Un filosofo che predica il relativismo...

Aperto da Carlo Pierini, 28 Agosto 2017, 20:26:19 PM

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sgiombo

#105
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 17:33:55 PM
CARLO
Nel dire che tutti prima o poi moriamo non c'è alcun a-priori, ma la constatazione a-posteriori che per la vita biologica è sempre andata così e che, se non cambierà qualcosa (e anch'io dubito che troveremo la formula dell'immortalità), continuerà ad andare così.

SGIOMBO
D' accordo che Nel dire che tutti prima o poi moriamo non c'è alcun a-priori, ma la constatazione a-posteriori che per la vita biologica è sempre andata così e che, se non cambierà qualcosa (e anch'io dubito che troveremo la formula dell'immortalità), continuerà ad andare così (per la verità c' é anche un' induzione; dimostrata dubitabile da Hume).

CARLO
...E la dimostrazione di Hume è indubitabile? Nella sua dimostrazione non ci sono né induzione, né giudizi a priori, né giudizi a posteriori? Cioè, ci sono solo giudizi ...a cazzo?

CitazioneHume, sottoponendo a critica razionale la credenza del senso comune, inoltre postulata (ne siano consapevoli o meno i suoi cultori professionali, cioé i ricercatori) anche dalle teorie scientifiche, svolge ragionamenti deduttivi, cioé analitici a priori a proposito dell' induzione, dimostrando che non può aversene certezza in linea teorica o di principio, cioé che non si può dimostrare che sia indubitabile.
Osserva infatti che essa generalizza, universalizza, ovvero assolutizza le osservazioni empiriche, a posteriori, che ogni volta in cui é accaduta una certa causa questa ha puntualmente determinato un certo effetto, emettendo il giudizio analitico a posteriori che "sempre ed ovunque" ogni volta che accade tale certa causa si determina talaltro certo effetto.
Ma l' ipotesi che invece la prossima volta (sempre "la prossima volta", quante che siano "le precedenti volte" che hanno confermato l' ipotizzato o anche postulato rapporto di causazione in questione) tale certa causa non determinerà affatto tale certo effetto non è autocontraddittoria; ergo: è pensabile sensatamente, ovvero è possibile (pensare che possa darsi che essa) accada.

Questa, essendo un' argomentazione correttamente condotta (a quanto pare: quest' altro è invece un giudizio sintetico a posteriori e potrebbe essere falso; ma sta a eventualmente a te l' onere di provarlo) analitica a priori, è certa: non dice nulla circa la realtà di ciò che effettivamente si sa o non si sa con certezza o meno; dice solo che se si sa qualcosa per induzione non lo si sa con certezza (potrebbe invece essere, contro le convinzioni di chi lo crede, una credenza falsa).

Ah, dimenticavo: giudizi "a cazzo" saranno casomai i giudizi che spari tu (ed essendo quel che impropriamente si dice "un signore", non parlo, a proposito di "giudizi alla cazzo", di Jung o di Eliade)!




SGIOMBO
Non per fare il  pignolo (ma sono un  filosofo, anche se dilettante o naif, e dunque devi pur aspettartelo da me...), ma invece ribadisco che é un giudizio analitico a priori quest' altro (pure tuo):
<<fin quando non ci sarà un rimedio contro la morte, il corpo di noi tutti morirà>>.

CARLO
...E il tuo giudizio sulla mia proposizione com'è? ...A posteriori, a-priori, induttivo, o deduttivo? Insomma, qual'è il criterio magico che ti garantisce che solo il tuo giudizio è quello buono e che tutti gli altri sono dubitabili? Il criterio dell'ipse dixit (Hume, Kant, Berkeley, ecc.)?
CitazioneNessunissima magia.

Men che meno alcun "ipse dixit" (e devo sinceramente dire che insinuandolo mi offendi proprio: vergognati ! ! !).

E' un giudizio analitico a priori: l' applicazione della definizione di "giudizio analitico a priori" (cioè non ricavato da alcuna osservazione empirica di dati di fatto osservati "a posteriori"; ossia dopo l' osservazione empirica stessa; ma invece é la deduzione di una tesi -"il corpo di noi tutti morirà"- già implicita nella premesse del tuo ragionamento: premessa esplicita -fin quando non ci sarà un rimedio contro la morte- e premessa implicita -salvo rimedi adeguati l' uomo è mortale-) alla tua affermazione <<fin quando non ci sarà un rimedio contro la morte, il corpo di noi tutti morirà>>.

Se svolto correttamente è certo ( e non ci dice nulla su quanto realmente accade o meno, né che diverremo immortali, né che non lo diverremo).

A te l' onere della prova della sua eventuale scorrettezza.

A meno che non neghi che nel tuo (in questo caso pseudo-) ragionamento sia compresa implicitamente la premessa da me esplicitata (salvo rimedi adeguati l' uomo è mortale), nel qual caso però non è più nemmeno un corretto giudizio analitico a priori e sarei costretto a correggermi: vorrebbe dire che l' avevo interpretato male, perché in realtà sarebbe una mera affermazione gratuita, arbitrariamente propinata, letteralmente "senza lo straccio di un argomento che la provi".




SGIOMBO
Ma scusa, frequentando un forum di filosofia di cosa pensavi di discutere?
Del campionato di calcio o del per me ben più interessante campionato mondiale Moto-GP?

CARLO
No, pensavo di discutere con gente intelligente che ammette l'esistenza della verità quando pretende che quello che dice sia vero, invece che perdere delle settimane a spiegare una cosa così stupida e infantile a dei "filosofi".
CitazioneMa dove avrei mai sostenuto  che non esiste la verità ? ! ? ? !

Fra l' altro autocontraddittoriamente pretendendo che quel che stavo dicendo era vero ? ! ? ! ? !

Duro pretendere di spiegare una cazzata che non si regge in piedi!

Tanto più duro se a dei filosofi !

Tanto più se particolarmente intelligenti!

Sariputra

Se potessi descrivere ( lo so che è molesto...ma lo faccio lo stesso! ;D ) la pretesa di verità assolute  e quella di verità relative nei termini del pensiero buddhista parlerei di attaccamento e di avversione.
Attaccamento all'idea di Verità ( non al vero ma all'idea che abbiamo di esso) assoluta  e avversione a questa idea , che genera l'idea opposta di "verità relativa". Il bisogno psicologico viene prima dell'idea stessa e sul bisogno di attaccamento si aderisce all'idea di verità assoluta , mentre sull'avversione verso qualcosa che viene sentita come limitante si costruisce l'idea di verità relativa. Ora,si analizza e si teorizza sulla verità ( se cioè sia relativa oppure assoluta) ma non si indaga mai, dentro di noi, sul bisogno psicologico che ci fa pendere verso un estremo o verso l'altro. In realtà attaccarsi ad un'opinione è alquanto stupido, come è alquanto stupido provare avversione verso un'opinione ( questo al netto della bontà o meno dell'opinione stessa). Perché il nostro ego si sente "minacciato" da un'opinione? Perché il nostro ego si sente al sicuro se è aggrappato ad un'opinione? Perché pensiamo di essere più liberi se non abbiamo opinioni che pretendano di vincolarci? Perchè pensiamo di essere senza significato se non possiamo rifugiarci in nessuna verità che riteniamo assoluta?
Tutti abbiamo una buona conoscenza delle ansie che sono sempre legate al possesso delle cose di valore. Quando riteniamo che le nostre verità siano di valore generiamo ansia?  Desideriamo che anche gli altri condividano queste verità così che non vengano messe in discussione, così da rischiare di "perderle"? Arriviamo ad imporle, per paura?
Viceversa una mente incline all'avversione ha la caratteristica di notare sempre gli errori degli altri. Questa è la mente che ispeziona continuamente alla ricerca di quello che non va, e che vi trova addirittura piacere. Una mente di questo tipo è continuamente critica in modo poco costruttivo, se non distruttivo. Vuole sempre dimostrare gli errori degli altri, e di solito trae una gran soddisfazione per il proprio ego  in questo processo. Un buon sistema per prendere consapevolezza  e tentar di modificare queste inclinazioni verso l'attaccamento o l'avversione è quello di vedere ciò che è virtuoso nell'opinione altrui. Per es. : una persona incline all'attaccamento all'idea di Verità assoluta può apprezzare la capacità di spirito critico e di logica di colui che si professa ( si identifica) con l'idea relativista senza provare paura di perdere qualcosa di valore.  Il relativista invece può apprezzare ciò che di buono sa costruire per gli altri un nobile ideale assunto come Verità assoluta ( come nel caso di una religione...) senza provare avversione generata dal bisogno esagerato di critica e dal bisogno di distruggere qualcosa.
Questo sarebbe un approccio eminentemente buddhista alla questione dell'assolutismo e del relativismo. Uno sforzo interiore di trascendere le radici psicologiche che generano i due opposti per giungere al piano in cui ambedue perdono il loro potere di generare attaccamento e odio/avversione in noi, alimentate entrambe dalla paura.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#107
@ A.cannata scrive:
Mi hai fatto ricordare una domanda che certe volte mi è nata: perché cercare verità assolute? Quali sono i pregi, i vantaggi delle verità assolute rispetto a quelle relative?

Scusami se non ti ho risposto subito!
Non applicherei un criterio "utilitaristico", tipico della nostra mentalità moderna occidentale, ad un concetto come la "verità". Penso che una verità non sia meno vera se è  eventualmente inutile per l'uomo. Se però pensiamo ai vantaggi che può darci qualcosa di vero rispetto agli svantaggi di qualcosa di falso credo che la risposta sia ovvia.
Se il mio amore o affetto per un'altra persona è "vero" sarà fecondo e costruttivo; se è "falso" sarà sterile e distruttivo ( il valore kammico dell'azione ... ;D  oggi sono in vena con le citazioni e i rimandi buddhisti, porta pazienza!)
P.S. Sto parlando ovviamente di vero e falso in senso esperienziale. Non ha molto a che fare con verità "assoluta" o "relativa" in senso filosofico...
Sulla strada del bosco
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Apeiron

#108
@ A.cannata scrive:
Mi hai fatto ricordare una domanda che certe volte mi è nata: perché cercare verità assolute? Quali sono i pregi, i vantaggi delle verità assolute rispetto a quelle relative?

Non mi è chiara la definizione di "verità relativa", probabilmente intendi verità "soggettiva" o "prospettica" (la quale però rischia di diventare assoluta, basta prendere una prospettiva più "grande" che la contenga...). Viceversa se per "verità assoluta" si intende la verità come la intende Carlo, ossia oltre ogni possibile dubbio, il "beneficio" (anche se non vorrei che si intendesse in senso "utilitario") sarebbe la "pace", il senso di contentezza ecc. Il problema è che per arrivare a tali tipi di verità ci vuole una mente tale da riuscire ad arrivare a verità oltre ogni possibile dubbio. Il che magari è vero per "1+1=2" ma non lo è per cose molto più importanti  ;D


@Carlo. In verità non la penso davvero diversamente da te su molte cose. Il problema è che secondo me tu non riesci a distinguere il dubbio ragionevole dal dubbio "possibile". Ossia quelle che tu dici essere "verità" sono al massimo verità oltre ogni ragionevole dubbio, non oltre ogni possibile dubbio. Dimostrami per esempio che il mondo non è stato creato 5 minuti fa o che tutto quello che vediamo non è un inganno del Genio Maligno di Cartesio... non puoi. Una "mente infallibile" riuscirebbe anche in questo, riuscirebbe a placare ogni possibile dubbio. La "ragionevolezza" restringe per forza di cose anche il campo del dubbio ma la filosofia deve anche "ammettere" che la "ragionevolezza" è un assioma. A mio giudizio quasi nessuno (e forse nessuno) di chi sta intervenendo è un vero "relativista" ma non mi va di litigare (anche con chi sostiene di esserlo) per spiegare il motivo  ;D secondo me è proprio un nome "sbagliato", basterebbe "scettico" e si eviterebbe di litigare sulla semantica. Ripeto comunque anche qui che non mi ritengo relativista perchè ritengo logicamente possibile l'esistenza di una mente che riesca a dare una risposta - oltre ogni possibile dubbio - ad ogni possibile domanda. Predicare il "relativismo" probabilmente significa negare questa eventualità, posizione che mi sembra sinceramente indifendibile. Molti che predicano il "relativismo" qui mi sembrano "pirroniani" più che "relativisti" (ma alla fine come sempre è un problema di semantica, d'altronde al termine "relativista" si può dare il significato che si vuole)


@Sariputra: più che "buddista" il tuo approccio mi pare "ispirato dal buddismo" (col quale peraltro concordo quasi totalmente). Un buddista ritiene che il Dhamma sia una Verità Assoluta e che il Buddha fosse infallibile (altrimenti un buddista dovrebbe dubitare,per esempio, che ognuno dei 31 reami delle rinascite è imperamente visto che Buddha ha vissuto diciamo 80 anni e magari non ha "visitato" tutti i reami... non lo fa per fede nell'infallibilità del Buddha...fino a quando ovviamente non diventa un arhat anche lui  ;D ). Secondo me il buddismo è "assolutista" visto che anche in questo caso si parla di Verità Indubitabili, ossia oltre ogni possibile dubbio... Non credo che un buddista vedrebbe di buon occhio per esempio lo scetticismo sulla causalità di Hume o cose simili, per lui sarebbe tutto papanca ossia una perdita di tempo che ci allontana dalla verità del Dhamma e dalla Pace del Nirvana ;D
In ogni caso sono d'accordo con te, volevo solo puntualizzare questo. Altrimenti si confonde Buddha con Pirrone...

(un po' mi pento di aver fatto questa puntualizzazione perchè tu ed io (in particolar modo) siamo pericolosi per andare fuori tema ;D Si potrebbe semmai iniziare un argomento su "il Buddha era un relativista"? ;D)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Carlo Pierini

#109
SGIOMBO
Hume, sottoponendo a critica razionale la credenza del senso comune, inoltre postulata (ne siano consapevoli o meno i suoi cultori professionali, cioé i ricercatori) anche dalle teorie scientifiche, svolge ragionamenti deduttivi, cioé analitici a priori a proposito dell' induzione, dimostrando che non può aversene certezza in linea teorica o di principio, cioé che non si può dimostrare che sia indubitabile.

CARLO
Lo sanno tutti che finché non moriamo non abbiamo la prova che moriremo. Ma, se usiamo il più elementare buon senso e osserviamo a posteriori che tutti i miliardi di miliardi di organismi vissuti nell'arco di tempo che va dalle origini della vita fino ai giorni nostri (o poco prima) sono tutti morti, sarò o non sarò padrone di dire che <<...SE qualcosa non interromperà questa catena di morte, moriremo anche noi>>? Ecco, questa affermazione è una verità assoluta perché, seppure diventassimo improvvisamente eterni, vorrebbe dire che qualcosa ha interrotto questa catena di morte e quindi, anche in tal caso, avrei ragione, perché nella premessa della mia affermazione c'era questo "se". Quindi, ribadisco: l'indubitabilità non riguarda quello che fa comodo a te, ma solo il contenuto della mia affermazione.
Questo vale, naturalmente, anche per le previsioni derivate dalle leggi della fisica: noi non abbiamo le prove che applicando una tensione di 220 V. a una resistenza di 110 Ohm circoleranno (futuro) 2 Ampère di corrente, ma siamo assolutamente sicuri, invece, che SE non succederà qualcosa che stravolga le leggi della fisica (potremmo per esempio essere risucchiati all'interno di un buco nero super massiccio) la formula V=RI è una verità assoluta. ...E allora perché gli scienziati non scrivono questo "SE" nell'enunciato della legge di Ohm? Semplicemente perché è stupidamente ovvio.

Quindi, le minchiate "epistemologiche" di Hume, di Kant, di Heidegger, di Popper, di Nietzsche, ecc., non servono proprio a nessuno, tranne che ai "filosofi" che non hanno altro da fare che perdere tempo con neologismi tanto oscuri quanto inutili e superflui. Ti risulta che per qualche ricercatore VERO sia stato risolutivo il concetto di "giudizio analitico a priori", o quello di "cosa in sé" o quello di "noumeno", o quello di "falsificabilità", o quello dell'"esser-ci"? A me risulta invece che il 99% dei ricercatori conosce questi personaggi solo per sentito dire, o perché hanno letto i loro nomi nei cartelli che indicano i nomi delle strade.
Insomma, finché i filosofi non cominceranno a fare scienza, a sporcarsi le mani costruendo saperi, invece di illudersi di distruggerli pontificando su di essi dall'alto della loro ...ignoranza, rimarranno quello che sono oggi: una setta di inutili parolai emarginati dai processi reali della cultura umana.



L'angolo musicale:
ALDO DONATI: Cantando
https://youtu.be/0AvQYPI3M_Y

ELLA BAILA SOLA: Cuándo los sapos bailen Flamenco
https://youtu.be/bR-k9VFtC_k

Carlo Pierini

#110
Citazione di: Apeiron il 10 Settembre 2017, 23:18:48 PM
@Carlo. In verità non la penso davvero diversamente da te su molte cose. Il problema è che secondo me tu non riesci a distinguere il dubbio ragionevole dal dubbio "possibile". Ossia quelle che tu dici essere "verità" sono al massimo verità oltre ogni ragionevole dubbio, non oltre ogni possibile dubbio. Dimostrami per esempio che il mondo non è stato creato 5 minuti fa o che tutto quello che vediamo non è un inganno del Genio Maligno di Cartesio... non puoi. Una "mente infallibile" riuscirebbe anche in questo, riuscirebbe a placare ogni possibile dubbio. La "ragionevolezza" restringe per forza di cose anche il campo del dubbio ma la filosofia deve anche "ammettere" che la "ragionevolezza" è un assioma. A mio giudizio quasi nessuno (e forse nessuno) di chi sta intervenendo è un vero "relativista" ma non mi va di litigare (anche con chi sostiene di esserlo) per spiegare il motivo  ;D secondo me è proprio un nome "sbagliato", basterebbe "scettico" e si eviterebbe di litigare sulla semantica. Ripeto comunque anche qui che non mi ritengo relativista perchè ritengo logicamente possibile l'esistenza di una mente che riesca a dare una risposta - oltre ogni possibile dubbio - ad ogni possibile domanda. Predicare il "relativismo" probabilmente significa negare questa eventualità, posizione che mi sembra sinceramente indifendibile. Molti che predicano il "relativismo" qui mi sembrano "pirroniani" più che "relativisti" (ma alla fine come sempre è un problema di semantica, d'altronde al termine "relativista" si può dare il significato che si vuole)

Ancora non avete afferrato (non ti sto dando del voi, ma mi riferisco anche agli altri che la pensano come te) che la verità non è onniscienza, ma, più semplicemente, la concordanza tra ciò che si dice e ciò che è. Leggi la mia Risposta # 109 a Sgiombo e, nel caso, se ci sono dubbi residui, li esprimi lì.


L'angolo musicale:
MARCELLA: Canto straniero
https://youtu.be/iPbqsH6ZHVA

MINA: Anche un uomo
https://youtu.be/vHLLsIX-Mek

Sariputra

#111
Citazione di: Apeiron il 10 Settembre 2017, 23:18:48 PM@Sariputra: più che "buddista" il tuo approccio mi pare "ispirato dal buddismo" (col quale peraltro concordo quasi totalmente). Un buddista ritiene che il Dhamma sia una Verità Assoluta e che il Buddha fosse infallibile (altrimenti un buddista dovrebbe dubitare,per esempio, che ognuno dei 31 reami delle rinascite è imperamente visto che Buddha ha vissuto diciamo 80 anni e magari non ha "visitato" tutti i reami... non lo fa per fede nell'infallibilità del Buddha...fino a quando ovviamente non diventa un arhat anche lui ;D ). Secondo me il buddismo è "assolutista" visto che anche in questo caso si parla di Verità Indubitabili, ossia oltre ogni possibile dubbio... Non credo che un buddista vedrebbe di buon occhio per esempio lo scetticismo sulla causalità di Hume o cose simili, per lui sarebbe tutto papanca ossia una perdita di tempo che ci allontana dalla verità del Dhamma e dalla Pace del Nirvana [/font][/color];D In ogni caso sono d'accordo con te, volevo solo puntualizzare questo. Altrimenti si confonde Buddha con Pirrone... (un po' mi pento di aver fatto questa puntualizzazione perchè tu ed io (in particolar modo) siamo pericolosi per andare fuori tema ;D Si potrebbe semmai iniziare un argomento su "il Buddha era un relativista"? ;D)

Concordo sul fatto che siamo pericolosissimi per andare fuori tema...  Come sai nel buddhismo tutte le verità enunciate ( le quattro nobili verità, ecc.) sono sempre sottoposte alla verifica della pratica del Sentiero. La fede in queste verità consiste nel provare nella propria esistenza la loro veridicità o meno, assumendo la medicina prescritta dall'abile medico ( il Nob.Ott.Sentiero),  in cui si ripone la fiducia che sia realmente in grado di curare la malattia. Pertanto non direi che si tratti di verità indubitali, ma di verità sottoposte a verifica, la quale verifica può scacciare  ogni possibile dubbio...
Per un buddhista "vero" ( ossia non condizionato dallo "spirito occidentale" come siamo noi) effettivamente il grosso della nostra filosofia sarebbe papanca, una gran perdita di tempo e ( lo dico tra di noi, senza che gli altri utenti del forum ci sentano, visto che sono tutti a letto...) francamente , visto il tutto e il contrario di tutto che si legge, delle volte son portato a crederlo anch'io...però sono occidentale, mio malgrado e, proprio per questo, la definizione di "ispirato dal..." mi sta più che bene... ;D
Sul Mahayana sono d'accordo che possa essere considerato un sistema Assolutista (  ritiene l'Assoluto inaccessibile al pensiero, ma conosciuto attraverso prajna, la visione intuitiva..).  Il Dhamma delle origini credo che non si possa ritenere un sistema assolutista...ma basta! Sto già partendo per la tangente...sono fuori tema... ;D

P.S. ma che musica si ascolta ? Ecco qualcosa di originale...così ci gustiamo anche l'occhio ( ovviamente senza attaccamento alla visione... ;D)
https://www.youtube.com/watch?v=c_wMTgLOs2w
https://www.youtube.com/watch?v=WF63DVU5Q4o
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
io sono sicuro che , noi tutti abitanti dell'Hotel Logos, così diversi nella visione personale dell'esistenza e sul suo significato/non significato, siamo certi di morire. Chi non ammettesse questa certezza ( "Io non morirò mai") sarebbe considerato semplicemente un folle, sia dall'assolutista che dal relativista.
Scommetterei anch'io sul fatto che morirò, ma, onestamente, non perché senta di morire un po' giorno dopo giorno o perché intuisca questo mio tipo di "game over", ma solo perché mi è stato detto che tutti sono destinati a morire e ho saputo che molta gente è di fatto morta... per me, non è un sentire ma un fidarsi, che ha una sua logica basata su alcuni riscontri. Senza voler affatto escludere che per altri possa essere invece un sentire, che prescinde da ciò che gli hanno detto e da ciò a cui hanno assistito (il che comporta, per coerenza, che anche se nessuno gli avesse mai parlato della morte e non avessero mai saputo della morte di qualcuno, avrebbero la stessa sensazione di stare morendo, e non soltanto di invecchiare  ;) ).

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
Quindi: attento alla troppa logica , Phil! Che non diventi per te un assoluto... ;D
Assolutamente no  ;D  Infatti ricordavo che, con buona pace della logica, come tu hai ragionevolmente osservato, la vita quotidiana esige certezze da ritenere come verità assolute; anch'io non considero una "fallacia di generalizzazione indebita" aspettarmi che anche domani ci sarà più luce naturale di giorno che di notte. La logica non è certo l'unico strumento del pensiero umano...

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
Infatti non si spiegherebbe se no per quale motivo i relativisti difendano con tanto ardore il loro relativismo... ;D  ;D
Credo che a nessuno piaccia essere frainteso o male interpretato... suppongo che, se hai un dubbio o un'opinione, non ti lascia indifferente che la gente ne storpi il senso o ne critichi l'essenza, senza nemmeno averlo capito... se ciò ti lascia indifferente, allora bisogna proprio prendere atto che non per tutti i famigerati relativisti è così  ;)
Dal canto mio (proprio per non passare da paladino del relativismo), invitavo per questo Carlo a non fissarsi solo sulla sua avversione al relativismo, ma a tirare in ballo anche altre prospettive (e la sua risposta in merito è stata laconicamente eloquente).

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
Dubito assai che possa esistere, di fatto, un "pensiero debole"...
Che alcuni pensieri siano più deboli di altri, mi pare riscontrabile (magari sbaglio!), anche se la loro debolezza è, appunto, relativa alla forza altrui (se ci fosse stato sempre un solo pensiero, non sarebbe né debole né forte, non potendo paragonarlo ad altri).

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
Le tue obiezioni sono tutte sul piano della logica.
Mi scuso pubblicamente per aver usato la logica per muovere considerazioni... che iniquo svergognato che sono! ;D

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
Se ... "è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative"...perché poi usi questi limiti strutturali , che quindi sono i limiti stessi della logica, per invalidare una logica altrui?
Uso i miei limiti strutturali (cos'altro potrei mai usare? Non posso valicare i miei limiti strutturali  ;) ), ma non per invalidare la logica altrui (sembro davvero così crudele?), piuttosto semmai affinché la logica altrui allarghi i limiti della mia (o, eventualmente, viceversa). Non sono in missione per falsificare o decostruire qualsiasi cosa senta o legga, e infatti, parlando con Carlo (mio interlocutore privilegiato di recente), ho accennato un paio di volte alla maieutica (e non mi dispiacerebbe affatto riceverne, di tanto in tanto  ;) ).

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
Per far questo devi dimostrare che la tua logica è un metodo valido in senso assoluto per il giudizio, cadendo in contraddizione in quanto tu stesso affermi che, essendoci limiti strutturali, ogni tipo di giudizio non può che essere relativo.
Considero la mia logica parente stretta della mia opinione che, senza bisogno di dirlo (spero  ;D ), è tutt'altro che foriera di verità assolute... tuttavia la mia opinione (e le sue argomentazioni) è ciò che posso apportare nel confronto con gli altri in una discussione; quindi se affermo "nei miei limiti, su tale argomento x, la mia opinione relativa è questa..." perché mi contraddico? Non dovrei forse esprimere opinioni ammettendo onestamente che siano tali?

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 18:16:21 PM
Perché dovrei abbandonare le mie posizioni per abbracciare le tue altrettanto relative? Non c' è alcuna reale necessità di farlo, in quanto il metro usato per valutarle è esso stesso relativo."
Non chiedo agli altri di abbracciare le mie deboli opinioni (avremmo solo da perderci entrambi ;D ), ma piuttosto di aiutarmi a rafforzarle, correggerle o semplicemente di dimostrarmi che le loro sono più ragionevoli (se riesco a capirle...)... non (ri)chiedo nemmeno che siano assolutamente vere  ;) 

P.s.
Hai davvero avuto l'impressione che io sia qui per trovare proseliti per il relativismo? Semmai mi rimprovererai che sono un testone che non si lascia convincere facilmente  ;D

Carlo Pierini

#113
Citazione di: Sariputra il 11 Settembre 2017, 00:29:01 AM

Sul Mahayana sono d'accordo che possa essere considerato un sistema Assolutista (  ritiene l'Assoluto inaccessibile al pensiero, ma conosciuto attraverso prajna, la visione intuitiva..).  Il Dhamma delle origini credo che non si possa ritenere un sistema assolutista...ma basta! Sto già partendo per la tangente...sono fuori tema... ;D

Ecco, in cose come queste il Buddhismo è una dottrina primitiva (non meno dell'"ineffabilità del Divino" diffusa in tutte le religioni ...altrettanto primitive), cioè l'idea che l'uomo è, sì, "fatto a immagine e somiglianza dell'Assoluto", ma tranne che nell'intelletto.
Invece, la novità è che il Divino comunica con noi attraverso i miti, i simboli, i sogni ("certi" sogni, non tutti) l'ispirazione artistica e filosofica, ecc., i quali sono accessibili all'intelletto. Ma probabilmente ci vorranno secoli prima che un'idea come questa, per quanto perfettamente logica e comprensibile, venga accettata, poiché tra le superstizioni legate ad ogni tradizione religiosa c'è quella del fondamentalismo, cioè, l'idea che l'Assoluto abbia "parlato" agli illuminati (o ai profeti) una volta per tutte in un lontano passato e che poi si sia "ritirato nelle Sue stanze"; cosicché, l'ortodossia si esprime nel non cambiare nemmeno una virgola di ciò che ci tramanda la tradizione. L'idea di una Rivelazione progressiva dell'Assoluto nella Storia ci si limita a strombazzarla, ma poi, di fatto, si resta scleroticamente fedeli nei secoli anche ai dogmi più ridicoli e, sebbene l'intelletto si evolva fino a poter accogliere in sé il messaggio Divino, lo si lascia marcire in un angolo perché la Grande Tradizione ha deciso che "Dio è Dio, e noi nun semo un c..zo" (vedi il Marchese del Grillo).
...Ed è così che le religioni, incapaci di rinnovarsi, rimangono abbarbicate a dottrine pre-medioevali, diventano anacronistiche e perdono la loro autorità sulle fasce più colte ed intellettualmente più evolute della società, alimentando così, lo scetticismo, l'agnosticismo, il materialismo e l'ateismo.
Scrive Jung:

"Il conflitto tra scienza e fede equivale in realtà a fraintenderle entrambe. Il materialismo scientifico ha introdotto soltanto una nuova ipostasi, e questo è un peccato intellettuale. Ha dato un altro nome al supremo principio di realtà, presumendo di aver creato qualcosa di nuovo e di aver distrutto qualcosa di vecchio. [...] In questo conflitto la fede riceve quel che si merita poiché si rifiuta di prendere parte all'avventura spirituale del nostro tempo [la conoscenza]. [...] La fede può comprendere un sacrificium intellectus (premesso che ci sia un intelletto da sacrificare), ma mai un sacrificio del sentimento. Così i credenti rimangono fanciulli, invece di diventare come fanciulli e non conquistano la loro vita perché non l'hanno mai perduta".   [JUNG: Psicologia e religione - pg.493]




L'angolo musicale:
G. MOUSTAKI: Lo straniero
https://youtu.be/_NdvGkGvKCY

MANGO: Come l'acqua
https://youtu.be/6cogbEHs_ZM

Sariputra

@Phil

Non ho mai pensato che intendessi fare del proselitismo. Sei sempre molto moderato e rispettoso dell'altrui opinione, cosa che apprezzo naturalmente.  Come sai, mi piace fare , maldestramente purtroppo, la parte del "pungolo", ossia mettere in evidenza , se ci riesco, le contraddizioni insite in ogni posizione.  Io trovo il relativismo contraddittorio anche sul piano della logica, oltre che poco o nulla "propositivo" nel concreto, più decostruzione che costruzione insomma, ma questa è una mia opinione e sarei un bell'ipocrita  a perorarla con veemenza, visto che poco sopra ho scritto che non bisogna attaccarsi troppo alle proprie opinioni.  :) Il non-attaccamento alle opinioni è già un buon antidoto contro il pericolo di "farsi convincere". A volte, quando scrivo, scrivo anche per me stesso e per riflettere sulle mie incoerenze. Quando metto in guardia sul pericolo di diventare "solo logica" lo dico anche a me stesso e infatti mi chiedo: "Sto usando il coltello per preparare il pranzo o c'è in me anche il desiderio di "far male?"  :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

Citazione di: Carlo Pierini il 11 Settembre 2017, 01:42:05 AM
Citazione di: Sariputra il 11 Settembre 2017, 00:29:01 AMSul Mahayana sono d'accordo che possa essere considerato un sistema Assolutista ( ritiene l'Assoluto inaccessibile al pensiero, ma conosciuto attraverso prajna, la visione intuitiva..). Il Dhamma delle origini credo che non si possa ritenere un sistema assolutista...ma basta! Sto già partendo per la tangente...sono fuori tema... ;D
Ecco, in cose come queste il Buddhismo è una dottrina primitiva (non meno dell'"ineffabilità del Divino" diffusa in tutte le religioni ...altrettanto primitive), cioè l'idea che l'uomo è, sì, "fatto a immagine e somiglianza dell'Assoluto", ma tranne che nell'intelletto. Invece, la novità è che il Divino comunica con noi attraverso i miti, i simboli, i sogni ("certi" sogni, non tutti) l'ispirazione artistica e filosofica, ecc., i quali sono accessibili all'intelletto. Ma probabilmente ci vorranno secoli prima che un'idea come questa, per quanto perfettamente logica e comprensibile, venga accettata, poiché tra le superstizioni legate ad ogni tradizione religiosa c'è quella del fondamentalismo, cioè, l'idea che l'Assoluto abbia "parlato" agli illuminati (o ai profeti) una volta per tutte in un lontano passato e che poi si sia "ritirato nelle Sue stanze"; cosicché, l'ortodossia si esprime nel non cambiare nemmeno una virgola di ciò che ci tramanda la tradizione. L'idea di una Rivelazione progressiva dell'Assoluto nella Storia ci si limita a strombazzarla, ma poi, di fatto, si resta scleroticamente fedeli nei secoli anche ai dogmi più ridicoli e, sebbene l'intelletto si evolva fino a poter accogliere in sé il messaggio Divino, lo si lascia marcire in un angolo perché la Grande Tradizione ha deciso che "Dio è Dio, e noi nun semo un c..zo" (vedi il Marchese del Grillo). ...Ed è così che le religioni, incapaci di rinnovarsi, rimangono abbarbicate a dottrine pre-medioevali, diventano anacronistiche e perdono la loro autorità sulle fasce più colte ed intellettualmente più evolute della società, alimentando così, lo scetticismo, l'agnosticismo, il materialismo e l'ateismo. Scrive Jung: "Il conflitto tra scienza e fede equivale in realtà a fraintenderle entrambe. Il materialismo scientifico ha introdotto soltanto una nuova ipostasi, e questo è un peccato intellettuale. Ha dato un altro nome al supremo principio di realtà, presumendo di aver creato qualcosa di nuovo e di aver distrutto qualcosa di vecchio. [...] In questo conflitto la fede riceve quel che si merita poiché si rifiuta di prendere parte all'avventura spirituale del nostro tempo [la conoscenza]. [...] La fede può comprendere un sacrificium intellectus (premesso che ci sia un intelletto da sacrificare), ma mai un sacrificio del sentimento. Così i credenti rimangono fanciulli, invece di diventare come fanciulli e non conquistano la loro vita perché non l'hanno mai perduta". [JUNG: Psicologia e religione - pg.493] L'angolo musicale: G. MOUSTAKI: Lo straniero https://youtu.be/_NdvGkGvKCY MANGO: Come l'acqua https://youtu.be/6cogbEHs_ZM


Mah!...Io francamente non vedo le religioni umane come un monolite immobile che pretende solo ubbidienza . Ogni forma religiosa ha la sua storia, i suoi periodi di evoluzione e altri di involuzione. Anche nei momenti involutivi non sono mai mancate "coscienze critiche" all'interno, che hanno mantenuto, in un certo senso, il focus sull'autenticità originaria del significato. Ogni religione rivendica per sé una certa assolutezza. Nei monoteismi questo aspetto è più accentuato che in altre forme ma non mancano, anche qui, voci più liberali ed aperte. Insomma, io sarei poco propenso a fare di tutta l'erba un fascio. Ottenere un'unità di tutte le religioni sarebbe privarle ognuna del proprio specifico, della propria stessa valenza e significato. Come mettere insieme convinzioni tanto diverse e a volte in contrapposizione tra loro? Sulla base di archetipi il cui significato non è valutato da nessuna di queste in egual maniera? Mi sembra di ricordare che la Teosofia cercava questa unità ( la Blavatski, Olcott, Anne Besant, ecc.) di tutte le religioni ( con predominanza del pensiero cristiano direi...) ma non riuscirono a restare uniti nemmeno al loro interno con la "rottura"  provocata da figure importanti come R.Steiner o J. Krishnamurti. C'è stato spesso questo sogno , nella storia della spiritualità, di tentare di dar vita ad una sorta di "religione universale" che prendesse il meglio di ciascuna. Il problema è che il meglio di una è spesso in opposizione con il meglio dell'altra... :( 
Ora, tentare di farlo su base scientifica non metterà al riparo dalla babele di interpretazioni che si daranno sui simboli, sugli archetipi, sulle visioni, ecc.
E poi, se anche arrivasse la dimostrazione "scientifica"( a mio parere impossibile...) dell'esistenza dell'Assoluto/Dio, che facciamo? La si impone a tutti sulla punta della baionetta della forza della ragione? Diventa una sorta di pensiero unico come è l'attuale tecnico-scientifico? Non lo vedi alla fine come un impoverimento della spiritualità stessa e non un arricchimento? Io vedo sì una grande crisi del pensiero religioso, ma quello politico è messo meglio per caso? O l'umanesimo stesso? La ricerca scientifica ormai quasi asservita a logiche di potere?... :'(
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sgiombo

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 21:33:57 PM
Se potessi descrivere ( lo so che è molesto...ma lo faccio lo stesso! ;D ) la pretesa di verità assolute  e quella di verità relative nei termini del pensiero buddhista parlerei di attaccamento e di avversione.
Attaccamento all'idea di Verità ( non al vero ma all'idea che abbiamo di esso) assoluta  e avversione a questa idea , che genera l'idea opposta di "verità relativa". Il bisogno psicologico viene prima dell'idea stessa e sul bisogno di attaccamento si aderisce all'idea di verità assoluta , mentre sull'avversione verso qualcosa che viene sentita come limitante si costruisce l'idea di verità relativa. Ora,si analizza e si teorizza sulla verità ( se cioè sia relativa oppure assoluta) ma non si indaga mai, dentro di noi, sul bisogno psicologico che ci fa pendere verso un estremo o verso l'altro. In realtà attaccarsi ad un'opinione è alquanto stupido, come è alquanto stupido provare avversione verso un'opinione ( questo al netto della bontà o meno dell'opinione stessa). Perché il nostro ego si sente "minacciato" da un'opinione? Perché il nostro ego si sente al sicuro se è aggrappato ad un'opinione? Perché pensiamo di essere più liberi se non abbiamo opinioni che pretendano di vincolarci? Perchè pensiamo di essere senza significato se non possiamo rifugiarci in nessuna verità che riteniamo assoluta?
Tutti abbiamo una buona conoscenza delle ansie che sono sempre legate al possesso delle cose di valore. Quando riteniamo che le nostre verità siano di valore generiamo ansia?  Desideriamo che anche gli altri condividano queste verità così che non vengano messe in discussione, così da rischiare di "perderle"? Arriviamo ad imporle, per paura?
Viceversa una mente incline all'avversione ha la caratteristica di notare sempre gli errori degli altri. Questa è la mente che ispeziona continuamente alla ricerca di quello che non va, e che vi trova addirittura piacere. Una mente di questo tipo è continuamente critica in modo poco costruttivo, se non distruttivo. Vuole sempre dimostrare gli errori degli altri, e di solito trae una gran soddisfazione per il proprio ego  in questo processo. Un buon sistema per prendere consapevolezza  e tentar di modificare queste inclinazioni verso l'attaccamento o l'avversione è quello di vedere ciò che è virtuoso nell'opinione altrui. Per es. : una persona incline all'attaccamento all'idea di Verità assoluta può apprezzare la capacità di spirito critico e di logica di colui che si professa ( si identifica) con l'idea relativista senza provare paura di perdere qualcosa di valore.  Il relativista invece può apprezzare ciò che di buono sa costruire per gli altri un nobile ideale assunto come Verità assoluta ( come nel caso di una religione...) senza provare avversione generata dal bisogno esagerato di critica e dal bisogno di distruggere qualcosa.
Questo sarebbe un approccio eminentemente buddhista alla questione dell'assolutismo e del relativismo. Uno sforzo interiore di trascendere le radici psicologiche che generano i due opposti per giungere al piano in cui ambedue perdono il loro potere di generare attaccamento e odio/avversione in noi, alimentate entrambe dalla paura.
CitazioneParole, come sempre le tue, molto sagge.

Cercherò di tenerne conto...

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 10 Settembre 2017, 23:18:48 PM

@Carlo. In verità non la penso davvero diversamente da te su molte cose. Il problema è che secondo me tu non riesci a distinguere il dubbio ragionevole dal dubbio "possibile". Ossia quelle che tu dici essere "verità" sono al massimo verità oltre ogni ragionevole dubbio, non oltre ogni possibile dubbio. Dimostrami per esempio che il mondo non è stato creato 5 minuti fa o che tutto quello che vediamo non è un inganno del Genio Maligno di Cartesio... non puoi. Una "mente infallibile" riuscirebbe anche in questo, riuscirebbe a placare ogni possibile dubbio. La "ragionevolezza" restringe per forza di cose anche il campo del dubbio ma la filosofia deve anche "ammettere" che la "ragionevolezza" è un assioma.


Ripeto comunque anche qui che non mi ritengo relativista perchè ritengo logicamente possibile l'esistenza di una mente che riesca a dare una risposta - oltre ogni possibile dubbio - ad ogni possibile domanda. Predicare il "relativismo" probabilmente significa negare questa eventualità, posizione che mi sembra sinceramente indifendibile. 


CitazioneSo di contravvenire a una regola del forum e porgo preventivamente le mani ai moderatori per le meritate bacchettate, ma sono troppo d' accordo per riuscire ad esimermi dal proclamarlo (o comunque, meno solennemente, dal dirlo)!

baylham

Citazione di: sgiombo il 08 Settembre 2017, 15:29:44 PM...

Citazione di: baylham il 07 Settembre 2017, 10:23:37 AM
CitazioneMa dissento sull' affermazione (di Lakatos? Di Feyerabend?) secondo cui "i fatti sono a loro volta espressione di ipotesi, di teorie sottese".
Secondo me lo sono casomai le conoscenze o comuqnue le credenze circa i fatti (reali) e non questi ultimi.

In ritardo ho controllato  gli scienziati e filosofi che alla fine dell'Ottocento, quindi assai prima del dibattito epistemologico avviato da Popper, hanno contestato che il fatto sia un dato, oggettivo, come riteneva il positivismo, e sostenuto la posizione contraria che il fatto sia "carico di teoria": Avenarius e Mach, empiriocriticisti e Poincarè e Duhem, convenzionalisti. Il sostenitore più deciso di questa tesi fu lo spiritualista Le Roy.

Tesi che condivido: non soltanto la mappa non è il territorio, ma non siamo nemmeno certi di riuscire a distinguere la mappa dal territorio. 
E' chiaro che in tal caso il criterio di verità della corrispondenza della teoria ai fatti vacilla ulteriormente, dopo il colpo già assestato da Hume sul principio di induzione.

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 23:34:30 PM
SGIOMBO
Hume, sottoponendo a critica razionale la credenza del senso comune, inoltre postulata (ne siano consapevoli o meno i suoi cultori professionali, cioé i ricercatori) anche dalle teorie scientifiche, svolge ragionamenti deduttivi, cioé analitici a priori a proposito dell' induzione, dimostrando che non può aversene certezza in linea teorica o di principio, cioé che non si può dimostrare che sia indubitabile.

CARLO
Lo sanno tutti che finché non moriamo non abbiamo la prova che moriremo. Ma, se usiamo il più elementare buon senso e osserviamo a posteriori che tutti i miliardi di miliardi di organismi vissuti nell'arco di tempo che va dalle origini della vita fino ai giorni nostri (o poco prima) sono tutti morti, sarò o non sarò padrone di dire che <<...SE qualcosa non interromperà questa catena di morte, moriremo anche noi>>? Ecco, questa affermazione è una verità assoluta perché, seppure diventassimo improvvisamente eterni, vorrebbe dire che qualcosa ha interrotto questa catena di morte e quindi, anche in tal caso, avrei ragione, perché nella premessa della mia affermazione c'era questo "se".
CitazioneMI sono sentito un po' toccato dalle considerazioni dell' ottimo Sari, e cercherò di obiettare in maniera non troppo "distruttiva" e -ma confesso che mi capita non di rado in circostanze analoghe- di non cercare troppo piacere nel trovare quello che secondo me non va nelle tue affermazioni).

Come tutti, lo so anch' io che
"Finché non moriamo non abbiamo la prova che moriremo. Ma, se usiamo il più elementare buon senso e osserviamo a posteriori che tutti i miliardi di miliardi di organismi vissuti nell'arco di tempo che va dalle origini della vita fino ai giorni nostri (o poco prima) sono tutti morti".

Sei padronissimo di dire che:
<<...SE qualcosa non interromperà questa catena di morte, moriremo anche noi>>? Ecco, questa affermazione è una verità assoluta perché, seppure diventassimo improvvisamente eterni, vorrebbe dire che qualcosa ha interrotto questa catena di morte e quindi, anche in tal caso, avrei ragione, perché nella premessa della mia affermazione c'era questo "se".

(Ma quando mai avrei preteso di toglierti questo diritto ? ! ? ! ? !)

Ma io credo proprio di essere a mia volta padrone (non di negare tutto ciò, cosa che non ho mai fatto! E in proposito mi sembra che la tua lagnanza verso gli altri che non leggerebbero quanto scrivi vada rivolta innanzitutto contro te stesso. Bensì) di farti notare che di questi tuoi giudizi uno (quello deduttivo: "SE qualcosa non interromperà questa catena di morte, moriremo anche noi") è analitico a priori, certissimo ma sterile quanto a conoscenza di come è o non è la realtà; mentre l' altro (quello induttivo: "osserviamo a posteriori che tutti i miliardi di miliardi di organismi vissuti nell'arco di tempo che va dalle origini della vita fino ai giorni nostri (o poco prima) sono tutti morti"; sottinteso: ergo moriremo sicuramente anche noi, salvo cambiamenti -naturali o artificiali- nella realtà) è sintetico a posteriori, fecondo di credenze circa la realtà ma in linea di principio dubitabile, non certo.




Quindi, ribadisco: l'indubitabilità non riguarda quello che fa comodo a te, ma solo il contenuto della mia affermazione.
Citazione
Ma cosa mai sarebbe "ciò che fa comodo a me" ? ! ? ! ? !

Quanto al contenuto delle tue affermazioni, l' indubitabilità riguarda solo il (sopra citato) giudizio analitico a priori e non quello (pure sopra citato) sintetico a posteriori.




Questo vale, naturalmente, anche per le previsioni derivate dalle leggi della fisica: noi non abbiamo le prove che applicando una tensione di 220 V. a una resistenza di 110 Ohm circoleranno (futuro) 2 Ampère di corrente, ma siamo assolutamente sicuri, invece, che SE non succederà qualcosa che stravolga le leggi della fisica (potremmo per esempio essere risucchiati all'interno di un buco nero super massiccio) la formula V=RI è una verità assoluta. ...E allora perché gli scienziati non scrivono questo "SE" nell'enunciato della legge di Ohm? Semplicemente perché è stupidamente ovvio.
CitazioneNo, gli scienziati non scrivono questo "SE" nell'enunciato della legge di Ohm, non perché sarebbe Semplicemente stupidamente ovvio (lo è talmente poco che tu l' hai esplicitamente negato come falso -e non affatto: ignorato come ovvio e stupido!- ripetutamente in questo forum), bensì nella stragrande maggioranza de casi perché non lo sanno, non se ne rendono conto (peraltro non è loro "dovere" in senso stretto in quanto scienziati, anche se nemmeno è loro vietato", e anche se gioverebbe loro non poco anche "professionalmente", evitare di essere filosoficamente sprovveduti) e in una piccola minoranza filosoficamente ferrata perché lo lasciano sottinteso (ma non per questo, essendo filosoficamente ferrati, non si rendono conto che è tutt' altro che stupidamente ovvio).




Quindi, le minchiate "epistemologiche" di Hume, di Kant, di Heidegger, di Popper, di Nietzsche, ecc., non servono proprio a nessuno, tranne che ai "filosofi" che non hanno altro da fare che perdere tempo con neologismi tanto oscuri quanto inutili e superflui. Ti risulta che per qualche ricercatore VERO sia stato risolutivo il concetto di "giudizio analitico a priori", o quello di "cosa in sé" o quello di "noumeno", o quello di "falsificabilità", o quello dell'"esser-ci"? A me risulta invece che il 99% dei ricercatori conosce questi personaggi solo per sentito dire, o perché hanno letto i loro nomi nei cartelli che indicano i nomi delle strade.
Insomma, finché i filosofi non cominceranno a fare scienza, a sporcarsi le mani costruendo saperi, invece di illudersi di distruggerli pontificando su di essi dall'alto della loro ...ignoranza, rimarranno quello che sono oggi: una setta di inutili parolai emarginati dai processi reali della cultura umana.
CitazioneNon confondiamo la merda col sublime cioccolato (Hume), e nemmeno con l' onesto zucchero (Kat e Popper), please ! ! !
(Non esplicito chi metaforizzo come "merda" perché contrariamente a te sono rispettoso delle convinzioni altrui, anche di quelle che più detesto, e non voglio offendere nessuno).

Può parlare di "minchiate epistemologiche" (in generale e a proposito dei suddetti filosofi) solo che non abbia alcun interesse per la filosofia: poco male, ma:

a) non capisco a che pro frequenti "le tematiche filosofiche" del forum;

b) non é il caso che esterni -tantomeno in maniera decisamente sprezzante e volgare- questa sua avversione alla critica filosofica della conoscenza, specialmente verso altri che invece la ritengono qualcosa di importante nel loro pensiero e magari nella loro vita.



Mi confermi qui quanto avevo appena sostenuto più sopra, che la stragrande maggioranza degli scienziati é (oggi di fatto) filosoficamente sprovveduta.
Così essi non contravvengono ad alcun dovere professionale ma secondo me:

a) manifestano un' evidente carenza culturale (di cultura generale; e anche se a loro non gliene può fregare di meno, a me sembra importante);

b) si privano di strumenti culturali generali che potrebbero essere loro comunque di grande utilità (anche se non sono obbligatori) nel loro lavoro di ricerca (non é un caso che quasi tutti i più grandi scienziati del '900 sono stati in qualche misura anche discreti filosofi: Scroedinger (innanzitutto, secondo me), Einstein, Bohm, Bell, Gell Man, perfino i da me "filosoficamente vituperati" Bohr e d Heisenberg.



Come gli scienziati non sono tenuti a a fare scienza, così -ma secondo me a maggior ragione- nemmeno i filosofi lo sono tenuti a fare scienze naturali.

Peraltro, reciprocamente, l' interessarsene giova certamente loro non poco.
E infatti quasi tutti (ti cito in particolare i da te penosamente e ridicolmente disprezzati Hume e Popper; ma anche tantissimimissimi -licenza poetica- altri) erano (e lo sono, almeno in qualche misura anche i contemporanei) perfettamente al corrente delle conquiste scientifiche dei rispettivi tempi.

Per non offenderti non sto a riferire quanto penso della visione della "cultura umana" che dimostri di avere.



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