come faccio spesso, data la mia poca memoria, alcuni passi che poi ho riportato, mettendoci anche del mio.  E...sì, sei eccessivamente puntiglioso...  ;D  infatti ho messo bene in evidenza in corsivo ,per far vedere che non è farina del mio sacco; più ci sono vari rif. tra parentesi. Il sito dove l'ho letto non lo ricordo proprio...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Discussioni simili (5)