Una metafisica senza gerarchie

Aperto da green demetr, 15 Maggio 2017, 19:14:48 PM

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green demetr

x phil p1  scusa phil vedo che hai risposto mentre scrivevo l'articolo...divido la risposta in 2. Prima ne devo un altra a maral.

"Per "terzo" elemento non credo vada inteso il "terzo incomodo" di un triangolo ( ;) ), ma l'esser terzo fattore costituito dal vissuto di relazione: non c'è amore o amicizia che si fondi solo sulla diade io/tu, senza il vissuto della relazione come terzo elemento imprescindibile (come nella "trinità incendiaria" combustibile, comburente e innesco  ;D )
"

Ma è proprio quello il problema che a mio avviso non esiste amore o amicizia (vedasi l'amicizia in Derrida).
Si tratta piuttosto di desiderio (l'uno verso l'altro, o solo uno dei due) e di alleanza (prassi che ci rendano felici).

Io intendo dire che questa terzialità, se si forma come discorso dell'amore e discorso dell'amicizia, deve essere in grado di smascherare, i deliri, in quanto non era amore e non era amicizia.
Ora come fare? è ambizioso!oltre che pericoloso, perchè è evidente che il concetto di controllo di linguaggio, ha delle manie di potere sull'altro evidenti. Benchè necessarie, sennò ci si ostina a parlare di amore e di amicizia...e invece era un calesse...non so se mi spiego.

"Forse in Chaim Perelman puoi trovare spunti interessanti al riguardo (gemellaggio fra epistemologia ed ermeneutica...)."

Ho dato un occhiata in libreria...ma lui parla di arte retorica, di discorso. Controllo del discorso in chiave di retorica.
Immagino arte politica dell'aver ragione, da cicerone fino ad agostino, uno dei grandissimi problemi della filosofia.
E' fare PESSIMA filosofia.

Comunque unire i contributi semiologia-linguistica-ermeneutica è la base, confermo. Ma cosa li unisce????? Visto che nemmeno loro lo sanno?

"La storia della filosofia ci fornisce indizi sulla possibilità di un pensiero non gerarchico? Non so, ma direi che quella storia dimostra piuttosto, fino a prova contraria, che ogni forma di comprensione è sempre gerarchica, sempre com-presa in una gerarchia (anche quando prova ad essere svincolata: nel momento in cui si struttura propositivamente, e non solo criticamente, la sua assiologia, la sua simbologia, è inevitabilmente la matrice di una ulteriore gerarchizzazione...)."

Infatti parliamo di indizi, perchè se leggiamo attentamente gli autori, le loro intenzioni erano lodevoli, il problema è che hanno fallito. Bisogna capire perchè, buone intenzioni che diventano nefandezze...il materiale su cui pensarci c'è.


"D'altronde, la gerarchia non è altro che la coniugazione del pensiero dicotomico che fonda la cultura occidentale (giusto/sbagliato, vero/falso, etc.), per cui mettersi fuori dalla gerarchia è uscire dalla dicotomia, e uscire dalla dicotomia è uscire dal discorso logico (ed ecco che fa prontamente capolino l'estetica, con la sua leggerezza malinconica...). Sarebbe come se un computer volesse rinnegare il suo codice binario: smetterebbe di essere programmato/programmabile (e non sarebbe più un computer... forse un oltre-computer?  ;) ). "

Ma il discorso del vero è stato ampiamente analizzato come menzogna, da Nietzche fino agli stutturalisti francesi, passando per la psicanalisi.


"Comunque, restando nell'umano, ciò che non ha gerarchia è ciò che non è stato ancora compreso, ovvero il casuale (il lancio della moneta, vera o falsa che sia): ciò che non è compreso non può essere preso dalle maglie della gerarchia, ma ciò che non è compeso non è fruibile, non è controllabile, non è inquadrabile nettamente (per questo gli antichi cercavano di esorcizzarlo caratterizzandolo con "il fato", "il destino", o "la volontà degli dei": per capirlo, carpirlo, padroneggiarlo, nei limiti della possibile ragionevolezza, non potevano che gerarchizzarlo...)."

Ma perchè deve essere così importante il cognitivo? io non lo capisco Phil. Lo so che ti chiedo tanto.

Ma se riesci a scriverne qualcosa....

Ho fatto la stessa domanda ad un amico. Alla fine quello che mi è rimasto in testa di propositivo è che il tempo viene prima dello spazio. (prima di ieri ero convinto del contrario, ma mi ha fatto cambiare idea).
Ossia che ogni frase propositiva deve essere già stata vissuta, e quindi temporalizzata.
In questo senso forse rientra dalla finestra l'idea della natura che ama nascondersi dietro le sue apparenze.
Perchè la natura in questo caso, sarebbe per forza di cose, prima temporalizzata nel vissuto del soggetto.
Cosa che noi contemporanei non facciamo più.

Ma forse non c'entra con quello che vuoi dire, attendo con speranza. (visto l'ampiezza della cosa, decidi tu se evitare di parnarne o di scriverne solo alcuni pezzi, a me sarebbero utili e graditi). Fa niente se andiamo OT per un pò, mi sta bene.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

x  maral

"In fondo è proprio il cerchio la "cosa unica" dell'opera alchimistica, sempre in procinto di spezzarsi per chiedere di farsi ritrovare. Dovremmo allora esercitarci nell'arte di fare cerchi disegnando così topografie viventi? Nel cerchio alla fine tutto torna, finché il centro (la fiducia che riempie quel punto di vuoto) regge.   "
"

Ma certo.  :)

A mio parere però non basta  :-[ , se il cerchio rimane chiuso, cadiamo nella figura altrettanto simbolica dell'uroboro.
Ma l'uroboro sa anche essere terribile. Divoratore, e dunque è la figura della paranoia per eccellenza.
Se la fiducia non può essere mantenuta, la comunità ha bisogno della gerarchia, ecco così che nasce nella tribù, non più la comunità degli invasati alla pari, ma la comunità in cui il potere decisionale vada ad uno, il capo villaggio e lo sciamano.
potere esecutivo e potere magico (che infine diventa da divinatorio a scientifico).
Sono alle origini del simbolo spezzato. Il simbolo spezzato è l'uroboro. il simbolo spezzato è il simbolo che da carne diventa forma.
Simbolo formale, paranoico, da sfatare, reincarnandolo di nuovo. (con tutte le derive possibili, di cui il nazismo è stata la evidenza massima, e il punto di non ritorno, non si può fare come se auschwitz non ci sia stata).
ripeto la reincarnazione deve avere qualcosa che la controlli...assolutamente. :'(

A mio parere il cerchio deve invece avere la forza di essere decentrato, ampliando le comunità, si ampliano le possibilità di allenze. Di amicizie come dicevo di sfuggita a Phil precedentemente.

In questo senso, va capita la struttura delle parentele, e va smantellato tutto l'incredibile fardello di false credenze che arrivano  fin dentro la famiglia contemporanea. (che nel frattempo è esplosa, ma non il suo linguaggio simbolico, che ormai gira a vuoto, la storia ha finalmente preso un altro giro).

Questione di secoli, e molte persone come me, ci soffriranno ancora e ancora e ancora.

Ma non è importante, l'importante è la direzione sociale, non l'oltreuomo, ma gli indizi che terrà l'oltreuomo.
Nietzche ha dato una mano, fino ad un certo punto. Ma come in una staffetta è arrivato subito dopo Freud, Simmel e i tedeschi del neo-romanticismo. Heideger, si è poi spostato in terra francese, da focault ed oggi lo ritroviamo in america Zizek.
Il nazismo è stata dura per i filosofi tedeschi, ma ora tornano con Sloterdijk ed altri "enfant" terrible, conservatori, e cattivissimi.

A mio parere ogni filosofo è tenuto a dare la sua piccola forse inutile (machissenefrega) spinta ad andare avanti.
(non dimenticando le lezioni di ieri....e allora forza anche nella diffusione di idee oggi ormai vecchie e stantie, ma utili).


Se parlo di utilità e socialità ovviamente è politica. La filosofia deve aiutare a fare politica, in questo caso, trovare un linguaggio che non permetta nostalgie, platonismi e new age varie. Si tratta di essere duri in questo.

E quindi questo progetto è ambizioso...ma forse troverò alleati.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

phil p.2

"Più sono i membri della comunità e più il cerchio si allarga, più si allarga e più ci si allontana dal fuoco centrale, perdendo luce e calore... sorge quindi l'esigenza di più fuochi, ed ecco allora i due fuochi dell'ellisse... ellisse che, nei punti più bui e freddi (quelli al centro), si spezza e diventa doppio cerchio; ognuno intorno al suo fuoco (similmente a ciò che avviene nella mitosi cellulare; micro e macro si emulano  ;) ). 
A quel punto, il nemico non è più solo quello della fredda oscurità circo-stante, ma è anche l'altro cerchio: la nuova comunità da cui poter prendere (e che, a sua volta, forse vuole prendere) ulteriore fuoco, cibo e donne (da Prometeo al ratto delle Sabine...). 
Morale della favola: finché la comunità è piccola, il cerchio regge, quando cresce, si frammenta, e mai in modo concentrico (ogni periferia ha il suo nuovo centro...). Bio-geometria spicciola della storia dell'uomo  ;D "

Sarà spicciola ma è esattamente la verità.

Il cerchio che per necessità è diventato formale (non tutti sentono la stessa voce, nel rito)

Ossia il cerchio apre alla comunità, ma la comunità scopre i sentimenti, la relazione con gli altri, si evolve nel sentire, oltre che nell'agire, arriva il sacro, arriva lo spirito. Si compone nel rito.
Ma c'è la possibilità che diversi riti si attivino, ed eccoci qui alla paura primordiale, la paura di essere di nuovo soli, di nuovi alla mercè degli spazi aperti, o alle insidie della giungla buja.
Diversi "sentire" presuppongono possibilità che il cerchio primordiale si spezzi.
Ed eccoci al cerchio che spezza il simbolo a favore di qualcuni, ma non era così importante, comunque il sentire c'era ancora.
Ma come dici tu il cerchio si amplia, il simbolo ha bisogno di sbilanciamenti continui, fino alla creazione linguistica delle parentele. Nasce il clan, sta per nascere la famiglia, la famiglia l'unico mattone su cui si erge la lotta fra i cerchi dilatati, che intanto sono diventate tribù, dalla tribù allo stato.....quanti cambiamenti, quale allontanemento dal sentimento per l'altro.
Lo stato diventa pura forma, abitato dal fuoco della politica, che testimonia come dalle ceneri la fenice del comunitario non muore mai e poi mai.

Ma io sto parlando del metafisico, non del politico....il metafisico dell'altro, quello si che si è veramente perso.
Siamo diventati degli automi per l'utile. Siamo atomi, immersi nella menzogna.

Capire oggi la fine dello stato e della politica: abbiamo il privilegio di assistere ad un ricomprensione del rapporto umano.
E poi il terrore, è morta di fatto la politica e lo stato, ma non la sua moralità sottesa. Che continua a proteggerci da paure ancestrali. Non sono tempi interessanti (zizek), sono un incubo che avrei preferito evitare.
ma come dice gandalf nessuno sceglie il tempo in cui esistere, ma ognuno può scegliere cosa farne.



P.s.
Nel cerchio non c'è gerarchia? Secondo me c'è, è la gerarchia della voce: la voce forte che raggiunge tutti i membri del cerchio, la voce che circola ovunque può essere dominante; mentre la voce che non circola, o peggio, che circola distorta dal passa-parola, non può essere saldamente egemonica...

E certo...ma io ho la convinzione che quella voce è originaria, e quindi presente a tutti.
non mi interessa la sua declinazione, non sono uno sciocco che nega le forme spirituali altrui.
Tutte parole sospette certo. Ma io le ho vissute.

Altra cosa ovviamente è la voce forte, quel tentativo di generalizzazione che chiamiamo religione.
Ma la religione è l'altro polo dell'esecutivo, francamente quello più atroce.....secoli passerrano prima di lasciarla.

A meno che abbracciamo la religione induista, unica religione che non è una religione, ma un caledoscopio di credenze, di maestri di scuole, COME DOVREBBE ESSERE!!!!!
Una religione che tenga unito il popolo nel rito, in quel pantheon gigantesco di divninità etc..., nel multiculturalismo accettato e mai imposto.
Ma che le lasci libere di scegliere con quale divinità parlare.

Peccato che la predizione della fine dell'induismo coinciderà con la fine del mondo.

L'india è madre. è sempre stata chiamata così.

Terzani annunciava che era l'ultimo avamposto non colpito dal GLOBALISMO. 

E' ancora vero? è ancora così? quanto durerà? perchè ogni premonizione è figlia anche di una paura che qualcosa del reale coglie.



tutti questi OT a me servono assolutamente per capire che la filosofia deve svegliarsi e anche al più presto!!!  saluti a tutti  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

anthonyi

Citazione di: maral il 30 Maggio 2017, 22:33:57 PM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:34:49 PM
Ma l'inconscio è ovviamente il simbolico, che si apre come canto e come danza (lo dice anche sini).
Che si apre alla storia nel cerchio, nel villaggio attorno al fuoco.
Perchè la comunità che sta attorno al fuoco, può vedere dietro le spalle di ogni osservatore, ogni parlante è coperto dalle minacce esterne. Dalla bestia. Dall'animale.
E' quello che ci racconta l'antropologia, l'archeologia.
Dunque l'altro è il rimedio contro l'oscurità.
Il cerchio ... (Sini ne parla spesso: gli esseri umani escono dalla foresta ove ognuno consumava da solo il suo pasto e, nello spazio aperto della savana, si mettono a consumarlo insieme, in cerchio, così che l'un l'altro si proteggono le spalle).
Certamente il cerchio è il simbolo migliore per un mondo privo di gerarchie: ogni elemento del cerchio è ugualmente distante dal centro, ogni elemento del cerchio vede il compagno e il pericolo che sopraggiunge. L'uno per l'altro, l'uno a salvaguardia dell'altro, tutti permeati dalla stessa fiducia che mantiene saldo il centro, come i cavalieri nella leggenda. E' la fiducia reciproca a mantenere unito il cerchio attorno al centro, altrimenti il simbolo si spezza e va in frantumi. E il centro è vuoto, ma c'è, non può non esserci finché c'è il cerchio.
In fondo è proprio il cerchio la "cosa unica" dell'opera alchimistica, sempre in procinto di spezzarsi per chiedere di farsi ritrovare. Dovremmo allora esercitarci nell'arte di fare cerchi disegnando così topografie viventi? Nel cerchio alla fine tutto torna, finché il centro (la fiducia che riempie quel punto di vuoto) regge.   

Nella realtà umana spesso il centro del cerchio si riempie di qualcosa (Un sacerdote, un totem) e così è rinata la gerarchia. Forse la ragione di questo l'hai colta nel punto finale, c'è bisogno di avere fiducia nel centro ed è molto difficile aver fiducia di un vuoto, mentre è più facile aver fiducia di qualcosa di sensibile (un essere umano, un simbolo ...).

maral

Appunto, la difficoltà sta nel mantenere il centro vuoto, lasciando sussistere in esso solo la fiducia che mantiene tutto il cerchio come simbolo. Ma capisco che se il centro è vuoto è facile pensare che non c'è ragione alcuna per mantenere il cerchio e qualcuno della periferia si sentirà giustificato a insediarvisi con i propri simboli esclusivi.

Phil

Citazione di: green demetr il 31 Maggio 2017, 15:35:03 PM
"Comunque, restando nell'umano, ciò che non ha gerarchia è ciò che non è stato ancora compreso, ovvero il casuale (il lancio della moneta, vera o falsa che sia): ciò che non è compreso non può essere preso dalle maglie della gerarchia, ma ciò che non è compreso non è fruibile, non è controllabile, non è inquadrabile nettamente (per questo gli antichi cercavano di esorcizzarlo caratterizzandolo con "il fato", "il destino", o "la volontà degli dei": per capirlo, carpirlo, padroneggiarlo, nei limiti della possibile ragionevolezza, non potevano che gerarchizzarlo...)."

Ma perchè deve essere così importante il cognitivo? io non lo capisco Phil. Lo so che ti chiedo tanto.

Ma se riesci a scriverne qualcosa...
Domanda che molto probabilmente eccede le mie competenze; tuttavia, così al volo, risponderei che studiare il cognitivo è studiare il "libretto di istruzioni" della ragione umana; per essere nani sulle spalle dei giganti (e non nani all'ombra dei giganti) dobbiamo capitalizzare tutto quello che loro non hanno potuto avere a disposizione, e affrontare il cognitivo è uno di questi fattori che oggi dovremmo "deontologicamente" integrare nei nostri discorsi (è l'antidoto all'alienazione dell'uomo in "creatura prediletta dagli dei"). Lasciare fuori il cognitivo dal discorso filosofico significa lasciare spazio alla superstizione, al fascino del mistico, ad una visione dell'uomo animistica e non neurofisiologica, psicologica, carnale (etologicamente animale).
E lo spirituale, ti starai chiedendo, che fine fa? Direi: iniziamo con il tenere in ballo il cognitivo, che lo spirituale non tarderà a scendere in pista (e spesso saremo noi stessi ad invitarlo a ballare, appena il cognitivo gira le spalle  ;) ).

green demetr

Ma certamente equilibrare la bilancia lato fisiologico, ci sta.

E' che non vedo cosa c'entri con la metafisica, per così dire intenzionale.

Quella che viene prima della scienza, mi verrebbe da dire.

Se devo controllare il linguaggio in base alle scemenze della neuroscienza, ti assicuro, che il linguaggio "controllato" sarà un linguaggio cibernetico.

Assolutamente vacuo e incomprensibile per la gente comune. Anzi visto i programmi come quelli della PNL, potenzialmente co-optante la volontà umana.

La metafisica peggiore che ci possa essere.

Io stesso ho usato le forme di controllo mentale proposte da Watzlawicz, e ne riconosco l'utilità, mi ha fatto uscire da una trappola mentale in cui ero caduto.

Ma se poi devo accettare il progetto generale, io lo rifiuto con forza.

Comunque per forza di cose rimango sul pezzo del "cognitivo", di fatto è la base su cui costruire un edificio metafisico.

Rimango dell'opinione che non serva per il controllo.(e anzi addirittura forse lo strumentalizza).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

x anthony e maral

il centro vuoto è stato occupato da Dio più che altro.

il punto è di spezzare invece il centro dogmatico divino, con le realtà periferiche e le loro credenze.

Federazione contro Globalismo.

Perciò io sono favorevole che il cerchio gigante si spezzi per cerchi periferici.

Il punto è che come il Giappone (lo stato più avanzato di tutti a livello sociale) dimostra, la rottura del cerchio grande non crea cerchi piccoli, ma individui isolati completamente avulsi da ogni cosa e credenza.

A furia di credere nel centro vuoto, abitato da Dio, ci si è dimenticati, del vero perchè si sta in cerchio!

Per inciso la nuova metafisica deve avere per conclusione quello, ridare valore ai cerchi umani, e non al centro divino.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

Certo, senza un centro il cerchio inevitabilmente si disintegra, e dalla disintegrazione del cerchio potranno sorgere altri cerchi solo se ad essi corrisponderanno altri centri. Punti vuoti, ma risonanti per cui il centro non è un luogo abitabile, ma è un punto che non cessa di risuonare e convoca alla presenza insieme nella festa.
Come dice Sini non c'è comunità senza festa (ogni lavoro è lavoro per la festa) e nella festa  gli Dei danzano in cerchio con i mortali: c'è entusiasmo ove "entusiasmo" significa appunto il sopraggiungere degli Dei nel ritmo della danza ed è solo grazie all'entusiasmo che la conoscenza (che non è altro che la danza) diventa effettiva.
Ma il centro deve restare vuoto, il punto vibrante da cui irradia tutta la musica, il battere ritmico, la pulsazione che richiama gli Dei a divenire nella festa compagni di danza degli umani.

green demetr

Citazione di: maral il 02 Giugno 2017, 14:56:57 PM
Certo, senza un centro il cerchio inevitabilmente si disintegra, e dalla disintegrazione del cerchio potranno sorgere altri cerchi solo se ad essi corrisponderanno altri centri. Punti vuoti, ma risonanti per cui il centro non è un luogo abitabile, ma è un punto che non cessa di risuonare e convoca alla presenza insieme nella festa.
Come dice Sini non c'è comunità senza festa (ogni lavoro è lavoro per la festa) e nella festa  gli Dei danzano in cerchio con i mortali: c'è entusiasmo ove "entusiasmo" significa appunto il sopraggiungere degli Dei nel ritmo della danza ed è solo grazie all'entusiasmo che la conoscenza (che non è altro che la danza) diventa effettiva.
Ma il centro deve restare vuoto, il punto vibrante da cui irradia tutta la musica, il battere ritmico, la pulsazione che richiama gli Dei a divenire nella festa compagni di danza degli umani.

Bellissimo! un abbraccio Maral!!!  :D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Stavo ragionando ma se la gerarchia è un semplice simbolo che permette l'amicizia....

A questo punto mi chiedo come è possibile mantenere l'amicizia senza doversi riferire ad un terzo....

Possibile che l'uomo sia debole fino a questo punto?

Possibile che la struttura gerarchica sia qualcosa strutturale all'uomo stesso???

Nel senso che veramente non possiamo dirci mai la verità?

Perchè il mito più antico consiste nel figlio che sbrana....

Come se l'uccisione di cronos, coincidesse con l'apertura del tempo stesso....

Come se ogni nuovo arrivato uccida chi c'era prima.....mi chiedo questa evidenza mitica, sia mai stata provata? se la soluzione patriarcale (zeus) e quella apollinea (apollo e diana) siano l'unica soluzione possibile?

Eppure molte sono le divinità.....almeno in potentia c'erano altri sentimenti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Stavo ragionando sul teorema di Incompletezza di Godel, ossia su quello di completezza di Carnap, come spiegato nelle vecchie lezioni uninettuno da Odiffredi.

Il liguaggio modale non può essere dimostrato, vedi Tarski.
 
MA dunque il discorso di verità non può essere all'interno di alcuno meta-modello linguistico.

Se la verità di ogni logica riguardo un altra logica, riguarda meramente il suo carattere di verità stessa allora sarà meramente una enunciazione.

Allora l'unico linguaggio di controllo possibile sul discorso gerarchico, è quello delle tavole della verità di Carnap.

Si tratta dunque di costruire meramente un discorso con una serie di enunciazioni standard di non gerarchia.

La cui unica frase in fin dei conti è "questa frase non deve essere gerarchica".

Credo che il problema sia risolto.    :) 

Ossia ogni discorso non deve essere gerarchico.

Nb

rileggendo il punto di Phil qualche post fa, dunque il problema non è tanto nella dicotomia, quanto nel mettere al suo interno un altra dicotomia che riguarda se quel vero o quel falso siano effettivamente vere se spostate nel linguaggio di controllo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: green demetr il 08 Giugno 2017, 15:16:27 PM
Allora l'unico linguaggio di controllo possibile sul discorso gerarchico, è quello delle tavole della verità di Carnap.

Si tratta dunque di costruire meramente un discorso con una serie di enunciazioni standard di non gerarchia.

La cui unica frase in fin dei conti è "questa frase non deve essere gerarchica".

Credo che il problema sia risolto.    :)
In fondo si tratta di una frase che non dice nulla, se non il proprio non dover essere gerarchica (siamo quasi agli imperativi morali  ;D ), che però non è riferito a nessun soggetto sintattico differente dalla frase medesima: la denotazione di "questa frase" va in cortocircuito poiché contiene se stessa (è una frase vanitosa che dice narcisisticamente "non sono gerarchica!" autodefinendosi, ma senza dire altro-da-sè, come fanno invece le frasi sensate...).
L'affermazione di essere-gerarchico (come l'esser-vero o esser-falso) richiede un livello subordinato di predicazione (gerarchia semantica  ;) ): qualcosa è gerarchico o meno, vero o meno, eppure nella frase che citi manca il referente del senso, perchè c'è solo auto-referenzialità (che gira a vuoto su se stessa come un ingranaggio che non sia connesso ad un altro). E' un po' come affermare "questa battuta non fa ridere", dove con "questa battuta" devo intendere un'altra affermazione, altrimenti il senso implode nell'autoreferenza (nè vera nè falsa) e non c'è in fondo nessuna battuta (e qui neanche Russell e la sua "teoria dei tipi" possono giungere in aiuto...).

Se, comunque, tale affermazione è quella prescelta per definire l'impostazione del "linguaggio di controllo", allora, proprio in quanto tale, è purtroppo inevitabilmente gerarchica perché è appunto un postulato fondante, ovvero è più in "alto" gerarchicamente rispetto alle sue conseguenze applicative  :)

green demetr

Non conosco Russel.

Però aspetta dammi ancora una mano.

 cit Phil
"che però non è riferito a nessun soggetto sintattico differente dalla frase medesima: la denotazione di "questa frase" va in cortocircuito poiché contiene se stessa (è una frase vanitosa che dice narcisisticamente "non sono gerarchica!" autodefinendosi, ma senza dire altro-da-sè, come fanno invece le frasi sensate...). "

Allora anzitutto vediamo di riscostruire il senso di questo 3d.
Ottenere un linguaggio di controllo.
Ossia il referente del linguaggio di controllo è la metafisica.(non è se stessa!)
Ossia essendo il referente della metafisica il soggetto "io" è un controllo su chi parla.

Dunque l'io non può dire questa frase è vera. Deve essere un soggetto esterno.
Ma siccome il soggetto esterno è gerarchico allora deve essere una frase.

La frase per quanto strano sia suona così  io dico la verità in quanto non sono gerarchico.

se la frase è vera bene, se no stai facendo metafisica cattiva.

 cit Phil
"qualcosa è gerarchico o meno, vero o meno, eppure nella frase che citi manca il referente del senso, perchè c'è solo auto-referenzialità (che gira a vuoto su se stessa come un ingranaggio che non sia connesso ad un altro). E' un po' come affermare "questa battuta non fa ridere", dove con "questa battuta" devo intendere un'altra affermazione, altrimenti il senso implode nell'autoreferenza (nè vera nè falsa) e non c'è in fondo nessuna battuta (e qui neanche Russell e la sua "teoria dei tipi" possono giungere in aiuto...)."

Nel caso analogo la frase questa battuta, non è la frase stessa, ma un altra battuta.

Se la battuta fa ridere allora la frase "questa battuta fa ridere" è falsa.

Si tratta di metacontrolli. O sbaglio?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#44
Mi sembra ovvio che ogni linguaggio di controllo istituisca una gerarchia proprio in quanto esercita il controllo su ogni altra frase da cui ovviamente non può essere controllato. E' la regola della negazione della gerarchia a fare necessariamente eccezione alla regola (costituendosi dunque essa stessa come "metafisica cattiva" qualora si negasse come principio gerarchico, poiché direbbe di sé il falso).
Ciò che istituisce la legge (Zeus) è sempre fuori legge (e solo per questo può istituirle).

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