Una verità è assoluta quando è ...umile!

Aperto da Carlo Pierini, 14 Settembre 2017, 10:09:58 AM

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acquario69

In riferimento ai due ultimi interventi (maral e Carlo) esprimo il mio pensiero

A me non sembra che maral non risponda in maniera adeguata e inerente alla domanda
ritengo che entrambe le versioni dicano il giusto, cio che cambia e' il punto di vista in cui si e' collocati, e credo sia legittimo poiché ognuno di noi e' come collocato a un diverso punto di vista, come lo e' un punto qualsiasi e diverso della circonferenza da cui "guarda" il centro e che questo e' lo stesso per tutti -il principio ultimo, ossia come lo indica lo stesso termine e' l'inizio e la fine, l'alpha e l'omega allo stesso "tempo",cioè' simultaneo.

la Verita assoluta allora e' come il sole che emana i suoi raggi e questi poi si riflettono sulle cose,(molti sono i suoi riflessi ma una ed unica e' la fonte) cosi che noi possiamo arrivare a coglierla (sempre e solo tramite il suo riflesso)
Chi non "vede" attraverso questo tramite e' dovuto al fatto che essendo noi come specchi questi per poter riflettere adeguatamente devono essere puliti (ed e' questo e' il vero senso dell'umiltà')...e qui mi rifaccio alla "gerarchia" esposta da Carlo...dal Comandante Generale fino ad arrivare ai traditori venduti al nemico (e secondo me sarebbe pure interessante riflettere chi sia tale nemico  :)  )

Carlo Pierini

#16
Citazione di: acquario69 il 16 Settembre 2017, 14:28:06 PM
In riferimento ai due ultimi interventi (maral e Carlo) esprimo il mio pensiero

A me non sembra che maral non risponda in maniera adeguata e inerente alla domanda
ritengo che entrambe le versioni dicano il giusto, cio che cambia e' il punto di vista in cui si e' collocati, e credo sia legittimo poiché ognuno di noi e' come collocato a un diverso punto di vista, come lo e' un punto qualsiasi e diverso della circonferenza da cui "guarda" il centro e che questo e' lo stesso per tutti -il principio ultimo, ossia come lo indica lo stesso termine e' l'inizio e la fine, l'alpha e l'omega allo stesso "tempo",cioè' simultaneo.

la Verità assoluta allora e' come il sole che emana i suoi raggi e questi poi si riflettono sulle cose,(molti sono i suoi riflessi ma una ed unica e' la fonte) cosi che noi possiamo arrivare a coglierla (sempre e solo tramite il suo riflesso)
Chi non "vede" attraverso questo tramite e' dovuto al fatto che essendo noi come specchi questi per poter riflettere adeguatamente devono essere puliti (ed e' questo e' il vero senso dell'umiltà')...e qui mi rifaccio alla "gerarchia" esposta da Carlo...dal Comandante Generale fino ad arrivare ai traditori venduti al nemico (e secondo me sarebbe pure interessante riflettere chi sia tale nemico  :)  )


Il "nemico" è il falso, e il "venduto al nemico" è chi fa uso della menzogna. Mentre i diversi raggi di una stessa verità sono tali solo se sono reciprocamente complementari (che non è il caso mio e di Maral). Insomma, l'alterità-diversità assoluta non è unificabile, mentre l'identità rende apparente, cioè annulla, la diversità-alterità. Pertanto, solo la complementarità permette di unificare la diversità in un "Tertium" superiore senza annullare o rendere apparenti né l'unità né la diversità. Ma una autentica complementarità è tale solo in quanto gli enti complementari sono le diverse e opposte manifestazioni immanenti di quell'Uno trascendente che nel processo di integrazione dei diversi (opposti) viene riscoperto come "Tertium". Scrive Jung:

"Cè dunque fra l'"uno" e l'"altro" una tensione antitetica. Ma ogni tensione antitetica urge verso uno sbocco, da cui deriva il terzo. Nel terzo si risolve la tensione, ricomparendo l'uno perduto. [...] La triade è dunque uno sviluppo dell'uno nella conoscibilità. Tre è l'"uno" diventato conoscibile, che senza la risoluzione nell'opponibilità dell'"uno" e dell'"altro" sarebbe rimasto in uno stato privo di una qualunque determinabilità. Quindi il tre appare di fatto come un adatto sinonimo per un processo di sviluppo nel tempo, e costituisce con ciò un parallelo all'autorivelazione di Dio, come dell'uno assoluto nello svolgimento del tre. Il rapporto della triade con l'unità può essere espresso da un triangolo equilatero: a=b=c, cioè dall'identità del tre, dove in ognuno dei tre angoli è data ogni volta l'intera triade". [JUNG: Psicologia e religione - pg.125]

E' per questo che la dottrina cristiana considera tanto importante il "mistero" della Trinità: perché intuisce che in esso si celi una logica ultima, suprema e universale.


L'angolo musicale:
STEFANO ROSSO: Giordano Bruno
https://youtu.be/TgQaUnfi93s

maral

#17
Citazione di: Carlo Pierini il 16 Settembre 2017, 12:56:40 PM
Tu vedi solo un volto della verità assoluta (quello che io identifico con un Principio Ultimo), il volto più luminoso che corrisponde con il grado massimamente generale. Poi esiste una vasta gamma di verità  altrettanto innegabili-assolute, ma di grado minore: dalle leggi generali della fisica, della logica, della geometria, ecc.), giù giù fino al grado più umile delle verità innegabili-assolute della vita quotidiana (<<Franco ha un'auto sportiva rossa>>, <<mio padre è stato in guerra>>, ecc.).
Insomma, se è vero che esiste un Comandante Generale dell'Esercito, esistono anche i generali di brigata, i colonnelli, i capitani, i tenenti, ...giù giù fino ai più umili "soldati semplici"; e sono tutti appartenenti al medesimo genere "uomo", come le verità di cui sopra appartengono al medesimo genere "verità innegabile-assoluta".

La verità assoluta può solo essere una e non ammette che se stessa, per questo è indicibile e non ha significato, essendo matrice di ogni significato e altro di essa non si può dire. Come giustamente dice Acquario è come il sole che splende e illumina, ma anche distrugge, arde ogni cosa e acceca, trasformando la sua luce in buio assoluto. La luce del sole può essere colta solo negli oggetti del mondo che illumina, non nel sole stesso, nel loro farli crescere e morire, nella loro diversità molteplice di immagini e colori. Così la verità assoluta si coglie solo nelle verità relative che essa ci mostra nel loro limite che dà loro significato. Non c'è una scala di verità relative, ogni verità relativa è pertinente al campo in cui si manifesta e non c'è una gerarchia di campi, l'assoluto lo si trova nel quotidiano quanto nella più alta speculazione filosofica, ma quello che di esso appare non è mai l'assoluto.  


CitazionePoi esistono le verità relative, che sono solo "mezze verità", cioè, sono vere solo sotto certi aspetti, ma non sotto ogni aspetto (i soldati indisciplinati e "lavativi"). Poi ancora, dulcis in fundo, ci sono le menzogne, che possono essere più o meno condite con brandelli di verità (i soldati bugiardi, traditori, venduti al nemico).
Tutto ciò che si pensa e si dice è relativo, non può non esserlo e pensarlo assoluto è il vero errore. Ossia l'errore sta nel ritenere che quanto si pensa possa essere privo di errori, per il semplice fatto di essere pensato e detto è in errore in quanto è sempre solo parzialmente vero (anche quanto sto dicendo, nel suo essere detto). Ma proprio per il fatto di contenere l'errore ci consente di pensare ancora, di proseguire oltre il suo limite alla ricerca di sempre nuovi limiti, definizioni, prospettive, illusioni. E' letteralmente l'errore che ci consente di vivere nel mondo.
CitazioneEcco, è tutto qua; ciò che ho scritto è banale, è roba per bambini di scuola elementare, non per adulti partecipanti ad un forum filosofico. E il fatto che ci si debbano scrivere sù decine di pagine, la dice lunga sulla condizione involuta-degradata della filosofia moderna.
Non direi proprio che la questione sia banale, per quanto la si possa banalmente intendere. La filosofia da quando è nata è partita alla ricerca dell'episteme, ossia della conoscenza della Verità assolutamente fondata e ovviamente non l'ha mai trovata, tante volte questo o quel filosofo si è illuso (Hegel ad esempio e l'ultimo è Severino) e ogni volta questa ricerca si è trovata logicamente contraddetta. Ma in fondo nella verità assoluta ci siamo tutti sempre, è la nostra stessa esistenza che continuamente ci mantiene in essa, ma proprio perché ci siamo sempre non possiamo vederla, solo viverla, mentre ci troviamo guidati da prospettive che crediamo essere noi a scegliere, mentre sono esse a sceglierci e a fare di noi quello che siamo, quello che pensiamo, diciamo, speriamo, sogniamo e di volta in volta prendiamo per vero.

Citazione"Cè dunque fra l'"uno" e l'"altro" una tensione antitetica. Ma ogni tensione antitetica urge verso uno sbocco, da cui deriva il terzo. Nel terzo si risolve la tensione, ricomparendo l'uno perduto. [...] La triade è dunque uno sviluppo dell'uno nella conoscibilità. Tre è l'"uno" diventato conoscibile, che senza la risoluzione nell'opponibilità dell'"uno" e dell'"altro" sarebbe rimasto in uno stato privo di una qualunque determinabilità. Quindi il tre appare di fatto come un adatto sinonimo per un processo di sviluppo nel tempo, e costituisce con ciò un parallelo all'autorivelazione di Dio, come dell'uno assoluto nello svolgimento del tre. Il rapporto della triade con l'unità può essere espresso da un triangolo equilatero: a=b=c, cioè dall'identità del tre, dove in ognuno dei tre angoli è data ogni volta l'intera triade". [JUNG: Psicologia e religione - pg.125]
E' vero, nel tre ritorna l'uno, ma l'uno che ritorna non è l'uno originario, anche se è identico non sarà lo stesso e quindi ogni volta il processo si ripete, ogni volta l'uno si fa avanti senza trovare soluzione e acquietamento nel tre, senza mai essere conosciuto, ma riproponendosi sempre come conoscenza in atto.

CitazioneE' per questo che la dottrina cristiana considera tanto importante il "mistero" della Trinità: perché intuisce che in esso si celi una logica ultima, suprema e universale.
E' un'intuizione che non appartiene solo alla dottrina cristiana, fa parte del modo di fare musica.

Carlo Pierini

#18
Citazione di: maral il 17 Settembre 2017, 10:52:09 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 16 Settembre 2017, 12:56:40 PM
Tu vedi solo un volto della verità assoluta (quello che io identifico con un Principio Ultimo), il volto più luminoso che corrisponde con il grado massimamente generale. Poi esiste una vasta gamma di verità  altrettanto innegabili-assolute, ma di grado minore: dalle leggi generali della fisica, della logica, della geometria, ecc.), giù giù fino al grado più umile delle verità innegabili-assolute della vita quotidiana (<<Franco ha un'auto sportiva rossa>>, <<mio padre è stato in guerra>>, ecc.).
Insomma, se è vero che esiste un Comandante Generale dell'Esercito, esistono anche i generali di brigata, i colonnelli, i capitani, i tenenti, ...giù giù fino ai più umili "soldati semplici"; e sono tutti appartenenti al medesimo genere "uomo", come le verità di cui sopra appartengono al medesimo genere "verità innegabile-assoluta".

La verità assoluta può solo essere una e non ammette che se stessa, per questo è indicibile e non ha significato, essendo matrice di ogni significato e altro di essa non si può dire.

Il problema è che quello che hai appena scritto pretende di essere definitivamente VERO. E se non ammetti verità definitive-innegabili, seghi il ramo su cui sei seduto.
Ti ho già fatto l'esempio banale di <<Franco ha un'auto sportiva rossa>> che è una verità che non ammette che sé stessa e che invece, come vedi, è dicibilissima.
Insomma la tua definizione di "verità assoluta" non sta né in cielo né in terra, e, perdipiù, pretende di essere assolutamente vera. Ripropongo ciò che ho già detto a Sgiombo:

Scrive Abbagnano:
<<Affermare: "Questo è assolutamente vero" vuol dire: "Questa proposizione si è trovata ampiamente verificata e non c'è nulla che possa trovarla falsa">>. [N. ABBAGNANO: Dizionario di Filosofia]

Dunque è il contenuto della proposizione che dev'esser vero; e se il contenuto esprime una approssimazione ben determinata del tipo: <<ho circa quarant'anni, mese più mese meno>>, tu non puoi pretendere che sia vero un significato diverso da quello dichiarato; la proposizione sarà vera se la mia età reale non contraddice la mia dichiarazione.  Se poi mi chiederai maggiore precisione, io ti dirò: <<Ho circa quarant'anni e 25 giorni, ora più, ora meno>> e avrò detto un'altra verità assoluta, ma più precisa della prima.
In altre parole, tu stai scambiando illegittimamente l'assolutezza di una verità con la sua precisione, o con la sua eternità, o con la sua universalità, le quali, invece, fanno parte del contenuto della proposizione. Infatti, assoluto deriva da ab-solutus, cioè, "sciolto da-", "liberato da-"; liberato o sciolto dalla possibilità che la dichiarazione (qualunque essa sia) sia contraddetta dai fatti, possa essere trovata falsa.


CitazioneCARLO
Poi esistono le verità relative, che sono solo "mezze verità", cioè, sono vere solo sotto certi aspetti, ma non sotto ogni aspetto (i soldati indisciplinati e "lavativi"). Poi ancora, dulcis in fundo, ci sono le menzogne, che possono essere più o meno condite con brandelli di verità (i soldati bugiardi, traditori, venduti al nemico).
MARAL
Tutto ciò che si pensa e si dice è relativo, non può non esserlo e pensarlo assoluto è il vero errore. Ossia l'errore sta nel ritenere che quanto si pensa possa essere privo di errori...

CARLO
Invece, quanto hai appena detto è privo di errori?

CitazioneJung:
"Cè dunque fra l'"uno" e l'"altro" una tensione antitetica. Ma ogni tensione antitetica urge verso uno sbocco, da cui deriva il terzo. Nel terzo si risolve la tensione, ricomparendo l'uno perduto. [...] La triade è dunque uno sviluppo dell'uno nella conoscibilità. Tre è l'"uno" diventato conoscibile, che senza la risoluzione nell'opponibilità dell'"uno" e dell'"altro" sarebbe rimasto in uno stato privo di una qualunque determinabilità. Quindi il tre appare di fatto come un adatto sinonimo per un processo di sviluppo nel tempo, e costituisce con ciò un parallelo all'autorivelazione di Dio, come dell'uno assoluto nello svolgimento del tre. Il rapporto della triade con l'unità può essere espresso da un triangolo equilatero: a=b=c, cioè dall'identità del tre, dove in ognuno dei tre angoli è data ogni volta l'intera triade". [JUNG: Psicologia e religione - pg.125]
MARAL
E' vero, nel tre ritorna l'uno, ma l'uno che ritorna non è l'uno originario, anche se è identico non sarà lo stesso e quindi ogni volta il processo si ripete, ogni volta l'uno si fa avanti senza trovare soluzione e acquietamento nel tre, senza mai essere conosciuto, ma riproponendosi sempre come conoscenza in atto.

CARLO
Non è così.
Il "tertium" che complementa-unisce gli opposti uomo-donna è "amore". E Dio (Uno) è Amore.
Il "tertium" che complementa-unisce gli opposti libertà-legge è "giustizia". E Dio (Uno) è Giustizia.
In altre parole, il "tertium" che conduce all'unità del due è sempre un archetipo (un aspetto, un attributo) dell'Uno Divino.
Potrai obiettare che un archetipo o aspetto di Dio non è Dio, ma si tratta di una distinzione debole che non tocca la sostanza di quanto detto e che comunque è già stato contemplato dalla speculazione simbolica:

"Con ciò si ripresenta e si risolve a un tempo un problema che da un millennio e mezzo percorre come un filo bianco le speculazioni della filosofia naturalistica alchimistica, il cosiddetto assioma di Maria l'Ebrea (o la Copta): dal terzo procede l'uno come quarto".   [JUNG: La dinamica dell'inconscio - pg.531/32]

"La Biblia pauperum (1471) osserva: «Si legge nel profeta Daniele, che Nabucodonosor re di Babilonia fece porre tre fanciulli in una fornace ardente, e allorché il re andò alla fornace e vi guardò dentro, vide accanto ai tre il quarto che era simile al Figlio di Dio. I tre hanno per noi il significato della Santa Trinità della persona, e il quarto l'unità dell'essere»".   [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.169]



L'angolo musicale:
ZIMMER - Il Gladiatore, col. sonora
https://youtu.be/S2Hh6YayzqY?t=25

green demetr

x  Maral

AB-SOLVO

Sarebbe un rafforzativo di un allontanamento dall'oggetto.

In un primo momento ho pensato che però non è l'oggetto che evapora bensì il soggetto.

Poi ho ragionato subito sul fatto che però nell'alchimia effettivamente è l'oggetto a evaporare.

Non l'osservatore!  :-\  Eppure il processo di evaporazione dell'oggetto, porta il soggetto ad elevarsi, per questo penso si tratti di ermetismo e non di alchimia.  >:(

Dunque da cosa deriva questa necessità dell'impiego dell'oggetto?

Ovviamente si apre tutto il fronte dell'indagine del soggetto sull'oggetto, che a partire da Socrate coincide con il canone occidentale (filosofico e non).

Ma è mia forte convinzione, l'avrò scritto milioni di volte, che il soggetto si costruisce a partire dall'oggetto.

E ultimamente ho raffinato la questione, pensando ad una collezione di oggetti. (non dissimilmente da Peirce, mi sembra di ricordare) Siamo fasci di percezione diceva il materialismo illuminista.

Ma il punto di rivoluzione che scoprì già Nietzche nei suoi primi lavori giovanili, o a cui giunse Heideger nella sua "Svolta", è che l'attenzione al soggetto-oggetto ha completamente perso di vista lo stato ontologico dell'essente, e dell'essere di rimando.
Ossia dei processi appunto di dissolvenza.

A partire da questa precisione, e cioè facendo un salto di "sguardo":

A evaporate non è l'oggetto, ma la nostra visione dell'oggetto. Poichè come nell'alta filosofia, sappiamo tutti di essere schiavi degli oggetti. Noi siamo gli oggetti.
Ma se l'oggetto è evaporato, il nostro legame è automaticamente alleggerito, e spinto verso l'alto.
Idealmente.

Ripeto io vedo l'alchimia come il percorso ermetico della salvezza animica (dove a me della salvezza non importa molto).

L'anima non è l'oggetto. Il solvimento è il processo soggettivo per raggiungere l'anima. Avviene tramite un allontanamento, tramite una sottrazione.

Rigetto in toto la tradizione cristiana, che ne fa una cosa corporale, e invece mi affido alla mia intuizione, che è una questione meramente spirituale.

Con linguaggio tecnico direi che sono tecniche di comunicazione con l'inconscio.

x  Carlo

Si mi piace molto la tua concettualizzazione. (quella che richiama la dialettica tesi antitesi e sintesi).

Ma l'analisi a me ricorda più un percorso di razionalizzazione, se vuoi seguendo la da te odiata storia della filosofia, di decostruzione degli oggetti di fronte a noi, ossia alla dipanazione delle loro relazioni.

La sintesi è poi, come forse saprai, uno dei concetti chiave della filosofia Hegeliana, a cui mi riferisco con maggior piacere.

Il movimento della sintesi, lo seguo molto ascoltando Zizek, e altri contributori: ha a che fare con un processo infinito della coppia tesi-antitesi, ossia riletto all'altezza dei tempi nel movimento della negatività, ripreso con forza da Kojieve come movimento della morte.

Proprio per questo sposo ovviamente la tesi di Maral per cui il processo di sintesi, non è mai l'originario.

Sulla risposta che dai, ossia che la sintesi è un simbolo di un residuo archetipico, ovviamente sono d'accordo.

Il punto è che non possiamo appellarci alla ragione, infatti il residuo è anzitutto provvisorio, e poi necessariamente presunto rispetto al suo legame con l'archetipo.
In fine dei conti la guerra concettuale che stai portando all'interno del forum, dipende in gran parte da quello, Ossia da un tuo abbaglio logico.
Purtroppo per te, la tua posizione non è nè scientifica, pur volendo esserla, nè filosofica, poichè essa filosofia  pone in costante critica, crisi, il sistema di cose a cui giunge, cosa che è lontanissima dalle tue intenzioni.
Infatti la tua arroganza deriva proprio da una presunzione di quale sia lo stato delle cose.
Non si interroga minimamente sul senso etico e morale dell'Essere, sulle questioni ultime dell'alchimia.
Si ostina a girare intorno, come sempre fa, ogni sistema paranoico. (tutti siamo nel sistema paranoico, nessuna offesa caro Carlo  ;) ).
Si tratta di, guarda un pò, di dissolvere il discorso paranoico, di allentare la morsa a cui ci vorrebbe impegnati.
(l'aver ragione ad ogni costo).
In questo le posizioni relativiste (quando non diventano pedanteria, se mai non diventano pedanteria) non sono poi così male.
Innanzitutto perchè aiutano in quell'attività che sempre più il Mondo va perdendo, la capacità di analisi e di critica (sopratutto).


Nota finale privata.

E' veramente troppo presto per me per trovare i parallelismi tra questi due grandi scuole. Nel mio percorso ideale l'alchimia dovrebbe sfociare nel pensiero misticheggiante di Bohme, che recentemente si scorpre essere stato di forte ispirazione per Hegel.

Come a dire che l'alchimia sfocia nell'idealismo? vedremo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

parte 2.

x maral

ancora sulle conseguenze dialettiche della dissolvenza (filosofia avanzata)

Certamente Maral, il tre non ha riposo nell'uno, e certamente ogni volta che diciamo un assoluto, diciamo un assoluto relativo.

Seguendo ancora la mia intuizione (basata sulla tradizione ermetica) infatti non esiste l'assoluto, esiste solo il dissolvimento.

Ovvero gli infiniti 3 che a catena piovono dall'uno.

Il punto credo nevralgico della filosofia è sempre intendere quell'uno.

Seguendo Zizek, per Hegel l'uno non è mai l'uno che è sempre un tre, cioè una interpretazione del soggetto, bensì un "meno che niente" ossia nemmeno uno zero, ma un prima dello zero. Cioè un nulla. (Detesto questi tecnicismi, ma si tratterebbe della differenza tra niente, che si riferisce sempre ad un ente presunto, e nulla, ossia ciò "che non si riferisce proprio", un formalismo, un nominalismo puro).

Ma questo nulla è intendibile solo tramite lo zero, ossia tramite il segno di assoluto. (ed è qui il genio Hegeliano).

L'assoluto Hegeliano è un simbolo. L'assoluto Severiniano non so se lo sia. (devo ancora inziare uno, dico uno dei suoi libri).

E' ovvio che il problema è che è un segno formale, ossia indica qualcosa che è fuori dell'Intelletto.

Non è intellegibile (regno del sensibile) l'assoluto.

Certamente intendiamo però il suo significato, e questo è il grave errore della metafisica, che comincia a pensare il nulla come un oggetto (persino un niente è comunque un ente, un pre-ente). Cioè scambiamo il significante (che come abbiamo visto è puro e formale, e serve solo a spiegare, a produrre gli infiniti 3 che si intendono solo a partire dagli uno, ossia tramite inferenze, di cosa ha prodotto quei "tre". Perciò noi diciamo che vi è un assoluto che determina i 3, ossia i soggetti.

Come dici tu questo assoluto è relativo, ma è relativo agli infiniti soggetti, ossia alle infinite posizioni nel mondo di ognuno di noi, e in ogni istante diverso da quello precedente. (solo così possiamo essere d'accordo)

Non può essere relativo alla sua determinazione. Sennò sarebbe un relativismo assoluto, ossia un discorso che si auto-dissolve in continuazione senza produrre soggetti e tanto meno oggetti.

Io detesto questi nominalismi estemporanei, come se la vita di ciascuno non avesse a che fare con reali oggetti.

Dove reale si intende come qualcosa che resiste alla interpretazione, e sì anche il fuoco che ci brucia in un appartamento, è la resistenza alla interpretazione, anzi per dirla all'altezza dei tempi, è la morte che è la resistenza al discorso.
Ma esattamente come nel processo di lutto, non è la morte in sè ad avere senso, ma il reale, e cioè ciò che rimane alla morte.(ossia i sopravvisuti).

Mi chiedo cosa ne pensi (al di là che probabilmente Carlo pensi che l'assoluto sia un ente.)


In breve io propongo l'idea di un assoluto relativo (ossia di un processo, di una storia, che "ritorna" appunto) e non di un relativo assoluto (ossia una entificazione del "presunto" reale) (in questo caso sì entificare il fuoco che ci brucia, non serve a nulla!)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

Citazione di: Carlo Pierini il 17 Settembre 2017, 12:45:10 PM
Citazione di: maral il 17 Settembre 2017, 10:52:09 AM
La verità assoluta può solo essere una e non ammette che se stessa, per questo è indicibile e non ha significato, essendo matrice di ogni significato e altro di essa non si può dire.
[/font]

Il problema è che quello che hai appena scritto pretende di essere definitivamente VERO. E se non ammetti verità definitive-innegabili, seghi il ramo su cui sei seduto.
No, non sego nessun ramo, perché non pretendo di poter dire qualcosa solo se essa è verità assoluta che tra l'altro esclude, proprio in quanto assoluta (in riferimento al suo essere assoluta), qualsiasi poter essere detta. Se affermo qualcosa, qualsiasi cosa affermi, è sempre nei limiti di un contesto di riferimento ed è proprio il suo presentarsi nei limiti di tale contesto che la rende vera, ossia vera rispetto a quanto qui si dice.


CitazioneTi ho già fatto l'esempio banale di <<Franco ha un'auto sportiva rossa>> che è una verità che non ammette che sé stessa e che invece, come vedi, è dicibilissima.
Non è una verità assoluta, avere un'auto, come avere qualsiasi cosa, è relativo a un certo modo di rapportarsi degli enti. In che senso si ha? in che senso un'auto è un'auto sportiva? E così via. Tutto quanto nella frase da te detta, se non presa in modo banale, ma nella problematicità filosofica che le compete è relativo.
Citazione<<Affermare: "Questo è assolutamente vero" vuol dire: "Questa proposizione si è trovata ampiamente verificata e non c'è nulla che possa trovarla falsa">>. [N. ABBAGNANO: Dizionario di Filosofia][/font]
Per quanto ampia sia la verifica non può uscire dal contesto relativo in cui si presenta come verifica. L'assoluto è assolutamente inverificabile, pur essendo sempre verificato.
Il contenuto di una proposizione, se significa qualcosa, è vero nell'ambito in cui si presenta come vero, non in assoluto, non al di fuori di quell'ambito. L'assoluto non significa assolutamente nulla, men che meno amore, giustizia, divinità o archetipi di alcun genere. E in questo non vi è alcuna contraddizione. Per significare qualcosa l'assoluto deve rendersi relativo in modo da poter essere pensato e detto.

CitazioneIn altre parole, tu stai scambiando illegittimamente l'assolutezza di una verità con la sua precisione, o con la sua eternità, o con la sua universalità, le quali, invece, fanno parte del contenuto della proposizione. Infatti, assoluto deriva da ab-solutus, cioè, "sciolto da-", "liberato da-"; liberato o sciolto dalla possibilità che la dichiarazione (qualunque essa sia) sia contraddetta dai fatti, possa essere trovata falsa.

In realtà tu stai scambiando il significato con la cosa a cui quel significato solo allude e non definisce. I fatti rientrano nella dimensione di ciò a cui noi diamo, nel contesto che ci esprime, il significato di fatti. Pertanto non vi sono fatti assoluti, ma fatti che ci riguardano nel contesto in cui esistiamo.
Se dico che il tale ha una macchina rossa sportiva, non ho alcuna pretesa che essa sia una verità assoluta, ma che sia vera nel contesto relativo in cui questa frase ha un significato.

CitazioneInvece, quanto hai appena detto è privo di errori?
No e proprio perché l'ho detto. Qualsiasi cosa detta contiene errori e proprio negli errori sta la  verità che consente di dirla.

maral

Citazione di: green demetr il 19 Settembre 2017, 10:53:18 AM
x  Maral

AB-SOLVO

Sarebbe un rafforzativo di un allontanamento dall'oggetto.

In un primo momento ho pensato che però non è l'oggetto che evapora bensì il soggetto.

Poi ho ragionato subito sul fatto che però nell'alchimia effettivamente è l'oggetto a evaporare.
Credo piuttosto che oggetto e soggetto dissolvano insieme in quanto l'uno pone l'altro, reciprocamente. Oggetto e soggetto non sono che aspetti della medesima cosa.


Angelo Cannata

Citazione di: Carlo Pierini il 14 Settembre 2017, 10:09:58 AM... una verità è assoluta ... quando dichiara il proprio dominio di validità.
Quindi, prima che essa "dichiari il proprio dominio di validità" non può ancora considerarsi assoluta.
Dunque, prima di questa procedura di "dichiarazione del proprio dominio di validità", ci troviamo davanti a un'affermazione che è relativa, o incerta, o falsa, cioè tutto tranne che assoluta.
In tutti e tre i casi, si tratta di un'affermazione che, a causa del suo status di relatività, o incertezza, o falsità, non possiede nessuna autorevolezza, nessuna competenza, nessuna affidabilità, tali da consentire a quest'affermazione di "dichiarare il proprio dominio di validità".
Il meccanismo che sta dietro questa pretesa è molto facile da smascherare: corrisponde a qualsiasi persona che avanzi pretese di assolutezza. Il fatto è che questa persona, prima di dare dimostrazione di queste pretese, non possiede alcun titolo atto a fondarle, altrimenti non avrebbe bisogno di dare alcuna dimostrazione.
In termini ancora più semplici, corrisponde a tutte le volte in cui nella storia qualcuno ha deciso di dire "Qui comando io": ecco la "dichiarazione del proprio dominio di validità": è l'ancestrale voglia di potere, di comando, che alberga negli esseri umani. Una voglia che di per sé non sarebbe poi neanche una cosa tanto cattiva, se gestita con un po' di intelligenza e rispetto per i nostri simili.

maral

Citazione di: green demetr il 19 Settembre 2017, 11:02:23 AM
Seguendo ancora la mia intuizione (basata sulla tradizione ermetica) infatti non esiste l'assoluto, esiste solo il dissolvimento.
Concordo, l'assoluto è dissolvimento.

CitazioneL'assoluto Hegeliano è un simbolo. L'assoluto Severiniano non so se lo sia. (devo ancora inziare uno, dico uno dei suoi libri).

E' ovvio che il problema è che è un segno formale, ossia indica qualcosa che è fuori dell'Intelletto.
Potrebbe indicare solo ciò che l'intelletto non può assolutamente intelligere. Ciò che intendiamo è appunto la sua assenza, un'assenza che lo rende presente proprio nel suo non esserci.


CitazioneIo detesto questi nominalismi estemporanei, come se la vita di ciascuno non avesse a che fare con reali oggetti.

Dove reale si intende come qualcosa che resiste alla interpretazione, e sì anche il fuoco che ci brucia in un appartamento, è la resistenza alla interpretazione, anzi per dirla all'altezza dei tempi, è la morte che è la resistenza al discorso.
Ma esattamente come nel processo di lutto, non è la morte in sè ad avere senso, ma il reale, e cioè ciò che rimane alla morte.(ossia i sopravvissuti).
Tutto ciò che esiste, esiste in quanto resiste. Per questo l'assoluto non esiste nel senso letterale del termine, come non esiste la morte anche se appare a ciascuno come resistenza insormontabile, come essenza di ogni esistenza.
E' difficile mantenere il filo di questi discorsi, occorre rifletterci a lungo con la dovuta cautela.

Angelo Cannata

Citazione di: Carlo Pierini il 14 Settembre 2017, 10:09:58 AMIl sacerdote "ab-solve" il credente dopo la confessione; dopo la confessione dei suoi limiti e dei suoi "peccati".
È interessante anche l'accostamento a cui avete fatto riferimento tra assolutezza di un'affermazione e assoluzione dai peccati: dietro la pretesa di chi voglia ritenere assoluta una verità non è difficile riscontrare una pretesa di apparire assolto dai propri peccati, non colpevole: c'è tutto l'interesse ad apparire così, perché ogni pretesa di assolutezza è tutt'altro che innocente; chi l'avanza non può fare a meno di sentirsi in dovere di apparire senza colpa, perché la colpa è lì, sotto gli occhi del prossimo, gli occhi trasmettono inganno, le mani sono sporche di sangue, il re è nudo, ma tutto questo va nascosto, in modo da farsi accettare passivamente da coloro su cui si vuole imporre il proprio potere.

Carlo Pierini

#26
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Settembre 2017, 16:01:57 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 14 Settembre 2017, 10:09:58 AM... una verità è assoluta ... quando dichiara il proprio dominio di validità.
Quindi, prima che essa "dichiari il proprio dominio di validità" non può ancora considerarsi assoluta.

Bravo, hai detto una verità assoluta. Quindi se sei relativista, dovresti ricrederti e passare all'altra sponda.
Del resto, anche nella vita quotidiana una affermazione menzognera, o relativa, resta tale, se non si corregge in maniera da corrispondere precisamente alla realtà dei fatti.
Mi fa piacere che ogni tanto qualcuno si renda conto che il relativismo è solo una truffa verbale, poiché prende delle affermazioni relative, le corregge, le enuncia come verità definitive e assolute ...e poi conclude schizofrenicamente che non esistono verità assolute.

Angelo Cannata

Lo dici tu che è assoluta, quindi questo tuo dire che è assoluta dipende da te, è relativo a te, relativo, perciò, nel momento stesso in cui dici che è assoluta, già col dirlo smentisci ciò che stai dicendo. È questo il problema.

Carlo Pierini

Citazione di: Angelo Cannata il 19 Settembre 2017, 18:09:55 PM
Lo dici tu che è assoluta, quindi questo tuo dire che è assoluta dipende da te, è relativo a te, relativo, perciò, nel momento stesso in cui dici che è assoluta, già col dirlo smentisci ciò che stai dicendo. È questo il problema.

Una verità assoluta è semplicemente una affermazione che non può essere negata. Per cui non capisco tutti i tuoi circoli viziosi verbali.
Se dico: <<mia madre ha gli occhi azzurri>> enuncio una semplice e schietta verità: una verità innegabile e quindi assoluta. E quando hai detto: << prima che essa "dichiari il proprio dominio di validità" non può ancora considerarsi assoluta>> hai detto un'altra verità indubitabile-assoluta, cioè hai ribadito ciò che ho scritto io nel mio post di apertura. Quindi non puoi pretendere di contraddirmi se ripeti esattamente quello che dico io.

Chi vi ha messo in testa tutte queste fantasie di onniscienza legate a una semplice verità? Evidentemente siete abituati a mentire o a pescare nell'ambiguità, altrimenti sapreste qual è la differenza tra il vero e il falso, tra una verità franca e sincera e una affermazione contorta, ambigua e biforcuta, cioè relativa.

Angelo Cannata

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Settembre 2017, 01:53:48 AMSe dico: <<mia madre ha gli occhi azzurri>> enuncio una semplice e schietta verità: una verità innegabile e quindi assoluta.
Tu stesso hai scritto "enuncio": se c'è qualcuno che la enuncia, allora è relativa a questo qualcuno, non è assoluta. Ogni innegabilità è relativa a chi la sostiene. Chi sostiene che è innegabile? Tu? Allora è un'innegabilità relativa a te, non è innegabilità assoluta. Il problema è sempre lo stesso: far finta che il soggetto non esista e che la verità esista da sola, senza nessuno che la pensa.

Citazione di: Carlo Pierini il 20 Settembre 2017, 01:53:48 AMnon puoi pretendere di contraddirmi se ripeti esattamente quello che dico io.
Il problema è che ciò che dici è contraddittorio. Se ciò che dici è contraddittorio, per contraddirti basta semplicemente ripetere ciò che hai scritto e mostrare la contraddizione.


Citazione di: Carlo Pierini il 20 Settembre 2017, 01:53:48 AMChi vi ha messo in testa...
...
fantasie di onniscienza...
... siete abituati a mentire...
Non si capisce perché tu senta il bisogno di squalificare chi ti contraddice con valutazioni che esulano dal merito della discussione. Se non riesci a sopportare l'essere contraddetto, se non ce la fai a non diventare nervoso con chi ti mostra argomentazioni opposte, non ha molto senso che intavoli discussioni in un forum di filosofia. In un forum di filosofia non puoi certo aspettarti che tutti ti dicano "Sì, bravo, bene, giusto". In questo senso si tratta di un ambiente molto educativo, perché si impara a mettersi in questione su qualsiasi cosa. Ma se il metterti in questione ti fa innervosire, non ha senso proseguire ancora più a fondo nella discussione: ti scontrerai con questioni, critiche sempre più radicali, che ti faranno sentire sempre più bisogno di esprimere insulti, che sicuramente non ti fanno onore. In filosofia si impara proprio questo: a non sposare le proprie idee. Un'idea può essere sposata all'interno di una religione, ma la filosofia non è una religione, non è adorazione di qualche convinzione innalzata sugli altari.

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