Verità ... quante morti in tuo nome

Aperto da daniele22, 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM

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iano

#30
@Green.
Ma è veramente necessario chiamare menzogna,,e quindi presupporre ci sia una verità, ciò con cui proviamo a depistare le aspettative degli altri sulle nostre intenzioni ?
Questa menzogna somiglia più a un miracolo con cui si ingannano le leggi naturali, più  che gli uomini.
Magari è sufficiente creare negli altri false aspettative su di noi.
Ma già questo facciamo quando per quieto vivere, e non per primeggiare nella società , ci conformiamo alle convenzioni.
Si potrebbe dire che il lusso dei potenti sia invece una condotta coerente col proprio sentire, mentre al povero tocca dissimulare la propria natura. E dunque cosa c'entrano menzogna e verità?
Il camaleonte e la seppia mentono quando cambiano colore?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Citazione di: iano il 16 Gennaio 2022, 01:51:38 AM
@Green.
Ma è veramente necessario chiamare menzogna,,e quindi presupporre ci sia una verità, ciò con cui proviamo a depistare le aspettative degli altri sulle nostre intenzioni ?
Questa menzogna somiglia più a un miracolo con cui si ingannano le leggi naturali, più  che gli uomini.
Magari è sufficiente creare negli altri false aspettative su di noi.
Ma già questo facciamo quando per quieto vivere, e non per primeggiare nella società , ci conformiamo alle convenzioni.
Si potrebbe dire che il lusso dei potenti sia invece una condotta coerente col proprio sentire, mentre al povero tocca dissimulare la propria natura. E dunque cosa c'entrano menzogna e verità?
Il camaleonte e la seppia mentono quando cambiano colore?


ciao Iano, no ovviamente non è una necessità la menzogna, ma ci facevamo la domanda a livello sociale, quanto essa conti.


E di nuovo rispondi molto bene a te stesso quando dici che il popolo è costretto a dissimulare la propria natura, in ordine al quieto vivere.
E dunque la menzogna del polpo e del granchio che si fingono di essere roccia marina o fondale marino, è solo per mangiare il popolo dei pesciolini. ;)
Come vedi la natura ci offre potenti metafore su quelle astrazioni che da soli siamo in grado di fare, eco di una realtà mostruosa.
Certo grazie a Dio non necessaria, necessaria per la sopravvivenza del polpo e del granchio, l'uomo può fare meglio che ammazzarsi gli uni cogli altri, e che vuoi forse un giorno succederà!

Vai avanti tu che mi vien da ridere

daniele22

Citazione di: green demetr il 16 Gennaio 2022, 00:03:06 AM
Citazione di: daniele22 il 15 Gennaio 2022, 22:54:16 PM
Citazione di: green demetr il 15 Gennaio 2022, 21:59:44 PM


Mi pare che la tua fede nella scienza (benefica o positiva che sia) manchi del buon senso di capire questa cosa (ossia come giustamente nota daniele, che la scienza è automaticamente una questione di prevaricazione umana, la scienza essendo fatta da uomini: che è una cosa storica tra l'altro!!!
???
Mi interessa tantissimo questo crocevia interessantissimo tra pensiero di sinistra e quello di destra.




Ciao Green, un leggero fuori tema, per curiosità. Ho tratto questo pezzo dal tuo dialogo con Ipazia. Dove hai letto questo che mi attribuisci e che non ricordo? Oppure è solo una deduzione che fai?. Tra l'altro lo riconosco come mio possibile. Se è a quella espressione poi che ti riferisci nel crocevia tra dx e sx, non mi sentirei portatore di un pensiero di dx, anzi, le posizioni conservatrici della dx mi sono antipaticissime


e c'hai ragione pure tu.


infatti era iano   :-* cit "Se la scienza non ha scusanti allora l'uomo non ne ha, se la scienza e' l'uomo, ma tu evidentemente pensi che sia altro da lui.
Si può falsificare solo ciò che si può porre, e non c'è cosa che si possa porre che non si possa falsificare, ma allora porre sarebbe un errore?"

però come anche tu ammetti forse c'entri pure tu quando infatti affermi:

cit "Iano ... ti chiedo se hai mai pensato invece da dove nasca l'esigenza del metodo scientifico nel pretendere la falsificabilità di una teoria scientifica"

Come a dire che vi è una pretesa! (e lo condivido in maniera affermativa, mentre tu lo poni dubitativamente, ma vi è davvero differenza?) , cosa che Iano d'altronde non accoglie nella sua critica a Ipazia (che condivido nella prima parte), a mia volta come te, colgo in Iano una necessità che non è necessaria, il desiderio di voler porre qualcosa a tutti i costi (o almeno così leggo la sua istanza di pensiero).

Insomma due critiche ne valgono una, la mia appunto: che la menzogna è una questione politica.
ah ah pure io sono di sinistra ma oggi è ormai impossibile non essere di destra, pena un triste travisamento dei fatti costante e pericoloso. Meglio la sana grossolanità di destra che distingue   
in maniera rozza tra bene e male, ma nel bene ci mette la democrazia e nel male il comunismo (a questo siamo dopo il socialismo di hitler che diventa nazismo e che dire del comunismo stalianiano, o dei suoi prodromi ancora più violenti, cina e pol pot, caro amico la storia si ripete ancora ed ancora ed ancora  ??? :o :D )


Fatalità l'ho detto anch'io Green, mi è venuto in mente poi, ma da qualche parte mi ricordo di avere detto che consideravo la scoperta scientifica come una provocazione. Non ho cercato dove lo dissi, ma mi ricordo che sottolineavo inoltre che trovavo contradditorio il mio voler persistere a provocare ancora cercando di volermi affermare con la nuova e grande provocazione dell'errore mentale nella mente umana. E proseguivo poi dicendo ambiguamente che dev'esserci ben un motivo valido per cui mi contraddicevo. E qui entriamo nel regno dello scopo, della politica se vuoi. Certo è che la mia  ricerca personale non era mossa da intenti economici. Ho poi accarezzato l'idea della fama, ma l'ho sacrificata, poiché ritenevo infine che fosse più importante l'idea che il suo produttore.


Detto questo, volevo dire che la pretesa di falsifabilità del metodo scientifico poggerebbe a mio giudizio sul fatto (che forse ignoro per mia ignoranza filosofica in termini accademici) che la scienza si rende conto che ogni mappa venga alla luce dalla doxa, ovvero dal credo. Ogni mappa è retta da un credo. E su cosa poggia questo credo?

La verità dev'esser vista come qualcosa che si attesta di fronte ai nostri sensi, così come il magazzino Amazon che si è attestato ad una ventina di km da casa mia. Quello costituisce una verità la cui influenza grava in determinati ambiti spazio temporali. Trovare una banconota da cinquanta euro per terra costituisce una verità che grava in un determinato ambito spazio temporale. Poi subentrano i media che estendono questo ambito spazio temporale in cui grava la verità di cui si narra. Green, la via c'è per venirne a capo, ma dipende dalle pretese che ciascuno ha

iano

#33
Magari è possibile Daniele che tu credi in un magazzino Amazon e perciò questo ti si para davanti.
Intendo dire con questa battuta  che se sono perlopiu' espliciti i credi su cui si basa la falsificabile scienza, e solo per questo sono falsificabili, cioè negabili per lo stesso motivo che li si afferma, non si può falsificare invece un credo sepolto in noi, ma che non perciò ha conseguenze nel costruire le evidenze.
L'evidenza è appunto ciò che non si può negare, ma succede poi che essendo essa legata alla nostra percezione, la quale appunto agisce in noi a partire da premesse nascoste, riusciamo a negarla nella misura in cui riusciamo ad esplicitare queste premesse, svelando i suoi meccanismi, il suo essere a sua volta mappa.
Che le cose vadano così lo dimostra il fatto che nella storia della scienza non sempre i suoi credi sono stati immediatamente espliciti, e ogni mappa si caratterizza per essere prodotta da un mix di consapevolezza e inconsapevolezza.
L'esempio classico è la geometria di Euclide che parte da evidenze che i matematici di oggi non considerano più  tali, declassandoli a credi e la sua geometria a una delle tante possibili mappe.
La nostra percezione è come un GPS che contiene la mappa di Euclide, e che non viene aggiornato da qualche migliaio di anni.
Quando vogliamo fare un esempio di verità, chiamiamo in ballo ciò la cui evidenza non si può negare.
Ma che fine fa' la verità quando riuscissimo a negare l'evidenza esplicitando i meccanismi che la generano?
Riusciremmo per tenerla in piedi a trovare ulteriori esempi che la illustrino?
Il rischio è che c'è la dovremo tenere come un credo come in effetti per pro forma hanno fatto i matematici, i quali dimostrano che se è vera una tale cosa allora è vera la tal'altra, ma che potrebbero dire la stessa cosa senza chiamare in ballo la verità, dicendo cosa segue da cosa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
La domanda che fenomenologicamente precede quella sul ruolo della falsità, è quella sul ruolo della verità: perché parliamo di «verità», qual è la necessità (psico)logica della verità? Per ragionare prima di agire abbiamo bisogno di sapere di cosa possiamo fidarci, quali punti d'appoggio per la nostra azione e il nostro pensiero ci danno garanzia di tenuta, di supporto, il famoso punto d'appoggio archimedeo su cui sollevare (la nostra visione de) il mondo. La verità, se intesa come coerenza fra descrizione e suo oggetto (poiché non c'è verità se non nel discorso che ne parla, nemmeno quando la si ipostatizza in Verità metafisica o altro), è dunque solitamente un'informazione che serve, utilitaristicamente parlando, a comprendere la realtà o a prendere decisioni basandosi su tale verità (sempre tenendo ben ferma la distinzione fra verità ed esistenza, ossia fra discorso ed oggetto del discorso).
Socialmente parlando, non è tuttavia necessario che la verità sia vera (come dimostra tutto il fenomeno, non certo recente, della cosiddetta "postverità"): se un'informazione o un complesso di notizie sono creduti veri, potranno avere ripercussioni sociali persino epocali, senza che la verità si faccia giustizia da sola (storicamente non mancano i casi di leader che hanno movimentato masse o sconvolto il pianeta propugnando una "tesi di verità" tutt'altro che vera, così come, d'altro canto, ogni genitore/governo sa che a volte è "bene" non dire tutta la verità al proprio figlio/popolo, anche se questi si ritiene, controfattualmente, in grado di badare bene a se stesso).
Per cui, secondo me, diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata (l'infalsificabile è alieno alla verità, più di quanto lo sia la falsità che ne è la nemesi sullo stesso "piano"), dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc. senza nessi necessari e univoci con la realtà: la "vera" giustizia, la "vera" bellezza, la "vera" fede, la "vera" filosofia, i "veri" valori, etc. dove "vero" (qui inteso come "autentico", se non come "migliore") non ha alcun rapporto cogente con la realtà, ma solo con una determinata narrazione (autoreferenziale), spesso tutt'altro che epistemica, interpretante la realtà sociale, non quella "ontologica".
Tutto ciò premesso, direi che «il peso della falsità» dipende molto dal "peso statistico" delle persone che la ritengono una verità, soprattutto considerando come in ambito sociale e culturale non è sempre possibile un esperimento che dimostri "oggettivamente" quale sia la verità, specialmente se per "verità" intendiamo in realtà, più o meno dissimulatamente, un valore o un ideale fra i molti possibili.

daniele22

Citazione di: Phil il 16 Gennaio 2022, 13:37:34 PM
Citazione di: daniele22 il 13 Gennaio 2022, 12:23:44 PM
Quale sarebbe il peso della falsità, quand'anche della menzogna, nel determinare le forme della nostra attuale realtà sociale?
La domanda che fenomenologicamente precede quella sul ruolo della falsità, è quella sul ruolo della verità: perché parliamo di «verità», qual è la necessità (psico)logica della verità? Per ragionare prima di agire abbiamo bisogno di sapere di cosa possiamo fidarci, quali punti d'appoggio per la nostra azione e il nostro pensiero ci danno garanzia di tenuta, di supporto, il famoso punto d'appoggio archimedeo su cui sollevare (la nostra visione de) il mondo. La verità, se intesa come coerenza fra descrizione e suo oggetto (poiché non c'è verità se non nel discorso che ne parla, nemmeno quando la si ipostatizza in Verità metafisica o altro), è dunque solitamente un'informazione che serve, utilitaristicamente parlando, a comprendere la realtà o a prendere decisioni basandosi su tale verità (sempre tenendo ben ferma la distinzione fra verità ed esistenza, ossia fra discorso ed oggetto del discorso).
Socialmente parlando, non è tuttavia necessario che la verità sia vera (come dimostra tutto il fenomeno, non certo recente, della cosiddetta "postverità"): se un'informazione o un complesso di notizie sono creduti veri, potranno avere ripercussioni sociali persino epocali, senza che la verità si faccia giustizia da sola (storicamente non mancano i casi di leader che hanno movimentato masse o sconvolto il pianeta propugnando una "tesi di verità" tutt'altro che vera, così come, d'altro canto, ogni genitore/governo sa che a volte è "bene" non dire tutta la verità al proprio figlio/popolo, anche se questi si ritiene, controfattualmente, in grado di badare bene a se stesso).
Per cui, secondo me, diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata (l'infalsificabile è alieno alla verità, più di quanto lo sia la falsità che ne è la nemesi sullo stesso "piano"), dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc. senza nessi necessari e univoci con la realtà: la "vera" giustizia, la "vera" bellezza, la "vera" fede, la "vera" filosofia, i "veri" valori, etc. dove "vero" (qui inteso come "autentico", se non come "migliore") non ha alcun rapporto cogente con la realtà, ma solo con una determinata narrazione (autoreferenziale), spesso tutt'altro che epistemica, interpretante la realtà sociale, non quella "ontologica".
Tutto ciò premesso, direi che «il peso della falsità» dipende molto dal "peso statistico" delle persone che la ritengono una verità, soprattutto considerando come in ambito sociale e culturale non è sempre possibile un esperimento che dimostri "oggettivamente" quale sia la verità, specialmente se per "verità" intendiamo in realtà, più o meno dissimulatamente, un valore o un ideale fra i molti possibili.


Ciao Phil, grazie per il contributo. Se mi risulta chiaro il termine "fenomenologìa", tra la domanda che precede il ruolo della falsità rispetto a quella della verità esisterebbe pure la pausa che poi determinerà l'azione. In tale pausa, chiamiamola riflessiva, non sta solo la verità su cui si poggia, quella di cui fidarci, bensì pure la motivazione e l'intenzione dell'azione che poi si esprimerà (vista dall'osservatore) in termini di ragionevolezza d'azione. Mi rendo quindi ben conto che quel che dici dopo si sia realizzato, e si realizzi tutt'ora.


Dopodiché, dissentendo in parte da te, ritengo fondamentale distinguere le verità della scienza dalle verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza, ma qui occorre dialogo

Ipazia

Chiosando il post di Phil:

A differenza del falsificazionismo metafisico (religione e sistemoni) e di quello politico (Goebbels ed epigoni contemporanei) il falsificazionismo scientifico si applica a sistemi chiusi rigorosamente de-finiti.

Venendo meno il rigore della definizione (riscontro sperimentale) si passa nelle altre due forme di falsificazionismo anche nella comunità scientifica.

La covidemia, come l'economics, la fanno fuori dal vaso sistematicamente e consapevolmente. Le "scienze umane" ne sono continuamente tentate. E le invenzioni di paradigmi farlocchi, e spesso malvagi, si sprecano.

A green direi che oggi siamo oltre la decostruzione critica della verità borghese operata dai maestri della concezione materialistica della storia. Oggi la verità procede trasversalmente (ricordo A-traverso nel crepuscolo della verità di sx di qualche decennio fa) in un magma sociale che il Capitale controlla urbi et orbi. Una melassa che ha inghiottito pure i crocicchi della storia umana.

Forse è per questo che a-letheia è tornata così attuale e arcana come un tesoro in bitcoin coniato in persona dal supercalcolatore degli autostoppisti galattici. Lui che (forse) la sa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: iano il 16 Gennaio 2022, 12:39:16 PM
Magari è possibile Daniele che tu credi in un magazzino Amazon e perciò questo ti si para davanti.


Perdona Iano, ma mi dedico brevemente a questa tua battuta.
E' proprio questo il punto. Se io rivolgessi la mia vita prevalentemente allo studio dei tardigradi, una volta ho provato con scarso successo di individuarne almeno uno esaminando il muschio del muretto di casa, probabilmente la gravità spazio temporale del magazzino Amazon potrebbe anche scomparire, ma la grande mano gravitazionale si è potuta vedere anche in occasione dell'ultima verità del covid e pure in sinergia: sportello tampone dedicato.

Phil

@daniele22

Interessante il "rimbalzo" dell'esigenza di distinzione fra «diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata [...] dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc.»(autocit.) e
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2022, 15:40:14 PM
dissentendo in parte da te, ritengo fondamentale distinguere le verità della scienza dalle verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza
Non sono certo su quale sia il parziale dissenso e mi incuriosisce il concetto di «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.), soprattutto se con quest'ultima non alludi alle neuroscienze, in cui la ragione umana si imbatte nell'empiria del proprio funzionamento, che essendo tendenzialmente oggettivo non può prestarsi a critiche "di concetto".
Credo che la scienza, essenzialmente, non dia basi per criticare la ragione umana, essendone "distillata" applicazione: la scienza analizza, studia, sperimenta, etc. si occupa di verità fattuali (quindi incompatibili con le "verità" ideologiche e prospettiche di cui si nutre la società nel suo strutturarsi); al massimo è la ragione che critica se stessa mettendosi alla prova nell'applicarsi alla scienza. Chiaramente, la scienza (come le sue verità) può essere strumentalizzata, ostracizzata, deturpata in narrazioni faziose, etc. ma ciò non è "difetto" della scienza quanto piuttosto un suo uso improprio da parte di ideologie politiche o sociali, o comunque non scientifiche, quindi non strettamente pertinenti (per quanto "comunicanti" con la scienza). Sicuramente ci sono zone di intersezione fra scienza e riflessione sulla scienza (epistemologie, bioetiche, etc.), tuttavia, sempre a proposito di distinzioni, non va confuso quale sia l'apporto della scienza (dati, procedure, dimostrazioni, etc.) e l'apporto ideologico (scopi, utilizzi, applicazioni, etc.).
Le «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.) sono a rischio (dipende dai casi) di "confusione di ruolo" tanto quanto lo sono/sarebbero le "verità della scienza che critica se stessa sotto le bandiere della ragione umana"; affinché ci sia una "sana" dialettica fra le due bisogna distinguerne i ruoli e le responsabilità (così come è sano distinguere il ruolo e la responsabilità dello scienziato da quelli del politico).
So che toccando questo tema c'è un elefante nella stanza, ma preferirei non "covidizzare" anche questo topic.

daniele22

#39
Citazione di: Phil il 16 Gennaio 2022, 21:57:44 PM
@daniele22

Interessante il "rimbalzo" dell'esigenza di distinzione fra «diventa fondamentale distinguere la verità della scienza, quella che è tale solo se può essere falsificata [...] dalla verità della credenza o, ancor "peggio", dalla verità applicata a ciò che non ha a che fare con la verità ontologica, ma solo con la convenzione sociale, la cultura, un certo orizzonte di senso o paradigma, etc.»(autocit.) e
Citazione di: daniele22 il 16 Gennaio 2022, 15:40:14 PM
dissentendo in parte da te, ritengo fondamentale distinguere le verità della scienza dalle verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza
Non sono certo su quale sia il parziale dissenso e mi incuriosisce il concetto di «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.), soprattutto se con quest'ultima non alludi alle neuroscienze, in cui la ragione umana si imbatte nell'empiria del proprio funzionamento, che essendo tendenzialmente oggettivo non può prestarsi a critiche "di concetto".
Credo che la scienza, essenzialmente, non dia basi per criticare la ragione umana, essendone "distillata" applicazione: la scienza analizza, studia, sperimenta, etc. si occupa di verità fattuali (quindi incompatibili con le "verità" ideologiche e prospettiche di cui si nutre la società nel suo strutturarsi); al massimo è la ragione che critica se stessa mettendosi alla prova nell'applicarsi alla scienza. Chiaramente, la scienza (come le sue verità) può essere strumentalizzata, ostracizzata, deturpata in narrazioni faziose, etc. ma ciò non è "difetto" della scienza quanto piuttosto un suo uso improprio da parte di ideologie politiche o sociali, o comunque non scientifiche, quindi non strettamente pertinenti (per quanto "comunicanti" con la scienza). Sicuramente ci sono zone di intersezione fra scienza e riflessione sulla scienza (epistemologie, bioetiche, etc.), tuttavia, sempre a proposito di distinzioni, non va confuso quale sia l'apporto della scienza (dati, procedure, dimostrazioni, etc.) e l'apporto ideologico (scopi, utilizzi, applicazioni, etc.).
Le «verità della ragione umana che critica se stessa sotto le bandiere della scienza»(cit.) sono a rischio (dipende dai casi) di "confusione di ruolo" tanto quanto lo sono/sarebbero le "verità della scienza che critica se stessa sotto le bandiere della ragione umana"; affinché ci sia una "sana" dialettica fra le due bisogna distinguerne i ruoli e le responsabilità (così come è sano distinguere il ruolo e la responsabilità dello scienziato da quelli del politico).
So che toccando questo tema c'è un elefante nella stanza, ma preferirei non "covidizzare" anche questo topic.



Tu tiri in ballo giustamente il ruolo che compete a ciascuna scienza. Personalmente io non mi trovo in una situazione di studente, poiché ritengo concluso il mio studio il cui oggetto era il pensiero. Motivazione dello studio? Curiosità a fronte di un certo disgusto, ma pure divertimento ti assicuro, nei confronti di quelle che io reputavo, e che reputo tutt'ora, le evidenti menzogne umane. Menzogne in quanto consapevolmente menzogne.
La scienza che dovrebbere svolgere il ruolo di criticare la propria sapienza doveva essere la filosofia, a mio giudizio, ma sono abbastanza ignorante sul campo di azione in carico a ciascuna disciplina umana. Il professor Carlo Sini, sostenendo che la filosofia abbia concluso il suo compito (da qualche parte su youtube), e non metto certo in dubbio le sue ragioni dato che lo ritengo un buon pensatore, dava tuttavia grande peso alla domanda ancora inevasa (la più importante a sua detta), e che evidentemente pesa, di cosa sia ciò che fonda tutta questa mole di conoscenza, ma che fonda pure altre espressioni umane, comprese le tradizioni di ciascun popolo. Riferendosi al linguaggio il professore opinava che dovesse attribuirsi ad una mancanza di dialogo tra discipline come la psicologia o altre e la filosofia l'importante deficienza di tale risposta (Mi viene in mente il topic aperto da Aspirante Filosofo).
La congerie di teorie sul significato e sul linguaggio mettono in evidenza tale deficienza.


Può essere dunque interessante come dici la distinzione che ho proposto ponendo l'attenzione al fatto che io mi senta legittimato a dire che sono menzogne consapevoli solo per il fatto che tutti siamo consapevoli che di menzogne si tratta. Ma allora anche la scienza lo è? No, si dirà, semmai lo sono gli scienziati, i quali possono individualmente esser anche predisposti a mentire per forza di cose dato che già reggono mentendo l'impalco della teatralità sociale.


A questo punto, sempre mosso da urgenze personali, esercito quella che dovrebbe essere una competenza filosofica, ovvero l'esercizio del dubbio. Ciò che fonda la scienza, che ha creato la scienza, è vero o è falso?  E' certo facile dire che è vero, dato che sono sotto gli occhi di tutti le produzioni della scienza, ma ciò che è sotto gli occhi di tutti fa parte del passato e non del presente, e il presente si evolve e si evolve in ragione dell'influenza del passato. Per quel attiene il campo dell'azione filosofica, nel dialogo volto a chiarire, e contraddicendo in parte il professor Sini, posso sentirmi legittimato a reintegrare nella filosofia la ricerca del fondamento della ragione? Se la risposta è sì, allora la scienza in questione è la filosofia





viator

Salve. Citando da chi lo afferma : "Se la risposta è sì, allora la scienza in questione è la filosofia".

Oh bella ! E da quando la filosofia risulterebbe essere una scienza ? Una disciplina (scienza) esatta sarebbe assai arduo il considerarla, mentre corretto sarebbe il trovarla un insieme di conoscenze concettuali soggettive. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

daniele22

Citazione di: viator il 17 Gennaio 2022, 14:56:26 PM
Salve. Citando da chi lo afferma : "Se la risposta è sì, allora la scienza in questione è la filosofia".

Oh bella ! E da quando la filosofia risulterebbe essere una scienza ? Una disciplina (scienza) esatta sarebbe assai arduo il considerarla, mentre corretto sarebbe il trovarla un insieme di conoscenze concettuali soggettive. Saluti.


Ciao viator ... sempre un piacere ... Diciamo che la filosofia nasce ponendosi come scienza, ma il punto è che se neghi tale cosa si pone un bivio per te, che trascina magari anche me. O inneschiamo un batti e ribatti ognuno a giustificazione della propria opinione, oppure si torna indietro e si cerca di fornire una risposta che consideri il precedente scambio tra me e Phil. Felice serata

Ipazia

Esiste un sapere a metà strada tra filosofia pura e filosofia naturale (scienza) che si chiama epistemologia. Tocca all'epistemologia l'arduo compito di saggiare i fondamenti dei paradigmi scientifici. I quali, è opportuno ripeterlo, non esprimono verita assolute, ma isolano una sezione di realtà entro la quale ricercano conferme sperimentali a teorie che attraverso tali conferme diventano sapere.

Sapere che ha elaborato al suo interno un metodo di verifica che garantisce, fino a falsificazione sperimentale, la veridicità dei postulati.

Le bufale della $cienza possono essere sbufalate solo dalla scienza, non da costrutti metafisici.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Freedom

Spero di non abbassare il livello della discussione ma non riesco a trattenere il mio punto di vista. La mia......come dire......verità :D

Mi faccio una domanda molto semplice e, forse, la troverete banale, grezza e utilitaristica: "a cosa serve la verità"? Non è forse sinonimo di: "come funziona"? "qual è lo scopo"? E andando su per gradi, dalle verità più semplici a quelle più complesse, non si arriva forse alla domanda delle domande: "quella esistenziale"? Cioè, visto che siamo nel Forum di filosofia: "qual è il senso dell'essere e dell'esistenza umana"?
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

viator

Salve freedom. Citandoti : "Mi faccio una domanda molto semplice e, forse, la troverete banale, grezza e utilitaristica: "a cosa serve la verità"?".

La tua è una domanda sensatissima, e tu sai che ciò è vero.

La verità (la soddisfazione del creder trovato ciò che sia vero) serve appunto solamente a placare momentaneamente (se si è persone sensate) o permanentemente (se si è dei manichei, dei fanatici) il bisogno di sicurezze interiori.

Dal punto di vista esistenziale non esiste alcuna differenza tra verità ed illusione. Se crediamo in una illusione, l'effetto esistenziale dell'illusione (finchè si creda in essa) è perfettamente indistinguibile da una qualsiasi verità.

Se poi troviamo che si era trattato di una illusione.................beh, prenderemo a trovare vero qualcos'altro......ma mai potremo sapere se stavolta si starà trattando della agognata verità oppure di una nuova (ed augurabilmente più duratura ed efficiente) e diversa illusione.

Le presenti considerazioni valgono pure a proposito della pretesa o presunta "scientificità" della filosofia. Saluti.



Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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