Un filosofo che predica il relativismo...

Aperto da Carlo Pierini, 28 Agosto 2017, 20:26:19 PM

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sgiombo

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 11:31:57 AM
O voi filosofi!...Mentre una pioggia battente e un cielo di piombo incombe su Villa Sariputra, osservando con il naso all'insù il volo d'uccelli neri a sfidare il grigiore, mi è sorta una profonda consapevolezza.
Ora, sappiamo tutti che dovremo morire, ma averne un'acuta consapevolezza, tipica di quei giorni in cui si percepisce il morire della bella stagione, è una cosa assai diversa. Intendo sentirlo con tutto l'animo e non semplicemente con la ripetizione di una formuletta verbale, come un luogo comune ripetuto per noia o per abitudine. Riflettendo su questo mi son chiesto, e giro a voi ,spaccatori in quattro di capelli, addormentatori di fanciulle in fiore:
- Io morirò!- E' una verità assoluta ? A me pare proprio una verità assoluta  , impossibile da relativizzare, se non ricorrendo ad argomentazioni capziose, fantasiose ( tipo: Un domani la scienza ci darà l'immortalità- Morirà il corpo ma noi non moriremo- Non siamo veramente vivi e pertanto la morte è illusoria- e via dicendo, tutte affermazioni indimostrabili, probabili proiezioni del nostro desiderio di durare in eterno).
Ma la ferma e precisa presa di consapevolezza della coscienza: "Io morirò". Non tu morirai, egli morirà, voi morirete ma proprio l'assoluta certezza "Io morirò" è assoluta o relativa? E non venitemi a dire che è relativa perché "Io morirò" non significa che voi morirete. Ho specificato infatti che si tratta solamente del puro" Io morirò" senza riferimento o relazione con qualcos'altro.
Non so se è interessante per il tema in discussione ma la getto là, incurante se in essa appare la mia nota ingenuità filosofica, ma profondamente consapevole , dentro di me, della risposta... :)
CitazionePersonalmente oscillo fra la (nettissimamente più frequente) convinzione che morirò di certo, che non esisterò più, come dimostrato dalla scienza e anche dal semplice buon senso, dal "guardarsi intorno" e osservare qualsiasi forma di vita, della quale parte integrante -e non contrario!- è la morte ("morte" è invece contrario di "nascita", ed entrambe sono inevitabili aspetti della "vita"); e dunque non avrò più né felicità, soddisfazioni, piaceri, ecc., né infelicità, insoddisfazioni, dispiaceri, ecc.: nulla di in alcun modo spaventoso o deplorevole, anche se essere felice mi piace (tautologia); ma pure essere infelice mi dispiace (idem).

E la (nettissimamente più rara e fugace) speranza che, poiché in assoluto nulla è certo (anche le più salde verità scientifiche si fondano su un minimo di conditiones sine qua non la cui verità non è né dimostrabile logicamente, né constatabile empiricamente), "in un qualche modo" potrò continuare a vivere anche dopo la morte fisica.

Ciò consentirebbe eventuali ulteriori felicità, soddisfazioni, piaceri.

Ma poi penso che potrebbe del tutto parimenti comportare ulteriori infelicità, insoddisfazioni, dispiaceri, magari anche ben maggiori di quelli provati in vita, e allora mi dico che, potendo scegliere (per assurdo) preferirei non correre il rischio di continuare a vivere (oltre la morte fisica).

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 12:01:04 PM
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 11:31:57 AM
O voi filosofi!...Mentre una pioggia battente e un cielo di piombo incombe su Villa Sariputra, osservando con il naso all'insù il volo d'uccelli neri a sfidare il grigiore, mi è sorta una profonda consapevolezza.
Ora, sappiamo tutti che dovremo morire, ma averne un'acuta consapevolezza, tipica di quei giorni in cui si percepisce il morire della bella stagione, è una cosa assai diversa. Intendo sentirlo con tutto l'animo e non semplicemente con la ripetizione di una formuletta verbale, come un luogo comune ripetuto per noia o per abitudine. Riflettendo su questo mi son chiesto, e giro a voi ,spaccatori in quattro di capelli, addormentatori di fanciulle in fiore:
- Io morirò!- E' una verità assoluta ? A me pare proprio una verità assoluta  , impossibile da relativizzare, se non ricorrendo ad argomentazioni capziose, fantasiose ( tipo: Un domani la scienza ci darà l'immortalità- Morirà il corpo ma noi non moriremo- Non siamo veramente vivi e pertanto la morte è illusoria- e via dicendo, tutte affermazioni indimostrabili, probabili proiezioni del nostro desiderio di durare in eterno).
Ma la ferma e precisa presa di consapevolezza della coscienza: "Io morirò". Non tu morirai, egli morirà, voi morirete ma proprio l'assoluta certezza "Io morirò" è assoluta o relativa? E non venitemi a dire che è relativa perché "Io morirò" non significa che voi morirete. Ho specificato infatti che si tratta solamente del puro" Io morirò" senza riferimento o relazione con qualcos'altro.
Non so se è interessante per il tema in discussione ma la getto là, incurante se in essa appare la mia nota ingenuità filosofica, ma profondamente consapevole , dentro di me, della risposta... :)

Se affermiamo: <<fin quando non ci sarà un rimedio contro la morte, il corpo di noi tutti morirà>>, abbiamo risolto ogni ambiguità. Solo delle pedanterie verbali potranno contestarne il valore di verità ("assoluta" è una ridondanza).
CitazioneMI scuso per la pedanteria verbale, ma così abbiamo semplicemente espresso un giudizio analitico a priori, che esplicita premesse di già comprese (affermate) sia pure implicitamente nelle premesse: "poco più" che una tautologia che nulla ci dice circa la realtà (vale sia che il rimedio si trovasse -ammesso e non concesso da parte mia, poiché non credo a "miracoli tecnologici" o "bacchette magiche fantascientifiche"- sia che -come sono convinto ovviamente accadrà, ma per ben altri motivi!- il rimedio non si trovasse).



Poi, ma solo poi, potremo confrontare le ragioni che inclinano a pensare alla possibilità (comunque inverificabile) di una sopravvivenza di quel mistero che chiamiamo "anima" con le ragioni che negano questa possibilità. E magari scopriremo che le ragioni che la negano si riducono ad una sola: "perché no!"; mentre quelle che la affermano (l'esistenza di un archetipo universale dell'immortalità) hanno una loro salda consistenza epistemica. Ma questa è un'altra storia.

CitazioneBeh, la risposta interessante alla domanda di Sariputra sarebbe proprio il racconto di questa storia!

L'angolo musicale:
VERDI - Di gioia immensa, op. I Lombardi (fino a 12':30'')
https://youtu.be/Yt4tnzO7rsE?t=565

MOZART: Contessa perdono, op. Nozze di Figaro (fino a 2':20'')
https://youtu.be/_C_clUdklfs

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 09 Settembre 2017, 19:55:03 PM
...Che, tradotto in linguaggio umano, ...significherebbe?
Mi scuso se per amor di sintesi ho sacrificato la chiarezza; intendevo dire che, da un punto di vista letterale, "assoluto/assolutamente" hanno sulla carta lo stesso significato sia nel linguaggio comune che in filosofia, ma l'uso concreto, nei due differenti contesti, comporta di fatto accezioni di senso e responsabilità ben differenti: la leggerezza spensierata con cui si usa "assoluto" o "assolutamente" nel linguaggio comune ("sei assolutamente uno spasso!","quel film è una noia assoluta"), è ben diversa dalla rilevanza che tali parole assumo in un contesto filosofico, soprattutto in ambito epistemologico e/o ontologico e/o religioso, in cui bisogna rendere pensosamente conto di tale "assolutezza" (con dimostrazioni o simili) e, per evitare fraintendimenti, "assoluto" non andrebbe usato troppo in modo disinibitamente metaforico (come invece accade nell'esempio "quel film è una noia assoluta!", per intendere "estremamente noioso" invece che, alla lettera, "noioso a prescindere da condizionamenti esterni").

Citazione di: Carlo Pierini il 09 Settembre 2017, 19:55:03 PM
...E, sinetizzando, che differenza c'è tra il "relativismo forte" e il "relativismo debole"?
Banalizzando, la differenza che c'è fra questo stigmatizzato stereotipo:
Citazione di: Phil il 09 Settembre 2017, 19:15:39 PM
"tutto è relativo tranne questa mia affermazione che è invece una verità assoluta" (motto da attribuire a quale autore, please?)
e questo altro tipo di atteggiamento:
Citazione di: Carlo Pierini il 09 Settembre 2017, 19:55:03 PM
Citazione di: Phil il 09 Settembre 2017, 11:00:06 AM"ogni verità, compresa quella di questa frase, si presenta finora relativa al paradigma/sistema di senso in cui si pone, in un determinato momento"

ovvero non viene negata la possibilità di una o più verità assolute, soltanto che sinora sembrano (almeno a chi risiede in quella prospettiva) tutte relative (re-latus) al contesto e al tempo d'appartenenza.

per chi è disposto a coglierne la "cavillosa" differenza  ;)



Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 11:31:57 AM
Io morirò!- E' una verità assoluta ?

La domanda perentoria e imperitura sul perire perenne   :)  
Questo interrogativo (con le doverose precisazioni sulla definizione di "morire corporeo", come ci ricorda puntualmente Carlo) tira in ballo la temporalità e pone lo sguardo nel futuro, costituisce quindi una previsione... la meta-domanda è: ha senso parlare di verità assoluta di un evento futuro?
Ritorniamo dunque al classico problema dell'induzione (finora ho visto solo corvi neri, quindi tutti i corvi saranno sempre neri) e alla tua reagionevolissima osservazione sulla necessità di una ragionevolezza pratica nell'agire quotidiano: c'è spesso bisogno di prendere per vera una consuetudine ricorrente come se fosse una verità assoluta (anche se epistemologicamente, ad essere precisi, non lo è). La consapevolezza della propria morte non fa eccezione: è un evento mai accaduto (suppongo  ;D ), ma lo riteniamo ragionevolmente sulla lista delle cose che accadranno certamente in futuro... ma su cosa si basa la consapevolezza della propria mortalità? Sulla confermata constatazione della morte altrui... ciò, da un punto di vista pedantemente (epistemo)logico, non è esattamente un'argomentazione inoppugnabile ("fallacia della generalizzazione indebita"), per quanto, appunto, estremamente ragionevole.

Ad esempio, sostenere che "un giorno pioverà" è una "verità assoluta" basata sull'osservazione che, fino ad oggi, ogni tanto c'è stata una pioggia (come quella inclemente che batte anche qui...).
Eppure, una verità può essere ritenuta davvero assoluta anche se parla del futuro, di un evento individuale non ancora verificatosi? Possiamo parlare di probabilità al 99%, ma per essere una verità indubitabile andrebbe verificata (e ti auguro di verificarlo solo quando ti sentirai davvero pronto a farlo, senza fretta  ;D )


Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 11:31:57 AM
spaccatori in quattro di capelli, addormentatori di fanciulle in fiore:

Quando un filosofo incontra un filosofo, spacca il capello; quando un filosofo incontra una fanciulla, lo accarezza... anche prima del bacio della buonanotte  ;)

paul11

La morte è un assoluto relativo. Relativo al concetto che oggi abbiamo di esistenza, di quello che la scienza intende come dominio di un corpo organico dentro quello della natura.
Ma se davvero la mente contenesse il cervello, significherebbe che morta la sostanza organica dove finirebbe la mente ,la sua memoria e suoi pensieri? Davvero la vita è risolvibile in un nulla?Che senso avrebbe tutto questo?

Se saggiamente  l'uomo non si arrogasse il diritto che come essere senziente e superiore al regno animale e vegetale, da cui sempre dovremo imparare, non vedrebbe il superamento della morte come una necessità al timore di un'impermanenza, una sparizione fisica dal dominio naturale.

Sono un sostenitore filosofico che esistono ordini( le cosmogonie antiche arrivavano all'ordine dopo il caos), e per ordine intendo la possibilità che il dominio naturale ci dà di essere intellegibile, non solo fisicamente, ma dello stesso dominio naturale di autoregolarsi secondo proprie regole ripetitive che noi identifichiamo come leggi fisiche, filosofiche, teologiche, spirituali.

Persino la nostra comunicazione sarebbe impossibilitata se non vi fosse un ordine intrinseco, la possibilità di essere interpretato  e comunicato.

Aldilà di come la pensi io, basta guardare il cielo stellato dell'universo, di una porzione di questo che sembra ruotarci attorno, come corpi celesti appesi in un ciclo ma dove ogni astro è al suo posto da millenni, e noi lo abbiamo interpretato con  le leggi astrofisiche; di come il nostro pianeta che ci accoglie abbia delle sue regole.Ogni cosa ci parla di leggi, regole, limiti e dopo la siccità arriva l'alluvione, come se l'energia a sommatoria zero debba compiere il suo percorso.

Siamo degli  erranti, ma dentro ordini che tendono ad  un principio unico che governa il sistema.

L'assoluto è il nascondimento di quel governo che si manifesta nei fenomeni e subito si rinasconde; noi lo percepiamo oltre il fisicamente come "anima mundi", come spirito. Sarà sempre un indimostrabile secondo la logica della dimostrazione moderna che d'altra parte non riesce nemmeno a dimostrare come si sia formato un DNA, una sintesi di proteine o di RNA: come sia nata la prima forma di vita.  E bisognerebbe dimostrare a colei che non sa perchè esistiamo il perchè moriamo?
Non c'è da dimostrare nulla ad una scienza che non sa  nemmeno dimostrare se stessa se non per il fatto che esiste.

Sariputra

#94
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2017, 12:58:46 PM/quote] La domanda perentoria e imperitura sul perire perenne :) Questo interrogativo (con le doverose precisazioni sulla definizione di "morire corporeo", come ci ricorda puntualmente Carlo) tira in ballo la temporalità e pone lo sguardo nel futuro, costituisce quindi una previsione... la meta-domanda è: ha senso parlare di verità assoluta di un evento futuro? Ritorniamo dunque al classico problema dell'induzione (finora ho visto solo corvi neri, quindi tutti i corvi saranno sempre neri) e alla tua reagionevolissima osservazione sulla necessità di una ragionevolezza pratica nell'agire quotidiano: c'è spesso bisogno di prendere per vera una consuetudine ricorrente come se fosse una verità assoluta (anche se epistemologicamente, ad essere precisi, non lo è). La consapevolezza della propria morte non fa eccezione: è un evento mai accaduto (suppongo ;D ), ma lo riteniamo ragionevolmente sulla lista delle cose che accadranno certamente in futuro... ma su cosa si basa la consapevolezza della propria mortalità? Sulla confermata constatazione della morte altrui... ciò, da un punto di vista pedantemente (epistemo)logico, non è esattamente un'argomentazione inoppugnabile ("fallacia della generalizzazione indebita"), per quanto, appunto, estremamente ragionevole. Ad esempio, sostenere che "un giorno pioverà" è una "verità assoluta" basata sull'osservazione che, fino ad oggi, ogni tanto c'è stata una pioggia (come quella inclemente che batte anche qui...). Eppure, una verità può essere ritenuta davvero assoluta anche se parla del futuro, di un evento individuale non ancora verificatosi? Possiamo parlare di probabilità al 99%, ma per essere una verità indubitabile andrebbe verificata (e ti auguro di verificarlo solo quando ti sentirai davvero pronto a farlo, senza fretta ;D )
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 11:31:57 AMspaccatori in quattro di capelli, addormentatori di fanciulle in fiore:
Quando un filosofo incontra un filosofo, spacca il capello; quando un filosofo incontra una fanciulla, lo accarezza... anche prima del bacio della buonanotte ;)

A me sembra che tu stia facendo del sofismo, Phil. Io non ho affermato che prevedo di morire in un futuro, ma affermo l'intuizione, qui e ora, osservando che tutto muore, che morirò. E' una certezza che riguarda l'adesso , non il futuro. Sei tu che introduci la categoria mentale temporale del futuro. Io non ho detto "Prevedo che in fututo morirò", ma "Io morirò". La certezza è qui e ora , nell'attimo intuitivo che l'afferro. In un certo senso bypasso il pensiero che vive di passato e futuro.  L'intuizione è immediata. La certezza riguarda l'intuizione immediata e non un pensiero , una riflessione filosofica sul futuro o un ragionamento logico . Quando intuisco che "Io morirò" non rifletto certo sul fatto che Popper ha detto che, se anche tutti sono morti sino ad adesso, non posso dimostrare che qualcuno non morirà in futuro. Questo è già un proiettarsi in avanti senza senso reale. La mia certezza vive di quel  che c'è , non di quello che non c'è ( il futuro).
La certezza del morire non è una banale previsione mentale ma è una visione intuitiva che si pone su un piano diverso del puro speculare linguistico-logico. Tu non prevedi di morire perché hai semplicemente osservato che tutto quanto intorno a te muore, ma Sai che morirai perchè senti questo morire "vivere" attimo dopo attimo in te. Questo è porsi su un piano superiore a quello logico-discorsivo  e passare a quello esperienziale, di cui parlavo altrove. La certezza di questa piano esperienziale non è un concetto che si alimenta di opposti ( come assoluto-realtivo), rompe questa fittizia dualità, non ha alcun interesse di convincere altri della sua bontà, perché è convincente per il soggetto che lo vive e ne plasma l'esistenza.
La mia esperienza del morire, attimo dopo attimo, che mi dà l'assoluta certezza che Io morirò non ha bisogno di essere dichiarata come tale ( assoluta certezza). Il reale non viene costituito dalla nostra conoscenza o non conoscenza di esso. Se fosse la nostra conoscenza a costituirlo, il reale sarebbe relativo alla persona che lo conosce e alle circostanze in cui viene conosciuto. Accettare questo significherebbe accettare la massima che "L'uomo è la misura di tutte le cose", con tutte le sue implicazioni. Nulla, in questo caso, sarebbe falso,e qualsiasi conoscenza sarebbe vera per quella persona in quel determinato contesto. Ma il reale è impersonale e la sua realtà non può essere determinata dal giudizio personale su di esso. Ossia è reale per tutti e per tutti i tempi. L'esperienza della certezza del proprio morire non soffre del non essere insegnata ( ossia dichiarata come Verità). Non è parte necessaria del reale che essa debba essere conosciuta e dichiarata come tale.
Un essere limitato alla sfera fenomenica, come siamo noi, non può conoscere l'assolutezza del Reale, tutta il suo discorrere si svolge nelle e attraverso le categorie del pensiero, che sono necessariamente limitate.


P.S. Per far comprendere meglio quello che intendo sarebbe stato più adeguato scrivere "Io muoio" che non "Io morirò". cercando così di eliminare il fattore tempo. Limiti del linguaggio umano... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 10 Settembre 2017, 12:57:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 12:01:04 PM
CitazioneMI scuso per la pedanteria verbale, ma così abbiamo semplicemente espresso un giudizio analitico a priori, che esplicita premesse di già comprese (affermate) sia pure implicitamente nelle premesse: "poco più" che una tautologia che nulla ci dice circa la realtà (vale sia che il rimedio si trovasse -ammesso e non concesso da parte mia, poiché non credo a "miracoli tecnologici" o "bacchette magiche fantascientifiche"- sia che -come sono convinto ovviamente accadrà, ma per ben altri motivi!- il rimedio non si trovasse).

Nel dire che tutti prima o poi moriamo non c'è alcun a-priori, ma la constatazione a-posteriori che per la vita biologica è sempre andata così e che, se non cambierà qualcosa (e anch'io dubito che troveremo la formula dell'immortalità), continuerà ad andare così.

Citazione di: sgiombo il 10 Settembre 2017, 12:57:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 12:01:04 PMPoi, ma solo poi, potremo confrontare le ragioni che inclinano a pensare alla possibilità (comunque inverificabile) di una sopravvivenza di quel mistero che chiamiamo "anima" con le ragioni che negano questa possibilità. E magari scopriremo che le ragioni che la negano si riducono ad una sola: "perché no!"; mentre quelle che la affermano (l'esistenza di un archetipo universale dell'immortalità) hanno una loro salda consistenza epistemica. Ma questa è un'altra storia.

CitazioneBeh, la risposta interessante alla domanda di Sariputra sarebbe proprio il racconto di questa storia!

E' una storia molto lunga che io ho iniziato a raccontare, ma che, a quanto pare, non interessa a nessuno, nemmeno a Sariputra, visto che nessuno è intervenuto con obiezioni o con domande di chiarimento in proposito. In questo NG (e non è il solo) ho trovato solo (o quasi) "filosofi" interessati a negare che qualcuno (tranne loro) possa mai aprire la bocca per dire qualcosa di vero, piuttosto che a cercare di capire cose "complicate" come gli archetipi.

Sariputra

Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 15:30:08 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Settembre 2017, 12:57:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 12:01:04 PM
Citazione![/size][/color]
E' una storia molto lunga che io ho iniziato a raccontare, ma che, a quanto pare, non interessa a nessuno, nemmeno a Sariputra, visto che nessuno è intervenuto con obiezioni o con domande di chiarimento in proposito. In questo NG (e non è il solo) ho trovato solo (o quasi) "filosofi" interessati a negare che qualcuno (tranne loro) possa mai aprire la bocca per dire qualcosa di vero, piuttosto che a cercare di capire cose "complicate" come gli archetipi.
Non è vero, Carlo che non mi interessa. In realtà ho letto tutti i tuoi scritti che hai postato ( e non erano pochi... :) ) e su molte cose , tipo la preminenza delle "verità" ( verità è un termine che, come avrai sicuramente notato, provoca reazioni allergiche impetuose agli utenti di questo forum... ;D ) diciamo concrete, esperienziali su quelle puramente speculative-astratte  mi trovo abbasatanza in sintonia ( magari non alle conclusioni a cui pervieni tu, ma questa è un'altra faccenda...). Se non sono intervenuto è perché non dispongo di nessuna competenza per parlare di simboli e archetipi. E' una visione della spiritualità molto diversa da quello che sento più congeniale al mio percorso/non percorso e quindi non sento la possibilità di "entrarci" in modo serio e approfondito.
Hai sicuramente il merito di aver scosso le acque, un tantino stagnanti a volte, del forum... :D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PM
P.S. Per far comprendere meglio quello che intendo sarebbe stato più adeguato scrivere "Io muoio" che non "Io morirò". cercando così di eliminare il fattore tempo.
Ti sei salvato in extremis ;D , avevo già caricato in canna il colpo: "se io dicessi "(sono certo che) pioverà": credo sarebbe difficile per te non scivolare subito con la tua "attenzione" verso il futuro (quando pioverà? perché pioverà? etc.). Se uso un verbo al futuro, è un sofisma se tu rivolga lo sguardo mentale al futuro?".
Ben contento di non doverlo sparare  ;)
Posso quindi considerarmi assolto dall'indebita (solita?!) imputazione di sofismo?

Torniamo a noi: se tale certezza ("io muoio/sto morendo") non è fondata su una verifica attendibile (spero tu abbia parametri vitali stabili, buona condizione di salute generale, etc.  :) ), ma si basa su una "visione intuitiva" (cit.), sul "sentire costante di vivere questo morire" (parafraso, ma correggimi se sbaglio), allora è fuori discussione interrogarsi sulla sua verità ponendo la domanda che hai rivolto: l'intuizione e la visione sono individuali, intime, persino spirituali se vogliamo, quindi metterle sul banco di prova della verità pubblica, assoluta o meno, è un gesto probabilmente fallimentare (cosa potrò mai dire della verità della tua intuizione/visione sul tuo futuro processo in corso? Mi dici che ne sei certo; in base a cosa ti obietterò "no, il tuo intuire, il tuo sentire ti inganna!"?).
Sono infatti d'accordo con te quando affermi:
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PM
L'esperienza della certezza del proprio morire non soffre del non essere insegnata ( ossia dichiarata come Verità). Non è parte necessaria del reale che essa debba essere conosciuta e dichiarata come tale.
Dunque mi concederai che la tua domanda non può trovare risposta fuori di te, poiché ne ha, per adesso, trovata una quasi incomunicabile dentro di te...


Concordo anche quando affermi che
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PM
Un essere limitato alla sfera fenomenica, come siamo noi, non può conoscere l'assolutezza del Reale, tutta il suo discorrere si svolge nelle e attraverso le categorie del pensiero, che sono necessariamente limitate.
motivo per cui non possiamo concludere con assoluta certezza che sia vero che
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PM
il reale è impersonale e la sua realtà non può essere determinata dal giudizio personale su di esso. Ossia è reale per tutti e per tutti i tempi.
è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative ...

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PM
Il reale non viene costituito dalla nostra conoscenza o non conoscenza di esso. Se fosse la nostra conoscenza a costituirlo, il reale sarebbe relativo alla persona che lo conosce e alle circostanze in cui viene conosciuto.
E qui si (im)pone l'annosa questione dell'idealismo vs materialismo, il problema del noumeno e altre speculazioni troppo noiose... ;D

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PM
Accettare questo significherebbe accettare la massima che "L'uomo è la misura di tutte le cose", con tutte le sue implicazioni. Nulla, in questo caso, sarebbe falso,
Attenzione, "essere misura" non significa misurare a piacimento, ma solo avere un metro personale: se uso il mio palmo come unità di misura, non posso affermare coerentemente che la mia gamba sia più lunga di un fiume... quindi, usare misure personali non comporta affatto che:
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PM
qualsiasi conoscenza sarebbe vera per quella persona in quel determinato contesto.
In fondo, è un dato di fatto che, come ricordava Pascal, basta attraversare un fiume che "il giusto" e "lo sbagliato" si invertono... e, chili o libbre che siano, la mia sedia pesa meno della mia lavatrice... verità assolute, o relative al contesto umano che imposta misure quantitative e divide il giusto dallo sbagliato?  ;)

Carlo Pierini

#98
PHIL
"assoluto" non andrebbe usato troppo in modo disinibitamente metaforico (come invece accade nell'esempio "quel film è una noia assoluta!", per intendere "estremamente noioso" invece che, alla lettera, "noioso a prescindere da condizionamenti esterni").

CARLO
Come dice Abbagnano, se "assoluto" è riferito alla verità di una qualsiasi affermazione, il significato di "svincolato dalla possibilità che essa possa essere contraddetta" vale sia nell'uso ordinario che nell'uso filosofico.  Infatti "assolutamente noioso" significa "di una noiosità sciolta da ogni possibilità di essere negata, da ogni condizione che possa contraddirla", proprio come in filosofia. I filosofi, cioè, usano il linguaggio degli uomini, non quello dei super-uomini. Quando, in matematica, si parla del "valore assoluto" di un vettore, non si allude ad alcuna divinità né ad alcuna onniscienza né ad alcuna validità estesa ad ogni contesto possibile, ma si vuole semplicemente distinguere la componente relativa, cioè variabile di quel vettore (la direzione o il verso) dalla componente fissa (il suo valore numerico, la sua misura "assoluta"); per cui se avremo un vettore "forza", il suo valore assoluto si riferisce alla sua misura in Kg (o in Nw), e non anche alle misure in volt, o in metri/sec, o in Ampère che altri tipi di vettori (tensione, velocità, corrente, ecc.), possono rappresentare.

Riguardo al resto, nemmeno replico, perché se dici che il relativismo debole ammette l'esistenza di verità assolute, non vedo il motivo per cui debba essere chiamato "relativismo", dal momento che già da qualche millennio prima che nascesse il relativismo era evidente a tutti che qualunque verità assoluta si riferisce a qualcosa, cioè è relativa a qualcosa.

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 15:30:08 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Settembre 2017, 12:57:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 12:01:04 PM
CitazioneMI scuso per la pedanteria verbale, ma così abbiamo semplicemente espresso un giudizio analitico a priori, che esplicita premesse di già comprese (affermate) sia pure implicitamente nelle premesse: "poco più" che una tautologia che nulla ci dice circa la realtà (vale sia che il rimedio si trovasse -ammesso e non concesso da parte mia, poiché non credo a "miracoli tecnologici" o "bacchette magiche fantascientifiche"- sia che -come sono convinto ovviamente accadrà, ma per ben altri motivi!- il rimedio non si trovasse).

Nel dire che tutti prima o poi moriamo non c'è alcun a-priori, ma la constatazione a-posteriori che per la vita biologica è sempre andata così e che, se non cambierà qualcosa (e anch'io dubito che troveremo la formula dell'immortalità), continuerà ad andare così.
Citazione
D' accordo che Nel dire che tutti prima o poi moriamo non c'è alcun a-priori, ma la constatazione a-posteriori che per la vita biologica è sempre andata così e che, se non cambierà qualcosa (e anch'io dubito che troveremo la formula dell'immortalità), continuerà ad andare così (per la verità c' é anche un' induzione; dimostrata dubitabile da Hume).

Non per fare il  pignolo (ma sono un  filosofo, anche se dilettante o naif, e dunque devi pur aspettartelo da me...), ma invece ribadisco che é un giudizio analitico a priori quest' altro (pure tuo):

<<fin quando non ci sarà un rimedio contro la morte, il corpo di noi tutti morirà>>.

Citazione di: sgiombo il 10 Settembre 2017, 12:57:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 12:01:04 PMPoi, ma solo poi, potremo confrontare le ragioni che inclinano a pensare alla possibilità (comunque inverificabile) di una sopravvivenza di quel mistero che chiamiamo "anima" con le ragioni che negano questa possibilità. E magari scopriremo che le ragioni che la negano si riducono ad una sola: "perché no!"; mentre quelle che la affermano (l'esistenza di un archetipo universale dell'immortalità) hanno una loro salda consistenza epistemica. Ma questa è un'altra storia.

CitazioneBeh, la risposta interessante alla domanda di Sariputra sarebbe proprio il racconto di questa storia!

E' una storia molto lunga che io ho iniziato a raccontare, ma che, a quanto pare, non interessa a nessuno, nemmeno a Sariputra, visto che nessuno è intervenuto con obiezioni o con domande di chiarimento in proposito. In questo NG (e non è il solo) ho trovato solo (o quasi) "filosofi" interessati a negare che qualcuno (tranne loro) possa mai aprire la bocca per dire qualcosa di vero, piuttosto che a cercare di capire cose "complicate" come gli archetipi.
CitazioneRespingo decisamente questa falsa e malevola caricatura dei "filosofi".

Anche perché interessato a negare che qualcuno (tranne lui) possa mai aprire la bocca per dire qualcosa di vero, piuttosto che a cercare di capire cose "complicate" come la mia teoria dualistica dei fenomeni, monistica del noumeno dei rapporti materia - coscienza (o mente e restante esperienza cosciente-cervello) mi sembri essere proprio tu.

Ma scusa, frequentando un forum di filosofia di cosa pensavi di discutere?
Del campionato di calcio o del per me ben più interessante campionato mondiale Moto-GP?

Carlo Pierini

Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 15:47:53 PM

Non è vero, Carlo che non mi interessa. In realtà ho letto tutti i tuoi scritti che hai postato ( e non erano pochi... :) ) e su molte cose , tipo la preminenza delle "verità" ( verità è un termine che, come avrai sicuramente notato, provoca reazioni allergiche impetuose agli utenti di questo forum... ;D ) diciamo concrete, esperienziali su quelle puramente speculative-astratte  mi trovo abbasatanza in sintonia ( magari non alle conclusioni a cui pervieni tu, ma questa è un'altra faccenda...). Se non sono intervenuto è perché non dispongo di nessuna competenza per parlare di simboli e archetipi. E' una visione della spiritualità molto diversa da quello che sento più congeniale al mio percorso/non percorso e quindi non sento la possibilità di "entrarci" in modo serio e approfondito.Hai sicuramente il merito di aver scosso le acque, un tantino stagnanti a volte, del forum... :D

Inendiamoci: non ho mai pensato che qualcuno debba sentirsi obbligato a rispondere a quello che scrivo, ci mancherebbe altro! La libertà di espressione è anche libertà di non esprimersi. ...Ma se mi si viene a raccontare che tutti pendono dalle mie labbra affinché li illumini sull'interessantissimo argomento degli archetipi, ...beh... allora sono io che mi sento in obbligo di rispondere che le cose non stanno esattamente così!
...E comunque, grazie per la ...sintonia, anche se solo parziale. E' già qualcosa di nuovo per me, che sono abituato alle sole critiche feroci e alle opposizioni frontali!   :)

Carlo Pierini

#101
CARLO
Nel dire che tutti prima o poi moriamo non c'è alcun a-priori, ma la constatazione a-posteriori che per la vita biologica è sempre andata così e che, se non cambierà qualcosa (e anch'io dubito che troveremo la formula dell'immortalità), continuerà ad andare così.

SGIOMBO
D' accordo che Nel dire che tutti prima o poi moriamo non c'è alcun a-priori, ma la constatazione a-posteriori che per la vita biologica è sempre andata così e che, se non cambierà qualcosa (e anch'io dubito che troveremo la formula dell'immortalità), continuerà ad andare così (per la verità c' é anche un' induzione; dimostrata dubitabile da Hume).

CARLO
...E la dimostrazione di Hume è indubitabile? Nella sua dimostrazione non ci sono né induzione, né giudizi a priori, né giudizi a posteriori? Cioè, ci sono solo giudizi ...a cazzo?

SGIOMBO
Non per fare il  pignolo (ma sono un  filosofo, anche se dilettante o naif, e dunque devi pur aspettartelo da me...), ma invece ribadisco che é un giudizio analitico a priori quest' altro (pure tuo):
<<fin quando non ci sarà un rimedio contro la morte, il corpo di noi tutti morirà>>.

CARLO
...E il tuo giudizio sulla mia proposizione com'è? ...A posteriori, a-priori, induttivo, o deduttivo? Insomma, qual'è il criterio magico che ti garantisce che solo il tuo giudizio è quello buono e che tutti gli altri sono dubitabili? Il criterio dell'ipse dixit (Hume, Kant, Berkeley, ecc.)?

SGIOMBO
Ma scusa, frequentando un forum di filosofia di cosa pensavi di discutere?
Del campionato di calcio o del per me ben più interessante campionato mondiale Moto-GP?

CARLO
No, pensavo di discutere con gente intelligente che ammette l'esistenza della verità quando pretende che quello che dice sia vero, invece che perdere delle settimane a spiegare una cosa così stupida e infantile a dei "filosofi".

Phil

Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 16:32:08 PM
se dici che il relativismo debole ammette l'esistenza di verità assolute, non vedo il motivo per cui debba essere chiamato "relativismo", dal momento che già da qualche millennio prima che nascesse il relativismo era evidente a tutti che qualunque verità assoluta si riferisce a qualcosa, cioè è relativa a qualcosa.

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2017, 12:58:46 PM
non viene negata la possibilità di una o più verità assolute, soltanto che sinora sembrano (almeno a chi risiede in quella prospettiva) tutte relative (re-latus) al contesto e al tempo d'appartenenza.
Il corsivo su "possibilità" non fu usato a caso... ;)

Ti ricordo, en passant, che ho citato molte altre prospettive, oltre al relativismo, per cercare di tenere aperto il discorso, ma se ti focalizzi sempre solo sul relativismo (la tua avversione è la manifestazione di un archetipo? La domanda è seria: la paura dell'instabile, il bisogno dell'assoluto, una nemesi per meglio auto-identificarsi, etc.), spingi anche me a parlare sempre di lui (e ne sembro l'avvocato  ;D ); invece:
Citazione di: Phil il 09 Settembre 2017, 11:00:06 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 08 Settembre 2017, 22:27:45 PM
la proposizione: <<Ogni verità è relativa>> è anch'essa una verità relativa?

Tale proposizione potrebbe essere:

- una proposizione falsa...

- una proposizione possibile...

- una proposizione indecidibile...

- una proposizione vera...

[...]

Chi ha una concezione più debole della verità sosterrà invece che è, per ora, debolmente vera (essendo essa stessa relativa, fino a prova contraria).
Chi è un relativista dogmatico invece la riterrà un assunto indubitabile in quanto assioma e (stando alla teoria dei tipi di Russel e all'indecidibilità di Godel) non vedrà alcuna contraddizione in ciò.
Chi è più religioso-spirituale osserverà che si tratta di una blasfemia perché la verità appartiene a una divinità la cui verità non può essere messa in discussione.
Chi è scettico si troverà a dover sospendere il giudizio, dubitando della stessa possibilità di attribuire un valore di verità a una frase così formulata.
Chi è incline allo zen, risponderà con una sonora bastonata sulla groppa di chi ha posto tale sofistica domanda.
Chi è più rigidamente logico-empirista la considererà una frase universalistica, quindi asintoticamente inverificabile e perciò pragmaticamente inutile.

La lista potrebbe continuare... e, in fondo, riusciamo davvero a (com)prendere seriamente ciascuna di queste posizioni prima di rifiutarla?
Forse fare filosofia è anche questo...
Comunque, a ciascuno il suo  :)

Sariputra

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2017, 15:52:33 PM
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMPosso quindi considerarmi assolto dall'indebita (solita?!) imputazione di sofismo? Torniamo a noi: se tale certezza ("io muoio/sto morendo") non è fondata su una verifica attendibile (spero tu abbia parametri vitali stabili, buona condizione di salute generale, etc. :) ), ma si basa su una "visione intuitiva" (cit.), sul "sentire costante di vivere questo morire" (parafraso, ma correggimi se sbaglio), allora è fuori discussione interrogarsi sulla sua verità ponendo la domanda che hai rivolto: l'intuizione e la visione sono individuali, intime, persino spirituali se vogliamo, quindi metterle sul banco di prova della verità pubblica, assoluta o meno, è un gesto probabilmente fallimentare (cosa potrò mai dire della verità della tua intuizione/visione sul tuo futuro processo in corso? Mi dici che ne sei certo; in base a cosa ti obietterò "no, il tuo intuire, il tuo sentire ti inganna!"?). Sono infatti d'accordo con te quando affermi:
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PML'esperienza della certezza del proprio morire non soffre del non essere insegnata ( ossia dichiarata come Verità). Non è parte necessaria del reale che essa debba essere conosciuta e dichiarata come tale.
Dunque mi concederai che la tua domanda non può trovare risposta fuori di te, poiché ne ha, per adesso, trovata una quasi incomunicabile dentro di te..

Qualunque certezza esperienziale non può trovare dimostrazione al di fuori di colui che prova la certezza stessa. Proprio per questo non richiede di essere insegnata come verità. Ma su quella certezza si fonda l'agire e quindi la costruzione del "mondo". Però c'è anche la possibilità che, narrando la propria certezza, essa trovi sponda nella certezza maturata in modo analogo in un altro essere: "E' vero, anch'io provo la stessa certezza!". Tutto questo non richiede di essere insegnato come verità, ma viene accettato come vero sulla base di comuni certezze esperienziali, di vissuto e non di speculazione logica. Infatti io sono sicuro che , noi tutti abitanti dell'Hotel Logos, così diversi nella visione personale dell'esistenza e sul suo significato/non significato, siamo certi di morire. Chi non ammettesse questa certezza ( "Io non morirò mai") sarebbe considerato semplicemente un folle, sia dall'assolutista che dal relativista. Naturalmente l'assolutista dirà: "Ma la morte è solo un'illusione, c'è la vita eterna, ecc." e il relativista " Dipende dalla prospettiva storica, è vero un domani ma non è vero oggi, ecc." ma la certezza esperienziale fa provare ad entrambi la paura ( paura con cui  si cerca sempre di non confrontarsi...) e questa fa sì che entrambi tentino sempre di proteggere la loro vita, nella certezza che è fragile e finirà.
Quindi: attento alla troppa logica , Phil! Che non diventi per te un assoluto... ;D 

P.S. Ogni pensiero, che proprio perché pensiero vive di contrapposizione, rivendica per sé una certa "forza". E non può essere altrimenti. Infatti non si spiegherebbe se no per quale motivo i relativisti difendano con tanto ardore il loro relativismo... ;D  ;D 
Dubito assai che possa esistere, di fatto, un "pensiero debole"...




. Concordo anche quando affermi che
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMUn essere limitato alla sfera fenomenica, come siamo noi, non può conoscere l'assolutezza del Reale, tutta il suo discorrere si svolge nelle e attraverso le categorie del pensiero, che sono necessariamente limitate.
motivo per cui non possiamo concludere con assoluta certezza che sia vero che
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMil reale è impersonale e la sua realtà non può essere determinata dal giudizio personale su di esso. Ossia è reale per tutti e per tutti i tempi.
è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative ...
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMIl reale non viene costituito dalla nostra conoscenza o non conoscenza di esso. Se fosse la nostra conoscenza a costituirlo, il reale sarebbe relativo alla persona che lo conosce e alle circostanze in cui viene conosciuto.
E qui si (im)pone l'annosa questione dell'idealismo vs materialismo, il problema del noumeno e altre speculazioni troppo noiose... ;D
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMAccettare questo significherebbe accettare la massima che "L'uomo è la misura di tutte le cose", con tutte le sue implicazioni. Nulla, in questo caso, sarebbe falso,
Attenzione, "essere misura" non significa misurare a piacimento, ma solo avere un metro personale: se uso il mio palmo come unità di misura, non posso affermare coerentemente che la mia gamba sia più lunga di un fiume... quindi, usare misure personali non comporta affatto che:
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMqualsiasi conoscenza sarebbe vera per quella persona in quel determinato contesto.
In fondo, è un dato di fatto che, come ricordava Pascal, basta attraversare un fiume che "il giusto" e "lo sbagliato" si invertono... e, chili o libbre che siano, la mia sedia pesa meno della mia lavatrice... verità assolute, o relative al contesto umano che imposta misure quantitative e divide il giusto dallo sbagliato? ;)

Le tue obiezioni sono tutte sul piano della logica.  Se ... "è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative"...perché poi usi questi limiti strutturali , che quindi sono i limiti stessi della logica, per invalidare una logica altrui? Per far questo devi dimostrare che la tua logica è un metodo valido in senso assoluto per il giudizio, cadendo in contraddizione in quanto tu stesso affermi che, essendoci limiti strutturali, ogni tipo di giudizio non può che essere relativo. Alle tue obiezioni logiche, che sono sensate intendiamoci, si può tranquillamente rispondere:"Ma Phil, tu stessi affermi che è tutto relativo! Perché dovrei abbandonare le mie posizioni per abbracciare le tue altrettanto relative? Non c' è alcuna reale necessità di farlo, in quanto il metro usato per valutarle è esso stesso relativo."
Pertanto la certezza "Io muoio" non può sottostare al giudizio della logica. La logica si dimostra strumento inadeguato, relativo per l'appunto, per il giudizio su questa certezza esperienziale. La logica , e qui lancio una sponda a Carlo Pierini, è strumento inadeguato anche per giudicare segni, simboli e archetipi umani, a mio modesto parere. Infatti , essendo un vissuto esperienziale, sfugge al dominio del ragionamento logico, a meno di voler fare di questo strumento un metro assoluto di valutazione...
La spiritualità, la simbologia, ecc non va valutata con la logica. Il giudizio sulla sua bontà o falsità non può che risiedere nel vissuto esperienziale soggettivo e nelle sue certezze o inganni...
Non senti i limiti di una prospettiva... "soffocante"? 



Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Carlo Pierini

#104
CitazionePHIL
non viene negata la possibilità di una o più verità assolute, soltanto che sinora sembrano (almeno a chi risiede in quella prospettiva) tutte relative (re-latus) al contesto e al tempo d'appartenenza.

Il corsivo su "possibilità" non fu usato a caso...

CARLO
Anch'io metto il corsivo sul termine "possibilità" perché so bene che si può anche aprire bocca e darle fiato e che dunque non tutte le affermazioni che si spacciano per vere sono vere.

PHIL
Ti ricordo, en passant, che ho citato molte altre prospettive, oltre al relativismo, per cercare di tenere aperto il discorso, ma se ti focalizzi sempre solo sul relativismo (la tua avversione è la manifestazione di un archetipo? La domanda è seria: la paura dell'instabile, il bisogno dell'assoluto, una nemesi per meglio auto-identificarsi, etc.), spingi anche me a parlare sempre di lui (e ne sembro l'avvocato   ); invece:

CARLO
E' la filosofia che per esistere ha bisogno della premessa secondo cui E' possibile distinguere il vero dal falso; perché se ammettesse che questa distinzione è impossibile, i filosofi sarebbero solo braccia rubate all'agricoltura!  :)

PHIL
Citazionela proposizione: <<Ogni verità è relativa>> è anch'essa una verità relativa?
Tale proposizione potrebbe essere:

- una proposizione falsa...

- una proposizione possibile...

- una proposizione indecidibile...

- una proposizione vera...

Chi ha una concezione più debole della verità sosterrà invece che è, per ora, debolmente vera (essendo essa stessa relativa, fino a prova contraria).
Chi è un relativista dogmatico invece la riterrà un assunto indubitabile in quanto assioma e (stando alla teoria dei tipi di Russel e all'indecidibilità di Godel) non vedrà alcuna contraddizione in ciò.
Chi è più religioso-spirituale osserverà che si tratta di una blasfemia perché la verità appartiene a una divinità la cui verità non può essere messa in discussione.
Chi è scettico si troverà a dover sospendere il giudizio, dubitando della stessa possibilità di attribuire un valore di verità a una frase così formulata.
Chi è incline allo zen, risponderà con una sonora bastonata sulla groppa di chi ha posto tale sofistica domanda.
Chi è più rigidamente logico-empirista la considererà una frase universalistica, quindi asintoticamente inverificabile e perciò pragmaticamente inutile.

CARLO
Tutte chiacchiere inutili. Quella proposizione è semplicemente auto-contraddittoria, perché, se è vera, dichiara sé stessa relativa e quindi ammette che possano esistere verità assolute. E in ciò consiste l'autocontraddittorietà e, quindi, la sua inammissibilità logica (p.d.n.c.). E' tutto molto semplice, lo capiscono anche i bambini, non c'è bisogno di scriverci sù dei poemi.
Se poi c'è gente che si inventa espressioni ridicole come "verità debole" o altre amenità simili, non fa che porre alle proprie verità le stesse limitazioni che pone alle verità altrui.
Per cui, io mi fermo qui e non tornerò più sull'argomento, perché aborrrrrrro chi pretende di "far camminare i treni con le chiacchiere". Ogni limite ha una pazienza, diceva Totò; e io non posso perdere tempo in ciance superflue, perché  ...c'iò dda fa'; ...c'iò dda fa 'na rivoluzzione!!!  :)


L'angolo musicale:
VERDI: Deh non parlare al misero, op. Rigoletto
https://youtu.be/wmailS9jySI?t=123
 
HÄNDEL: Lascia ch'io pianga, op. Rinaldo
https://youtu.be/WuSiuMuBLhM

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