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Un motivo per vivere

Aperto da Ivo Nardi, 29 Dicembre 2017, 17:49:39 PM

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Angelo Cannata

Mi sembra alquanto facile da criticare il linguaggio esclusivo, a meno che sia stato usato solo per noncuranza: "Esiste solo...", "È tutto qui...". Questo significa scambiare una prospettiva per l'assoluto, considerare il proprio modo di vedere come l'unico valido, perdere di vista l'infinità varietà di modi in cui è possibile interpretare il mondo.

Socrate78

@Angelo Cannata: Ad essere sincero fino in fondo, io dentro di me non amo e non ho mai amato gli eroi e i sognatori. Sostanzialmente li ho sempre ritenuti persone che hanno ripudiato il naturale istinto di conservazione, l'istinto che guida il singolo verso la salute e il bene, per inseguire delle astrazioni che li spingono sovente verso una condotta lesiva dei propri interessi, quindi secondo me cattiva dal punto di vista del bene individuale. Ciò mi sembra molto stupido e anche innaturale, gli eroi in fondo sono vittime delle astrazioni della ragione che costruisce tutto un mondo di "valori" che può portare il singolo alla rovina e che tantissime volte nella storia ha prodotto anche effetti disastrosi nonostante le buone intenzioni. Ritengo molto più razionale, logico e naturale il comportamento egoista e calcolatore bollato come "cattivo", poiché è molto più efficace, nei fatti, a garantire il successo del singolo, anche a spese altrui. A dover scegliere tra i personaggi della storia, io sinceramente preferisco la personalità di Putin a quella di idealisti come Gandhi o Che Guevara!

Sariputra

Non c'è nulla di 'male' nel cercare un motivo o un senso alla propria esistenza. Non è una peculiare caratteristica umana pure questa? Certo, molti  non credono sia uno sforzo necessario, ma in definitiva poi non finiscono per  adeguarsi ai motivi che propongono e danno gli altri? Così invece che seguire il proprio motivo per vivere, finiscono per vivere per i motivi degli altri ( e spesso per il portafoglio degli altri... :( ).  E' naturale per l'uomo porsi domande e interrogativi, come può essere normale per un gatto giocherellare con il topolino...Rinunciare a questo tratto distintivo del proprio essere uomo mi somiglia ad una sorta di autocastrazione. Se mi dicessero che non devo più pormi interrogativi e che devo semplicemente accettare i motivi che altri, potenti, scienziati, religiosi o altro hanno scelto essere i  soli che val la pena di seguire...sarebbe forse il momento in cui mi sentirei menomato di una parte importante della mia umanità e della mia stessa vita.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Angelo Cannata

Citazione di: Socrate78 il 30 Dicembre 2017, 18:01:50 PMRitengo molto più razionale, logico e naturale il comportamento egoista
Si tratterebbe di capire in base a quale criterio lo consideri razionale.
Non è razionalità di tipo naturale, poiché in natura anche tra gli animali esistono comportamenti di sacrificio di sé per il bene della maggioranza.
Non è razionalità socialmente condivisa, poiché i comportamenti della società mostrano con chiarezza che l'altruismo è molto apprezzato.
Non è razionalità per il proprio vantaggio, perché questo tipo di scelta non favorisce certo comportamenti altruisti verso di te: altre persone, costrette a scegliere tra salvare un altruista e salvare te, salverebbero l'altruista, il quale almeno garantirebbe maggiori probabilità di bene per la collettività.
Dunque, come fai a considerare l'egoismo razionale, una volta che non è il criterio adottato in natura, non è il criterio adottato dalle società e nemmeno favorisce la tua sopravvivenza.

Il_Dubbio

Il concetto di "motivo" credo si leghi al concetto di scopo o fine.
Tutti concetti che sono di natura "finita". Una volta che si è giunti allo scopo o al fine, non ci sarebbe piu motivi per vivere. Per cui non credo ci sia una risposta filosofica a tale domanda se poniamo lo scopo (quindi il motivo) come qualcosa di esterno al vivere stesso.
Per cui il vivere sembra non avere  motivazioni interne. Trova invece mille motivazioni relative al soggetto vivente.

Oppure cercando qualcosa di interno (come un motivo interno al vivere stesso) la sua valutazione risulterà incomprensibile esternamente.
Se dico, ad esempio, che vivo perchè mi piace vivere, e questo al di la di qualsiasi motivazione che potrebbe aiutare od ostacolare la mia piacevolezza, non ho esternato alcun motivo oggettivo che possa aiutare qualcuno (tanto meno a chi ha posto la domanda ) a cercare la mia stessa interna motivazione.  
Aiutano sicuramente a comprendere le motivazioni interne i molteplici concetti soggettivi che ci siamo inventati, come il concetto di felicità o di gioia, o anche serenità ecc. Tutte queste diventerebbero meno comprensibili se però le legassimo agli scopi o ai fini oggettivi che la vita ci impone. Per cui se la serenità la legassimo alla necessità di una vita senza problemi, questi ultimi diventerebbero causa della non-serenità interna.
Mentre dovrebbe essere vero il contrario, è la serenità interna che dovrebbe rendere qualsiasi problema un non-problema. A limite  alcun problema può ostacolare la serenità interna.
Ma la domanda comunque non avrebbe una risposta oggettiva. Se ti dicessi che il motivo per vivere è la serenità non ti avrei dato alcuna motivazione, cioè cose esterne al tuo essere che al limite puoi comprare al supermercato. Se bere ti rendesse sereno, la tua serenità sarebbe legata alla bottiglia. O se fossi sereno perche ti aspetta a casa qualcuno che ti ha preparato da mangiare, la tua serenità sarebbe legata a queste cose (e bisogna anche vedere se la tua serenità è dipendente piu dal cibo o a chi te lo sta preparando  :o ).
Se invece vivessi sereno come una condizione del tuo essere, allora io credo che vivere avrebbe una sua motivazione interna, che al limite andrebbe ricercata in caso non fosse gia una presenza stabile nel tuo essere.

Jacopus

Socrate@.
Putin non e' Ghandi ma non credo neppure che sia puramente egoista. Certo per le sue attitudini da satrapo dovra' pagare un prezzo come tutta la comunita' russa. Se vogliamo possiamo considerare l'egoismo di Putin strutturato attraverso un dominio di tipo autoritario. Gli altri dovranno sottomettersi al suo potere da maschio alfa. In cio' Putin e' un degno esponente della cultura russa passata dal dominio violento degli zar al dominio violento del Pcus. Ammirarlo credo che nasconda un desiderio alienato di essere autoritario come lui. Effettivamente nelle societa' autoritarie, il principio "maschio alfa" si trasmette a cascata, fino al povero sottoproletario che si impone egoisticamente sui suoi figli.
Un motivo per vivere allora e' proprio questo. Togliere ossigeno a questa cultura totalitaria, proteiforme, mimetizzata nel radicalismo islamico, nel fascismo o nello scientismo elitario. Perche' credere che il piu' forte ha dei diritti sul piu' debole e' un retaggio di altre epoche di cui ci dimentichiamo spesso i fiumi di sangue che ha causato.
Con i suoi limiti e' stato il capitalismo e la classe borghese a sradicare quella cultura sostituendo il gioco a somma zero della rapina e della guerra con il gioco del commercio.
Non e' un traguardo lineare, come credevano i positivisti ottocenteschi, perche' ci sono forze immani, politiche, economiche e sociali che cercano e spesso riescono a spingere all'indietro la ruota della storia. Ma e' appunto quella speranza aperta dalle nostre doti empatiche, dal nostro senso di giustizia e di uguaglianza che appare nei bambini a tre/quattro anni di eta' e che e' in eterna lotta con le nostre parti piu' individualiste ed egoiste.
Ovviamente un sano homo sapiens non deve neppure sacrificarsi o giocare al buon ed eterno samaritano. L'egoismo e l'aggressivita' sono insostituibili molle del progresso umano ma esse andrebbero regolate all'interno di una societa' dove gli interessi dei molti andrebbero sempre mediati con le virtu' dei pochi (che indubbiamente esistono e vanno valorizzate anch'esse).
In ogni caso le persone totalmente egoiste, da un punto di vista strettamente psicologico sono fortemente disturbate e destinate ad una vita disatrosa o, in rari casi, ad un clamoroso successo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Socrate78

@Angelo Cannata: Io ti chiedo però: l'etica e la razionalità morale è qualcosa che nasce da motivi idealistici o egoistici? Io propendo per la seconda ipotesi, mi riconosco in molte opinioni espresse da Nietzsche (il mio filosofo preferito) in merito all'origine egoistica della morale, come si legge nel testo "Umano troppo umano", quando dice: "Dove voi vedete le cose ideali, io vedo cose umane, ahi troppo umane...". Infatti l'atteggiamento individualista ed egoista viene condannato in nome dell'egoismo stesso, l'uomo elabora una serie di valori per influenzare il comportamento del singolo ed asservirlo alle esigenze dell'Ego o di gruppi sociali che intendono dominare la società: in questo senso il "buono" è colui che si presta ad essere un mezzo per le esigenze degli altri o di gruppi sociali, anche a scapito dei suoi interessi. Ora, onestamente, non ti suscita un senso di ribellione interna e di rifiuto questa cosa? Sostanzialmente è come voler manipolare il singolo per asservirlo al sistema, limitandolo nelle possibilità di ottenere vantaggi, benefici, in nome della tranquillità, della sicurezza altrui, ecc.

Angelo Cannata

Mi sembra che i tuoi interrogativi ricadano nella stessa obiezione che ho fatto a viator. Cioè, la prospettiva presentata da te e da viator può anche funzionare, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta solo di una prospettiva, che come tale non può avanzare la pretesa di essere il solo modo possibile, né il migliore, di interpretare l'andamento delle cose. Così come erano umane le cose che Nietzsche criticava, non si può negare che erano anche umanissime, cioè discutibilissime, anche tutte le cose che sosteneva lui. La ribellione interna di cui parli può avere il sopravvento se non riesci a vedere prospettive alternative. Ma, da quando il mondo esiste, nessuno è mai stato in grado di dimostrare che la sua prospettiva fosse l'unica o la migliore. La scienza può sembrare sorprendente per il gran numero di meccanismi che riesce a spiegare, ma non si può dimenticare che proprio la scienza sa di essere limitatissima, per tanti versi perfino contraddittoria.

Facciamo un esempio che rientri in ciò che hai detto. Prendiamo Gesù. Potremmo considerare, come hai detto, che la società riuscì ad inculcargli un falso senso dell'altruismo e del sacrificio di sé, cosicché lo sfruttarono fin quando faceva comodo, quando non fece più comodo lo tolsero di mezzo con tanti saluti. Lo stesso si potrebbe dire di tanti altri. Il fatto è però che queste persone sono riuscite ad inoculare, inserire nelle menti, dei virus, dei sospetti, dei dubbi, che portano alla luce la possibilità di pensare ogni cosa in maniere diverse.

Ciò che trovo più interessante è che tutto ciò può essere di nuovo fatto rientrare nella prospettiva fisica, scientifica, naturalista, meccanicista, che mi sembra alla base di ciò che tu invece hai chiamato razionalità. Cioè è possibile anche pensare che il mondo, da quando esiste, non fa altro che criticare sé stesso, portando continuamente a sussistenza nuovi esseri portatori di nuove prospettive. Da questo punto di vista un personaggio come Gesù viene ad essere semplicemente un esempio di come il mondo naturale continui a suscitare esseri che tengono alta o rigenerano la critica che il mondo fa a sé stesso.

Se consideriamo le cose in questo modo, viene fuori che la tua prospettiva ha il difetto di essere statica, fissa, mentre invece l'universo ci risulta sì ingiusto, spietato, violento, ma anche mai contento di sé, sempre in struggimento di ricerca di nuovi modi di esistere.

Di conseguenza, la prospettiva che tu hai indicato contiene, sì, molte conferme nella nostra esperienza, ma è troppo piccola mentre, a dispetto di tale piccolezza, ventila la pretesa di essere l'unica o la più completa, quella che nelle cose va più a fondo.

viator

Salve. Per Angelo: Sì, hai ragione. Non riesco sempre ad essere lessicalmente e razionalmente rigoroso. Io non elaboro preventivamente ciò che qui scrivo, tendo ad esprimermi di getto, impulsivamente.
Dovrei soffermarmi su ogni periodo premettendo, inserendo o concludendo con "....secondo me....". Facciamo cosi: per il futuro, anche se io dovessi insistere in tale mia "inandempienza", diamo per scontato che quello che scrivo rappresenta costantemente un mio personale punto di vista, parere, opinione....... Cordialità.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

green demetr

Anche per me se uno domanda questa cosa è perchè è depresso.

Dunque automaticamente la questione si sposterebbe su un altro campo semantico.

Difficile anche togliere la questione religiosa.

E comunque la frase: " solo un Dio ci può salvare" è quanto di più filosofico io possa immaginare.

Si vive per essere salvati. Ossia "conosci te stesso".

Alla fine sono d'accordo con molti altri utenti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Socrate78

#25
Se uno domanda questa cosa è perché è depresso? Assolutamente in disaccordo, ci si può porre questa domanda soltanto perché si è dotati di pensiero critico e di analisi, e il pensiero indaga, si chiede potenzialmente il motivo di tutto, del perché si è al mondo. Anche a me è capitato di farmi domande sul senso della vita, e non ero depresso, garantito, anzi, nei momenti della mia vita in cui ero più infelice per altri motivi (delusioni, problemi piccoli o più seri, ecc.) era proprio allora che ero meno disposto a interrogarmi su tali questioni, semplicemente perché ero concentrato sui miei problemi e non sui "massimi sistemi".   Ma allora scusate, si dovrebbero annoverare tra i depressi quasi tutti i filosofi, visto che si sono arrovellati a ricercare il senso dell'esistenza e del mondo stesso, erano poi super-depressi Schopenhauer, Heidegger, Sartre? Tutti da curare con massicce dosi di Prozac, giusto? Ridurre tutto alla patologia mentale della depressione è offensivo, porta a considerare il pensatore come un disturbato mentale, chi è veramente depresso oltretutto non può nemmeno pensare in maniera analitica visto che la depressione porta anche a scadimento di concentrazione e di molte altre funzioni cognitive. La civiltà attuale ci vuole tutti falsamente felici per ridurci a robot, a macchine per la produzione e non sarà lontano il giorno in cui verrà distribuita a man bassa la pillola della felicità per rendere tutti dei bambocci sereni incapaci di pensiero.

green demetr

Citazione di: Socrate78 il 31 Dicembre 2017, 13:08:27 PM
Se uno domanda questa cosa è perché è depresso? Assolutamente in disaccordo, ci si può porre questa domanda soltanto perché si è dotati di pensiero critico e di analisi, e il pensiero indaga, si chiede potenzialmente il motivo di tutto, del perché si è al mondo. Anche a me è capitato di farmi domande sul senso della vita, e non ero depresso, garantito, anzi, nei momenti della mia vita in cui ero più infelice per altri motivi (delusioni, problemi piccoli o più seri, ecc.) era proprio allora che ero meno disposto a interrogarmi su tali questioni, semplicemente perché ero concentrato sui miei problemi e non sui "massimi sistemi".   Ma allora scusate, si dovrebbero annoverare tra i depressi quasi tutti i filosofi, visto che si sono arrovellati a ricercare il senso dell'esistenza e del mondo stesso, erano poi super-depressi Schopenhauer, Heidegger, Sartre? Tutti da curare con massicce dosi di Prozac, giusto? Ridurre tutto alla patologia mentale della depressione è offensivo, porta a considerare il pensatore come un disturbato mentale, chi è veramente depresso oltretutto non può nemmeno pensare in maniera analitica visto che la depressione porta anche a scadimento di concentrazione e di molte altre funzioni cognitive. La civiltà attuale ci vuole tutti falsamente felici per ridurci a robot, a macchine per la produzione e non sarà lontano il giorno in cui verrà distribuita a man bassa la pillola della felicità per rendere tutti dei bambocci sereni incapaci di pensiero.

Tralascio volutamente il problema se esista o meno un rapporto tra filosofia e depressione.
(che ovviamente è una questione assai più complessa, ma non escluderei che ci si possa pensare "localmente").

Forse ho capito male, ma la domanda che ci (si?) fa WebAmnistrator non è se la vita abbia un senso. Ma la motivazione del vivere stesso.

In fin dei conti la risposta alla sua domanda sarebbe benissimo potuta essere, che si vive proprio per trovare un senso alla vita.

Insomma, ripeto forse sono troppo capzioso, io ci trovo due problemi distinti.

Detto questo fatti i distinguo, sono con te quando parli dell'idiozia della felicità (a tutti i costi, o a prezzo del conformismo).

Vai avanti tu che mi vien da ridere

cvc

Superficialmente si potrebbe dire che un buon motivo per vivere è avere delle cose da fare. Ma si potrebbe obbiettare che il tenersi impegnati sia un sintomo di disagio, perché nasconde l'implicita volontà di non pensare.
Più profondamente non ppsso fare a meno di sentirmi immerso nella conflittualità fra Io e vita, dove emerge lo stato presente come eraclitea armonia di opposti.  Perché Io e vita sono in conflitto? Cosa vogliono di diverso l'uno dall'altro? Beh, tanto per cominciare la vedono in modo differente sulla morte che per l'Io è ritorno nel nulla e per la vita è solo la fase di un ciclo. L'Io non vuol vedere l'altra faccia della medaglia, il Non-Io. La vita non vuole accettare che l'Io sia importante tanto quanto lei.


Buon anno
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Kobayashi

Sono d'accordo con Sariputra quando dice che porsi interrogativi del genere fa parte della natura dell'uomo. La metafisica non c'entra nulla con la domanda. Al limite, alla domanda può essere data poi una risposta metafisica.
Ma dover stare continuamente attenti al linguaggio che si utilizza per non incorrere nell'infrazione di "uso di concetti metafisici" mi sembra anche a me una specie di auto-castrazione.
Per non parlare poi del fatto che alla fine rimane talmente poco spazio consentito alla riflessione che l'elogio delle piccole cose che fa il presunto filosofo non-metafisico sembra essere semplicemente l'apologia della vita privata...

Sono d'accordo con Socrate78 quando si ribella all'idea che porsi interrogativi come quello oggetto di questo topic sia sintomo di depressione.
Di fatto la filosofia e ogni tradizione spirituale nascono da domande del genere.

Ma non solo l'uomo è legittimato a farsi delle domande del genere: l'uomo deve farsi domande del genere se non vuole tradire se stesso!

Certo, non manca all'essere umano la capacità di tradire ogni cosa (le proprie promesse, i patti con l'altro, i legami con la propria comunità): questo è del resto, secondo me, il vero motore di tutti i dubbi sulla possibilità di trovare delle buone ragioni per vivere.
Anche la morte non farebbe così paura se vivessimo nella convinzione che la fedeltà a certe alleanze è più importante della propria esistenza (o meglio, se fossimo convinti che la vita del singolo al di fuori della fedeltà a se stesso, all'altro e alla comunità, non vale nulla).
Che sia il tradimento, e non la violenza, l'esperienza che mette in crisi l'uomo e che lo costringe alla riflessione radicale su ogni forma di civiltà?

Sariputra

" Sappiamo 
  quello che siamo,
  non quello che
  possiamo essere."
  
  ( William Shakespeare)

 BUON  ANNO  A TUTTI  GLI  UTENTI  DI  LOGOS


Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

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