Verità ... quante morti in tuo nome

Aperto da daniele22, 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM

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Jacopus

#45
Molto appropriato il tuo intervento Freedom. La verità è il tentativo di spiegare il mondo secondo una sorta di vortice concentrico che ci conduce dalle verità funzionali a quelle sostanziali, che si intrecciano con le grandi domande esistenziali.
È interessante quello che dice l'etimologo Benveniste quando collega il termine verità alla radice indoeuropea "vir" che significa o che è collegata all'insieme dei termini connessi alla famiglia etimologica della "fede". La verità come fede o addirittura come fedeltà. Un relitto di questo legame è tuttora presente nella lingua italiana, secondo la quale la "fede" e la "vera" sono sinonimi per indicare l'anello nuziale. Gli studi etimologici non sono ovviamente probanti dal punto di vista logico/deduttivo o epistemologico, ma sono interessanti perché aprono il discorso rispetto alle radici del nostro pensare che è qualcosa di precedente ad ogni apprendimento logico, perché basato sulle connessioni linguistiche storiche, capaci di forgiare o, comunque, di condizionare il pensiero stesso, attraverso un apprendimento quasi inconsapevole e archetipico.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve daniele22. Citandoti : "Diciamo che la filosofia nasce ponendosi come scienza, ma il punto è che se neghi tale cosa...............".

Ora capisco (oddio.......!!....almeno credo!). Stai parlando delle origini, cioè del fatto che la filosofia E' NATA (l'uovo) come CONOSCENZA, non come scienza. Poi, al maturar dei tempi, la filosofia si è via via sviluppata acquistando un sacco di piume e pure cresta e bargigli, diventando quella che è attualmente : UNA GALLINA. E' sempre un piacere sentirti, anche attraverso dei minimi malintesi. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

La Verità è lo stesso Essere.
Infatti Essere = Esser Vero.

Chiedersi il senso della Verità equivale perciò a chiedersi il senso dell'Essere.

Una domanda circolare che include se stessa nel proprio circolo.

Che equivale al voler conoscere ciò che fonda il conoscere stesso.

Di modo che la Verità non la si conosce, la si è.

Non conoscendola è Nulla.
Essere = Verità = Nulla

L'Essere di ogni cosa è perciò Verità. Ma è pure Nulla, in quanto non conoscibile.

Perciò quando si disquisisce su delle verità, queste non sono la Verità. Ne sono soltanto una manifestazione, così come d'altronde lo sono pure le falsità.

Difatti, nell'esserci, la verità è tale solo in quanto nega ogni possibile falsità.

Mentre la Verità è negazione della negazione.

Il limite della verità nell'esserci lo si può cogliere andando all'inferno.

Estrema negazione del Male in nome del Bene.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: Freedom il 17 Gennaio 2022, 19:00:27 PM
Spero di non abbassare il livello della discussione ma non riesco a trattenere il mio punto di vista. La mia......come dire......verità :D

Mi faccio una domanda molto semplice e, forse, la troverete banale, grezza e utilitaristica: "a cosa serve la verità"? Non è forse sinonimo di: "come funziona"? "qual è lo scopo"? E andando su per gradi, dalle verità più semplici a quelle più complesse, non si arriva forse alla domanda delle domande: "quella esistenziale"? Cioè, visto che siamo nel Forum di filosofia: "qual è il senso dell'essere e dell'esistenza umana"?

Il vero è una irrinunciabile funzione del reale. Ogni vivente impara a sue spese la distinzione tra vero e falso. Questione di sopravvivenza.

Dall'ethos all'etica il passo è breve e la convivenza sociale ne tiene conto coi suoi comandamenti religiosi e civili.

La verità metafisica è un'ulteriore complicazione del concetto. Essa dilaga come un diluvio quando associa il concetto di verità a quello dei fini ultimi. Quando ricerca verità escatologiche grondanti di significati, appunto metafisici.

Tante verità,  nessuna Verità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#49
Citazione di: Jacopus il 17 Gennaio 2022, 19:26:54 PM
Molto appropriato il tuo intervento Freedom. La verità è il tentativo di spiegare il mondo secondo una sorta di vortice concentrico che ci conduce dalle verità funzionali a quelle sostanziali, che si intrecciano con le grandi domande esistenziali.
È interessante quello che dice l'etimologo Benveniste quando collega il termine verità alla radice indoeuropea "vir" che significa o che è collegata all'insieme dei termini connessi alla famiglia etimologica della "fede". La verità come fede o addirittura come fedeltà. Un relitto di questo legame è tuttora presente nella lingua italiana, secondo la quale la "fede" e la "vera" sono sinonimi per indicare l'anello nuziale. Gli studi etimologici non sono ovviamente probanti dal punto di vista logico/deduttivo o epistemologico, ma sono interessanti perché aprono il discorso rispetto alle radici del nostro pensare che è qualcosa di precedente ad ogni apprendimento logico, perché basato sulle connessioni linguistiche storiche, capaci di forgiare o, comunque, di condizionare il pensiero stesso, attraverso un apprendimento quasi inconsapevole e archetipico.
Andare a ritroso cercando l'origine del concetto di verità mi sembra la cosa più sensata, è quello che scrivi è illuminante.
C'è una domanda per la quale non abbiamo risposta : come faremo a riconoscere la verità quando la troveremo?
Pure in mancanza di questa risposta andiamo aventi a cercare...non sappiamo cosa.
E al presente non  possediamo neanche un solo esempio di verità che ci aiuti a riconoscere per analogia una nuova verità una volta trovata.
Oppure forse si?
Nel passato, e forse per alcuni ancora nel presente, un esempio di verità si trovava in ciò che era evidente.
Quindi se vogliamo conoscere l'origine del concetto di verità occorre capire come nasca l'evidenza, e in tal senso mi chiedo quanto il porre fede nasca da volontà .
L'evidenza di certo non poggia su una fede, a meno che non si tratti di fedi assunte al di la' della nostra volontà, e comunque poste fuori dalla nostra coscienza.
Io credo che l'evidenza, esempio forse considerabile ancora attuale di ciò che intendiamo per vero, poggi su una fede posseduta, ma non in modo cosciente.
Il compito della scienza è tutto il contrario della ricerca della verità , ma sta nell'esplicitare quelle fedi nascoste su cui si basa l'evidenza.
L'evidenza si basa sulla fede nascosta che noi stiamo al centro del mondo.
La scienza ha esplicitato questa fede, ma ciò non ha mutato la nostra percezione, perché quella fede non può rimuoversi con la volontà, perché volontariamente non è stata assunta.
Noi lamentiamo la difficoltà a comprendere le teorie fisiche che nel loro progredire si fanno sempre più astratte e astruse, ma allo stesso tempo più efficaci, e tale aumentata efficacia potrebbe essere dovuta alla progressiva espulsione delle scorie fideistiche sulle quali si basa la nostra percezione.
La verità della scienza è una fede volontariamente assunta, e non può perciò trovare in ciò  la sua assenza.
La sua essenza sta in qualcosa che condivide con la percezione, ed è proprio la condivisione, il suo voluto o non voluto carattere sociale.
Ognuno di noi è capace di compiere azioni senza pensare , ma se vogliamo condividerle non limitandoci all'esempio che si può imitare localmente, ma vogliamo condividere senza il limite della località, possiamo condividere solo attraverso la conoscenza, la quale altro non è che sapere che cosa cavolostiamo davvero facendo.


In definitiva quindi la fede mi sembra la chiave giusta per spiegare la verità, a patto che si ammetta che non sempre sappiamo in cosa crediamo, e che tanto meno lo sappiamo tanto più profonda è la fede, e tanto più saranno evidenti i suoi prodotti.
Parafrasando Lucio Dalla...come è profondo il mare dove ci sono pesci che non si possono pescare.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Citazione di: Ipazia il 17 Gennaio 2022, 18:28:30 PM
Esiste un sapere a metà strada tra filosofia pura e filosofia naturale (scienza) che si chiama epistemologia. Tocca all'epistemologia l'arduo compito di saggiare i fondamenti dei paradigmi scientifici. I quali, è opportuno ripeterlo, non esprimono verita assolute, ma isolano una sezione di realtà entro la quale ricercano conferme sperimentali a teorie che attraverso tali conferme diventano sapere.

Sapere che ha elaborato al suo interno un metodo di verifica che garantisce, fino a falsificazione sperimentale, la veridicità dei postulati.

Le bufale della $cienza possono essere sbufalate solo dalla scienza, non da costrutti metafisici.


No Ipazia, forse hai letto male. Io ho posto il dubbio sul fatto che ciò che fonda la scienza, ma anche la cultura sia falsificabile. Oggi ho dato un'occhiata a Kant che ai tempi di scuola come mio solito mi aveva solo sfiorato. La gnoseologia semmai la branca, ma sempre di filosofia si tratta. E infatti Kant ne parla. Anche se non significa nulla è interessante come Chomsky abbia parlato di esistenze a priori per giustificare la manifestazione della lingua. Mette però in secondo piano il valore dell'esperienza

daniele22


Questo post lo replico in due topic diversi (il vaccino obbligatorio), soprattutto poiché offre un quadro che manifesta l'importanza della menzogna (più che della verità) in cui si trova a vivere un cittadino. Premetto che sono una persona non favorevole in linea teorica alla somministrazione del vaccino contro il covid (mancanza di fiducia nelle istituzioni). Pur tuttavia, per ragioni diverse dalla mia ragione (e qui interviene una falsificazione della mia ragione) a metà settembre ero vaccinato con doppia dose. Stamane andai per la terza dose, però (per quel che mi riguarda) in regime di obbligo vaccinale. Il mio obiettivo era quello di uscire vaccinato in ragione del fatto che già avevo mentito a me stesso vaccinandomi quando non ero obbligato a farlo. Pur tuttavia intendevo recitare una commedia (mentire nel vero e proprio senso del termine) in tema di eventuali autorizzazioni da concedere.
Guardo il modulo che non firmo in quanto vi era scritto "Acconsento e autorizzo etc. etc.". La giovane dottoressa mi dice che senza firma non poteva vaccinarmi. Entra pure nella discussione l'infermiera che mi spiega che acconsentire è come autorizzare dando anche buone giustificazioni. Io ribattevo che non è proprio proprio la stessa cosa, che è lo stato ad autorizzare, non io. Dopo un batti e ribatti ottengo ragione. La dottoressa però insisteva che purtroppo non poteva ugualmente farmi il vaccino, insomma che dovevo firmare. A quel punto mi si aprivano varie vie per proseguire, ma non avevo alcuna voglia di continuare. Stop. Battaglia persa. Però col lampo dell'improvvisazione, nell'attimo in cui iniziavo la firma feci una firma che forse nessun esperto calligrafo potrebbe certificare come mia (o almeno è quello che penso). A questo punto può pendere un reato commesso da me, ma anche un reato commesso da ignoti qualora qualcuno dovesse contestarmi l'autorizzazione concessa dalla mia firma e io denunciassi di non aver mai posto quella firma. Ecco come siamo messi

daniele22

Citazione di: daniele22 il 20 Gennaio 2022, 10:49:21 AM

Questo post lo replico in due topic diversi (il vaccino obbligatorio), soprattutto poiché offre un quadro che manifesta l'importanza della menzogna (più che della verità) in cui si trova a vivere un cittadino. Premetto che sono una persona non favorevole in linea teorica alla somministrazione del vaccino contro il covid (mancanza di fiducia nelle istituzioni). Pur tuttavia, per ragioni diverse dalla mia ragione (e qui interviene una falsificazione della mia ragione) a metà settembre ero vaccinato con doppia dose. Stamane andai per la terza dose, però (per quel che mi riguarda) in regime di obbligo vaccinale. Il mio obiettivo era quello di uscire vaccinato in ragione del fatto che già avevo mentito a me stesso vaccinandomi quando non ero obbligato a farlo. Pur tuttavia intendevo recitare una commedia (mentire nel vero e proprio senso del termine) in tema di eventuali autorizzazioni da concedere.
Guardo il modulo che non firmo in quanto vi era scritto "Acconsento e autorizzo etc. etc.". La giovane dottoressa mi dice che senza firma non poteva vaccinarmi. Entra pure nella discussione l'infermiera che mi spiega che acconsentire è come autorizzare dando anche buone giustificazioni. Io ribattevo che non è proprio proprio la stessa cosa, che è lo stato ad autorizzare, non io. Dopo un batti e ribatti ottengo ragione. La dottoressa però insisteva che purtroppo non poteva ugualmente farmi il vaccino, insomma che dovevo firmare. A quel punto mi si aprivano varie vie per proseguire, ma non avevo alcuna voglia di continuare. Stop. Battaglia persa. Però col lampo dell'improvvisazione, nell'attimo in cui iniziavo la firma feci una firma che forse nessun esperto calligrafo potrebbe certificare come mia (o almeno è quello che penso). A questo punto può pendere un reato commesso da me, ma anche un reato commesso da ignoti qualora qualcuno dovesse contestarmi l'autorizzazione concessa dalla mia firma e io denunciassi di non aver mai posto quella firma. Ecco come siamo messi


Essendo intervenute le forze gravitazionali di un certo languore allo stomaco ho interrotto le comunicazioni che invece avrei dovuto continuare. Proseguo quindi. In questi sei mesi della mia vita si assiste alla fenomenologia della menzogna.
1) Partenza. Prima della prima dose la mia ragione e il mio comportamento erano allineati. No al vaccino.
2) Intervento di una realtà che mi induce al vaccino. Ricevo la prima dose e la seconda dose volontariamente.
3) Ingresso nel mondo della falsità. Il comportamento ha falsato la ragione.
4) Vi è d'ora innanzi disallineamento tra ragione e comportamento.
5) Intervento nella mia realtà dell'obbligo vaccinale.
6) Ininfluente, se non per quel che riguarda la famosa autorizzazione.
7) Partenza per ottenere la terza dose a tutti i costi (in senso machiavellico).
8) Lettura del foglio da firmare. A parte che già lo sapevo, la vista ha confermato che ero di fronte ad una pretesa illogica.
9) Rimostranze da parte mia ed ottenimento di una ragione mentale.
10) A questo punto loro entrano in possesso della mia consapevolezza. Pertanto comprovando l'illogicità della richiesta entrano in un conflitto sull'azione da intraprendere.
11) Ribatto a quel punto che sono disposto a firmare solo cancellando la parola "autorizzo".
12) La dottoressa mi dice che non si può.
13) A questo punto della faccenda comincio a recitare.
14) La mia menzogna, si fonda su due cose. Primo, sulla falsità iniziale che mi aveva condotto a vaccinarmi per la prima volta, e secondo, sul fatto che il mio scopo in quell'istante era quello di ottenere la vaccinazione.
15) Per vedere la reazione faccio finta di prendere le mie cose e andar via, al che interviene l'infermiera che mi dice "Ma facendo così si ritrova il problema".
16) Mosso un po' da compassione per l'atteggiamento a mio vedere sincero, posi fine alla breve recita.
17) Sconfitto e vaccinato.
18) Colpo di scena finale ed ingresso nel mondo della menzogna.
19) Tutto si riallinea. Si ritorna al punto 1) dove la ragione è allineata al comportamento




viator

Salve. Son commosso sin quasi alle lacrime nel leggere i VERI effetti della VERA libertà garantita dalla nostra VERAMENTE esemplare Costituzione VERAMENTE democratica..................in un'occasione VERAMENTE seria come quella descrittaci dal caro Daniele22.


Ad majora, dunque ! Nessun luminoso futuro a questo punto ci sarà precluso !.Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

daniele22

Grazie Viator, ero certo che una persona concreta come te avrebbe apprezzato.

Non conosco il pensiero di Nietzche, ma conosco senz'altro il mio.
Con questo circolo della menzogna, chiamiamolo così, penso possa darsi l'idea di riappropriamento del proprio passato espressa dal filosofo, e qui emerge anche la necessità dell'umiltà di riconoscere se stessi come agenti nella perpetuazione del circolo.
Ho recuperato poi nel forum un brandello di discorso su Nietzche fatto da Paul11:
"Nietsche ritiene la morale un artificio cultuale di potere ed è qui il suo errore.
Un filologo come lui doveva sapere la relazione fra cosmos-nomos- sovranità-legislazione.
Non c'è cultura piccola o grande apparsa sulla storia del pianeta Terra, che fossero cinesi delle antiche dinastie o pellerosse americani,  che interpretarono i movimenti del cosmos come forme di costruzione sociale, persino di sacrificio umano per tenere l'ordine del cosmos nel nomos sociale, poiché la sovranità veniva dagli ordini universali del cosmos.Non fu invenzione religiosa particolare dei monoteismi o dei vari olimpi deistici  a determinare la morale, c'erano già, semmai furono riconfigurate. Basta leggersi i Veda indiani , la trimurti  induista.".
Se così fosse, condivido il giudizio. A mio vedere l'errore risiede nel modo in cui consideriamo che ciò che si riconosce come causa determini un effetto. Cioè, se noi vediamo cause che determinano effetti tutto questo sarebbe dovuto al fatto che noi bypassiamo la nostra responsabilità in modo arbitrario scaricandola sul colpevole di turno non riconoscendo il fatto che l'effetto della causa ritenuta tale si trova in realtà tutto all'interno della nostra pausa riflessiva di fronte alla causa, pausa riflessiva che a sua volta determinerà altra causa nel produrre una nostra azione, linguistica o fattuale che sia



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